l`incendio del cuore

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l`incendio del cuore
U D I TO R I D E L L A PA RO L A
U D I TO R I D E L L A PA RO LA
L’INCENDIO
DEL CUORE
GIORGIO GONELLA*
Ciudad Hidalgo (Messico)
Gesù cambiò il volto di Dio quando
annunciò il Vangelo della misericordia.
Lo fece attraverso parabole, discorsi e
dialoghi personali. Ma egli fece ancora
di più: si sedette a tavola con coloro che
erano etichettati come peccatori. Condivise
con loro la mensa, il pane, il vino: una
prossimità fisica, una convivialità che
scandalizzò i benpensanti.
Con questa convivialità provocatoria
Gesù sconfessò alla radice un certo tipo di
religione: quella malata di moralismo, quella
che ha bisogno di dividere l’umanità in santi
e peccatori. La religione del moralismo è
sempre esclusiva: ha sempre un Tribunale
e dei rituali che demarcano confini, creano
recinti e producono esclusioni.
Gesù prende sul serio il peccato, anzi lo
radicalizza. Lo svela nascosto dappertutto,
anche sotto l’ipocrisia di chi censura i peccati altrui (sentendosi seduto sul terreno
sicuro della santità). Non c’è una categoria
di peccatori: l’umanità intera è peccatrice.
Ma all’umanità intera Egli annuncia il
perdono divino.
La misericordia del Dio di Gesù non
esclude, ma abbraccia. Non c’è praticamente pagina del Vangelo in cui Gesù
non alzi le sbarre di qualche frontiera:
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Piccolo Fratello del Vangelo
lasciando entrare l’impuro, lo straniero,
il fuorilegge.
La convivialità di Gesù con i peccatori è
un atto di denuncia radicale. È qualcosa di
concreto, di fisico, di così umano. Gesù non
li ama soltanto a parole, o da lontano.
Similmente quando curò il lebbroso, non
si limitò a dirgli una parola da lontano,
non si avvicinò a lui con la mascherina e i
guanti di lattice (come la prudenza umana
suggerirebbe). Lo toccò con la mano: varcò
la frontiera dell’impuro. Una misericordia
tutta fisica, affettiva, trasgressiva. Così da
uomo a uomo!
Una tale prossimità con l’impuro sarebbe condannata da qualsiasi sacerdote
di qualsiasi religione del moralismo. E
la Chiesa cade sovente nei tranelli del
moralismo: scomunica alcuni (i peccatori, quelli con cui Gesù andava a pranzo)
esclude dall’eucaristia altri (mentre egli,
con la sua mano, diede il pane eucaristico
allo stesso Giuda!).
Forse ancora non abbiamo capito la
misericordia. Continuiamo a vedere al
centro della parabola del “Figliol Prodigo”
la conversione di un figlio peccatore caduto
in stato di bisogno. Mentre la parabola
parla soprattutto di un Padre che è nel
bisogno. È lui che non può fare a meno
del figlio. È lui che soffre e agonizza. Il
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della “violenza della misericordia”, che è come
la violenza del fuoco. “Il cuore brucia come
fuoco, senza fare distinzioni di persone”. La
misericordia non sa distinguere tra giusti
e peccatori. È “passione… brucia come nel
fuoco”. “È una passione mossa dalla bontà,
che si piega su tutto con indulgenza. Non
retribuisce colui che merita il male, né colui che
merita il bene, ma dà in abbondanza”. Essa
brucia “per gli uomini, per gli uccelli, per le
bestie, per i demoni e per tutto ciò che esiste
… per i nemici della verità e per coloro che la
avversano … e perfino per i rettili…”.
Il nostro comportamento di fronte agli
esclusi del moralismo (“i cattivi e coloro che
non credono”) è il test della nostra misericordia. Siamo discepoli del Vangelo della
misericordia o del moralismo religioso?
Non è sufficiente che il nido protetto
del nostro focolare domestico sia pieno
d’amore, se l’incendio del cuore non è capace
di abbracciare chi è fuori dal nido, e perfino
chi è una minaccia per il nido.
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figlio è stato capace di vivere senza Dio,
almeno per un tempo. Ma è Dio che non
può vivere senza suo figlio…
Il Dio della misericordia ha bisogno della
prossimità conviviale con suo figlio.
Il perdono, lo sappiamo bene, non libera
soltanto chi lo riceve, ma libera e sana
soprattutto chi lo dà. Il cuore spezzato di
Dio si ricuce attraverso il perdono.
Isacco di Ninive, monaco iracheno del
VII secolo, è stato ossessionato dal tema
della misericordia divina. Scrisse delle
pagine di una radicalità ineguagliabile.
Dice che Gesù è stato “ dolce con i cattivi
e con coloro che non credono”. Infatti: “soffrire
per i malvagi e fare del bene ai peccatori è
addirittura più grande del farlo ai giusti”.
Mentre i benpensanti religiosi minacciano
i peccatori con il terrore della retribuzione
divina, Isacco dice: “questa è la retribuzione
dei peccatori: invece di retribuirli con la giustizia, Egli li retribuisce con la resurrezione”.
Definisce la misericordia come “l’incendio
del cuore per ogni creatura”. Parla perfino
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Una zona o l’altra della casa saranno sempre in fase di riparazione o di restauro.
La nostra vita non può essere altrimenti.
Qualcosa mancherà sempre.
Origene, il grande teologo alessandrino, ha scritto un sermone che viene di
solito pubblicato con questo titolo: «Gesù in cielo non beve vino». Vi si legge
che perfino Gesù nella sua esaltazione celeste non vive una condizione di gioia
perfetta.
È seduto nella sua gloria, intorno alla tavola del banchetto finale, circondato
da una moltitudine immensa, ma non se la sente ancora di alzare la coppa del
vino. Aspetta che l’ultimo degli esseri umani termini il pellegrinaggio, torni
a casa e si sieda a tavola: l’ultimo, il più lento, il più attardato, il più ostinato.
Solo allora la comunione sarà totale ed egli alzerà la coppa del vino, simbolo
evidente della gioia perfetta.
Casa... Nozze... Letizia...
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Nel deserto il profumo del vento, Il Margine, Trento 2010 p.166
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