Lankien - Medici Senza Frontiere

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Lankien - Medici Senza Frontiere
Lankien
Al centro di un pezzo di terreno recintato c’è un grande albero. Ha il tronco
contorto e vecchio di anni e la chioma è folta e rotonda, i rami più bassi arrivano
quasi fino a terra. Nemmeno il sole africano riesce a farsi strada tra il suo
fogliame. La sabbia intorno al tronco è stata spazzata con cura, per terra non ci
sono rifiuti.
Ma non è solo un albero: è l’unico ospedale nel raggio di molti chilometri.
All’ombra dei suoi rami i pazienti sono stesi sopra i sacchi degli aiuti alimentari
cuciti assieme. Le scarpe e i sandali sono sistemati ordinatamente vicini.
Servono da comodino: un bicchiere per bere nella scarpa destra e un sacchetto
di pillole nella scarpa sinistra. Il medico, l’infermiere e gli operatori sanitari di
Medici Senza Frontiere (MSF) passano da un paziente all’altro. Si portano dietro
un paio di panche di legno basse per sedercisi sopra, un tavolino pieghevole e
un’ampia cassetta di latta piena di medicinali, aghi ipodermici, acqua sterilizzata,
ovatta e bende.
Molti dei pazienti sotto l’albero soffrono di kala azar, una malattia tropicale
frequente nel tratto superiore del Nilo, nel sud del Sudan. All’inizio degli anni
novanta un’epidemia costò la vita a centinaia di migliaia di persone. “Si prende
facilmente come la malaria, dalle punture dei pappataci e ti consuma come
l’HIV/AIDS” dice il dottor Erwin de Vries. “In pochi mesi si diventa degli scheletri e
si muore”.
Attualmente circa cento pazienti di kala azar vengono curati sotto l’albero. “Per
un medico questa è una malattia che dà soddisfazione” dice De Vries. “Di solito
si guarisce in tre settimane”. I pazienti gravemente ammalati sono attaccati alle
flebo. Le sacche di plastica con il fluido possono essere appese con facilità ai
rami. Gli altri pazienti fanno due iniezioni al giorno all’interno di una capanna di
fango poco lontana dall’albero. Queste iniezioni sono così dolorose che vengono
fatte alternativamente una volta sulla natica e una volta sulla coscia.
Nyadat Wie sta seduta all’ombra dell’albero con la figlia di sei anni e un bimbo di
pochi mesi. Un anno e mezzo fa suo fratello e suo figlio sono morti di kala azar.
Ora anche sua figlia si è ammalata e sta per fare la sua prima iniezione. “Da
quando c’è la pace la vita è migliorata” dice. “Abbiamo qualcosa da mangiare. I
soldati stanno tranquilli e se è necessario possiamo andare alla clinica”.
Anche un semplice ospedale sotto un albero può fare una grande differenza. A
novembre il team di Medici Senza Frontiere è andato in 22 villaggi dei dintorni, a
piedi perché non ci sono strade, per chiedere quante persone erano state malate
e quante erano morte negli ultimi mesi. Per essere una zona in cui la guerra ha
imperversato per decenni, le risposte hanno dato motivo di sperare: la situazione
sanitaria era migliore che in altre zone di crisi africane. La maggioranza delle
persone che si erano sentite male erano state curate all’ospedale di Lankien o in
una delle cinque postazioni sanitarie di MSF dei dintorni.
Medici Senza Frontiere lavora a Lankien solo dal giugno del 2005. Un anno
prima il team era stato evacuato a causa delle violenze. L’ospedale era stato
saccheggiato e gli edifici erano stati in parte distrutti. La popolazione locale ha
donato a MSF quattro tori bianchi, un’usanza tradizionale del Nilo superiore con
la quale si esprime la riconciliazione, e ha promesso che nessuno avrebbe più
portato le armi nei dintorni. Sei capanne nuove sono di nuovo disposte a
semicerchio intorno all’albero, dove i pazienti possono riposare e rifugiarsi dalla
pioggia.
Ma Lankien è ancora uno dei pochi posti della regione del Nilo superiore in cui la
gente affetta da kala azar o da altre malattie può ricevere cure mediche. Nel sud
Sudan ci sono pochi medici; fuori dalle città Medici Senza Frontiere e altre due
organizzazioni umanitarie sono gli unici a fornire cure sanitarie. Spesso ci
vogliono giorni interi per raggiungere a piedi le postazioni sanitarie e così le
persone esitano a lungo prima di intraprendere il viaggio e quando arrivano a
volte non possono più essere curate. Mentre sta sotto l’albero, Erwin de Vries
dice “Possiamo solo immaginare quante sono le persone che muoiono perché
vivono troppo lontano da qui”.