Newsletter Payroll_nr_10_ITA

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Newsletter Payroll_nr_10_ITA
Nr. 10/13.03.2014
Aspetti attinenti alla clausola di non concorrenza
E’ illegittimo stabilire in anticipo
l’ammontare del danno causato al datore di lavoro per
l’inadempimento della clausola di non concorrenza da parte del dipendente.
In conformità all'art. 20 del Codice del lavoro aggiornato, oltre alle clausole essenziali, le parti possono
negoziare e inserire nel contratto individuale di lavoro anche altre clausole specifiche. Sono considerate
clausole specifiche, senza un numero prestabilito:
a) la clausola riguardante la formazione professionale;
b) la clausola di non concorrenza;
c) la clausola di mobilità;
d) la clausola di riservatezza.
In conformità all'art. 21 comma (1) del Codice del lavoro aggiornato, alla conclusione del contratto individuale
di lavoro o durante la sua esecuzione, le parti possono negoziare e inserire nel contratto la clausola di non
concorrenza. Questa vincola il dipendente, dopo la cessazione del contratto, a non svolgere, nel proprio
interesse o di un terzo, un'attività in concorrenza con quella svolta presso il suo datore di lavoro. Di contro,
come corrispettivo e’ prevista un'indennità mensile che il datore di lavoro s'impegna a pagare per tutto il
periodo previsto dalla clausola di non concorrenza.
Tale clausola si fonda sulla volontà delle parti contraenti. Concluso l'accordo tra il datore di lavoro e il
dipendente, con l'introduzione nel contratto individuale di lavoro della clausola di non concorrenza, questa
vincola le parti a rispettare gli obblighi così assunti.
La ratio dell'inserimento della clausola di non concorrenza nel contratto individuale di lavoro è la protezione del
datore. Il suo interesse all’inserimento di una clausola simile deriva dalla consapevolezza del pregiudizio
derivante dall’inquadramento dell'ex-dipendente come concorrente.
La clausola di non concorrenza e’ efficace solo se, nel contratto individuale di lavoro, sono previste le
specifiche attività vietate al dipendente alla data di scadenza del contratto, l’ammontare dell'indennità mensile,
il periodo in cui e’ efficace la clausola di non concorrenza, i terzi a favore dei quali è proibito lo svolgimento
delle attività e anche l'area geografica dove il dipendente può essere in concorrenza diretta con il datore di
lavoro.
L'indennità mensile di non concorrenza è negoziata e non puo’ essere inferiore del 50% rispetto alla media
della retribuzione lorda percepita dal dipendente nei 6 mesi precedenti alla data di scadenza del contratto.
Nella fattispecie in cui la durata del contratto e’ inferiore a 6 mesi, l’indennita’ non puo’ essere inferiore del 50%
della media della retribuzione lorda spettante allo stesso durante il periodo del contratto.
La clausola di non concorrenza e’ valida ed efficace per un periodo massimo di 2 anni dalla data di cessazione
del contratto individuale di lavoro.
In caso di inadempimento colposo della clausola di non concorrenza, il dipendente può essere obbligato alla
restituzione dell'indennità e, a seconda dal caso, al risarcimento dei danni-interessi corrispondenti al
pregiudizio causato al datore di lavoro.
Pertanto, il dipendente ha una responsabilità patrimoniale verso il datore di lavoro nel caso di inadempimento
della clausola di non concorrenza.
In pratica, nei contratti individuali di lavoro o negli atti addizionali incontriamo la situazione in cui, oltre alla
restituzione dell'indennità, si prevede che il dipendente paghi anche un importo monetario, stabilito in anticipo,
nell'ipotesi di inadempimento degli obblighi di non concorrenza assunti.
Dalla prassi giudiziale risulta che le parti non possono prevedere una clausola che obbliga il dipendente al
pagamento di un importo prestabilito, in quanto, in materia di diritto del lavoro, la clausola penale non è
ammessa. Il datore di lavoro puo’ quindi beneficiare solo del pagamento di alcuni danni-interessi corrispondenti
al pregiudizio subito.
Pertanto, la clausola penale, in forza della quale il dipendente è obbligato al pagamento di un importo
prestabilito, è nulla poiché viola i limiti della libertà di conclusione di un atto giuridico, cioè le norme imperative
della legislazione del lavoro. Quindi, la responsabilità patrimoniale del dipendente, come forma di
responsabilità contrattuale, deve essere provata tramite l'esistenza di un pregiudizio, come condizione
necessaria e obbligatoria per l'assunzione di questa responsabilità.
Nel diritto comune, la clausola penale, regolata dall'art. 1066-1072 del Codice Civile, è l’accordo tramite il
quale, le parti contrattuali determinano in anticipo il quantum dei danni-interessi che il debitore sarà obbligato a
pagare in caso di mancata o non conforme esecuzione, oppure in caso di ritardo delle prestazioni assunte. La
clausola penale è prevista come uno strumento di previa valutazione del risarcimento, realizzata in via
convenzionale.
La clausola penale, inserita nel contratto, non può produrre effetti in quanto non sono rispettate le norme
imperative di legge. In più, considerando il rapporto giuridico di lavoro, la clausola penale deve essere
analizzata sia tramite l'art. 969 del Codice Civile, che tramite le disposizioni speciali del Codice del lavoro.
In materia di diritto del lavoro, la libertà contrattuale è limitata dalla legge per garantire la protezione dei
dipendenti. Le clausole del contratto individuale di lavoro sono soggette tanto al principio di legalità quanto a
quello della buona fede nello svolgimento dei rapporti di lavoro, in conformità all'art. 8 del Codice di Lavoro.
Questa conclusione risulta anche dall'interpretazione a contrariis delle disposizioni di cui agli artt. 37 e 38 del
Codice del lavoro, in forza dei quali i diritti e gli obblighi delle parti si stabiliscono tramite negoziazione e ogni
transazione con la quale si rinunci ai diritti previsti dalla legge o si dispongano limitazioni in tal senso è nulla.
Uno dei principi fondamentali del diritto del lavoro, riconosciuto anche dalla Costituzione, è rappresentato dalla
mancanza di limitazioni e dalla liberta’ del diritto del lavoro. Tale liberta’ è assicurata anche dalla disciplina che
regola la cessazione del contratto individuale del lavoro su iniziativa del dipendente; atto che non è sottoposto
a nessuna limitazione o condizione, oltre all'obbligo di preavviso.
Anche se il dipendente ha prestato il suo consenso per l’inserimento della clausola penale, questa sarà
interpretata a suo favore, non potendo limitare la sua libertà al lavoro tramite il pagamento di un risarcimento
esorbitante, nel caso di cessazione del contratto di lavoro.
Pertanto, ogni volta che un datore di lavoro intende ottenere un risarcimento per il pregiudizio causato da un
dipendente, e’ tenuto a provare l'esistenza e l’entita’ del danno.(Corte d'Appello Timişoara, sezione litigi di
lavoro e assicurazioni sociali, decisione civile n. 1763 dell’11 luglio 2012).
Bibliografia:
CODICE DEL LAVORO del 24 gennaio 2003 (Legge n. 53 del 24 gennaio 2003) - AGGIORNATO - Pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale con il numero 345 del 18 maggio 2011;
Clausola di non concorrenza. - E’ illegittimo stabilire in anticipo l’ammontare del danno causato al
datore di lavoro per l’inadempimento della clausola di non concorrenza da parte del dipendente.
Pubblicato nella “RIVISTA ROMENA DEL DIRITTO DEL LAVORO" n. 1 del 31 gennaio 2014
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