Nella cornice della luminosa finestra della sua camera

Transcript

Nella cornice della luminosa finestra della sua camera
Nella cornice della luminosa finestra della sua camera d'albergo, André stava fumando quella che
sarebbe stata la sua ultima sigaretta. Gomiti sul davanzale e sguardo lontano, oltre le barchette del
porto, fin dove il mare s'incontrava con l’orizzonte: era tutto così tranquillo.
Nel cielo tre gabbiani richiamarono la sua attenzione. Si stirò la schiena.
Nel cortile sotto la sua finestra, il suo sguardo si posò sopra un pantalone steso ad asciugare, che
ondeggiava sereno in balia della brezza. Dal giorno del suo arrivo, quei pantaloni erano lì, forse
dimenticati dalla sua proprietaria, tenuti in vita solo dalla mollettina che li appendeva ad un filo, a
scaldarsi al sole, o a bagnarsi passivi sotto la pioggia dei giorni passati.
Chissà ancora per quanto sarebbero rimasti lì? Chissà quando la padrona se ne sarebbe ricordata?
O forse la molletta avrebbe ceduto prima..
Finalmente Miléne lo aveva lasciato: ora, dopo tutto il peso dell'abbandono subito, era lì: leggero.
Ogni tiro di quella sigaretta era una boccata d'aria fresca. Respirava a grandi boccate aperte,
muovendo la sigaretta come un mago per bambini, sorridendo.
Era proprio grazie ad una Gitanes che l'aveva conosciuta, Milene:
«Avresti una sigaretta?»
La voce gli giunse da dietro; e lui automaticamente tirò fuori il pacchetto dalla tasca della camicia.
Un lungo vestito bianco, pelle da mulatta, occhi neri ed enormi.
''Ma allora c’è ancora chi fuma le Gitanes?'' aveva detto lei.
Facendosi più vicino per accenderle la sigaretta, mentre con l’altra mano le riparava la fiamma dal
venticello leggero che si andava alzando, André non riusciva a non guardarle la bocca.
Lei che tirava la prima boccata, lui intento a osservarle il viso. Non sapeva se si potesse chiamarlo
colpo di fulmine, ma fu certamente la fiammella di quell'accendino a farlo innamorare di lei.
Non aveva mai saputo indicare uno stereotipo di ragazza quando glielo chiedevano, almeno fino a
quel giorno, ma da quel giorno avrebbe saputo rispondere, da quel giorno la risposta a quella
domanda sarebbe stata Milene.
Le immagini di quel giorno li tornavano ora chiare in mente, finendo quell'ultima sigaretta, mentre
il cielo iniziava a scurirsi. Ogni suo particolare sembrava ancora, a distanza, perfetto.
Entrarono insieme al museo: durante la visita, passata quasi interamente in silenzio, sommersi dalla
massa di turisti e dalla bellezza delle opere esposte, comunicarono fra loro solo con timidi sguardi
celati. Dopo erano andati a cena. Dopo la cena, il vino e gli amari, e il bar dopo, e altro vino ancora,
avevano passato la notte insieme. Dopo quella prima notte ce ne furono altre.
Nel corso della più memorabile di queste, o solo della più alcolica, Miléne glielo aveva detto. Lei lo
amava e voleva stare con lui, ma a condizione che lui mai avesse tentato di tarpare le di lei libere
ali, non era certo più la femminista delle rivolte studentesche a parlare, ma la Milene matura che,
coscientemente, sceglieva con il rispetto dovuto con chi passare il suo tempo, e André avrebbe
dovuto capirla. Sentiva che solo con lui, questa sua idea dell'amore, o di quello che si intende con
quest'inflazionata parola, poteva essere soddisfatta.
E in fondo, mentre la ascoltava parlare, André dovette ammettere a se stesso che sulla fedeltà la
pensava anche lui come lei, o almeno così credeva in quel momento.
Era una cosa da borghesi, la fedeltà, da perbenisti. Loro due erano diversi, stava dicendo Miléne,
non avrebbero mai accettato di sottostare a certe regole, giusto?
André avrebbe voluto chiederle cosa intendesse di preciso con quelle parole, ma temeva di
sembrare troppo stupido, e allora si accese una sigaretta e assieme al fumo sbuffò un sì.
«Vero che non mi lascerai mai?» gli aveva domandato lei alla fine.
Lui, cieco d'amore, era andato a sbattere contro questa promessa, senza calcolarne i lividi che
avrebbe dovuto, poi, sopportare.
Le Gitanes erano le sigarette preferite di Sartre, Serge Gainsbourg e suo padre.
Nelle notti in cui Miléne se ne andava chissà dove, André cercava di distrarsi dal pensiero di lei
accendendone una dopo l’altra. Lei che faceva l’amore col primo sconosciuto. Lei che tornava a
casa con ancora addosso l’odore di chissà chi.
Quelle notti aveva la sensazione di inspirare boccate di strazio.
Al mattino Miléne, come sempre, rientrava a casa in punta di piedi con le scarpe in mano, per poi
chinarsi su di lui, che ancora dormiva, e dargli un bacio sulla fronte. Vero che non mi lascerai mai?,
ripeteva puntuale. E lui, tirandosi su, che cercava il pacchetto sul comodino, alla cieca, con gli occhi
ancora stropicciati di sonno: le lunghe boccate per ricacciarsi in gola la gelosia, le domande che
avrebbe voluto fare, le cose che avrebbe voluto sapere ma che in fondo già sapeva.
Ma il momento peggiore restava la notte, quando André faceva avanti e indietro sul balcone e
intanto fumava.
Si sentiva in trappola.
Quelle erano le sigarette per il carcerato, altro che Sartre o Serge Gainsbourg.
Alla fine era stata lei a lasciarlo: André le aveva semplicemente espresso il desiderio di avere una
relazione un po’ più.. normale.
Lì per lì Miléne non aveva avuto nulla da obiettare, lo lasciò parlare, guardandolo in silenzio, senza
voce e senza espressione. Gli aveva anzi dato un bacio, dopodiché aveva infilato la porta e da quel
momento André non l’aveva più vista.
Nel giro di qualche settimana dalla presa di coscienza che lei non sarebbe più tornata, aveva mollato
tutto: il lavoro alla biblioteca, aveva venduto casa, e si era trasferito in Italia, in Liguria.
Aveva intenzione di comprare una di quelle casette colorate a picco sul mare, e provare finalmente a
vedere se fosse o meno uno scrittore: aveva deciso che si sarebbe concentrato solo sul romanzo che
da troppo tempo sentiva di dover scrivere.
Finalmente l’agenzia immobiliare lo aveva chiamato: il proprietario aveva accettato la sua offerta, e
lo aspettava per firmare il compromesso.
Una nuova vita sarebbe iniziata a breve, di lì a poco, di lì a un’ora. Una nuova casa, una nuova vita.
Niente lo avrebbe più tenuto legato alla sua esistenza passata, nemmeno le sigarette.
Ecco perché quella doveva essere l’ultima. Lo sarebbe stata.
Aveva già fatto la valigia che lo aspettava sul letto, era vestito, lavato, e pronto ad uscire, si stava
godendo la libertà di quell'ultima fumata alla finestra.
''Tu n'est qu'un fumeur de gitanes
sans elles tu es malheureux
au clair de ma lune, ouvre les yeux
pour l'amour de Dieu''.
Gainsbourg fece capolino nella stanza, con la sua canzone sulle Gitanes.
Senza di loro sei triste, diceva la canzone. Lui stava smettendo di fumare, e si sentiva felice come
non mai.
Fece l’ultimo tiro e gettò la cicca in strada. Il venticello di prima, ora, aveva preso carattere, il cielo
minacciava un bel temporale estivo, chiuse la finestra. La sigaretta soffiata dal vento passò davanti
al filo stendibiancheria, ora nudo: la molletta non aveva retto.
Stava per uscire dalla stanza quando squillò il cellulare. Solo la madre aveva il suo numero italiano,
o forse era ancora l’agenzia. Sperando che non fosse il proprietario che aveva cambiato idea, posò
la valigia sul letto, rispose: ''Pronto?'' Rispose quasi timido, come qualcuno che s'aspetti una cattiva
notizia, chissà poi perché.
Dall’altra parte si sentiva solo un fruscio, poi dal fruscio emerse una voce: quella voce.
André si sedette sul letto facendolo cigolare.
''Amore.. mi senti?'', disse la voce. Era Miléne.
All’improvviso si sentì la testa pesante, la vista annebbiata. Gli mancò l'aria, come fumo nei
polmoni. Mentre lei parlava – gli stava chiedendo di tornare indietro, di provarci di nuovo – lui
strizzava gli occhi come per mettere a fuoco le parole di lei.
Notò che il comodino su cui aveva lasciato le Gitanes aveva l’ultimo cassetto aperto, vuoto.
''Amore.. Amore mi senti?''
Allungò una mano, prese il pacchetto e iniziò a rigirarselo tra le dita.
Poi sfilò una sigaretta e se la portò alle labbra.
''Tu non puoi stare senza di me, lo sai. Non puoi smettere di amarmi. Me lo hai promesso, mi hai
detto che non saresti mai riuscito a star senza di me..''
Le ultime parole di Miléne gli fecero effetto: 'Non puoi smettere'.
Non puoi smettere.. Non puoi star senza di me..
André si sfilò la sigaretta dalle labbra, la rimise nel pacchetto. Come se in una stanza incendiata
avessero aperto l'unica finestra e tutto il fumo venisse aspirato fuori, la testa si liberò di colpo, tornò
padrone del suo respiro, e di sè stesso.
Lasciò cadere le sigarette nel cassetto aperto in basso al primo ripiano del comodino e, senza
nemmeno dire una parola, attaccò il telefono che ancora lo stava implorando.
Rimase a guardare il pacchetto qualche secondo: si chiese chi le avrebbe trovate dopo di lui, se una
cameriera dell’albergo o un cliente. Magari qualcuno a cui sarebbero servite per distrarsi da
qualcosa, per prendere una decisione o, forse, solo per subirla. Di certo a lui non servivano più: ora
era libero. Con un calcio non forte, ma deciso, chiuse il cassetto.
Prese la valigia.
Un' ultimo sguardo alla finestra, ora socchiusa da una ventata improvvisa della pioggia: qualche
scintilla di luce percorreva la nebbia e la pioggia obliqua, sembravano fiammelle d'accendino dietro
il vetro.
Ma non erano fiammelle: le nubi si stavano diradando, liberando il sole che rispuntava tra le nuvole,
sul golfo di Vernazza: André aveva smesso di fumare, e d'essere dipendente, da Miléne.