CESSIONE UNICA DI BENI AD ALIQUOTE DIVERSE

Transcript

CESSIONE UNICA DI BENI AD ALIQUOTE DIVERSE
Dottrina
1 di 3
http://bigsuite.ipsoa.it/cgi-bin/DocPrint
CESSIONE UNICA DI BENI AD ALIQUOTE DIVERSE
L'IVA, 9 / 2006, p. 41
Aliquote
CESSIONE UNICA DI BENI AD ALIQUOTE DIVERSE
Committeri Gian Marco;Pallaria Gianfranco
Oggetto
La circostanza che taluni beni costituiscano oggetto di una cessione unica, comprendente, da un lato, un
bene principale, per il quale la normativa di uno Stato membro concede un'esenzione ai sensi dell'art.
28, n. 2, lett. a, della VI direttiva, e, dall'altro, beni che tale normativa esclude espressamente
dall'ambito di applicazione della stessa agevolazione, non osta a che lo Stato membro riscuota l'IVA
all'aliquota normale sulla cessione di tali ultimi beni.
Riferimento
Corte UE, Sent. 6 luglio 2006, causa C-251/05.
Riferimenti
Decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 Art. 12
Sommario: La deroga all'aliquota ordinaria contenuta nelle disposizioni transitorie - La
fattispecie concreta - La decisione dei Giudici - Conclusioni
Con la sentenza 6 luglio 2006, causa C-251/05[1] la Corte di giustizia è tornata ad occuparsi del
principio, già sancito in precedenti pronunce[2], secondo il quale, in linea generale, la cessione unica di
più beni è assoggettata ad una sola aliquota IVA. Viene precisato, tuttavia, che tale regola non osta alla
tassazione separata di talune componenti accessorie nell'ambito della cessione principale qualora i
differenti regimi discendano dall'applicazione della deroga contenuta nell'art. 28, n. 2, lett. a), della VI
direttiva CEE.
La deroga all'aliquota ordinaria contenuta nelle disposizioni transitorie
Il menzionato art. 28, n. 2, lett. a), della VI direttiva autorizza gli Stati membri, per il periodo transitorio
di cui all'art. 28-terdecies[3] ed in deroga a quanto stabilito dall'art. 12, par. 3 (che disciplina l'aliquota
IVA normale) a continuare ad applicare esenzioni con rimborso della tassa pagata, a condizione che tali
esenzioni siano in vigore al 1 gennaio 1991, che siano state istituite per specifiche ragioni di interesse
sociale e che siano a favore dei consumatori finali[4].
In virtù di tale disposizione, l'art. 30 della legge inglese relativa all'IVA (VAT Act) dispone che una
cessione di beni o una prestazione di servizi è assoggettata ad aliquota zero quando ha ad oggetto beni o
servizi ricompresi in apposito allegato, tra cui rientrano le «case mobili» oggetto del contenzioso risolto
dalla Corte. Secondo una nota contenuta nel citato allegato del VAT Act, tuttavia, l'agevolazione non si
estende alle attrezzature destinate all'arredamento di una casa mobile con la conseguenza che tali beni
non possono beneficiare del regime di esenzione.
La fattispecie concreta
Una società inglese che gestisce parchi turistici per case mobili nel Regno Unito aveva acquistato da un
produttore le case mobili, attrezzate generalmente con sanitari, rivestimenti, pavimenti ed altri arredi
(tendaggi, armadietti, cucine, tavoli, sedie, letti). Le case mobili venivano vendute, insieme ad altri
servizi, ai consumatori finali.
Le fatture emesse dal fornitore riportavano separatamente il prezzo delle case mobili, escluse da IVA in
base a quanto disposto dall'art. 30 e dall'allegato 8 del VAT Act, nonché il prezzo dell'attrezzatura interna
maggiorato, invece, dell'IVA ad aliquota ordinaria.
23/01/2015 20:26
Dottrina
2 di 3
http://bigsuite.ipsoa.it/cgi-bin/DocPrint
Il gestore dei parchi turistici riteneva che la vendita di una casa mobile e della sua attrezzatura interna
costituisca una fornitura unica ed indivisibile, che deve essere quindi assoggettata a un'aliquota unica, ed
in particolare all'aliquota (zero) applicabile alla casa mobile quale bene principale oggetto della
transazione.
A tal proposito, la società richiamava alcune sentenze della Corte europea[5] nelle quali i Giudici hanno
affermato che una cessione unica è in via di principio assoggettata ad una sola aliquota IVA.
Contraria a questa posizione è, invece, l'Amministrazione finanziaria inglese secondo la quale, in
circostanze come quelle che caratterizzano la causa principale, l'aliquota IVA da applicare non può non
tener conto della sussistenza o meno di una deroga nazionale che lo Stato membro è autorizzato ad
adottare, a determinate condizioni, in forza dell'art. 28 della VI direttiva. In particolare,
l'Amministrazione finanziaria sostiene che l'esenzione (con rimborso della tassa pagata) non può essere
estesa al di là di quanto espressamente previsto dalla normativa nazionale che, d'altra parte, esclude
espressamente dal regime di esenzione le attrezzature destinate all'arredamento di una casa mobile.
La decisione dei Giudici
I Giudici europei, convenendo con l'Amministrazione finanziaria e con le conclusioni dell'Avvocato
generale, precisano che poiché alcuni dei beni forniti insieme alle case mobili sono espressamente
esclusi, ai sensi del VAT Act, dall'esenzione, non ricorrono le condizioni enunciate dall'art. 28, n. 2, lett.
a), della VI direttiva. In particolare, secondo la Corte, nella fattispecie prospettata prevale la normativa
nazionale rispetto alle norma della direttiva e segnatamente alle disposizioni contenute nel citato art. 28
che deve ritenersi assimilabile a una clausola stand still, diretta cioè ad evitare che nell'ordinamento
interno possano insorgere distorsioni per il venir meno di disposizioni agevolative.
Alla luce di tale finalità, ciò che è decisivo nel determinare la portata delle prestazioni per le quali la VI
direttiva consente, nel corso del periodo transitorio, il mantenimento di un'esenzione, è il contenuto delle
normative nazionali vigenti al 1 gennaio 1991. È essenziale, cioè, che si tratti di una agevolazione in
vigore a tale data e ritenuta necessaria, a parere dello Stato membro interessato, per ragioni di interesse
sociale (in quanto a favore dei consumatori finali). Nella fattispecie, il Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda del Nord ha reputato che occorresse assoggettare ad aliquota zero soltanto la cessione delle case
mobili in quanto tali mentre non ha invece ritenuto giustificato applicare detta esenzione anche alla
cessione dell'attrezzatura interna di tali case mobili (che, peraltro, se acquistata separatamente non
avrebbe certamente potuto fruire di alcuna agevolazione).
Il fatto che la cessione della casa mobile e della sua attrezzatura interna possa essere qualificata come
cessione unica, in quanto tale assoggettabile - in via di principio - ad una sola aliquota IVA, non osta alla
tassazione separata di talune componenti della cessione qualora soltanto una tassazione di questo
genere risulti conforme alle condizioni cui all'art. 28, n. 2, lett. a), della VI direttiva. A questo proposito,
non vi è alcuna regola assoluta in merito alla determinazione della portata di una prestazione dal punto
di vista dell'IVA e, pertanto, occorre prendere in considerazione l'insieme delle circostanze, ivi compreso
lo specifico contesto normativo.
Alla luce di quanto precede, la Corte conclude affermando che il fatto che taluni beni costituiscano
oggetto di una cessione unica, comprendente, da un lato, un bene principale per il quale la normativa di
uno Stato membro concede un'esenzione, ai sensi dell'art. 28, n. 2, lett. a), della VI direttiva e, dall'altro
lato, beni che tale normativa esclude dall'ambito di applicazione della stessa esenzione, non osta a che lo
Stato membro di cui trattasi riscuota l'IVA ad aliquota normale sulla cessione di tali beni esclusi.
In sostanza, con interpretazione certamente condivisibile, i Giudici comunitari hanno ritenuto che la
deroga concessa dalla direttiva IVA non possa che essere interpretata in senso restrittivo con la
conseguenza che un bene escluso dal regime derogatorio interno non può fruire dello stesso
richiamandosi al principio generale di accessorietà che è alla base della applicazione di una aliquota
unica.
Infine, i Giudici non hanno omesso di rilevare come non sia possibile, nel caso specifico, ritenere che la
tassazione separata di talune componenti della cessione determinerebbe difficoltà insormontabili, idonee
a pregiudicare il corretto funzionamento del regime IVA, circostanza questa che è alla base della deroga
comunitaria.
Conclusioni
La sentenza appare condivisibile in quanto tiene in debito conto il rapporto esistente tra princìpi
comunitari, sanciti dalle direttive IVA, e regole nazionali. Viene chiarito, infatti, che un regime
23/01/2015 20:26
Dottrina
3 di 3
http://bigsuite.ipsoa.it/cgi-bin/DocPrint
agevolativo, applicato dallo Stato membro alle cessioni di specifici beni in virtù di apposita deroga
contenuta nella direttiva (e soggetta a precise condizioni) non può estendersi ad altri beni accessori che
siano espressamente esclusi. Il richiamo al principio generale di «accessorietà», sancito nel nostro
ordinamento interno dall'art. 12 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, da cui discenderebbe l'applicazione
dell'unica aliquota (agevolata) all'intero compendio, non ha sortito effetti, atteso che la normativa
interna ne precludeva espressamente l'applicazione. Infatti, la precisa esclusione di detti beni accessori
dal novero di quelli che possono fruire dell'aliquota agevolata impedisce tout court l'applicazione del
richiamato principio generale. Non diverso avrebbe potuto essere, a nostro parere, il trattamento da
riservare all'operazione qualora la norma interna non avesse escluso espressamente le attrezzature delle
case mobili dall'agevolazione.
In tal caso, infatti, tenuto conto della stretta correlazione esistente tra le attrezzature e la «casa
mobile», il contribuente avrebbe potuto invocare, con maggiori possibilità di successo, l'applicazione
dell'unica aliquota (agevolata) in virtù del principio di «accessorietà» secondo il quale le cessioni
«accessorie» non sono soggette ad autonomo trattamento IVA, essendo invece attratte nel regime
dell'operazione principale. Non può sottacersi, tuttavia, come tale conclusione avrebbe dovuto comunque
superare il principio secondo cui le norme che recano deroghe al principio generale secondo cui l'IVA è
riscossa per ogni cessione di beni o prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso devono essere
interpretate in senso restrittivo. Ciò significa, quindi, che l'estensione del regime agevolato avrebbe
potuto essere comunque esclusa in assenza di una espressa inclusione delle attrezzature tra i beni
ammessi a fruirne. Il «conflitto» tra i due princìpi (quello di «accessorietà» e quello di interpretazione
restrittiva delle deroghe), infatti, ben avrebbe potuto essere risolto a favore del secondo, precludendo di
fatto l'applicazione dell'agevolazione.
Note:
[1]
In Banca Dati BIG, IPSOA.
[2] Sent. 13 luglio 1989, causa 173/88, «Henriksen»; Id., 25 febbraio 1999, causa C-349/96, «CPP», in
C.T. n. 28/1999, pag. 2151, e in Banca Dati BIG, IPSOA; Id., 15 maggio 2001, causa C-34/99,
«Primback».
[3] In base all'art. 28-terdecies, ultimo periodo, «Il periodo d'applicazione del regime transitorio è
automaticamente prorogato fino alla data d'entrata in vigore del regime definitivo e, in ogni caso, finché
il Consiglio non abbia adottato decisioni sul regime definitivo».
[4]
Cfr. art. 17, ultimo trattino, della II direttiva, 11 aprile 1967, n. 67/228/CE, non più in vigore.
[5]
Cfr. nota 2.
Copyright 2011 Wolters Kluwer Italia Srl - Tutti i diritti riservati
UTET Giuridica® è un marchio registrato e concesso in licenza da UTET S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l.
23/01/2015 20:26