Formazione dei cristalli
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Formazione dei cristalli
LA GENESI DELLA NEVE La formazione delle nuvole La formazione delle nuvole e dei conseguenti fenomeni di precipitazione sono un fenomeno complesso, legato al fatto che l'acqua in natura può essere contemporaneamente presente nei tre stati di solido (ghiaccio), liquido (acqua) ed aereiforme (vapore). Le nuvole sono costituite principalmente da microscopiche goccioline d’acqua del diametro di 10-50 micron in sospensione nell'aria. Ricordiamo che 1 micron è uguale ad un millesimo di millimetro. Queste micro-goccioline derivano dalla condensazione di miliardi di molecole di acqua (H2O) del vapore acqueo, gas invisibile contenuto nell'aria. Questo fenomeno di condensazione si produce attraverso il raffreddamento della massa d'aria (tipico esempio è la condensazione del vapore contenuto nel nostro fiato quando questo incontra un vetro freddo, appannandolo). Affinché le nuvole si formino è necessario che ci sia una elevata concentrazione di vapore acqueo (aria umida) e che siano presenti polveri (da 0,2 a 10 micron) chiamate nuclei di condensazione. Queste polveri sono solubili e sono costituite, principalmente, da particelle saline dovute all'evaporazione dei mari oppure da particelle di origine vulcanica. Prima di proseguire nella descrizione della formazione delle nuvole, è necessario approfondire alcuni concetti fisici di base che ci aiuteranno nella comprensione dei fenomeni che verranno descritti in seguito. Questi concetti sono contenuti nell’ APPENDICE e sono: - le trasformazioni dell’acqua - il calore latente - il calore specifico - l’irraggiamento solare - la saturazione dell’aria - la soprafusione Ritornando alla formazione delle nuvole, nell'atmosfera le molecole di H2O si liberano, con intensità che dipende dalla temperatura dell’aria, dal liquido (per evaporazione) fino a saturare l'ambiente circostante; raggiunta la saturazione, il numero di molecole che sfuggono dall'acqua è eguale a quello delle molecole che vi rientrano. In questa condizione il sistema è in equilibrio e l’aria risulta “satura” (umidità del 100%). Da questa condizione, una diminuzione di temperatura, dovuta a raffreddamento notturno o all'innalzamento in quota, comporta che una parte delle molecole di acqua non può rimanere sotto forma di vapore, ma deve condensare (passaggio da gas a liquido) o sublimare (da gas direttamente a solido se la massa d’aria si trova a temperatura inferiore a 0°C) ed è così che si formano le nuvole (vedere la tabella sulla saturazione dell’aria alle varie temperature). Per avere un’idea della quantità di acqua in gioco in una nuvola quando questa progressivamente si raffredda, consideriamo 1 mc (metro cubo) d'aria con umidità relativa del 80 % e temperatura di 10°C. Con un’umidità del 80 % l'aria non è satura (infatti contiene (9,3 * 0,8) = 7,44 gr di H2O), pertanto l'acqua può rimanere sotto forma di vapore e quindi invisibile, ma se si raffredda fino a 0°C parte dell'acqua, precisamente 7,44 - 4,8 = 2,64 gr (4,8 gr/mc è la saturazione a 0°C), deve condensare da vapore a liquido depositandosi sui nuclei di condensa (diventando visibile quindi nuvola). Se da 1 mc passiamo ad 1 kmc (1 chilometro cubo, una piccola nuvola) i 2,64 grammi diventano 2,64 * 1000 * 1000 * 1000, ben 2.640.000 kg. La formazione del cristallo di neve Normalmente le nuvole nell'atmosfera presentano temperature molto inferiori a 0°C dove possono quindi coesistere goccioline liquide soprafuse, nuclei di ghiaccio e molecole di vapore. Particolare attenzione bisogna porre alla formazione dei nuclei di ghiaccio. Così come la trasformazione del vapore in goccioline avviene alla presenza di nuclei di condensazione, il congelamento delle goccioline in nuclei di ghiaccio necessita la presenza di nuclei di congelamento. Anche questi nuclei sono principalmente polveri che fluttuano nell’atmosfera. È da sottolineare che in assenza di queste polveri, una goccia d’acqua pura non potrebbe congelare che a -40°C (fenomeno della soprafusione) e di conseguenza le nevicate alle nostre latitudini sarebbero piuttosto rare. Le goccioline d’acqua che entrano in contatto con i nuclei di congelamento danno origine ai “germi di ghiaccio” e questo meccanismo ha effetto a partire dalla temperatura di -12°C. Questi germi, od embrioni, sono delle minuscole particelle di ghiaccio con struttura cristallina esagonale. Dal momento della loro formazione all’interno delle nubi, i germi di ghiaccio si accrescono molto rapidamente (alcuni millimetri in trenta minuti). Il germe iniziale si sviluppa a spese delle goccioline che lo circondano: a seguito di un fenomeno fisico complesso, alcune goccioline evaporano ed il vapore in eccesso sublima direttamente sotto forma di ghiaccio sul germe. L’accrescimento del germe di ghiaccio dà vita al cristallo di neve. Vediamo di descrivere in modo più dettagliato il fenomeno di accrescimento del germe di ghiaccio, fondamentale per capire come la natura riesca a creare forme di ghiaccio così perfette. Abbiamo visto che per temperature inferiori a 0°C (vedere nell’appendice la saturazione dell’aria), il VSG (vapore saturo in rapporto al ghiaccio) è sempre minore del VSA (vapore saturo in rapporto all’acqua) per cui l'aria satura per l'acqua risulta sovrasatura per il ghiaccio e il vapore in più deve sublimare sul nucleo ghiacciato; ma così avvenendo l'aria diventa insatura per l'acqua, dalla quale quindi possono liberarsi altre molecole e il processo si ripete fino alla scomparsa, per evaporazione, di tutte le goccioline soprafuse. Dato che il grado di soprasaturazione dell'aria rispetto al ghiaccio può essere piuttosto elevato, con un massimo tra -14°C/-10°C, la crescita dei cristallini, fino a delle dimensioni abbastanza grandi da farli cadere verso terra, è in genere rapida. Durante a loro caduta essi possono ingrandirsi ulteriormente urtando contro le goccioline soprafuse della nube, le quali congelano immediatamente sulla loro superficie (brinamento); il cristallo con questo processo può trasformarsi in una pallina di ghiaccio tenero (neve granulosa). I movimenti turbinosi dell'aria possono talora provocare la rottura del cristallo; i frammenti che ne derivano diventano a loro volta nuovi germi di ghiaccio innescando così una specie di reazione a catena che dà origine a numerosissimi nuovi cristalli, i quali, aggregandosi tra di loro vengono a formare i caratteristici fiocchi di neve. Per la nivologia la forma dei cristalli che arrivano al suolo è molto importante; da essa dipendono due cose sostanziali per la valutazione della stabilità, presente e futura, del manto nevoso. Evidente che solo cristalli dendritici ed i relativi fiocchi possono depositarsi ed accumularsi su terreni molto inclinati, addirittura su pareti verticali o restare appesi, grazie alla coesione feltrosa dovuta all'intreccio delle ramificazioni; forme semplici non si fermano se non su versanti poco inclinati e quindi già una parte del potenziale pericolo di valanghe viene eliminato, mentre per la neve feltrosa il problema è generale ed è legato o al carico (il peso può facilmente rompere i legami da feltratura) o alle variazioni di forma (metamorfosi) che i cristalli continuano a subire anche dopo il deposito al suolo. Dalla forma dipende inoltre la densità della neve con effetti, oltre che sul peso e quindi sulla velocità di assestamento e di neviflusso, sulla permeabilità e quindi sugli scambi di umidità e calore che, all'interno del manto, sono all'origine delle metamorfosi. La mutevole forma dei cristalli Il primo scienziato che trattò dei cristalli di neve ponendosi delle domande sulla ragione della loro simmetria esagonale fu Keplero agli inizi del 600’. Nel 1635 Cartesio diede la prima descrizione di alcuni tipi di essi, assai accurata compatibilmente con il fatto di poterli osservare al più attraverso una semplice lente. Nel 1665 il fisico inglese Hooke pubblicò un grosso volume, intitolato “Micrografia”, contenente disegni di piccoli oggetti e di particolari, risultato di una enorme quantità di osservazioni fatte con il microscopio, da poco inventato. Tra questi figuravano vari tipi di cristalli di neve, con evidenziati dettagli che mai si erano visti prima. Nel 1931 i microfotografi americani W. A. Bentley e W.J. Humphreye diedero alle stampe un famoso volume : “Snow Crystals” contenente 2000 immagini di cristalli. Ancora, negli anni 30’, il fisico nucleare giapponese Ukichiro Nakaya fece approfonditi studi sulla loro natura riuscendo anche a produrli artificialmente. Il suo fondamentale lavoro è stato pubblicato nel 1954 con il titolo “Snow Cristals: Natural and Artificial” Partendo dalla struttura esagonale di base del germe di ghiaccio, la temperatura ed il grado di umidità presente della nuvola danno al cristallo di neve in formazione forme infinitamente varie favorendo la crescita di alcune parti di esso. Tutti i cristalli di neve hanno sei ramificazioni o sei lati. Se la temperatura cambia durante la crescita del cristallo, interviene un altro tipo di accrescimento ed il cristallo assume forme complesse. L’organizzazione Meteorologica Mondiale ha adottato una classificazione molto più semplice che distingue 8 tipi diversi di cristalli di neve, e 2 tipi di grani di ghiaccio (pioggia gelata e grandine). Ognuna di queste classi racchiude evidentemente una grandissima varietà di forme. Classificazione del cristallo (www.aineva.it) La forma finale di un cristallo di neve nell'atmosfera dipende da una serie di complesse condizioni che si verificano sulla superficie del cristallo; la temperatura è però la variabile più importante. Anche la velocità di crescita è un altro importante fattore nel determinare la forma del cristallo e questa è direttamente legata alla densità del vapore in eccesso (vicino alla superficie dei cristalli). In genere l'evoluzione avviene in due direzioni : sul piano di base del cristallo di ghiaccio (asse a) o perpendicolarmente ad esso (asse c). Nel piano di base vi è simmetria esagonale, e il calore fluisce in modo meno efficace sul piano di base che non lungo l'asse c. Lungo quest'asse non vi è alcuna simmetria esagonale. I cristalli a forma piatta si formano in seguito all'evoluzione lungo l'asse a, mentre i cristalli aghiformi si formano seguendo la direzione dell'asse c. La figura mostra chiaramente che la temperatura è la principale variabile che determina la forma del cristallo nell'atmosfera, seguita dal grado di supersaturazione (velocità di crescita). In generale si possono estrapolare queste caratteristiche di base: - in presenza di una bassa densità di vapore in eccesso, i cristalli hanno essenzialmente la forma di colonne piene, qualunque sia la temperatura. - all’aumentare della densità di vapore in eccesso, la crescita avviene prima su bordi e poi sugli angoli fino a generare cristalli di forma più complessa, come le dendriti. Ancora oggi non si riescono a comprendere del tutto i processi superficiali attraverso i quali la direzione di crescita passa dall'asse a all'asse c al variare della temperatura. Si è però osservato che in presenza di elevate densità di vapore in eccesso, le forme complesse risultanti sono dovute al deposito di molecole di vapore acqueo sulla superficie del cristallo. In genere le molecole tendono a depositarsi in punti in cui la densità del vapore in eccesso è ai massimi livelli, come bordi e angoli. Da queste osservazioni è quindi possibile sintetizzare questa tabella: 1 Piastre per lo più a forma esagonale Crescita con media supersaturazione Da -0° a -3° e da -8° a -25°C 2 Esagonali a forma di stella, piani Crescita con media supersaturazione Da -12° a -16°C 3 Cristalli prismatici corti, pieni o cavi Crescita con bassa supersaturazione Da -3° a -8°C e sotto -22°C 4 Aghiformi quasi cilindrici Crescita con alta supersaturazione Da -3° a -5° 5 Esagonali a forma di stella, spaziali (dendriti) Crescita con alta supersaturazione Da -12° a -16°C 6/7 Grappoli di cristalli molto piccoli Formazione di policristalli in condizioni ambientali variabili 8 Particelle molto brinate (neve pallottolare) Forte brinata delle particelle per adesione di acqua sopraffusa 9 Sferette di ghiaccio, sferoidi trasparenti per lo più di piccole dimensioni Pioggia ghiacciata 10 Grandine, struttura interna laminare, superficie traslucida,color latte o vetrata Crescita per adesione di acqua sopraffusa dimensioni Alcuni dei cristalli dalle forme complesse che raggiungono la terra si formano a causa dei diversi regimi di temperatura e densità di vapore acqueo che trovano durante il loro passaggio nell'atmosfera. Per esempio nell'aria fredda si può formare una colonna piena, mentre durante il passaggio a un regime di temperature più calde si può avere la formazione di strutture piatte sui bordi della particella, in modo da generare una colonna a forma di "gemelli". La velocità con cui un cristallo incrementa la sua massa determina la dimensione, che a sua volta dipende dalla temperatura. In generale, i cristalli che passano attraverso un'atmosfera fredda sono più piccoli di quelli passati attraverso un'atmosfera più calda. Questo è dovuto al fatto che i processi termodinamici che regolano la crescita si verificano più rapidamente in presenza di temperature più calde, e inoltre l'aria calda in teoria può contenere più umidità dell'aria fredda.