Sopra e sotto il Carso 7 - 2014

Transcript

Sopra e sotto il Carso 7 - 2014
Notiziario on line del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” - Gorizia
SEDE SOCIALE:
VIA ASCOLI, 7
A N N O
34170 GORIZIA
[email protected]
http//:www.seppenhofer.it
1
La prima volta
2
nell’Abisso di Trebiciano
Piedi umidi in Pod Lanisce.
5
Un nuovo coleottero
dentro la grotta più
profonda del mondo.
9
Salamelec … Afghanistan.
10
Il Catasto Grotte FVG a
rischio chiusura.
13
Calcite e Aragonite
14
Le grotte di Doberdò
che dovevano ospitare il
protosincrotrone.
16
Progetto CAMIS verso
21
la conclusione dei lavori.
La nostra Grande Guerra.
24
Natura Km 0 (o poco
più).
25
La voragine alla fine del
mondo.
31
Altre “piccole” voragini
nel mondo.
34
Il Sigillo di Salomone.
26
Orchidee
39
Appuntamenti in giro
per il mondo.
40
I prossimi appuntamenti.
42
Novità editoriali.
43
Chi siamo.
44
L U G L I O
2 0 1 4
Luglio … nonostante la pioggia!
A cura di Maurizio Tavagnutti
SOMMARIO:
Luglio … nonostante la
pioggia.
I I I — N ° 7
ERRATA CORRIGE
Il mese di luglio è stato denso di avvenimenti e Sul numero di giugno a pag. 23 nel
manifestazioni; per quanto riguarda il Centro paragrafo “Storie di cavernicoli”,
Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” possiamo l’entomologo Andrea Colla è stato
ben dire che è stato un mese ricco di attività. In erroneamente indicato come apparteprimo luogo la nostra partecipazione al progetto nente all’Università di Trieste mentre
CAMIS in qualità di stakeholders che si è con- egli è dipendente del Museo Civico
clusa il 3 luglio con un sopralluogo (vedi pag. di Storia Naturale di Trieste. Inoltre
23-25) nelle aree campione - Monte Canin e la spedizione nella Lika a cui egli ha
Pianura isontina - accompagnati da tecnici partecipato è stata organizzata dal
dell'Autorità di bacino, professori e ricercatori Hrvatsko Biospeleolosko Drustvo.
dell' Università di Trieste e Nova Gorica, La modifica è già stata apportata sul
dell'OGS e dell'Università di Ferrara, e di rap- formato on line. www.seppenhofer.it
presentanti sloveni. Al proposito ci fa piacere
che anche la Regione Friuli Venezia Giulia attraverso il suo assessore Sara Vito, si sia
accorta che la cura e la valorizzazione del fiume Isonzo sono prioritarie per
l’amministrazione regionale. Noi, intanto, teniamo a precisare, che dopo tanti incontri
con l’Autorità di Bacino al seguito del progetto Interreg CAMIS, la volontà di tutti gli
stakeholders presenti era di evitare la costruzione di sbarramenti di rifasamento lungo
l’asta fluviale dell’Isonzo nel tratto passante per Gorizia. Anche sul fronte dell’attività
di campagna si può registrare un sensibile buon risultato visto che finalmente le giovani
leve, provenienti dagli ultimi corsi di speleologia, sono ormai diventate autonome e riescono a programmarsi in modo autonomo. Sono così aumentate le esplorazioni in grotta
e la collaborazione con gli altri gruppi isontini. I giovani, infatti, hanno dimostrato di
essere lontani da qualsiasi retaggio campanilistico. Un risultato dunque molto lusinghiero non solo dal punto di vista esplorativo ma anche sotto il profilo mentale, cosa non del
tutto scontata in una provincia come la nostra dove la
presenza di numerosi gruppi speleologici con una storia
più che decennale aveva creato un certo isolamento reciproco. Fortunatamente l’azione della Federazione Speleologica Isontina, da una parte e la Scuola di Speleologia
Isontina dall’altra, ha fatto sì che i vari gruppi hanno imparato a lavorare assieme. Da registrare anche, non da
ultimo, l’interesse che la nostra rivista ha suscitato presGrotta dell’Artiglieria (Carso
so le varie biblioteche del territorio regionale e nazionale
Goriziano).
e presso i vari gruppi speleologici e studiosi visto che
essa ci viene spesso richiesta. Da segnalare che il link di “Sopra e sotto il Carso” compare anche sul sito di Napoliunderground (www.napoliunderground.org/it/component/
content/article/5093-sopra-e-sotto-il-carso-il-numero-di-aprile-42014.html).
Il notiziario Sopra e sotto il Carso esce ogni fine mese e viene distribuito esclusivamente on
line. Può essere scaricato nel formato PDF attraverso il sito del Centro Ricerche Carsiche “C.
Seppenhofer” - www.seppenhofer.it
Hanno collaborato a questo numero: Roberto Ferrari, Maurizio Tavagnutti, Gabriella Graziuso,
Graziano Cancian, Loretta Crestani, Tecla Tripari, Antonino Torre, Barbara Zanelli.
PAGINA
2
La prima volta nell’Abisso di Trebiciano
di Loretta Cristani
Scale, scale e …. ancora tante scale per arrivare al fiume sotterraneo.
Le scale metalliche si
susseguono fino al fondo.
La mia esperienza in fatto di grotte è piuttosto limitata in quanto ho intrapreso
questa passione solo in tempi relativamente recenti. I misteri che la natura cela
nel sottosuolo ha sempre un fascino particolare in gran parte delle parsone ma
solo poche riescono a soddisfare questo interesse. Per questo mi ritengo fortunata ad aver avuto la possibilità di esaudire questo desiderio. L'impresa non è
stata ardua: mi aspettavo qualcosa di più impegnativo. Certo, prima di mettere
in pratica la discesa nell'Abisso di Trebiciano, mi ero
informata su cosa avrei dovuto aspettarmi e mi è stato
raccontato che si trattava di discendere per 900 gradini di scale a pioli. Se il discendere poteva apparire
relativamente facile a darmi qualche timore era la risalita. Cosa che poi, invece si è dimostrata fattibile
anche se ci sono voluti poco più di un'ora per tornare
in superficie. Sarà stata la voglia di vedere scorrere il
Timavo nel suo alveo sotterraneo ma mi è parso un
percorso per nulla difficile. Le sorprese però non erano finite e, una volta terminate le scale, ci siamo trovati dune di sabbia finissima nelle quali il piede sprofondava rendendo un po' difficile il camminare ma noi
non ci siamo arresi: eravamo lì per vedere il fiume e
di certo nulla ci avrebbe fermato. Così siamo scesi
fino a toccare le acque a detta di chi già conosceva il
posto, piuttosto basse in quel momento. Giacomo, neo
biologo, ci ha indicato i minuscoli animaletti presenti in grotta. Cavità immensa,
tanto che non sono riuscita a vedere interamente la volta. Il fiume scorreva placido .... tranquillo nel suo letto .... chissà se una prossima volta sarà possibile fornirsi
di un canotto e percorrere un po' del suo percorso. Oltre a me e Giacomo erano
con noi, Alex, Tecla, Luca, Stefano e Franco.
3 / 17 VG - ABISSO DI TREBICIANO
Altre denominazioni: Labadnica, Jama Hrovatin, Lindnergrotte, Grotta di Trebiciano.
Comune: Trieste - Prov. Trieste - CTR 1:5000 Monte Franco - 110114 - Lat.: 45°
41' 7,18" Long.: 13° 50' 0,74" - Quota ing.: m 332 - Prof.: m 329 - Svil.: m 1198 Pozzo accesso: m 23 - Pozzi int.: m 19; 6; 10; 6; 3; 20; 30; 53; 12; 10; 6; 3; 2; 7;
21; 5; 4; 4; 10; 2; 8; 5; 38; 20; 20; 30; 12; 32; 16; 28; 45; 31; 10; 6; 8; 30; 16; 20;
10; 18; 4; 8; 5; 5; - Rilievo: Boegan E. - 31.12.1896 - Comm. Grotte “E. Boegan” 1° Aggiornamento rilievo.: Crevatin G., Martellani P. - 31.12.1977 - Società Adriatica di Speleologia - 2° agg.: Nussdorfer G. - 31.12.1989 - C.G. “E. Boegan” 3° agg.: Guglia P., Crevatin G., Basso W., Cleva, Marini L., Vojtissek B.01.12.1990 - S.A.S. - 4° agg.: Restaino M., Radovan R. - 31.12.2005 - S.A.S. - 5°
agg.: Gubertini M., Levi F., Maizan A., Masarin G., Restaino M., Slama L., Slama
P., Luchesi P., Pecorari R. Radovan R. - 31.12.2010 - S.A.S. - 6° agg.: Luchesi P.,
Maizan A., Pecorari R., Radovan R. - 01.12.2012 - S.A.S.
Da Trebiciano, nei pressi di una fontanella, ci si inoltra tra le case sino a raggiungere uno spiazzo (n. civico 211). Da qui si prosegue lungo una strada asfaltata, ma
chiusa al traffico veicolare, fino a raggiungere la Stazione sperimentale ipogea
della Società Adriatica di Speleologia e si continua lungo il viottolo che porta verSOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
so il confine (cartello: confine a 430m). Giunti ad un secondo cartello (confine: 130m), si prende una carrareccia
a destra, in leggera salita. Dopo circa 150m, all’inizio di una pineta, si gira a sinistra in una dolina alberata e
delimitata da un muretto a secco, dove si trova l’ingresso della cavità. La Grotta di Trebiciano è la più nota tra
quelle esistenti sul Carso triestino, sia per la scoperta
dell'acqua sotterranea che scorre nella sua caverna
terminale, che per gli approfonditi studi effettuati in
varie epoche ed in particolare verso gli inizi di questo
secolo per iniziativa dell'Ufficio Idrotecnico Comunale di Trieste. Essa ha avuto un ruolo assai importante per le indagini sulla continuità del corso del fiume Timavo, essendo l'unico punto intermedio dove
riappare, sia pur per un breve tratto, l'acqua che
scompare nelle Grotte di San Canziano. Le scale che
ne agevolavano l'accesso sono state sostituite varie
volte durante il periodo in cui si effettuavano continue discese per misurazioni e prelievi di campioni
d'acqua. Successivamente il Comune non ha più curato la manutenzione delle attrezzature, cosicchè le vi- Tecla Tripari, dopo la lunga discesa delle interminabili scasite alla grotta richiedevano l'uso di almeno 120 metri le, finalmente può assaporare lo splendore della grande sala
di scalette speleologiche, risultando molto pericolose terminale sul cui fondo scorre il Timavo.
per lo stato dei manufatti. Numerosi infatti sono stati
gli incidenti in quel periodo. Nota del 17.7.1977. Da un ulteriore esplorazione effettuata dalla Società Adriatica
di Scienze nel 1977 la lunghezza del lago sifone è risultata essere di 290 metri. Aggiornamento del 1989/1990 Società Adriatica di Speleologia. Già durante la posa in opera della "Ferrata Adriatica" è emersa la necessità di
utilizzare un disegno in scala della cavità, che si presentasse preciso e dettagliato. Tutti i rilievi eseguiti sino ad
allora, pur essendo esatti per
quanto riguarda il valore
della profondità totale, non
risultavano particolarmente
veritieri nella fedeltà delle
rappresentazioni e nell'evidenziazione dei particolari.
E' stato quindi deciso che
venisse realizzato un nuovo
rilievo topografico della cavità, con l'aggiunta di tutte
quelle diramazioni inedite o
già conosciute che non erano
state comunque rappresentate nelle vecchie planimetrie.
Il nuovo rilievo ha evidenziato alcuni particolari molto
interessanti. Per prima cosa
risulta variato il numero dei
pozzi presenti nella parte
verticale della grotta. Questo
perchè nei precedenti rilevaProiezione topografica in pianta dell’Abisso di Trebiciano in cui è ben evidente la menti più saltini di poca profondità sono stati riuniti in
grande sala terminale sul cui fondo scorre il Timavo.
un unico pozzo, o perchè
alcuni dislivelli sono stati considerati trascurabili. Per esempio, nel rilievo Boegan-Kobau del 1896-97 vengono
evidenziati 15 pozzi; nel lavoro "Lo stato attuale del Catasto Speleologico della Venezia Giulia" di W. Maucci
(1961) sono citati invece solamente 13 salti, mentre nei dati riportati nella recente pubblicazione "100" (monografia delle grotte del Carso Triestino con profondità superiore ai 100 metri, di Franco
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
3
ANNO
III—N°7
PAGINA
Gherlizza) sono indicate le profondità di 25 pozzi. Il nuovo rilievo eseguito dalla Società Adriatica di Speleologia nel periodo 1989/90 ha evidenziato 20 pozzi distinti, lungo la via principale che conduce
alla Caverna Lindner, di profondità variabile
dai 2 ai 52,6 metri. Tali pozzi sono stati tutti
attrezzati con scale fisse per facilitarne la discesa. Vi sono inoltre vari pozzi laterali ed una
serie di salti che conducono, quale secondo
accesso, alla Caverna Lindner. Per quanto riguarda le nuove vie rinvenute ed esplorate recentemente, sono da segnalare numerosi camini che sono stati risaliti anche per decine di
metri, con lo scopo di rintracciare ulteriori diramazioni, ed una serie di pozzi laterali che
scendono parallelamente al P.53. Quindi nel
nuovo rilievo le verticali risultano essere 20
lungo la via principale di discesa e 25 nelle
La grande sala terminale sul cui fondo scorre il Timavo.
diramazioni laterali, per un totale di 45 pozzi.
Inoltre anche la forma della Caverna Lindner è
stata variata notevolmente, rispetto ai rilievi precedenti. Da evidenziare infatti la presenza di un grande camino
alto 62 metri, presso l'imboccatura della galleria Beram, ed uno scivolo di sabbia, orientato in direzione sud rispetto alla Caverna, che nelle precedenti piante era appena accennato, mentre in realtà presenta uno sviluppo
planimetrico di 72 metri, per un dislivello positivo di oltre 40 metri. Lo sviluppo planimetrico è stato portato a
920 metri, con un incremento di oltre 337 metri rispetto al vecchio rilievo.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
4
ANNO
III—N°7
PAGINA
Piedi umidi in Pod Lanisce
di Tecla Tripari
Tecla, nella grotta
Pod Lanisce, mentre
tenta di superare un
passaggio particolarmente impegnativo.
La grotta nonostante
tutto non è priva di
concrezioni.
Il giorno 20 luglio eravamo in quattro a visitare la Grotta Pod Lanisce: Maurizio
Tavagnutti, Fabio Franceschini, Alex Debenjak ed io. Il ritrovo era alle ore 9.00 a
Cormons e dopo circa mezz'ora di ritardo (strano ma vero mi ero persa per le strade di Gradisca d'Isonzo!!) partiamo, direzione Taipana, all'esplorazione della grotta. Questa splendida cavità semi-allegata è situata nelle Prealpi Giulie, una volta
arrivati a Nimis si percorre una strada che segue il corso del torrente Cornappo.
Inizia con una galleria di altezza intorno il metro e mezzo: in questo primo tratto il
percorso è un po' difficoltoso a causa della ridotta altezza del soffitto e delle diverse pozze d'acqua che si incontrano, appena si mette piede in queste pozze si percepisce immediatamente il gelo dell'acqua poi man mano che si progredisce il freddo
diminuisce in quanto il calore corporeo scalda i vestiti bagnati permettendo l'avanzamento senza batter (troppo) i denti; geologicamente molto bella ed interessante
con presenza di roccia calcarea compatta dove è visibile il meraviglioso lavoro di
modellazione dell'acqua sulle pareti. Alla fine di questo tratto la grotta cambia
morfologia: il soffitto si alza di diversi metri consentendo un cammino agevole,
gli ambienti si fanno più ampi con la presenza di roccia calcarea più erodibile ricca di noduli di selce nera (“La Galleria delle cozze” come Maurizio simpaticamente la
definita). Risalendo sempre il corso d'acqua, l'ambiente cambia nuovamente morfologia: le pareti si avvicinano sempre più fino a formare uno
stretto corso d'acqua, questa è
la parte più difficile perchè si
è costretti a superare la strettoia facendosi pressione con
braccia, gambe e quant'altro
offre il fisico per sovrastare l'acqua alta presente sul fondo e poter raggiungere una piccola
cascata. Un'esperienza
entusiasmante non solo
perchè è la mia prima
escursione in una grotta
Si inizia con una galleria bassa e semi allagata.
“allagata” ma anche per
la presenza di persone
interessanti e simpatiche, cosa ormai appurata in questo ambiente,
dalle quali ogni volta
apprendo qualcosa di
nuovo. All'uscita, circa
dopo due ore di esplorazione, non poteva mancare “Il
rito del bagno” nel laghetto
(di acqua gelida) antistante la
grotta; il primo a “collaudare”
l'acqua è stato Maurizio a
seguire il titubante Alex ed
Sarebbe stato meglio con una muta in neoprene!!
infine io...quasi annegando.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
5
ANNO
III—N°7
PAGINA
Poi tutti a mangiare .... direzione il Rifugio Speleologico “C.Seppenhofer” di Taipana dove si è potuto apprezzare degli ottimi spaghetti con funghi porcini freschi o come definiti da Maurizio “spaghetti al profumo di funghi” (hahahah!!), in compagnia di altra gente simpatica: Isabella Primosi, Barbara Zanelli, Roberto Ferrari, Gabriella Graziuso, Doretta Sfiligoi e Gianni Susmel.
Insomma, è stata una giornata davvero gradevole tra amici.
1456 / 573 FR - GROTTA POD LANISCE
Comune: Taipana - Prov.: Udine - CTR 1:5000 Monteaperta - 049122 - Lat.: 46° 16' 5,99" Long.: 13° 19'
32,59" - Quota ing.: m 400 - Disl.: m +30 - Svil.: m 1950 - Rilievo: Pitt D. - 10.4.1965 - C.S.I.F. - Aggiornamento rilievo: Palumbo A., Sello U. - 31.12.1981 - C.S.I.F. - Posiz. ing.: Tavagnutti M. - 30.4.2011 - Centro
Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”. Manca il rilievo topografico del tratto oltre il sifone che porterebbe
lo sviluppo totale della grotta a 2100 m.
E’ la grotta più conosciuta e vasta presente nel
territorio comunale di Taipana. Senz’altro una
delle grotte più belle e suggestive delle Prealpi
Giulie. La cavità si raggiunge percorrendo la strada panoramica che da Nimis segue il corso del
torrente Cornappo in direzione di Monteaperta.
Dopo la località Ponte Sambo la strada risale in
forte salita; percorse poche centinaia di metri si
nota facilmente sulla sinistra un grande pannello
turistico dove sono riportate, oltre alle foto degli
interni, le caratteristiche della grotta. Lateralmente a questo si diparte un piccolo sentiero che porta
al sottostante rio Carmau, affluente del Cornappo.
La grotta si restringe e l’acqua diventa più profonda.
Il sentiero conduce direttamente in prossimità
dell’ingresso della grotta Pod Lanisce nelle cui
gelide acque di risorgenza gli abitanti dei dintorni, d’estate, conservavano il burro. Il nome della cavità
sembra derivare da un’antica locuzione dialettale che sta a significare “il posto dove veniva battuto il
lino” , per quante ricerche abbiamo fatto non ci è dato però di sapere se questa attività sia stata realmente effettuata in prossimità della cavità. Per meglio descrivere le caratteristiche di questa importante
risorgiva abbiamo suddiviso i vani interni in: Ramo Principale e Rami Secondari.
RAMO PRINCIPALE:
Inizia con una galleria di altezza variabile fra il metro e il metro e mezzo, sul cui fondo scorrono circa
20cm d'acqua. Il percorso in questo tratto è piuttosto malagevole a causa della ridotta altezza del soffitto e delle profonde pozze d'acqua che si incontrano. A 70m dall'entrata un sifone a pelo libero costringe a percorrere un corto cunicolo laterale asciutto che permette di superare l'ostacolo. Questo cunicolo
sbocca nel ramo principale, in un laghetto profondo circa 50cm. Oltre il laghetto si incontra una profonda galleria inondata, percorribile in spaccata,
cui segue una galleria con circa 70cm d'acqua.
Alla fine di questo tratto il ramo principale cambia morfologia: il soffitto si alza fino ad una decina di metri consentendo un agevole cammino, gli
ambienti si fanno più ampi e si incontrano molti
massi di crollo. A 150m dall'entrata, il ramo principale compie una brusca deviazione a sinistra
per poi riprendere la direzione originaria. In questo punto si trova una grossa frana e l'unica prosecuzione attiva si apre sulla parete sinistra della
galleria impostata in una brecciola più erodibile,
ricca di noduli di selce nera, molto diversa da
Il mitico Alex … a mollo.
quella più compatta calcarea che si incontra fin
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
6
ANNO
III—N°7
PAGINA
dall'entrata. La sezione di questo tratto, lungo circa 40m, è pressoché circolare con 1m di raggio. In
seguito si ritrovano alti soffitti (12m) che permettono di osservare la successione degli strati rocciosi:
brecciola ricca di noduli di selce sovrastata da brecciola calcarea compatta. Questa parte del ramo
principale presenta lunghi terrazzi d'erosione; su uno di questi si è posato un grosso blocco di roccia
distaccatosi dal soffitto secondo una superficie di strato. Percorsi circa 400m dalla prima frana, la galleria si apre a formare una vasta sala di 50m, il cui pavimento è ricoperto da massi di crollo. Da qui,
risalendo sempre il corso d'acqua, si raggiunge un terrazzo costituito da calcare che da questo punto
in poi sostituisce la brecciola. Probabilmente a causa della differente consistenza della roccia il ramo
principale cambia nuovamente morfologia. Le pareti gradualmente si avvicinano sempre più fino a
formare uno stretto e tortuoso meandro allagato, che raggiunge l'altezza di 13m. Questa è la parte più
spettacolare della grotta e il visitatore si vede costretto a superare il meandro in opposizione, spesso
in posizioni estreme, sovrastando 2m di acqua limpida, la quale più avanti forma dei bellissimi laghetti. Oltre tali laghetti si incontrano tre piccole cascate, l'ultima delle quali conduce ad una sala di
dimensioni contenute, sulle cui pareti vi sono segni evidenti dell'azione dell'acqua. Alla base di una
delle pareti della sala si apre una stretta fessura-sifone che impedisce di risalire il corso dell'acqua.
Questo sifone, di grande portata, fornisce il
maggior apporto idrico alla cavità. Unica prosecuzione possibile è il così detto "ramo fossile".
Qui non si incontra il corso d'acqua che percorre
la grotta in quasi tutta la sua lunghezza, ma il
esso presenta ugualmente notevoli attrattive rappresentate dalle più belle concrezioni di tutta la
grotta, che solo qui sono molto abbondanti.
RAMI SECONDARI:
Numerosi sono i rami secondari che si dipartono
dal ramo principale, alcuni "fossili" altri attivi.
Questi ultimi si aprono tutti sulla sinistra idrografica del corso d'acqua che percorre la grotta.
Tecla sperimenta la temperatura del lago.
Sono solitamente di dimensioni ridotte e non
superano in alcun caso i 150m di lunghezza. I
rami secondari "fossili" o quasi "fossili" si aprono sulla destra idrografica oppure si trovano paralleli al ramo principale, ma chiaramente ad un
livello superiore. Hanno dimensioni paragonabili a quelle del ramo principale e vi si trovano
inoltre camini di ragguardevole altezza, che in
gran parte non sono ancora stati esplorati.
GEOLOGIA E IDROGRAFIA DELLA GROTTA:
La grotta Pod Lanisce si apre in un livello calcarenitico del Flysch di Stregna. Questo rappresenta una ordinata sequenza argilloso-arenacea inframezzata da potenti bancate di calcari marnosi. Questa formazione, datata Paleocene-Eocene, è caratteristica di tutta la zona compresa fra i calcari cretacici dell’elissoide del Monte Bernadia ed il sovrascorrimento della Dolomia Principale lungo la Linea Periadriatica. La cavità si sviluppa seguendo
non tanto la giacitura degli strati quanto un sistema di linee tettoniche legate alla faglia sopraccitata;
lungo il suo cammino la grotta ha incontrato oltre al calcare anche livelli marnosi e di breccia. Per
quanto riguarda l’idrografia interna possiamo dire visto che la portata dell’acqua, nella Grotta Pod
Lanisce è sempre costante, induce a ritenere che il bacino di alimentazione della cavità sia di notevoli
proporzioni. Numerose ricognizioni effettuate per constatare le reali dimensioni e limiti del
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
7
ANNO
III—N°7
PAGINA
bacino di alimentazione non hanno permesso, al momento, di localizzare assorbimenti di proporzioni
notevoli. La piovosità della zona è fra le più elevate d’Italia, raggiunge infatti i 2600 mm annui. La
colorazione a mezzo fluoresceina sodica effettuata nel 1971 ha permesso di individuare solo piccole
aree di alimentazione nella zona direttamente sovrastante la cavità.
STORIA DELLE ESPLORAZIONI:
La grotta è conosciuta dalla popolazione locale
da molto tempo. La vicinanza al centro abitato e
la bellezza dei vani interni hanno da subito attratto gli speleologi udinesi del C.S.I.F. ma non solo
visto che la grotta è meta di numerose escursioni
da parte di molti gruppi grotte regionali. A più
riprese
gli
speleologi del
C.S.I.F. hanno
condotto delle
esplorazioni
al suo interno,
una prima campagna nel 1965 ha stilato il rilievo completo del ramo principale; successivamente, nel 1971, sono state effettuate colorazioni per identificare il bacino di alimentazione della cavità.
Nel 1981, nell’ambito di una revisione catastale, il C.S.I.F. ha nuovamente rilevato il ramo
principale,
nonché scoperto numerosi rami secondari
a
tutt’oggi ancora in fase di
esplorazione.
Nel 1983, Luciano Russo, Ernesto Giurgevich e
Federico Savoia, superano lo stretto sifone terminale e scoprono più di 300 metri di nuove gallerie
Tecla si gode l’unico punto asciutto della grotta.
post-sifone. Il 9 luglio 2011 un gruppo di speleosub del C.A.T. capitanato da Luciano Russo prosegue l’esplorazione oltre il sifone terminale rilevando topograficamente 250 m di galleria e trovando
un ulteriore prosecuzione di circa altri 250 m arrestandosi sotto una risalita in cascata troppo pericolosa per proseguire l’esplorazione.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
8
ANNO
III—N°7
Rilievo topografico
della grotta KruberaVoronja. A fianco il
coleottero troglobio,
Duvalius abyssimus,
con l’indicazione del
punto in cui è stato
trovato.
PAGINA
9
Un nuovo coleottero dentro la grotta più
profonda del mondo
La grotta Krubera-Veronja è situata in Abkhazia in Georgia. Attualmente
è l'abisso conosciuto più profondo al mondo: -2.197 metri. Questa profondità è stata confermata al raduno degli speleologi Imagna
2005 dal moscovita Denis Provalov. Tale profondità è stata raggiunta nel
ramo Windows for divers superando tre sifoni allagati, uno dei quali ha
una strettoia che costringe gli speleosub a togliersi le bombole e ad effettuare delle contorsioni per passare. Gli speleosub si sono fermati per il
momento di fronte ad un quinto sifone, comprendendo nel computo il
sifone Bermuda che si trova a -1450 metri. L'ingresso della grotta si trova sul massiccio di Arabika. Matteo Rivadossi e Giacomo Rossetti sono
stati i primi italiani a raggiungere la massima profondità della grotta impiegando quasi tre giorni di progressione (andata e ritorno) con brevi
soste per riposare. Recentemente, il 2 luglio di quest’anno, durante una
spedizione scientifica iberico-russa denominata “Cavex Team” è stato
scoperto a circa 700 m di profondità un coleottero troglobio. Il coleottero, scoperto dagli studiosi delle Università di Aveiro e di La Laguna, in
Spagna, è stato chiamato Duvalius abyssimus ed è stato descritto sulla
rivista Zootaxa. I due esemplari di Duvalius abyssimus, un maschio e una
femmina, che sono stati catturati presentano caratteristiche che sono moderatamente adattate alla vita nelle grotte. Come prova, hanno ancora una
parvenza di occhi non funzionali, quegli organi completamente mancanti
in alcune specie altamente specializzate che vivono nelle grotte. "La scoperta di questo nuovo coleottero fornisce dati importanti sulle specie che
coesistono in
questi ecosistemi quasi
sconosciuti,
soprattutto
quando sono
in
un'area
geografica il cui accesso è
molto difficile, come è il
caso di questo grotta", conclude il biologo Vicente
Ortuño. La grotta KruberaVeronja non è nuova a tali
scoperte, nel 2010 gli zoologi Rafael Jordana e Enrique Baquero dell'università
spagnola di Navarra, al seguito di una spedizione di ricercatori spagnoli, russi e portoghesi, avevano individuato un minuscolo animale che avevano battezzato con il nome
di Plutomurus ortobalaganensis e che appartiene all'ordine dei Collembola. Il suo corpo è lungo pochi millimetri ed è quasi trasparente per la mancanza di pigmentazione,
ed è stato trovato a 1980 metri di profondità. Nella stessa spedizione sono state identificate anche altre tre nuove specie di animali, battezzate come Anurida stereoodorata,
Deuteraphorura kruberaensis, Schaefferia profundissima. Si tratta sempre di piccoli
invertebrati abituati a vivere da milioni di anni nel sottosuolo in condizioni estreme,
senza luce e con pochissimo cibo a disposizione.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
PAGINA
Salamelec … Afghanistan
10
di Antonino Torre
SALAMALEC…. AFGHANISTAN…. SALAMALEC… CARNIA….
Antonino Torre, attualmente si trova in
Afghanistan per motivi
di lavoro.
41 gradi, questa è oggi la temperatura che si ha, portata dal vento proveniente dal
deserto, viene dall’ Iran. Il vento porta la sabbia e tutto intorno non si vede gran
che, solo nuvole di polvere e bassissima umidità, qui lo chiamano il vento dei 100
giorni e in base alla provenienza porta le temperature fino a 45/50 gradi, accompagnata spesso dalla sottile sabbia del deserto. Maurizio mi chiede di esprimere la
mia idea su questo territorio in cui da cinque mesi lavoro. Ho subito le temperature
fredde del mese di febbraio portata dai venti provenienti dalla catena Himalaiana
per arrivare a oggi, alle porte del periodo più critico dell’estate dove si sfiora quotidianamente i 42 gradi con meno del 20% di umidità. Ormai solo pochi giorni mi
separano dal rientro e forse saranno i più duri per quello che mi aspetta, intorno
non si vede gran che, solo una distesa di terreno brullo e arrido, le montagne che
circondano la piana di Herat sono prive di vegetazione, vengono sferzate da questo
vento e non hanno nulla delle verdi valli della Carnia e presenti in me solo nei
pensieri e nel conforto
che presto le rivedrò.
Eppure la piana e ricca
d’acqua, solo pochi metri al di sotto della superficie c’è acqua a volontà utile a trasformare
queste pietraie in lussuosi giardini dell’eden.
E’ il vento che e sempre
presente a renderle aride, brucia tutto e non
permette ai germogli di
andare avanti se non
curati da una quotidianiun paesaggio brullo e desertico, quasi inospitale, si possotà di attenzioni. Sorvolo In
no trovare questi tipici insediamenti formati da povere tensu questo e altre cause de di piccole comunità tribali.
che permettono questo e
non conoscendo le cause non mi esprimo, eppure mi chiedo da cinque mesi il perché di
tutto questo, perché non
rendere lussureggianti
giardini queste terre e
vivere in un ambiente
da sogno, un’oasi di vita
un angolo di paradiso in
queste
aride
distese???.... Non ho avuto
una gran fortuna nel
visitare questo territorio, Alcune povere costruzioni di fango sorgono in un tipico
anzi quasi nulla, blindati paesaggio dell’Afghanistan tra le immense pietraie sovrastate da montagne sempre più alte e brulle.
in base per ovvi motivi
di sicurezza non posso far altro che veder da lontano il tutto. Sento i racconti delle
pattuglie al rientro dal solito giro d’ispezione nei dintorni e apprendo tutto questo
sempre nella mia massima curiosità che mi accompagna dalla nascita. La stessa
curiosità che mi porta a chiedere quotidianamente notizie ai civili, chiedo delle
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
11
loro abitudini di vita, delle loro regole, del mangiare e di quello che cresce su questo arido terreno. Hanno delle
regole di vita molto forti e profonde, dettate dall’orgoglio di un popolo che è abituato a vivere nel duro e isolato
ambiente che lo circonda e difficilmente riesci a capire e dartene un logica ragione a queste regole. Cosi inavvertitamente scopri usanze e usi tramandati da
secoli, raccontate e tramandati nella monotona
vita dei villaggi, tra le scarne mura della povere
abitazioni, dove al passare di una pattuglia non
si vede altro che la minuscola luce della lampada a petrolio e al far del giorno la vecchia pompa che estrae l’acqua dal pozzo per le esigenze
della vita quotidiana. Le immense pietraie sovrastate da montagne sempre più alte e brulle,
vengono rotte solo da piccole isole di verde
composte da pochi alberi intorno ai villaggi,
dove l’opera dell’uomo cerca di mitigare le aride terre strappando qualche orticello che insieme alle misere greggi di pecore diventano
il sostentamento degli abitanti di questi villaggi. Lontano e inimmaginabile è il nostro caos
in mezzo al deserto l’ora di pranzo scandisce il passare
quotidiano, il silenzio regna sovrano e in alcuni Anche
della giornata. Nonostante le difficoltà ambientali quest’uomo
di essi il rumore di un mezzo non si sente per pensa ad un bel po’ della sua gente.
settimane e le stesse piste non sempre percorse
dai fuori strada tagliano fuori dalla vita i villaggi
che restano isolati per settimane. E’ scopri pure
che quell’insistente canto che da alcuni giorni ci
accompagna al tramonto non è altro che il
Ramadan, mese del digiuno e della preghiera
della fede islamica e che quest’anno è iniziato 5
luglio e finisce il 27. Il nervosismo e percepibile
nel local work “lavoratori locali” con espressioni visive sempre più pallide e stremate
dall’astenersi durante il giorno di ogni forma di
alimentazione e dal bere. Anche le prestazioni
lavorative, per ovvi motivi, diventano sempre
scarne e labili, occorre avere molta sensibilità
per non creare dei dissapori e continuare ad avere ottimi rapporti. Il sole tramonta, le temperatutipico paesaggio dell’Afghanistan dove, tra le immense piere iniziano a scendere e l’ultimo canto delle 5 Un
traie, dominano le montagne sempre più alte e brulle.
preghiere giornaliere ci lascia a quell’attimo di
convivialità tra colleghi di lavoro, nuove amicizie nascono altre si spengono tra screzi e incomunicabilità dati
dalla convivenza e dal non rispetto delle persone, ma la vita continua, cosi come è stata vissuta in Afghanistan
prima, durante e dopo i Talebani ……!!!
Salamalec…….. Afghanistan, Salamalec…. Nazir, Javid, Faird e tanti altri conosciuti in questi mesi di permanenza in Afghanistan….
____ * * * ____
PER SAPERNE DI PIÙ:
L'Afghanistan è uno stato di 652 864 km² e di 31 822 848 abitanti stimati nel 2014. La sua capitale è Kabul.
Confina ad ovest con l'Iran, a sud e a est con il Pakistan, a nord con il Turkmenistan, l'Uzbekistan e
il Tagikistan e con la Cina nella regione più a est della nazione (corridoio del Vacan). Tra la caduta
dei Talebani in seguito all'arrivo delle forze alleate e la riunione del gran consiglio per la stesura della nuova
costituzione, l'Afghanistan veniva indicato dall'Occidente come Stato provvisorio islamico dell'Afghanistan.
Con la sua nuova Costituzione il paese viene ora ufficialmente chiamato "Repubblica Islamica
dell'Afghanistan". L'attuale presidente è Hamid Karzai, in carica dal dicembre 2001. Le lingue uffiSOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
12
ciali del paese sono il pashtu e il dari.
MORFOLOGIA
Privo di sbocchi sul mare e prevalentemente montuoso (per l'80% ha un'altitudine compresa tra i 600 e i
3000 m), il territorio è dominato dall'Hindu Kush, che taglia in due il paese: verso nord-est il sistema si salda
con i massicci del Pamir e del Karakorum, mentre a sud-est si congiunge con i monti Sulayman, in cui si aprono
i passi di Khyber e Bolan, vie d'accesso all'India e importanti «porte storiche» dell'Asia. Verso Nord-ovest i rilievi degradano nella pianura percorsa dal fiume Amu Darya, mentre verso sud lasciano spazio ad aree prevalentemente desertiche e ad ampi bacini palustri. L'Hindu Kush prosegue a ovest con il massiccio del Koh-i-Baba
collegato ai rilievi marginali dell'Iran; più a sud, si apre a ventaglio in una serie di catene parallele che digradano verso l'altopiano desertico del Rigestan (o Registan) e la depressione salina del Sistan. Nell'estremità settentrionale del paese si estende una limitata area pianeggiante - la regione storica della Battria o Turkestan afgano lambita dall'Amu Darya.
IDROGRAFIA
La maggior parte dei fiumi (Helmand, Hari Rud, Morghab) ha origine dalle catene centrali e defluisce nei bacini
desertici meridionali, con la sola eccezione del Kabul, tributario dell'Indo. Sono inoltre presenti fiumi a carattere
torrentizio che non sono di importante rilevanza e non sempre sono sufficienti a soddisfare il fabbisogno alimentare locale.
CLIMA
L'Afghanistan è caratterizzato da un inverno rigido e un'estate torrida. Durante l'inverno la temperatura può
scendere fino a -15°, ed è questo anche il periodo più piovoso dell'anno. L'estate è caratterizzata da un clima
molto caldo e secco, meno in altitudine dove le sere sono fresche. I mesi migliori per il viaggio sono aprile,
maggio ed ottobre. La forte aridità che caratterizza questa regione è causata da un clima di tipo continentale, con
frequenti venti secchi e forti escursioni termiche, sia diurne sia stagionali. A Kabul le temperature oscillano tra 1° (media di gennaio) e 23°C (luglio), con appena una trentina di giorni di pioggia annui. Il paesaggio, arido e
brullo, è dominato dalla steppa, sfruttata come pascolo; le ridotte aree forestali sono limitate ai versanti meridionali delle catene lungo il confine pakistano, che beneficiano dell'influsso monsonico.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
13
Il Catasto Grotte FVG a rischio chiusura
Da “IL PICCOLO” del 19 luglio 2014
Furio Premiani, presidente della Federazione Speleologica Regionale del Friuli Venezia
Giulia.
La schermata iniziale
del Catasto Grotte
Regionale on line
(www.catastogrotte.f
vg.it/) e a lato un esempio del rilievo
topografico di una
delle 7738 grotte
presenti in FVG.
Un patrimonio di dati tecnici e scientifici che abbraccia un secolo e mezzo di attività,
ma che adesso è fortemente a rischio a causa del drastico taglio delle risorse. Stiamo
parlando del Catasto Grotte Regionale del FVG, istituito con la Legge Regionale 27 del
1966 e gestito dalla Federazione Speleologica Regionale del FVG: una istituzione dove
sono raccolti e catalogati tutti i dati topografici e ambientali del sottosuolo del territorio
regionale. Un organismo che fino a quest’anno poteva contare su un finanziamento annuo di 86.000 euro, e che invece nell’ultima finanziaria - denunciano gli speleologi regionali - è stato più che dimezzato, scendendo a quota 40 mila euro, e mettendo di fatto
a rischio la sua stessa esistenza. “Con questo consistente taglio dei fondi non siamo più
in grado di garantire il nostro supporto per la gestione del Catasto delle Grotte - afferma
Furio Premiani, presidente della Federazione Speleologica Regionale -. Al di sotto di
una cifra di almeno 75 mila euro è impossibile far fronte a tutti i costi di gestione. La
nostra speranza è che la Giunta regionale possa ritornare sui propri passi e rinnovarci
l’impegno economico degli scorsi anni anche per il futuro, altrimenti il rischio chiusura
del Catasto, che peraltro conta su due dipendenti stipendiati, sarà più che concreto”. Il
Catasto Grotte Regionale, che si regge sul lavoro volontario di oltre 3000 speleologi,
assume storicamente una funzione fondamentale anche per istituzioni ed enti scientifici
e di ricerca, grazie al lavoro portato avanti dai 24 gruppi speleologici regionali, attraverso il monitoraggio delle 7738 grotte presenti sul territorio. Ma adesso è a rischio
anche quest’ultima attività: dal 2007 infatti i finanziamenti ai gruppi non sono più in
capo alla Regione FVG ma alle Province, che peraltro attualmente erogano complessivamente solo il 40 per cento della somma
prevista (circa 60 mila euro in totale rispetto ai 154 mila degli anni passati). “Le attrezzature usate per le esplorazioni hanno
bisogno di un ricambio continuo per questioni di sicurezza e tutto questo comporta
dei costi - continua Premiani -. Se non sarà
rivisto lo stanziamento dei fondi si andrà
incontro ad una inevitabile diminuzione
della sicurezza e delle azioni di salvaguardia dei gruppi speleologici regionali che si
sono sempre distinti per professionalità,
preparazione e capacità: non ultima
l’operazione internazionale di soccorso e salvataggio
(n.d.r. - ne abbiamo data ampia e
dettagliata descrizione nel numero
di
giugno
di“Sopra
e
sotto il Carso”) di
un collega rimasto
ferito a 1000 metri
di profondità avvenuta in Germa
nia”.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
PAGINA
Calcite e Aragonite
14
di Graziano Cancian
Graziano Cancian in
un momento delle
sue ricerche in grotta.
Calcite e aragonite rappresentano uno dei più noti esempi di “polimorfismo”
in mineralogia. Con questo termine si indica l’esistenza di minerali con composizione chimica uguale ma cristallizzati in maniera diversa. La calcite e
l’aragonite sono formate entrambe da carbonato di calcio – Questo numero di “Sopra e sotto il Carso” si
CaCO3 – ma la prima cristal- arricchisce di un nuovo e accreditato collalizza nel sistema trigonale e la boratore: Graziano Cancian. Speleologo e
seconda in quello rombico. In noto geologo, attualmente goriziano ma spedefinitiva, tanto per parlare in leologicamente cresciuto con la scuola monmaniera semplice, gli atomi falconese, Cancian ha all’attivo numerosissiche costituiscono il reticolo me pubblicazioni scientifiche. Oltre alla sua
cristallino si dispongono in professione di geologo, egli ha curato da
maniera diversa. Se si ha la sempre la sua passione per la ricerca scientifortuna di trovare qualche bel fica applicata allo studio del carsismo tanto
cristallo, si noterà, infatti, che da risultare uno dei più accreditati studiosi in
hanno un aspetto differente. questo campo. Attualmente fa parte della
Perché parliamo proprio di Società di Studi Carsici “A.F. Lindner” di
questi due minerali? Perché il car- Ronchi dei Legionari.
bonato di calcio è il principale costituente delle concrezioni delle nostre grotte ed è presente anche nei depositi di
riempimento. Va subito detto che, a temperatura e pressione ambiente, la calcite è
di gran lunga più stabile dell’aragonite e per questo motivo la seconda è piuttosto
rara. A questo punto viene spontaneo chiedersi perché talvolta nelle grotte si deposita pure l’aragonite. Ci sono varie teorie, però, per ora, basiamoci sulle nostre esperienze. Innanzi tutto è meglio chiarire subito che non è per niente facile distinguere i due minerali “ad occhio”. Spesso, quando in grotta si vede qualche concrezione eccentrica, magari ramificata o tipo infiorescenza, molti affermano che si
tratta di aragonite. In realtà, non è sempre così. Inoltre, anche se inizialmente la
concrezione era aragonitica, col tempo potrebbe essersi trasformata in calcite, cioè
nella forma più stabile. Il riconoscimento più sicuro dei due minerali avviene tramite la diffrattometria a raggi x, che noi abbiamo abbondantemente utilizzato grazie alla disponibilità dell’Università di Trieste. Le nostre ricerche, durate alcuni
decenni, hanno dimostrato che l’aragonite compare soprattutto dove ci sono degli
“ioni e sostanze estranee”.
Ad esempio è stata trovata
nei depositi di riempimento
contenenti minerali fosfatici, come nella Caverna Pocala 173/91 VG. Qui è stata
identificata assieme a idrossiapatite e kutnahorite, che
sono rispettivamente un
fosfato di calcio e un carbonato di calcio e manganese.
E’ stata trovata poi dove le
acque di percolazione si
sono arricchite di magnesio
a causa della presenza di
Un cristallo di aragonite (A) ed un cristallo di calcite qualche strato dolomitico.
(C). Come si può notare, hanno una forma diversa.
Si ricorda che la dolomite è
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
15
un carbonato di magnesio e di calcio – MgCa(CO3)2. Le nostre ricerche l’hanno identificata, assieme ad altri
minerali rari, nella Grotta del Teschio di Mucca 6000/3420 Fr, che si apre nel Monte Mia (Valli del Natisone) o
nella Grotta dell’Otto 4782/5582VG nel Carso Triestino. Constatata l’influenza del magnesio, si è voluto vedere
qual è la composizione mineralogica delle concrezioni
che si formano esclusivamente dentro roccia dolomitica
pura. A questo proposito è stata analizzata una piccola
concrezione della Cavernetta del Torrente Comugna
5962/3400FR che si trova in comune di Pielungo
(Pordenone). Si tratta di una modesta cavità che si sviluppa interamente nella Dolomia Principale del ReticoNorico. Le analisi hanno dimostrato che la concrezione
era formata per il 60% da aragonite e per il 40% da calcite (dato inedito). In conclusione, pare assodato che il ritrovamento di aragonite nelle nostre grotte indichi spesso
la presenza di qualche sostanza “estranea” o di strati dolomitici. In questi casi, vale sempre la pena di fare qualche indagine più approfondita, perché ci sono buone posUn bel cristallo romboedrico di calcite.
sibilità di trovare altre caratteristiche mineralogiche o
stratigrafiche interessanti.
BIBLIOGRAFIA:
CANCIAN G., PRINCIVALLE F. (1991) - Kutnahorite from Caverna Pocala Soil (Trieste Karst, Italy). Periodico
di Mineralogia, 60, pp. 15-20.
CANCIAN G., TRICARICO F. (1990) - Incrostazioni di huntite, magnesite, aragonite, dolomite e calcite in una
Grotta del Carso Triestino. Mondo Sotterraneo. n.s., 14 (1-2), pp. 11-21, Udine.
MOCCHIUTTI A., CANCIAN G. (1997) - Segnalazione di idromagnesite in una grotta del Monte Mia (Valli del
Natisone, Friuli, Italia). Mondo Sotterraneo, n.s., 22
(1-2), pp. 37-42, Udine.
Alcuni estratti, riguardanti gli studi sul
carsismo, eseguiti da Graziano Cancian e
pubblicati su varie riviste nazionali.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
PAGINA
16
Le grotte di Doberdò che dovevano ospitare
il protosincrotrone
A cura di Maurizio Tavagnutti
Una delle tante cupole metalliche ancora
presenti sul Carso.
Durante il periodo
della Guerra Fredda
queste postazioni
nascondevano cannoni o altri armamenti
atti a fermare il
“nemico”.
Puntualmente ogni tanti anni i giornali locali riprendono la
notizia, velata da un po’ di mistero, sulla presenza sul Carso
isontino di gallerie sotterranee legate al periodo della Guerra
fredda. Addirittura si afferma che un generale, che godeva
all’epoca di una certa credibilità, assicurava che durante la
Guerra fredda il Carso conservava nelle sue viscere un ordigno nucleare pronto ad essere fatto esplodere. Fantasie? Ma!
Questa volta il quotidiano “IL PICCOLO” del 15 luglio ha
riportato un inciso indicato come “Il mistero” di cui riportiamo qui sotto il testo integrale. Notizie di questo genere riteniamo siano fuorvianti e senz’altro contribuiscono ad alimentare
la disinformazione nella popolazione. Per questo motivo ho
voluto andare a fondo della cosa.
Da “IL PICCOLO” del 15 luglio 2014 (riquadro “Il mistero”)
Restano un mistero le gallerie di Doberdò del Lago che a metà degli anni Sessanta
avrebbero potuto (dovuto?) ospitare il protosincrotrone del CERN. IL PICCOLO si è
occupato della vicenda nell’estate di quattro anni fa dopo aver scoperto nel proprio
archivio storico un reportage in cui si dava notizia, corredata da fotografie, del sopralluogo dei tecnici ginevrini nelle cavità carsiche che si trovano alla destra quando si
sale da Selz. Il sopralluogo fu effettuato il 3 luglio del 1969. Le gallerie in questione
non fanno parte delle fortificazioni scavate dagli anni Cinquanta in poi in epoca di
guerra fredda. Sono di molto antecedenti e si sviluppano per parecchie centinaia di
metri. In quel punto del Carso l’altitudine media è di 76 metri. La profondità
nel sottosuolo delle gallerie tocca anche i 37 metri. Il dato, secondo alcuni esperti, farebbe decadere l’ipotesi che si tratti di linee sotterranee scavate prima
o durante la Grande Guerra. L’imponenza delle gallerie stride con i manufatti
bellici che possiamo osservare nel sottosuolo carsico. Dunque, chi le ha scavate? Quattro anni fa fiorirono le ipotesi più stravaganti; si parlò addirittura di un
sito segreto della Nato. Ma fino ad oggi nulla di certo è emerso. All’epoca dei
fatti il governo italiano, a guida Aldo Moro, aveva a disposizione per la realizzazione del protosincrotrone 60 miliardi di lire. Una cifra ingente. Ma si riteneva che fosse un investimento ben calibrato sotto ogni punto di vista. Compreso quello di offrire ai giovani dell’epoca un indirizzo lungo il quale orientare i propri studi. A favore della costruzione del protosincrotrone si schierarono
gli allora studenti dell’Istituto Tecnico Industriale “G. Gallilei”. Scesero perfino in corteo per sorreggere la candidatura, precedendo di qualche mese i cortei
sessantottini.
E ancora, su internet si può trovare sul sito:
http://www.vecio.it/forum/viewtopic.php?f=9&t=3823#p64557
Un corridoio di uno
dei tanti bunker presenti sul Carso goriziano.
A DOBERDÒ GALLERIE SCAVATE DA UN ORGANIZZAZIONE PARAMILITARE
di ROBERTO COVAZ GORIZIA
Le gallerie di Doberdò del Lago che nel 1969 avrebbero dovuto ospitare il primo protosincrotrone d'Europa furono costruite negli anni Cinquanta per scopi bellici. Non
solo: a scavarle sarebbero state organizzazioni paramilitari con base operativa all'estero. Organizzazioni che aderiscono quasi perfettamente all'identikit di Gladio. Le gallerie avrebbero dovuto diventare una sorta di primo sbarramento in caso di invasione
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
dall'Est. È questo uno dei primi, clamorosi sviluppi del caso
sollevato dal Piccolo nel reportage pubblicato ieri.
MILITARI.
Sembra assodato che le gallerie siano ancora oggi di proprietà
del Demanio militare. Si trovano a circa 37 metri di profondità , in una località che sulle mappe viene indicata con il nome
di Gmajna. Si tratta della landa carsica che si trova sulla destra della provinciale che da Selz - frazione di Ronchi dei Legionari - sale al paese carsico. Sullo sfondo i monti Debeli,
Cosici e Arupa Cupa (dove si ferì Mussolini). In quel tratto la
quota media è di 76 metri sul livello del mare. Nella zona, per
la gran parte coperta da vegetazione e arbusti, sono ancora Una dei tanti bunker, con torretta metallica, anben visibili l'ingresso di un paio di bunker, prese d'aria e bo- cora esistenti nella zona carsica sopra il paese di
Selz (Ronchi dei Legionari).
tole. Sicuramente strutture militari.
LA VICENDA.
Nel luglio del 1969 Doberdò del Lago e tutta la provincia di Gorizia stavano cullando il sogno di essere prescelti dal Cern di Ginevra per ospitare la prima macchina di luce protosincrotrone dell'Europa. Il governo aveva stanziato 69 miliardi di lire; 40 milioni la Regione. Invece non si fece nulla nonostante il parere favorevole
sul sito espresso dalla commissione del Cern giunta per un sopralluogo a Doberdò mercoledì 9 luglio 1969. Fu
Aldo Moro, allora ministro degli Esteri, a dirottare la candidatura su Nardò, in Puglia. Un voltafaccia che costò caro all'Isontino. Erano in ballo qualcosa come 5000 posti di lavoro. Per dire di quanta attesa ci fosse per
l'assegnazione di questo impianto basta ricordare che a Polazzo un locale pubblico era stato chiamato Bar Protosincrotrone.
I RETROSCENA.
Da ulteriori testimonianze raccolte ieri dopo la pubblicazione
dell'articolo emerge che nel sottosuolo si svilupperebbe un
reticolo di almeno 200 gallerie, una parte di esse senza sbocco. Si tratterebbe sia di scavi risalenti alla Grande guerra, che
alla Seconda guerra mondiale e soprattutto degli anni Cinquanta, all'apice della guerra fredda. Particolarmente interessante, e per certi versi inquietante, un altro aspetto. Per sondare la consistenza del sottosuolo carsico in prospettiva del protosincrotrone furono fatti diversi carotaggi. Ma l'analisi geologica comportò anche la fenditura delle rocce attraverso lo
scoppio di mine. Alcune furono fatte brillare anche a brevissi- In primo piano, una serie di prese d’aria che indima distanza dalle sponde del lago di Doberdò che da quel cano l’esistenza di una galleria sotterranea che
periodo avrebbe manifestato scompensi nel delicato equilibrio serviva al bunker che si vede sullo sfondo. Zona
carsica sopra Selz (Ronchi dei Legionari).
che governa l'andamento idrografico, oggetto di approfondite
ricerche.
LE REAZIONI.
Tra i primi a stupirsi positivamente della presenza di queste
gallerie - sulla cui esistenza erano in pochi a ricordarsi - sono
stati il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta e il sindaco di Doberdò del Lago, Paolo Vizintin. «La Provincia si attiverà senza indugi per ottenere dalla competente
autorità il permesso di visitare le gallerie - ha promesso il
presidente Gherghetta -. La Provincia con il progetto Carso
2014+ sta portando avanti un ingente intervento di valorizzazione della zona carsica, sia sotto il profilo naturalistico che
storico. Dunque, perché non includere anche queste gallerie
di una torretta blindata con ancora la
nei percorsi turistici?». Sorpreso Paolo Vizintin di trovarsi in L’interno
struttura metallica per la postazione di sparo. In
casa un patrimonio del genere. «Posso affermare con ottima caso di attacco nucleare le feritoie della torretta
approssimazione che le gallerie sono opere di origine milita- venivano chiuse ed i militari, attraverso una picre. Prenderemo contatti con il Demanio per verifi- cola botola potevano scendere in un vano sotterraneo alla profondità di 8 m.
care la consistenza del reticolo e considerare un
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
17
ANNO
III—N°7
PAGINA
18
eventuale sfruttamento turistico. Del resto ricordo che quand'ero bambino il territorio comunale era disseminato
di presenze militari. Non si potevano percorrere che pochi metri di sentieri e subito si era intercettati da qualche
militare. Non parliamo poi di chi inavvertitamente si avvicinava al confine».
____ * * * ____
Il lago di Doberdò come si presenta in periodi di piogge
abbondanti. Negli anni ’30 gli abitanti di Doberdò affermano che l’acqua permaneva nel bacino più a lungo.
Come si presenta il lago di Doberdò in periodi di secca.
Attualmente il lago appare in queste condizioni sempre
più frequentemente.
Dopo tutta questa disinformazione ho creduto opportuno che fosse il caso di inviare al quotidiano “IL PICCOLO” la seguente nota informativa:
Da “IL PICCOLO” del 19 luglio 2014 di Maurizio Tavagnutti
Ho letto con interesse l’articolo apparso su “IL PICCOLO” di
ieri martedì 15 luglio, riguardante le gallerie militari risalenti
alla cosidetta “Guerra fredda”. In particolare sono rimasto molto perplesso sul riquadro indicato come “il mistero” riguardante
le grotte di Doberdò che dovevano ospitare il protosincrotrone.
In quelle gallerie, all’epoca, io ci sono stato e ricordo benissimo che non c’era niente di misterioso. In quegli anni eravamo
stati chiamati come speleologi in quanto i tecnici che stavano
eseguendo dei sondaggi allo scopo di studiare la fattibilità del
protosincrotrone, dopo aver scavato, nel mezzo di una dolina
situata nei pressi di Doberdò, un pozzo di 30 metri di profondità avevano iniziato a scavare una galleria orizzontale che a sua
volta aveva intercettato una serie di cavità naturali. Ricordo
benissimo che esplorammo quelle cavità e ne tracciammo anche il rilievo topografico. In pratica, in previsione di poter costruire il protosincrotrone europeo sul nostro territorio,
all’epoca fu scavato un pozzo di 30 metri di profondità a sezione quadrata, quindi in corrispondenza del fondo fu scavato un
reticolo di gallerie per uno sviluppo totale di 294 metri in cui si
intercettarono nove cavità naturali a sviluppo prevalentemente
verticale. A sondaggi conclusi e dopo che il protosincrotrone,
per motivi politici, venne costruito in Svizzera, il grande pozzo
venne completamente chiuso e riempito di materiale. Sul posto
si possono ancora oggi trovare i resti dei carotaggi eseguiti
all'epoca. Ancora una volta quindi si parla a più riprese delle
gallerie, effettuate a scopo diagnostico a fine anni sessanta, per
la progettata costruzione dei vani sotterranei atti a
contenere i laboratori del protosincrotone del
SOPRA
E
SOTTO
Doberdò del Lago (27.7.2010). Quello che rimane
del grande pozzo scavato in occasione dei sondaggi per il protosincrotrone. Sopralluogo effettuato dal C.R.C. “C. Seppenhofer” assieme a
Piero Spirito (in piedi) del “IL PICCOLO”.
Una testimonianza dei numerosi carotaggi eseguiti all’epoca e ancora presenti sul posto.
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
19
CERN, poi costruiti in Svizzera. Si ipotizza che
tali gallerie furono costruite in corrispondenza
di gallerie preesistenti eseguite per scopi militari. Purtroppo tutto questo indica una disinformazione totale sull’argomento. Alle volte si
intervistano persone che poco o niente hanno
conoscenza del problema, o perché erano troppo giovani
allora o che
non erano
assolutamente informate.
DOBERDÒ Esiste una
pubblicaIndicazione del sito della dolina in cui si scavò il pozzo di accesso zione sciendelle gallerie del protosincrotrone (cerchio rosso). Da CTR
tifica
del
1:5.000 - Cippo Corridoni (non in scala).
geologo
Bruno Martinis del 1975 (Indagini geologiche e geotecniche effettuate
sull’altopiano di Doberdò (Gorizia) per il protosincrotrone europeo da 300
GeV del CERN. Mem. Ist. Geol. E Mineral. Univ. Padova) che parla esaurientemente della cosa. Tale pubblicazione parla esaurientemente di queste
gallerie che furono eseguite come sondaggi preliminari per conoscere la
geologia ed il grado di carsismo della massa calcarea alla profondità di
delle gallerie del protosincrocirca 30 metri (profondità in cui si doveva costruire l’anello del protosin- Pianta
trone (Mem. Ist. Geol. e Mineral.
crotrone). Durante i lavori fu pure fatta scoppiare una potente carica di e- Univ. Padova di Bruno Martinis).
splosivo al centro del lago di Doberdò che lasciò il segno con un cratere
circolare nella zona SE del lago. Tale esplosione venne fatta per studiare dal punto di vista sismico la compagine calcarea dell’altopiano di Doberdò. Dopo questo fatto nacque la credenza che sul fondo del lago si siano
formate delle fratture nella roccia e si sia rotto l’equilibrio naturale che permetteva al lago di conservare le sue
acque per gran parte dell’anno come nei tempi passati.
Alcune sezioni delle gallerie del protosincrotrone ricavate da indagini geologiche e geotecniche effettuate
sull’altopiano di Doberdò (Gorizia) per il protosincrotrone europeo da 300 GeV del CERN. (Mem. Ist. Geol. E Mine
ral. Univ. Padova di Bruno Martinis).
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
20
LA VICENDA REALE
L’idea di proporre il sito di Doberdò per la realizzazione del protosincrotrone europeo era stata del gruppo di
fisici capitanato dal prof. Paolo Budinich e composto dal prof. Luciano Bertocchi, dal prof. Luciano Fonda, dal
prof. Giuseppe Fidecaro e dal prof. Giuseppe Furlan, che assieme al dott. Luigi Stasi allora segretario del Consorzio per la Fisica riuscirono a catalizzare sul progetto le forze politiche ed economiche locali, come era avvenuto per il Centro internazionale di Fisica teorica. In questo caso fu project leader il professor Giuseppe Fidecaro
allora direttore della Sottosezione di Trieste dell’Istituto
nazionale di Fisica nucleare. Per proporre il sito di Doberdò era necessario dimostrare che le caratteristiche del terreno erano compatibili con la realizzazione dell’opera. A
questo scopo, come giustamente precisato nella segnalazione del professor Giorgio Manzoni, era stato coinvolto
il professor Antonio Marussi e l’istituto di Geodesia e ci
si era avvalsi di precedenti studi geologici del professor
Bruno Martinis. Oltre a ciò, per effettuare delle misure di
compressione sulle rocce nelle quali sarebbe stato scavato
il tunnel dell’acceleratore, erano stati fatti scavare
dall’impresa Rizzani il pozzo verticale e le gallerie menzionate negli articoli e mostrate nelle foto. Nel pozzo fu
calato il martinetto appositamente costruito che poi venne
spostato sui vari punti di misura. Le misure furono eseguite dai tecnici dell’Infn: Fabio Tomasini, Claudio Becciani, Italo Birri e Giorgio Maselli, sotto la guida
dell’ingegner Giuliano Zecchin. Alla visita ufficiale che
si svolse, non in luglio, ma dal 9 all’11 maggio del 1969
parteciparono, oltre ai rappresentanti dei Paesi membri
del Cern e degli esperti internazionali, a nome del gover- Gorizia 1968. Ancora prima dei moti sessantottini, gli
no italiano per il ministero degli Esteri Vanni d’Archirafi, studenti goriziani, in particolare quelli dell’Istituto Tecil direttore generale del Dipartimento economico del mi- nico Industriale “G. Galilei” di Gorizia, scesero più volte in strada per difendere la scelta del sito di Doberdò
nistero dell’Ambiente Soro e il presidente del Cnen Gi- per l’installazione del protosincrotrone.
gliarelli-Fiumi. Alla presentazione del progetto, alle visite
e ai pranzi ufficiali parteciparono autorità civili e militari e rappresentanti del commercio, dell’industria e della
finanza di tutta la regione. La lista completa si trova nel rapporto fotografico allora realizzato. Sicuramente se
qualcuno vorrà approfondire l’argomento potrà trovare negli archivi dell’Infn e in quelli della ditta Rizzani il
progetto e le autorizzazioni concesse per la realizzazione di quelle opere.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
Progetto CAMIS
verso la conclusione dei lavori
Progetto
finanziato
nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia
2007-2013, dal Fondo
europeo di sviluppo
regionale e dai fondi
nazionali .
-*Projekt sofinanciran v
okviru
Programa
čezmejnega
sodelovanja Slovenija-Italija
2007-2013 iz sredstev
Evropskega sklada za
regionalni razvoj in
nacionalnih sredstev.
All’interno del progetto ASTIS, che si propone l'analisi qualitativa e quantitativa e la raccolta dei dati necessari per una gestione sostenibile ed integrata a
scala transfrontaliera delle risorse idriche sotterranee del fiume Isonzo-Soča, il
progetto CAMIS si propone più specificatamente l'obiettivo principale di sviluppare le linee guida per il sistema integrato di gestione delle acque sotterranee nel bacino transfrontaliero del fiume Isonzo. In particolare, la valorizzazione qualitativa e quantitativa delle acque sotterranee e la tutela e uso della falde
acquifere transfrontaliere. Il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” in
qualità di stakeholder ha partecipato a tutti i lavori della commissione che si
sono svolti da aprile ad oggi presso il Palazzo Attems Petzenstein di Gorizia.
Dopo diverse sedute ed illustrazioni da parte del dott. G. Villa e della dott.ssa
E. Mitidieri finalmente il giorno 3 luglio ha avuto luogo il sopralluogo tecnico
nei siti di interesse. Pertanto, visto l’interesse suscitato dall’argomento, alla
partenza da Gorizia eravamo in molti. Il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” ha voluto essere presente anche in questa occasione che poi alla fine si è
dimostrata di estremo interesse e chiarificatrice su molti punti del progetto.
Prima tappa presso il paese di Bovec (Plezzo) in Slovenia, dove presso un albergo locale, il rappresentante dei partner dell’Università di Nova Gorica ha
voluto portare i saluti a tutti i partecipanti. Subito dopo è stato fatto un inquadramento idrogeologico del Monte Canin ed, in particolare, è stata illustrata dal
dott. Franco Cucchi la problematica legata alle acque sotterranee del complesso
carsico di tutto il gruppo montuoso del Canin. Un’illustrazione minuziosa e
dettagliata che comunque lascia ancora grandi interrogativi sull’andamento
delle falde sotterranee in quanto la circolazione delle acque carsiche risulta
molto complessa e tuttora in fase di studio. Ne è seguita una breve escursione
presso la grande risorgiva carsica del Boka dove si è potuto toccare con mano la complessità del fenomeno idrologico carsico. Anche in questo caso il dott. Cucchi ha illustrato gli studi in atto nelle grotte del Canin per poter elaborare un quadro dettagliato
della circolazione delle acque sotterranee. Dopo questa breve incursione in territorio
sloveno la comitiva ha fatto quindi ritorno in Italia con una tappa a Mossa presso il ristorante Blanchis per un pranzo
di lavoro. A chiusura della giornata è stata fatta una visita guidata nella stazione di pompaggio
dell’Acquedotto di Gorizia gestito da Iris Acqua in località Mochetta sullo stradone della Manizza. Qui, dopo i saluti da parte
del gestore del servizio idrico, il
dott. Cucchi ha illustrato i risultati delle indagini geofisiche effettuate nella piana isontina. Sono state anche prese in esame le
caratteristiche e la vulnerabilità Bovec (SLO), il dott. Franco Cucchi illustra il fenomeno
dell’acquifero
e
attraverso carsico del Monte Canin.
l’illustrazione di diverse carte
tematiche ha evidenziato le delimitazioni sperimentali delle aree di salvaguardia. A
questa interessante esposizione, supportata da numerose e specifiche carte tematiche,
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
21
ANNO
III—N°7
PAGINA
è seguita una visita guidata al campo pozzi e agli impianti di potabilizzazione e immissione nella rete acquedottistica delle acque. I lavori si sono conclusi con un dibattito di sintesi e proposte di lavoro sulle linee guida da seguire per un piano di manutenzione del fiume ed altre
attività connesse nell’ambito del Programma di Cooperazione transfrontaliero. Insomma una giornata davvero
interessante ricca di spunti e senz’altro fruttuosa per
l’approfondimento delle tematiche proposte dal progetto
CAMIS.
CONCLUSIONI
Martedì 15 luglio, presso il Palazzo Attems Petzenstein
di Gorizia, si è svolto il Forum plenario di chiusura del
processo partecipato in cui il dott. G. Villa ha presentato
la bozza degli atti che raccolgono le linee guida per un
piano di manutenzione del fiume Isonzo. Indicazioni che
sono state raccolte nel corso dei vari incontri e suggerimenti da parte degli stakeholders partecipanti. La bozza,
molto articolata, sarà poi visionata dai vari relatori e partner aderenti al progetto e dagli stakeholders i quali potranno contribuire alla stesura finale con proprie osservazioni, in settembre poi ci sarà la stesura definitiva delle
linee guida. In pratica il Progetto CAMIS si proponeva
come obiettivo generale la stesura delle Linee guida per
un piano di manutenzione e conseguenti azioni di monitoraggio della portata del fiume e delle sue acque sotterranee previste nelle attività della Provincia di Gorizia. In
pratica si voleva definire una proposta di indirizzo per la
redazione di un piano di manutenzione del fiume Isonzo,
finalizzato a contribuire, attraverso l’individuazione e la
pianificazione di specifici interventi, a:
- garantire un livello di protezione adeguato del territorio
rispetto al rischio idraulico, compatibile con l’assetto insediativo, infrastrutturale, produttivo, assicurando la
complementarietà con gli interventi “strutturali” di difesa
del suolo messi in atto nel territorio;
- garantire la conservazione della bio-diversità degli ecosistemi naturali;
- garantire l’uso sostenibile delle risorse e degli spazi
naturali;
- favorire lo sviluppo sostenibile dell’economia locale,
incentivando la valorizzazione e la fruizione dell’ ambiente fluviale.
22
In avvicinamento alla grande risorgiva carsica del Boka
(SLO). La risorgiva raccoglie parte delle le acque sotterranee del Monte Canin.
La risorgiva carsica del Boka (SLO) in tutta la sua maestosità. Come si può vedere la portata dell’acqua è veramente notevole.
AMBITO TERRITORIALE DI RIFERIMENTO:
Alveo a piene rive e aree golenali dal confine italiano a
Il dott. Franco Cucchi illustra ai presenti le peculiarità
foce mare adriatico.
del fenomeno carsico del Monte Canin ed i problemi
A - tratto confinato dal limite di stato al ponte 8 Agosto a legati all’idrologia sotterranea di questo grande massicGorizia (6,5 km): il corso d’acqua presenta un alveo atti- cio delle Alpi Giulie.
vo monocursale ad andamento sinuoso confinato dalle ripide pendici dei versanti;
B - tratto da ponte 8 Agosto a traversa di Sagrado (12 km): è caratterizzato da un alveo sinuoso a barre alternate
non confinato;
C - tratto da Sagrado a San Canzian d’Isonzo (13 km): il corso d’acqua si presenta sempre monocursale sinuoso
a barre alternate con tendenza ad evolvere nei tratti a maggior estensione a una tipologia a canali
intrecciati da monte della confluenza con il torrente Torre;
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
D - tratto da San Canzian d’Isonzo a foce mare adriatico
(10 km): è caratterizzato da un tracciato unicursale, rettilineo risulta interamente arginato con sponde completamente vegetate.
Mossa (Gorizia), i partecipanti all’escursione durante il
pranzo di lavoro svolto presso il ristorante Blanchis.
Gorizia, il dott. Franco Cucchi mentre spiega la situazione della falda acquifera della pianura isontina.
Gorizia (località Mochetta), sul piazzale antistante la
stazione di pompaggio dell’acquedotto di Gorizia il
dott. Franco Cucchi illustra i risultati dello studio della
falda acquifera isontina.
Al termine della visita guidata alla stazione di pompaggio delle acque in località Mochetta a Gorizia.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
23
PAGINA
24
Il biglietto di invito alla
conferenza.
La dott.ssa Elisabetta
Feresin dà il benvenuto ai presenti e itroduce la serata.
La nostra Grande Guerra
Nel corrente anno ricorre, come più volte abbiamo accennato, il centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Qui nella nostra regione, il Friuli Venezia Giulia, hanno proliferato le manifestazioni e le occasioni per ricordare
l’avvenimento. Del resto la presenza nel
nostro territorio di uno dei fronti più
caldi del conflitto, quello del Carso, ha
lasciato dei ricordi indelebili di battaglie
ed inutili massacri. Grazie dunque
all’interessamento della nostra socia
Isabella Montina e del presidente
dell’Associazione Mossa Giovane, Michel Mucci, il giorno 11 luglio nella sala del
Centro Civico di Mossa (Gorizia), abbiamo potuto illustrare alla popolazione locale una bella conferenza sulle gallerie cannoniere del
Monte Sabotino. Su questo
monte, estremo baluardo
della difesa austro-ungarica
di Gorizia (Görz), si svolsero delle tremende battaglie
di cui l’elemento delle gallerie scavate dal cosiddetto
“Gruppo Gavotti” giocò un
ruolo fondamentale per la
presa della città da parte del
Regio Esercito Italiano. Per
l’occasione la serata è stata Il presidente dell’Associazione Mossa Giovane, Michel
aperta dalla dott.ssa Elisa- Mucci, presenta la serata e il relatore. Questa associabetta Feresin, sindaco di zione è molto attiva nel piccolo comune isontino.
Mossa, che ha ricordato
l’attività svolta dall’Associazione Mossa Giovane e ha tenuto
a ribadire la vicinanza della sua amministrazione verso
l’attività del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”. Il
sindaco ha voluto anche auspicare una futura collaborazione
tra gli speleologi goriziani e l’ambiente scolastico del comune
di Mossa. Durante la serata il relatore, Maurizio Tavagnutti,
ha proseguito con l’illustrazione dei siti ipogei presenti sul
Monte Sabotino. La loro funzione e caratteristiche infine sono
state ben illustrate dalle belle ed esplicative immagini proiettate nel corso della serata. Le gallerie del Monte Sabotino rappresentano una testimonianza della Prima Guerra Mondiale
molto importante che andrebbe valorizzata in modo adeguato.
La cresta del rilievo montuoso, posto alle spalle di Gorizia, fa
da spartiacque tra lo stato italiano e quello sloveno, si pensi che solo nella parte
italiana il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” ha topografato e rilevato più
di 40 cavità artificiali mentre nella parte slovena ha rilevato almeno una decina di
cui alcune con uno sviluppo molto esteso.
____ * * * ____
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
PAGINA
Natura km 0 (o poco più)
25
di Roberto Ferrari & Gabriella Graziuso
FANTASMI DAL TEMPO PROFONDO: IL CARADOC NELLE ALPI CARNICHE
Una vecchia cartolina,
risalente alla seconda
metà del 1800, in cui si
vede la valle di Planinsko polje allagata.
Sull’affioramento fossilifero lungo la strada
che dalla Casera Meledis Bassa porta alla
Casera Valbertad Bassa (Ordoviciano superiore, Caradoc - Alpi
Carniche)
(foto R. Ferrari)
Voglia di storia antica, voglia di risalire, o forse sarebbe più appropriato dire scendere, alle origini, voglia di antenati lontani, lontanissimi nel tempo ma vicini spazialmente. Non severi archivi, non polverose biblioteche, non tristi cimiteri. Quello
che andiamo cercando lo troviamo in
NOTE
fondo alla Val Uqua, a N di Ugoviz- La toponomastica adottata è quella correnteza nella parte occidentale delle Alpi mente usata nella Nazione della quale il
Carniche. Una tregua di qualche ora soggetto a cui è riferita fa parte attualmente;
tra una serie quasi continua di ac- la toponomastica binomia è stata adottata
quazzoni e temporali che ormai fa- sia nel caso il soggetto a cui è riferita costiranno passare alla storia meteo- tuisca punto di attraversamento dell’attuale
climatica questa estate, ci permette confine tra due nazioni, sia nel caso il sogdi raggiungere un affioramento roc- getto a cui è riferita abbia una corrispondencioso che tenta di nascondersi in un te denominazione in lingua italiana e, come
meraviglioso bosco di abeti e larici, la precedente, è tratta dal confronto della
sorbi e sambuchi. Osserviamo le pie- più recente cartografia a disposizione.
tre accumulatesi alla base della scarpatina, le rigiriamo tra le mani, cerchiamo di capire quello che vogliono raccontarci: tentano di dirci qualcosa. Le Alpi
Carniche/Karnische Alpen costituiscono, assieme alle Alpi Giulie Occidentali, il
lembo più orientale delle Alpi Calcaree Meridionali ed a loro volta sono suddivise,
sempre dal punto di vista geologico-strutturale, in Alpi Carniche Principali, o Catena Carnica, ed in Alpi Carniche meridionali, o Alpi Tolmezzine. La Catena Carnica
comprende in massima parte i rilievi che costituiscono la linea di spartiacque tra
Friuli e Kärnten (Carinzia) e si sviluppa in
direzione W-E dal Cadore al Tarvisiano,
limitata a N dalla Faglia del Gail, in territorio austriaco, che rappresenta anche il limite
Alpino-Austroalpino separante le Austridi
dalle Alpi Calcaree Meridionali e Dinaridi,
ed a S dagli incisi vallivi tra Prato CarnicoRavascletto-Paularo-Pontebba, che le separano dalle Alpi Tolmezzine, e dagli incisi
del Fiume Fella e del Torrente Slizza/
Gailitz Bach, che le separano dalle Alpi
Giulie Occidentali. Dal punto di vista stratigrafico, quest’area, pur caratterizzata dalla
presenza di termini compresi tra il Precambriano ed il Neozoico, è costituita in massima parte da depositi sedimentari paleozoici presenti in successioni stratigrafiche,
divenute classiche, dall’Ordoviciano al Permiano che furono, a partire dalla metà
del secolo scorso, oggetto dei primi studi intrapresi inizialmente da geologi austriaci e successivamente condotti sia da studiosi austriaci che italiani: F. Frech, H.R.
Gaertner, G. Geyer, M. Gortani, F. Heritsch, E. Schellwien, G. Stache, T. Taramelli, P. Vinassa sono solamente alcuni tra i pionieri che, tra il 1850 ed il 1950, svolsero la loro attività sia nel campo dell’esplorazione preliminare, sia in quello dello
studio sistematico e di dettaglio della Geologia e della Paleontologia della Catena
Carnica. Le più antiche rocce fossilifere di questa successione risalgono al Caradoc
(460 milioni di anni circa), Ordoviciano superiore, e sono rappresentate in strati
compressi e deformati dalle Orogenesi Ercinica ed Alpina, in alcuni circoscritti
affioramenti di piccola estensione e di potenza variabile, presenti in alcune loSOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
26
calità su entrambi i versanti dello
spartiacque della Catena Carnica. I
litotipi presenti in questi rari affioramenti possiedono caratteristiche
litologiche e paleontologiche simili
e, costituiti da sedimenti di origine
clastica rappresentati da argilliti,
siltiti, arenarie e, in minor misura,
conglomerati depositatisi in ambiente marino, appartengono alla
Formazione di Uqua, Uggwafazies
dei geologi austriaci, il cui nome
deriva dalla omonima valle a N di
Ugovizza, dove lo Stache, nella seconda metà dell’800, individuò,
dando di esso l’esatta interpretazione, quello che ora ne è uno degli
affioramenti classici, forse il più
conosciuto. Due le località classiche
più conosciute e facilmente accessibili dove affiorano strati ascrivibili
al Caradoc, nella Catena Carnica: la
prima sita nella Valle del Rio di
Lanza, lungo la suggestiva strada
che da Paularo porta al Passo del
Cason di Lanza che attraversa con
un tornante un pacco di strati costituenti l’affioramento stesso nei
pressi della Casera Valbertad Bassa,
la seconda sita nella Val Uqua nei
pressi dell’ex Rifugio Fratelli Nordio, poco distante dal sentiero che
sala alla Sella di Lom. L’originaria
stratificazione non è molto evidente,
specie nella prima località, risultando mascherata dagli effetti dovuti
alle notevoli deformazioni subite
Reperti fossili dall’affioramento fossilifero lungo la strada che dalla Casera
dagli strati conseguentemente alle Meledis Bassa porta alla Casera Valbertad Bassa (Ordoviciano superiore, Cacompressioni derivate dai movi- radoc - Alpi Carniche) (Foto R. Ferrari).
menti tettonici causati dalle orogenesi Ercinica ed Alpina; il litotipo è rappresentato da siltiti grigio-verdastre, talvolta ocracee e bruno-giallastre
se alterate, contenenti frequenti resti di organismi marini deformati anch’essi dalle forti pressioni che hanno interessato la compagine rocciosa, spesso costituiti dalle loro impronte esterne che, sotto forma di cavità incrostate da depositi limonitici, danno alla roccia un caratteristico aspetto cariato, rinvenibili sia isolatamente sia in
caratteristici livelletti o tasche di limitata estensione. E’ riconoscibile un’associazione faunistica che, seppur
primitiva, include vari taxa animali e rappresenta la più antica fauna fossile conosciuta nell’Italia peninsulare:
depositi fossiliferi più antichi, sedimentatisi in bacini marini di piccola profondità, contenenti interessantissime
faune a Trilobiti e risalenti al Cambriano inferiore, sono localizzati nel SW della Sardegna. In questa associazione i resti fossili più frequenti sono riferibili a strutture scheletriche di individui appartenenti al phylum Bryozoa,
Briozoi, invertebrati coloniali molto comuni allo stato fossile conosciuti dall’Ordoviciano inferiore e tuttora presenti con alcune forme viventi principalmente in ambienti marini caratterizzati da acque limpide, agitate, ben
ossigenate, rinvenibili a profondità variabile ma caratteristici soprattutto della zona litorale, mentre rare sono le
forme adattate alla vita nelle acque dolci. Il singolo individuo, zooide, è protetto da un involucro, zooecio, chitinoso o più spesso calcareo, da lui stesso secreto e che costituisce la parte dell’organismo che si conserva allo stato fossile, dal quale fuoriesce il lofoforo, che in caso di pericolo può essere ritirato
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
all’interno dello zooecio, costituito da una corolla di tentacoli con al centro la bocca, mentre l’apertura anale
può essere interna od esterna alla corolla stessa, caratteristica quest’ultima che determina la prima suddivisione
tassonomica dei Briozoi rispettivamente nei due subphyla Entoprocta ed Ectoprocta. La colonia, zooario, è costituita da un insieme di più zooeci e talvolta si presenta con un alto grado di polimorfismo dovuto a differenze
morfologiche che presentano gli zooeci stessi a seconda delle specifiche funzioni alle quali intendono e che
sono il risultato di adattamenti atti a facilitare i compiti a cui gli zooidi sono preposti: sono così distinguibili
autozooidi per la nutrizione e la riproduzione, gonozooidi od ovicelle per l’incubazione, avicularie per la protezione e la difesa, vibracule per la pulizia. La formazione di uno zooario ha inizio con l’espulsione delle uova
da una colonia da ciascuna delle quali ha origine una larva ciliata che dopo un periodo di vita planctonica si
fissa ad un substrato, che generalmente può essere costituito da un ciottolo o da un guscio o frammento scheletrico di altro organismo, dando origine al primo zooide, ancestrula, che per gemmazione successiva produce
tutti gli altri zooidi della nuova colonia. Gli zooari si presentano per lo più come delicate incrostazioni aventi
forme lamellari, emisferiche, cespugliose, reticolari che talvolta possono, similmente ai Celenterati, dare origine a scogliere; caratteristiche a questo proposito le “sabbie a Briozoi”, sabbie costituite in gran parte da frammenti di questi organismi, strappati dai fondali ed elaborati da correnti, onde e maree. Analogamente si rinvengono fossili talvolta costituenti “rocce a Briozoi”,
In avvicinamento alla grande risorgiva carsica del Boka
generalmente
in facies
calcaree
o calcarenitiche
(SLO).
La risorgiva
raccoglie
parte delleindile acque sotcanti antichi
ambienti
di
deposizione
a batimetria
terranee del Monte Canin.
ridotta; presentano una grande distribuzione geografica, sì da essere utilizzati in correlazioni stratigrafiche. Sebbene molto studiati in quanto sia frequenti
allo stato fossile, sia presenti attualmente, i Briozoi
rappresentano un phylum soggetto ad alcuni problemi di classificazione e le suddivisioni in taxa di rango inferiore sono motivo di discordanza tra i vari
autori, cosa del resto abbastanza frequente in Paleontologia. In questi affioramenti sono rappresentati
due ordini, Trepostomata, Trepostomidi, e Cryptostomata, Criptostomidi. I Trepostomidi, che secondo
alcuni autori sono inclusi nella classe Gymnolaema- Sull’affioramento fossilifero nei pressi dell’ex Rifugio Fratelta e secondo altri nella classe Stenolaemata, si svi- li Nordio, (Ordoviciano superiore, Caradoc - Val Uqua, Alpi
lupparono ed ebbero il loro apice evolutivo durante Carniche) (Foto R. Ferrari).
l’Ordoviciano per poi presentare un continuo declino
durante il resto del Paleozoico, estinguendosi definitivamente nel Triassico; della famiglia Trepostomodae sono presenti i generi Monotrypa ed Hallopora: il primo, diffuso dall’Ordoviciano al Permiano, presenta talvolta
zooari liberi caratterizzati da forme massicce, emisferiche o discoidali, ma più spesso presenta zooari fissati a
gusci di Gasteropodi in un utile rapporto di simbiosi nel quale il Briozoo offriva una migliore protezione
all’ospite ricavando da questi una maggiore opportunità di nutrimento derivante sia dalla mobilità, sia dalla
maggiore circolazione dell’acqua dipendente dal movimento stesso; il secondo, diffuso dall’Ordoviciano al
Devoniano, presenta zooari ramosi muniti di opercoli alle estremità che con il crescere della colonia si trasformavano in setti interni. I Criptostomidi presentano una storia evolutiva analoga, sviluppandosi
nell’Ordoviciano ed estinguendosi nel Triassico; quest’ordine è considerato appartenere alla classe Gymnolaemata secondo alcuni autori ed alla classe Stenolaemata secondo altri, ma ancora maggiore è l’incertezza relativamente all’esatta collocazione sistematica del genere Fenestella, famiglia Fenestellidae, presente negli affioramenti: secondo alcuni studiosi è da ascriversi all’ordine Cryptostomata, classificazione più accettata e qui
seguita, mentre secondo talaltri è da considerarsi appartenere all’ordine Fenestrata; è diffuso dall’Ordoviciano
al Permiano, presenta tipici zooari caratterizzati da strutture regolari e reticolate ed è frequente in rocce formatesi in ambienti sedimentari a batimetria ridotta. Il phylum Brachiopoda, Brachipodi, molto ben rappresentato
negli affioramenti siti nei pressi della Casera Valbertad Bassa e dell’ex Rifugio Fratelli Nordio, include organismi tuttora presenti con poche forme sostanzialmente simili e poco differenziate evolutivamente da quelle più
primitive note dal Cambriano inferiore: a tal proposito i rappresentanti attuali, come ad esempio il genere Lingula, sono considerati veri e propri “fossili viventi”; mentre le forme attuali, tipicamente bentoniche sessili o
fossorie, possono vivere temporaneamente anche in ambienti salmastri, i rappresentanti fossili erano tutti prettamente marini, in massima parte bentonici sessili o fossori, con rare forme nectobentoniche ed
epiplanctoniche. Esternamente presentano due valve, di origine chitino-fosfatica o calcarea, disuSOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
27
ANNO
III—N°7
PAGINA
28
guali, poste in connessione e con possibilità di apertura e chiusura per mezzo di fasci di muscoli abduttori ed
adduttori il cui punto di inserzione, interno ad esse, lascia caratteristiche impronte utili per il riconoscimento
tassonomico; la valva peduncolare, o ventrale, presenta generalmente un umbone spesso caratterizzato da un
foramen dal quale esce un peduncolo per il fissaggio dell’organismo al substrato; la valva brachiale, o dorsale, è
caratterizzata internamente da una struttura scheletrica, brachidium, atta a sostenere il lofoforo, organo preposto
alla filtrazione dell’acqua a scopo alimentare. L’ornamentazione esterna delle valve può essere costituita da motivi concentrici, quali linee di accrescimento e prolungamenti spinosi, o radiali, quali pieghe, coste e costelle. I
Brachiopodi presentano un’anatomia interna, relativa alle parti molli, assimilabile per alcuni versi, a parte le
maggiori dimensioni in senso lato, a quella dei Briozoi e per questa caratteristica i due gruppi sono stati in passato talvolta avvicinati sistematicamente; a differenza di questi ultimi, però, i Brachiopodi conducono vita indipendente, pur con densità di individui talora molto elevata; dalla relazione con il substrato e dalle caratteristiche
di questo, deriva la morfologia della conchiglia che può sia fissarsi per mezzo del peduncolo o per mezzo della
stessa valva ventrale, in quest’ultimo caso l’organismo è stabilmente fisso e presenta in alcune forme morfologia caratteristica, od affossarsi: è interessante notare come la forma del guscio si presenti notevolmente differenziata con strutture quali alettature, protuberanze spiniformi, ornamentazioni in genere atte a svolgere funzioni di
stabilità in contrasto a condizioni ambientali particolari quali, tra le altre, correnti, incoerenza del substrato, presenza di corpi estranei, dimostrando una grande adattabilità ad ambienti, condizioni e situazioni differenti, assumendo forme imposte da una evoluzione convergente, riscontrabile in gruppi anche molto lontani filogeneticamente l’uno dall’altro, ma adattatisi ad uno stesso particolare habitat. La diffusione avviene attraverso una fase
larvale planctonica che successivamente evolve fissandosi al substrato. Sono caratteristici di ambienti soprattutto riscontrabili nella zona sublitorale, con acque relativamente basse, temperato-fredde, a salinità normale, ben
ossigenate ed a sedimentazione lenta. Negli affioramenti è presente la classe Articulata, Articolati, che deriva il
nome dalla presenza di un’articolazione costituita da due denti, presenti sulla valva ventrale, a cui corrispondono due fossette, su quella dorsale; noti dall’inizio del Paleozoico, ebbero il massimo sviluppo nel Devoniano e
nel Giurassico iniziò il loro declino che li ridusse alle attuali poche specie; all’ordine Orthida, il più primitivo di
questa classe e diffuso dal Cambriano medio al Permiano, sono riferibili le specie Dolerorthis maxima, famiglia
Hesperorthidae, Paterorthis paterina e Gelidorthis melovi, Plectorthidae, Multicostella schoenlaubi, Heterorthidae; sono presenti forme riferibili all’ordine Strophomenida, diffuso dall’Ordoviciano al Giurassico inferiore e
caratteristico per alcune famiglie la cui valva peduncolare era direttamente fissata al substrato; all’ordine Pentamerida, diffuso dall’Ordoviciano al Siluriano inferiore, i cui rappresentanti sono caratterizzati da valva ventrale
depressa da un solco mediano la cui ondulazione si riflette sul margine anteriore della commessura frontale e
dalla conchiglia finemente decorata da coste radiali, è riferibile la specie Porambonites magnus, famiglia Porambonitidae. Facilmente distinguibili dai resti fossilizzati di Briozoi e Brachiopodi, soprattutto per la caratteristica forma pentagonale che presentano, sono quelli relativi a frammenti della teca di organismi appartenenti al
phylum Echinodermata, Echinodermi; sono, questi, organismi conosciuti dal Cambriano inferiore, ma le specializzazioni con cui si presentano “improvvisamente”, dal punto di vista geologico, ai primordi del Fanerozoico,
fanno ragionevolmente supporre che si siano evoluti da forme più primitive e più semplici già nel Precambriano; alcune linee evolutive si sono estinte, mentre altre sono tuttora presenti con forme, esclusivamente marine,
suddivise in classi quali, tra le più rappresentative, Crinoidea, Crinoidi (Crinoidi o Gigli di mare), Holothuroidea, Oloturoidi (Oloturie o Cetrioli di mare), Echinoidea, Echinoidi (Echinidi o Ricci di mare), Stelleroidea, Stelleroidi, suddivisa nelle sottoclassi Asteroidea, Asteroidi (Asteroidi o Stelle di mare) ed Ophiuroidea, Ofiuroidi
(Ofiure o Stelle serpentine). La peculiarità che accomuna questi organismi, diversificandoli nel contempo da
qualsiasi altro gruppo sistematico, risiede nella simmetria pentamerale raggiata presente nella loro configurazione scheletrica e morfologica esterna e riflessa nella disposizione degli organi interni; presentano uno scheletro
dermale formato da placche, costituite da spicole di carbonato di calcio, sia fisse che articolate tra loro, strutturate su cinque estensioni radiali, aree ambulacrali, evidenziate da solchi formati da placche porose che negli Oloturoidi, unici privi dello scheletro esterno, sono rappresentate nella morfologia interna, mentre, tra gli altri,
negli Echinoidi formano una caratteristica ornamentazione utile per la classificazione e negli Stelleroidi costituiscono parte integrante delle “braccia”; le ornamentazioni sono generalmente rappresentate da aculei, radioli,
tubercoli e spine che assolvono alla duplice funzione difensiva e deambulatoria. L’anatomia interna riflette questa disposizione con il caratteristico sistema acquifero, costituito da cinque canali radiali principali per la circolazione dell’acqua; le aperture orale ed anale possono essere situate una accanto all’altra od in posizione diametralmente opposta; presentano un lungo stadio larvale planctonico. Organismi quasi esclusivamente bentonici,
sia sessili che nectobentonici, occupano i più svariati ambienti, anche a differente batimetria, presentando adattamenti particolari a seconda delle caratteristiche del substrato, così da essere
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
utilissimi indicatori ecologici, e paleoecologici, ed ottimi fossili guida. La classe Cystoidea, Cistoidi, alla quale
appartiene il genere Corylocrinus presente nelle siltiti ordoviciane degli affioramenti, appare nella documentazione paleontologica nell’Ordoviciano medio, per scomparirne nel Devoniano superiore; ad essa appartengono
organismi bentonici sessili costituiti da una caratteristica teca subsferica sulla sommità della quale è situata
l’apertura orale dalla quale si dipartono le aree ambulacrali attraversate dai relativi canali ai margini dei quali
si articolavano le brachiole, sottili appendici con probabile funzione di cattura e raccolta delle particelle nutritive. Rari, ma quasi immancabili in strati ordoviciani, i resti deformati di Trilobita, Trilobiti, classe esclusivamente paleozoica del vastissimo phylum Arthropoda, Artropodi. I Trilobiti devono il nome al fatto di avere il
carapace tripartito sia nel senso longitudinale, con una parte centrale, rachis, e due laterali, pleure, sia in quello
trasversale, con una parte anteriore, cephalon, una centrale, thorax, ed una posteriore, pygidium. Esclusivamente marini e comparsi già molto evoluti nel Cambriano inferiore, fatto che induce a supporre di età precambriana
la loro origine e diversificazione, appaiono estremamente adattati a diversi habitat mediante caratteri che si
riflettono soprattutto sulla morfologia; caratteristici e frequenti i resti fossilizzati delle exuviae, parti
dell’esoscheletro dovute alle mute alle quali questi organismi erano periodicamente soggetti durante la crescita,
talora così abbondanti da costituire un’alta percentuale nella composizione del sedimento stesso. In questi affioramenti è presente soprattutto la specie Dalmanitina proeva, famiglia Dalmanitidae, ordine Phacopida, coIn avvicinamento alla grande risorgiva carsica del Boka
nosciuto dall’Ordoviciano
medio,
di probabili
abitudini
nectoniche
dedicibili dalle caratteristiche del carapace
(SLO). La risorgiva
raccoglie
parte delle
le acque
sote dalla perfezionata
struttura
degli
organi
viterranee del Monte Canin.
sivi. Le similitudini alle condizioni paleogeografiche e paleoclimatiche tipiche del Cambriano quali i rapporti tra le terre emerse ed i
mari e le loro conseguenze sul clima, perdurarono durante quasi tutto l’Ordoviciano: le
terre emerse, costituite principalmente da
quattro grandi masse continentali a morfologia piatta e la cui disposizione e conformazione non sono confrontabili con quelle attuali,
erano separate sia da vaste zone di mare epicontinentale, caratterizzate da piccola profondità e da sedimentazione di rocce soprattutto
calcaree, sia da zone di geosinclinale, caratterizzate da grandi profondità e dalla presenza,
oltre che di rocce di origine magmatica, di
caratteristiche rocce sedimentarie di ambiente Brachipoda dall’affioramento fossilifero nei pressi dell’ex Rifugio
pelagico; anche il clima sembra rispecchiare Fratelli Nordio, (Ordoviciano superiore, Caradoc - Val Uqua, Alpi
le caratteristiche di uniformità proprie del Carniche) (Foto R. Ferrari).
precedente periodo, probabilmente con una
tendenza, in senso lato, verso valori più alti della temperatura. Verso la fine dell’Ordoviciano si cominciarono
a manifestare le prime fasi preludenti l’Orogenesi Caledoniana, la cui fase più acuta caratterizzerà la fine del
Siluriano, che portò al sollevamento di numerose catene montuose in alcune aree del pianeta. Se i dati disponibili indicano che le condizioni fisiche, geografiche e morfologiche e quelle da queste derivate non furono di
molto dissimili da quelle proprie del Cambriano, nelle caratteristiche biologiche devono essere ricercati gli aspetti più rilevanti propri dell’Ordoviciano: tracce che indicherebbero la prima presenza di organismi vegetali
in zone emerse; l’espansione e l’incremento di invertebrati marini bentonici tipici di ambienti a batimetria ridotta, già conosciuti dal Cambriano quali Celenterati, Brachiopodi, Molluschi e soprattutto Trilobiti, e la comparsa di nuovi organismi quali Briozoi, Tentaculiti e Graptoliti, questi ultimi, molto caratteristici, tipici di ambienti pelagici e di incerta collocazione sistematica; resti relativi a parti scheletriche di primitivi Vertebrati in
sedimenti di origine marina ma presumibilmente in questi depositati dopo un trasporto post-mortem da ambienti dulciacquicoli. Nell’area attualmente costituita dai rilievi della Catena Carnica è ipotizzabile, all’inizio
dell’Ordoviciano superiore, la presenza di un mare poco profondo a contatto con una terra emersa situata ad
W, costituita da rocce risalenti al Cambriano o al Precambriano, tuttora sottostanti ai successivi depositi sedimentari e le cui caratteristiche originarie sono state cancellate da successivi fenomeni metamorfici, poco differenziata morfologicamente, incisa da corsi d’acqua il cui carico solido ha contribuito alla formazione dei primi
strati sedimentari di quest’area, attualmente ridotta rispetto all’originale estensione a causa delle
compressioni e relative riduzioni spaziali dovute alle spinte orogenetiche dei cicli ercinico ed
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
29
ANNO
III—N°7
PAGINA
30
alpino; alla fine dell’Ordoviciano superiore la situazione paleogeografica evolvette attraverso una trasgressione
marina che si manifestò con un graduale aumento della batimetria e portò, con il conseguente arretramento della
linea di costa, al successivo instaurarsi di condizioni di mare aperto. Gli organismi fossili presenti nelle siltiti
ora affioranti nei pressi della Casera Valbertad Bassa e dell’ex Rifugio Fratelli Nordio, costituiscono le prime
forme di vita conosciute che si stabilirono in queste regioni: sebbene non rappresentino la fase iniziale della vita
sul pianeta, ne caratterizzano comunque una delle fasi primordiali e, nella loro semplice ma già evoluta e moderna organizzazione, primi testimoni dell’intera storia geologica delle Alpi Carniche, appaiono come muti ed
emblematici fantasmi dagli abissi del Tempo Profondo. Prime gocce di pioggia, poi goccioloni. La scusa è buona per radunare in fretta l’attrezzatura fotografica e le nostre altre cose. Uno sguardo veloce ai monti di fronte,
oltre la valle; poi anche i Due Pizzi spariscono avvolti dalle nubi. Ci addentriamo nel bosco per alcuni metri
nella speranza di poter esaminare l’improvviso cambiamento litologico e conseguente contenuto paleontologico
testimoniante importanti mutamenti paleoambientali, ma il cielo si incupisce sempre più: del contatto tettonico
tra Ordoviciano superiore e Siluriano inferiore, agli scisti neri della Formazione Bishofalm ed ai Graptoliti inclusi nelle argilliti nere che qui la caratterizzano ci penseremo un’altra volta. Abbiamo conosciuto, e toccato con
mano, chi prima di noi ha vissuto dove ora viviamo noi. Se è vero che tutti gli esseri viventi originano da una
ancestrale forma comune poi evolutasi e diversificatasi nel tempo in tutte le forme fossili ed attuali conosciute,
può essere facile e suggestivo intravvedere da questi muti resti pietrificati lontane, lontanissime discendenze.
Ritorniamo sui nostri passi e dalla lontananza temporale di questo antico ambiente, al presente. Anche se il clima sarebbe piuttosto da the al rhum, non sappiamo resistere a qualche birra, sotto lo sguardo incuriosito e perplesso di una coppia di cervi sbucati sul crinale al limitare del bosco.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
- AZZAROLI A. & CITA M.B., 1963 - Geologia Stratigrafica. Vol. I, 1963, Milano.
- SELLI R., 1963 - Schema geologico delle Alpi Carniche e Giulie Occidentali. Giornale di Geologia – Annali
del Museo Geologico di Bologna, Serie II, Vol. XXX – 1962: 1-136, 1963, Bologna.
- ŠPINAR Z., 1965 - Systematická paleontologie bezobratlých. Academia Nakladatelství, Ceskoslovenské Akademie Ved, 1965, Praha.
- HAVLÍCEK V., 1977 - Brachiopods of the order Orthida in Czechoslovakia. Rozpravy, Svazek 44, Ústrední
ústav geologický – Praha, Academia – Nakladatelství Ceskoslovenské Akademie Ved, 1977, Praha.
- AA.VV., 1983 – Il Paleozoico Carnico. “le rocce, i fossili, gli ambienti”. Museo Friulano di storia Naturale,
1983, Udine.
- SCHÖNLAUB H.P., 1988 – Vom Urknall zum Gailtal. 500 Millionen Jahre in der Karnischen Region. 1988,
Hermagor.
- ŠNAJDR M., 1990 – Bohemian Trilobites. Ústrední ústav geologický, 1990, Praha.
- FERRARI R., 1994 – Una primordiale fauna fossile nei pressi della Casera Valbertad Bassa, nelle Alpi Carniche. Alpi Giulie - Rassegna di attività della Società Alpina delle Giulie-Sezione di Trieste del Club Alpino
Italiano (Itinerari Paleontologici), N.88/1 1994: 41-48 (2 dis.b/n; 1 fot.col.; 1 tav.b/n), Società Alpina delle
Giulie Editrice, Trieste.
- CUCCHI F., FINOCCHIARO F. & MUSCIO G., 2009 – Geositi del Friuli Venezia Giulia. Regione Autonoma
Friuli Venezia Giulia – Direzione Centrale Ambiente e Lavori Pubblici – Servizio Geologico, 2009, Trieste.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
PAGINA
31
La grande voragine
individuata durante
un sorvolo aereo in
territorio russo.
La voragine alla fine del mondo
Recentemente (16 luglio) ha fatto molto scalpore sui notiziari e sui
social network, la scoperta in Russia di un enorme voragine. Filmati e
foto hanno fatto in breve il giro del mondo. L’avvistamento è stato
fatto dai passeggeri di un elicottero, tra cui c’era l’ingegnere Konstantin Nikolaev, che racconta di aver avvistato un enorme cratere di 80
metri (250 piedi) di diametro nella penisola di Yamal in Siberia settentrionale, in una delle zone più inospitali della Russia. Subito battezzato con il nome di "Voragine alla fine del mondo", l’ingresso della voragine è stato filmato e messo su YouTube, attirando l'attenzione internazionale e alimentando la speculazione
sulla sua origine. Al momento nessuno è abbastanza sicuro di quanto sia profonda questa voragine o come si sia formata, anche se
i rappresentanti della Accademia Russa delle Scienze, ministero delle
Emergenze, e altri esperti sono al lavoro per indagare su cosa abbia
causato questa enorme anomalia. Dopo che il video è stato condiviso, varie spiegazioni sono state avanzate su come si sia creata questa
grande apertura circolare. Le teorie sono le più disparate e vanno
dall’ipotesi che sia stata creata dall’impatto di meteoriti sia alle ipotesi più strampalate come quella che la voragine sia il risultato di perforazioni aliene. L'enorme buco documentato in un filmato aereo trasmesso da TV Zvezda, il canale televisivo del Ministero della Difesa Russa, è situato
in una landa dal sottosuolo perennemente ghiacciato, dove le temperature possono
sfiorare i -50 °C e il Sole si fa vedere di rado. Una striscia di terra lunga 700 chilometri il cui nome significa "fine del mondo". Che cosa ha causato il misterioso "buco" (la
cui formazione, secondo gli esperti, risale a un paio d'anni fa)? Sicuramente non un
meteorite, precisa un portavoce del ministero delle Emergenze dello Yamal. Il suolo
sembrerebbe essere stato perforato dal basso,
secondo le prime
valutazioni fotografiche, cui seguiranno i rilievi
degli esperti che
presto dovrebbero recarsi sul luogo per prelevare
campioni di terreno da esaminare in laboratorio.
Qualcuno ha fatto notare che i Localizzazione geografica della penisola di Yamal e il punto in cui è
margini del cra- stata individuata la grande voragine.
tere sono particolarmente scuri, forse per un repentino cambio di temperatura o per un'esplosione sotterranea. In effetti il sito dove è apparso il buco si troverebbe a una trentina di chilometri di distanza dal più ricco giacimento di gas della zona, quello di Bovanenkovo,
situato in un'area geologicamente giovane. Non è da escludere, quindi, che il gas naturalmente presente nel sottosuolo possa aver innescato una deflagrazione. Ma non è
l'unica teoria in gioco. Altri geologi indicano una possibile cause nel cosiddetto
"pingo": un blocco di ghiaccio che spinge per emergere in superficie, fino a bucare il
suolo. Una volta sciolta, questa piccola "collina" lascerebbe dietro di sé soltanto il craSOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
tere. Il permafrost artico può essere spesso centinaia di metri, da qui la possibile origine del gigantesco
"ghiacciolo". Il pingo potrebbe aver interagito con il gas sotterraneo provocando un'esplosione e il cedimento
del suolo. Difficile, secondo fonti russe del Centro di Ricerca Scientifica Sub-Artico, che si tratti invece da
uno scoppio causato dall'uomo, per esempio di una cicatrice lasciata da una testata missilistica sotterranea. La
spiegazione più plausibile finora è un "pingo" crollato, e da alcune nuove immagini e video provenienti dalla
Siberia suggeriscono che probabilmente lo è. La figura qui sotto riferita a Parks Canada mostra un esempio
della genesi di una struttura simile a quella siberiana. Un pingo, altrimenti detto idrolaccolite, è un tumulo
di ghiaccio coperto di terra che si trova nell'Artide e
nella regione sub-antartica e che può raggiungere
i 70 m in altezza e fino a 600 m in diametro. Il termine fu introdotto dal botanico artico Alf Erling
Porsild (cui è stato dedicato il Pingo Porsild a Tuktoyaktuk) nel 1938 e trae origine dalla
parola nel dialetto inuvialuktun che significa
«piccola collina». Il pingo è una forma di suolo periglaciale, definita non-glaciale o dovuta a un
processo collegato a climi più freddi. Essi sono essenzialmente formati da ghiaccio terrestre che si
sviluppa durante i mesi invernali quando le temperature diminuiscono. I pingo possono formarsi soltanto in un ambiente dove sia presente il permafrost.
Attestazioni di pingo collassati (talvolta detti ognip)
in una data zona fanno pensare che là una volta ci
potesse essere stato il permafrost. I pingo di solito si
sviluppano soltanto un paio di centimetri l'anno, come il Pingo Ibyuk, e per raggiungere la massima grandezza
occorrono decenni o anche secoli. Si presume che il processo mediante il quale vengono a crearsi i pingo sia
strettamente correlato al criosollevamento. I
pingo a sistema idrostatico si formano in conseguenza della pressione idrostatica che il
permafrost esercita sull'acqua e, di solito, in
laghi prosciugati o canali fluviali. Il permafrost sorge dall'alveo del corpo precedentemente prosciugato. L'acqua interstiziale viene
espulsa a causa dell'aumento del permafrost,
e la conseguente pressione provoca l'innalzamento del terreno congelato con la formazione di un nucleo di ghiaccio. La forma e le
dimensioni di un pingo idrostatico (o a sistema chiuso) è spesso simile alla massa d'acqua
dalla quale si è originato. Le loro forme possono variare da cupole coniche simmetriche a
Vista aerea della zona in cui si trova
la grande voragine (indicata dalla
fraccia).
colline allungate asimmetriche. I
pingo a sistema idraulico sono
dovuti all'acqua che scorre da una
sorgente esterna, le falde acquifere sub-permafrost o intrapermafrost. La pressione idrostatica inizializza la formazione del nucleo
di ghiaccio come l'acqua sale e di
conseguenza si congela. I pingo a
sistema aperto non hanno limiL’enorme bocca della voragine che misura mediamente tra gli 80tazioni per la quantità di ac90 metri di diametro.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
32
ANNO
III—N°7
PAGINA
33
qua disponibile salvo che le falde acquifere
non congelino. Spesso si verificano alla
base di declivi e sono comunemente conosciuti come tipo Groenlandia. L'acqua del
sottosuolo è posta sotto pressione artesiana,
spingendo il terreno verso l'alto man mano
che forma un nucleo di ghiaccio in espansione. Non è la pressione artesiana stessa
che provoca la spinta del suolo verso l'alto,
ma piuttosto il nucleo di ghiaccio che viene
alimentato dall'acqua della falda acquifera.
I pingo spesso originano da un permafrost
sottile e discontinuo. In queste condizioni è
possibile non solo la formazione di un nucleo di ghiaccio, ma anche un approvvigionamento di acque della falda artesiana. Tali
pingo sono spesso di forma ovale o rettan- La voragine si apre in mezzo ad una grande pianura. L’imboccatura è
circondata da accumuli di materiale come se si fosse verificata
golare. Non è ancora del tutto chiaro perché un’esplosione dall’interno verso l’esterno.
i pingo a sistema aperto o idraulici normalmente si sviluppino in terreni non ghiacciati. I pingo alla fine crollano collassando. Si
stima che possano durare circa 1000 anni.
Per saperne di più sull’argomento vedi: www.interfax.by/news/world/1161498
www.iflscience.com/environment/hugecrater-mysteriously-appears-siberia
www.iflscience.com/environment/scientists
-get-first-look-inside-mysterious-siberiancrater
____ * * * ____
I bordi della grande voragine sono incisi da dei calanchi probabilmente scavati dall’acqua.
Un aspetto particolarmente impressionante dell’imboccatura.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
Altre “piccole” voragini nel mondo
Questa è la foto di un tremendo disastro avvenuto alla
periferia di Città del Guatemala il 23 febbraio del 2007.
Lo squarcio, profondo circa 110 metri e largo 40, ha provocato 3 vittime e ha inghiottito alcune abitazioni. Le forti
piogge dei giorni precedenti la tragedia hanno provocato
la rottura di alcune tubazioni, l'enorme massa di acqua
uscita dalle tubazioni ha causato lo scioglimento delle
rocce idrosolubili (sale e gesso) sottostanti, formando così
l'immensa caverna. L'incidente ha costretto all'evacuazione di oltre 1.000 persone da una delle periferie più
povere del Sud America. Il 4 giugno del 2010, sempre in
Guatemala, nel centro abitato della affollatissima capitale,
Guatemala
si aprì all’improvviso
nel terreno
un’altra
In City,
avvicinamento
alla grande risorgiva
carsica
del Boka
voragine (SLO).
circolare
inghiottì
in pochi
istanti
unleedificio
di tre piani facendolo sparire nel nulla. La voragine
Lache
risorgiva
raccoglie
parte
delle
acque sotterranee del Monte Canin.
aveva un aspetto impressionante. Un vero e proprio buco
nel suolo di almeno 18 metri di diametro che si inoltrava
nel terreno sottostante per circa 100 metri, portando con sé
pezzi di edifici e soprattutto una mole immensa di terreno,
senza tuttavia lasciar vedere dove finiva. Una vera e propria “porta dell’inferno” come la stampa guatemalteca la
definì sulle prime pagine. Le immagini dell’incredibile
buco nel suolo e la notizia della sua improvvisa comparsa
fecero il giro del mondo sollevando l’attenzione del pubblico sull’inusitato fenomeno. Le autorità di Guatemala
City e i geologi di tutto il mondo hanno cercato di dare
una spiegazione allo spettacolare evento attribuendolo al
fenomeno delle “doline” carsiche.
Il Meteor Crater, in Arizona, è il primo cratere meteorico
terrestre di cui si sia accertata l'origine: situato a 1.740
metri di altitudine è stato creato circa 50.000 anni fa
dall'impatto di un meteorite del diametro di non più di 30
metri che ha colpito la Terra a oltre 70.000 km/h. Il cratere
è profondo circa 170 metri (quanto un edificio di 60 piani)
e ha un diametro di circa 1.200 metri, con un bordo rialzato irregolare che sovrasta di 45 metri il terreno circostante. Secondo gli esperti la violenza dell'impatto ha
sprigionato l'energia equivalente a quella di 4 bombe atomiche e ha spostato oltre 300 milioni di tonnellate di
sedimenti che sono caduti fino a 150 km di distanza.
In Cina troviamo invece il Xiaozhai Tiankeng, la più
grande dolina del mondo. L’incredibile sprofondamento
raggiunge i 662 m di profondità con pareti quasi verticali.
Questo è considerato uno dei più imponenti fenomeni carsici naturali che si possono trovare sulla Terra.
www.rhinocarhire.com/Top-Ten/Sinkholes.aspx
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
34
ANNO
III—N°7
PAGINA
35
Il Great Blue Hole è una stupefacente formazione naturale
situata a circa 60 miglia (111 km) dalle coste del Belize, in
America Centrale. È una sorta di grotta calcarea di forma
circolare larga 400 metri e profonda 145. Si è formata durante l'ultima era Glaciale, quando il livello delle acque era
molto più basso di quello attuale. Quando poi l'oceano tornò
a crescere la grotta si riempi di acqua e il suo tetto crollò,
dando origine a un pozzo sommerso, le cui pareti sono ricoperte da stalattiti lunghe fino a 12 metri.
Il Darvaza Crater, più comunemente conosciuta come la
Porta dell'Inferno, brucia da diversi anni e tuttora è meta di
visitatori. Ha una caratteristica surreale in un paesaggio altrimenti arido. Si trova nel deserto del Karakum, in Turkmenistan. Dettagli sulla origine di questa voragine non sono ancora ben chiari, le profondità del cratere è di 99
piedi (30 metri) mentre il diameto è di 225 piedi (69 metri).
Per saperne di più:
www.amusingplanet.com/2011/06/door-to-hell-burning-gas
-crater-in.html
Alcuni aspetti del grande cratere situato in mezzo al deserto
del Karakum, in Turkmenistan. All’origine di questo spaventoso cratere, sembra che dal sottosuolo ci sia stata una forte
fuoriuscita di gas metano che poi si sia incendiato.
Il Kimberley Big Hole, in Sudafrica, è un'imponente
miniera di diamanti a cielo aperto, ma 150 anni fa, al posto
della voragine, c'era un'anonima collinetta dalla cima piatta.
La scoperta dei diamanti attirò a Kimberley un esercito di
minatori che armati di pale, picconi e speranze hanno rimosso, tra il 1871 e il 1914, oltre 22 milioni di tonnellate di
terra e roccia. La parte esposta della cava è profonda 215
metri, ma cunicoli e gallerie si estendono nel sottosuolo
fino a 1.100 metri di profondità. In 43 anni di attività la
miniera ha prodotto diamanti per 14.504.566 carati (2.722
kg) ed è la "mamma" del più grande diamante a forma di
ottaedro (cioè con 8 facce triangolari) mai scoperto e battezzato 616, come il suo peso in carati, equivalente
a 123 grammi.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
Una delle voragini più impressionanti del mondo è il Sótano de las Golondrinas (Grotta delle rondini). L'ingresso di questo pozzo è di forma ellittica, largo
da 49 a 62 m. La grande verticale naturale, con pareti tutte strapiombanti, verso il fondo diventa molto più ampia, al fondo raggiunge i 303 x 134 m di larghezza (alcune fonti stimano in 305 x 440 m). La superficie del fondo può essere paragonata a tre campi di calcio. La profondità della voragine misurata
dal bordo inferiore è di 333m, mentre da quello superiore è di 372m.
La
voragine
denominata “El
Zacatón” appartiene al sistema Zacatón,
un gruppo di
isole caratterizzato da una superficie molto carsificata, situato
nel Comune di Aldama, nello stato nordorientale di Tamaulipas, in Messico. La voragine di origine carsica, completamente allagata, ha
una profondità di 339m. Il nome del sinkhole è
derivato dalle isole free-floating di erba
“Zacate” che si trovano all’interno del lago.
Queste isole sono formate da carbonato di calcio precipitato e ricoperte di erba. El Zacatón è un pozzo carsico
con un suo ecosistema unico e particolare. Sulle pareti rocciose a 115-270 m di profondità, sono stati trovati
almeno 9 nuove classi di specie microbiche. El Zacatón è un sito importante per le immersioni subacquee dove
sono stati stabiliti diversi record mondiali di profondità.
Crveno Jezero si trova vicino alla città di Imotski, in Croazia.
Questa grande voragine è chiamata anche come Red Lake a
causa del colore bruno-rossastro (causato da ossidi di ferro)
delle pareti rocciose circostanti. E’ uno sprofondamento carsico di circa 530m di profondità, con una larghezza di 450500m ed il volume di 25-30 milioni di m3. Il diametro del lago sul fondo della dolina è di circa 200m con una profondità
di circa 280-290m. Tre
piccole grotte sono state
trovate vicino al livello
dell'acqua del lago. Crveno Jezero contiene diverse
specie di organismi endemici. Uno dei quali, Delminichthys adspersusè,
pesce di 12cm di lunghezza che vive solamente in acque molto pulite.
Sima Humboldt e Sima Martel (foto a sinistra), due enormi inghiottitoi che
si trovano sulla sommità del pianoro di Sarisariñama Tepui nello Stato di
Bolivar, Venezuela. La loro presenza è insolita per diverse ragioni, per le
sue enormi dimensioni e profondità, la sua posizione sulla sommità del solo
tepui boschivo, avente una zona di foresta sulla sua base e anche a causa del
processo di invecchiamento che ha formato questo sinkhole. La voragine
principale prende il nome dallo scienziato ed esploratore Alexander von
Humboldt. La grande verticale è stata discesa per la prima volta nel 1974 ed
è stata esplorata più a fondo nel 1976. Il suo volume è di 18.000.000 m3,
mentre il diametro massimo al suo bordo superiore è di 352m e 502m alla
base. A soli 700 metri dal bordo della Sima Humboldt c'è un altra enorme
voragine, la Sima Martel. Le due cavità sono state avvistate nel 1961 dal
pilota Harry Gibson.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
36
PAGINA
Il Sigillo di Salomone
37
di Barbara Zanelli
Barbara Zanelli
Mi ha incuriosito
questa pianta poco
appariscente, quasi
riservata.
Mi ha colpito quel fiore aggraziato e delicato, sostenuto da
uno stelo robusto e
protetto da foglie
compatte di un bel
colore verde chiaro.
Che pianta è?
Breve ricerca: il nome
scientifico è
“Polygonatum odoratum (Miller) Druce”, il
nome volgare italiano
“Sigillo di Salomone”.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
38
Mi sono chiesta il perché di quel nome e ho continuato la mia ricerca. Il nome italiano si riferisce alle impronte
che gli steli, quando appassiscono e si staccano, lasciano nel rizoma, cicatrici circolari che assomigliano a dei
sigilli, dei timbri. E il sigillo più famoso, secondo la leggenda, era quello posseduto dal biblico re di Israele Salomone. Era un sigillo dotato di poteri magici, il più importante dei quali era la facoltà di tenere lontani gli spiriti maligni. Sarà vero? Io sono curiosa e ho deciso di verificare, la parte naturalistica, ovviamente.
Così, ho prelevato un pezzetto del rizoma e ho controllato: effettivamente le impronte lasciate dallo stelo assomigliano a un sigillo. Ma perché proprio “sigillo di Salomone”? Forse perché, secondo un'antica credenza questa pianta, allontana gli spiriti maligni …
Da ricordare: il frutto del Sigillo di Salomone, una bacca globosa di colore bluastro, è molto tossico.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
39
Orchidee
Precisazione di Barbara Zanelli
Nel numero di giugno di “Sopra e sotto il Carso” ho pubblicato alcune fotografie di orchidee spontanee del Carso e ho chiesto un aiuto per classificare due di esse; di una ero abbastanza sicura ma cercavo una conferma,
l’altra non ero proprio riuscita a classificarla.
E l’aiuto è arrivato.
Maurizio Tavagnutti ha ricevuto una mail da parte di Renzo Paganello il quale ha interpellato un suo amico esperto di orchidee per un parere. Questo il testo della mail: … “a parere dell’appassionato di botanica Loris Zilli, anch’essa è una Neotinea ustulata”.
Nel frattempo io sono stata contattata da Paolo Nicoli del CAI di Monfalcone, esperto botanico. Nicoli, a parer
suo, non sembra del tutto convinto che l’orchidea in questione sia una Neotinea ustulata e ha ipotizzato possa
trattarsi di un ibrido, anche se, ha aggiunto, è difficile determinarlo con sicurezza basandosi sull’osservazione
esclusiva di una fotografia.
Neotinea ustulata
Neotinea ustulata o ibrido?
Pubblico nuovamente una foto dell’orchidea, già apparsa sul numero di giugno di “Sopra e sotto il Carso” confidando che altri lettori possano dare un contributo alla soluzione del problema.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
Appuntamenti in giro per il mondo
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
40
ANNO
III—N°7
PAGINA
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
41
PAGINA
42
I prossimi appuntamenti
Elezioni SSI - Alla fine del 2014 scadrà il mandato dell’attuale dirigenza della Società
Speleologica Italiana e le cariche sociali dovranno essere completamente rinnovate. Il 5
luglio 2014 sono pervenute presso la sede della SSI le candidature degli aspiranti alle
cariche. Sono da eleggere:
un presidente
12 consiglieri
3 probiviri
3 revisori dei conti.
A questo link troverete tutte le candidature
Uno strano arabesco
scende dalla volta
della grotta.
Appeso ad un filo.
www.ssi.speleo.it/images/ssi_news/ssinews2014_2.pdf
—————————–————————
Campagna speleo - dal 14 al 16 agosto si svolgerà una campagna speleologica
a Taipana con base presso il rifugio speleologico del Centro Ricerche Carsiche
“C. Seppenhofer”. Sono invitati anche gli altri gruppi speleo. Sono in programma: la discesa dell’abisso di Vigant e l’esplorazione della Grotta Doviza ma ci
sarà lo spazio per altre attività di campagna. www.seppenhofer.it
—————————–————————
Mostra paleontologica - venerdì 15 agosto dalle ore 8.30 alle 16.30 presso il
“Parco della Rotonda” a Gradisca d'Isonzo (Gorizia) si svolgerà all’interno della
fiera ornitologica una Mostra paleontologicamalacologica, verranno esposti alcuni reperti
di particolare pregio.
—————————————————
Campo Maiella 2014 - dal 10 al 24 agosto
2014 lo Speleo Club Chieti ed il Gruppo Speleologico CAI Fabriano organizzano, come
ormai da 15 anni, il CAMPO MAJELLA
2014. Campo base sarà come al solito il Rifugio Manzini. Obiettivi del campo:
-Esplorazione Abisso De Gasperi
-Esplorazione e rilievo della grotta scoperta lo
scorso anno nei pressi del De Gasperi
-Verifica cavità per "Progetto Catasto"
-Battute esterne di ricerca
Per questioni logistiche chiediamo conferma di partecipazione entro la fine di
Luglio. Verranno effettuate diverse salite per portare al rifugio una parte del
materiale necessario allo svolgimento del campo. Partecipate!!! Siete tutti
invitati!!!
—————————–————————
13° Rallye Spéléo - dalle ore 8.00 del 29 agosto alle 12.00 de 31 agosto a
Brussels in Belgio si svolgerà il 13° Rallye Spéléo de la Basilique de Koekelberg.
—————————–————————
Speleo2014 - il 22 novembre, come stabilito dall’assemblea dei soci della
Federazione Speleologica Regionale FVG si svolgerà nell’area pordenonese (da stabilire) l’incontro annuale della speleologia regionale.
—————————–————————
Congresso Internazionale di Speleologia in Cavità Artificiali
HYPOGEA2015 - dal 15 al 17 maggio 2015 si svolgerà a Roma. Principale obiettivo del congresso è la condivisione delle esperienze maturate
in ambito nazionale ed internazionale nel campo delle indagini speleologiche e speleo-subacquee in ipogei artificiali (opere di origine antropica
ed interesse storico – archeologico). nella divulgazione del patrimonio storico,
culturale e ambientale sotterraneo e nella sua tutela.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
ANNO
III—N°7
PAGINA
Novità editoriali
43
Tutti i libri recensiti sono a disposizione presso
la libreria del C.R.C. “C. Seppenhofer”
“Speleologia”. N°70 - Anno XXXV - giugno 2014. La rivista della S.S.I.
cambia formato e veste tipografica. Se il cambiamento può risultare più
moderno e con stile accattivante, per contro i caratteri di stampa, a nostro
avviso, rendono difficile la lettura. Molti gli articoli in questo numero,
tutti ricchi di foto e schemi, in particolare segnaliamo quello sulle grotte
della Cina intitolato “Viaggio nella Terra senza ombre”. E’ il resoconto di
una spedizione italo-francese in terra cinese dove è riuscita ad esplorare e
rilevare topograficamente oltre 20 chilometri di grotte nella regione del
Guanxi. Bello anche l’inserto che si trova allegato alla rivista.
“Speleoforum 2014”. Volume 33. Edito dalla Česka Speleologicka Společnost. Rivista patinata di grande spessore tecnico e scientifico.
All’interno troviamo un articolo dedicato all’esplorazione della grotta Riesending-Schachthöhle, recentemente salita alla ribalta per l’incidente allo
speleologo tedesco a –1000. Possiamo inoltre trovare un articolo sulla
Kačna Jama (Abisso dei Serpenti), in Slovenia, con foto, schemi e rilievi
molto ben dettagliati. Da segnalare anche la relazione sull’esplorazione
dell’Abisso Iron Deep sul monte Maganik profondo ben 1162 m.
L’articolo è corredato da belle foto e dettagliati rilievi.
“La Città Segreta - Urbino ipogea”. Edito dal Gruppo Speleologico
Urbino per Monacchi Editore. Bel volume che tratta di speleologia urbanae che affronta in modo organico il problema dell’approvvigionamento
idrico della città di Urbino, ripercorrendone la storia, a partire dalla cisterna dell’ex seminario della prima epoca imperiale romana. Nel volume viene riportato il lavoro del G.S.U. che nel corso di un decennio ha esplorato,
studiato e mappato quasi tutto il sottosuolo di Urbino.
“Speleologia emiliana”. N°4 - 2014 - Anno XXIV. Storica rivista della
Federazione Spel. Reg. dell’Emilia-Romagna. All’interno oltre alle belle
foto a colori troviamo alcuni interessanti articoli tra cui quello sulle concrezioni a forma di
fungo di Santa Catalina Matanzas (Cuba). Lavoro svolto assieme alla Sociedad Espeleologica de Cuba. La rivista riporta inoltre un sunto delle attività svolte dai vari gruppi speleologici federati.
“1915-1918 La liberazione italiana di Gorizia, Trieste e Trento”. Di Giorgio Geromet
per le Edizioni Luglio. Volume interessante e
di grandi dimensioni, all’interno si possono
trovare numerosissime fotografie d’epoca e
interessanti capitoli sulle gallerie cannoniere
del Monte Sabotino e su quelle del Monte
Fortin di Farra.
SOPRA
E
SOTTO
IL
CARSO
“Questo mese
proponiamo
alcuni volumi
non recentissimi
ma che sono
entrati solo
recentemente
nella nostra
biblioteca”
SOPRA E SOTTO IL CARSO
Notiziario on line del
C.R.C. “C. Seppenhofer”
via Ascoli, 7
34170 GORIZIA
Tel.: 3407197701
E-mail: [email protected]
Sito web: http//:www.seppenhofer.it
“ il Centro Ricerche Carsiche “C.
Seppenhofer” è un’associazione senza fini
di lucro”
Chi siamo
Il Centro Ricerche Carsiche "C. Seppenhofer" (www.seppenhofer.it) è un'associazione senza fini di
lucro, ufficialmente fondato a Gorizia il 25 novembre 1978. Si interessa di speleologia, nelle sue molteplici forme: dall'esplorazione di una grotta, fino alla protezione dell'ambiente carsico e alla sua valorizzazione naturalistica. E’ socio fondatore della Federazione Speleologica Isontina, collabora attivamente con diverse associazioni speleologiche e naturalistiche del Friuli Venezia Giulia. Ha svolto il
ruolo di socio fondatore anche della Federazione Speleologica Regionale del Friuli Venezia Giulia, ed
è iscritto alla Società Speleologica Italiana. La nostra sede si trova a Gorizia in via Ascoli, 7.
Il C.R.C. “C. Seppenhofer” ha edito numerose pubblicazioni, fra cui
alcuni numeri monografici fra i
quali “Le gallerie cannoniere di
Monte Fortin”, “La valle dello Judrio”, “ALCADI 2002”, “Il territorio carsico di Taipana” cura inoltre
il presente notiziario “Sopra e sotto
il Carso”. Dal 2003 gestisce il rifugio speleologico “C. Seppenhofer”
di Taipana, unica struttura del genere in Friuli Venezia Giulia.