Pakistan: Stato e religione in un Paese islamico
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Pakistan: Stato e religione in un Paese islamico
Fatti e commenti 356 Gulshan Barkat omi * AS 05 [2011] 356-361 Pakistan: Stato e religione in un Paese islamico Lo scorso 17 marzo Minhaj-ul-Quran International, una organizzazione non governativa musulmana presente in più di cento Paesi, ha promosso una manifestazione pubblica, a Lahore, in Pakistan, che ha riunito fedeli musulmani, cristiani e di altre minoranze religiose per condannare l’omicidio di Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze religiose del Pakistan, unico esponente cristiano nel Governo, e per chiedere misure urgenti per combattere il radicalismo religioso dilagante nel Paese. Attraverso le riflessioni di un religioso pakistano, la Rivista vuole offrire uno spaccato della situazione di uno dei tanti Paesi in cui l’appartenenza religiosa è un pretesto per alimentare i conflitti tra le componenti della società. La tensione tra la maggioranza islamica e le altre comunità religiose minoritarie non cancella però il desiderio delle religioni di convivere pacificamente nelle differenze e il tentativo delle società islamiche di trovare una loro laicità. I l caso di Aasia Bibi, cristiana, madre di 5 figli, condannata a morte da un tribunale pachistano l’8 novembre 2010 con l’accusa di blasfemia (cfr il riquadro alla pagina seguente) contro il fondatore dell’islam, peraltro respinta dalla donna, ha destato in tutto il mondo grande preoccupazione per la situazione della libertà religiosa, della libertà di pensiero e della dignità umana in Pakistan. Due mesi dopo, il 4 gennaio 2011, il governatore del Punjab, Salman Taseer, un musulmano che aveva provato ad aiutare Aasia Bibi, è stato assassinato dalla propria guardia del corpo. Il governatore aveva visitato la donna in prigione a Shekhupura, a 40 km da Lahore, mostrandole solidarietà e promettendole che l’avrebbe fatta rilasciare. Il governatore era tra coloro che si stanno * Diacono, licenziando in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Traduzione dall’inglese di Enrico Regiroli. © fcsf - Aggiornamenti Sociali Pakistan: Stato e religione in un Paese islamico 357 La legge contro la blasfemia La legge contro la blasfemia, che proibiva di insultare le figure sacre di ogni religione, fu introdotta dagli inglesi nell’India unificata per portare la legge e l’ordine nel multireligioso ambiente indiano. Quando il Pakistan divenne indipendente, tra il 1947 e il 1986 si verificò solo qualche caso di blasfemia contro il profeta dell’islam o il Corano. Durante la dittatura militare di Zia-ulHaq (1978-1988) ebbe inizio il processo di islamizzazione del Pakistan. Egli introdusse nel Codice Penale pakistano le sezioni 295 B e 295 C. La prima afferma: «chiunque intenzionalmente profani o danneggi una copia del Sacro Corano o un estratto di questo o lo usi in modo spregiativo o per qualche scopo illegittimo sarà punibile con la prigione a vita», mentre la sezione 295 C recita: «Chiunque con parole, dette o scritte, o con rappresentazioni evidenti o con qualsiasi insinuazione o allusione, direttamente o indirettamente, profani il sacro nome del Santo Profeta Maometto (la pace sia con lui) sarà punito con la morte, o con la prigione a vita, e sarà anche passibile di ammenda». La pena di morte per blasfemia contro il profeta dell’islam fu introdotta negli anni ’90. Fino ad ora ne sono rimaste vittime 1.392 persone (musulmani, cristiani e appartenenti ad altre minoranze). La provincia del Punjab, dove i cristiani sono il 3% della popolazione totale, è un focolaio di accuse di blasfemia: vi si è registrato oltre il 90% dei casi e vi sono avvenuti omicidi a sfondo religioso che pure non ricadevano sotto la legge di blasfemia, linciaggi, incendi e saccheggi di villaggi cristiani e di proprietà della Chiesa (in particolare a Shanti Nagar nel 1997, Sangla Hill nel 2006, a Kasur nel giugno del 2009, a Korian e Gojra nel luglio-agosto 2009). battendo per la revisione della legge sulla blasfemia in Pakistan, che prevede la pena di morte obbligatoria. Aver mostrato solidarietà a una donna cristiana, unitamente alla sua lotta per contenere gli abusi nelle accuse di blasfemia, hanno fatto di Salman Taseer il bersaglio dei militanti islamici: è stato dichiarato a sua volta blasfemo dagli estremisti religiosi che hanno istigato la folla a ucciderlo. Il suo assassino ha confessato di aver ucciso il governatore perché stava provando a cambiare quella legge, che definiva «vergognosa». Ad appena due mesi di distanza dall’assassinio del governatore del Punjab, il 2 marzo 2011, un altro importante uomo politico è stato vittima della legge sulla blasfemia. Questa volta l’obiettivo degli estremisti musulmani è stato il ministro federale delle minoranze, Shahbaz Bhatti, un cattolico di 43 anni apprezzato sia in patria sia a livello internazionale per il suo lavoro a favore del dialogo tra le diverse religioni in Pakistan. Oppositore dichiarato della legge sulla blasfemia, ne aveva proposto una revisione al fine di porre un freno agli abusi nella sua applicazione. Come riportato dalle agenzie di stampa nazionali e internazionali, Bhatti ammetteva di essere soggetto a costanti minacce di morte da parte di al-Qaida e dei talebani a causa della sua battaglia per l’abolizione della legge sulla blasfemia e dei suoi tentativi per ottenere il rilascio di Aasia Bibi. Era riuscito a far partire su scala nazionale una campagna per la libertà 358 Gulshan Barkat OMI religiosa, il rispetto, l’armonia, la tolleranza e la dignità umana attraverso seminari interreligiosi e conferenze in tutto il Paese e la sua morte è stata una grave perdita. Gli efferati omicidi con movente religioso di Salman Taseer e Shahbaz Bhatti hanno come unico obiettivo l’eliminazione delle voci moderate nella società pakistana e il rafforzamento dell’ideologia politica intollerante ed estremista. Secondo padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, «tutti e due sono stati uccisi per lo stesso motivo: perché si opponevano alla legge sulla blasfemia, una legge che in sé è veramente blasfema, perché in nome di Dio è causa di ingiustizia e di morte» 1. 1. Le minoranze religiose: passato e presente Le minoranze religiose del Pakistan, emarginate politicamente e socialmente, sentono aumentare la loro insicurezza e vulnerabilità dopo l’omicidio di Shahbaz Bhatti, la cui morte è un duro colpo alle loro speranze e aspirazioni di ottenere la parità di diritti garantita dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, della quale il Pakistan è firmatario. L’instancabile sforzo politico di Shahbaz Bhatti era volto alla realizzazione della visione di Muhammad Ali Jinnah (1876-1948), il fondatore del Pakistan, che promise eguale trattamento per tutti i pakistani, indipendentemente dalla religione professata. Nell’aprile del 1943, durante il suo discorso presidenziale all’assemblea della All India Muslim League 2, Jinnah disse: «Alle minoranze è consentito di avere una garanzia definitiva o di chiedere: “Che posizione occupiamo nel Pakistan che state progettando?”, che è un modo per dare una definitiva e chiara assicurazione alle minoranze. Lo abbiamo fatto. Abbiamo approvato una risoluzione che prevede la protezione e la salvaguardia delle minoranze al massimo grado, e come ho detto prima, qualsiasi Governo civile lo farà e dovrà farlo. Per quanto ci riguarda, la nostra storia e il nostro profeta hanno dato la più chiara dimostrazione che i non musulmani sono stati trattati non solo in modo giusto e corretto, ma anche generoso» 3. Il 21 maggio 1947, egli ribadì la sua posizione sulla questione delle minoranze in Pakistan, affermando che tutti «saranno trattati in modo giusto ed equo e la coscienza collettiva del Parlamento sarà essa stessa 1 [N.d.R.] «Il musulmano e il cristiano: editoriale di padre Lombardi», in <www.radiovaticana.org>, 5 marzo 2011. 2 Fondata nel 1906, nel 1913 la All India Muslim League (Lega musulmana) si prefisse lo scopo di ottenere l’indipendenza per l’India. Pur sostenendo l’importanza dell’unione tra indù e musulmani, nel 1940 i suoi esponenti, temendo che i musulmani fossero schiacciati dalla maggioranza indù, si impegnarono per ottenere uno Stato separato per i musulmani dell’India e nel 1947, all’indomani dell’indipendenza del Pakistan, ne divennero il partito politico più importante. Persero poi gradualmente il potere e la loro influenza, fino a scomparire nel 1970. [N.d.R.] 3 Rizwan A. (ed.), Sayings of Quaid-i-Azam Mohammad Ali Jinnah, Pakistan Movement Center, Karachi 1986, nostra trad. Pakistan: Stato e religione in un Paese islamico 359 garante del fatto che le minoranze non dovranno avere alcun timore che una qualsiasi ingiustizia venga perpetrata nei loro confronti» 4. Il discorso più importante di Jinnah è quello pronunciato all’Assemblea costituente l’11 agosto 1947, nel quale immagina uno Stato laico. Questo discorso è citato dalle forze laiche del Pakistan, dalle organizzazioni per i diritti umani e da coloro che credono che tutti i cittadini pakistani debbano avere eguali diritti, senza distinzioni di credo, razza, etnia, religione o colore. Jinnah affermava: «voi siete liberi; voi siete liberi di andare ai vostri templi, siete liberi di andare alle vostre moschee o in qualsiasi altro luogo di culto del Pakistan. Potete appartenere a qualsiasi religione o casta o fede; questo nulla ha a che vedere con gli affari dello Stato […] Partiamo da questo principio fondamentale: noi tutti siamo cittadini, eguali cittadini di uno Stato. Il popolo inglese nel corso del tempo ha dovuto affrontare con realismo questa situazione e ha dovuto liberarsi delle responsabilità e dei fardelli imposti da chi era al governo, affrontando passo dopo passo questa infuocata questione. Oggi si può giustamente affermare che i cattolici romani e i protestanti non esistono; ora ognuno è un cittadino, un eguale cittadino della Gran Bretagna, membro della nazione. Io penso che ora questo debba essere il nostro ideale, e vedrete che col passare del tempo gli indù cesseranno di essere indù e i musulmani di essere musulmani, non in senso religioso, poiché questa è la fede personale di ciascun individuo, bensì in senso politico, quali cittadini dello Stato» 5. Shahbaz Bhatti stava combattendo per rendere reale il sogno del fondatore del Pakistan. 2. I cristiani in Pakistan Dire che in Pakistan non vi sono discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose è una affermazione insostenibile. Eppure, nonostante la discriminazione istituzionalizzata, le persecuzioni e i maltrattamenti, i cristiani pakistani rimangono cittadini leali. Secondo i dati del Governo, in tutto il Pakistan vi sono 2,8 milioni di cristiani, circa l’1,6% della popolazione totale. Secondo l’Annuario cattolico del Pakistan del 2010, la popolazione cattolica è composta da 1.151.319 persone, tra cui 158 sacerdoti diocesani, 107 sacerdoti religiosi, 826 suore religiose professe e un diacono permanente; vi sono sei diocesi e un Vicariato apostolico a Quetta, 121 parrocchie, 240 istituti sociali e caritatevoli cattolici e 504 istituti educativi 6. Oltre ai cristiani, esistono altre minoranze religiose, tra cui gli indù, i sikh e i parsi. Le scuole e i collegi guidati dalla Chiesa sono tra i migliori centri d’insegnamento del Paese e hanno educato un gran numero di impiegati statali, funzionari pubblici, primi ministri e presidenti, incluso il Primo Ministro in carica Yousuf Raza Giliani, alunno 4 Bandopadya S., Quaid-i-Azam Mohammad Ali Jinnah and the Creation of Pakistan, Sterling Publishers, New Delhi 1986, 326, nostra trad. 5 Cowasjee A., «Jinnah’s Pakistan?», in Dawn Newspaper, 16 gennaio 2011. 6 The Catholic Church in Pakistan. Directory 2010, Renewal centre, Lahore 2010. 360 Gulshan Barkat OMI della La Salle High School di Multan. Vi sono due seminari principali, uno per gli studi filosofici a Lahore, l’altro per gli studi teologici a Karachi, entrambi diretti dall’Istituto nazionale cattolico di teologia 7. Gli altri cristiani, che comprendono anglicani, metodisti, presbiteriani e luterani, insieme ai cattolici contribuiscono fortemente allo sviluppo della dimensione educativa, sanitaria e sociale; lo spirito di collaborazione e di reciproca comprensione ecumenica tra le Chiese in Pakistan sta crescendo. La Chiesa cattolica in Pakistan è sempre in prima linea quando si tratta di prestare soccorso in caso di calamità naturali, come dopo il terremoto del 2005 o durante le recenti alluvioni della fine del 2010, o quando è stato necessario assistere i profughi delle operazioni militari volte a cacciare i militanti islamici dalla valle di Swat, nel nord del Paese. Attraverso la sua rete di organizzazioni caritative, è sempre pronta a fornire soccorso umanitario senza discriminazioni ed è l’istituzione che più di tutte si preoccupa della cura dei malati di lebbra. In molti centri e istituti, ai giovani e alle persone con bisogni particolari viene data la formazione professionale necessaria per poter lavorare e vivere una vita dignitosa nella società. 3. Oltre l’intolleranza Il brutale omicidio di Shahbaz Bhatti ha rimarcato il fatto che i cristiani e altre minoranze religiose sono continuamente emarginati e tuttora discriminati. Una legislazione discriminatoria come la legge sulla blasfemia ha spalancato le porte agli estremisti religiosi armati. Da quest’atmosfera di intolleranza religiosa si è diffusa una sensazione di soffocamento nelle vite di tutti i pakistani 8. La legge sulla blasfemia limita fortemente la libertà di parola e incoraggia l’odio e la discriminazione all’interno della società. La vita e le proprietà delle persone che appartengono a comunità minoritarie non sono più al sicuro e vi è un crescente senso di insicurezza tra le minoranze, falsamente accusate di dissacrare il Corano o il fondatore dell’islam. Secondo il teologo tedesco Christoffer H. Grundmann «c’è bisogno di una solida cultura religiosa non solo per meglio relazionarsi con la diversità culturale, ma anche per distinguere in modo competente tra le questioni genuinamente religiose e quelle che per tali si camuffano, mascherando in realtà interessi di carattere politico, economico o criminale» 9. Ci deve essere un incondizionato 7 L’Istituto nazionale cattolico di Teologia di Karachi nel 1997 è stato separato dal Seminario maggiore di Karachi, con la collaborazione della Conferenza episcopale del Pakistan e dei Superiori maggiori delle congregazioni religiose. Dal 2004 l’Istituto è affiliato all’Unione teologica YAARA australiana. È importante sottolineare come l’Istituto sia aperto non solo ai futuri sacerdoti, ma a chiunque desideri studiare teologia o approfondire le proprie conoscenze dottrinali e la fede religiosa. 8 Sono molti i pakistani che gridano slogan contro gli americani e gli europei per le strade, ma appena ne hanno la possibilità sono i primi ad andare negli Stati Uniti o in Europa. 9 Grundmann C. H., «Living with religious plurality. Some basic theological reflections on interreligious dialogue», in Studies in interreligious dialogue, 2 (2009) 133. Pakistan: Stato e religione in un Paese islamico 361 spirito di fratellanza, una convivencia 10 tra le persone che contano e le masse oppresse e impotenti, al fine di creare una fiducia reciproca per riuscire a sostenere ciò che è veramente e genuinamente frutto del discernimento della comunità, così da poter agire in modo efficace per cambiare le situazioni intollerabili 11. L’omicidio di Shahbaz Bhatti ha reso più forti i cristiani del Pakistan, le minoranze religiose, i musulmani che vogliono continuare a lottare per salvare il Pakistan da una trasformazione in uno Stato di stampo talebano. La lotta a cui Salman Taseer e Shahbaz Bhatti hanno preso parte continuerà. Benedetto XVI, facendo appello alla coscienza del mondo, ha detto: «Chiedo al Signore Gesù che il commovente sacrificio della vita del Ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità» 12. 10 Si tratta di una teoria coniata dall’educatore e teorico brasiliano Paulo Freire (1921-1997). Cfr Grundmann C. H., ivi. 11 Cfr ivi, 134. 12 Benedetto XVI, Angelus del 6 marzo 2011, testo disponibile in <www.vatican.va>. 362 Schedario/ Geo Pakistan Con 187 milioni di abitanti, il Pakistan è il sesto Paese più popoloso del mondo e la seconda più grande realtà islamica dopo l’Indonesia. Indipendente dal 1947, si separò dall’India, portando a compimento la «Teoria delle due nazioni», che voleva i musulmani indiani separati dagli altri, processo di cui fu leader Muhammad Ali Jinnah, che conferì però al nuovo Stato un’impronta laica. La separazione causò violenze lungo i nuovi confini ed enormi trasferimenti di popolazione: circa 15 milioni di persone, tra hindu, sikh e musulmani, cambiarono Paese. Il contrasto con l’India ha accompagnato la storia recente e ha avuto come epicentro la regione del Kashmir, dove i due Paesi si sono scontrati in tre guerre (1947, 1965 e 1999). La competizione con New Delhi si è dispiegata anche in campo nucleare: grazie all’assistenza cinese, il Pakistan è l’unico Paese musulmano a possedere testate atomiche. Politicamente la storia interna è segnata da una forte instabilità. Le strutture democratiche vennero abolite per la prima volta nel 1958 con un colpo di Stato che impose una dittatura militare, filoamericana, fino al 1969. La crisi del 1971 portò a una fase democratica guidata da Ali Bhutto, rovesciato nel 1977 con un nuovo colpo di Stato militare dal generale Zia-ul-Haq. Dalla fine degli anni ’70 lo Stato assunse progressivamente una connotazione religiosa, con l’introduzione della legge islamica. Tra il 1988 e il 1999 il Pakistan tornò un sistema parlamentare: i leader di punta furono Benazir Bhutto (figlia dell’ex presidente Ali Bhutto) e Nawaz Sharif. Ma anche questa controversa fase democratica fu interrotta da un terzo colpo di Stato militare guidato dal generale Pervez Musharraf. © fcsf - Aggiornamenti Sociali AS 05 [2011] 362 Il regime pakistano rinsaldò i rapporti con gli usa dopo l’11 settembre 2001, ufficialmente appoggiando la guerra in Afghanistan e la caccia ai vertici di al-Qaida in cambio di aiuti finanziari, ma conducendo in realtà una politica ambigua, sostenendo sia i talebani, sia lo stesso Osama bin Laden, rifugiato in territorio pakistano. Il ritorno a un sistema multipartitico in Pakistan fu segnato dall’assassinio di Benazir Bhutto durante la campagna elettorale del 2007. Tuttavia il marito, Asif Ali Zardari, eletto nel 2008, è l’attuale presidente. La struttura multietnica del Paese, la crescente influenza dell’estremismo islamico nel nord e le incertezze politiche rendono il Pakistan pericolosamente instabile. La crescita economica, anche a causa dei deboli investimenti esteri, non tiene il passo dell’aumento della popolazione e ha subito un ulteriore rallentamento in seguito alle alluvioni dell’estate 2010, che hanno coinvolto venti milioni di persone. Francesco Pistocchini Dati Capitale: Islamabad Popolazione: 187.343.000 Superficie: 796.095 km2 Gruppi etnici: punjabi (42%); pashtun (17%); sindi (14%); saraiki (10%); muhajiri (8%); baluchi (4%); altri (5%) Lingue: inglese (ufficiale); urdu (nazionale). Altre lingue comunemente parlate: punjabi; pashtun; sindi; saraiki; baluchi. Religioni: musulmani 96% (in maggioranza sunniti; sciiti, 10-22%; ahmadi 2%); cristiani circa 2%; hindu circa 1%; piccole minoranze di buddhisti, sikh e zoroastriani pil pro capite: 2.400 dollari usa Inflazione: 13,4% Disoccupazione: 15% Indice di sviluppo umano: 0,490 (125° posto su 169 Paesi)