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PAKISTAN
Il sogno
democratico
nella terra
dei puri
Nawaz Sharif, leader della Pakistan Muslim
League-N (PML-N, partito islamico moderato)
ha vinto le elezioni di sabato 11 maggio 2013,
divenendo l’unico politico pachistano ad
assumere la carica di premier per tre volte.
di Emanuele Confortin
104
I
l Leone del Punjab, come è soprannominato
Nawaz Sharif, è alla sua terza nomina, ma
soprattutto è il primo politico in 66 anni
dalla nascita del paese a guidare il passaggio
tra un governo eletto e un altro, senza l’intermezzo di una dittatura militare. L’avvicinarsi
di queste elezioni storiche ha creato grande pathos, una serrata campagna elettorale ha infiammato le piazze.
Omicidi e attentati, in particolare del Terikhe-Taliban Pakistan (TTP), i talebani pachistani,
hanno colpito la Terra dei Puri dal nord al sud.
Il culmine di queste violenze, costate 2.700 vittime, è stato l’assassinio di Zahra Shahid Hussain compiuto da due ignoti in motocicletta il
18 maggio, alla vigilia della ripetizione del voto
a Karachi in 43 seggi, chiusi una settimana
prima per irregolarità. Zahra Shahid Hussain
era la vice dell’ex stella del cricket Imran Khan,
leader del Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), i cui
propositi per un “nuovo Pakistan” non sono bastati a contrastare l’egemonia di Sharif. Evidenti
le similitudini con l’uccisione di Benazir Bhutto,
freddata a colpi di pistola da due sicari in moto
in un parco di Rawalpindi nel dicembre 2007.
Omicidio per il quale è ancora agli arresti domiciliari l’allora premier uscente Pervez Musharraf.
La violenza non è bastata a dissuadere 86
milioni di elettori andati alle urne, facendo registrare la più alta affluenza (60%) degli ultimi
35 anni. La maggioranza di Sharif sembra premiare il suo programma, basato sul rilancio
dell’economia, la deregulation, la soluzione del
pesante gap energetico, la creazione di un clima
più distensivo in Afghanistan e la normalizzazione dei rapporti con l’India. L’esito dello spoglio ha affondato le ambizioni di Imran Khan,
sostenuto dagli elettori più giovani. Male anche
l’inossidabile Pakistan People Party (PPP) di
Asif Ali Zardari, partito uscente sul quale
hanno pesato gli scandali per corruzione e la
mancanza di una concreta linea di governo.
Per il PPP a nulla è servito l’intervento del giovane Bilawal Bhutto Zardari, figlio della compianta Benazir, rientrato da Dubai nel tentativo
di sollevare le sorti del partito. All’indomani
del voto è legittimo interrogarsi sulle reali prospettive di un governo democratico in Pakistan.
La principale minaccia è la violenza interna,
almeno 35.000 vittime in assassinii e attentati
dal 2001. I gruppi estremisti dispongono di basi
in tutto il paese, anche per la fiacca resistenza
dell’esercito. Gli attentati degli ultimi anni
hanno colpito in particolare le minoranze religiose, con picchi inquietanti ascritti al gruppo
sunnita Lashkar-e-Jhangvi (LeJ).
Sono 200 gli sciiti Hazara uccisi a Quetta
tra gennaio e febbraio. Stesso gruppo dietro alla
bomba che il 3 marzo ha ucciso 50 sciiti a Karachi, capitale economica del Pakistan, che ha
visto 2.284 vittime da inizio 2012. Il 9 marzo a
Lahore la folla ha incendiato 150 abitazioni e 2
chiese in un quartiere cristiano, per presunti
insulti a Maometto. Le leggi sulla blasfemia introdotte verso la fine degli anni Settanta, durante la dittatura del generale Zia Ul-Haq, non
aiutano. Negli anni Ottanta, l’esercito pachistano ricevette finanziamenti dall’Arabia Saudita per creare gruppi anti-sciiti e frenare l’influenza dell’Iran post-rivoluzione.
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PAKISTAN
REUTERS/MOHSIN RAZA/CONTRASTO
Oggi la situazione è
fuori controllo. L’originario legame tra potere
e organizzazioni fondamentaliste è venuto
meno dopo lo schieramento di Islamabad sul
fronte afgano, a sostegno
degli Stati Uniti nella
loro war on terror.
Secondo un’analisi
del British Council, la
maggioranza dei ragazzi
tra i 19 e i 29 anni non
crede in un governo democratico, preferendo
l’applicazione della sharia e l’imposizione del
potere militare.
Le nuove generazioni
ne hanno abbastanza
della corruzione dei partiti, pretendono colpevoli
e condanne, incolpano
il governo per la pesante
crisi economica e l’altissima disoccupazione. La
mancanza di prospettive, la povertà e il sistema
scolastico inefficiente,
facilitano il reclutamento
dei giovani nelle fila dei
militanti, contribuendo a radicare nella società
l’ideologia che impedisce la maturazione di
uno stato democratico, e creando i presupposti
per un altro colpo di stato militare.
Sharif non ha scelta. Oltre al rilancio dell’economia e alla soluzione della crisi energetica, il Pakistan ha bisogno di ricostruire il sistema scolastico, riformare la giustizia, porre
limiti alla corruzione. Islamabad spende per
l’esercito dieci volte di più di quanto non investa in istruzione e sanità pubblica.
numero 48 luglio/agosto 2013
L’unica alternativa per i giovani è offerta
dai metodi obsoleti delle madrasa e dall’insegnamento del Corano. La tutela delle minoranze deve partire dall’alleggerimento della
legge sulla blasfemia, e più in generale dal riposizionamento della sfera religiosa nel contesto sociale.
Il governo da solo non sarà mai in grado di
avviare un cambiamento simile, necessita
dell’appoggio dell’esercito, unico contraltare
alle organizzazioni terroristiche.
\ Un sostenitore del
premier pachistano
Nawaz Sharif.
La serrata campagna
elettorale per le
elezioni generali dello
scorso 11 maggio ha
infiammato le piazze
dal nord al sud del
Paese, materializzando
il sogno democratico
del Pakistan.
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