7 proposte concrete per innovare

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7 proposte concrete per innovare
STRATEGIE
SVOLTA TECNOLOGICA. Il Rapporto di Ambrosetti Club presentato al primo Technology Forum 2012
7 proposte concrete
per innovare
Come superare il paradosso di un paese in cui ci sono buone idee che non producono
risultati e buoni prodotti su cui non si investe, creando un ecosistema favorevole a
scienza e tecnologia
I
l panorama globale dell’innovazione ha subìto nell’ultimo decennio una radicale trasformazione: è cambiata la
geografia e in questa gli attori e le sfide, e sono cambiate le modalità del fare innovazione. I mercati emergenti
hanno fatto dei progressi in scienza e tecnologia una
priorità. Nell’ultimo decennio la Cina ha incrementato gli
investimenti in ricerca e tecnologia (150 miliardi di € nel
solo 2011) del 20% all’anno, il doppio del tasso di crescita
del proprio Pil; la Corea del Sud del 10%; ma anche India,
Brasile, Sud Africa e le altre economie in forte crescita nel
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mondo hanno investito in ambiziosi piani (formazione,
incentivi, immigrazione selezionata ecc.) per riposizionarsi
come produttori autonomi di innovazione non più eterodiretta. Questo sfida il posizionamento competitivo delle
economie avanzate tradizionali. In un simile contesto l’Italia è un paese che continua a innovare. Ci sono imprese che
innovano, c’è innovazione nelle tecnologie e nei prodotti
e c’è una ricerca scientifica considerata fra le migliori del
mondo. Come performance complessiva, l’Italia è però un
“innovatore moderato”, risultando al 16° posto in Europa
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(European Innovation Scoreboard) per risultati di sistema,
al 18° posto in Europa per posizionamento nei settori ad
alta tecnologia e con investimenti (pubblici e privati) in
ricerca e sviluppo in media del 50% inferiori del dato Oecd
(nel 2020, ai trend attuali, la spesa in R&S in Italia sarà
l’1,53% del Pil – rispetto a un 3% di target europeo – valore
che la Cina ha raggiunto nel 2008).
Il paradosso italiano
Il “paradosso italiano” è che ci sono buone idee che non
producono risultati e buoni prodotti su cui non si investe.
Il potenziale è frenato da elementi che tagliano trasversalmente la dimensione produttiva, finanziaria e della formazione. Fra questi, la difficoltà a trasformare la conoscenza
prodotta in utilità economica e produttiva; la difficoltà a
organizzare le risorse (economiche e umane) canalizzandole in maniera efficiente in ricerca di base, ricerca applicata
e sviluppo industriale; la difficoltà a far crescere a livello di
massa critica le imprese innovative; le difficoltà culturali ad
approcciare l’investimento in innovazione in tutte le sue
fasi e a orientarlo su settori ad alto sviluppo e potenziale in
chiave di mercato, la difficoltà a produrre innovazione sistematica (prodotti/tecnologie nuovi) e non miglioramenti
(ottimizzare tecnologie/prodotti esistenti).
Come riorientare il nostro modello innovativo
Il modello italiano si è incentrato tradizionalmente intorno a due logiche, a volte compresenti: l’organizzazione
territoriale (caratterizzata dai parchi scientifici e tecnologici, dai distretti tecnologici e dai progetti territoriali)
e l’organizzazione tematica (con filiere tecnologiche e di
ricerca e sviluppo per il potenziamento e la generazione
di patrimonio). Questo modello, nonostante i numerosi
successi del passato, sconta oggi alcuni aspetti, fra cui la
progressiva venuta meno della grande industria, la difficoltà
dei diversi attori ad adattarsi alla velocità dei cambiamenti
del contesto di riferimento e la mancanza di un efficace
sistema di politiche di supporto organiche, con risorse a livello di massa critica. Ciò che appare quanto mai urgente è
dunque una riorganizzazione secondo una logica strategica,
che permetta cioè di strutturare strumenti/servizi/risorse
in ottica sistemica, per creare le “condizioni ambientali”
dell’innovazione: un “ecosistema Paese” in grado di valorizzare sistematicamente l’intelligenza e la ricerca disponibile
presso i serbatoi della conoscenza, trasformandola e trasferendola al sistema delle imprese ai fini dell’innovazione
e della valorizzazione economica in chiave di mercato e,
quindi, della crescita e dell’attrattività complessiva.
5 cantieri di lavoro prioritari
Concentriamoci su cinque aspetti strutturali su cui costruire un ecosistema favorevole all’innovazione.
1. La strategia nazionale dell’innovazione: l’innovazione è
un processo collaborativo-relazionale che richiede un’ottimizzazione complessiva e di lungo periodo.
L’ecosistema dell’innovazione
I 5 criteri principali
Strategia
nazionale
dell’innovazione
Cultura
diffusa della
innovazione
ECOSISTEMA
PAESE
Sviluppo
imprese
innovative
Investimento
in ricerca e
innovazione
Cooperazione
ricerca-industria
Le 7 proposte concrete
Strategia
nazionale
dell’innovazione
Cultura diffusa
dell’innovazione
Accesso e lavoro
qualificato nei
settori innovativi
ECOSISTEMA
PAESE
Razionalizzazione
strumenti
pubblici per la R&S
Stimolo all’investimento in ricerca
e innovazione
Sostegno alla
crescita delle
PMI innovative
Rafforzamento
scambio
ricerca-industria
Gli attori del sistema dell’innovazione
Impresa
Ricerca
INNOVAZIONE
SISTEMICA
Finanza
+
Media
Istituzioni
Fonte: Rapporto 2012, Ambrosetti Club – Community tecnologia,
Innovazione e Trasferimento Tecnologico
2. L’investimento in innovazione: innovare comporta rischi. Vi deve essere l’incentivo a investire in maniera
diffusa, a tutti i livelli, e i fondi devono essere canalizzati
in misura e tempi adeguati alle esigenze.
3. Lo sviluppo delle Pmi innovative: una grande parte della
crescita, dell’export e dell’occupazione verrà dalle impreL’IMPRESA N°6/2012
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se che innoveranno. In Italia il 90% sono
Pmi che, per massa critica e caratteristiche,
hanno come massime priorità la sfida per
l’innovazione e l’esigenza di sostegno.
4. La cooperazione ricerca-industria: generazione di conoscenza e valorizzazione
economica dell’innovazione devono procedere di pari passo. Occorrono obiettivi
convergenti, “linguaggi” comuni e interfacce operative efficienti tra ricerca-industria per ottimizzare strutturalmente le
relazioni e il trasferimento di conoscenza/
esperienza.
5. La cultura diffusa dell’innovazione nel paese: l’innovazione non è una direttiva, è una
cultura. È urgente riorientare significativamente la cultura del paese mettendo al
centro il valore dell’innovazione e dell’intraprendere.
Cosa fare: 7 proposte concrete
1. Formulare la strategia nazionale per l’innovazione, con un referente istituzionale e
una chiara responsabilità.
• Una visione di lungo periodo, che definisca in maniera inequivocabile il progetto
tecnologico e sociale del paese e le aree in
cui intende eccellere;
• un piano di azioni (con obiettivi concreti) che traghetti il breve/medio e il lungo
termine sulle dimensioni della ricerca, industria, lavoro.
2. Stabilizzare con meccanismi semplici e
coerenti e rendere permanente l’automatismo del credito d’imposta per le attività
di R&S delle imprese in proprio e in
collaborazione.
• Detrazioni significative (anche per la
R&S svolta internamente all’azienda);
• criteri rigorosi per accedervi (anche con
verifiche ex post a campione).
3. Semplificare, uniformare e riorganizzare
strumenti e procedure (pochi, chiari, semplici, veloci) mettendo a sistema i fondi
pubblici disponibili ai vari livelli (centrale e
locale), allocandoli con logica pluriennale e
meritocratica.
• Fondi per la ricerca di base orientati
(almeno in maggioranza) su pochi filoni
prioritari che traghetteranno il futuro del
paese;
• fondi per la ricerca applicata separati da
quelli per la ricerca di base ed incentivi
all’investimento da parte dei privati in imprese innovative.
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La Cernobbio della tecnologia
Raccogliamo la sfida!
di Valerio De Molli
La sfida dell’innovazione è epocale, come lucidamente espresso
dal presidente Giorgio Napolitano: “Oggi, nel mondo globale, la
sfida si chiama innovazione, ricerca, competitività. È una sfida
che riguarda tutti: il rinnovamento
scientifico, tecnologico e industriale è la miglior risposta alla
crisi economico-finanziaria come
alla crisi di fiducia che investe in
modo particolare in questo momento l’Eurozona”. Nell’ambito di
Ambrosetti Club, community di
massimi responsabili di imprese
che ha la missione di contribuire
concretamente al progresso civile
ed economico dell’Italia, lo scorso
luglio abbiamo raccolto questa sfida e abbiamo avviato un percorso
per promuovere l’innovazione come leva fondamentale per tornare
a crescere. L’obiettivo di fondo è
stato quello di far dialogare mondo
industriale, mondo scientifico-tecnologico, mondo finanziario e delle Istituzioni, attraverso una serie
di incontri che hanno coinvolto un
centinaio fra imprenditori, esperti
e opinion leader nazionali e internazionali. Tappa fondamentale del
percorso è stata la realizzazione del
primo Technology Forum (CastelBrando, Tv, 11 e 12 maggio 2012),
appuntamento internazionale di
alto profilo che si ripeterà negli
anni con l’ambizione di diventare
la “Cernobbio dell’innovazione e
della tecnologia”. Progettato per
dare respiro all’ecosistema per l’innovazione di tutto il paese, il Forum si è svolto simbolicamente nel
Nordest: quella parte d’Italia che
in passato ne ha trainato la crescita
con forza dirompente e che oggi
appare alla ricerca di nuove leve
per essa. E nel Nordest il Forum
ha incontrato il supporto di alcune
tra le migliori espressioni del territorio, contando sulla partnership
di Treviso Tecnologia, sul patrocinio della Camera di Commercio
di Treviso, e sulla collaborazione
con Permasteelisa Group, Banca
Ifis, Finanziaria Internazionale e
Veneto Banca, oltreché sul supporto di Confindustria Veneto e
di Assobiotec, e sull’impegno di
Massimo Colomban, che ha messo a disposizione la sua prestigiosa
fortezza e che ha ispirato e sostenuto il progetto sin dall’inizio.
Nella due giorni di CastelBrando è
stato presentato il rapporto “L’eco-
Una sessione del Technology Forum
(CastelBrando, Tv, 11-12 maggio 2012)
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sistema per l’innovazione: quali strade per la
crescita delle imprese e del paese” che, oltre a
fotografare lo stato dell’innovazione in Italia
e nel mondo, ha proposto sette azioni prioritarie per facilitare e accelerare l’innovazione,
come leva di rilancio dell’economia del paese
(indicate nell’articolo a fianco). Per recepire
tali proposte e per illustrare le attività in corso,
sono intervenuti al Forum, in rappresentanza
del Governo, Fabrizio Cobis, della direzione
generale Ricerca del ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, e Alessandro
Fusacchia, consigliere del ministro Corrado
Passera per gli Affari europei, i Giovani, il
Merito e l’Innovazione nonché coordinatore
della Task Force per le Start up innovative.
In una due giorni di respiro globale, il Forum
– aperto dal presidente della Regione Veneto
Luca Zaia – ha approfondito le problematiche di maggiore urgenza collegate all’innovazione: come finanziarla, come organizzarla
e come trasferirla. E l’ha fatto attraverso la
voce di riconosciuti leader dell’innovazione,
come l’israeliana Nava Swersky Sofer, Venture Capitalist di successo e Fondatrice di
Nanoisrael, ma soprattutto testimonial del
miracolo economico e tecnologico che ha
fatto di Israele una start up nation. E con
l’intervento d’apertura di Richard Saul Wurman, l’architetto dell’informazione che ha
rivoluzionato il modello degli eventi online
inventando il fortunato formato delle Ted
Conferences. O ancora: il metodo di Burton
Lee per connettere l’Europa alla Silicon Valley, il trasferimento tecnologico militare-civile
e la ricerca cross organizzativa nell’intervento
di Mark Maybury, Chief Scientist della US
Air Force, il modello virtuoso del Technology
Transfer Office dell’Università di Oxford,
guidato dall’italiano Andrea Alunni, e il confronto con gli esempi del Fraunhofer Institute
in Germania e dell’Università di Bordeaux in
Francia. Innovare per crescere, l’imperativo
condiviso da partecipanti ed esperti riuniti a
CastelBrando, perché – citando le parole di
Riccardo Pietrabissa, Presidente di Netval e
Coordinatore scientifico del Progetto – “Un
paese ad alto tasso di innovazione è un paese
che si arricchisce e che pensa, è un paese che
guarda al futuro, è un paese attrattivo e che
vede nelle generazioni successive il proprio
obiettivo”.
Valerio De Molli è managing partner, The
European House-Ambrosetti
4. Definire su basi rigorose i criteri di individuazione delle imprese innovative e per
queste:
• Garantire incentivi e agevolazioni il più
possibile automatici;
• facilitare l’accesso ai capitali agevolato
anche facendo convergere risorse pubbliche e private in strumenti/fondi (modalità
operative da approfondire) dedicati;
• ottimizzare la burocrazia amministrativa
e le norme (semplificare, ridurre i tempi e i
costi).
5. Dotare università/centri di ricerca (pubblici) di strumenti e risorse per l’attività del
trasferimento tecnologico.
• Misura delle performance dell’accademia
anche per obiettivi legati al trasferimento
tecnologico, con assegnazione di fondi
aggiuntivi e margini di autonomia per le
organizzazioni di qualità con conti in ordine (e penalizzazioni per le altre);
• Uffici di Trasferimento tecnologico, anche in network, con professionalità specifiche selezionate con logiche competitive,
anche dall’estero e coerenti indicatori di
risultato ai quali legare le risorse;
• cultura del trasferimento tecnologico
con attività di Trasferimento Tecnologico
valutate nel curriculum dei ricercatori o
percorsi di dottorato applicati alla ricerca
industriale;
• stimolo alle università a valorizzare la conoscenza in chiave di mercato mettendo in
capo all’istituzione (e non all’inventore) la
titolarità dell’invenzione (come nel settore
privato).
6. Incentivare la presenza di PhD nell’industria.
• Programmi di scambio ricerca-industria
per PhD con defiscalizzazione degli oneri
per gli enti che li mandano e che li ospitano
oppure per chi li assume (se start up);
• percorsi professionali nelle istituzioni di
ricerca in cui sia valorizzata la mobilità tra
il mondo dell’industria e l’accademia.
7. Lanciare azioni di visibilità e di “education”
ai valori dell’innovazione e dell’intraprendere e ammodernare le competenze e la
formazione.
• Creare un fondo pubblico-privato per
sostenere e incentivare la formazione
scientifico-tecnologica dei giovani più meritevoli e la loro partecipazione al lavoro
con meccanismi che rafforzino la relazione
con le imprese.
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