Bellow, quando ogni frase è un piccolo romanzo

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Bellow, quando ogni frase è un piccolo romanzo
&spettacoli
cultura
>> BLACKBURN
>> VAN ROYEN
>> MONTANELLI
LUNEDÌ 2 LUGLIO 2007
>> MAURI
>> MARTINI
7
5
DOMANDE
A
LADY DAY
SAGGIATORE, P. 351, 35 ¤
FUGA
BOMPIANI, PP. 320, 17 ¤
L’IMPERO BONSAI
RIZZOLI, PP. 264, 17 ¤
BUIO
EINAUDI, PP. 11, 10 ¤
L’OMBRA DEL MURO,
IL MULINO, PP. 464, 30 ¤
••• LA RICOSTRUZIONE della vita
di Billie Holiday, la signora del
blues ­ e non solo ­ scomparsa
quasi cinquant’anni fa, attraverso
150 interviste realizzate negli anni
Settanta a chi aveva lavorato con
lei e ritrovate ora dall’autrice.
Sullo sfondo la storia dell’Ame­
rica: discriminazione, Cotton Club,
probizionismo, gangster, maccar­
tismo. Ma il prezzo di copertina,
35 euro, presupporrebbe almeno
la presenza di un cd (ODE)
••• LE DONNE di oggi non ce la
fanno più a reggere marito, figli,
corvée in casa e stress sul lavoro.
E si moltiplicano i libri di “ribel­
lione”, come quello della scrit­
trice olandese la cui protagonista
fugge dal marito ipodotato, scari­
candogli i figli piccoli, per sco­
prire la passione in Portogallo con
un pornodivo di colore. Riscatto
senza sensi di colpa? Riderà bene
chi riderà ultimo, in un finale un
po’ troppo affrettato (ODE)
••• VISTA l’invasione di libri che
ci raccontano i segreti dell’im­
pero cinese, un’ottima scelta è
quella di andarsi a leggere i re­
portage dell’inarrivabile Indro sul
Giappone, risalenti al 1951­52 e
ora opportunamente ristampati.
Un esempio: consegna una cami­
cia al sarto e ne chiede mezza
dozzina identiche, e quelli la co­
piano perfettamente, rammendo
compreso. Sguardo acuto e ironia
che non invecchiano mai (ODE)
••• DA PICCINO aveva forse un
sacro terrone per il buio. Chissà?
Ora lo viviseziona. Paolo Mauri,
capocultura di Repubblica, in que­
sto librino disserta intorno al pro­
blema. Ricorre a qualche para­
dosso. Cita certi rovesciamenti di
fronte alla Jean Giono. Procede
per illuminazioni. E osserva: per­
sino il buio muta e si aggiorna.
Oggi è meno naturale di una volta,
ma resta pur sempre il luogo pre­
diletto per sognare (BEBE)
••• MONTA la nostalgia per il
mondo diviso a metà, per certe
languide e opache certezze assi­
curate nella ex Prussia da vopos e
truppe del patto di Varsavia. Qual­
cuno sussurra che, in fondo, non
era così male: illiberalità diffusa,
ma welfare a go go. E i molti intel­
los nostrani non disdegnavano
viaggi e viaggetti nella neonata
dederre. Entusiasmi destinati a
immalinconirsi, esclusi i pochi casi
di tetragona dedizione (BEBE)
Lunedì Libri
BEPPE BENVENUTO
I
L SUO MIGLIORE e accredi­
tato biografo, James Atlas, in
una recente monumentale
vita pubblicata da noi per i tipi
della Mondadori nel 2003, si inge­
gnava non poco a disseminare di ar­
guzie e brillanterie l’esistenza così
mossa, ma così altrettanto votata alla
letteratura, dello scrittore di Chicago,
ma nativo del vicino Canada, Nobel
nel 1976 e soprattutto, per molti, uno
dei veri monumenti del romanzo Usa
del Novecento. Ora a Saul Bellow la
casa editrice di Segrate dedica il suo
monumento, ovvero un Meridiano
curato e introdotto da Guido Fink che
raccoglie i libri pubblicati dal 1944 al
1959 e sarà seguito l’anno venturo da
un secondo tomo con i restanti ro­
manzi.
Si diceva di Atlas, ben introdotto
nell’ambiente del romanziere, vicino
a un sodalissimo di Bellow, Philip
Roth, che a un certo punto per spie­
gare meglio l’ossessione stilistica del
suo biografato ricorre a un aneddoto
di cui si compiaceva lo stesso scrit­
tore. «La ricerca di un idioma natu­
rale­scriveAtlas­comportòinnume­
revoli false partenze e innumerevoli
manoscritti da scartare. Una delle
storielle preferite di Bellow, ripetuta
con numerose varianti in numerose
interviste, è quella del tenore ameri­
cano alla Scala, il quale, dopo avere
cantato la sua prima aria riceve batti­
mani tumultuosi; lusingato, la ripete
una seconda volta, poi una terza,
mentre il pubblico grida: “Ancora,
vita, vita!”. La quarta volta, vedendo
che il pubblico non si acquieta, sbotta,
stremato: “Quante volte ancora devo
cantare quest’aria!” Al che una voce
dal loggione gli urla: “Finché non la
intoni giusta!”».
La storiella risale probabilmente al
momento di quello che certamente è
il travaglio creativo più impegnativo
della carriera belloviana, la lunga ge­
stazione del suo primo capolavoro,
“Le avventure di Augie March”, un li­
bronedioltrecinquecentopagineche
segna un primo e fondamentale
snodo nella sua escalation creativa.
Scriverlo, sostenne in seguito, era
stato come «partorire Gargantua».
Un testo zeppo di allusioni, condito di
riferimenti alla grande letteratura,
Joyce e Flaubert su tutti. Tanti perso­
naggi, ricchezza estrema e vitalità. Lo
scrittore vi esprimeva la sua idea po­
liedrica e corposa delle forme dell’esi­
stenza, quasi una catalogo declinabile
all’infinito: “Pezzi grossi ed esecutori,
committenti, speculatori edilizi, ga­
loppini di politicanti, informatori,
pregiudicati, donnaioli, faccendieri,
querelanti, piedipiatti, uomini col
cappellodacow­boyedonneinpellic­
ciaescarpedilucertola,caldodaserra
e correnti artiche mischiate insieme,
bruti e arie di sesso, passaggio di in­
Bellow, quando ogni frase
è un piccolo romanzo
Lo scrittore ebreo
di origine russa,
cresciuto a
Chicago, viene
celebrato
da un Meridiano
Mondadori
Saul Bellow in una foto scattata nel 1997. A destra la copertina del Meridiano
LIGURIA & DINTORNI
Un romanzo sul G8
che continua a dividere
La scuola del 1890
ricorda quella di oggi
UN GIORNALISTA che era stato a
Genova durante il G8 torna sui “luo­
ghi dei delitti” e rievoca l’accaduto.
Le ferite sono troppo fresche per­
ché si arrivi a una verità condivisa e
anche quella di Roberto Ferrucci in
“Cosa cambia” (Marsilio) è molto
parziale. Se siete di sinistra e pen­
sate che Carlo Giuliani sia un mar­
tire, vi piacerà. Altrimenti evitate di
farvi venire il mal di fegato, cosa
che rischiano anche i tifosi sampdo­
riani: l’autore mostra una predile­
zione per i colori rossoblù (c.p.)
INSEGNANTI bastonate dai parenti
delle alunne che hanno rimandato;
maestri e maestre precari, mal pa­
gati, dimenticati, perseguitati dalla
burocrazia e dagli ispettori, costretti
a insegnare in aule che cadono a
pezzi. De Ferrari ristampa “Il ro­
manzo d’un maestro” che Edmondo
De Amicis (Oneglia 1846­Bordi­
ghera 1908) pubblicò nel 1890, e il
lettore non può non divertirsi a pen­
sare che molte cose sono cambiate
da allora, ma molte altre rimaste as­
solutamente identiche (c.p.)
Shobhaa Dé
Vi racconto
le notti
di Bollywood
DANIELA PIZZAGALLI
I
formazioni sottobanco e risultati
truccati,ecalcoli,dolore,indifferenza
e speranza di milioni pazzeschi da
farsi con colate di cemento o con Mis­
sissippi interi di whisky e birra di con­
trabbando”.
Romanzo di formazione , un po’ pi­
caresco, un po’ autobiografico. Dopo
la sua uscita Bellow non è più un sem­
plice e un tantinello oscuro scrittore
ebreo di origine russa cresciuto fra
non pochi stenti nella periferica e un
po’ maledetta Chicago, ma una delle
realtà più consistenti della prosa
americana. Il Meridiano curato da
Fink propone la produzione giova­
nile, da “Uomo in bilico” sino al “Re
della pioggia” Henderson, ovvero uno
spaccato importante dell’intera poe­
tica dello scrittore. Opere prodotte
sino circa ai quaranta. Parlano, vedi
anche aneddoto precedente, di un
Bellow cercante, inquieto e quanto
mai ambizioso.
Il curatore loda molto la bellezza
dello stile dello scrittore. Conviene
col solito Roth quando afferma che
“ogni sua frase è un piccolo romanzo
in sé”. E nota quanto sia “sempre lim­
pido, di una chiarezza assoluta, pur
passando attraverso svariate tona­
lità”. Una prosa di raffinatissima mi­
scela, una prosa cocktail, dove si me­
scolano in forma personalissima
“toni colloquiali e solenni, sentimen­
tali e barocchi, angosciosi e ironici,
echi del Talmud e slang della mala­
vita”.
I testi sono abbastanza a sorpresa. I
temi non sempre prevedibili. Anche
le ambientazioni possono mutare di
molto. Ci sono però ossessioni ricor­
renti: la sua città, la famiglia e le
donne. Su queste ultime si sono eser­
citati molto critici, cronisti e biografi.
Di femmine Bellow in effetti si è
molto interessato. Cinque matri­
moni, una fama da sottaniere, un co­
stante riciclare le proprie traversie
amorose fra le pagine delle fiction. La
quarta moglie, la matematica di ori­
gine rumena Alexandra Ionescu Tul­
cea, quando lo liquida al riguardo è
assai esplicita: «Mi hai usata per i tuoi
romanzi del cazzo e mi hai prosciu­
gata; avanti, fammi pure causa. Entro
ventiquattrore ore devi sgombrare da
questa casa».
Non tutte le sue storie finiscono
così, ma quasi. Eppure lo scrittore è
stato amatissimo e corteggiatissimo.
E, a sua volta, ha amato e corteggiato.
La sua visione dell’universo donna è
tuttavia da sempre contraddittoria,
conflittuale, non banale. Parlare per­
ciò di misoginia tout­court, come in­
sistentemente fa Fink nell’introdu­
zione, suona riduttivo. Di sicuro poli­
ticamente corretto, poco all’altezza,
però, delle superbe vibrazioni di
quello straordinario, ondivagante e
ambivalente scrittore di nome Saul,
scomparso a ottantanove anni
nell’aprile del 2005.
CONA mediatica indiana,
autrice di bestseller e di
soap, fondatrice di riviste
glamour, Shobhaa Dé, dopo
il successo italiano di “Sorelle”,
torna con un romanzo ambientato
nel mondo del cinema, “Notti di
Bollywood” (TEA, pp. 306, 10 euro)
in cui racconta l’ascesa di una gio­
vane star e i compromessi richiesti
per raggiungere il successo.
Isuoilibrihannocontribuitoa
cambiare la mentalità e i co­
stumi del pubblico indiano?
«Quando ho iniziato a scrivere, a
fine anni ’70, ho faticato a trovare
un editore disposto a pubblicare il
libro di una donna, che per di più
scriveva di donne. Ma poi ho con­
quistato il successo proprio diffon­
dendo un’immagine non tradizio­
nale del mondo femminile, forte e
aperta.Pensodiavereunpo’contri­
buito all’affermazione delle donne,
che oggi sono al vertice nella poli­
tica, nell’economia, nella cultura».
Per i personaggi di “Notti di
Bollywood” si è ispirata a per­
sone vere, riconoscibili dal pub­
blico indiano affamato di gos­
sip?
«Ebbene sì, mi sono basata su
fatti reali, scatenando nei lettori in­
diani una vera caccia, ma non mi la­
scio sfuggire nessuna indiscre­
zione, anche perché in ogni perso­
naggio ho mescolato elementi di
persone diverse».
Le protagoniste dei suoi libri
sono, come lei stessa, donne co­
smopolite, che si trovano a pro­
prio agio in tutte le grandi città
del mondo, eppure Asha alla fine
sente di appartenere malgrado
tutto all’India; che cosa è ad atti­
rarla in patria?
«L’India è una droga che crea di­
pendenza. Anch’io viaggio tanto, e
ho visto bellissimi Paesi – anche
l’Italia!­ in cui potrei trovare una
migliore qualità di vita, eppure
dopo poco tempo sento di dover
tornare in India, a Bombay: ce l’ho
nel sangu».
Le grandi dive indiane, come
Aishwarya Rai, stanno conqui­
stando l’Occidente, così come i
film di Bollywood, dopo il suc­
cesso di “Matrimoni e pregiu­
dizi”: a che cosa attribuisce la
nascita di questa moda?
«Alla maggiore apertura del
mondoglobalizzato.Unavoltaidivi
di Hollywood dovevano essere tutti
biondi con gli occhi azzurri, per
avere successo. Oggi si cerca la va­
rietà, la diversità, e Bollywood in un
questo senso è una sorta di marchio
di garanzia. E poi gli attori indiani
sono straordinariamente belli!».
L’India, o almeno una parte di
essa, sta cambiando a ritmo fre­
netico; ma c’è qualcosa che lei
vorrebbe non cambiasse mai?
«Ilcultodellafamiglia,cheèsem­
pre stato un pilastro della società
indiana, e attualmente temo stia
scricchiolando. Credo molto nella
famiglia, non solo perché ho sei
figli, ma come tessuto connettivo di
una società e di una cultura».