Armenia - TOAssociati

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ARMENIA
MONASTERI CON VISTA
Yérevan mantiene un assetto legato al progetto
urbanistico del 1924, con grandiosi viali e piazze
monumentali
Alle prime ombre della sera, folle di giovani sciamano
dai quartieri periferici verso il centro di Yerevan.
Destinazione i caffè all'aperto che circondano la
piazza del Teatro dell'Opera e le storiche vie
Mashtots e Abovyan, scenario della movida armena.
Un termine improprio da queste parti, che esprime
però quell'incontenibile esplosione della vita notturna
che da qualche anno travolge la capitale della più
piccola delle ex repubbliche sovietiche, incastonata
tra Turchia, Iran, Georgia e Azerbaigian.
stile socialista "imposto" negli anni Venti dall'architetto
e accademico Alexander Tamanian, con il centro
racchiuso in un cerchio di ampi viali circolari e
ingentilito dalle tonalità rosate del tufo con cui sono
stati edificati i palazzi più rappresentativi.
Sarebbe sbagliato, comunque, bollare Tamanian
(1878-1936), nativo di San Pietroburgo, come un
architetto sordo alle tendenze moderniste europee e
ossequioso del potere: il suo Piano regolatore di
Yerevan approvato nel 1924, fu il primo progetto
urbanistico moderno della città, la trasformò da
centro rurale di provincia a metropoli industriale e
culturale.
Come la Madrid post-franchista degli anni Ottanta,
anche Yerevan reagisce alla fine dell'epoca sovietica
dandosi alla "dolce vita". «Noi giovani abbiamo
voglia di divertirci, - conferma una ragazza mentre
sorseggia il suo burj, il tipico caffè armeno, a un
tavolino del bar Jazzve, - di gettarci definitivamente
il passato alle spalle e progettare il nostro futuro».
L'architettura moderna non deve però trarre in
inganno: Yerevan è una delle città più antiche del
mondo, nota in passato come Erebuni, abitata ininterrottamente da oltre 2700 anni e, per la sua posizione strategica, da sempre oggetto delle mire
espansionistiche dei popoli confinanti, Persiani e
Ottomani in testa.
Un futuro che a Yerevan è già cominciato, almeno a
giudicare dal traffico di auto di grossa cilindrata che
invadono le vie del centro nelle ore di punta e dai
cantieri a cielo aperto che stanno cambiando il
centro cittadino che era rimasto invariato da decenni.
Nel 1968 venne creato uno spazio cittadino, chiamato
"La Strada delle Fontane" con 2750 bocche per
ricordare i 2.750 anni dalla fondazione della città.
Tra l'Opera e Piazza della Repubblica, una delle
piazze più grandi e monumentali della città (tipico
esempio di neoclassicismo "socialista" abbinato ad
una nostalgica architettura medioevale armena),
dove si affacciano musei, alberghi e palazzi ministeriali,
si sta infatti materializzando l'ampio viale pedonale
e commerciale della Northern Avenue, la prima
grande opera urbanistica avviata dopo il tracollo
dell'Unione Sovietica, mentre ovunque sono in corso
lavori di restauro e ammodernamento per rendere
la città degna dell'appellativo di "Parigi del Caucaso"
con cui è ormai nota al di fuori dei confini del Paese.
Per il resto, Yerevan conserva intatto l'impianto in
La millenaria storia dell'Armenia, comunque, registra
solo brevi e sporadiche parentesi di indipendenza.
La dominazione straniera non ha impedito al popolo
armeno di mantenere nei secoli una fortissima identità nazionale, fondata sui due pilastri cardine della
lingua (indoeuropea) e della religione (cristiana),
che ha consentito alla nazione di fronteggiare unita
invasioni, calamità naturali, genocidi e, non ultima,
la diaspora seguita al dominio sovietico.
Oggi si stima che, dei circa nove milioni di Armeni
nel mondo, soltanto tre milioni risiedano in patria
(di cui oltre un milione nella capitale Yerevan),
mentre gli altri sono dispersi in una sessantina di
stati diversi, dove hanno dato vita a comunità organizzate e culturalmente forti.
Ecco perché il punto di partenza per capire
1'Armenia non può che essere il Matenadaran, una
delle più antiche biblioteche esistenti al mondo.
Matenadaran, in Armeno, significa "biblioteca" e il
nome dell'istituto, Mesrop Mashtats viene dall'inventore
del1'alfabeto armeno.
Nell'edificio, presidiato dalle statue dei padri della
Letteratura, sono conservati 17.000 manoscritti,
redatti nel1'alfabeto armeno, creato nel 450 d.C.
«Formato da 36 caratteri, il nostro alfabeto fu
codificato poco dopo la conversione dell'Armenia
al Cristianesimo con la finalità di tradurre in armeno
le Sacre Scritture - spiega la guida del museo - ma
al tempo stesso diede uno straordinario impulso alla
nostra Letteratura, fino allora tramandata oralmente
o per iscritto in altre lingue straniere». Qui sono
conservate pergamene che risalgono al V e VI secolo a.C., tra cui pezzi unici originali di inestimabile
valore che documentano la storia dell'Armenia dalle
origini ai giorni nostri.
E che la memoria sia un sentimento cui gli Armeni
attribuiscono un'importanza suprema lo si capisce
anche visitando il suggestivo Monumento al Genocidio,
realizzato in blocchi di basalto con un obelisco di
acciaio alto 44 metri, che campeggìa sulla collina di
Tsitsernakaberd, dove una fiamma perenne ricorda
il Medz Yeghern, il "Grande Male", cioè lo sterminio
di un milione e mezzo di Armeni perpetrato dal
governo dei Giovani Turchi tra il 1915e il 1916.
Come raccontano foto e documenti dell'epoca raccolti
nel Museo del Genocidio, nel giro di pochi mesi
milioni di persone furono deportate nei deserti di
Siria e Mesopotamia, dove morirono a migliaia di
fame e stenti oppure massacrati dal1'esercito ottomano.
La loro colpa?
Il sospetto che volessero allearsi con i Russi, nemici
storici dei Turchi non solo nella Grande guerra.
Si tratta di una delle pagine più dolorose della
millenaria storia del popolo armeno, resa, se possibile, ancora più odiosa dal fatto che la Turchia si
rifiuti ancora oggi di riconoscere il primo Olocausto
del XX secolo: è reato infatti parlare di genocidio
degli Armeni in base all’articolo 301 della Costituzione turca.
Non è certo un caso che il Monumento al Genocidio
sorga su una collina da cui la vista spazia sulla città
fino ad abbracciare la maestosa sagoma del Monte
Ararat, orgoglio e frustrazione del popolo armeno.
Con i suoi 5.137 metri perennemente incappucciati
di neve, la biblica montagna su cui, secondo la
tradizione, si sarebbe arenata l’Arca di Noé, è da
sempre il simbolo naturale dell’Armenia. Peccato
che politicamente si trovi sul territorio della Turchia.
Per ammirarlo in tutta la sua imponenza conviene
raggiungere il monastero di Khor Virap, da cui
l’Ararat sembra così vicino da poterlo toccare.
C’è un altro motivo per cui il piccolo monastero è
una visita d’obbligo di ogni viaggio in Armenia.
Qui infatti si trovava la prigione sotterranea (Khor
Virap significa appunto “fosso profondo”) in cui
S.Gregorio Illuminatore, fondatore della Chiesa
Armena, venne rinchiuso dal Re Tiridate per 13 anni
per essersi rifiutato di onorare le divinità pagane.
Durante la lunga prigionia il santo ebbe le prodigiose
“Illuminazioni” che portarono nel 301 d.C. alla
conversione dell’Armenia al Cristianesimo e la sua
proclamazione come religione ufficiale. Due anni più
tardi veniva fondata la cattedrale di Etchmiadzin,
tuttora sede del Katholicos, capo supremo della
Chiesa Armena Apostolica, indipendente da quella
cattolica e da quella ortodossa.
La domenica mattina, il giorno della settimana in cui
si svolgono le liturgie religiose, è il momento migliore
per visitare questa sorta di “Vaticano” armeno situato
a mezz’ora d’auto da Yerevan, e per assistere al rito
gregoriano che dura oltre due ore e si svolge tra
nuvole d’incenso e cori. A spiegare le peculiarità del
Cristianesimo in versione armena provvede un
giovane sacerdote che parla italiano, avendo studiato
nel nostro Paese: «Tra le caratteristiche del nostro
rito va sottolineata la celebrazione dell'Eucaristia col
pane azimo, caso unico tra i riti orientali; la celebrazione senza commistione di acqua nel vino eucaristico, unica nell'intero mondo cristiano; la celebrazione del Natale e dell'Epifania insieme, il 6 gennaio,
secondo l'usanza orientale».
Congedandosi, dice di chiamarsi Padre Geghard,
«che in lingua armena significa "lancia"; ma anche
Geghard come il famoso monastero nella valle di
Garni». È lì che ci dirigiamo il giorno seguente, al
monastero del secolo XI in parte scavato nella roccia
dove, secondo la leggenda, sarebbe stata conservata
la lancia che aveva trafitto il costato di Cristo.
Lungo la strada sostiamo a Garni, a 32 chilometri a
sud est di Yerevan, per visitare l'unico tempio pagano
presente in Armenia, dedicato a Elio, il dio del Sole,
e costruito durante la dominazione romana.
Nel villaggio, alcune donne stanno impastando il
lavash, tipico pane armeno rotondo e sottile,
delizioso appena sfornato condito con formaggio di
capra ed erbe di campo.
La gita fuori città diventa un’opportunità per
conoscere l’Armenia rurale, terra di pastori e contadini,
di solitari prati a perdita d’occhio e di villaggi isolati,
di vette caucasiche e boschi. Ovunque si vada, una
cosa è certa: in Armenia non si è mai troppo distanti
da una chiesa o da un monastero: ce ne sono
centinaia, soprattutto medioevali. Punteggiano il
paesaggio, adagiati nelle valli, in riva ai laghi o
aggrappati a pareti rocciose.
Alcuni di questi luoghi di culto, come la Cattedrale di
Etchmiadzin, il sito archeologico di Zvartnots, il
monastero di Geghard e quelli di Haghpat e Sanahin, tra i monti della remota regione di Lori, sono
tutelati dall’ Unesco. Del resto, gli edifici religiosi
rappresentano la ricchezza architettonica di un Paese
in cui l’edilizia civile è stata resa insignificante da 70
anni di regime socialista al quale, come se non
bastasse, si è aggiunto anche il terremoto del 1988.
Non c’è da stupirsi nello scoprire che i monasteri
sono, dopo il Monte Ararat, il soggetto preferito dai
pittori che espongono al Vernissage, mercato che si
tiene nei fine settimana nel centro di Yerevan, nel
parco dietro piazza della Repubblica. Nato come
mostra-mercato d’arte 20 anni fa, in breve tempo si
è ingrandito fino a diventare un mercato delle pulci,
con l’artigianato armeno, dai ricami al legno, dalla
bigiotteria agli strumenti musicali, ai CD di musica
tradizionale.
I settori più interessanti sono quelli delle antichità,
dedicati ai tappeti (di cui l’Armenia vanta una lunga
tradizione), alle porcellane d’epoca, ai libri, alle collezioni di monete e, non ultimi, ai memorabilia
dell’era sovietica.
Per i generi alimentari bisogna andare al Pag Shuka,
grande mercato coperto di Viale Mashtots che è
anche il punto ideale per avvicinarsi alla gastronomia
locale, sontuosa quando si tratta di dolci.
Sulle bancarelle si trovano tutti gli ingredienti della
cucina armena, dagli ortaggi freschi alle spezie
(coriandolo, curcuma, cumino, cannella, noce
moscata, indispensabili per insaporire la carne), dai
formaggi di capra al lavash, alla frutta secca che
non manca mai a fine pasto o nei dolci.
In pochi minuti, dal Pag Shuka si raggiunge la
Cascade, monumentale scalinata di marmo intervallata
da statue e fontane che si inerpica sul fianco di una
collina collegando il centro città con il parco
Haghtanak, la più grande area verde di Yerevan.
Da lassù, al tramonto, la vista è magnifica.
Quando la scalinata s’accende, segnata da fasci di
luce, è il segnale che un’altra notte di divertimento
comincia nella Parigi del Caucaso.
I LUOGHI SACRI AL POPOLO ARMENO – Dal
memoriale ai conventi.
Da quando la Turchia preme per entrare in Europa,
circola tra gli intellettuali del Paese una battuta
amara: «Se non fossero state eliminate le minoranze
cristiane all'inizio del '900, la Turchia sarebbe stata
una delle nazioni fondatrici dell'Unione Europea".
Le minoranze cristiane a cui ci si riferisce sono quelle
dei Greci e, soprattutto, degli Armeni, che subirono
un vero e proprio olocausto perpetrato tra il 1894 e
il 1896 sotto il sultano ottomano Abdui-Hamid e, in
maniera più estesa e programmata, tra il 1915 e il
1916 ad opera del govemo nazionalista dei Giovani
Turchi.
Al professor Marcello Fiores, docente di Storia contemporanea dell'Università di Siena, che ha scritto
"II genocidio degli Armeni" (Il Mulino, euro 22),
chiediamo quali sono i luoghi simbolo del popolo
armeno: «Senza dubbio il Memoriale del Genocidio
di Yerevan costruito alla fine degli anni ‘60 sulla collina di Tsitsernakaberd. Su quell'altura, perché lì si
riunirono migliaia di Armeni il 24 aprile 1965.
Data non casuale: segnava il cinquantenario della
dichiarazione fatta da Talaat Pasha, ministro degli
Interni turco, il quale sostenne il 24 aprile del 1915
che, dopo 50 anni, non ci sarebbe stato nemmeno
più un Armeno.
Altri luoghi significativi sono i monasteri che furono
per lungo tempo simbolo per gli Armeni dell'identità
non solo religiosa ma anche culturale, perché i
monasteri erano scuole». Va ricordato che, quella
armena, è stata una delle primissime chiese cristiane a organizzarsi come istituzione.
In Francia si celebra l'anno dell'Armenia, tra le tante
iniziative, segnaliamo due mostre: "Le 12 capitali
dell'Armenia" (fino al 18 marzo al Centre des
Monuments Nationaux Conciergerie, 2 Boulevard du
Palais,) che analizza il patrimonio architettonico
armeno, e "Armenia Sacra" (fino al 21 maggio al
Louvre, 34 Quai du Louvre), espone oggetti sacri,
tele, paramenti, sculture, dal IV secolo d.C. al XIX
sec.
HAGHARTSIN – devozione tra i boschi
Sorge tra i boschi, nei pressi della città di Dilijan, a
est della capitale. Composto da diverse cappelle
raccolte attorno alla chiesa di St.Astvatsatsin, il
complesso fu fondato e prosperò tra il X e il XIV
secolo sotto la dinastia dei Bagratuni.
HAGHPAT – fortificato come un castello
Situato nella provincia settentrionale di Lori, quasi al
confine con la Georgia, insieme al vicino monastero
di Sanahin fu fondato nel 976 dalla regina Khosrovanush.
Patrimonio dell’Unesco, è uno dei pochi monasteri
fortificati, tra i più suggestivi del medioevo armeno.
GEGHARD – la leggenda della lancia di Cristo
La parte più antica, in parte scavata nella roccia,
risale al 1215, ma il monastero fu fondato nel IV
sec. da S.Gregorio Illuminatore per custodire la
“lancia santa” con cui sarebbe stati trafitto Gesù sulla
Croce. E’ patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
SEVAN – i segreti dei monaci
Per la sua posizione su una penisola protesa sul lago
di Sevan, è il più suggestivo dei monasteri armeni.
Fondato nel ‘874 da re Ashot, per tutto il Medioevo
fu meta di pellegrinaggi e celebre per le cure
“miracolose” a base di erbe dei suoi monaci.
NOVARANK – centro della cultura
Le chiese di S.Karapet, S. Grigor e S. Astvatsatsin
(Santa Madre di Dio) dominano il canyon del fiume
Darichay, 122 km a sud di Yerevan. Fondato nel XII
sec, fu un importante centro di religione e cultura,
legato alla vicina università di Gladzor.
HECMIADZIN – il “Vaticano” armeno
Per gli Armeni la Cattedrale del “luogo in cui discese
l’Unico Figlio” è l’equivalente del Vaticano per i
cattolici, sede del Katholikos, il capo della Chiesa
apostolica armena. Situato 20 Km a ovest della
capitale, fu fondato da San Gregorio nel 303 d.C.