il mercante di pietre

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il mercante di pietre
IL MERCANTE DI PIETRE
Regia: Renzo Martinelli; sceneggiatura: Corrado Calabrò, Renzo Martinelli; musica: Pivio, De Scalzi;
interpreti: Harvey Keitel, Frank Murray Abraham, Jane March, Jordi Mollà; produzione: Renzo Martinelli;
distribuzione: Medusa; durata: 1h e 54'; colore; origine: Italia, 2006.
Il regista. Renzo Martinelli viene dal mondo della pubblicità. Esordisce in campo cinematografico nel 1994
con SARAHSARÀ…, ispirato alla storia vera della sudanese Gadalla Gubara, una ragazza che, nonostante
un handicap alla gamba destra, arrivò quarta alla gara di nuoto Capri-Napoli. Passa poi ad argomenti e a
temi decisamente più “politici” e di viva attualità, con PORZÛS (1997), su un episodio fratricida della guerra
partigiana; VAJONT – LA DIGA DEL DISONORE (2001), sulla famosa tragedia del 1963; PIAZZA DELLE
CINQUE LUNE (2003), sul sequestro Moro.
Il film. IL MERCANTE DI PIETRE affronta un altro argomento scottante, attuale, e quanto mai controverso
e dibattuto: il fondamentalismo e il terrorismo di matrice islamica. Dispiace però dover constatare che un
problema così importante non diventi il tema del film, ma resti a livello, appunto, di argomento, cioè di
pretesto narrativo per costruire un discutibile spettacolo, che può anche piacere al grosso pubblico, ma che
certamente non giova alla comprensione e all'approfondimento del problema, dando origine ad un film a
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pseudotematica. Che si presta ad essere strumentalizzato da varie parti per tirare l'acqua al proprio
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mulino, approfittando delle idee inavvertite di cui è inevitabilmente intriso.
La vicenda. Alceo è un docente universitario che ha perso tutte e due le gambe nell'attentato all'ambasciata
americana di Nairobi. Ora si dedica allo studio del terrorismo internazionale di matrice islamica. È sposato
con Leda, una trentenne responsabile delle relazioni esterne dell'Alitalia. Proprio mentre Alceo sta tenendo
una lezione all'università sui pericoli del fondamentalismo islamico, Leda viene coinvolta in una sparatoria tra
terroristi e agenti segreti alla stazione di Roma. Se la cava con tanta paura, ma per fortuna rimane illesa. I
due, per superare il trauma, decidono di prendersi una vacanza. Guarda caso, vanno proprio in Turchia, e
precisamente in Cappadocia per vedere i famosi “Camini delle fate”. Rimasti a piedi con l'automobile,
vengono soccorsi da Sahib, un arabo gentile che dà loro un passaggio e li invita a visitare il negozio di un
mercante di pietre preziose. Il mercante, tale Ludovico Vicedomini, è di origine italiana – anche se è nato in
Afghanistan – e manifesta subito un grande interessamento nei confronti della bella Leda. Più tardi si verrà a
sapere che Vicedomini è un cristiano convertito all'Islam, che cerca delle “colombe”, cioè delle donne
occidentali da sedurre e da sfruttare come vittime innocenti in attentati terroristici. Tra il mercante di pietre e
Leda nasce una relazione che continuerà in Italia tra Roma e Torino e che porterà alla rottura del matrimonio
della donna con Alceo. A nulla valgono i tentativi di quest'ultimo di dissuadere la moglie dal seguire un
individuo che lui ha intuito essere ambiguo e pericoloso. Leda se ne va con il mercante, fidandosi
ciecamente di lui. Tra i due nasce un amore vero che porterà l'uomo a tentare di salvarla in extremis. Ma la
rete terroristica di cui fa parte non glielo consentirà. Leda viene sacrificata in un terribile attentato nel porto di
Dover e lo stesso Vicedomini viene ucciso dai “suoi”, per essere stato troppo indulgente e titubante nel
perseguire i fini terroristici dell'organizzazione.
Il racconto. Il film, che è ispirato al romanzo Ricordati di dimenticarla di Corrado Calabrò, coautore della
sceneggiatura, possiede una struttura a flasback.
L'incipit del film è costituito da alcune immagini che, dopo aver presentato una didascalia con una frase di
Mark Twain, che parla dell'uomo come animale religioso per eccellenza, riprendono l'interno di una nave
traghetto che si accinge ad imbarcare delle automobili. Una didascalia precisa che l'azione si svolge a
Calais, in Francia. Una donna, con l'aria smarrita, viene invitata a salire a bordo con la sua auto. Una volta
sulla nave la donna prova a telefonare (evidentemente aspettava qualcuno che non è arrivato): C'è poi in
dettaglio un cellulare che suona. Una mano sta per afferrarlo, ma un'altra mano la ferma. La donna continua
a guardarsi intorno, quasi sgomenta. La macchina da presa, dopo aver inquadrato vari dettagli della nave
con angolazioni e inclinazioni molto accentuate, con movimenti arditi va a riprendere la stiva della nave e
si infila sotto all'automobile della donna, mettendo in risalto un pacco chiaramente sospetto. Il tutto con
l'accompagnamento di musiche (del duo genovese Pivio e De Scalzi) dalle chiare sonorità mediorientali e
ottomane.
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Per film a pseudotematica, si intendono quei film che sviluppano storie o argomenti che sembrano in funzione
tematica, ma di fatto non lo sono. Molto spesso la vera idea dei film a pseudotematica è un'idea spettacolare.
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Si vedano in proposito le proiezioni organizzate da scuole e da partiti politici. A Roma, Ignazio La Russa ha affittato
una sala per proiettare il film, ma è stato “sconfessato” dallo stesso Gianfranco Fini, che alla fine del film se n'è andato
definendo l'opera come «becera propaganda» (Da Il Corriere della sera).
Inizia il flasback che dura praticamente per tutto il film. Ma prima ancora di presentare i vari personaggi, le
immagini, che precisano con una didascalia che l'azione si svolge a Roma, in Italia, riprendono la moschea
di Roma e, con un veloce flash visivo e sonoro, passano, per contrappunto, alla basilica di San Pietro in
Vaticano.
Ce n'è abbastanza per intuire quella che potrebbe essere l'idea centrale del film: un 'idea spettacolare
all'interno di un ambito tematico (più fondo mentale che tema vero e proprio) che presenta il mondo
islamico come un pericolo mortale per l'Occidente e per il Cristianesimo. Infatti, sia la struttura a flashback,
che crea tensione e suspense, sia i vari elementi semiologici cui si è accennato vanno nella direzione della
spettacolarità; così come la contrapposizione moschea-basilica suggerisce, non con argomentazioni, ma in
modo suggestivo ed emotivo (prestandosi così a creare comunicazioni inavvertite) la pericolosità del
mondo islamico.
Il prosieguo dell'analisi del film sembra confermare pienamente tale chiave di lettura.
Fin dall'inizio del corpo centrale (il flashback), infatti, si manifesta una sottostruttura che viene largamente
utilizzata durante tutto il film, quella del montaggio parallelo. Alceo sta tenendo una lezione all'università
sul fondamentalismo islamico e parla in modo particolare della Somalia: «Gli arabi sono arrivati in Somalia
con i loro soldi, le loro scuole coraniche, le loro organizzazioni umanitarie. In Somalia gli arabi non
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insegnano l'Islam, ma il Wahhabismo , che è la religione di Stato dell'Arabia Saudita, quella stessa religione
che insegna agli estremisti a odiare gli infedeli». E poi, a proposito del jihad: « Il jihad è un dovere per tutti i
musulmani adulti: tutti devono schierarsi. Se rimangono neutrali rinnegano l'Islam e per tutti i guerrieri
dell'Islam il jihad deve essere combattuto finché l'ultimo nemico non sarà stato convertito o sottomesso».
Mentre Alceo sta pronunciando queste parole, l'immagine passa con montaggio parallelo su due altre realtà:
due mediorientali con borsoni arrivano alla stazione di Roma, dove anche Leda si sta recando. In un
crescendo di tensione emotiva si arriva alla sparatoria che vede Leda miracolosamente illesa, anche se
traumatizzata. Come si vede, anche in questo caso, sono presenti i due elementi già rimarcati: la
spettacolarità, data dalla tensione e dalla drammaticità del conflitto tra polizia e terroristi e dal tipo di
montaggio che crea suspense, e l'idea che si insinua: Alceo ha proprio ragione, infatti quello che lui sta
dicendo si sta proprio verificando sotto gli occhi dello spettatore, a riprova delle sue tesi. Per di più Alceo
sembra essere veramente un testimone credibile, sia perché è rimasto vittima di un attentato che lo ha
privato delle gambe, sia perché, come lui stesso afferma, da anni studia sistematicamente il terrorismo
islamico. Inoltre (e questo ha veramente dell'incredibile) egli afferma di aver acquisito una sorta di sesto
senso nel riconoscere i terroristi e di vedere « segni che altre persone non possono vedere». Quale miglior
dimostrazione che le sue affermazioni sono vere e fondate?
Tali affermazioni vengono poi ribadite e rinforzate in altri momenti. Come quando, discutendo con un suo
amico del Messaggero che lo accusa di condurre una crociata contro il mondo musulmano, Alceo sostiene
che lo scontro non è solo di natura militare, ma soprattutto culturale e religiosa:« Quella che stiamo vivendo
è una guerra di religione che mira a conquistare il mondo…I terroristi di Al Qaeda sono ormai nascosti in
mezzo a noi, confusi con noi. Tra quelle persone laggiù ci potrebbe essere il prossimo martire che dirotterà
un aereo e lo schianterà contro la basilica di San Pietro…Io detesto pensare in questo modo, ma sembra
che sia proprio così».
È strano che uno che la pensa così decida di portare la moglie in vacanza proprio in Turchia. Così com'è
strano che la prima persona che i due incontrano quando la loro automobile resta in panne sia un terrorista,
e che questo li presenti a un italiano convertito all'Islamismo che fa parte della stessa organizzazione; e che
questi riesca a far innamorare Leda al punto di farle fare quello che lui vuole, nonostante le accorate parole
del marito. Evidentemente all'autore non interessa la credibilità narrativa o psicologica, ma piuttosto portare
avanti – attraverso le cariche emotive – la sue idee di fondo:«È storicamente provato che le democrazie si
svegliano sempre troppo tardi…Quella gente è in preda a delirio di onnipotenza…L'Occidente non si è
ancora reso conto che forse il peggio deve ancora venire…Se è vero che non tutti gli islamici sono terroristi,
è un fatto che la maggior parte dei terroristi sono islamici». E via di questo passo.
Ma torniamo alla spettacolarità.
- Dal punto di vista narrativo questa nasce prima di tutto dal tipo di struttura (il flashback) e di
sottostruttura (il montaggio parallelo): entrambe infatti non possiedono rilevanza tematica, ma sono
finalizzate a creare tensione emotiva. Si pensi, oltre al già citato episodio della stazione, a quando Alceo,
mentre la moglie se ne va con il mercante verso il confine con la Francia, viene aggredito da due terroristi
che cercano di eliminarlo: le immagini si alternano ed inoltre mostrano il rocambolesco tentativo di Alceo di
salvarsi aggrappandosi a quel palo che correva lungo tutto il soffitto e che gli serviva per i suoi esercizi
ginnici. Inutile dire che proprio mentre sta per essere ucciso arriva la polizia che fa fuori i due
malintenzionati.
- Ci sono poi i paesaggi della Cappadocia che vengono sfruttati per la loro bellezza esotica e fascinosa.
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Il movimento wahhabita, così chiamato dal nome del suo iniziatore Muhammad ibn 'Abd al-Wahhàb (m. 1791)
rappresenta il partito reazionario dell'Islam ortodosso e la sua estrema ala destra.
- Non poteva mancare un po' di “giallo”, con risvolti di tipo sentimentale e/o patetico. All'inizio Leda dice di
amare il marito nonostante la sua grave menomazione; si dimostra affettuosa e premurosa nei suoi
confronti. Poi, è sufficiente un biglietto trovato all'interno dell'automobile per farle cambiare atteggiamento.
Leda tiene la cosa nascosta al marito, ma questi, che forse possedeva un sesto senso anche su questo
versante, incomincia a sospettare. Ed ecco il “giallo”: riuscirà Leda a mantenere il suo segreto, anche
quando il mercante viene in Italia, le regala un bellissimo anello e la invita a Torino a casa sua? [Qui manco
a dirlo troviamo anche Sahib (colpo di scena!) che è una specie di Imam che arringa i fedeli musulmani con
invocazioni violente contro gli infedeli]. O i sospetti e le indagini di Alceo riusciranno a svelare la tresca? Per
un po' l'autore gioca con questi elementi, mostrando gli imbarazzi e le menzogne di Leda e, d'altra parte, la
diffidenza e la paura di Alceo. La conferma del tradimento della moglie verrà proprio da quei poliziotti che
Alceo aveva invitato ad indagare su Sahib e Vicedomini, ritenuti da lui persone sospette, a causa della
scomparsa delle loro immagini sul video realizzato in Turchia e anche, naturalmente, per il suo sesto senso
in questo campo. Una volta chiarite le cose, come non provare compassione per quel povero uomo senza
gambe, abbandonato dalla moglie, steso sul pavimento, che ha la consapevolezza che il mercante
distruggerà la vita di Leda e che, da lì a poco, sta per essere ucciso da due sicari?
- C'è poi la storia d'amore tra Leda e Vicedomini. L'uomo, che ha un secondo fine, riesce a conquistare
Leda non solo con i regali, ma soprattutto con la poesia e il romanticismo, sussurrandole frasi che incantano.
Ma poi non potevano mancare le scene di sesso, e allora eccoli a letto, con evidenti concessioni
spettacolari da parte delle immagini. Ma le cose si complicano dal punto di vista sentimentale: il mercante si
innamora veramente di Leda e, nel finale, vorrebbe salvarla.
- Ed ecco il dramma di quest'uomo, dapprima convinto che «Allah pretende molto da noi in questi tempi»,
ma poi «frastornato e confuso» per le implicazioni sentimentali. Egli tenta di salvarle Leda, ma l'intervento
inflessibile da parte di Sahib e dei suoi aiutanti gli impedisce di farlo. Anzi, sarà costretto con la forza a veder
partire l'amata e ad aspettare che avvenga il terribile attentato (ancora più terribile perché la bomba che
esplode è una bomba “sporca”, cioè arricchita con materiale radioattivo) prima di essere ucciso
spietatamente dai suoi, mentre, sotto la pioggia, piange e chiede perdono ad Allah.
Quest'ultima parte avviene dopo che si è concluso il flashback centrale e lo spettatore, che era rimasto
come in sospeso dopo aver visto le immagini iniziali, finalmente capisce chi era quella donna che all'inizio,
con aria smarrita, tentava di telefonare e di chi erano quelle due mani che si protendevano verso il cellulare.
- Dal punto di vista semiologico, tutto concorre a convalidare l'impressione che l'opera voglia essere – e sia
di fatto – prima di tutto uno spettacolo. Fin dall'inizio si possono notare le angolazioni dal basso e dall'alto
(a volte addirittura a piombo) che creano nello spettatore, più o meno consciamente, una tensione emotiva e
un clima di attesa. Ci sono poi le inclinazioni che dominano tutto il film e che trasmettono un senso di
precarietà, di inquietudine, di mancanza di equilibrio, di pericolo incombente. I movimenti di macchina
sono numerosi, spesso arditi, con panoramiche a 360 gradi, con flash visivi e sonori tipici del linguaggio
sportivo o pubblicitario. Per non parlare dell'uso insistito dei dettagli, dei particolari, degli obiettivi deformanti,
delle luci effettistiche e delle musiche molto spesso suggestive, ma che di tematico hanno veramente poco.
Spettacolo, quindi. Ma anche pseudotematicità. Perché l'argomento trattato è di grande attualità e quindi
di grande impatto emotivo e fonte di divisione tra i sostenitori delle diverse tesi. Un argomento che merita
una trattazione seria (comunque la si pensi e qualunque cosa si voglia dire in proposito). Mentre qui si dice
poco e si insinua molto, facendo sorgere il sospetto che l'argomento diventi pretesto per lo spettacolo che, in
quanto tale, trasmette, tramite le cariche emotive e una buona dose di ambiguità, idee inavvertite
chiaramente antiislamiche. L'ambiguità nasce da vari elementi. Prima di tutto da una sceneggiatura e da
una struttura filmica che non permettono di capire chi è il vero protagonista del film. Il titolo dell'opera
potrebbe far pensare al mercante di pietre, ma questi, che conclude il film, entra in campo troppo tardi per
essere considerato tale. Alceo, che si trova all'inizio del flashback, non ha alcuna evoluzione interiore e si
limita a ripetere sempre le stesse cose. Leda ha più peso ed anche una certa evoluzione; ma tale evoluzione
è di tipo sentimentale e non ha niente a che fare con l'Islam. Quindi c'è poca chiarezza da questo versante.
Ma nasce certamente un'impressione: tutti coloro che hanno a che fare con l'Islam ne restano vittime:
Alceo ha perso le gambe nell'attentato terroristico a Nairobi; Leda ne è la vittima inconsapevole; Vicedomini,
che si era convertito a quella religione, ora ne è prigioniero e viene sacrificato per il tentativo di sottrarsi al
suo dovere.
Ma l'ambiguità più evidente emerge dalla grande confusione che viene fatta tra mondo islamico e
terrorismo. Prima di tutto nel film non c'è un musulmano che non sia un terrorista e questo è già di per sé
fonte di possibili stereotipi. Inoltre lo stesso Alceo aveva distinto tra Islam e Wahhabismo, ma poi parla di
jihad come dovere di tutti i musulmani (senza precisare che da molti questo viene inteso come sforzo
interiore per uniformarsi alla volontà di Dio). C'è poi l'accostamento con il mondo del Sufismo (in particolare
con i Dervisci) che, essendo un movimento mistico, non potrebbe essere più lontano dalla violenza dei
terroristi. Ci sono inoltre sono le cassette illegali che vengono dalla Somalia e che testimoniano scene di
lapidazioni e di mutilazioni. Ed infine, con molta disinvoltura, si parla di mondo islamico e di Al Qaeda, come
se le due cose coincidessero. Il tutto non è espresso in modo chiaro, visto che sarebbe qualcosa di
insostenibile, ma viene suggerito attraverso l'accostamento di più elementi che favoriscono la confusione e
portano a fare di ogni erba un fascio.
«Liberarli dalla propria religione è il miglior servizio che l'Occidente possa render loro», afferma Alceo
citando Renan. Martinelli, che ha dichiarato che il film vuole lanciare un messaggio cristiano, e cioè l'amore
per il prossimo, dovrebbe sapere però che proprio Renan, nel suo saggio Vita di Gesù (1863), attribuisce la
fede nella resurrezione di Cristo all'entusiasmo e alla passione allucinata degli apostoli che scambiano il
desiderio per realtà e sostituiscono l'esperienza con l'immaginazione. Poteva trovare una citazione più
affidabile.
Olinto Brugnoli