scarica - Pasquale CLARIZIO

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CARL SCHMITT
Il Nomos della Terra
Schmitt nella sua analisi del diritto internazionale compie un’indagine sui
rapporti di forza e di potenza tra gli stati, distinguendo un diritto internazionale
1) uno pre-globale , che ignorava il mare, e definisce sovranità e territorio
attraverso l’occupazione di Terra inizialmente nelle prime comunità di uomini e
poi definisce i rapporti tra la diarchia Papato-Impero uniti nella Res pubblica
christiana medioevale che conduce nei confronti delle altre religioni l’Islam e la
Chiesa ortodossa d’Oriente una “guerra giusta” intesa come una missione
autorizzata prescindendo dal fatto che fossero d’aggressione o di difesa;
2) il diritto internazionale, globale diventa jus publicum europeum , che si
diffonde a partire dal 1492 con la scoperta del nuovo mondo per cui Schmitt
concepisce lo spazio come globale in quanto l’uomo conquista lo spazio
marittimo (sino a conquistare quello aereo), e con la Nascita dello Stato
nazionale laico a partire dalla Riforma di Lutero nel 1517 ; nel suo libro il Nomos
della terra egli affronta proprio il “tema dello spazio e della sovranità su di esso” facendo
un exrcursus nel tempo a partire dall’Impero Romano disgregatosi sia per le invasioni
barbariche e sia per l’egemonia della Chiesa che andava sempre di più fortificandosi ,
egemonizzando anche l’Oriente trasferendo a Costantinopoli la continuazione della forma di
cristianità poi separatesi con la Chiesa ortodossa indipendente da quella di Roma.
A Roma invece la Chiesa di Pietro acquisisce sempre più sovranità, trasmessa dall’Impero
Romano oramai disgregatosi, al Papato che fonda un vero e proprio imperium cistiano con
la sua sovranità dove il diverso (l’Islam) è l’AntiCristo incarnato nel male.
L’Impero cristiano unito nella “Res pubblica crhistiana” feudale, dice Schmitt
ha una funzione di “kat-hechon” un potere storico che riesce ad impedire
l’avvento dell’AntiCristo inteso come il diverso, ovvero l’Islam, I barbari, gli
Ebrei : considerati hostes perpetui dal teologo spagnolo di Vitoria. Il catecon è
un muro di difesa contro l’Oriente civilmente ed umanamente diverso. Il
Catecon è il confine di una sorta di cittadella dentro cui vi è l’identità e fuori il
nemico ; pertanto la funzione di catecon che prima esercitava l’Impero Romano
ora è la Chiesa di Pietro”
Dunque il concetto di sovranità pre-globale rispecchia la concezione medievale di uno
spazio in cui sono egemoni antagoniste Papato e Impero . Pertanto la potenza temporale
del Papato discende dal Sacro Romano Impero, la Chiesa esercità in tutto il Medioevo sino
alla nascita dello Stato moderno , la sua sovranità con I caratteri della “guerra giusta” di
diretta derivazione tomistica della scolastica di S. Tommaso D’Aquino .
Il Nomos della Terra è un ordinamento giuridico (primordiale) pre-globale secondo cui si
possa ottenere la “terra” attraverso la forza per occupazione, per cui è legittimo condurre
una guerra giusta per conquistare sovranità e territorio . Questi rapporti di forza iniziano
con le invasioni barbariche, anche se I Barbari si integravano ai Romani e questo
concedendo ai loro invasori l’hospitalitas divenentavano I loro vassalli è il caso dei regni
Romano-Barbarici di Odoacre. Schmitt dice che ciò che divide I Barbari dai Romani,
sono le tradizioni dei Romani raccolti nel mos maiorum : la “pietas” e la civiltà ,
caratteristiche che fanno riferimento all’essere per buono e per bene.
Lo Scisma d’ Oriente divide le due Chiese l’una di Roma e l’altra di Costantinopoli: di cui
sono legittimi sovrani I principi di Mosca . Questa separazione da luogo ad un primo
cambiamento dei rapporti di forza del diritto internazionale. Un ulteriore divisione religiosa
assai più profonda e radicata è quella tra Papato ed Islam, per cui entrambe si sentono
legittimate a condurre una “guerra giusta”, il Cristianesimo combatte l’Islam considerandolo
come terzo nemico dopo quello “ortodosso” pertanto si crea un vero e prooprio muro che
separa Occidente e Oriente e per I cristiani tutto ciò che era a Oriente era infedele e per
ciò andava combattuto e cristianizzato conducendo appunto una guerra giusta, anche le
Crociate assumono un carattere cristianizzante che unisce conversione a consquista e
sovranità di quegli spazi. Anche l’Islam si diffondeva con il suo spirito di guerra giusta per
diffondere l’Islam e sconfiggere l’infedele cristiano, senza dimenticare che I Mori , (come
erano chiamati gli Arabi) giunsero sino in Spagna pur sconfitti a Granada. Nella Res
pubblica crhistiana esistevano comunque delle lotte intestine oltre che le guerre
giuste (condotte come delle missioni cristianizzabnti ): che erano riconosciute
sotto dal diritto feudale di faida, un diritto di resistenza e di autodifesa che è
stato sostituito dalle figure giuridiche dello stato moderno come l’alto
tradimento etc . L’imperatore e il Papa erano liberi di intervenire in quanto
garanti dell’unità della Res pubblica christiana.
Il primo nomos, quello della terra, ha come soggetto lo Stato concepito contro
Kelsen non già come ordinamento giuridico accentrato ma sulla scorta di
Hariuou, come una istituzione territoriale che interpreta e rappresenta l’unità
politica di un popolo sulla base di un diritto non scritto e non codificato , ma che
governa la storia dell’Europa continentale quello del diritto alla terra , cioè del
diritto di ogni popolo alla sua occupazione e divisione della terra , (o per
occupazione di uno spazio libero o per sottrazione ad un precedente padrone).
Il nomos primordiale stabilisce tutti i rapporti tra i soggetti e la terra, il rapporto produttivo,
la sua coltivazione, e il suo ordine distributivo e la localizzazione di essa, il rapporto tra
sovranità e territorio in un ordinamento che è il nomos.
Il primo nomos è in senso platonico quello delle leggi , che regola la “politeia”
ovvero la comunità politica attraverso le leggi a cui si applicano ad essa.
Il nomos (che viene da nemein) primordiale è quel nomos che come dice Kant
“ripartisce sul territorio il mio e il tuo” ovvero il concetto di proprietà, ciò che
secondo l’espressione inglese è il radical title.
Nomos è misura, ordinamento e forma che costituiscono una concreta unità
spaziale ,nell’occupazione di una terra nella fondazione di 454b11e una città o
di una colonia si rende visibile il nomos con cui una tribù o un seguito o un
popolo si fa stanziale vale a dire si colloca storicamente e innalza una parte
della terra a campo di forza di un ordinamento.
La persona giuridica era il proprietario pertanto questo diritto di proprietà in
termini giuridici moderni i diritti reali equivalgono al fiuisis e il nomos, in
quanto la proprietà della terra è connessa con la vita dell’uomo. Schmitt
sostiene che lo stato di natura non è mai avvenuto per l’uomo in quanto egli è
immediatamente immerso sin dalla nascita in un un contesto, in un mondo
storico sottoposto comunque alle leggi naturali, pertanto il fiusis è il contesto in
cui nasce l’uomo, contesto che ha tutte le sue regole, è l’esempio dell’uomo che
nasce nell’Eden il paradiso che aveva le sue leggi. Schmitt dice che il fatto che
l’uomo tenda ad occupare il suo spazio e a darsi un ordinamento secondo la
legge , e non lo fanno di certo le tigri o i lupi, è l’inizio del Nomos per cui l’uomo
smette di cacciare e di pescare e di essere quindi nomade, e si insedia su un
territorio stabilendo dei rapporti di forza, ed affermando la sacralità della sfera
dei diritti.
Il “nomos basileus” , ovvero il nomos come sovrano, citato nel Passo di Pindaro
(in cui Eracle dopo aver rubato i buoi creò il diritto) tramandato da Erodoto e
Platone, che comprende sovranità e legge - osserva Schmitt - è il nomos
soggetto della sovranità che affida un’idea ordinamentale della società, sul
modello del positivismo giuridico fondato sulla grundnorm di Hans Kelsen : la
norma fondamentale o meglio la costituzione che è al vertice e nessuno può
sottrarsi al suo ordinamento. Il nomos è comunque un diritto arbitrario del più
forte, un atto non mediato da leggi ma immediato, un atto della legittimità che
solo conferisce senso alla legalità della mera legge .
Il nomos basileus è quello del Medioevo per cui nessuno può compiere atti non
contemplati dalla castituzione : il Re era sopra la legge (al di sopra del nomos),
ma il Papa era al di sopra di tutti. Il nomos basileus dice Schmitt che risiede nel
Re , pertanto egli è al di sopra di esso ma se il sovrano impone una legge non
conforme alla popolazione il basileus ovvero il re viene ucciso attraverso una
congiura perchè tiranno.
Kelsen è il teorico della norma fondamentale della Grundnorm che si pone a
capo di tutti , per cui ognuno compreso chi detiene il potere è subordinato alla
legge fondamentale o costituzione. Comunque la carta costituzionale è un patto
siglato per delega dei cittadini, tra coloro che sono stati eletti attraverso un
mandato a “redigere” la Grundnorm a cui loro stessi si sottoporanno perchè lo
hanno reso valido e acccettato reciprocamente , questo patto avrà una
sostanza ; pertanto rifare la Costituzione significa rimettere il nomos in una
forma .
Schmitt sostiene al contrario di Kelsen che l’ordinamento proviene dal sovrano
attraverso un “patto” per cui i cittadini gli delegano il potere, da parte della
comunità politica. Questo è un modello che concepisce la politica come
decisionismo attraverso un capo che secondo l’art. 48 della Costituzione di
Weimar sappia decidere in situazioni di emergenza, e non come mediazione
come contrariamente a Schmitt, la concepiva Kelsen attraverso il
parlamentarismo capace di riunire tutte le forze democratiche garantite dalla
Grundnorm.
IL NOMOS PER OMERO
Se il nomos è la sostanza, del diritto e della sovranità, l’essere e l’identificarsi in
un principio che produce la norma.
Quando Schmitt cita l’Odissea di Omero dice che in greco arcaico Noos e Nous
sono la mente invece nomos indica la terra.
Nell’Odissea Nous erano le città e fortezze , “nomos e nous” non sono uguali : in
quanto il nous appartiene a chi pensa, nel nomos invece è insito il concetto di
recinzione; menti dei popoli è uguale a conoscere le leggi dei popoli, il pazzo è
colui che non riconosce il nomos , l’anomos è il folle che non riconosce la legge.
L’esempio del ciclope Polifemo che mangia i Proci i quali gli portavano in dono il
vino è da uccidere perchè antisociale.
Mentalità e città, usi e ordinamenti che regolano strutture delle comunità,
costituiscono il primo nomos. Il Nous comprende tutte le usanze che
appartengono alla collettività ai popoli, vale a dire il togliersi le scarpe , la
subordinazione del lavoro femminile a quello maschile, il diritto che ha ognuno
nel porre la sua sovranità entro il recinto, le tradizioni e la cultura , ma ogni
nous risiede in un nomos specifico perchè il nomos sta a simboleggiare la
diversità degli ordinamenti. Schmitt aggiunge che il concetto di mente è un
concetto che si ha con Cartesio che distingue le cose pensanti da quelle non
pensanti (res exstensa del corpo), separazione tra materia pensante e non; tra
mente e corpo, Kant distingue ciò che si vede da ciò che non si vede dell’uomo
tra l’agire e la mente umana, tra il noumeno e il fenomeno.
Schmitt arriva a dire che legge e mentalità per Omero non sono la stessa cosa.
Oggi le cose sono cambiate -aggiunge Schmitt- poichè il distacco tra Nous e
Nomos è diventato grande: la vita è il nous, la mente è il nomos, le forme sono
vissute come imposizioni esterne. L’uomo moderno è quello che vive il distacco
tra la mentalità e la forma reale:tra la coscienza soggettiva ed oggettiva, come
nella pazzia di Don Chisciotte o nella pazzia di Orlando.
LA CONQUISTA TERRITORIALE DI UN NUOVO MONDO: E LE PRIME LINEE
GLOBALI
La conquista territoriale di un nuovo mondo segna il passaggio verso una
concezione globale dello spazio anche in virtù degli studi di Keplero il quale
sostiene per primo che la Terra non era piana ma un globo; ma il tabù è sfatato
anche da Colombo il quale solca acque sconosciute, il cui accesso era quasi
vietato da congetture e credenze. I popoli separati dal mare erano estranei
all’ordinamento e ad uno spazio globale, pertanto per il nuovo spazio occorreva
un ordinamento che fosse globale : un nuovo nomos.
La conquista della Terra e dei mari da parte delle grandi potenze nazionali
europee: Francia, Spagna, Prussia e Inghilterra necessiterà di un nuovo
ordinamento conune globale diverso dal vecchio nomos.
L’ingresso nella modernità coincide con delle notevoli trasmutazioni nell’idea di
confine, nella definizione di uno spazio che oramai è globale alla luce delle
nuove scoperte geografiche; non esistendo ancora la cartografia del globo
terrestre, si affermano per la prima volta dei confini di definizione geograficomatematica corrispondenti alle coordinate terrestri, specialmente ai meridiani e
ciò segna il passaggio verso un nuovo nomos della Terra.
Un significativo processo, indicativo, fra l’altro, d’una nascente contrapposizione
giuridico-ideologica e quindi di civiltà fra ‘Terra’ e ‘Mare’, in primis fra Sacro
Romano Impero e talassocrazia britannica, così bene tratteggiata da Carl
Schmitt. Da esso si svilupperà l’idea delle cosiddette ‘linee globali di divisione’,
dalle rayas ispano-portoghesi e dalle amity-lines franco-inglesi, fino alla nozione
statunitense di ‘emisfero occidentale’.
Rayas - La determinazione d’una raya o più rayas, ovvero di linee globali di
delimitazione tra i territori e i mari appartenenti a due potenze cristiane, quali
appunto Spagna e Portogallo, il tutto sotto la garanzia della somma autorità
pontificia, diviene una necessità dopo la scoperta e la colonizzazione del
cosiddetto nuovo mondo. L’ultimo esempio di applicazione di questa prassi si è
avuta, sembra quasi incredibile, proprio in questi ultimi anni, con la poco nota
mediazione della diplomazia vaticana fra Cile ed Argentina per la
determinazione definitiva del loro confine meridionale. Quel che è necessario
sottolineare è l’astrattezza, e quindi la sostanziale artificiosità, davvero tipo
‘scacchiera’, di questo nuovo modo di determinare i confini, del tutto estraneo
alla più antica tradizione europea, ed i cui sviluppi nei secoli successivi avrebbe
portato, tanto inavvertitamente quanto inesorabilmente, al declino dello ius
publicum europaeum, e quindi alla relativa ‘centralità’ dell’Europa in Occidente.
Amity-lines - Le amity-lines franco inglesi, versione più ‘laica’ e pragmatica delle
ancora ‘cattoliche’ rayas, erano appunto delle ‘linee di amicizia’, ma facendo un
ulteriore passo in avanti nella degradazione dell’idea di confine, già nel senso di
limiti all’applicabilità dello ius publicum europaeum, e quindi volte a delimitare
di fatto un’arena vastissima ove esercitare una sfrenata violenza di conquista e
di dominio. Ad esse si accenna per la prima volta in una clausola segreta del
trattato ispano-francese di Cateau-Cambrésis del 1559, ma divengono
rapidamente una componente importante del diritto internazionale europeo.
Esse passavano a sud per l’Equatore o per il Tropico del Cancro, e ad ovest
nell’Oceano Atlantico ad un grado di longitudine, passando per le Isole Canarie o
per le Azzorre.
‘Emisfero occidentale’ - La nozione statunitense di ‘emisfero occidentale’, è uno
sviluppo di questa esperienza storica soprattutto anglosassone. Essa è concepita
quale zona di autodifesa del continente americano, posto così virtualmente tutto
sotto sovranità statunitense, ed è ancora solo ‘questo emisfero’ senza ulteriore
aggettivazione nella famosa dottrina Monroe formulata nel dicembre 1823,
perché effettivamente con essa, in origine, si intendeva in generale solo il nuovo
mondo scoperto da Cristoforo Colombo.
Ma di fatto ‘quest’emisfero’ viene gradualmente esteso dai cartografi americani,
e guarda caso giusto verso il 1939, ad esser considerato compreso fra il 20° ed il
180° grado di longitudine ovest, venendo ad includere così di fatto anche
Groenlandia, Islanda (che sarà infatti occupata durante la Seconda Guerra
Mondiale) e le Azzorre ad est, ma poi anche, chissà perché, sempre verso est
fino alle Isole di Capo Verde ed alla Nuova Zelanda ad ovest. Si sa, la sicurezza
non è mai troppa. Fra l’altro, sia detto en passant, l’inclusione così di fatto di
gran parte dell’immensa estensione dell’Oceano Pacifico nel proprio emisfero
viene prudentemente segnalata da Schmitt (1991) come uno dei fattori che
portarono al conflitto col Giappone nel ‘41.
Le nuove scoperte geografiche oltre che a segnare il passaggio dall’antico al
moderno, da uno spazio pre globale ad uno globale con l’esigenza di un nuovo
nomos, capace di regolare lo spazio vuoto della conquista attraverso delle linee
di definizione e organizzazione degli spazi, non come delimitazione di spazi da
includere ma da escludere, al di la delle linee di amicizia si può fare guerra
perchè dice Schmitt: vige uno Stato di eccezione dove è possibile sospendere la
legge o meglio la legalità. Schmitt dice che nello Stato di eccezione vi è una
condizione di nichilismo : ovvero una condizione dove non c’è differenza tra
bene e male perchè tutti i valori sono in una condizione di statico appiattimento.
La sospensione del diritto pubblico europeo nello Stato di eccezione: dava vita a
uno spazio libero: di deregulation dove vi era assenza di mercato e dove si
poteva esercitare la pirateria, utilizzata dall’Inghilterra per affermare la propria
sovranità. L’idea di spazio libero è un’idea nuova, poichè dapprima lo spazio era
concepito per regolarlo attraverso l’intervento dello Stato; una concezione che
nasce in Inghilterra dove “gli enclousers” sono i primi spazi recintati e regolati,
fino al concepimento dello Stato etico ed amministrativo Hegeliano: con cui si fa
strada l’idea che non esista uno spazio libero, e che ogni spazio va regolato. In
Inghilterra si diffonde anche il concetto di humanitas e di cittadinanza
attraverso l’ Habeas Corpus, che sancisce quelli che sono i diritti umani dello
Stato borghese.
Così con il diritto internazionale, si pone un ciclo bifronte tra regole e
deviazione, dove da un lato si stabilivano delle regole dettate dal diritto
pubblico europeo per cui nessuno stato muoveva guerra, dall’altro veniva
legittimato uno Stato di eccezione e “deviazione” dove ciascuno stato poteva
fare ciò che voleva anche attraverso la pirateria, poichè la legalità era sospesa.
Il meridiano di Pascal non è altro che il meridiano delle linee di amicizia della
sua epoca , che ha effettivamente aperto un abisso tra la libertà , ovvero
l’assenza del diritto tipica dello stato di natura hobbesiano , e l’ambito di uno
civile ordinato.
Con lo jus publicum europaeum il titolo per la conquista di un teritorio è
l’occupazione, secondo il diritto civile romano, e non più la scoperta.
LA GIUSTIFICAZIONE DELLA CONQUISTA TERRITORIALE DI UN NUOVO MONDO
: LA GUERRA GIUSTA
Schmitt ora pone il dibattito sulla questione delle conquiste degli Spagnoli nelle
Americhe e se fosse giusto che gli Indios li si dovesse trattare come occidentali,
e se fosse legittima la conquista dal punto di vista del diritto internazionale,
appunto legittimata dalla Spagna come missione pontificia.
Sulla legittimità della guerra si sofferma Francisco DeVittoria , teologo
dominicano filosofo della tarda scolastica, che con le sue opere le Relectiones de
Indis et De iure belli scritta nel 1539, compie un ‘analisi della conquista
dell’America rimanendo neutrale e segnalando i pro e i contra di questa che lui
chiama missione cristiana (egli appartiene, nonostante la sua neutralità obiettività e
umanità sia del suo non distacco dalla justa causa, al Medioevo cristiano e non al moderno
diritto interstatale), pur intravedendo nella scoperta e nella conquista dell’America
una certa continuità con la Res pubblica crhistiana secondo i concetti di ordine
spaziale del Medioevo, allo stesso tempo ne sancisce la fine dell’universalismo
del Papa e dell’imperatore dichiarando illegittimi tutti i titoli derivanti da una
pretesa di dominio temporale di territori che appartengono agli indigeni, in
quanto oramai sta per finire l’idea teologica dell’evangelizzazione che cederà il
passo all’inizio della cultura laica, per cui nascerà lo Stato territoriale e
l’organizzazione moderna della politica internazionale; Ecco che la scoperta
dell’America segna una fase di transizione dall’ordinamento medievale Jus ad
gentium, all’ordinamento dello Jus publicum eropeum.
Schmitt sottolineando il suo elemento umano e morale per cui De Vittoria diceva
che gli Indios d’America erano uomini e non bestie, e non li si poteva privare dei
loro diritti anche se non cristiani pertanto è legittimo che mantegano la propria
sovranità sul loro territorio.
Nei secoli XVI-XVII la scoperta costituiva il titolo giuridico per l’occupazione di
un territorio, e ciò per de Vittoria era illegittimo per il fatto che per lui il
territorio americano non è libero nè privo di dominio; Di Vitoria riconosce però
l’incarico pontificio di missione cristianizzante; pertanto conferendo una visione
pittosto critica della conquista dell’America che la giudica sotto il profilo della
coscienza una “barbaria”, in virtù dei metodi di “cristianizzazione” di quei
popoli, sia moralmente che giuridicamente, alla luce delle crudeltà compiute
dagli Spagnoli definiti i “simili” dei barbari. Comunque de Vitoria perviene
senz’altro ad una conclusione positiva riguardo alla conquista spagnola , poichè
da essa discende la cristianizzazione di quei popoli e il diritto al liberum
commercium , egli contesta i metodi. Egli diceva che gli Indiani benchè non
cristiani, non dovevano essere trattati come criminali , ma come avversari di
guerra .
Di Vitoria sostiene che gli Spagnoli debbano compiere nei confronti dei popoli
barbari dell’ America un ‘opera civilizzatrice, non attraverso una sottomissione
violenta, che sarebbe tollerata come “guerra Justa” solo qualora i barbari si
ribellassero con violenza a quest’ondata civilizzatrice o qualora i barbari
opprimessero ingiustamente altri popoli nella loro terra.
“I tituli” sono le prerogative, che rendono legittima la conquista chi può e chi
non può; questa titolarità era data ai prinicipi cristiani, ma oramai questi tituli
erano secondo de Vitoria desueti.
Schmitt aggiunge che oramai nel 1500, si era erosa l’autorità dell’imperatore del
Sacro Romano Impero.
Sepulveda cattolico, presentava invece gli Indiani come Barbari criminali e
cannibali che compievano sacrifici umani, pertanto era legittimo che la loro terra
fosse oggetto di conquista, e lo sterminio come necessario e sistematico.
Sepulveda cita Aristotele che definisce le popolazioni barbare “schive per
natura”.
Così Bacone sostiene che gli Indios siano solo banditi in quanto cannibali, per
ciò privi di diritti, assoggettabili nella categoria dei sottouomini come dei “bruti”
da civilizzare. Benchè la Spagna fosse nel XIV secolo ancora fortemente
cattolica, affioravano queste discriminazioni, ma non di natura biologica che
compariranno in Ugo Grozio allorchè affermava la superiorità degli gli Indiani
d’America perchè di razza nordica .
Schmitt che è un pensatore cattolico conservatore, critica l’umanesimo quale
fonte della cultura laica che è madrina del razzismo, una cultura che va da
Bacone a Nietzeche per cui c’è una dissacrazione del tema uomo, per cui viene
distinto e radicalizzato ciò che è umano e ciò che non è umano, sino a quando
con Nietzche non appare il sottouomo e il superuomoche nasce dalla morte di
Dio che non ha nulla da dare al sacro.
Schmitt difendendo la cultura cattolica appunto distinguendo, che il
cristianesimo si fondava sulla superiorità in bae al battesimo, vera
discriminante tra cattolici e non cattolici. Appunto difendendo la Chiesa che non
faceva una differenza sul modello della cultura secolarizzata, che prevedeva la
discriminazione su basi biologiche ciò che sta alla base del razzismo. Pertanto
Schmitt sostiene che il concetto di sterminio è un concetto laico e non cattolico,
per cui le grandi campagne contro gli Indiani d’America compiute tra ‘700 e ‘800
in nome dello sterminio delle bestie, fa parte della cultura laica.
LO “JUS PUBLICUM EUROPAEUM”
Il costituirsi degli Stati nazionali spezza e sconsacra i vincoli medievali,
dell'unità della Res publica christiana, la comunità politica basata su una
doppia aurtorità: la diarchia Papato-Impero, e si affermano quelle entità
individue, territorialmente delimitate, assolute e centralizzate, che sono le
nazioni moderne, o meglio gli Stati nazionali sorti dai residui del Feudalesimo,
dapprima Signorie e Principati mostrano una prima forma di autonomia ma sono
ancora subordinati al Papato.
Fino al ‘500 l’Impero era subordinato alla Chiesa cattolica che deteneva il potere
temporale insieme a quello spirituale (la Chiesa o meglio il Papa deteneva la
potestas e la veritas, invece l’imperatore l’ auctoritas e l’imperium), impedendo
così la formazione dello Stato nazionale, a cui in Italia si è guinti con la “breccia
di Porta Pia”.
La Chiesa di Roma ha impedito con la forza la nascita dello Stato nazionale a cui
si è giunti, dopo il distacco di Calvino , Lutero ed Enrico VIII dalla Chiesa di
Roma. Lo Stato nazionale dice Schmitt nasce dalla nutralizzazione della
religione ecco perchè prima della Riforma non si può parlare di “stato nazionale”
che si comincia a formare quando finisce la funzione di “kate-con”
dell’imperatore, e comincia a governare il suo territorio indipendentemente,
senza l’influenza della Chiesa. La Chiesaora diventa uno strumento per la
propria politica e polizia statale.
Così si passa dalla Città di Dio di S. Agostino al concetto di comunità
autosufficiente nascente dall’urbanesimo, secondo il modello di Bruno e
Campanella della città del Sole dove gli unici comandamenti sono quelli della
vita civile e non quelli cristiani ; già Dante auspicava nel de Monarchia alle
comunità autonome prettamente popolari separate dall’egemonia temporale del
Papato.
Sulla base dell’unità politica interna da essa realizzata lo stato , diventato
sovrano (superate anche le guerre di religione), forma una superficie territoriale
conchiusa delimitata verso l’esterno dai confini precisi e in grado di regolare i
rapporti esterni con altri ordinamenti territoriali similmente organizzati
mettendo fine a tutti i concetti specifici del diritto internazionale medioevale (lo
jus ad bellum) soprattutto alle idee della guerra giusta rette dalla respublica
christiana. Tali rapporti sono organizzati dallo jus publicum europaeum. Su tali
basi sorgono sistemi politico-giuridici differenti, orientati secondo un diritto o
nomos che cominci ad essere globale. Con la pace di Westfalia del 1648 dopo la
guerra dei Trenta anni, si può parlare di Stati sovrani come entità di un nuovo
ordinamento spaziale e come oggetto di un nuovo diritto internazionale
imponendosi come concetto giuridico , questo spazio unitario viene
rappresentato come magnus homo in qualità di soggetto di diritto quale
persona sovrana.
Lo jus publicum europaeum (un nuovo jus gentium interstatale eurocentrico) ,
che nasce alla fine del Cinquecento con Bodin che teorizza lo stato sovrano
disgiunto dalla Res pubblica christiana, Ayala, Alberigo Gentile , per poi
culminare in Grozio, sancisce la fine della respublica christiana del medioevo , in
cui la “potestas spiritualis” della chiesa fungeva da autorità riconosciuta nel
dirimere le controversie internazionali , rappresentando nello stesso tempo
l’unico ideale politico. Pertanto tra le conseguenze della Riforma i teologi
venivano esclusi dalla trattazione in materia di diritto internazionale, sostituiti
oramai dai giuristi al servizio di un governo.
Soggetto dello Jus publicum europeaum è ora lo Stato moderno. Il nuovo diritto
internazionale, regola i rapporti tra gli Stati, segnando “il passaggio decisivo dal
diritto internazionale medioevale a quello moderno , da un sistema di pensiero
ecclesiastico -teologico a uno giuridico statale”; (“mediante questa
formalizzazione giuridica si rese possibile una razionalizzazione ed una
umanizzazione , cioè una limitazione della guerra che durò per due secoli” ciò fu
teorizzato da Talleyrand, che riprese Hegel il quale sosteneva “che lo stato era
portatatrice di progresso solo umanizzando e razionalizzando la guerra”) , ora
con il nuovo Nomos la guerra in Europa non è legittimata, in quanto esiste il
diritto pubblico europeo, di fatti la comparsa del diritto internazionale, serviva
proprio a limitare la guerra in Europa (precedentemente insanguinata dalle
guerre di religione) e ad estenderla in America. Il fine del diritto internazionale
era quello di creare un equilibrio tra le nazioni. Schmitt sostiene che le guerre
interetniche e intereligiose scaturiscono da un mancato riconoscimento della
statualità, di società senza stato.
L’unica decisione in tal senso spetta al sovrano territoriale portatore dello jus publicum
europaeum, che diventa nagnus homo e persona pubblica . (Hobbes ritiene che la lotta tra
questi grandi uomini avvenga in uno Stato di natura, rappresentato come una lotta asociale
tra Leviatani; Hobbes crede sì che esistano dei diritti nello stato di natura, ma che
questi debbano essere alienati completamente al corpo politico per evitare
l'anarchia; o chi, in qualunque modo, è convinto che la collettività, o lo Stato, la
Nazione, la Chiesa, siano più importanti degli individui. "Il bene comune viene
prima del bene privato” .
invece Locke pensa ad una comunità sociale di gentelman. Locke per primo descrisse
coerentemente in una teoria politica basata sull'affermazione dei diritti
individuali naturali e sull'ipotesi di una società basata sul consenso. Il
giusnaturalismo è una delle chiavi implicite utilizzate dai curatori per
distinguere chi è liberale da chi non lo è. Chi non crede che ci siano dei diritti
individuali tra cui, primo fra tutti, il diritto di proprietà - da far valere al di là e
contro qualunque autorità esterna non è liberale.
Tuttavia lo Stato, contro cui un altro Stato muove guerra, non è considerato alla stregua di
un nemico dell’umanità per cui è lecito muovergli guerra per una justa causa, ora
l’ordinamento giuridico internazionale interstatale che va dal XVI al XX secolo definisce il
nemico come justus hostis, cioè come un nemico le cui ragioni sono quanto meno
equivalenti a quelle dell’avversario, pertanto è legittima ogni guerra interstatale condotta
tra sovrani con eguali diritti senza “discriminazioni di diritto internazionale”, con
eguaglianza giuridica prima negata perchè la guerra era giusta in quanto missione
teologica contro popoli non cristiani, sul piano giuridico non pari ai cristiano europei.
Anche se si ammette in termini Hobbesiani chenella lotta che ha lugo nello stato
di natura “l’uomo è lupo per l’altro uomo”ciò non ha alcun significato
discrimnante , poichè anche nello stato di natura nessuna delle parti si trovano
in conflitto ha il diritto di sopprimere l’eguaglianza giuridica , attribuendo a se
stessa la qualità di uomo , all’avversario invece quella di lupo.
“Tra il Medioevo e l’età moderna si compie una duplice separazione di due ordini di idee
che per tutta la durata del Medioevo sono apparsi inseparabili : nel definitivo distacco
dell’argomentazione ecclesiastica e teologico-morale da quella giuridico statale nel distacco
ugualmente importante della questione morale e giunsnaturalistica della justa causa da
quello tipicamente giuridico formale dello justus hostis distinto a sua volta dal criminale ,
vale a dire dall’oggetto di un ‘azione punitiva”.
Lo spazio governato dallo jus publicum eropaeum resta quello dello stato di
natura Hobbesiano , del bellum omnium contra omnes, in cui ciascuno è giudice
nella propria causa e in cui vige il principio homo homini lupus.
Ma ciò non ha alcun significato discriminante perchè anche nello stato di natura
nessuna delle parti in conflitto ha il diritto di attribuire a se stessa la qualità di
uomo, all’avversario invece quella di lupo. E’ in qualche modo un tentativo in
buona parte autocritico di riconquista del limite . Si tratta certamente di un
programma minimo. E tuttavia per un mondo ancora sconvolto dalle guerre di
sterminio sarebbe già qualcosa.
Dal concetto medioevale di guerra giusta della respubblica crhistana; Nel ‘600 ci
sono anche le guerre interstatali (la guerra dei Trent’anni),per cui vige il
principio di occupazione, da cui esce un nuovo nomos interstatale ed
eurocentrico, oltre che di linee di amicizia, di trattati di pace che delimitano i
confini, di suddivisioni di territori e di spartizioni. Lo Stato sovrano riconosciuto
poteva rimanere anche in guerra con altri stati sovrani , uno justus hostis e
terminare la guerra con un trattato di pace e precisamente con un trattato di
pace includente una clausola di amnistia. La guerra viene razionalizzata ed
umanizzata.
La definizione dei confini e delle linee di amicizia sta a sugellare la teoria
Schmittiana amico-nemico secondo cui ogni Stato unitario forma il suo recinto
delimitato per cui quello che sta dentro è l’amico quello che sta fuori è il nemico.
La dottrina aristotelica si basava sulla societates perfecta che S.Agostino
teorizzò come come la “Città di Dio” , e ciò divenne un patrimonio comune sino
alla Riforma di Lutero, che segna un processo di laicizzazione dello Stato. Il
sovrano medievale differentemente dal ‘600, ‘700: aveva la funzione di
catecon , di fatti a Carlo Magno veniva dato il compito della difesa del catecon,
ovvero dei principi cristiani; Carlo Magno non è un super sovrano è solo il
primus inter paribus; infatti nel Sacro Romano Impero che era una
confederazione gli imperatori erano a carica elettiva, incoronati dai Papi e non
erano investiti secondo una carica ereditaria ovvero secondo un potere dinastico
; governare I territori della confederazione competeva ai principi e non a Carlo;
il latino era la lingua universale che sigillava questa simbiosi (rapporto di
interdipendenza) Papato-Impero.
Il tiranno nel Medioevo è per l’ordinamento della terra il nemico comune
dell’impero, per l’esercizio del potere contrario all’ordine in una formazione
continua, come il pirata è per l’ordinamento del mare il nenico del genere
umano.
Schmitt analizza oltre che la disgregazione della Res pubblica crhistiana come
prima forma di separazione dell’ Impero dal Papato, la specifità del cesarismo
come forma del potere non cristiana è un fenomeno moderno che nasce dopo la
Rivoluzione francese del 1789. L’impero di Naoleone Bonaparte per
designazione popolare e non cristiana , infatti Napoleone è l’imperatore senza
l’incoronazione da parte del Papa , Napoleone non si sottopone all’investitura
della Chiesa ma si fa incoronare dai francesi. La Francia resta cattolica dopo la
strage degli Ugonotti nella notte di S. Bartolomeo , ma non accetta la
dipendenza dalla Chiesa e sostituisce ad essa un ordinamento a sovranità laicopopolare, con una Chiesa francese che godeva di piena autonomia e diventava
un organo di “polizia” con Richelieu e Mazarrino nell’ambito dello Stato. A
sancire la fine dell’ordinamento medievale in Francia sarà l’Editto di Nantes
secondo cui Enrico IV sancisce sia pure entro certi limiti, il principio della libertà
di coscienza riconoscendo a tutti I cittadini del regno la pienezza dei loro diriti
civili, indipendentemente dalla loro professione religiosa , così si superava il
principio germanico medievale del cuius regio , eius religio l’identificazione
spagnola di nazionalità e cattolicesimo, e l’analoga identificazione
dell’Inghilterra con la religione anglicana.
Dalla deteologizzazione, quindi con la formazione dello Stato laico, che non
presuppone l’unità della formazione religiosa, con il superamento del principio
medievale cuius regio eius religio , nasce il mercato, in quanto vengono rimossi i
contrasti perchè cessano le guerre civili di religione che si assomigliano a delle
faide, tra fazioni tra protestanti e cattolici etc. Ed ecco che con la gestione
dell’economia e dell’ordinamento politico del libero mercato si diffonde il
principio del “cuius regio, eius economia” che sta a significare che l’economia è
di colui il quale è la regione.
A questo diritto si oppone un diritto diverso, quello del mare che rimane l’unica
superficie spaziale libera per tutti gli Stati e aperta al commercio, alla pesca e al
libero esercizio della guerra marittimo e del diritto di preda , senza
preoccupazioni di vicinato o di confine geografico. Soggetto di questo diritto non
è lo Stato ma la società. Il mare non è nè territorio statale nè coloniale e nè
zona occupabile pertanto rimane al di fuori di ogni ordinamento spaziale statale.
L’ordinamento eurocentrico del mondo, sorto nel secolo XVI , risulta così
suddiviso in due diversi ordinamenti globali della terra e del mare.
La grande risoluzione complessiva del diritto internazionale dei secoli XVI e XVII
culminò dunque nell’equilibrio tra terra e mare , nel confronto tra due
ordinamenti che solo nella loro coesistenza piena di tensioni determinavano il
nomos della terra.
L’Inghilterra rimasta sempre fuori dalle guerre europee di terraferma , è
elemento di congiunzione e di equilibrio tra i due diversi ordinamenti della terra
e del mare, bensì proiettata verso il mare e il libero commercio sulle rotte
oceaniche, essa si presenta come una vittoria dell’economia sulla politica, della
libertà sull’assolutismo attraverso il costituzionalismo dell’Habeas Corpus e la
Rivoluzione Inglese, ciò rappresenta il trionfo della ragione, sulla follia dei
regimi continentali sempre in lite tra di loro : una vittoria, quindi, della pace
sulla guerra.
Anche se Schmitt sostiene che l’economia è una delle forme di neutralizzazione
della politica, in quanto i fattori economici distolgono lo studioso dal primato
della politica e dei processi storici.
In realtà questo Seerecht o diritto del mare esprime le grandi linee di una
politica certamente diversa da quella continentale, ma più insidiosa, fondata sul
potere marittimo, sulla superiorità economica, sull’espansionismo coloniale, sul
mantenimento dell’equilibrio tra le potenze europee (il che prefigura un diritto
di intervento sul continente); sono le linee di fondo della politica estera inglese,
anticipate dall’Utopia di Thomas More.
La forma insulare costituisce da sola una difesa naturale contro il nemico, e
rende superflua la presenza di eserciti stanziali, impedendo la nascita del
militarismo: il costituzionalismo liberale può così celebrare i suoi fasti. Ma dove
la forma continentale genera il fenomeno opposto - come in Germania - il
costituzionalismo può essere solo uno strumento a servizio della politica estera
inglese. L’avversione per il liberalismo riceve in tal modo un più saldo
fondamento materiale.
Lo sviluppo dello Stato moderno che prosegue con le scoperte e le conquiste
geografiche, con l'espansione dell'impero britannico - dominatore dei mari e del
globo - con l'esportazione del modello della civiltà europea nel nuovo mondo e
si conclude con l'imporsi dell'America come arbitra delle sorti del pianeta: sarà
paradossalmente, il Nuovo Continente - erede dello spirito occidentale, paladino
dei valori di umanità, libertà e progresso che si erano affermati in Europa - ad
avviare la dissoluzione dei principi della cultura europea.
LA QUESTIONE DI UN NUOVO NOMOS DELLA TERRA
Gli appelli di Schmitt alla dottrina Monroe (in un messaggio al Congresso del
dicembre 1823 il presidente James Monroe dichiarava che da quel momento in
poi il continente americano non doveva essere più considerato “oggetto di
futura colonizzazione da parte di nessuna potenza europea” e che gli Stati Uniti,
impegnandosi a non intaccare gli affari europei, avrebbero considerato un atto
ostile nei propri confronti ogni intervento europeo sul continente
americano.Questi principi furono noti, da allora come la dottrina Monroe) per il
riconoscimento di uno “spazio tedesco”analogo allo spazio americano non erano
disgiunti dalla consapevolezza che le due concezioni dello spazio erano molto
diverse tra loro, perchè discendevano dalla grande dicotomia “continentaleisulare”. Il concetto di politico viene in tal modo diversificato e arricchito da
Schmitt , e ancorato a due dati oggettivi : la terra e il mare.
L'espansione illimitata dei confini dell'Occidente determinerà l'eclissarsi di quel
vecchio Nomos ovvero la legge comune lo ius publicum europeo, che diventa la
sovranità e che Carl Schmitt vedeva fondato proprio sul "limite", sulla differenza
tra una pluralità di Stati diversi.
Ecco che viene ridefinito il Diritto Internazionale tra gli Stati attraverso linee di
definizione che Schmitt chiama linee di amicizia con la divisione della superficie
acquatica dopo la scoperta dell’ America.
Dura poco più di quattro secoli la storia della grandezza e del declino
dell'Europa, abbraccia un arco di tempo compreso tra l'inizio della modernità e
la fine del secondo conflitto mondiale.
Le conseguenze più rilevanti del modello politico giuridico insulare (gli Stati
Uniti) sono una criminalizzazione e una discriminazione del nemico, che non
viene più considerato justus hostis (dell’età moderna postmedioevale), ma
secondo l’ottica (kantiana) di chi non dovendo sperimentare continuamente sul
proprio corpo la dura necessità di combattere, inclina alla presunzione morale e
si erige a giudice sancendo la Germania quale:
hostis generis humani, in qunto la teoria moderna della guerra giusta (in senso
kantiano è una guerra condotta contro un nemico ingiusto che vuole
destabilizzare l’equilibrio della pace internazionale, ritornando allo stato di
natura, pertanto è giusto che gli altri stati conducano una guerra di coalizione al
fine di ristabilire l’equilibrio) mira proprio alla discriminazione dell’avversario in
quanto artefice di una guerra ingiusta, la guerra stessa diviene un crimine nel
senso penalistico del termine l’aggressore viene definito criminale nel peggiore
significato del termine, ed è posto come il pirata.
La differenza tra le guerra giusta medioevale il cui teorico è De Vitoria e la
guerra giusta dell’età contemporanea, sta che la guerra medioevale era una
guerra giusta offensiva al fine di cristianizzare ma allo stesso tempo FORNIRE
UN TITOLO GIURIDICO PER LA CONQUISTA TERRITORIALE, invece la guerra
giusta contemporanea è mossa contro chi è aggressore, contro chi spara il
primo colpo.
L’attuazione pratica di tali principi si avrà durante la I guerra mondiale, quando
gli americani, eredi della tradizione politica insulare e isola essi stessi
nell’immaginario collettivo, interverranno in aiuto degli inglesi sancendo la fine
dello “jus publicum eropaeum” e la crisi dell’eurocentrismo che sfocierà nel
totalitarismo tra il 1919 e il 1920 causa la crisi delle classi dirigenti, e con il
tramonto dell’Inghilterra allora potenza egemone e l’ascesa degli Stati Uniti al
vertice di un ‘egemonia ancora saldamente mantenuta, inoltre gli Stati Uniti si
consacrano come i gendarmi internazionali.
La guerra nei confronti degli Imperi centrali e in particolare della Germania
diventa “un atto punitivo”, un’ operazione di polizia degli Stati Uniti.
L’ordinamento sancito dallo jus publicum europaeum viene infranto con il
“Trattato di Versailles del 1919” con l’articolo 227 e 228 del trattato , che pone
sotto accusa il vecchio imperatore Guglielmo II come criminale di guerra e
responsabile morale , sulle responsabilità della guerra , e con l’articolo 231 del
protocollo di Ginevra del 1924 sulla tendenza alla criminalizzazione della guerra
di aggressione.
Alla Germania con il diktat di Versailles gli verranno imposte pesanti sanzioni, la
sottrazione dell’Alsazia e dela Lorena in favore della Francia, la cessione dei
bacini minerari della Saar e della Rhur e la smilitarizzazione del suo esercito.
La costituzione della Società delle Nazioni tenuta a Ginevra il 28 Aprile 1920
rappresentò il momento in cui con maggiore determinazione si tentò di
realizzare un’efficace razionalizzazione politica e costituzionale assoggettando a
criteri formalizzati e tali da garantire l’obiettivo supremo della stabilità sia le
relazioni internazionali che le strutture istituzionali dei singoli Stati. Nella
concezione del suo ideatore il presidente americano Thomas Wilson essa
avrebbe dovuto garantire la pace, il disarmo l’equilibrio mondiale grazie alla
messa in opera di uno strumento di gestione cocordata delle tensioni in modo
tale da fondare le relazioni tra gli Stati sui principi della giustizia e dell’onore.
Questa regola che esprimeva l’utopica aspirazione a una regolamentazione delle
relazioni internazionali fondate esclusivamente sul consenso e la speranza di
poter e sempre giungere alla risoluzione dei conflitti attraverso la mediazione e
l’accordo tra le parti determinò nei fatti la paralisi e l’inefficacia dell’organismo
impedendogli di intervenire in tutte le crisi più gravi; senza un organismo
giuridico che preveda l’applicazione di sanzioni e senza una struttura militare di
intervento. La Società delle nazioni quindi non funzionò mai secondo le
aspirazioni dei suoi fondatori tanto più che il presidente Wilson l’uomo che più
di ogni altro l’aveva voluta e che intendeva come strumento di realizzazione
della giustizia internazionale , fu posto in minoranza all’interno del suo stesso
Paese il senato degli Stati Uniti dove i repubblicani avevano ottenuto la
maggioranza si oppose alla partecipazione americana sia perchè prevalse in
molti la vecchia tendenza conservatrice all’isolazionismo e allo sfruttamento
dell’egemonia nell’area del Pacifico sia perchè si temeva un eccessivo
coinvolgimento nel’area europea giudicata esplosiva.
Purtroppo questo ritorno ad una concezione moralistica della guerra e della
politica avviene proprio nel momento in cui lo sviluppo della tecnica sconvolge i
tradizionali limiti geopolitici di terra e mare, unificando il globo in un unico
terreno di battaglia che comprende terra, acqua e aria.
Questo significa che contro un nemico, che ora viene criminalizzato possono
essere utilizzati tutti i mezzi di sterminio della guerra totale.
La politica fondata sulla giustizia non tarderà a rivelare il suo volto di Gorgone
nel secondo conflitto mondiale, nei bombardamenti a tappeto culminato con il
lancio di armi atomiche sul Giappone, e il suo vero obiettivo nell’asservimento
dell’Europa - e tendenzialmente del mondo intero - al mercato sovranazionale. Il
nomos della terra non esiste più.
Potrà mai venire un nuovo nomos ?
La via dello spirito passa anche per errori nei quali lo spirito, pur nell'errore, rimane ancora spirito. CARL SCHMITT
Il passaggio dalla guerra "di carne e di sangue" dei fanti alla guerra meccanica di von
Hammer, resa possibile dall'avanzare della tecnica alla conquista della natura, è stato
spesso interpretato come "progresso"(!). Dal dominio sullo spazio terraneo si è
passati al dominio sullo spazio marittimo e infine al dominio sullo spazio aereo.
L'aereo in guerra adempie alla sua funzione di morte in un modo tale che diventa evidente
in nesso tra l'assoluto disorientamento spaziale e il carattere di puro annientamento della
guerra aerea moderna. La morte "aerea" giunge simile ad una operazione di pulizia: non
più l'orrore, bensì l'igiene vale oggi. Un pensiero infinitamente più lucido e penetrante del
nostro può aiutarci a trovare la strada:
Non è...la stessa cosa se la struttura di un mondo industriale e tecnicizzato, che
l'uomo costruisce sulla terra con l'aiuto della tecnica, assuma quale propria base
un'esistenza terranea o invece un'esistenza marittima. Oggi sembra d'altra
parte già possibile pensare che l'aria divori il mare e forse persino anche la
terra, e che gli uomini stiano trasformando il loro pianeta in una combinazione
di depositi di materie prime e di portaerei. Vengono quindi tracciate nuove linee
di amicizia al di là delle quali cadono bombe atomiche e all'idrogeno. Malgrado
ciò noi continuiamo a nutrire la speranza di riuscire a penetrare il regno di senso
della terra, e che siano gli spiriti pacifici a possedere il regno della terra (Carl
Schmitt, I Nomos della terra nel diritto internazionale dello "jus publicum
europaeum", trad. it., Milano, Adelphi, 1991, pag. 29).
La guerra di von Hammer è guerra tecnica che ha perso ormai l'originario nesso tra
ordinamento (giuridico-internazionale) e localizzazione: il dominio non consiste più in una
concreta occupazione di terra, e nemmeno in un determinato rapporto tra terraferma e
mare. Lo spazio aereo è completamente libero, così che più nessuna distinzione esiste
tra civili e soldati quando le bombe vengono dall'alto. Solo un'unica, importante, norma
resiste del concetto classico di guerra agli inizi del Novecento: lo jus belli rimane
prerogativa dei soli Stati sovrani riconosciuti dal diritto internazionale. La rottura
dell'ordinamento terraneo avvenuta con l'irruzione della tecnica moderna è
stata parzialmente controbilanciata dalla sopravvivenza di un diritto
internazionale per il quale il concetto di nemico riveste valore giuridico, ed è
dotato di piena dignità, in un'ottica di reciproco riconoscimento esistenziale.
Le cose cambiano, e non di poco, con l'avvento della guerra terroristica nel Vietnam di
Edward Mannock (cfr. Enemy Ace, in "orto Maltese", X, n. 8 - 107 -, agosto 1992, pp. 117120; e n. 10 - 109-, ottobre 1992, pp. 28-37). Qui non solo si è sgretolata l'unità di
ordinamento e localizzazione, come già era avvenuto per von Hammer, che tuttavia, nella
asettica crudeltà della moderna guerra aerea, ancora riconosceva nel nemico un uomo. Qui
si è sgretolato anche, e definitivamente, il concetto di nemico. Il nemico è stato,
storicamente, inimicus privato, cioè nemico mio di me; ed è stato hostis pubblico, cioè
nemico in quanto appartenente ad una comunità con la quale la mia si trova in conflitto. La
guerra, nella concezione del diritto europeo classico, non è però solo violenza cieca e
arbitraria: durante il conflitto intervengono rapporti puramente formali quali le dichiarazioni
di guerra e di neutralità, i trattati di pace, gli armistizi ecc. che conferiscono pari dignità
allo straniero, nel riconoscimento dell'altro quale soggetto portatore di diritti. Oggi invece
il nemico è inimicus pubblico, contraddittoriamente denotato, e cioè nemico mio
di me in quanto ideologicamente nemico della mia comunità. un tale nemico
non ha più alcun diritto, neppure di vita, data la sua natura di ostacolo per il
raggiungimento dell'ordine mondiale definitivamente pacificato attraverso il
progresso economico. il concetto di guerra diventa discriminante proprio con la
distinzione moderna tra guerra giusta e guerra ingiusta. Ed è attraverso il concetto
di guerra giusta che oggi viene giustificato, a tutte le latitudini, l'impiego dei moderni mezzi
di sterminio. il nemico viene connotato ideologicamente, diventando così di volta in volta il
comunista, l'ateo, il fascista, il pacifista, il capitalista e così via. Unico minimo comun
denominatore di tutte queste distinzioni: il nemico deve essere totalmente estirpato dalla
faccia della terra. Tutti gli schemi sono così saltati: niente più justus hostis, niente
più justum bellum, ma solo nemici-criminali da eliminare. Contro il nemico vanno
intraprese azioni di disinfestazione sociale sotto forma di guerra totale e di annientamento.
Si perde così l'idea della limitazione della guerra:
Le odierne scienze naturali forniscono a ogni detentore del potere strumenti e
metodi che trascendono il concetto di arma e, con esso, anche quello di guerra.
lo sviluppo dei moderni messi di annientamento si accompagna al mutamento di
significato della guerra. Anzi, lo rafforza ancora di più. Fino ad oggi esso è
andato di pari passo con il corso della criminalizzazione (Carl Schmitt, Il Nomos
della terra, cit., pag. 410).
La guerra terroristica è il punto di arrivo delle trasformazioni del concetto e dell'avvento
della tecnica nella modernità. Nella Sconosciuto di Magnus questo processo è
rappresentato al culmine della sua disgregazione interna, con la raggiunta dissoluzione
delle categorie dello straniero e del nemico. In Largo delle tre api e in Full Moon in
Dendera tutti sono contro tutti: francesi contro inglesi, arabi contro americani, vescovi
contro vescovi, con contorno di servizi segreti e agenzie di spionaggio, aristocratici
archeologi e integralisti islamici, mercenari di mezzo mondo e semplici ladri di polli.
Nessuna limitazione della guerra vale in questo scenario nel quale prende corpo il problema
(strettamente moderno) della "qualità" delle armi:
La limitazione dei mezzi di annientamento e la limitazione della guerra
riguardano...- oltre che il diritto di preda e il rapporto con la popolazione colpita
dalla guerra - anche la questione della guerra giusta. Tale questione presenta
due diversi aspetti: quello del nemico giuridicamente riconosciuto, distinto dal
criminale e dal bruto, cioè dello justus hostis, e quello della giusta causa, la
justa causa. Entrambi gli aspetti della questione sono in collegamento specifico
con il tipo delle armi. Se le armi sono in modo evidente impari, allora cade il
concetto di guerra reciproca, le cui parti si situano sullo stesso piano. E' infatti
proprio di tale tipo di guerra il fatto che si dia una certa determinata chance, un
minimo di possibilità di vittoria. Se questa viene meno, l'avversario diventa
soltanto oggetto di coazione. Si acuisce allora in misura corrispondente il
contrasto tra le parti in lotta. Chi è in stato di inferiorità sposterà la distinzione
tra potere e diritto negli spazi del bellum intestinum. chi è superiore vedrà
invece nella propria superiorità sul piano delle armi una prova della sua justa
causa e dichiarerà il nemico criminale, dal momento che il concetto di justus
hostis non è più realizzabile. La discriminazione del nemico quale criminale e la
contemporanea implicazione della justa causa vanno di pari passo con il
potenziamento dei mezzi di annientamento e con lo sradicamento spaziale del
teatro di guerra. Il potenziamento dei mezzi tecnici di annientamento spalanca
l'abisso di una discriminazione giuridica e morale altrettanto distruttiva (Carl
Schmitt, Il Nomos della terra, cit., pp. 429-430).
La guerra si è trasformata in guerra civile, in azione di polizia. Il nemico non è più investito
di riconoscimento giuridico, così che a lui non viene più attribuita alcuna dignità. Il
problema non è quello della violenza: i morti sono sempre morti, in qualunque epoca e in
qualunque forma. Ciò che è qui centrale è l'immagine che la civiltà occidentale ha di se
stessa. cioè, in un certo senso, il problema dell'ideologia.
Enemy Ace ha il merito di descrivere poeticamente uno dei punti di passaggio dalla guerra
statale tra eserciti istituzionalmente funzionanti alla moderna guerra terroristica. Lo
Sconosciuto rappresenta invece la realtà di un mondo sclerotizzato in una violenta
freddezza calcolante che non conosce nobiltà d'animo: solo in alcuni personaggi di frontiera
si rintracciano intermittenti concessioni "liriche". In questo mondo, la morte arriva con i
princìpi della catena di montaggio: la crudeltà e l'orrore sono, come nel passato, il sintomo
dell'assenza della ragione, sono espressioni organiche della moderna razionalità calcolante.
Per trovare un'interpretazione romantico-avventurosa della guerra dobbiamo rivolgerci agli
Scorpioni del deserto di Hugo Pratt, e in particolar modo al tenete Stella e al maggiore
Fanfulla, italiani del corno d'Africa, che io voglio immaginare nostalgicamente assorti sotto
la luna del caldo golfo di Ras Doumeira. Non so se una guerra così "bella" è mai esistita: è
però sicuramente esistita una cultura per la quale valeva, anche in guerra, un codice
d'onore, un nobile sentimento umano, l'ironia, il gusto del "gioco", il rispetto per il nemico
inteso come uomo. Così, in una ideale enciclopedia fenomenologica della guerra, i tre
romanzi a fumetti - Gli scorpioni del deserto, Full Moon in Dendera, Enemy Ace: War Idyll sarebbero necessariamente presenti per la loro reciproca complementarità.
Il giurista, Karl Schmitt (1888-1985) s'impegna invece ad analizzare il rapporto
tra Stato totale, guerra totale e nemico totale. La mobilitazione totale ha il suo
presupposto nello Stato totale. Ma solo con l'esperienza della guerra anche lo
Stato totale può raggiungere una particolare intensità in contrapposizione alla
semplice estensione dei suoi interventi e delle sue ingerenze (Schmitt, 1972).
La vicenda del conflitto mondiale mostra come la semplice progressione degli
eventi bellici sia in grado di mutare nel volgere di pochi anni intensità e natura
di un rapporto di ostilità: entrate quasi per caso, sulla base di un'inimicizia
ancora convenzionale, in una belligeranza che si prevedeva di breve durata, le
potenze europee sono venute a trovarsi inavvertitamente "nella totalità della
guerra, nel senso che la guerra di combattimento continentale, militare, e la
guerra inglese, extramilitare, marittima, economica e di blocco, si sono
reciprocamente stimolate (passando per le rappresaglie) ed hanno spinto verso
la totalità ... In tal caso quindi la totalità della guerra non scaturì da una
precedente, totale, ostilità, ma, anzi fu la totalità dell'ostilità a crescere da una
guerra che gradualmente diveniva totale" (Schmitt, 1972: 194). Da questa
totale ostilità sarebbero germinate le forme della mobilitazione politica
totalitaria.
Con lo sviluppo tecnologico dei primi decenni del secolo si arriva alla conquista
militare di una nuova dimensione, quella dell'aria, e con essa al superamento di
barriere naturali che operavano nel senso di una moderazione delle ostilità. La
guerra aerea infrange definitivamente l'equilibrio tra terra e mare su cui si era
retto il diritto internazionale moderno e segna un ulteriore passo sulla via verso
la guerra totale. Certo, nella natura della guerra sui mari era a ben vedere già
implicita la tendenza a un superamento degli ordinamenti spaziali in
conseguenza delle nuove possibilità di estensione del conflitto sulle grandi vie
di rifornimento commerciale. Infatti, nonostante che i suoi apologeti, da Alfred
Thayer Mahan (1840-1914) in avanti, affermino il carattere meno cruento e
distruttivo della battaglia navale, la guerra marittima contiene già, in virtù del
totale disinteresse della potenza autrice di un blocco navale a mantenere la
sicurezza e l'ordine all'interno della zona bloccata - obiettivo che è invece
sempre imposto a ogni potenza occupante un territorio -, "elementi della pura
guerra di annientamento" (Schmitt, 1991: 424). Solo con la guerra aerea si
arriva però alla vera totalizzazione del conflitto. La guerra totale mondiale è
prima di ogni altra cosa, dal punto di vista geopolitico, guerra fra potenze che
esercitano la loro sovranità su grandi spazi: solo l'impiego di mezzi di
distruzione aerei permette la conduzione di un tipo siffatto di guerra, in grado di
coinvolgere, con una velocità che non ha precedenti nella storia, l'intero
pianeta. Con ciò i tradizionali teatri di guerra e istituti giuridici come l'occupatio
bellica perdono quella centralità che il diritto internazionale loro assegnava, con
il conseguente venir meno di un insieme di garanzie dello jus in bello che si
riferivano alla distinzione tra combattenti e popolazione civile. Nei
bombardamenti delle città e dei centri industriali la criminalizzazione del
nemico è portata alle sue estreme conseguenze (Schmitt, 1991: 297).
Ma la crisi del nomos della terrra non viene solo dal mare. Essa sorge anche dal
ventre stesso della terra, perchè si collega ad una guerra, come quella
partigiana, che ha essenzialmente carattere tellurico.Se la guerra partigiana
viene spinta oltre i suoi limiti naturali, che sono essenzialmente difensivi (la
difesa del terreno dell’invasore, come nel caso della guerriglia spagnola contro
Napoleone), essa si trasforma come accade nella dottrina leninista e maoista in
guerra di annientamento, condotta in base al presupposto di combattere per
una justa causa. Anche in questo caso, quindi il nemico viene discriminato e
criminalizzato, e siamo nuovamente al di là dello jus publicum europaeum.
L’aspetto più interessante della teoria del partigiano tuttavia è che essa
soprattutto se affrontata al nomos della terra mette in crisi lo stesso concetto
schmittiano di politico. La guerra partigiana infatti essendo in maniera esplicita
e senza le ipocrisie anglosassoni una lotta di annientamento, esibisce ed esalta
al massimo grado i caratteri essenziali del politico :il valore e l’intensità con la
quale viene vissuta la consapevolezza del non valore del nemico. Ora è evidente
che contrapponendo alla guerra partigiana lo jus publicum eropaeum Schmitt
prende le distanze in realtà dal concetto stesso di politico. Le guerre statali
regolate dallo jus publicum eropaeum sono infatti la perfetta antitesi della
guerra partigiana , perchè sono guerre “non partitiche” (le guerre dell’assolutismo
non possono che essere conflitti interstatali perchè lo Stato assoluto nasce proprio
eliminando i partiti . La nascita della guerra totale insulare da un lato, e della guerra totale
tellurica partigiana dall’altro, avviene in entrambi i casi , anche se in modo diverso
all’insegna della rivincita sullo Stato di forze che nascono dalla società, ma il cui carattere
politico implicito o esplicito che sia traspare sempre più chiaramente) in queste guerre
non partitiche è impossibile individuare una justa causa, perchè entrambi i
contendenti hanno “buone ragioni” per farsi la guerra e quindi sono entrambi
justi hostes. L’interrogativo di Erasmo cui non videtur causa sua justa?, muove
dalla rinascita “pirroniana”avviata in età moderna in virtù della quale il
postulato della justa causa viene disgregato da riserve di carattere agnostico e
scettico.
L’apologia dello jus publicume eropaeum getta nuova luce sulla trattazione del
politico. La connessione fra guerra partigiana, guerra giusta e guerra totale ma
soprattutto l’esperienza catastrofica della guerra totale hitleriana alla quale lo
stesso Schmitt aveva offerto un fondamento teorico fa venire in piena luce la
distruttività insita potenzialmente nel politico, al punto da spingere Schmitt ad
auspicare un abbassamento di grado di intensità del conflitto. Il modello ideale
del raffraddemento del politico è indicato appunto nello jus publicum eropaeum
e nelle guerre razionali dell’età barocca e del Rococò. Parallelamente, Schmitt
passa dalla Wertbehauptung alla Wertfreiheit di Weber, intesa come libertà dai
valori, perchè aizzano la battaglia e tengono desta l’inimicizia (la teoria dei
valori celebra i suoi trionfi nel dibattito sulla questione della guerra giusta) .
Le preferenze di Schmitt sembrerebbero andare così negli ultimi anni della sua
attività intellettuale verso un politico di basso profilo .
Nello straordinario affresco di Il nomos della terrra, pubblicato nel 1950
(Adelphi, 1991), Schmitt ne descrive i momenti fondamentali, ma già negli studi
degli anni Trenta su Le categorie del politico (il Mulino, 1998), ne aveva
individuato la successione delle quattro fasi salienti, scandite nel passaggio dal
"teologico", al "metafisico", al "morale-umanitario" all'"economico".
C'è un filo rosso che dalle prime ricerche degli anni Venti dedicate alla
genealogia teologica del politico fino agli ultimi scritti percorre per intero
l'itinerario del controverso giurista tedesco.
Si tratta della riflessione sul diritto pubblico internazionale.
Se da una parte l'attenzione alle trasformazioni dell'ordine mondiale costituisce
uno degli elementi di evidente continuità e di maggiore attualità del pensiero di
Schmitt, quello geopolitico è uno degli aspetti meno studiati della sua opera.
Schmitt internazionalista definisce il concetto, cruciale nella sua concezione
degli equilibri interstatali, di Nomos (che significa "legge e ordinamento" ma
anche "presa di possesso e suddivisione dello spazio" sovranità).
Il filosofo e giurista tedesco Carl Schmitt elaborò negli anni Trenta una
rappresentazione complessiva di questa misteriosa qualità neutrale, che gli
uomini europei hanno inventato e poi inseguito nella loro storia reale a partire
dal Rinascimento. Nel breve scritto L’era delle neutralizzazioni e delle
spoliticizzazioni (1929) egli ne dà incisivamente un’idea, descrivendo l’ultima
fase di questo sviluppo - quella oggi in atto.
Si tratta di un brano un po’ lungo, ma che merita di essere riportato
estesamente:
In verità positivamente non si può affermare più di questo: che l’umanità
europea ha compiuto, dal XVI secolo, parecchi passi da un centro di riferimento
all’altro e che tutto ciò che costituisce il contenuto del nostro sviluppo culturale
si trova sotto l’influsso di quei passi. Negli ultimi quattro secoli della storia
europea la vita spirituale ha avuto quattro centri diversi, e il pensiero dell’élite
attiva, che costituiva il gruppo di punta nei diversi momenti, si è mosso, nei
diversi secoli, intorno a centri di riferimento diversi. [...] La successione - dal
teologico, attraverso il metafisico e il morale, fino all’economico - significa nello
stesso tempo una serie di progressive neutralizzazioni degli ambiti dai quali
successivamente è stato spostato il centro. [...] l’umanità europea cercava un
terreno neutrale dove la contesa venisse meno e fosse possibile intendersi,
unirsi e convincersi a vicenda. [...] Ma è proprio dalla dialettica di uno sviluppo
di questo tipo che attraverso lo spostamento del centro di riferimento si
costituisce un nuovo terreno di lotta. Nel nuovo centro, da principio ritenuto
neutrale, si sviluppa immediatamente con nuova intensità la contrapposizione
degli uomini e degli interessi, e precisamente in modo tanto più violento quanto
più si prende possesso del nuovo ambito di azione. L’umanità europea migra in
continuazione da un campo di lotta ad un terreno neutrale, e continuamente il
terreno neutrale appena conquistato si trasforma di nuovo, immediatamente, in
un campo di battaglia e diventa necessario cercare nuove sfere neutrali. [...]
L’evidenza della fede, oggi così diffusa, nella tecnica dipende solo dal fatto che
si poté credere di aver trovato nella tecnica il terreno assolutamente e
definitivamente neutrale. Infatti apparentemente non vi è nulla di più neutrale
della tecnica. Essa serve a tutti, allo stesso modo come la radio dev’essere
impiegata per notizie di ogni tipo e di ogni contenuto o come la posta compie le
sue spedizione senza riguardo al contenuto e dalla tecnica dell’azienda postale
non può derivare nessun criterio valido per la valutazione e il giudizio sul
contenuto della spedizione richiesta. Nei confronti delle questioni teologiche,
metafisiche, morali ad anche economiche, intorno alle quali si può discutere
all’infinito, i problemi puramente tecnici hanno qualcosa di serenamente
concreto; essi conoscono soluzioni plausibili ed è comprensibile che si pensasse
di salvarsi dalla problematicità inestricabile di tutte le altre sfere, ricorrendo al
tecnicismo. Su questo piano sembrano potersi unire rapidamente tutti i popoli e
le nazioni, tutte le classi e le confessioni, tutte le età e i sessi, poiché tutti si
servono con la medesima ovvietà dei vantaggi e delle comodità del comfort
tecnico. [...] La sfera della tecnica sembrava essere una sfera di pace, di
comprensione e di riconciliazione. Ma la neutralità della tecnica è qualcosa di
diverso dalla neutralità degli altri centri finora venuti alla ribalta. La tecnica è
sempre soltanto strumento ed arma e proprio per il fatto che serve a tutti non è
neutrale. Dall’immanenza del dato tecnico non deriva nessuna decisione umana
e spirituale unica, men che meno quella nel senso della neutralità. Ogni tipo di
civiltà, ogni popolo ed ogni religione, ogni guerra ed ogni pace può servirsi come
arma della tecnica. Che gli strumenti e le armi divengano sempre più utilizzabili
rende soltanto più grande la probabilità di un loro impiego reale. [...] la tecnica
stessa resta, se così posso dire, culturalmente cieca. (Schmitt, 1984)