TOKIDOKI Los Angeles by Brad Swonetz ERIC SCHMITT Paris by
Transcript
TOKIDOKI Los Angeles by Brad Swonetz ERIC SCHMITT Paris by
VU00807D0000_000001PORTFOLIO 12-06-2008 12:20 Pagina 37 TOKIDOKI Los Angeles by Brad Swonetz ERIC SCHMITT Paris by Serge Leblon Il nome è Simone Legno, nasce a Roma ma vive da qualche anno a Los Angeles. Artista, designer e figlio d’arte, è il nuovo interprete del lifestyle brand e pervasive merchandising. Famoso in Giappone al pari delle rock star per essere il responsabile della rinascita delle borse LeSportsac by Tokidoki, il suo marchio che nasce per caso e per passione nel 2003 dopo anni di web-design e graffiti. «Anch’io come tutti mi sono fatto anni di gavetta come grafico e creativo per clienti come Mtv Singapore, John Galliano, Champion, Toyota, Renault, Volkswagen e, in Italia, Alice. Poi i proprietari dei cosmetici Hard Candy hanno visto il mio sito e hanno deciso di investire su di me». Dopo l’esperienza con LeSportsac e un contratto di distribuzione in Italia con il Gruppo Fornari, Simone crea una sua linea di urban toys, i Cactus Friends, seguito dopo dalle iconiche e italianissime Moofia, un branco di mucche mafiose alla ricerca di pace e giustizia il cui capobranco è Mozzarella. «Colleziono toys da sempre, sono un appassionato e avido ricercatore di Mazinga e robot di quel periodo. Non credo sia importante il campo in cui si produce arte, basta essere fedeli a se stessi, all’immagine e al messaggio che si vuole diffondere». Tra i progetti che l’hanno lanciato c’è il contratto che lo unisce con la più grande marca di sneakers giapponesi, Onitsuka Tiger. «Ma un motivo d’orgoglio è anche collaborare con Yuko Yamaguchi, la creatrice di Hello Kitty, il mio mito da sempre». (Camicia e cravatta Altea) Roberto Croci È difficile scovare Eric Schmitt. È un personaggio solitario che vive in uno mondo a sé, pensa e realizza quasi per se stesso, rinchiuso nella foresta di Fontainbleau. Nato nel Sud della Francia, ha conosciuto soprattutto le pianure nascoste del Poitou, cavalcando in campagna. Poi verso la fine degli anni 70 il giovane autodidatta parte per Parigi, si trasforma in punk e rastrella con i suoi gruppi, Casino Music e Bella Vista, i primi sussulti di underground francese, lavorando come deejay ai Bains. Non si può catalogare né come designer, né come scultore, ma è grande conoscitore di una tradizione molto francese, l’Art Déco. Così nel bel mezzo degli anni 80 produce lui stesso nel suo atelier opere in ferro battuto che entreranno, insieme a quelle di Garouste e Bonetti, alla galleria “En attendant les barbares” di Parigi. «Un’epoca più di esposizioni che di concretizzazioni», dice. Dopo un passaggio alla galleria Néotu, i suoi mobili assumono una dimensione molto diversa: cancella le curve e s’ispessisce in un lavoro di bronzo patinato che rende più virili tutte le sue produzioni. Dà vita a forme quasi “aggiustate” con materiali recuperati, un’eleganza che ha preso la gravità delle sculture di Henry Moore. Dietro la purezza delle linee, l’opera di Schmitt è da scoprire, anche se già approvata dai grandi artigiani del lusso come Daum o da architetti rinomati. (Giacca Trussardi; camicia Dior Homme; cravatta e pantaloni Hermès. Creative editor Vincent Darré) Fabrice Paineau