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INDICE INTRODUZIONE .................................................................................................................................... 2 CAPITOLO I - ETÀ CLASSICA ............................................................................................................. 5 1. LA DONNA NELL'ANTICA GRECIA .................................................................................................................. 5 2. LA DONNA NELL'ANTICA ROMA ........................................................................................................................ 11 3. MEDIOEVO ................................................................................................................................................. 17 CAPITOLO II - ETÀ MODERNA.................................................................................................................... 22 1. 1600 ................................................................................................................................................. 22 1.1 Il Preziosismo .................................................................................................................................. 26 2. 1700 ................................................................................................................................................. 29 2.1 Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina .................................................................... 33 CAPITOLO III - ETÀ CONTEMPORANEA ........................................................................................ 42 1.1 1800 ................................................................................................................................................. 42 1.1 The Cult of True Womanhood e le quattro virtù cardinali ............................................................... 47 1.2 Dichiarazioni dei Sentimenti ........................................................................................................... 58 1.3 I primi movimenti femministi e il suffragio universale .................................................................... 61 2. 1900 ........................................................................................................................................................ 64 2.1 Le trasformazioni della Prima Guerra Mondiale ............................................................................ 73 2.2 Dalla Prima Guerra Mondiale al Fascismo .................................................................................... 75 2.3 Seconda ondata del movimento femminista ..................................................................................... 82 2.4 Breve storia dell'aborto nel mondo ................................................................................................. 86 CAPITOLO IV - LA PAROLA ALLE AUTRICI ................................................................................... 96 1. LA CRITICA LETTERARIA FEMMINISTA ......................................................................................................... 107 CONCLUSIONE .................................................................................................................................. 112 SEZIONE IN INGLESE ....................................................................................................................... 114 INTRODUCTION ................................................................................................................................ 115 1.1 1800 .................................................................................................................................................... 118 1.1 The Cult of True Womanhood and the four cardinal virtues .......................................................... 119 1.2 The Declaration of Sentiments ...................................................................................................... 126 1.3 The first feminist movements and the universal suffrage ............................................................... 128 2. 1900 ...................................................................................................................................................... 130 2.1 Second-wave Feminism ................................................................................................................. 131 2.2 Brief history of abortion in the world ............................................................................................ 133 3. GIVING THE FLOOR TO THE AUTHORS............................................................................................................... 137 3.1 Feminist literary criticism ............................................................................................................. 144 CONCLUSION ..................................................................................................................................... 147 SEZIONE IN TEDESCO...................................................................................................................... 149 EINLEITUNG ...................................................................................................................................... 150 1. 1900 ...................................................................................................................................................... 154 1.1 Die zweite Welle des Feminismus .................................................................................................. 155 2. DAS WORT HAT SIMONE DE BEAUVOIR ............................................................................................................ 158 FAZIT ................................................................................................................................................... 163 BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................. 166 1 INTRODUZIONE Dal punto di vista etimologico il termine donna deriva dal latino domina (Signora). Fino alla fine del Duecento il termine per indicare la donna era femmina. Per le lingue che derivano dal latino, la parola muta: femme (femmina) per il francese, mentre mujer in spagnolo e mulher in portoghese (moglie); in inglese woman che potrebbe essere la contrazione di wife e man; in tedesco frau (signora). Diverse accezioni. Simili significati. Nei vocabolari il termine donna viene subito associato ad una proprietà dell'uomo. In questo processo di mistificazione della donna, gli uomini hanno giocato il ruolo principale. Sin dai Romani la vediamo messa in disparte, segregata nella sua dimora. Accusata di non poter comprendere fino in fondo le leggi, è stata sempre considerata inferiore. Con i Greci la situazione non migliora, anzi. Aristotele si fa consigliere dei mariti e pubblica un documento, presente nel suo Trattato sull'economia, ove elenca i doveri che una donna avrebbe dovuto osservare dopo il matrimonio. Quello che ne emerge può essere ovvio, e cioè deve essere remissiva, ubbidiente, priva di interessi politici e completamente devota al marito. I secoli passano. Si arriva al Seicento e di diritti ancora non se ne parla anzi, sembra che la condizione femminile non vuole migliorare. Bisogna arrivare al 1700 per iniziare a scorgere quel sentiero che poi si aprirà nel secolo che seguirà. Mary Wollstonecraft e Olympe de Gouges gettano le basi di quello che un giorno sarà chiamato femminismo. Quelle basi che, poi una volta solidificate, daranno luce nel 1800 alle associazioni femminili e alla mobilitazione per ottenere il diritto al voto. 2 In questo secolo però se da un lato c'erano donne volenterose e decise a guadagnarsi il suffragio universale, dall'altra parte gli uomini preparavano la loro prossima mossa per far tornare a tacere il sesso femminile, costruendo quel culto della “vera femminilità” che si prolungherà sino al 1900. Una volta che il suffragio universale è stato ottenuto in tutto il mondo (o quasi), il Novecento rappresenta la rivincita delle donne e le rivede pronte a combattere per un'altra causa: la libertà sulla propria persona e sul proprio corpo. Nel presente studio, che vuole indagare la presenza delle donne nella società, nella politica, nella letteratura a partire dell'Età Classica arrivando alla fine del Novecento, si cercherà prima di tutto di definire i termini entro i quali questa discussione debba svolgersi: termini temporali, spaziali ma anche concettuali. Non possiamo infatti parlare di letteratura femminile in riferimento ad opere prodotte in un contesto in cui le donne non venivano considerate o istruite, né si può pensare di analizzare allo stesso modo testi troppo lontani poiché non si ha una vera e propria autorevolezza. Sarà necessario limitare lo studio alle sole opere maggiormente di rilievo e soprattutto prodotte nel secolo passato, poiché sono le uniche che possono avvicinarsi (più o meno) a quello che definiremo Gender Studies. Ci limiteremo, allo stesso tempo, a studiare alcuni esempi di autori internazionali (e non) del Novecento, per svelare in che modo essere donna, nell'accezione di essere inferiore all'uomo, abbia condizionato la componente artistica e ideologica della loro intera esistenza e produzione. Il primo tassello da mettere sarà relativo al ruolo di donna nella famiglia, trattando con un tocco più storico la sua posizione sociale; posizionando il primo pezzo si potrà iniziare a comprendere il suo disagio per poi passare al secondo tassello, la donna impegnata 3 attivamente nella propria causa di rivendicazione. Si cercherà però di fare un passo avanti rispetto alla sola esplicazione della figura della donna nel corso dei secoli; cercando infatti di individuare, nelle diverse opere scelte, il complesso meccanismo della malinconia e della segregazione sociale che coinvolge prima le suffragette, poi le femministe del Novecento; si parlerà di come Simone de Beauvoir in Il Secondo Sesso si interroga e cerca di rispondersi sul perché le donne si trovano da che si ha memoria in una condizione di subordinazione e inferiorità, per poi passare a Betty Friedan in La Mistica della Femminilità che invitava a trovare una soluzione individuale, cioè a non scegliere necessariamente, ma piuttosto a coniugare carriera e famiglia, si accennerà a Luce Iragaray e alla sua Teoria della differenza, all'Intertestualità di Julia Kristeva, al Cyber-femminismo di Donna Haraway, poi alla Queer Theory di Teresa de Laurentis; citeremo Alice Schwarzer con La piccola differenza e le sue conseguenze enormi, Judith Butler con la sua riflessione sul concetto di “corpo” e la Ginocritica di Showalter, per poi concludere con La pazza in soffitta di Sandra Gilbert e Susan Gubar in cui si affronta il tema del processo di produzione di una scrittrice e alla sua lotta interiore per cercare una propria identità. L'analisi delle opere e più in generale della figura della donna sarà poi il nostro tentativo di riportare alla luce documenti, citazioni, autori e autrici, lotte e movimenti poco noti, eppure importantissimi. Il rischio più grande sarà quello di creare una visione parcellizzata e non dialogica sia del soggetto sia della storia e della letteratura. Abbiamo sempre tenuto in mente questo rischio durante la stesura di questa breve studio sulla condizione, sulla figura e sulla storia delle donne nel mondo occidentale. 4 Capitolo I - Età Classica 1. La donna nell'antica Grecia Nel mondo greco, dal VII al IV secolo a. C., la donna veniva considerata un “dono grazioso”. All'età della nascita delle polis, la donna aveva un ruolo completamente differente da quello dell'uomo. Questi ricoprivano ruoli dominanti nella vita sociale, culturale, politica, economica e trascorreva giornate di svago tra agorà, i simposi e i ginnasi, quando non era impegnato in guerra. A differenza, la donna era esclusa dalla vita pubblica e viveva nel gineceo, la parte della casa ad essa destinata: tesseva, filava e si dedicava alla cura dei figli; dal punto di vista giuridico, dipendeva dal padre, dal marito o dal figlio maschio maggiorenne. Più era di condizione elevata, meno era la sua libertà. La donna nobile, destinata a sposarsi, poteva uscire solo se accompagnata dalle ancelle e la loro unica funzione era di procreare figli legittimi. Atene, città dell'apertura e del cambiamento. Sparta, città della chiusura e dell'immobilismo.1 Queste due polis presentavano uno statuto della sposa e della sua dote (ovvero, le ricchezze che l'accompagnavano) diverso uno dall'altra, proprio perché le due città interpretavano la comunità cittadina con concezioni diverse. Sparta aveva deciso di concedere l'appartenenza alla comunità cittadina ai soli possessori di terreni (ai spartiati che dominavano i territori limitrofi e le sue colonie). Atene, dopo la rivoluzione democratica di Clistene e le riforme di Pericle, Sarah Pomeroy, Donne in Atene e Roma, Torino, Einaudi,1978 1 5 rifiutava di adottare criteri economici ed oligarchici per stabilire criteri dei diritti politici legati alla cittadinanza (assegnata anche agli stranieri residenti). La condizione della donna nelle due polis, però, risulta inversa a quella che si può immaginare. Nella città madre della democrazia, Atene, le donne trascorrevano una vita più sottomessa al potere maschile. A Sparta, la donna aveva un rapporto paritario nei confronti dell'uomo. Sin da bambina si esercitava nella lotta, nelle gare di corsa, nel lancio del disco e del giavellotto ed era educata come i maschi. Gli antichi usavano ripetere scandalizzati che a Sparta le donne erano più libere che altrove. Molto probabilmente, la loro libertà dipendeva dal fatto che non era così predominante la loro concezione di famiglia come in altre città della Grecia. L'educazione dei figli era affidata alla polis e i mariti vivevano in comunità, esercitandosi all'arte militare. Le ragazze erano solite danzare e cantare alle feste sotto gli occhi maschili: cosa inconcepibile per le donne di Atene, Corinto o Mileto. Dunque, la donna spartana era “una donna sportiva” e capitava che alla formazione atletica era connessa anche la nudità, altro fattore che le altre città criticavano. La formazione atletica veniva presa molto seriamente, poiché integrava la donna negli ideali della comunità: per generare bambini sani, destinati a divenire forti guerrieri, era indispensabile che anche le donne avessero una corporatura robusta e ben allenata. La donna partecipava all'ideale eroico della comunità, ove l'allenamento fisico, l'arte militare e la guerra contribuivano al successo della società: se il guerriero mostrava il proprio coraggio sul campo di battaglia, la donna s'imponeva nel momento del parto. 6 La donna spartana si sposava un po' più tardi delle altre donne dell'antica Grecia, non era sottoposta all'autorità del coniuge, disponeva autonomamente dei propri beni e se riceveva un'eredità, poteva amministrarla personalmente. Le donne dell'aristocrazia dominante erano padrone della loro persona e del loro corredo matrimoniale, e godevano di maggiore libertà. Libere di uscire di casa, frequentare palestre, scuole, danze, cori, teatri, vita culturale, religiosa e persino pubblica, anche se escluse da tutti i diritti politici e di governo. Sia le donne greche che spartane avevano riconosciuta la condizione di libertà, ma non potevano partecipare alle assemblee, né accedere alle cariche politiche. Invece ad Atene, la sposa oltre ad essere legata ad una dote in denaro, era sottoposta all'autorità maritale. La donna ateniese era, dunque, costretta entro rigide regole e resa vittima dell'introduzione della democrazia. Il matrimonio legittimo2 era la base della famiglia e solo la figlia del “cittadino” poteva divenire moglie a tutti gli effetti di un altro “cittadino”. Per ottenere un'esistenza sociale riconosciuta doveva mettere al mondo figli legittimi. La sua persona veniva paragonata ad una “cosa”, un oggetto e faceva parte delle ricchezze del marito, siccome il suo scopo (agli occhi degli uomini) era solo quello di procreare, viveva una vita segregata e vegetativa. L'introduzione giuridica del matrimonio monogamico3 non favorì la donna, ma aumentò l'emarginazione femminile: l'uomo era l'unico padrone indiscusso. Nella Grecia classica, il matrimonio era un atto giuridico in cui gli sposi non si sposavano l'un l'altro, ma la sposa veniva "consegnata" allo sposo dal suo tutore, il kýrios. La lingua comune, infatti, designava questo atto con i verbi dìdomi ed ekdìdomi, che significano proprio "dare, consegnare". 3 Se il sesso maschile è a strutturare la parentela: la relazione parentale si dice agnatica e la filiazione si dice patrilineare. 2 7 Il matrimonio d'amore non era contemplato, anzi veniva considerato un vero e proprio contratto giuridico (ovviamente dal padre della sposa) in cui tutti gli obblighi ricadevano solo sulla moglie4. Il marito, d'altro canto, poteva ripudiarla e tenersi i figli al solo patto di restituirle la dote. Quindi, solo nel caso fosse stata cospicua poteva essere “un'arma” a favore della donna5. Contrariamente, se l'istanza di divorzio era voluta dalla moglie raramente veniva accolta; solo dopo aver dimostrato al giudice provate sevizie gravi o infedeltà che provocasse scandalo6. «... Abbiamo cortigiane per il nostro piacere, concubine per esser ben curati e mogli perché ci diano figli legittimi e siano guardiane fedeli del focolare» Demostene. La concubina era spesso una schiava, viveva nella casa coniugale, aveva l’obbligo di fedeltà verso l’uomo, al quale poteva dare dei figli: a questi erano riconosciuti dalla legge alcuni diritti, ma in misura inferiore rispetto ai figli legittimi. L’etèra era una “compagna”, una cortigiana, spesso di cultura elevata, di cittadinanza straniera, con la quale l’uomo poteva intrattenere una relazione sessuale ma anche intellettuale e per la sua prestazione era retribuita. In genere, non godeva di buona reputazione e il suo ruolo era oggetto di riprovazione sociale e non era ritenuto adatto alle donne ateniesi; mentre la moglie restava all’interno delle Modernamente non sarebbe un vero "contratto" perché non prevede il consenso esplicito della parte femminile direttamente interessata: la futura moglie. Il potere del padre ad agire in nome della figlia sarebbe giustificato unicamente dalla giovanissima età della stessa, come di norma accadeva. 5 Simile norma era già presente nell'antichissimo Codice di Hammurabi. 6 La "Medea" di Euripide descrive il caso. 4 8 mura domestiche, l’etèra poteva accompagnare l’uomo in pubblico e nei banchetti. Inoltre, erano donne a cui era concessa libertà di ricevere visite in casa propria, partecipavano a feste e conviti e avevano disponibilità economica; alcune di loro si rivelarono donne brillanti. Illustre per la sua arte e le sue poesie fu Saffo, che cantò l’amore nei suoi aspetti più passionali. Fra le etère più famose si ricorda senza dubbio Aspasia, originaria di Mileto, una donna nota per la sua relazione con il celebre personaggio politico Pericle; per la sua cultura e per la capacità oratoria era addirittura ritenuta “maestra” di molti uomini politici e di intellettuali. In Plutarco, Vita di Pericle, 24, si legge: «Quanto ad Aspasia, dicono che essa conquistò l’amore di Pericle per una certa sua saggezza ed acutezza politica. Lo stesso Socrate la frequentava talvolta, insieme con i suoi discepoli, e gli intimi conducevano da lei, ad ascoltarla, perfino le loro mogli, sebbene non esercitasse una professione decorosa né rispettabile, perché educava nella sua casa delle giovani etere». L'età delle promesse spose si aggirava intorno ai quindici e sedici anni, mentre per i giovani non era solito e ritenuto inopportuno un matrimonio prima dei trent'anni (età tassativa per gli spartani). Soprattutto ad Atene, l'uomo greco si appropriava della moglie senza chiederle di essere la sua compagna di vita, ne pretendeva grazia, interessamento, amore e intelligenza; la moglie, in pratica, non era che la persona di cui l'uomo aveva bisogno per perpetuare la propria famiglia per la polis e di adempiere al suo dovere sociale e biologico di riprodurre la specie. Tutto ciò rese ovvio che l'uomo diffidasse da una donna colta ma, anzi, si ricercava una fanciulla poco istruita, che sapesse il meno possibile, ma che avesse pudore, fedeltà e osservanza nei doveri di madre e di padrona di casa. Infatti, doveva nutrire e allevare i propri figli, doveva vigilare sugli schiavi e amministrare cibo e 9 lavori domestici, oltre che tessere e filare, si occupava del bucato e se qualcuno in casa si ammalava, aveva funzioni di infermiera. Molto spesso aveva anche l’ordine di svegliare gli schiavi e assegnar loro i vari compiti. Documento: I doveri di una buona moglie Il filosofo Aristotele (IV sec. a.C.) elenca i doveri ai quali le donne si sarebbero dovute attenere dopo il matrimonio. Dalla lettura del brano emerge il ritratto ideale della donna greca in età classica: remissiva, ubbidiente, priva di interessi politici, completamente consacrata alla vita del marito. «Una buona moglie bisogna sia signora di quanto è dentro casa, non ammettendo nessuno nell’interno se il marito non ne abbia dato ordine. Essa deve esercitare il controllo sulle somme spese per le feste che il marito avrà permesso, tenendosi però e nelle spese e nell’abbigliamento e nella preparazione, al di sotto di quel che anche le leggi della città indicano, considerando che né la ricerca di vesti superiori per bellezza né l’abbondanza di oro contribuiscono tanto all’onore di una donna quanto la modestia in ogni azione e il desiderio di una vita onesta e ben regolata.[...] in tutto il resto badi a obbedire al marito non prestando attenzione a nessuno degli affari politici, né voglia occuparsi di quel che riguarda il patrimonio. Ma quando il tempo esige di dare ad altri i propri figli e di ricevere (un genero o una nuora), allora pure obbedisca al marito in tutto e insieme a lui, se lui avrà dato delle istruzioni, pensando che non è tanto brutto per l’uomo fare una delle cose di dentro casa, quanto per la donna di immischiarsi in quelle di fuori. La donna veramente ordinata deve pensare che i costumi del marito sono imposti come legge alla sua vita e se li sopporta con pazienza e sottomissione reggerà la casa 10 facilmente, in caso contrario con difficoltà. Per questo bisogna ch’essa abbia un’anima sola con lui e gli obbedisca nei suoi voleri, non soltanto quando si dà il caso che il marito sia in condizioni di prosperità e in buona fama, ma anche nelle avversità. Essa deve quindi pregare perché la sfortuna non cada sul marito, ma ritenere che, se un male gli capiti, è qui la lode più alta d’una brava sposa, al pensiero che Penelope non si sarebbe meritata tante grandi lodi se fosse vissuta con uomini fortunati: ora invece le sventure di Odisseo procurano a lei ricordo immortale.» Aristotele, Trattato sull’economia, III, 140-142. 2. La donna nell'antica Roma Nell’antica Roma la donna è considerata quasi pari all'uomo: i genitori hanno gli stessi obblighi nei confronti dei figli e la donna può accompagnare il marito ad eventi sociali, a condizione che mangi seduta e non, come è solito per gli uomini, sdraiata. La donna viene molto rispettata soprattutto nel suo ruolo di “domina” (signora della casa), che si occupa della famiglia e dei figli. Quindi, i suoi compiti riguardavano le faccende domestiche, educare i figli, recarsi nei luoghi pubblici, come le terme, il circo, il teatro. Malgrado la sua sottomissione al marito, la donna romana ha accesso ai luoghi frequentati dagli uomini. Col passare del tempo, continua ad acquisire nuovi diritti: le ereditiere hanno la possibilità di scegliere i loro tutori tra persone di fiducia e, talvolta, possono divorziare dai loro mariti. Nell'antica Roma era sempre sotto tutela, infatti, passava dalla tutela 11 genitoriale a quella del marito. Nel diritto romano si nota che le regole mettono l'uomo come il capo indiscusso nella società, con un potere di vita e di morte (“ius vitae ac necis”), padrone della casa e della familia e della servitù. Quindi, il pater familias7 (col suo potere assoluto, natura et iure) ha dei privilegi in quanto ha la possibilità di essere titolare dei propri beni, a differenza della donna che non può possedere qualcosa di proprio. Dal punto di vista giuridico le donne non avevano molti diritti. Soltanto l'uomo gode dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, percorrere la carriera politica, il cursus honorum8). La donna era considerata incapace di poter comprendere fino in fondo le leggi e i propri diritti e doveri. Era considerata inferiore mentalmente, debole sessualmente e leggera d’animo. Questo la poneva in una condizione di inferiorità e pertanto doveva sottostare alla volontà di un uomo che doveva esercitare su di lei le funzioni di tutore. La tutela doveva essere esercitata dal padre, poi il marito e, all'eventuale morte del marito, il parente maschio più prossimo. Si può ricavare la posizione giuridica della donna nell'antica Roma da una legge che figura nelle XII Tavole9: «Feminas, etsi perfectae aetatis sint, in tutela Espressione, equivalente all’ital. «Padre di famiglia», che, nella famiglia romana, indicava colui che, non avendo più ascendenti vivi in linea maschile, era il capo della famiglia, acquistando un complesso di poteri sui filii familias («figli di famiglia») e sui servi, che si riassumevano nel termine giuridico di manus o potestas (il potere invece sulle cose, o sui filii familias altrui, venduti o consegnati in espiazione di un delitto commesso, era detto mancipium). Enciclopedia Online Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/adrogatio/ 8 È la successione ordinata delle diverse magistrature o delle diverse cariche, politiche, municipali, o collegiali, rivestite da personaggi dell'età romana. Risponde, per le magistrature, al certus ordo magistratuum, di cui discorrono Cicerone (De lege agr., II, 9, 24) e Callistrato (Dig., L, 4, 14, 5) o all'honorum gradus, di cui discorre Livio (XXXII, 7, 10). Enciclopedia Online Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/cursus-honorum_(Dizionario-di-Storia)/ 9 Le leggi delle XII tavole sono state definite «primitive e crudeli»: sancivano il potere assoluto del padre di famiglia sulla moglie e sui figli, ritenuti sue proprietà (al punto da consentirgli di vendere i figli); confermavano il diritto di vendere come schiavi i debitori insolventi, proibivano i matrimoni tra patrizi e plebei. 7 12 esse, exceptis virginibus Vestalibus»; ovvero, “è stabilito che, sebbene siano di età adulta, le donne devono essere sotto tutela, eccettuate le vergini Vestali10” (che erano sotto la tutela del Pontefice Massimo). Si tratta delle sei vergini Vestali, incaricate di sorvegliare il fuoco del focolare pubblico, conservato nel santuario di Vesta, e di preparare la mola salsa11, da spargere sugli animali destinati al sacrificio. La matrona aveva un grande prestigio dal punto di vista etico-sociale; acquisiva grande potere ed era molto rispettata all'interno del nucleo familiare. Per questo motivo che veniva chiamata “domina”. È con la legislazione attribuita a Romolo che si instaura una definita situazione iniqua nel rapporto tra i sessi. Infatti, le limitazioni alla capacità giuridica della donna romana viene spiegata dai giuristi latini con accezioni negative come l'ignorantia iuris (ignoranza della legge), imbecillitas mentis (inferiorità naturale), infirmitas secus (debolezza sessuale), levitatem animi (leggerezza d'animo). Le donne romane non avevano diritto ad un proprio nome e nel caso lo avessero non doveva essere conosciuto, se non dai familiari più stretti, e non doveva mai essere pronunciato in pubblico12. Al di fuori dell'ambiente domestico, il nome era sostituito da un cognomen, quello della gens paterna con le aggiunte per distinguerla dalle sorelle, secondo l’ordine di nascita: Maxima, Maior, Minor oppure Prima, Seconda, Tertia, o con un soprannome per le sue caratteristiche fisiche: Rutilia o Fulvia (di capelli rossi), Murrula (bruna), Burra (tenera). Col nome di virgines Vestales si designavano le sacerdotesse addette al culto di Vesta. Enciclopedia Online Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/vestale_(Enciclopedia-Italiana)/ 11 Mola salsa: Era farro abbrustolito cosparso di sale, usato nei sacrifici romani. 12 A differenza di quella romana, la donna etrusca poteva essere identificata anche col nome della madre, poteva partecipare ai banchetti sdraiandosi sui letti con gli uomini (mentre a Roma le donne dovevano stare sedute), si occupava di affari pubblici, discutendo di politica (anche se non poteva votare né essere eletta), usciva di casa quando voleva, talvolta era libera di scegliersi lo sposo e in genere aveva una libertà che scandalizzava molto gli scrittori greci e romani, che descrissero gli etruschi come un popolo privo di moralità. 10 13 Alla nascita, infatti, venivano assegnati tre nomi al maschio: il praenomen (p. es. Marco; in tutto erano circa una ventina), il nomen (p. es. Tullio) e il cognomen (p. es. Cicerone); e uno solo alla femmina, quello della gens, al femminile, a cui apparteneva. Quindi, la donna non era considerata come singolo individuo ma parte del nucleo familiare. La donna si occupava della casa, ma spesso figuravano la filatura e la tessitura tra le sue attività. Le donne di rango sociale più elevato talvolta potevano ricoprire cariche sociali e religiose. Erano considerate donne di inferiore estrazione sociale quelle provenienti dal mondo teatrale, dal circo e le prostitute. Ad esse non era permesso di indossare la stola (usata dalle matrone) e non potevano contrarre matrimoni legittimi. Il peggior trattamento era riservato alle concubine, che erano straniere, dovevano essere fedeli all'uomo, dovevano avere il volto coperto in pubblico e occuparsi delle faccende domestiche. Le matrone romane sono spesso dipinte come donne paffute ma le signore dell’epoca tendevano tutte a conquistare una magrezza tipica delle adolescenti. Usavano degli espedienti, definiti da Ovidio “gli ingannevoli artefici”. Quando il seno era troppo grande ricorrevano alle fasce di cuoio lo strophium e sui fianchi il subligar o la zona, per ridurne l’evidenza. Dice ancora Ovidio: “Le nostre ragazze sono costrette dalle loro madri ad avere spalle cascanti e seno schiacciato, perché sembrino magre. Se le vedono un po’ troppo in carne dicono che assomigliano ai lottatori da fiera e le riducono il cibo. In questo modo, anche se posseggono grazie naturali, le fanno diventare dei fuscelli, ma è proprio così che piacciono.” La vita sottile è sempre stata importante nella storia dell’attrazione erotica, 14 in parte perché è una caratteristica tipicamente adolescenziale, e quindi è collegata con la verginità. Vi erano tre tipi di matrimonio nell'antica Roma: la conferreatio, che era caratterizzata dal rito della divisione delle focacce di farro, la cerimonia della coemptio (vendita simulata) e la cerimonia mediante usus (coabitazione per un anno), che considerava la donna come un qualunque altro bene posseduto dall'uomo. Una donna romana poteva essere ceduta dal padre al marito già a 12 anni, ma troviamo iscrizioni funerarie che citano fanciulle sposate a 10 ed 11 anni. I romani si sposavano soprattutto per garantirsi una discendenza, mentre sul piano della sessualità avevano atteggiamenti liberi, almeno da parte degli uomini, la cosa diventerà reciproca in epoca imperiale. In ogni caso il pater familias, marito o suocero, aveva su di lei un potere, manus, che per un'antica legge dei tempi di Romolo comportava almeno in due casi diritto di vita o di morte: quando la moglie era sorpresa in flagrante adulterio e se aveva bevuto vino. Si dice che l'uomo tornando a casa controllasse l'alito della moglie, come dire che poteva ucciderla impunemente con la scusa del vino. Le lodi alle donne nelle epigrafi romane non riguardavano mai la sua intelligenza o cultura, ma solo quanto avevano servito e amato marito e figli e quanto avevano accudito la casa. Tra le loro virtù spicca il lanificium, tradizione della matrona, consistente nell'occuparsi, come la Lucrezia del racconto liviano, della filatura e tessitura della lana per i vestiti dei membri della famiglia. Questa virtù figurerà in molti ritratti femminili anche nel corso degli anni, quando ormai la donna romana – come dice Plutarco della nobile Fulvia - «badava a ben altro che a 15 filare o a rassettare la casa». Citando un'epigrafe romana dell'età dei Gracchi (II secolo a. C.). «Hospes13, quod dico paulum est, adsta ac perlege. Hoc est sepulcrum haud pulchrum pulchrae feminae. Nomen parentes nominarunt Claudiam. Suum maritum corde dilexit suo. Gnatos duos creavit. Horum alterum in terra linquit, alium sub terra locat. Sermone lepido, tum autem incessu commodo. Domum servavit. Lanam fecit. Dixi. Abi.» «Straniero, ho poco da dirti, fermati e leggi. Questa è la tomba non bella di una donna bella. I genitori la chiamarono Claudia. Amò sinceramente il marito. Fece due figli. Di questi, lasciò uno ancora in vita, l'altro è sottoterra. Piacevole nel parlare, elegante nell'incedere. Custodì la casa. Filò la lana. È tutto. Puoi andare.» Tra presenza e marginalità, non sembra comunque lecito descrivere il modello femminile romano in chiave completamente autonoma: passione, coraggio e devozione muliebre acquistano la loro significanza nel rapporto interpersonale Hospes: «O straniero!». È la lapide stessa che parla rivolgendosi al passante. 13 16 con l'uomo, rispetto al quale la condizione della donna assume, a vari gradi, il proprio carattere di indispensabilità. 3. Medioevo L'età medievale concepiva la società in tre ordini: quelli che combattono, quelli che pregano e quelli che lavorano14; le donne costituivano una categoria a sé. L'immagine della donna è un prodotto della mentalità maschile. Dovevano obbedire a regole e comportamenti basati sul pregiudizio che fosse inferiore e dovesse sottomettersi all'uomo: prima al padre, poi al marito e persino ai figli. Benché socialmente poco visibile, era un'intermediaria fondamentale: con la prole garantiva la riproduzione della stirpe e la trasmissione dei patrimoni accumulati. La vita pubblica era proibita e le sue mansioni erano la cura della famiglia e dei figli. Ad influire sulla concezione medievale della donna furono certamente le parole di San Paolo che sanciva l'inferiorità femminile rispetto a quella maschile. «Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia.» S. Paolo, Colossesi. Nel diritto canonico, infatti, se fino a San Tommaso la donna era stata “cosa necessaria all'uomo”, con i Padri della Chiesa divenne “la porta dell'inferno”. La Chiesa e l'aristocrazia, d'altro canto, creano il culto di due ItaliaMedievale: http://italiamedievale.org/sito_acim/contributi/stimoli_medioevo.html 14 17 distinte figuri femminili: la Vergine e la dama dell'amor cortese. Esclusivamente esse avevano una superiorità sull'uomo: oltre alla Vergine, che ovviamente è venerata dalla Chiesa e dai credenti, la dama aristocratica diventa la signora del cuore, la padrona dell’amante. Nel torneo il cavaliere serviva la donna eletta con la stessa umiltà con cui il vassallo serviva il signore. La nascita di una bambina era sempre vista male, come una disgrazia, e provocava nei padri l'angoscia per la dote, che le avrebbero dovute fornire. Accolta male, nutrita male e vestita peggio dei suoi fratelli, la sua vita era vista come votata a due sole attività: le cure casalinghe e la procreazione. L'educazione femminile era quasi totalmente trascurata e le ragazze vivevano sempre chiuse in casa, fatta eccezione per i momenti in cui accompagnavano la madre nella chiesa parrocchiale. Si cercava di non lasciare mai del tempo libero alle ragazze, poiché l'ozio era ritenuto un cattivo consigliere. Apparentemente timida e riservata, la ragazza medievale viveva tutta la sua vita in sudditanza, e questo valeva per qualsiasi ceto di appartenenza. È certo che alcune donne più forti riuscivano a liberarsi, ma in generale la vita che conducevano era assai misera. Nella società medievale il matrimonio serviva ad assicurare la discendenza e per migliorare e consolidare la posizione sociale ed economica famigliare. Era il passo decisivo nella vita di un individuo: non era determinato dall’amore, ma da precise strategie di alleanze. La posizione che le donne dovevano occupare nel mondo dipendeva dagli accordi presi dai genitori. Dopo aver raggiunto l’accordo si passa alle promesse verbali, attraverso la consegna dei pegni, l’anello, l’anticipo della dote, il contratto. Seguivano poi le nozze, mediante le quali gli sposi si insediavano nella nuova casa: il pane e il vino 18 erano divisi con gli ospiti e un corteo accompagnava gli sposi verso la casa. Il rito nuziale era la conclusione di una trattativa: l’intervento della Chiesa aveva lo scopo di orientare la vita degli individui nell’intimo e nelle coscienze. Le più fortunate divenivano le padrone del focolare domestico, ma nella maggior parte dei casi si spostavano a casa dei suoceri, dove dovevano subire l'autorità della nuova famiglia e dove potevano essere sorvegliate in assenza del marito. Bisogna notare anche che, mentre l'adulterio delle donne o i rapporti prematrimoniali, erano puniti o con un'ammenda o con la morte per fuoco. Le donne sposate dovevano spesso convivere e tollerare la presenza di schiave, amanti del marito e di figli bastardi. Le mogli potevano inoltre essere ripudiate per sterilità, ma potevano loro stesse divorziare se il marito non era in grado di dar loro dei figli o se questi avesse dissipato la loro dote, bene inalienabile che doveva tornare interamente alla moglie dopo la morte del marito. Furono molti gli uomini che scrissero libri per insegnare alle donne come comportarsi. Questo è un estratto di come un anziano marito istruisce la giovanissima moglie sul comportamento da tenere per strada: «Quando vai in città o in chiesa, vai convenientemente accompagnata da donne onorate secondo la tua condizione, e fuggi qualsiasi compagnia sospetta, senza mai permettere che una donna malfamata sia vista vicino a te. E mentre cammini porta la testa alta, le palpebre abbassate, senza sbatterle e guarda dritto davanti a te, senza guardare in su, e sbirciare qua e là. E senza fermarti a parlare con nessuno per strada...»15 Dal Ménagier de Paris. Cortigianamilla. medioevo.html 15 http://cortigianamilla.blogspot.de/2013/07/il-ruolo-della-donna-nel- 19 La vita pubblica delle donne medievali era assai limitata. Alle donne era vietato esprimersi in pubblico, tanto che, anche nelle cause legali, queste dovevano farsi rappresentare da un uomo, ossia dal padre, dal marito o dal parente maschio più vicino. Le ragazze che non venivano date in moglie a nessuno, se non erano messe a servizio, venivano mandate nei conventi. Queste vocazioni forzate, spesso non erano gradite dalle giovani donne. Si hanno testimonianze posteriori di suore scrittrici (Suor Maria Clemente Ruoti), che si lamentano della vita del convento. Bisogna però dire che la clausura ha rappresentato, per lungo tempo, l'unica possibilità, per una donna, di accedere alla cultura. I conventi servivano anche da ricovero per le donne bisognose. A partire dagli inizi del XIII secolo, comparvero molte fondazioni di ordini e di monasteri per donne. Queste comunità femminili di religiose vivevano soprattutto grazie ai compensi ricavati dall'artigianato e dalla cura dei malati. Per quanto riguarda i lavori femminili, nelle botteghe cittadine, verso la fine del Medioevo, si trovavano molte donne lavoratrici: merciaie, venditrici di merletti, guanti, cinture, borse, cappelli, tessitrici di lana, canapa e seta. Spesso gli atteggiamenti degli uomini ai lavori femminili era sfavorevole: per esempio nel 1344, i cinturai di Londra stabilirono che nessun artigiano del settore permettesse a una donna di lavorare con lui, a meno che non fosse la moglie o la figlia. Nelle fonti vengono citate donne impegnate in numerosi lavori in campagna: ad eccezione dell’aratura dei campi, esse erano impegnate nella coltivazione di piselli e fagioli, nella battitura del grano, nella costruzione di covoni, nella tosatura delle pecore, nella raccolta di ortaggi e nella mungitura delle mucche. 20 Con il mito della strega, Qualsiasi donna che godesse di qualunque tipo di indipendenza poteva essere considerata strega. Gli inquisitori credevano che le donne che restavano fuori dal controllo maschile fossero elementi perturbatori dell’ordine sociale stabilito. Donne sole, nubili o vedove, povere, vecchie, straniere, malinconiche, guaritrici, lo spettro poteva essere vario. Le donne senza uomini, nubili o vedove, con più di quarant’anni, facilmente potevano essere considerate streghe, ma molte anche erano sposate, giovani... Molte streghe erano donne che avevano o mostravano indipendenza, che erano disposte a replicare e a difendersi. In Inghilterra le donne che sapevano nuotare erano considerate streghe, giacché se sapevano nuotare era perché l’acqua le rifiutava. In molti casi le streghe erano donne di estrazione contadina o povera. Questo è certo per la maggior parte delle guaritrici, anche se ce n’erano di condizione sociale benestante. Le guaritrici di estrazione povera e contadina lavoravano per la comunità, per le classi popolari. In generale erano le uniche ad assistere i poveri. Geograficamente, la caccia alle streghe cominciò sulle montagne tedesche e italiane, espandendosi poi rapidamente dentro e fuori tali paesi, in Francia, Inghilterra, nel nord Europa, in Spagna. 21 Capitolo II - Età Moderna 1. 1600 Nella società rinascimentale, sempre di stampo patriarcale, l'identità familiare dipendeva esclusivamente dalla linea di discendenza maschile. Cosa non da poco quando erano da ereditare imperi, castelli e terre. Sotto questo quadro giuridico una figlia fungeva esclusivamente a saldare, ereditariamente parlando, i beni comuni delle famiglie. Come le donne dell'età antica, la donna rinascimentale non era libera di scegliersi il marito, che ovviamente le era assegnato dal padre quando le figlie erano ancora bambine. Bisogna dividere in due momenti la condizione della donna di ceto elevato del periodo rinascimentale: nel primo, in giovane età, è asservita agli interessi della famiglia di origine il matrimonio visto come alleanza, o la vita di clausura per non disperdere il patrimonio; nel secondo, in età più tarda, assolto il dovere di procreare la prole per la dinastia acquisita, può disporre liberamente della propria libertà e delle sue sostanze seguendo gli interessi culturali e le inclinazioni sociali amate e perseguite. Castità, pudore, obbedienza e silenzio. Questi erano i valori su cui si fondava l'impostazione educativa impartite alle ragazze. Rinchiuderle in uno schema repressivo per renderle “mogli perfette”. Nell’opera Consigli a una moglie giovane, Ludovico Dolce presente la sua idea di matrimonio come mezzo per dirigere nella vita sociale la forza sviante della figura femminile per fare in modo che la sua imperfezione naturale possa disciplinarsi alla presenza dell’universo maschile. Durante tutta l'infanzia e l'adolescenza, la preoccupazione fissa di ogni 22 ragazza destinata a sposarsi era quella della dote. La dote era il corredo economico-materiale (soldi liquidi, beni, proprietà immobiliari, titoli e privilegi) che una donna aveva da presentare al marito al momento del matrimonio. Questo sistema, proprio della cultura greca e latina, era sparito nel primo medioevo per poi ricomparire nel XII secolo con la funzione giuridica di sancire il completo distacco della donna dalla linea paterna e di conseguenza la perdita di ogni possibile futuro diritto (soprattutto in tema di eredità) sul patrimonio paterno. Con l’affermarsi della società mercantile la dote divenne un impegno così grosso che a Firenze venne istituito, nel secolo XV, il “Monte delle doti”, una specie di banca comunale, alla quale i genitori versavano i risparmi per formare, a poco a poco, la dote delle figlie. La donna, divenuta moglie, usava rivolgersi al marito con espressioni di rispetto ed era tenuta all'obbedienza. Gli svaghi, le feste e gli incontri erano rari anche per le donne di rango più elevato; la propria vita trascorreva tra le mura domestiche. Uscivano di casa soprattutto per le cerimonie religiose. Essere madre durante il Rinascimento non era uguale per tutte. La classe sociale era fondamentale; le nobildonne rimanevano incinte prestissimo in un periodo compreso tra gli ultimi anni dell'adolescenza e i venti anni, al contrario, le popolane e le contadine aveva il primo figlio dopo i venticinque anni. Il normale intervallo tra un figlio e un altro era di almeno due anni dovuto al periodo di infertilità durante l'allattamento che poteva durare dagli uno ai due anni. Telaio, fuso, ago erano gli strumenti comuni a tutte le donne di ogni ceto 23 sociale. Nel Nord Europa, le donne potevano entrare nelle corporazioni, lavorare come venditrici di bottega e artigiane. Vi sono documenti che dimostrano, che a Parigi e Strasburgo, la presenza di donne in vari rami del commercio. In Italia non erano ammesse occupazioni autonome, ma dal Medio Evo fino al Quattrocento le mogli dei mercati, soprattutto del settore tessile, si interessavano anche all'attività commerciale, poiché la bottega era annessa alla casa. Quando, durante il Rinascimento, decadde il lavoro della bottega artigiana, le donne borghesi, che non potevano lavorare fuori casa, si trovarono in una condizione di maggiore dipendenza. Sebbene nel Rinascimento l'istruzione femminile venisse considerata un'inutile perdita di tempo, nel Cinquecento cominciarono a nascere istituzioni scolastiche riservate alle donne (media borghesia) che, oltre a governare la casa, imparavano anche a leggere e a scrivere, come in una vera e propria scuola. L'educazione vera e propria cominciava ai tre anni. Leggere e scrivere sono le basi; poi l'apprendimento del latino, del greco, di lingue straniere e delle arti. Importante per le bambine imparare le buone maniere, i comportamenti da tenere in società, le regole da seguire a corte, devono saper conversare in modo intelligente e sapere l'arte del governare. Inoltre, vengono istruite nella musica, nel canto, nella danza; essere attraenti è l'arma migliore. Completano la loro formazione il saper cavalcare e l'andare a caccia. L'aumentare dei salotti culturali nelle corti italiane ed europee, patrocinate da patrizie, duchesse, governatrici e regine dove fino alla seconda metà del XVI secolo circolano liberamente non solo opere artistiche e letterarie ma idee di riforma 24 religiosa e politica. I palazzi (hôtel) delle signore, dove aprivano i loro salotti (salon), erano costruiti in maniera tale che l'ala dedicata alla padrona di casa fosse, in genere, del tutto autonoma e separata dall'ala abitata dal signore, di modo che la sua autorità potesse “prevalere” nel suo salotto e non incrinata dalla presenza del padrone di casa. Questi salotti sono luoghi di cultura e circoli politici dove le donne leggono i giornali, prendono parte a dibattiti, scrivono pamphlet e diffondono le loro opinioni; persino le donne del popolo, non colte e ricche, prendono parte a questa rivoluzione guidando in prima fila le sommosse e le proteste in piazza e scrivendo insieme agli uomini le loro rivendicazioni sui Cahiers de Doléances16. La cultura femminile, più che in altri periodi storici, è concentrata in molti nomi portatori di un pensiero innovativo. In questi salotti, le donne discutono di cosa sia il modello di vita per una dama e per un gentiluomo e scrivono, molto. Ad esempio, possiamo pensare ai testi di Mademoiselle de Scudéry17 o quelli Madame de La Fayette18. Queste nuove forme di incontri, di ragionamenti e di scrittura contribuirono I Cahiers de Doléances, nella Francia prerivoluzionaria, erano quaderni per ciascuno dei tre ordini (clero, nobiltà e la borghesia, ossia «terzo stato») nei quali venivano raccolte le lamentele e le proposte da presentare al sovrano. 17 Madeleine de Scudéry, conosciuta soprattutto come Madamoiselle de Scudéry è una scrittrice francese vissuta nel XVII secolo. Soprannominata «Saffo», abituale frequentatrice dell'Hôtel de Rambouillet prima di aprire, nel 1652, un proprio salotto letterario che diede a lungo il tono al Preziosismo, del quale fu una delle più note esponenti. 18 Marie-Madaleine Pioche de la Vergne, conosciuta come Madame de La Fayette dal cognome del marito, ebbe un matrimonio di interesse. Visse prima in campagna insieme al marito, poi tornò a Parigi e divenne dama di corte di Enrichetta d'Inghilterra. Le opere di Madame de La Fayette, che aveva iniziato a frequentare i salotti delle Preziose e a partecipare alle loro conversazioni, non saranno mai firmati sia perché risultato finale di un’opera collettiva sia per la reticenza dell’autrice. 16 25 alla creazione di un tessuto vasto e fitto di discorsi, di scritti e piccoli manuali che “regolamentavano” il comportamento della civiltà negli usi e costumi. L'amore, per queste dame, stava nella prova di fedeltà che l'uomo doveva superare per conquistare l'amore di una donna. Era da loro preso a modello l'amore cavalleresco. Dunque, dall'ambiente dei salotti nacque un movimento, che divenne uno stile di vita, una moda culturale, una precisa posizione di pensiero e di politica: il Preziosismo, e le donne che ne fecero parte furono chiamate le Preziose. 1.1 Il Preziosismo Dai salotti francesi si diffonde nella prima metà del XVII secolo, la letteratura del Preziosismo, che culmina negli anni '50-60. Allarga il pubblico, incide sul costume, e dà spazio ai temi della rivendicazione di tipo femminili sul matrimonio, l'educazione e l'amore. E ne scaturisce l'affermarsi di una lingua classica formalmente controllata. Il termine “précieuse” (preziosa) comparve intorno al 1654 per indicare il tipo di donna che frequentava i salotti aristocratici e dell'alta borghesia. Il fenomeno, inizialmente, si sviluppò nei “salons” (salotti) nati a inizio secolo come una forma di opposizione dell'aristocrazia tradizionale alla politica monarchica, che intendeva allargare l'élite del potere ad altri gruppi sociali (alta borghesia, nobiltà di provincia). Si collegava alla tradizione medievale della cortesia, che promuoveva l'amore e la raffinatezza, ma partecipava anche al culto seicentesco della forma. Ostile alla pedanteria, privilegiò la semplicità elegante della lingua e delle maniere 26 e perseguì l'adozione di un lessico puro, con termini aulici e, quindi, privo dei vocaboli bassi e ordinari. Linguaggio arcaico ispirato alla "grandeur" medievale, neologismi motivati dalla necessità di profonde analisi dei sentimenti e delle passioni, neoplatonismo e un po' di giansenismo erano gli ingredienti della sua raffinata "virtù ". Le letture, le conversazioni mondane, le esperienze d'amore diedero un valore più elevato al “gusto”. Il ruolo delle donne nella concezione dell'amore fu evidenziato nella formazione dell'atteggiamento prezioso. Prendendo spunto dalla tradizione cortese, l'amore era un'esperienza spirituale, una “tenera amicizia”, distinta dalla sessualità e più ancora dal matrimonio. Il preziosismo lasciò una traccia indelebile sulla cultura francese del secondo Seicento, soprattutto, per quanto riguarda la formazione di una lingua classica depurata e preziosa. Il termine “preziose” riporta erroneamente all'aggettivo “ridicole”, reso popolare dalla commedia di Molière, Le preziose ridicole (1659). Una rilettura della loro storia, le preziose risultano essere uno dei gruppi più interessanti e sorprendentemente moderni tra quelli che si possono definire protofemministi. Occupandosi dei salotti, le donne capivano che la riservatezza permetteva loro una maggiore coscienza di sé stesse, delle proprie capacità e del loro potere; in questi salotti la “parola” era importante, lo testimoniano le innovazioni linguistiche e letterarie. Già a partire dal 1618 Madame de Rambouillet, annoiata dalla rudezza dei costumi e dai modi di fare della corte di Enrico IV decise di ritirarsi a vita privata e 27 di aprire il suo salone. A causa della sua salute precaria, iniziò ad invitare nella sua stessa casa (l'Hôtel de Rambouillet – situato ove ora sorge il Palais-Royal19) nel luogo soprannominato “la chambre bleue” (la camera azzurra) per via dell'arrendamento. La stanza era stata progettata proprio dalla duchessa stessa, riceveva i suoi ospiti distesa sul letto e la ruelle, ovvero lo spazio tra il muro e il letto, era riservato alle donne. Questa sala fu descritta da Madeleine de Scudéry come “uno dei posti meglio pensati al mondo. […] Tutto è magnifico da lei: le lampade sono diverse dagli altri luoghi […]; l'aria è sempre profumata; numerose magnifiche composizioni fanno la primavera nella sua camera...”. Gli allievi della scuola Camondo di Parigi hanno realizzato un plastico che mostra la “chambre bleue”. Le pareti della stanza hanno un rivestimento molto decorato, il letto è a baldacchino e affiancato da due paraventi mobili. Nel gran letto della parata della chambre bleue, la marchesa – d'inverno, si avvolgeva in pellicce, poiché allergica al calore, non accendeva il camino nella sua stanza - riceveva sdraiata e i suoi ospiti si riunivano intorno a lei nelle due ruelles. Le “preziose” parlavano dei più svariati argomenti, si raccontavano storie in maniera piacevole e brillante cercando di dare prova del proprio esprit, fornendo definizioni e repliche e facendo nascere l'imprevisto. Discutevano di linguistica, suonavano strumenti e facevano letture e discorsi su soggetti prefissati ma soprattutto parlavano dell'amore. Il Palais-Royal è un edificio che sorge a Parigi, situato nel 1er arrondissement della città, difronte all'ala Nord del Louvre. Ospita il Consiglio di Stato ed il Consiglio costituzionale, oltre ad una sala della Comédie-Française chiamata Salle Richelieu. È classificato come Monumento storico della Francia dal 1994. 19 28 2. 1700 «La donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell'uomo. L'esercizio dei diritti naturali della donna non ha altri limiti se non la perpetua tirannide che le oppone l'uomo. Questi limiti devono essere infranti dalle leggi della natura e dalla ragione.» Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina, Olympe de Gouges Tra il 1600 e il 1700 in Europa, in modo particolare in Francia, vi è stato un periodo di trasformazione delle consuetudini, che regolano i rapporti tra donne e uomini. Il padre ancora aveva il potere sulla figlia. Alla sua morte la figlia passava sotto la tutela del maschio della famiglia che aveva ereditato la patria podestà. Le uscite, per le ragazze di buona famiglia, erano aumentate rispetto al passato. Se nel Medioevo e nel Rinascimento, le donne potevano essere solamente intraviste durante le funzioni religiose, nel Settecento le dame avevano la possibilità di incontrare il loro futuro marito ai ricevimenti, ai concerti o, se erano recluse in convento, durante le commedie messe in scena nel parlatorio del chiostro. Nel 1700 in tutta Europa, inizia a diffondersi una nuova corrente di pensiero: l'Illuminismo. Kant lo definisce come «l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a sé stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. […] Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza!»20 Quindi, libertà e uguaglianza sono le parole 20 Tratto dal suo scritto del 1784, «Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?» 29 chiave di questa corrente. Probabilmente la parola cittadino veniva vista dagli illuministi allo stesso modo di Diderot: sostantivo maschile concesso anche alle donne e ai bambini soltanto in qualità di membri della famiglia di un cittadino propriamente detto, ma questi non sono dei veri cittadini. Alle donne non vengono legalmente riconosciuti i diritti politici del cittadino, voluti dall'Illuminismo, e sembra che il nuovo ordine politico sia riservato esclusivamente agli uomini. Le signore dell'aristocrazia sono escluse dai centri politici di potere però questo non le impediscono di partecipare alla vita pubblica del loro paese, così iniziano a riunirsi nei salotti. Naturalmente già in precedenza i loro salotti erano aperti a incontri e a feste, ma da questo momento alcune signore decisero di cambiare. Le cene, le feste, gli incontri non ebbero più il solo scopo di divertirsi, ma quello di incontrarsi – sia donne che uomini – per discutere sulla morale, sulla verità, sulle abitudini di vita femminili e maschili però sempre godendosi il tempo trascorso insieme. Intanto, in America, nel 1776 si assiste a decise ma individuali azioni di impronta femminista, come quella di Abigail Adams che chiese ad un membro del Congresso di tenere conto, nel nuovo Codice delle leggi, dei diritti delle donne: ovviamente non venne prese in considerazione. Per quanto riguarda la situazione oltre Manica, Mary Wollstonecraft (175997), madre della celebre Mary Shelley (autrice di Frankenstein), denunciava nel suo saggio I diritti delle donne (1792) che la condizione di inferiorità femminile è prodotta e perpetuata dal fatto che le donne sono tenute nell'ignoranza di sé e della 30 realtà. Wollstonecraft argomentava che se le donne sono considerate cittadine quando devono pagare le tasse o quando vengono condannate in tribunale per i reati commessi, allora devono godere anche del diritto di gestire i propri beni e di votare. Fu proprio in nome di questi argomenti che nacque e si organizzò il movimento per la concessione del suffragio alle donne, il quale tuttavia raggiunse il suo obiettivo nei vari paesi europei solo nel corso del Novecento. La rivendicazione del suffragio fu un tema che mobilitò soprattutto le donne borghesi mentre, come vedremo, quelle proletarie chiedevano soprattutto parità di trattamento economico e minore sfruttamento sul lavoro. La tesi fondamentale sostenuta in I diritti delle donne è che non esiste un’inferiorità naturale e insanabile della donna rispetto all’uomo, ma che questa condizione è insegnata alle donne da una educazione che ne esalta gli aspetti sensuali ed emotivi, creata apposta per compiacere l’uomo. Le donne quindi sono capaci di vedere sé stesse solo con occhi maschili e accettano di reprimere la razionalità che è in loro, pensandosi alla stregua di esseri inferiori; in tal modo rinunciano a interessi e occupazioni considerate unicamente maschili ma che le donne stesse, al di fuori della cultura dominante, potrebbero egregiamente svolgere. Testo tratto da I diritti delle donne: […] Quelle del mio sesso, spero, mi vorranno scusare se le tratterò da creature razionali, piuttosto che adulare le loro grazie ammaliatrici, e considerarle come se fossero in uno stato di infanzia perpetua, incapaci di stare in piedi da sole. Io desidero seriamente indicare in che cosa consistono la vera dignità e la vera felicità umana. Desidero persuadere le donne a fare di tutto per diventare più forti, nella mente e nel corpo, e convincerle che frasi tenere, cuori impressionabili, 31 sentimenti delicati, gusti raffinati, sono quasi sinonimi di debolezza, e chi è solo oggetto di pietà e di quella specie di amore che per definizione le è parente, diventa presto oggetto di disprezzo. […] L’educazione delle donne recentemente è stata oggetto di attenzione maggiore che nel passato; esse tuttavia sono considerate ancora sesso frivolo, ridicolizzate o compatite dagli scrittori, che si sforzano di migliorarle con la satira o con l’insegnamento. È risaputo che le donne passano gran parte dei primi anni di vita ad acquistare una vernice di qualità formali; nel frattempo le forze del corpo e della mente vengono sacrificate a idee frivole di bellezza e al desiderio di raggiungere una posizione attraverso il matrimonio: l’unica via per cui le donne possono elevarsi socialmente. E siccome questo desiderio fa di loro semplici animali, una volta sposate si comportano alla maniera che ci si aspetterebbe dai bambini: si agghindano, si imbellettano e dànno soprannomi alle creature di Dio. […] Sono profondamente convinta che ci libereremmo di certi modi puerili se si permettesse alle ragazze di fare sufficiente moto piuttosto che stare segregate in camere chiuse fino a fare rilassare i muscoli e distruggere le funzioni digestive. Se infatti, per continuare ancora quell’osservazione, la paura delle ragazze, invece di essere assecondata e forse inculcata, venisse trattata alla stregua della vigliaccheria nei ragazzi, vedremmo presto donne dall’aspetto più dignitoso. È anche vero che allora non le si potrebbe con eguale proprietà definire i dolci fiori che sorridono sul cammino dell’uomo; ma sarebbero membri più rispettabili della società ed esplicherebbero i compiti importanti della vita alla luce della propria ragione. «Educate le donne come gli uomini – dice Rousseau – e quanto più rassomiglieranno al nostro sesso, tanto minore sarà il potere che avranno su di 32 noi». È proprio questo il punto a cui miro. Io non mi auguro che abbiano potere sugli uomini, ma su sé stesse.21 Mentre sul versante francese, Olympe de Gouges nella sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina ribadiva che «il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione», ma poi, non dando nulla per scontato, ma anzi, additando la colpevole indefinitezza del documento dell’89, aggiungeva «[nazione] che è l’unione della Donna e dell’Uomo» (art. III). Così de Gouges si è fatta parte della nazione. 2.1 Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina formulata da Olympe de Gouges (pseudonimo di Marie Gouze, 1748-1793) e pubblicata fra il 4 e il 14 settembre 1791 nella Parigi rivoluzionaria, costituisce uno dei documenti fondativi del femminismo. L’intento di questa Dichiarazione era di mettere a conoscenza e far realizzare le donne dei diritti che venivano loro negati e di chiederne la reintegrazione affinché, anch’esse, divenissero cittadine a tutti gli effetti; Olympe volle dedicarla in particolare alla regina Maria Antonietta, da lei considerata una donna oppressa come le altre. Presentato alla Convenzione il progetto, se approvato, avrebbe significato il riconoscimento per la donna degli stessi diritti naturali dell'uomo e quindi anche Mary Wollstonecraft, I diritti delle donne (1792), Editori Riuniti, Roma 1977, pp. 66-67, 152. 21 33 una sua presenza attiva nella sfera pubblica. Modellata palesemente sulla Dichiarazione dei diritti del 1789 - a indicare una collocazione della specificità femminile all'interno dell'universalità e non un’imitazione - faceva emergere provocatoriamente la questione centrale del problema: perché soltanto i cittadini di sesso maschile godevano di quei diritti universali dichiarati in Francia come negli Stati Uniti nel 1776? Come mai per ciò che concerneva i reati da punire, la parola “uomo” valeva per ambo i sessi e, invece, quando si parlava di diritti politici e civili era circoscritta alla “persona di sesso maschile”, escludendo la donna? Questi erano gli interrogativi che risultavano dirompenti e conflittuali nella Francia che si stava avviando dalla Rivoluzione verso il Terrore. Vista respinta dalla Convenzione la sua Dichiarazione, Olympe apriva una dura polemica e assoldava uno scontro diretto con Robespierre. Venne ghigliottinata il 3 novembre 1793 per aver proposto un modello di stato diverso da quello presente. Preambolo Uomo, sei tu capace di essere giusto? Chi ti pone questa domanda è una donna: questo diritto, almeno, non glielo toglierai. Dimmi. Chi ti ha dato il potere sovrano di opprimere il mio sesso? la tua forza? le tue capacità? Osserva il creatore nella sua saggezza; percorri la natura in tutta la sua grandezza, alla quale sembri volerti avvicinare, e dammi, se ne hai il coraggio, un esempio di questo potere tirannico. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e arrenditi all'evidenza, quando io te ne offro il modo. Cerca, scava e distingui, se puoi, i due sessi nell'amministrazione della natura. Ovunque, li troverai confusi, ovunque essi cooperano in armonioso insieme a questo capolavoro immortale! 34 Soltanto l'uomo si è creato alla meno peggio un principio di questa eccezione. Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo di luce e di sagacità, nella più crassa ignoranza egli vuole comandare da despota su un sesso che ha ricevuto tutte le facoltà intellettuali; che vuole usufruire della rivoluzione e reclamare i propri diritti all'uguaglianza, per non dire di più. Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della Nazione, chiedono di essere costituite in assemblea nazionale. Considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le sole cause delle sventure pubbliche e della corruzione dei governi, esse hanno deciso di esprimere in una solenne dichiarazione, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché tale dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro continuamente i loro diritti ed i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne, e quelli del potere degli uomini, potendo essere in ogni momento paragonati con il fine di ogni istituzione politica, siano per ciò stesso più rispettati, affinché le rivendicazioni delle cittadine, fondate d'ora in avanti su principi semplici ed incontestabili, siano sempre volte al mantenimento della costituzione, dei buoni costumi, e al bene di tutti. Pertanto, il sesso che è superiore per bellezza, come anche per coraggio nelle sofferenze materne, riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'Essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina. ARTICOLO I La Donna nasce libera e rimane uguale all'uomo nei diritti. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull'utilità comune. II Scopo di ogni associazione politica è la tutela dei diritti naturali e imprescrittibili 35 della Donna e dell'Uomo: tali diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e, soprattutto, la resistenza all'oppressione. III Il fondamento di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, la quale altro non è se non la riunione della Donna e dell'Uomo: nessun corpo, nessun individuo, può esercitare un'autorità che non emani espressamente da essa. IV La libertà e la giustizia consistono nel restituire agli altri ciò che appartiene loro; così, l'esercizio dei diritti naturali della donna ha come solo limite la perpetua tirannia che l'uomo le oppone; tale limite deve essere riformato dalle leggi della natura e della ragione. V Le leggi di natura e di ragione vietano ogni azione che possa nuocere alla società: tutto ciò che non è proibito da queste leggi, sagge e divine, non può essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che esse non ordinano. VI La Legge deve essere espressione della volontà generale; tutte le Cittadine ed i Cittadini devono concorrere personalmente, o per il tramite dei loro rappresentanti, alla sua formazione; essa dev'essere uguale per tutti: tutte le cittadine e tutti i cittadini, dal momento che sono uguali ai suoi occhi, devono avere uguali possibilità di essere ammessi a tutte le dignità, a tutti i posti e a tutti gli impieghi pubblici, secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che non siano quelle delle loro virtù e delle loro capacità. 36 VII Nessuna donna fa eccezione; ella viene accusata, arrestata e mantenuta in stato di detenzione nei casi stabiliti dalla legge. Le donne ubbidiscono come gli uomini a questa legge rigorosa. VIII La Legge deve stabilire soltanto pene strettamente e manifestamente necessarie, e nessuno può essere punito se non in virtù di una legge emanata e promulgata anteriormente al reato e legalmente applicata alle donne. IX Per qualunque donna dichiarata colpevole, viene esercitato dalla Legge ogni rigore. X Nessuno deve essere perseguitato per le proprie opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire sul patibolo; allo stesso modo, deve avere anche quello di salire sulla Tribuna, purché le sue manifestazioni non turbino l'ordine pubblico stabilito dalla Legge. XI La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi 37 della donna, poiché tale libertà assicura la legittimità dei padri nei confronti dei figli. Ogni cittadina può dunque dire liberamente: sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un barbaro pregiudizio la costringa a nascondere la verità; salvo a rispondere dell'abuso di tale libertà nei casi previsti dalla legge. XII La garanzia dei diritti della donna e della cittadina implica un interesse più ampio; tale garanzia deve essere istituita per il vantaggio di tutti, e non per il beneficio particolare di quelle cui essa viene data. XIII Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell'amministrazione, i contributi della donna e dell'uomo sono uguali; la donna partecipa a tutti i lavori ingrati, a tutti gli incarichi faticosi; allo stesso modo deve dunque partecipare alla distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche, delle dignità e dell'industria. XIV Le Cittadine ed i Cittadini hanno il diritto di constatare personalmente, o per mezzo dei loro rappresentanti, la necessità di un contributo pubblico. Le Cittadine possono aderirvi solo se si ammette una uguale ripartizione, non soltanto nel patrimonio, ma anche nella pubblica amministrazione, e il diritto di determinare la quota, l'imponibile, la riscossione e la durata dell'imposta. XV La massa delle donne, coalizzata per il contributo a quella degli uomini, ha il diritto di chiedere conto ad ogni agente pubblico della sua amministrazione. 38 XVI Ogni società in cui non venga assicurata la garanzia dei diritti e determinata la separazione dei poteri, non ha costituzione; la costituzione è nulla se alla sua redazione non ha collaborato la maggioranza dei componenti della Nazione. XVII Le proprietà appartengono a tutti i sessi, riuniti o separati; esse sono per ognuno un diritto inviolabile e sacro; nessuno può esserne privato come vero patrimonio della Natura, se non quando lo esiga la necessità pubblica, legalmente constatata, e a condizione di un giusto e preventivo indennizzo. Conclusione Svegliati, donna! La campana a martello della ragione si fa udire in tutto il mondo; riconosci i tuoi diritti. Il potente impero della Natura non è più circondato di pregiudizi, di fanatismo, di superstizione e di menzogne. La fiaccola della verità ha dissipato le nuvole della stupidità e dell'usurpazione. L'uomo schiavo ha moltiplicato le sue forze, ha avuto bisogno di ricorrere alle tue per spezzare le sue catene. Una volta libero, egli è diventato ingiusto nei confronti della sua compagna. O donne! donne, quando smetterete di essere cieche? Quali vantaggi avete ricevuto dalla rivoluzione? Un disprezzo più marcato, uno sdegno più grande. Nei secoli di corruzione, avete regnato solo sulla debolezza degli uomini. Il vostro dominio è distrutto; cosa vi resta dunque? La convinzione delle ingiustizie dell'uomo. La rivendicazione del vostro patrimonio, fondato sulle sagge decisioni della Natura. Cosa avreste da temere per una così bella impresa? La buona parola del Legislatore delle nozze di Cana? Temete forse che i nostri Legislatori francesi, correttori 39 di questa morale, a lungo appesa ai rami della politica, ma che non è più opportuna, vi ripetano: donne, cosa c'è in comune fra voi e noi? Tutto, dovreste rispondere. Se, nella loro debolezza, essi si ostinassero a contrapporre questa incongruenza ai loro principi, opponete coraggiosamente la forza della ragione alle vane pretese di superiorità; riunitevi sotto lo stendardo della filosofia; mostrate tutta l'energia del vostro carattere, e presto vedrete quegli orgogliosi, nostri servili adoratori, strisciare ai vostri piedi, ma fieri di condividere con voi i tesori dell'Essere supremo. Qualunque barriera vi si opponga, voi avete il potere di superarla; basta che lo vogliate. Passiamo adesso al quadro spaventoso di ciò che voi siete state nella società; e poiché, in questo momento, si pone il problema di una educazione nazionale, vediamo se i nostri saggi Legislatori penseranno con giudizio a proposito dell'educazione delle donne. Le donne hanno fatto più male che bene. La schiavitù e la dissimulazione sono state il loro destino. Ciò che la forza aveva loro sottratto, l'astuzia glielo ha restituito; esse hanno fatto ricorso a tutte le risorse del loro fascino, ed anche il più irreprensibile degli uomini non resisteva. Il veleno, la spada, ogni cosa era loro sottomessa; esse comandavano al crimine come alla virtù. Il governo francese, soprattutto, per secoli è dipeso dall'amministrazione notturna delle donne; il governo non aveva segreti per la loro indiscrezione; ambasciate, comandi, ministeri, presidenze, pontificati, cardinalati, insomma tutto quanto caratterizza la stupidità, sacra e profana, degli uomini, tutto è stato sottomesso alla cupidigia e all'ambizione di questo sesso un tempo spregevole e rispettato, e dopo la rivoluzione, rispettabile e disprezzato. In questa sorta di antitesi, quante osservazioni ho da proporre! ho a disposizione appena un momento per farlo, ma questo momento attirerà l'attenzione della posterità più remota. Sotto l'Ancien Régime, tutto era vizio, tutto era colpa; ma non si potrebbe scorgere il miglioramento delle cose proprio nella sostanza del vizio? Ad una donna bastava solo essere bella e gentile; quando possedeva queste due qualità, vedeva mille fortune ai suoi 40 piedi. Se non ne approfittava, aveva un carattere stravagante, o una filosofia poco comune, che la portava a disprezzare le ricchezze; allora veniva considerata soltanto una ribelle. Anche la più indecente, con l'oro si faceva rispettare. Il commercio delle donne era una specie di industria ammessa nella classe più alta, che, ormai, non avrà più credito. Se ne avesse ancora, la rivoluzione sarebbe perduta e, da altri punti di vista, saremmo sempre corrotti. Tuttavia può la ragione nascondersi che ogni altra strada è sbarrata per la donna, che l'uomo compra, come [fosse] la schiava sulle coste africane? La differenza è grande; si sa. La schiava comanda il padrone, ma se il padrone le dà la libertà senza alcuna ricompensa, e in un'età in cui la schiava ha perduto tutte le sue attrattive, che ne è di quella sventurata? Diventa oggetto di disprezzo, anche le porte della carità le vengono chiuse; è povera e vecchia, si dice; perché non ha saputo fare fortuna? Altri esempi ancora più toccanti si presentano alla ragione. Una giovane senza esperienza, sedotta da un uomo che ama, abbandonerà i genitori per seguirlo; l'ingrato la lascerà dopo qualche anno e più lei sarà invecchiata con lui, più l'incostanza di lui sarà disumana. Se ha figli, la abbandonerà lo stesso. Se è ricco, si crederà dispensato dal dividere la propria fortuna con le sue nobili vittime. Se un qualche impegno lo lega ai suoi doveri, egli ne violerà il potere, sperando ogni cosa dalle leggi. Se è sposato, ogni altro impegno perde i propri diritti. Quali leggi restano dunque da fare per estirpare il vizio alla radice? Quella della divisione dei patrimoni tra gli uomini e le donne, e quella della pubblica amministrazione. Come si può facilmente immaginare, colei che è nata da famiglia ricca, viene a guadagnare molto con l'uguaglianza delle divisioni. Ma colei che è nata da famiglia povera, e che possiede meriti e virtù, quale sarà la sua sorte? La povertà e l'obbrobrio. Se non eccelle particolarmente nella musica o nella pittura, non può essere ammessa ad alcuna funzione pubblica, quand'anche ne avesse la capacità. In questa sede voglio dare solo un'idea delle cose, le approfondirò nella nuova edizione di tutte le mie opere politiche che mi propongo di dare al pubblico fra qualche giorno, con delle note. 41 Riprendo il mio testo sui costumi. Il matrimonio è la tomba della fiducia e dell'amore. La donna sposata può impunemente dare dei bastardi a suo marito, e dare ad essi una fortuna che non appartiene loro. Colei che non è sposata non ha che un debole diritto: le vecchie leggi inumane le rifiutavano per i suoi figli questo diritto sul nome e sul bene del padre, e in materia non sono state fatte nuove leggi. Se tentare di dare al mio sesso una giusta e onorevole consistenza, viene considerato in questo momento come un paradosso da parte mia, e come la volontà di tentare l'impossibile, lascio agli uomini che verranno la gloria di trattare questa materia; ma nel frattempo, la si può preparare con l'educazione nazionale, con il riassetto dei costumi e con le convenzioni coniugali. Capitolo III - Età Contemporanea 1.1 1800 La situazione femminile ancora non ha avuto nessuna svolta nel tempo. Anche se, come si è potuto constatare, si sta iniziando ad intraprendere un percorso. Quel percorso che ci condurrà ad un traguardo importantissimo: il suffragio universale. Agli inizi dell’Ottocento, la donna la vediamo ancora subordinata al capo famiglia, senza la possibilità di amministrare il proprio patrimonio o la sua dote e di comprare o vendere case o terreni. Nemmeno con la profonda rivoluzione sociale data dalla crescente industrializzazione modificò di molto la sua posizione nella società. Le donne non avevano ancora il diritto di esercitare la tutela sui figli legittimi, né tanto meno quello ad essere ammesse ai pubblici uffici. Se sposate, 42 non potevano gestire i soldi guadagnati con il proprio lavoro, perché ciò spettava al marito. Alle donne veniva ancora chiesta l’"autorizzazione maritale" per donare, alienare beni immobili, sottoporli a ipoteca, contrarre mutui, cedere o riscuotere capitali, ne potevano transigere o stare in giudizio relativamente a tali atti. Tale autorizzazione era necessaria anche per ottenere la separazione legale. Di solito, si prevedeva una pena detentiva da tre mesi a due anni per la donna adultera, mentre puniva il marito solo in caso di concubinato. Molti degli "illustri pensatori" del Risorgimento italiano si limitarono a ribadire la soggezione della donna. Secondo Gioberti22: «La donna, insomma, è in un certo modo verso l’uomo ciò che è il vegetale verso l’animale, o la pianta parassita verso quella che si regge e si sostenta da sé». Per Rosmini23: «Compete al marito, secondo la convenienza della natura, essere capo e signore; compete alla moglie, e sta bene, essere quasi un’accessione, un compimento del marito, tutta consacrata a lui e dal suo nome dominata». Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 la condizione, la figura e il ruolo della donna hanno subito un cambiamento radicale. Stanca di subire, stanca di stare al di sotto dell’uomo, stanca di essere reputata inferiore, stanca di non avere diritti sociali e politici pari a quelli dell’altro sesso; la donna ha sempre cercato di uscire da questa condizione, di farsi spazio in un mondo dove veniva messa sempre da parte, non considerata, ma lo ha fatto sempre con determinazione, ha cercato Vincenzo Gioberti nacque a Torino il 5 aprile 1801. Fu un presbitero, politico e filosofo italiano e il primo Presidente della Camera dei deputati del Regno di Sardegna, tra le principali figure del Risorgimento italiano. Morì a Parigi il 26 ottobre 1852. 23 Antonio Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati nacque a Rovereto il 24 marzo 1797. è stato un filosofo e presbitero italiano. La Chiesa cattolica lo venera come beato dal 18 novembre 2007. Morì a Stresa il 1º luglio 1855. 22 43 un’emancipazione sessuale e un’indipendenza sociale. La rivoluzione industriale determinò il passaggio dal lavoro artigianale alla produzione di massa e fece sì che la donna entrasse in fabbrica come salariata. La sua figura non è più quella di una donna rinchiusa tra le mura domestiche, “nascosta o protetta” relegata secondo la tradizione al ruolo di “angelo del focolare”. Nel 1832 in Francia, Desirée Verret e Marie-Reine Guindorf fondarono La femme libre (La donna libera) espressione del femminismo sansimoniano24 della classe operaia, che invitava tutte le donne, sia pagane che cristiane, a collaborare. In seguito, Suzanne Voilquin, un'operaia ricamatrice di Parigi, prese sotto la sua direzione il giornale, riuscì ad ottenere la separazione dal marito, iniziò a viaggiare e travestendosi da uomo riuscì a studiare. Suzanne cambiò il nome del giornale con quello di La Tribune des Femmes. Sono rimaste famose le battaglie de La Tribune a favore dell'indipendenza delle colonie e contro la prostituzione, quelle per l'indipendenza economica della donna, per l'educazione e la formazione paritaria a quella dell'uomo e il libero amore. Le collaboratrici si firmavano con il solo nome di battesimo per restare nell'anonimato, ma anche per rifiutare il cognome del marito, simbolo della prepotenza maschilista. Nel 1834 la repressione politica mise fine a quest'esperienza editoriale. La Gazette des Femmes invece dava voce alle Il sansimonismo è stato un movimento socialista francese della prima metà del XIX secolo. Questo movimento prende il nome dal suo ideatore il conte Henri de Saint-Simon, il centro del movimento fu l'École polytechnique. 24 44 aspirazioni delle donne della borghesia, che come contribuenti, esse sostenevano, dovevano beneficiare degli stessi diritti politici e civili. Erano tre le direzioni i cui si muoveva la propaganda del giornale: il diritto di petizione, per concedere alle donne un'esistenza legale, il diritto ad essere sostenute in tutte le iniziative da loro intraprese e il diritto a che venissero condannati tutti i delitti perpetrati contro di esse. Altro giornale importante fu Le Journal des Femmes, di ispirazione borghesecristiana diretto da Fanny Richomme, che contro le teorie sansimoniane, ma anche contro l'ideale di donna austera auspicata dalla Chiesa, sosteneva la teoria del giusto mezzo, promuovendo l'immagine di una donna “umana” con il diritto ad essere educata, di divorziare, di rifiutarsi di sottostare a matrimoni combinati. Dopo il 1848, con la seconda repubblica, il femminismo francese acquisì nuovo slancio e si può definire a tutti i diritti di tipo socialista, caratterizzato com'era dalla lotta per il miglioramento delle condizioni materiali e della propaganda delle idee. I più famosi giornali femministi di questo periodo furono La Voix des Femmes che esprimeva il suo slogan in questi termini: una nuova concezione dell'esistenza implica una rivoluzione per tutti e per tutte, e La Politique des Femmes, che assumerà la guida del movimento femminista. Nel giugno dello stesso anno ci fu una sanguinosa repressione che censurò tutti giornali femministi, ma appena un anno dopo L'Opinion des Femmes denunciò tutti i soprusi subiti. L'11 aprile un gruppo di donne, tra cui Nathalie Lemel, creò l'"Unione delle donne". Formato in prevalenza da operaie, l'"Unione" si prefiggeva compiti di tipo assistenziali e, costituendo in ogni quartiere circoli e club, dava a tutte le donne la possibilità di esprimersi liberamente sui problemi che le tormentavano. Ma, solo dopo pochi mesi, le truppe di Thiers, diedero inizio ad una vera e propria guerra contro i 45 rivoluzionari per riprendersi il potere. Nemmeno in questo momento le donne rinunciarono all'azione e, se da una parte imbracciarono i fucili come la Michel, dall'altra portarono avanti un'importante opera di propaganda per sostenere gli animi: il 6 aprile del '71 comparvero su tutti i muri di Parigi mille manifestini dell' "Unione delle donne" che recitavano così: "In nome della rivoluzione sociale che acclamiamo, in nome della rivendicazione dei diritti al lavoro, all'uguaglianza e alla giustizia, l'"Unione delle donne" per la difesa di Parigi e per i soccorsi ai feriti, protesta con tutte le sue forze contro l'indegno proclama alle cittadine apparso l'altro ieri a cura di un gruppo anonimo di reazionarie”. Il femminismo che scaturì in seguito all'esperienza della Comune fu di tipo liberale, sulla scia di quello inglese imperniato sul principio: "chi non è rappresentato in parlamento non paga le tasse" e fu interpretato dal giornale repubblicano La Fronde di Marguerite Durand. La Fronde, tra l'altro, aprì un ufficio gratuito di collocamento e una delle sue più importanti collaboratrici, Caroline Rémy, fu la prima donna giornalista a vivere del proprio lavoro. In Italia nella seconda metà del XIX secolo vi fu un risveglio in senso femminista. A differenza della Francia, erano soprattutto le intellettuali borghesi che si impegnavano in campo sociale e con la loro opera costituivano movimenti di sensibilizzazione. La donna lavoratrice divenne un problema sociale e la sua nascita faceva discutere sulla moralità e legalità della sua attività come salariata. Questo perché il salario poteva renderle autonome, cosa che si reputava impensabile visto che dipendeva dal padre o dal marito. Fino ad allora non vi era stata una quantificazione dell’attività lavorativa svolta dalle donne con un compenso monetario, a meno che 46 non fosse all’interno della famiglia. L’inserimento in certi settori, però, era giustificato dalla necessità di risparmiare: «Quanto meno il lavoro manuale esige abilità e forza, vale a dire quanto più l’industria moderna si sviluppa, tanto più il lavoro degli uomini viene soppiantato da quello delle donne e dei fanciulli 25». Quindi, secondo l’economia politica del tempo, il salario di un marito doveva essere proporzionato a mantenere non solo sé stesso ma anche la famiglia; mentre il salario di una moglie, al contrario, era proporzionato ad appena il suo mantenimento. Il salario dell’uomo ha un duplice valore: lo ripagava del suo lavoro e gli permetteva di essere il capo famiglia e che tutti i membri della famiglia dipendessero da lui. Invece, per quanto riguarda la paga e l’attività domestica di una donna non erano visibili o rilevanti poiché non producevano valore economico significativo. 1.1 The Cult of True Womanhood e le quattro virtù cardinali Tra il 1820 e la guerra di secessione, la crescita di nuovi affari, industrie e professioni hanno aiutato a creare in America una classe sociale: la nuova borghesia. La borghesia consisteva nelle famiglie aventi il marito che lavorasse come avvocato, amministratore d'azienda, professore, mercante, scienziato, e altri. Anche se le nuove famiglie borghesi provenivano dalla società preindustriale, si distinguevano principalmente per tre motivi: • 25 Una famiglia borghese del diciannovesimo secolo non necessitava di Karl Marx, Friedrich Engels, Manifesto del partito comunista, Meltemi Editore srl, 1998, pag. 36. 47 fare quello che è necessario per sopravvivere. Gli uomini potevano lavorare con mansioni di produzione di beni o servizi mentre le loro mogli e figli restavano a casa. • Quando i mariti erano a lavoro, le mogli aiutavano a creare la visione che solo l'uomo poteva mantenere la famiglia. Questa convinzione ha constatato che il mondo del lavoro, la sfera pubblica, fosse un mondo crudele, dove gli uomini facevano quello che dovevano fare per avere successo, che fosse pieno di tentazioni, violenza e pericoli. Una donna non poteva affrontare tutto ciò, perché debole e delicata. Il posto di una donna era relegato alla sfera privata, a casa, ove si occupava di tutte le faccende. • La famiglia borghese iniziò a cambiare guardandosi come un nucleo familiare, come la spina dorsale della società. Un nuovo ideale di femminilità e di nuova ideologia sull'ambiente domestico scaturirono nuovi atteggiamenti verso il lavoro e la famiglia: chiamato il “cult of domesticity”, si trova nelle riviste femminili, libri, riviste religiose, giornali, narrativa; praticamente ovunque nella cultura popolare. Questo nuovo ideale ha fornito una nuova visione del compito del ruolo delle donne mentre catalogò le virtù cardinali della vera femminilità per una nuova era.26 Questo ideale di femminilità essenzialmente è composto da quattro caratteristiche che ogni giovane donna doveva coltivare: pietà, purezza, vita domestica e sottomissione. 26 Un esempio, si veda Accessible Archives's, The Complete Godey's Lady's Book, 1830-1896. 48 Primo ideale: Pietà Gli americani del XIX secolo credevano che le donne avessero una particolare propensione alla religione. La donna nel 1820 e nel 1830 veniva considerata come una nuova Eva che lavora con Dio per condurre il mondo fuori da ogni peccato attraverso la sua sofferenza, la sua purezza e il suo amore insensibile. La religione, dunque, si pensava fosse una buona cosa nelle donne, un modo per affrancarle da una mente debole, un'occupazione che si conciliava perfettamente con il suo ambiente: la casa. I primi seminari e accademie femminili, sotto attacco perché permettevano alle donne di allontanarsi dal loro scopo e compito vitale, promettevano che mettere da parte la religione non avrebbe giovato alla loro condizione. Dall'altra parte, le donne venivano considerate “la caratteristica umana più disgustosa” ed era solito dire che una donna senza Dio, non era una madre. Nel periodico The Ladies' Repository27, Caleb Atwater vide la mano del Signore nella pietà femminile: «La religione è esattamente quello di cui una donna necessita, le dona quella dignità che meglio si accompagna alla sua dipendenza.»28 Nemmeno la signora Sandford ebbe un'alta considerazione del suo stesso sesso, asserendo: «La religione è quello di cui le donne hanno bisogno. Senza essa la donna è infelice e insoddisfatta.»29 Sandford e i suoi colleghi non parlavano unicamente dell'insoddisfazione del cuore umano, la quale per Sant'Agostina era l'unico modo per trovare la pace in Dio. Loro si riferivano alla religione come un modo per The Ladies' Repository: un periodico mensile fondato a Cincinnati, Ohio, nel 1841. Questa rivista è dedicata all'arte, letteratura e religione. 28 “Female Education”, Ladies' Repository and Gatherings of the West: A Monthly Periodical Devoted to Literature and Religion, I (Cincinnati), 12. 29 Woman, in Her Social and Domestic Character, Boston, 1842, pp. 41-42. 27 49 placare gli innumerevoli desideri che ogni giovane ragazza può volere e quindi, è meglio pregare piuttosto che pensare. Secondo Ideale: Purezza La purezza era essenziale quanto la pietà per una ragazza, la sua assenza era innaturale e poco femminile. Senza essa la donna, infatti, non era una vera donna ma un membro di qualche basso rango sociale. Una “donna dissoluta” era un “angelo caduto”, immeritevole della compagnia celeste del suo sesso. A contemplare la perdita della purezza era il pianto; essere colpevole di tale crimine, le riviste femminili almeno riferivano così, le poteva portare alla pazzia o alla morte. Persino il linguaggio dei fiori aveva parole negative a riguardo: una rosa bianca secca simboleggiava “la Morte preferibile alla Perdita dell'Innocenza.”30 La prima notte di nozze era considerata come l'evento più importante nella vita di una donna, la notte in cui donava al marito il tesoro più prezioso che possedeva, la sua verginità. Da lì in poi, dipendeva da lui, un contenitore vuoto31 senza alcuna esistenza legale o emozionale32. Una donna doveva preservare il suo “tesoro” con la sua stessa vita. Ogni tentativo da parte di un uomo di approcciare con lei bisognava rifiutarlo, non doveva concedersi nelle mani sbagliate. Cito un The Lady's Book of Flowers and Poetry, ed. Lucy Hooper, New York, 1842, ha un “Dizionario dei Fiori” che attribuisce il significato simbolico ad ogni fiore. 31 Es.: Nathaniel Hawthorne, in The Blithedale Romance, Boston, 1852, p. 71, Zenobia dice: “Come può essere felice, dopo aver scoperto che il fato le ha assegnato un singolo evento, nel quale deve dare senso per tutta la sua vita? Un uomo ha innumerevoli eventi nella sua esistenza.” (Traduzione Emilio Junior Sorbara) 32 Mary R. Beard, in Woman As Force in History, New York, 1946, rende il concetto. Secondo il common law, una donna non aveva alcuna esistenza legale una volta sposata e, di conseguenza, non poteva amministrare la sua proprietà, intentare una causa, ecc. Tra il 1840 e il 1850, in alcuni stati erano passate delle leggi per rimediare a questa condizione. 30 50 consiglio su come proteggere sé stesse e il proprio “tesoro” di Eliza Farrar, autrice di The Young Woman's Friend: «non sederti troppo vicino a qualcuno; non leggere gli stessi libri; non permettere al tuo desiderio di avvicinare il tuo capo accanto a quello di un'altra persona.»33 Ignorare tale consiglio era considerato come il preannuncio di un disastro. Le conseguenze potevano essere terribili, di solito, nella letteratura popolare, una donna che permette di lasciarsi sedurre da un uomo, espia il suo peccato con la morte, spesso con la povertà, depravazione ed eccessi. Vi erano innumerevoli storie su ragazze madri giudicate colpevoli da Dio per il loro peccato e venivano punite con la perdita dei loro bimbi e portarle alla follia. L'America di quegli anni poteva vantarsi che le sue figlie rispecchiavano l'innocenza. In una poesia su The American Girl l'autore scrisse con orgoglio: «Her eye of light is the diamond bright, Her innocence the pearl, And these are ever the bridal gems That are worn by the American girl.34 » La luce dei suoi occhi brilla come un diamante, La sua innocenza è perla, che sono sempre le gemme della sposa, e vengono indossate dalla ragazza americana.35 Da una Signora (Eliza Ware Rotch Farrar), The Young Lady's Friend, Boston, 1837, p. 293. The Young Lady's Offering: or Gems of Prose and Poetry, Boston, 1853, p. 283. L'innocenza della ragazza americana veniva spesso connessa all'ignoranza ed era lo spirito ancestrale dell'eroina di James Henry. 35 Trad. Emilio Junior Sorbara 33 34 51 La purezza femminile veniva vista anche come un'arma da usare, da brave donne, per mantenere gli uomini sotto controllo sfruttando i loro bisogni e desideri sessuali. L'unico potere visto alle donne fu principalmente quello di carattere sessuale. La cultura americana dei primi anni del XIX secolo ha subito una perversione per la purezza, che ha toccato le decorazioni, i miti e persino il linguaggio odierno. Basti pensare che le “donne perfette” separavano nella libreria gli autori maschili da quelli femminili, a meno che, ovviamente, non fossero sposati. Terzo ideale: Sottomissione Questa, forse, è la più femminile di tutte le virtù. Gli uomini dovevano essere religiosi, almeno per la maggior parte dei casi. Gli uomini dovevano essere puri, anche se poi non ci si aspettava che lo fossero veramente. Gli uomini, però, non dovevano mai essere sottomessi. Dovevano essere persone che si davano da fare e che agivano, gli attori della vita. Le donne dovevano essere spettatrici passive, sottomesse al fato, al dovere, a Dio e agli uomini. Gli uomini erano i superiori delle donne per volontà di Dio, se non per dote intellettuale ma, almeno, per legge. Infatti, come Charles Elliot ha argomentato in The Ladies' Repository, la donna dovrebbe sottomettersi all'uomo «almeno per ordine divino»36. In The Ladies Companion, una giovane moglie fu citata con Charles Elliot, “Arguing With Females”, Ladies' Repository, I, p. 25, 1841. (Trad. mia) 36 52 approvazione per aver asserito che lei non pensava che le donne dovrebbero “sentire e agire per sé stesse” perché «quando, accanto a Dio, suo marito non sarà il tribunale ove il suo cuore e il suo intelletto si appella – la coppa dorata di affetto è rotta.»37 The Young Lady's Book ha riassunto le virtù (passive) delle donne nella vita delle sue lettrici: «It is, however, certain, that in whatever situation of life a woman is placed from her cradle to her grave, a spirit of obedience and submission, pliability of temper, and humility of mind, are required from her. »38 È, comunque, certo che in qualsiasi situazione nella vita una donna è collocata ad uno spirito di obbedienza e sottomissione dalla culla alla tomba, è necessario possedere un carattere e una mente arrendevole39 La donna avrebbe compreso la sua posizione se fosse stata il tipo giusto di donna, una vera donna. “Si sente debole e timida. Ha bisogno di un protettore,” dichiarò George Burnap nelle sue letture su The Sphere and Duties of Woman. «Brama saggezza, fedeltà, fermezza e perseveranza ed è disposta a ripagare tutto con la resa dei suoi sentimenti. Le donne disprezzano tutto negli uomini come loro stesse, eccetto un cuore sensibile. È già stato ribadito che lei è effeminata e debole; non vorrebbe che qualcun altro fosse come lei.»40 O, addirittura, se si vuole essere più duri cito la signora Sandford: «A really sensible woman feels her dependence. She does what she can, but she is conscious of inferiority, and therefore grateful for support. »41 Ladies' Companion, VII, p. 147, gennaio 1838. The Young Lady's Book, New York, American Edition, p. 28, 1830. 39 Trad. Emilio Junior Sorbara 40 Sphere and Duties of Woman, p. 47, V edizione, Baltimora, 1854. (Trad. mia) 41 Miss Sandford, Woman, p.15 37 38 53 Una vera donna sensibile si sente dipendente. Fa quello che può, ma è consapevole della sua inferiorità e perciò è grata per il sostegno. Questa differenza dei sessi non include inferiorità, ma fanno parte dello stesso ordine della Natura stabilito dal Signore. Dottor Meigs adoperò un'analogia diversa per rendere lo stesso concetto, comparando l'anatomia dell'Apollo del Belvedere (illustrando il principio maschile) e con Venere de' Medici (illustrando il principio femminile). “La donna”, disse il dottore con galanteria clinica, «ha una testa quasi troppo piccola per l'intelletto ma abbastanza grande per l'amore.»42 Giusto in caso non fosse chiaro il concetto, la sottomissione e la passività femminile furono messe in risalto persino con l'abbigliamento che ci si aspettava indossasse. Strettissimi corsetti che stringevano i polmoni comprimendo gli organi interni e un grande numero di sottovesti e il peso di esse limitavano la mobilità. Quarto ideale: Vita domestica Il posto della donna era a casa. Il suo ruolo consisteva nell'essere occupata a terminare tutte le mansioni puntando a mantenere ed accrescere la sua pietà e purezza. Secondo Caroline Gilman in Recollections of a Southern Matron, la moglie perfetta possiede «tre fili dorati con i quali la felicità domestica è intrecciata» e sono «reprimere una brusca risposta, confessare una colpa e smettere di difendersi, con sublime sottomissione.» Continua Caroline, «gli uomini non sono irragionevoli. Lecture, p. 17 (Trad. Emilio Junior Sorbara) 42 54 La loro difficoltà consiste nel non comprendere la natura morale e fisica del nostro sesso. Spesso feriscono con l'ignoranza e rimangono sorpresi se vengono offesi.» Era consigliato alle mogli di fare il loro meglio per educare gli uomini ma, se non potevano, arrendersi graziosamente era la risposta. «Se un'abitudine del mio uomo mi infastidisce, gliene parlo una o due volte, poi rinuncio silenziosamente.»43 Svolgere le faccende domestiche era ritenuto un compito gratificante. In Godey's Ladies Book si legge che c'è molto da imparare nel versare il tè e il caffè più di quanto siamo disposti a credere. Il cucito e l'uncinetto erano attività ben viste poiché segregava le donne in casa, occupate a tenere la casa in ordine e a badare ai figli; un altro compito era quello di mantenere l'ambiente domestico un luogo divertente, rilassante e pulito che attirava gli uomini a non lasciarsi andare ai peccati del mondo esterno. George Burnap si riferisce alla vita di una donna come «una serie di emozioni trattenute.»44 Era, come disse Emerson, «più vulnerabile, inferma e mortale rispetto ad un uomo.»45 La morte di una bella donna, adorata per finta, rappresentava la donna come vittima innocente, sofferente senza peccati, troppo pura e buona per questo mondo ma troppo debole e passiva per resistere alla tentazione del peccato.46 Il miglior rifugio per una creatura così delicata erano il calore e la sicurezza della sua casa. Nelle riviste femminili, molti saggi mostravano la donna come una consolatrice: Woman, Man's Best Friend, Woman, the Greatest Social Benefit, Clarissa Packard (Caroline Howard Gilman), Recollections of a Southern Matron, pp. 256-257, New York, 1838. 44 Sphere and Duties of Woman, p. 172. 45 Ralph Waldo Emerson, “Woman”, Complete Writings of Ralph Waldo Emerson, p. 1180, New York, 1875. 46 Come in “The Mental Flower Garden” di Donald Fraser, New York, 1857. Anche se il più famoso esponente di questa teoria sia Edgar Allan Poe. Afferma in “Filosofia della composizione”, che “senza dubbio la morte di una bella donna è il tema più poetico in questo mondo...” 43 55 Woman, A Being to Come Home To, The Wife: Source of Comfort and the Spring of Joy.47 Il Cult of Domesticity si sviluppò come una famiglia che ha perso la sua funzione come unità economica. Molti rapporti tra famiglia e comunità vennero interrotti a causa della reclusione delle donne in casa. Ci si aspettava che le donne sostenessero i valori morali, la stabilità e la democrazia rendendo la propria casa un posto speciale, un rifugio dal mondo dove il marito poteva evadere da quel mondo competitivo, instabile e immorale del business e dell'industria. Si può dire che erano imposti un certo tipo di valori per avere successo nel mondo del lavoro e gli uomini dovevano adottare determinati comportamenti e valori: materialismo, aggressività, volgarità, durezza, razionalità. Essi, però, avevano bisogno di sviluppare un altro lato del proprio carattere, una parte “umana”, una parte non competitiva. La casa era il luogo dove potevano trovarla. Qui potevano esprimere le proprie doti umanistiche, estetiche, l'amore, l'onore, la lealtà e la fedeltà. Un altro requisito che la vera donna doveva possedere è l'avere una speciale affinità per i fiori. Secondo gli editori di The Lady's Token, «Una donna è sé stessa quando concilia il suo tempo tra i suoi compiti domestici e la cultura dei fiori.»48 Può scrivere lettere, un'attività principalmente femminile da quando ha avuto la necessità di sfogarsi e liberare il cuore,49 o esercitarsi nella sala di pittura, cantando e suonando strumenti. Poteva persino leggere. Proprio da qui inizia ad affrontare una serie di sconcertanti consigli. Questi titoli sono stati estrapolati da “The Young Ladies' Oasis: or Gems of Prose and Poetry”, ed. N. L. Ferguson, pp. 14, 16, Lowell, 1851; “The Genteel School Reader, p. 271, Philadelphia, 1849; e “Magnolia”, I, 4, 1842. Una famosa poesia, pubblicata in Inghilterra, esprime pienamente il concetto di “donna consolatrice”: Coventry Patmore, “The Angel in the Home”, Boston, 1856 e 1857. Patmore espresse la sua devozione per la “True Womanhood” in queste righe. 48 Cotesworth Pinckney, The Lady's Token, 1848, Kessinger Publishing, LLC, ed. 2010, p. 44 49 T. S. Arthur, Advice to Young Ladies, Boston, 1850, p. 45. 47 56 Secondo la letteratura del periodo, la donna era pericolosamente attratta dai romanzi. Doveva evitarli, se interferivano con i suoi principi. Se non poteva proprio farne a meno, doveva scegliere quelli presenti sulla lista degli autori moralmente accettabili.50 Doveva studiare Storia poiché «mostrava la depravazione del cuore umano e la natura del male e del peccato.» Riassumendo, «erano meglio le biografie religiose».44 Per quanto riguarda le riviste femminili potevano essere lette senza perdere l'attenzione dalle faccende di casa. Godey's prometteva ai mariti che non troveranno le mogli meno preoccupate e sincere al loro ritorno al nido domestico, come risultato della lettura del suo magazine.51 Questo tipo di riviste contenevano articoli che parlavano di moda, danza, salute e consigli per la casa. Erano presenti anche poesie e raccolte degli scrittori popolari del tempo come Nathaniel Hawthorne e Edgar Allan Poe. Inoltre, questi magazine sostenevano la regina Vittoria d'Inghilterra come una Vera Donna e fonte di ispirazione per tutte le donne. Non importa quale autorità lo sostenesse, ma il diciannovesimo secolo sapeva che le ragazze potevano essere rovinate da un libro. Le storie di seduzione di cui si parla nei libri, sono considerate una delle cause della loro rovina. R. C. Waterston, Thoughts on Moral and Spiritual Culture, Boston, 1842, p. 101. Newcomb's Young Lady's Guide consiglia di leggere le biografie religiose come miglior lettura per le donne. (p. 111) 51 Godey's, I, 1, 1828. (Ripetuto spesso per gli editoriali Godey's). 50 44 57 1.2 Dichiarazioni dei Sentimenti Nel luglio 1848 quattro donne riunite davanti a una tazza di tè, giudicano che la pazienza femminile sia giunta al termine. Decidono di impugnare una penna e stilano il documento destinato a diventare uno dei pilastri del femminismo americano e non: la Declaration of Sentiments, ovvero la Dichiarazione dei Sentimenti. Il fuoco della libertà aveva innalzato la temperatura politica fino al punto di incendiare l’Europa. Ma doveva fare sicuramente caldo in quel salotto borghese nella tranquilla Waterloo, New York, ove quattro donne decisero di convocare una convenzione che ponesse all’ordine del giorno i diritti delle donne. Decisione rovente. Lucretia Mott52, Elizabeth Cady Stanton53, Martha Wright54 e Mary Ann McClintock55 volevano inaugurare una ribellione che il mondo non aveva mai visto. Altro che tempesta in una tazza di tè. Il sentimento di libertà femminile, che fino ad allora non era preso in considerazione, le facevano sentire calpestate e perpetuamente spogliate dei loro diritti più sacri. Avrebbero raggiunto il loro obiettivo usando ogni mezzo a loro disposizione. Si sono servite di rappresentanti, diffuso opuscoli, presentato petizioni ai parlamenti sia statali che federali, adoperate per far schierare il clero e la stampa dalla loro parte. Direttamente estrapolato dal testo della Dichiarazione dei Sentimenti: Lucretia Coffin Mott nacque a Nantucket il 3 gennaio 1893. È stata un’attivista statunitense. Lottò per l’abolizione della schiavitù e per i diritti delle donne. Morì l’11 novembre 1880 a Abington. 53 Elizabeth Cady Stanton nacque a Johnstown, New York, il 14 novembre 1815. È stata un'attivista statunitense, impegnata come abolizionista e figura guida dei primi movimenti femministi per l'emancipazione della donna e per l'affermazione dei suoi diritti. Morì il 26 ottobre 1902 a New York City. 54 Martha Coffin Wright nacque il 25 dicembre 1806 a Boston. È stata un’insegnate statunitense, femminista e abolizionista. Morì nel 1875. 55 Mary Ann McClintock nacque nel 1800 e morì nel 1884. 52 58 «Essendo universalmente accettato il principio naturale fondamentale secondo cui "l'uomo deve perseguire la sua vera e sostanziale felicità"[...] Si delibera che le leggi che, in qualunque modo, si oppongono alla vera e sostanziale felicità della donna, sono contrarie al principio naturale fondamentale e non hanno alcun valore, dal momento che esso è "più autorevole di ogni altra legge"»56. Quindi, si delibera che tutte le leggi che impediscono alla donna di occupare una posizione nella società cui la destina la sua coscienza, o che la collocano in una posizione di inferiorità rispetto all'uomo, sono contrarie al principio naturale fondamentale e non hanno quindi né validità né autorità. La donna è uguale all'uomo che così “il Creatore voleva che fosse, e che il bene supremo della specie esige che venga riconosciuta come tale”. Tutte le donne devono essere informate in merito alle leggi che le governano, affinché non possano più rendere manifesta in futuro né la loro degradazione, dichiarandosi soddisfatte della loro condizione, né la loro ignoranza, affermando che godono di tutti i diritti che desiderano. Un altro principio della dichiarazione è che “la stessa quantità di virtù, di delicatezza, di finezza nel comportamento che la società pretende dalle donne, deve essere richiesta anche all'uomo, e che le stesse trasgressioni devono essere trattate con la stessa severità, indipendentemente dal fatto che a commetterle sia un uomo o una donna.” La donna si è accontentata per troppo tempo di quei confini che, costumi corrotti e una erronea applicazione delle Scritture hanno fissato per lei, è giunto il momento per lei di riscattarsi. Si delibera che è un dovere delle donne assicurarsi il loro sacro diritto al voto57 e l'uguaglianza dei diritti umani deriva necessariamente Seneca Falls Convention, Seneca Falls, New York, July 19-20, 1848, Declaration of sentiments. La Costituzione di New York del 1846, come molti altri stati, definiva aventi diritto al voto solo i “maschi”. Per gli uomini bianchi è garantito il suffragio universale. Gli uomini di colore potevano votare solo se almeno hanno proprietà intestate. Prima del 1848, la costituzione 56 57 59 dal fatto che le capacità e le responsabilità della specie umana sono identiche. Ed essendo una verità di chiara evidenza, le cui radici affondano nei principi fondamentali della natura umana, qualunque usanza o disposizione in contrasto con essa, sia recente, sia rivestita dall'autorevolezza dell'antichità, deve essere considerata come una evidentissima falsità e in conflitto con l'umanità. L’educazione, che da secoli era affidata principalmente alla cura dei religiosi, subì un profondo mutamento con il proliferare delle idee liberali e della laicizzazione dello Stato. Materie come storia, geografia e letteratura generale erano considerate importanti, al contrario del latino e del greco. Le donne che desideravano studiare legge, fisica, ingegneria, medicina o arte venivano allontanate e derise. Opinione comune era che non fosse necessario per le donne iscriversi all'università. Si è arrivato persino a dire che lo studio era contro natura per le donne e le poteva portare alla pazzia. Dovevano accontentarsi semplicemente di ricoprire il ruolo di “ornamento della società” ed essere subordinate e sottomesse ai mariti. Con questa dichiarazione si gettarono le prime basi per quello che poi ci condurrà al movimento delle suffragette e al suffragio universale: ovvero a figure rappresentative come Harriet Hardy Taylor, John Stuart Mill e Simone de Beauvoir. sosteneva che le donne hanno condiviso un eguale diritto nato non solo nei dibattiti sui loro diritti di proprietà ma anche in relazione con gli sforzi per modificare la costituzione e concedere uguali diritti politi agli uomini afroamericani. La restrizione per i cittadini di colore rimase in vigore fino a dopo la guerra civile. (New York Constitution of 1846, article II, section 1; Judith Wellman, "Women's Rights, Republicanism, and Revolutionary Rhetoric in Antebellum New York State," New York History 69 [July 1988]: 353-84.) 60 1.3 I primi movimenti femministi e il suffragio universale Gli anni a cavallo fra i due secoli sono anche quelli in cui si organizzarono i primi movimenti femministi. Animarono la sempre più appassionata battaglia per il diritto di voto: nel 1869 in Inghilterra le donne ottennero il diritto di voto municipale e nel 1894 il diritto di farsi eleggere; nel 1903 l'Unione politica e sociale delle donne passò a vere e proprie forme di lotta e di disturbo contro tutti i partiti istituzionali, condotte dalle cosiddette "suffragette" (tra le quali spiccano Emmeline Pankhurst, 1858-1928, e sua figlia Christabel); nel 1917 fu finalmente concesso il suffragio alle donne sopra i trent'anni e nel 1928 a tutte le donne maggiorenni (a partire dai 21 anni di età). Il primo stato del mondo a concedere il suffragio alle donne fu il Wyoming (Stati Uniti) nel 1869quando era solo un territorio dell’Unione. Ciò fu probabilmente dovuto al fatto che i paesi anglosassoni, come la Gran Bretagna, che era retta da una monarchia, avevano una lunga tradizione di rappresentanza, anche se la Reform Bill inglese del 1832 accordava il diritto di voto solo a 1/6 dei maschi adulti, escludendo completamente le donne; nel 1920 questo diritto era ormai esteso a tutte le donne statunitensi. In Germania il suffragio femminile risale al 1919; in Francia al 1945. Piccolo passo indietro. Nel 1832 una ricca proprietaria terriera inglese inviava alla Camera dei Comuni una petizione perché le venisse riconosciuto il diritto di voto. La sua istanza – che allora apparve folle – si basava sulla richiesta di rigorosa applicazione di un principio basilare del diritto pubblico inglese: «no taxation, without representation» (niente tasse senza rappresentanza). Poiché la obbligano a pagare le tasse ha diritto al voto e a contribuire, ovvero eleggere la 61 rappresentanza della propria comunità. I Comuni respinsero la petizione e anzi votarono quel Reform Bill elettorale del 1832 che lasciava ancora senza voto, oltre le donne, pure i 5/6 dei maschi adulti. Come dire che gli 11/12 degli inglesi in maggiore età non avevano diritti politici. Solo nel 1928 si avrà nel Regno Unito un effettivo suffragio universale, con l’estensione del diritto di voto a tutti gli uomini e a tutte le donne maggiorenni (la maggior età era allora fissata in Gran Bretagna per entrambi i sessi a 21 anni). Le donne inglesi non furono le prime a raggiungere pari diritti politici. Nel 1869 il Wyoming, ancora “territorio” e non Stato, garantisce nella sua costituzione «uguali diritti politici a tutti i cittadini, sia maschi che femmine». Contemporaneamente in Gran Bretagna le donne si vedono riconosciuto il diritto di voto nelle elezioni amministrative locali e la possibilità d’essere elette nei consigli parrocchiali e di distretto. Passano venti anni: il Wyoming chiede d’essere ammesso all’Unione; Washington risponde che prima è necessario che abolisca il suffragio femminile; il Wyoming non recede: «noi rimarremo fuori dell’Unione ancora cent’anni piuttosto che farne parte senza le nostre donne»58. Il 10 luglio 1890 il Wyoming è accolto nell’Unione alle sue condizioni: le donne dello Stato hanno diritti elettorali eguali a quelli degli uomini. In quello stesso anno nasce la National American Woman Suffrage Association (Associazione nazionale americana per il suffragio femminile). Tre anni dopo il voto femminile è conquistato in Colorado e in Nuova Zelanda. Nel 1895 sono le donne dell’Australia del Sud che hanno il suffragio e l’anno successivo i diritti politici sono ottenuti dalle donne dello Utah e Quando il voto alle donne? in Corso di storia, L’età contemporanea, Zanichelli, Bologna 1990, pp. 1224-1225. 58 62 dell’Idaho. Nel gennaio 1918 la Camera dei Rappresentanti approva il XIX emendamento alla Costituzione degli Usa che prevede il suffragio femminile. L’iter degli emendamenti costituzionali è lungo: le donne dell’intera Unione avranno diritto di voto solo dall’agosto 1920. Nello stesso 1918 la Camera dei Comuni britannica adotta il Representation of People Act (Legge sulla rappresentanza popolare) che prevede il suffragio maschile dai 21 anni in su e il voto alle donne che abbiano compiuto 30 anni. In quel medesimo anno, che vide la fine del 1° conflitto mondiale, altre donne conquistano eguali diritti politici, sebbene in un regime assai diverso, le donne della repubblica federativa sovietica russa, seguite poi, di lì a poco da quelle delle altre repubbliche dell’Urss. L’anno successivo, mentre il XIX emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti procede nel suo cammino costituzionale, hanno diritto di voto le donne tedesche e quelle svedesi. Con la conquista definitiva del voto da parte delle donne inglesi nel 1928 il movimento pare arrestarsi. Il suffragio femminile riprenderà impetuoso il suo cammino all’indomani del secondo conflitto mondiale: conquisteranno allora il diritto di voto le donne francesi, italiane, giapponesi, cinesi (dopo la vittoria della rivoluzione maoista) e di molti altri paesi. Fra le ultime a ottenere il suffragio, le svizzere (1971), il paese dove nel 1868 aveva preso avvio l’Association international des femmes (Associazione internazionale delle donne). Le suffragette adottarono un metodo di lotta duro: manifestazioni, cortei, disturbo dei comizi e delle attività politiche. I liberali erano esasperati. Le 63 suffragette – scrisse uno di loro nelle sue memorie – «erano un’autentica persecuzione, non si poteva fare un passo senza trovarsele di fronte, urlanti come scimmie. Fummo costretti a mettere guardie intorno al parlamento anche di notte, per impedire che si infiltrassero dentro... Ne facevano proprio di tutte. Scrivevano sui muri e una volta, per boicottare un censimento, cancellarono i numeri civici di una dozzina di strade di Londra. Alcune, le più violente, portavano pietre nel manicotto e con quelle sfasciavano le vetrine dei negozianti che si erano espressi contro il voto delle donne. Un’altra volta riempirono di mostarda appiccicosa una ventina di cassette per le lettere, rovinando chili di corrispondenza perché gli indirizzi non si leggevano più»59. Governo e forze dell’ordine reagirono con asprezza. Le militanti vennero malmenate, fermate, multate, imprigionate. Spesso il loro reato era stato solo quello d’interrompere un discorso politico o di disturbare un dibattito parlamentare chiedendo, a voce alta, «Quando il voto alle donne?» 2. 1900 Il 1900 inizia a vedere le prime vincite delle donne e la sua rivendicazione come individuo autonomo. Nel solco della crescente pratica dell'associazionismo, soprattutto nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento, nacquero le prime vere e proprie organizzazioni femministe. In Europa e negli Stati Uniti per iniziativa di gruppi di Gabriella Parca, L'avventurosa storia del femminismo di Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano, Prima edizione Collana Aperta maggio 1976. 59 64 donne maggiormente sensibilizzate e intraprendenti, sorsero decine di associazioni e di giornali femminili attorno a temi specifici, oppure come diramazioni dei partiti di ispirazione socialista o cattolica. In primo luogo le associazioni femminili si proponevano di avviare una serie di riforme giuridiche e politiche. Con il matrimonio la donna perdeva infatti quasi tutti i diritti civili: le femministe contestavano il diritto del marito di prendere tutte le decisioni sulla vita coniugale; chiedevano che la donna mantenesse la possibilità di amministrare personalmente il proprio patrimonio; chiedevano l'istituzione del divorzio; criticavano il fatto che spettasse solo al marito decidere dell'educazione dei figli; contestavano la legislazione punitiva nei confronti delle madri nubili e dei loro figli. Inoltre le femministe chiedevano il varo di leggi che regolamentassero la prostituzione ed esigessero un salario uguale a quello degli uomini a parità di lavoro. Ma soprattutto, a fine secolo, le richieste si concentravano sul diritto di voto alle donne. Una delle prime rivendicazioni femministe verteva sull'ottenimento di una istruzione migliore per le donne. Le femministe chiedevano l'apertura delle scuole superiori, delle università e delle professioni liberali e l'istituzione di classi scolastiche miste, dove non si perpetuasse la distinzione tra una cultura "seria" e astratta, destinata agli uomini, e una accessoria e pratica, destinata alle donne. Tra l'altro, l'insegnamento era una delle pochissime professioni intellettuali riservate alle donne (nei suoi livelli inferiori) e non a caso molte delle prime femministe furono insegnanti. Mentre l'esigenza di ottenere indipendenza economica attraverso il lavoro e di gestire liberamente il proprio patrimonio era tipica delle donne borghesi, le operaie chiedevano soprattutto la fine dello sfruttamento salariale, il divieto di 65 lavoro notturno, il limite di otto ore alla giornata lavorativa ecc. Le prime femministe italiane di ispirazione socialista avanzarono la richiesta di considerare lavoro a tutti gli effetti anche quello domestico e quindi di retribuirlo. Per sollecitazione di Clara Zetkin (1857-1933), dirigente comunista tedesca e teorica dell'emancipazione femminile, l'Internazionale socialista istituì, nel 1910, la giornata internazionale della donna, che oggi si celebra l'8 marzo. Effettivamente la condizione socioeconomica delle donne fra fine ‘800 e primi del ‘900 era di drammatica disparità. I dati stessi su cui basare le ricerche sono molto scarsi perché, pur essendo più diffuso di adesso, il lavoro femminile difficilmente veniva riconosciuto come tale: quasi tutte le donne occupate nell’agricoltura non venivano riconosciute come lavoratrici, a meno che non fossero titolari di una proprietà o di un contratto di affitto. In ogni caso lo stipendio era in genere poco più della metà di quello dei lavoratori di sesso maschile. Poiché anche il lavoro dei bambini era assai diffuso, e sottopagato, prima della prima guerra mondiale furono emanate alcune leggi per tutelare "donne e fanciulli", quali soggetti deboli e sfruttati. I salari più bassi delle donne venivano percepiti dagli altri lavoratori come una forma di concorrenza sleale, e quindi le prime proposte di legge cercavano di garantire un minimo salariale alle lavoratrici, anche per "mantenere sul mercato" la manodopera maschile. La legge italiana sul lavoro femminile del 1902 finì per limitare ancora una volta i diritti delle donne: se da un lato essa concedeva quattro settimane di riposo - non pagato - alle puerpere, dall’altro vietava l’impiego di lavoratrici in alcuni lavori ritenuti "pericolosi". I lavori "pericolosi" contenuti nel decreto attuativo erano in realtà lavori ideologicamente ritenuti incompatibili con le attitudini femminili (attivazione di macchine, trattamenti di 66 polveri e materiali "sconvenienti" o tali da richiedere una manipolazione complessa). Lo Stato mostrava così di voler favorire al massimo il rientro delle donne in quella che riteneva essere la loro sede naturale: la casa. D’altronde nell’enciclica papale Rerum Novarum, uscita in quegli anni, era scritto: «Certi lavori non si confanno alle donne, fatte da natura per i lavori domestici, i quali grandemente proteggono l’onestà del debole sesso»60. La legge del 1902 tradiva anche la speranza di ridurre il divario salariale con gli uomini: le lavoratrici fra i 16 e i 21 anni, venivano equiparate in capacità e abilità ai lavoratori con meno di 15 anni. E questa era l’unica prescrizione in materia di stipendi. Nel frattempo era emersa chiaramente l’ostilità della maggioranza dei lavoratori di sesso maschile a qualunque norma a favore delle lavoratrici nel timore che potesse aumentare la concorrenza del lavoro femminile. Così anche il Partito Socialista e le sue organizzazioni sindacali non appoggiavano la causa della tutela del lavoro femminile, nonostante lo slogan socialista: «Le donne che lavorano come voi sono uomini». Sul versante dei diritti civili e politici, erano nate frattanto l’Associazione nazionale per la donna a Roma nel 1897, l’Unione femminile nazionale a Milano nel 1899 e nel 1903 il Consiglio nazionale delle donne italiane, aderente al Consiglio internazionale femminile. Sul fronte dell’istruzione, venne permesso soltanto nel 1874 l’accesso delle donne ai licei e alle università, anche se in realtà continuarono ad essere respinte le iscrizioni femminili. Ventisei anni dopo, nel Evastella. http://evastella.altervista.org/donne/donnenelmondo.htm 60 67 1900, risultano comunque iscritte all’università in Italia 250 donne, 287 ai licei, 267 alle scuole di magistero superiore, 1178 ai ginnasi e quasi 10.000 alle scuole professionali e commerciali. Quattordici anni dopo le iscritte agli istituti di istruzione media (compresi gli istituti tecnici) saranno circa 100.000. Il titolo di studio però non garantisce ancora l’accesso alle professioni. Nel 1881 infatti una sentenza del Tribunale annullò la decisione dell’Ordine degli avvocati di ammettere l’iscrizione di Lidia Poët, laureata in legge e procuratrice legale. Nel 1877 venne però approvata una legge che ammetteva le donne come testimoni negli atti di stato civile. La scuola e il modo in cui organizzarla è stata sempre oggetto di scontri culturali e politici e un particolare interesse può avere la ricostruzione del dibattito sull’educazione delle donne. A partire dall’Unità d’Italia si sono scontrati e confrontati modelli femminili di istruzione proposti dalle donne più innovatrici (le donne che incidono maggiormente sono quelle che fanno parte, come Anna Maria Mozzoni o Anna Kuliscioff, dei movimenti emancipazionisti e socialisti, ma vi sono anche donne di esplicita fede cattolica e donne facenti parte delle classi nobili o dell’alta borghesia) e modelli maschili di istruzione proposti dagli uomini più conservatori (intellettuali cattolici e laici convinti che le donne devono essere educate ma non istruite e che la vocazione della donna è la famiglia e non lo studio, per cui vedere una donna con un libro o un giornale è impensabile come vedere un uomo che fa l'uncinetto). Per quanto riguarda i modelli di istruzione maschili relativi alla donna, l'immagine che viene trasmessa deriva in maggior parte dal ruolo attribuito alla donna nel Settecento da un pedagogista come Rousseau, che voleva la donna non istruita, ma solo educata per un ruolo familiare e subordinata all'uomo in tutte le 68 attività intellettuali; quando parla di Sophie, ne parla solo come futura moglie di Emilio, scrive che l'educazione delle donne deve essere relativa agli uomini. I loro obiettivi sono quelli di piacere agli uomini, essere gentili, farsi amare e rispettare, educarli da giovani, curarli da grandi, consolarli, consigliarli, semplificargli e rendergli la vita piacevole. Questi dovrebbero essere i doveri che, secondo Rousseau, bisogna insegnare sin dall'infanzia. Prendendo in considerazione questo confronto/scontro tra modelli maschili e femminili di istruzione è interessante rileggere le leggi sulla scuola dello Stato italiano. La legge Casati61, varata in Piemonte nel 1859, presenta nelle sue linee generali un modello di istruzione in cui lo Stato è direttamente responsabile solo della formazione di tipo liceale-universitario pensata per la classe dirigente maschile, mentre sono escluse le donne nel loro complesso e gli uomini della classe popolare. L'istruzione di base e quella tecnica non vengono generalizzate ma sono affidate come spesa ai Comuni, facendo sì che i Comuni più poveri, situati soprattutto nel sud Italia, avessero i tassi più elevati di analfabetismo e le più vistose carenze di persone con formazione tecnica. Le donne dei movimenti emancipazionisti devono condurre una lunga battaglia perché, alla fine dell'Ottocento, comincino a cadere le barriere formali alle scuole tecniche, ai licei e all'università. Alcuni intellettuali, come Pasquale Villari, iniziano a promuovere politiche scolastiche più favorevoli al sesso femminile (Villari sposa un'intellettuale inglese, Linda White, che gli permette di entrare in contatto con le elaborazioni più all'avanguardia sui diritti delle donne in Inghilterra). Legge 13 novembre 1859, n. 3725. 61 69 I segnali di apertura ad un'immagine di donna “con un libro e un giornale in mano” si interrompono bruscamente con la riforma Gentile62 del 1924, che riteneva le donne non avessero “quella originalità del pensiero né quella ferrea vigoria spirituale” che sono “i cardini della scuola formativa e dello spirito superiore del Paese”. Con il propagarsi dell'ideologia fascista si chiuderanno d'altra parte non solo le possibilità di mobilità sociale attraverso la scuola (così come proponeva Gentile con la sua riforma), ma la libertà stessa dell'insegnamento; e negli ultimi anni del fascismo la Carta della scuola di Giuseppe Bottai erigerà un monumento all'uomo fascista, con accanto l'immagine subalterna della donna sposa e madre. I tentativi di escludere il sesso femminile sia dall'accesso alla cultura che, ancor di più, dalla produzione di cultura, è un atteggiamento diffuso dei poteri maschili che costantemente si ripropone nella storia. In questa esclusione i saperi scientifici e tecnologici hanno giocato, come afferma Donna Haraway, esponente del femminismo statunitense, la parte del leone, tanto da poter asserire che l'unica cosa di cui vale occuparsi è la scienza. Il recente sviluppo della storia delle donne ha fatto emergere tra Ottocento e Novecento una straordinaria ricchezza di posizioni femminili che si oppongono al modello di istruzione più reazionario nei confronti delle donne. Nel periodo precedente all'Unità d'Italia, Eleonora Pimentel Fonseca si trova a dover lottare contro un marito che le impedisce, una volta sposata, di proseguire gli studi e solo dopo una separazione molto contrastata potrà affermarsi come direttrice del Monitore Napoletano, elaborando un progetto per l'istruzione La riforma Gentile è una serie di atti normativi del Regno d'Italia e fu emanata con diversi regi decreti legislativi 31 dicembre 1922, n. 1679 (delega); 6 maggio 1923, n. 1054 (scuola media di 1º e 2º grado); 16 luglio 1923, n. 1753 (amministrazione scolastica); 30 settembre 1923, n. 2102 (università) e 1º ottobre 1923, n. 2185 (scuola elementare). 62 70 femminile nel tentativo di aprire le strade all'istruzione alle nuove generazioni di ragazze. Dopo l'Unità d'Italia vi sono donne aristocratiche che diffondono idee a favore delle donne dai loro “salotti”: ad esempio Cristina di Belgioioso scrive nel 1886 nel saggio «Della presente condizione delle donne e del loro avvenire» che «i sapienti, gli scienziati, i poeti, gli uomini di Stato ecc…, godono dell'universale rispetto, mentre l'ignorante e l'ozioso sono derisi e tenuti in nessun conto. Ma della donna si richiede espressamente la più completa ignoranza». A favore dell'istruzione (e di una diversa istruzione) delle donne e degli uomini incide in Italia il movimento emancipazionista, che ha come punto di riferimento principale Anna Maria Mozzoni (1837-1920), che fonda società femminili, fa inchieste e presenta petizioni in Parlamento all'interno di una rete molto ampia di collegamenti tra donne di diverse città e punti di riferimento politici. Nel 1864 scrive ne La donna e i suoi rapporti sociali che «l'istituzione ed il lavoro, ecco le sole forze che possono e debbono risollevare la donna ed emanciparla: finché la società non l'avrà fatto nessun argine resisterà al torrente della corruzione, niuna diga si opporrà al degradamento morale e materiale della specie»; la sua posizione è per l'accesso delle donne a tutti i tipi di sapere e a tutte le carriere, contro le discriminazioni nei luoghi di studio e di lavoro. In questa battaglia emancipazionista delle donne il fulcro non è solo l'uguaglianza al mondo maschile, ma una ricerca più complessa di identità. Maria Pastore Mucchi (in un articolo sul La donna del 5 aprile 1909) scrive: «Che cosa vuole la donna moderna? Diventare ragione senza perdere il sentimento, diventare diritto senza perdere il dovere, diventare lavoro senza perdere poesia. Ecco perché la mentalità a cui aspirano le donne contemporanee è uno dei grandi segni precursori dei tempi 71 nuovo e sarà una delle più grandi potenze dell'avvenire».63 L'equazione percorsi femminili = percorsi deboli oggi non è più così diffusa. Se si guardano le ultime statistiche si può osservare che non solo le ragazze sono in tutti gli indirizzi del sistema scolastico e professionale, ma hanno superato i ragazzi nella frequenza e regolarità degli studi arrivando in più elevate percentuali al diploma e alla laurea. Seguono una tabella e un grafico degli immatricolati dell'anno accademico 2014/2015 per area disciplinare e genere64: La propensione maschile verso le discipline scientifiche si riflette anche nella composizione per genere delle aree: in tutte si nota una maggior presenza di donne, fatta eccezione dell'area scientifica. Art-litteram. http://www.art-litteram.com/index.php?option=com_content&task=view&id=523&Itemid=27 64 Istruzione. http://www.istruzione.it/allegati/2015/focus_giugno2015.pdf 63 72 2.1 Le trasformazioni della Prima Guerra Mondiale Le conseguenze sociali, politiche, economiche e psicologiche portate dalla guerra si spingono oltre i danni da essa inferti alle persone e ai beni. Si tratta di un radicale mutamento nel sistema di vita. Il meccanismo delicato della produzione e degli scambi è instabile; il governo assume il diretto controllo delle imprese sia per rifornire l’esercito di uomini e materiali, sia per provvedere al sostentamento del paese. In ogni nazione coinvolta nel conflitto emerge il bisogno di accrescere la produzione industriale; è necessaria una stretta collaborazione con gli operai, per cui si accresce il loro peso politico e quello dei loro sindacati. La richiesta di uomini al fronte porta al massiccio impiego di manodopera femminile nelle fabbriche, tutto ciò permette di compiere passi decisivi ai movimenti femministi per il riconoscimento della parità dei sessi. Le lavoratrici svolgono mansioni nelle quali non erano mai state impiegate prima di allora. «Se le donne occupate nelle fabbriche smettessero di lavorare per venti minuti la Francia perderebbe la guerra» Joseph Joffre La guerra del 1915-18 impose un deciso cambiamento nella società europea: non soltanto, infatti, il peso delle sofferenze e delle fatiche belliche gravò pesantemente sulla popolazione civile - e in particolare sulle donne, rimaste a capo della famiglia - ma impose anche la cosiddetta "mobilitazione totale", cioè la necessità di impegnare per la guerra tutti i cittadini e le risorse nazionali. Un numero crescente (benché non elevatissimo) di donne entrò allora nel mercato del lavoro al posto degli uomini inviati al fronte, con ruoli non sussidiari ma indispensabili; si 73 trattava però di un cambiamento parziale e provvisorio, perché queste donne erano discriminate sul piano salariale, poiché a parità di lavoro guadagnavano molto meno dei loro colleghi uomini, e furono licenziate appena terminata la guerra. Circolari ministeriali permisero infatti l’uso di manodopera femminile fino all’80% del personale nell’industria meccanica e in quella bellica. Rimane comunque il fatto che l'opportunità di lavorare fuori casa accrebbe la possibilità delle donne di occupare posizioni socialmente più elevate e gratificanti, di dimostrare di valere nel lavoro quanto gli uomini, di uscire dal tradizionale ruolo casalingo e di acquistare maggiore autocoscienza e autostima. Tuttavia, grave limite di tutte queste conquiste fu che esse si rivelarono effimere: la fine della guerra catapultò nuovamente le donne verso i ruoli tradizionali di tutrici degli affetti e della famiglia, dispensatrici di servizi gratuiti, e, invece di ridurli, rafforzò i tradizionali stereotipi sessuali. La fine del conflitto vide il riaffermarsi di ideologie maschiliste, militariste, intolleranti e violente. Basti pensare all'esaltazione che il movimento del Futurismo incitando odio verso il femminismo. Già negli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale, in alcuni stati come Finlandia, Norvegia, Danimarca, le donne godevano di alcuni diritti politici; però le suffragette realizzarono i primi successi solo nel 1918: le donne inglesi ottennero il diritto al voto che, in seguito fu esteso anche agli altri stati europei. Nei primi trent'anni del secolo assistiamo a delle piccole vittorie femminili in campo politico: nel 1929 la Finlandia nomina una donna Ministro degli Affari Esteri, in Belgio viene eletta la prima donna-deputato alla Camera, nel 1930 in Canada abbiamo una donna in Senato. 74 2.2 Dalla Prima Guerra Mondiale al Fascismo La lotta femminile italiana per il suffragio universale, con l'estensione del diritto al voto solo ai maschi nel 1912, si conclude con una sconfitta; l'associazionismo femminile ne risente di ciò ed è fallito il disegno unificatore espresso nel grande Congresso Nazionale del 1908. Le lotte sindacali, però, continuarono vivacemente grazie alle donne. Lottarono per la modifica della legislazione, per l'ingresso nelle professioni, in quelle civili come contro la tratta delle bianche e l'analfabetismo diffuso, e si intensificarono e si raffinarono le opere sociali. Nel dopoguerra riprese il dibattito sul voto alle donne. Il neonato Partito Popolare appoggiava il suffragio femminile. Secondo Don Sturzo infatti: «Noi che abbiamo nel nostro programma cristiano l’integrità e lo sviluppo dell’istituto familiare, sentiamo che a questo programma non si oppone, in alcun modo, la riforma del suffragio alla donna, che anzi è conseguente ad esso ogni riforma la quale tenda ad elevare la donna e a conferirle nella vita autorità, dignità e grandezza»65. Al termine della guerra il costume subì una trasformazione; a dimostrarlo è il taglio dei capelli e delle gonne. Ma è tutto molto relativo, poiché il voto alle donne passa senza ulteriori difficoltà alla Camera dei deputati, anche se poi si vedrà la sconfitta con la fine della legislatura. È vigente la legge che ammette le donne in tutte le professioni; ciò durerà solo fino al 1920 con il licenziamento di tutte le donne da tutti gli impieghi pubblici e l'espulsione dalle fabbriche per ridare il posto ai reduci. Nel 1919, venne abolita l’autorizzazione maritale, con notevoli limitazioni, dando così alle donne almeno l’emancipazione giuridica. Il 6 settembre del 1919 la Camera approvò la legge sul suffragio femminile, con 174 voti Storia XXI secolo. http://www.storiaxxisecolo.it/larepubblica/repubblicadonne.htm 65 75 favorevoli e 55 contrari. Le Camere però vennero sciolte prima che anche il Senato potesse approvarla. L’anno successivo di nuovo la legge venne approvata alla Camera, ma non fece in tempo ad essere approvata al Senato perché vennero convocate le elezioni. Nel marzo del 1922, Modigliani presentò una semplice proposta di legge, il cui articolo unico recitava: «Le leggi vigenti sull’elettorato politico e amministrativo sono estese alle donne»66. Tale proposta, ancora una volta, non poté essere discussa e nel mese di ottobre vi fu la Marcia su Roma. Il fascismo in verità concesse il diritto di voto passivo ad alcune categorie donne per le sole elezioni amministrative. Mussolini stesso, intervenendo al congresso dell’Alleanza internazionale pro suffragio aveva detto che il fascismo aveva intenzione di concedere il voto a parecchie categorie di donne. La legge Acerbo67 (ironicamente chiamata del "voto alle signore") concedeva infatti il voto alle decorate, alle madri di caduti, a coloro che esercitassero la patria potestà, che avessero conseguito il diploma elementare, che sapessero leggere e scrivere e pagassero tasse comunali pari ad almeno 40 lire annue. Il fascismo però subito dopo abolì quelle stesse elezioni amministrative a cui aveva ammesso le donne. L’Associazione per la donna fu sciolta, mentre la nuova presidente del Consiglio nazionale delle donne italiane fu nominata da Mussolini, segnando così la fine dell’associazione. L’Unione femminile nazionale rimase in vita a lungo, anche se priva di significato politico. Sopravvisse insomma soltanto l’Unione femminile cattolica, allineata al fascismo e al ruolo di subordinazione della donna ribadito dal papa nell’Enciclica Casti Connubi, dove fra l’altro auspicava: «Da una parte la Legge 19 giugno 1913 n. 64. Legge 18 novembre 1923, n. 2444. 66 67 76 superiorità del marito sopra la moglie e i figli, dall’altro la pronta soggezione e ubbidienza della moglie, non per forza ma quale raccomandata dall’apostolo»68. Il regime fascista avrà una “politica femminile” a differenza dello Stato liberale. Questa politica ingloberà le esperienze del femminismo ottocentesco per il sostegno alla maternità (l'Opera nazionale maternità e infanzia69) non però a tutela dei diritti delle donne e dei bambini ma per una politica demografica di potenza. Le basi della legislazione fascista sono costruite su una disuguaglianza fra i sessi, sulla sottomissione della donna all'uomo, chiudendola nella funzione di procreare come forma propria del rapporto con la Nazione. Respinsero le donne dall'insegnamento nei licei, limitarono la presenza femminile negli impieghi pubblici, ridussero i salari e così via. L'atteggiamento visceralmente maschilista della dittatura fascista portò ad una retrocessione della condizione femminile sul piano della dignità, della famiglia, degli studi e del lavoro. Infatti, attraverso la propaganda fascista si condannò le donne al ruolo di semplici mogli e madri, dipendenti dall'uomo, alle quali venne via via limitata la possibilità di avere una sfera di vita autonoma e privata. Ovviamente, furono presenti limitazioni man mano sempre più ristrette per quanto riguarda l'accesso allo studio e quello a posti di lavoro qualificati. Per salvare la potenza statale messa in difficoltà dalla crisi demografica, il regime cercò in tutti i modi di assicurare il controllo sulle popolazioni interne. Di fronte a un'agricoltura inefficiente e a un settore industriale concentrato, che offriva bassi salari agli operai, le donne dovevano comportarsi come consumatrici avvedute e Cpdonna. http://www.cpdonna.it/cpd/index.php?option=com_content&task=view&id=72&Itemid=57 69 L'ONMI, acronimo di Opera nazionale maternità e infanzia, è stato un ente assistenziale italiano fondato nel 1925 allo scopo di proteggere e tutelare madri e bambini in difficoltà. L'Opera fu sciolta nel 1975. 68 77 amministratici domestiche efficienti lavorando anche nell'economia nera per arrotondare le entrate familiari. Allo scopo di limitare l'impiego di manodopera femminile sottopagata, in presenza di un'elevata disoccupazione maschile, il regime escogitò un elaborato sistema di tutele e divieti teso a regolare il lavoro delle donne. Nel 1927, le donne videro i loro salari ridursi alla metà di quelli corrispondenti maschili. A presa in giro del vecchio slogan femminista, “salario eguale per lavoro eguale”. Il suo lavoro veniva valutato esattamente la metà di quello del suo collega, ed era già tanto se non le veniva tolto del tutto. Difatti, come ricordò più volte Mussolini nei suoi discorsi sulla “missione” della donna: quella di «far figli, molti figli, per dare soldati alla patria». Lo slogan “la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo” era scritto sulle facciate delle case di campagna e sulle copertine dei quaderni che le italiane usavano a scuola. La prolificità veniva esaltata al massimo, quasi fosse la miglior qualità femminile: ad esempio, era solito trovare famiglie composte da dieci o più figli. Avere numerosi figli era un grande titolo di merito di fronte al regime, anche se poi le famiglie numerose nuotavano nella miseria e i bambini non avevano da mangiare. Naturalmente qualsiasi idea di controllo delle nascite era severamente bandita, e furono inasprite nel codice Rocco le pene contro ogni forma di educazione demografica, che veniva considerata un attentato “all’integrità della stirpe”. L'aborto era come un crimine contro lo Stato e censurarono l'educazione sessuale. Fu relegata in casa a far figli e furono emanate delle leggi che le impedivano di svolgere attività extra-casalinghe, soprattutto se di tipo intellettuale. Sempre nel 1927 ci fu la prima offensiva nell'insegnamento. Si esclusero le insegnanti dalle cattedre dei licei di lettere e filosofia, poi le tolsero all'insegnamento di altre materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie, e infine 78 si vietò che fossero dirigenti o presidi di istituto. Perciò, un modo per togliersi il problema direttamente alla radice, per scoraggiare le famiglie a far studiare le proprie figlie si raddoppiarono le tasse scolastiche. Si ritornò all'immagine della donna come quella di procreatrice e oggetto sessuale. Mentre da un lato Mussolini e i suoi compagni pompavano il mito della virilità, dall'altra parte si creava quello di una femminilità totalmente sottomessa all'uomo. Man mano che la dittatura assegnò maggior peso alla famiglia le donne cominciarono ad acquisire una maggior consapevolezza della questione pubblica, assumendo nuovi ruoli nella società: donne di ceto sociale elevato ottennero un ruolo importante nella preparazione della normativa sulla condotta familiare e nel farle apprendere anche alle donne di condizione inferiore. La donna, infatti, era considerata non preparata alla maternità, debole e imperfetta nel ruolo di mamma. L'educazione familiare veniva trasmessa attraverso corsi per casalinghe, lezioni sull'allevamento dei figli e riunioni guidate dai gruppi femminili fascisti. Solo il 25% di esse possedeva un'occupazione. 70 Per non creare competizione tra uomini e donne sul mercato del lavoro, il fascismo sviluppò la legislazione anche per evitare che il lavoro femminile fosse considerato un punto di slancio verso l'emancipazione: all'interno dei gruppi sindacali gli uomini costituivano una base da rappresentare e avevano un rapporto attivo, al contrario delle donne, il cui ruolo era estremamente passivo ed erano delle assistite, incapaci di potersi sostenere da sole. Durante il congedo per la gravidanza venivano retribuite solo nei primi due mesi e una volta ripreso il lavoro avevano due sole pause giornaliere per l'allattamento, finché il bimbo non avesse compiuto un anno di vita. La Legge Sacchi, 1919, le donne vennero riconosciute idonee alla maggior parte degli impieghi statali 70 79 mobilitazione femminile di massa cominciò solo negli anni '30, quando il Partito Nazionale Fascista (PNF) promosse uno svariato numero di organizzazioni femminili, le quali rimasero comunque incapaci di dar voce ai problemi delle donne, in quanto strettamente controllati dal segretario del PNF. Sebbene venisse riconosciuto alle donne il diritto di cittadinanza, il fascismo non le portò mai all'emancipazione, all'autonomia, ma soltanto a nuovi doveri nei confronti della famiglia e dello stato e all'obbedienza. Il Codice di Famiglia era già abbastanza conservatore, ma venne lo stesso inasprito dal fascismo: le donne vennero poste in uno stato di totale subordinazione di fronte al marito che poteva decidere autonomamente il luogo di residenza ed al quale le donne devono eterna fedeltà, anche in caso di separazione. Sul piano economico tutti i beni appartenevano al marito, ed in caso di morte venivano ereditati dai figli, mentre alla donna spettava solo l’usufrutto. Il nuovo Codice Penale confermò tutte le norme contrarie alle donne, aggiungendo inoltre l’art. 587 che prevedeva la riduzione di un terzo della pena per chiunque uccidesse la moglie, la figlia o la sorella per difendere l’onore suo o della famiglia (il cosiddetto "delitto d’onore"). Le donne condannate per antifascismo durante il ventennio sono poche, ma le partigiane furono tutt’altro che poche. Per il CNL-Alta Italia, le donne aderenti alla Resistenza furono: 75.000 appartenenti ai Gruppi di Difesa, 35.000 partigiane, 4563 tra arrestate torturate e condannate, 623 fucilate e cadute, 2750 deportate, 512 Commissarie di guerra, 15 decorate con Medaglia d’Oro. Se si pensa che il numero complessivo dei partigiani è valutato in circa 200.000 persone, si può vedere che le donne rappresentarono circa il 20% di essi; fra i caduti e i fucilati invece il loro numero delle donne è nettamente inferiore (circa l’1%), perché i combattimenti di prima linea, così come 80 le fucilazioni, coinvolgevano raramente le donne, tenute al riparo dai loro commilitoni maschi.71 «La donna deve ritornare sotto la sudditanza assoluta dell’uomo, padre o marito, sudditanza e, quindi, inferiorità spirituale, culturale ed economica»72 Il “modello” femminile fascista era ambiguo: da una parte si faceva molta retorica sul l'”eroica donna romana”, stile Cornelia madre dei Gracchi o Clelia, che attraversò il Tevere a nuoto dopo aver assassinato il nemico; dall'altra parte si puntava ad un esempio di madre perfetta casalinga e schiava dell'uomo. Le donne nate o cresciute durante il fascismo non ebbero un vero e proprio modello culturale da seguire o aspirare, ma solamente un'ideale di figura di riferimento. Si ritrovarono in una prigione, una campana di vetro, ignorando completamente cosa potesse accadere alle proprie coetanee al di fuori del confine nazionale, tranne per quelle mere informazioni che la propaganda fascista faceva trapelare. Il 1 febbraio del 1945, su proposta di Togliatti e De Gasperi venne finalmente concesso il voto alle donne. La Costituzione garantiva l’uguaglianza formale fra i due sessi, ma di fatto restavano in vigore tutte le discriminazioni legali vigenti durante il periodo precedente, in particolare quelle contenute nel Codice di Famiglia e il Codice Penale. Per un soffio l’indissolubilità del matrimonio non fu iscritta nella Costituzione stessa, grazie all’emendamento di un deputato saragattiano. Unipd. http://www.unipd.it/forumpolitichegenere/donnepolitica/cronologia.htm_pagina=41.htm Loffredo F., Politica della famiglia, Bompiani, Milano, 1938, p. 361. 71 72 81 2.3 Seconda ondata del movimento femminista Anni '60. Il movimento femminista riprende piede ma si allontana da quello ottocentesco. Dopo aver acquisito dei diritti politici e civili, la delusione di vedere che quella vittoria non ha portato mutamenti della società, continuano ad essere dominanti i modelli culturali maschili e le donne restano una maggioranza ancora oppressa. Le vittorie acquisite sono puramente formali e si arriva alla conclusione di dover passare dalla semplice emancipazione alla liberazione delle donne andando alle radici della differenza di potere. Bisogna rileggere in chiave femminista l'antropologia, la storia, il diritto, la teologia per poter capire l'origine e la perpetuazione di questa asimmetria fra i sessi. La seconda ondata dei primi movimenti femministi nascono negli anni Sessanta: negli Stati Uniti nel 1966 viene fondato il NOW (National Organization for Women) mentre, grazie alla diffusione dei testi del femminismo americano, a Milano nello stesso anno nasce il primo collettivo, il gruppo DEMAU (Demistificazione Autoritarismo). In Europa e negli Stati Uniti il neofemminismo in contemporanea con il movimento studentesco tentano di sovvertire gli equilibri, la società occidentale. Questi due movimenti hanno in comune oltre la tendenza internazionalista anche la carica antiautoritaria e antistituzionale, il rifiuto delle ideologie passate e il muoversi con azioni collettive. La famiglia è l'obiettivo primario della critica di entrambi i movimenti negli USA, e ancora di più in Europa e in Italia, poiché è il luogo dove si determinano i ruoli fissi della gerarchia sociale (per il movimento studentesco) e sessuale (per il 82 movimento femminista), secondo lo schema uomo-padre-patriarca-padrone e donna-madre- regina della casa. Le donne che partecipano al movimento fanno realizzare agli studenti che protestano contro il sistema, che è organizzato e composto in maggioranza da uomini. Il movimento femminista mette in evidenza l'intreccio tra dominio sociale e sessualità maschile. Il luogo in cui si sviluppa la personalità autoritaria del capofamiglia è la famiglia, e il movimento studentesco lotta contro essa; mentre il femminismo mette in discussione il modello della madre passiva, muta, perbenista, conformista. Nuovi ostacoli si presentano durante la battaglia antiautoritaria del '68 fronteggiata da ragazzi e ragazze (studenti ma, soprattutto in Italia, anche operai), e in particolare la presenza di certe dinamiche maschiliste che vi sono all'interno dei movimenti; “l'angelo del focolare viene sostituito dall'angelo del ciclostile”. Durante questi anni, la legislazione va verso il riconoscimento di alcuni diritti politici e civili delle donne ma c'è una nuova frontiera da eliminare: la discriminazione che trasforma le differenze sessuali e biologiche in differenze sociali e culturali, che ancora rilegano il sesso femminile ad uno stato inferiore. Per rimanere in Italia, nel 1961 veniva sancito il diritto alla parità di stipendio nel settore industriale: fino ad allora l'essere uomo garantiva la percezione di una busta paga più generosa. L'ingiusta ripartizione diseguale su base sessuale viene vietata anche nel campo commerciale e in agricoltura. Nel '63 si compie un passo importante: l'istituzione della pensione alle casalinghe, il divieto di licenziamento per matrimonio e il riconoscimento del diritto della donna ad accedere a tutte le cariche, 83 compresa la Magistratura73. Nella vita privata, nella relazione di coppia, nella vita sessuale, nella famiglia, nel cerchio delle amicizie e infine anche nella politica si esercita e perpetua il controllo sessuale e sociale sul sesso femminile. Da emancipazione si passa a liberazione. L'obbiettivo principale diventa l'affermazione della differenza della donna, intesa come assunzione storica da parte delle donne della propria identità di genere e come ricerca di valori nuovi per una una totale trasformazione della società. Il neofemminismo si prefissa di trasformare la società, e quindi una cultura, che tenga conto delle particolarità femminili garantendo al contempo dell'uguaglianza dei diritti. Questo nuovo di pensare ha gettato le basi per la creazione di diversi gruppi e movimenti che giocheranno un ruolo importante per le battaglie negli anni Settanta a favore della liberazione della donna da alcune imposizioni sociali. È importante ricordare le lotte per la legalizzazione dell'aborto, che rappresentava non solo una questione di tutela sanitaria della donna (costretta fino ad allora a ricorrere all'aborto clandestino, che ogni anno causava decine di miglia di morti in ogni paese europeo), ma anche il diritto di gestire il proprio corpo. La lotta per la legalizzazione dell'aborto andava in concomitanza con la campagna a favore della contraccezione. In Europa, l'aborto divenne legale nel corso degli anni Settanta, in Italia con la Legge n° 194 nel 1978. Ogni gruppo e movimento erano anche molto diversi e divisi al loro interno. Scrive Elda Guerra in un volume dedicato all'argomento di femminismi, «Con il termine femminismo intendo riferirmi ad un corpus complesso di teorie e di 73 La legge n.66 attua l’art. 51 della Costituzione, ammettendo le donne a tutti i pubblici uffici senza distinzioni di carriere né limitazioni di grado. 84 pratiche che attraversa gran parte degli ultimi due secoli e che negli anni Sessanta e Settanta si è espresso – come d'altra parte era accaduto in altri periodi storici – nella forma visibile, allargata e coinvolgente del movimento. Tuttavia tale corpus, almeno questa è la mia convinzione, è nato e si è sviluppato con andamenti non lineari per un tempo molto più lungo venendo a costruire una delle culture politiche dell'età contemporanea. […]. Di qui anche la declinazione plurale “femminismi”, sia un senso diacronico, sia in senso sincronico per tentare di dare conto della pluralità delle forme, della molteplicità delle voci e dei gesti in cui si è incarnata l'espressione della soggettività femminile, in termini di soggettività politica»74. Vanno formandosi in particolare due correnti del femminismo: una si focalizza sulla differenza e una insiste sull'eguaglianza tra i due generi. Per la prima, vi è una irriducibile diversità tra donne e uomini; rivendicare l'eguaglianza sta a significare che la donna deve adottare modi e atteggiamenti maschili, mentre la creazione di una nuova cultura improntata ai valori e ai principi femminili dà vita alla vera emancipazione. Per le sostenitrici dell'eguaglianza, i generi maschile e femminile – diverso dal sesso, che è un fatto biologico – non sono realtà naturali; ma invece riguarda ruoli, modelli di comportamento e di pensiero frutto della storia e della cultura. E. Guerra, Una nuova soggettività: femminismo e femminismi nel passaggio degli anni Settanta, in T. Bertilotti, A. Scattigno (a cura di), Il femminismo degli anni Settanta, Viella, Roma, 2005, pp. 26-27. 74 85 2.4 Breve storia dell'aborto nel mondo L'aborto e i totalitarismi (Comunismo e Nazismo) Nel 1917 con la rivoluzione comunista appare per la prima volta nella storia il riconoscimento dalla legge come diritto dell'aborto. Il comunismo si basa sulla famiglia non come un istituto naturale, come dice il giusnaturalismo, ma un istituto artificiale. La famiglia borghese, tipica di un mondo ingiusto e corrotto, riconosce la proprietà privata dei beni materiali e quella che per i comunisti è la “proprietà privata degli affetti”. L'abolizione della proprietà privata per Lenin, che si colloca tra pensatori social-comunisti come Dom Deschamps, Morelly, Babeuf (XVIII sec.), Fourier e Marx (XIX sec.), sta per abolizione dei rapporti familiari mogliemarito, genitori-figli e, per questo, introduce il divorzio e l'aborto. Quest'ultimo è dato come conseguenza di un altro cardine importante del pensiero comunista: il materialismo. Le conseguenze non tardarono ad arrivare, come scrive F. Navailh, in Storia delle donne, Il Novecento, a cura di Françoise Thebaud (Ed. Laterza, 1992): «L'instabilità matrimoniale e il rifiuto massiccio dei figli sono i due tratti caratteristici del tempo. Gli aborti si moltiplicano, la natalità cala in modo pauroso, gli abbandoni dei neonati sono frequenti. Gli orfanotrofi sommersi, diventano dei veri mortori. Aumentano gli infanticidi e gli uxoricidi. Effettivamente i figli e le donne sono le prime vittime del nuovo ordine delle cose... I padri abbandonano la famiglia, lasciando spesso una famiglia priva di risorse»75. Olga Kovalenko, olimpionica in Messico nel 1968, ha raccontato di come Vedi Desideri-Themelly, Storia e storiografia, vol. I-II, D’Anna. 75 86 lei e «anche altre ginnaste nell'URSS venivano indotte a concepire e poi abortire, perché con la gravidanza l'organismo femminile può produrre più ormoni maschili e sviluppare più forza. Se rifiutavano, niente Olimpiadi». 76 Nel 1933, in Germania viene legalizzato l'aborto nel nuovo regime nato: il nazional-socialismo. Come i comunisti, i nazisti introducono subito divorzio e aborto. Il motivo non è precisato ma sicuramente si parte da una negazione dell'anima personale, poi entrano in azione le dottrine eugenetiche: lo Stato è la prima società naturale e non la famiglia, la Comunità politica, l'entità astratta detta Volk, popolo. Come ai tempi di Sparta, la gioventù deve essere fisicamente forte, sana, razzialmente pura; i deboli e gli indesiderati vengono eliminati, soppressi. Da questa violazione della sacralità della vita non ci si mise molto a diventare violazione della vita tout court: prima e durante la guerra anche la sterilizzazione, l'eutanasia, la soppressione degli handicappati verranno legittimate. Nel nazismo si può constatare ciò dall'irrigidimento della gioventù, nell'eugenetica, nell'esportazione ai genitori del ruolo di educatori tramite le organizzazioni statali, la Hitlerjugend, nell'associazione fondata di Heinrich Himmler (1900-1945), chiamata Lebensborn, che in sintesi accoppiava donne non sposate a riproduttori ariani. Il comunismo, come già asserito, nega totalmente la famiglia, fin dalle più antiche formulazioni: la comunanza di donne è esaltata da Tommaso Campanella (1568-1639) ne La città del sole (1602), dai comunisti illuministi Denis Diderot, Centro San Giorgio. 76 http://www.centrosangiorgio.com/aborto/articoli/pagine_articoli/breve_storia_aborto_nel_mon do.htm 87 Marx, che classificano la famiglia al pari della proprietà privata e quindi da eliminare. Il quattordicenne Pavel Morozov (1918-1932) proprio per questo diventa un eroe nazionale, un esempio per tutti i ragazzi, per aver rivelato alle autorità l'opposizione di suo padre al regime ed averlo consegnato alla morte. Secondo Fourier il sentimento dei genitori verso i figli e viceversa è un'invenzione, poiché il bambino non conoscendo «l'atto che sta all’origine della paternità, non può provare sentimenti filiali»77. Bisogna ricordare la presenza di dottrine eugenetiche attraverso la storia del socialismo: dalla Repubblica di Platone (428-348 a. C.), in cui accanto alla comunione di beni e di donne, tratta anche della necessità che lo stato imponga chi e con chi bisogna accoppiarsi; fino alle più recenti affermazioni di Stanislav Alexandrovich Volfson («Da noi ci sono tutti i motivi per credere che quando s'imporrà il socialismo la riproduzione non sarà più affidata alla natura»78) e dallo staliniano Evgenii Alekseevich Preobrazenskij (1886-1937): «Dal punto di vista socialista, non ha senso che un membro della società consideri il proprio corpo come una sua proprietà privata inoppugnabile, perché l'individuo non è che un punto di passaggio tra il passato e il futuro», tanto che alla società spetta «il diritto totale e incondizionato di intervenire con le sue regole fin nella vita sessuale, per migliorare la razza con la selezione naturale79». Del resto, un'eugenetica de facto verrà attuata nei regimi comunisti asiatici, Bimbi Mai Nati. http://bimbimainati.blogspot.de/2008/01/francesco-agnoli-totalitarismi-e-aborto.html 78 La Sacra Famiglia. http://www.lasacrafamiglia.it/storia-aborto-parte-2/ 79 Libertà e persona. http://www.libertaepersona.org/wordpress/2009/06/20/ 77 88 in Cina, Vietnam, Cambogia e Corea del Nord, tramite l'eliminazione di handicappati, invalidi, malati mentali e barboni, di coloro cioè ritenuti incapaci dell’unica attività cui il materialismo riconosce importanza: il lavoro.80 Il dopoguerra e i Paesi comunisti L'aborto, nel dopoguerra, viene legalizzato nei Paesi comunisti dell'Est legati all'URSS: Ungheria, Polonia, e Romania nel 1956; in Cecoslovacchia nel 1957; in Iugoslavia nel 1970. Mentre, nella Cina popolare comunista nel 1957 e nel 1962 vengono imposti: ritardo obbligatorio dell'età del matrimonio, sterilizzazione e tecniche contraccettive spesso forzate. Con la legge del figlio unico si ha un precoce invecchiamento della popolazione e una strage delle figlie femmine: molto spesso i genitori cinesi uccidono una eventuale figlia femmina, dal momento che non potranno giovarsi del suo aiuto nell'agricoltura; oppure è proprio il governo stesso che provvede all'eliminazione tramite aborti selettivi e infanticidi. Inoltre, molto spesso, proprio lo Stato paga i medici a seconda delle sterilizzazioni forzate o degli aborti effettuati (spacciati per la maggior parte dei casi come terapeutici). Alcune famiglie, però, dopo il primo figlio, riescono a non perdere la figlia pagando chi di dovere e quindi non registrarle, per evitare che siano gli impiegati statali ad eliminarle: in questo caso le bambine non possono godere di nessun diritto (istruzione, sanità, ecc..)81. In Corea, gli handicappati vengono ancor oggi deportati in località remote, in montagna o nelle isole del Mar Giallo, mentre i nani vengono sistematicamente braccati e isolati: «La razza dei nani deve sparire», ha ordinato Kim Jong II in persona. 81 Trasmissione su Radio Radicale a cura di Amnesty International del 25/12/2003 e Bernardo Cervellara, Missione Cina, viaggio nell'Impero tra mercato e repressione, Ancora, Milano 2003. 80 89 In Inghilterra Il mondo anglosassone protestante, liberale e capitalista, legalizza l'aborto dopo quello comunista. L'Inghilterra è la prima nel 1968. L'opera Brave New World («Il Mondo Nuovo») di Aldous Leonard Huxley (1894-1963), figlio di un biologo darwiniano, è importantissima e descrive quella che potrà essere la società del futuro. Quest'opera godrà di fama immensa, uno dei testi più importanti della letteratura inglese, accanto a 1984 di George Orwell (1903-1950). Tratta di un mondo i cui abitanti sono controllati, manipolati, soggiogati dal potere in ogni aspetto della vita. Anche la riproduzione è sotto controllo, gli ovuli fecondati in vitro vengono conservati artificialmente. Le idee di Aldous avranno successo grazie al fratello, Sir Julian Sorell Huxley (1887-1975), che, come primo direttore generale dell'UNESCO, il cervello dell'ONU, introdurrà all'interno dell'organismo un'avversione alla vita che rimane presente tutt'oggi.82 Questa filosofia è espressa in un suo opuscolo83 in cui le proposte sono molto simili a quello che accade nel romanzo del fratello. Sir Julian, inoltre, nel primo ventennio del Novecento, è uno dei fondatori della Società Eugenetica Brittanica. A nome del Comitato per la Legalizzazione della Sterilizzazione Eugenetica scriveva nel 6 settembre 1962: «Gli argomenti a favore della sterilizzazione di certe classi di genti anormali o deficienti mi sembrano schiaccianti»84. Quindi, il primo scossone relativo alla legislazione sull'aborto lo ha provocato l'Inghilterra con l'approvazione dell'Abortion Act del Si vedano gli articoli e i libri di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, giornalisti di Avvenire, Sì alla vita, Il Timone. 83 M.B. Schnapper, UNESCO: its Purpose and its Philosophy («UNESCO: le sue finalità e la sua filosofia»), Washington D.C. 1948. 84 Cfr. L'Italia settimanale, del 22 marzo 1995. 82 90 1967. In realtà già nel 1938 l'atteggiamento della giustizia d'oltre Manica si era modificato, quando il dottor Aleck Bourne era stato assolto dal tribunale dopo esser accusato di aver interrotto la gravidanza di una quattordicenne violentata ed in grave stato di shock: la sentenza considerava lecito l'atto del medico poiché era mirato a salvaguardare l'equilibrio mentale della ragazza. David Steel dopo aver presentato il progetto di legge che nel '67 fu approvato dalla Camera dei comuni con 229 voti a favore e 29 contrari85. Si tratta della legge più liberale presente nel mondo occidentale. Stati Uniti Intorno al 1965, negli Stati Uniti si ebbe la prima mobilitazione in favore della legalizzazione dell'aborto. Nel '67 stati come California e Colorado avevano già previsto la possibilità di dare la possibilità alle donne di abortire, in particolari circostanze, e avevano lasciato la decisione finale alle strutture ospedaliere. Lo stato di New York permise nel 1970 alle donne di abortire entro le 24 settimane, solo se viene eseguito da un medico in ambiente sanitario. Questa normativa creò subito agitazione tra gli Stati americani e tra chi si opponeva e chi era a favore, si arrivò davanti alla Corte Suprema con il caso di Jane Roe (alias Norma McCorvey), ragazza ventitreenne mezza cajun e mezza indiana con alle spalle un'infanzia terribile e già madre di due bambini volle interrompere la terza gravidanza per problemi economici. Gli Stati Uniti divengono presto promotori dell'abortismo nel mondo, Carlo Flamigni, L'aborto. Storia e attualità di un problema sociale, Edizion Pendragon, 2008, pag.35. 85 91 finanziandolo e promuovendolo in Europa (con associazioni di family planning, agenzie dell'ONU come l'UNFPA, l'UNICEF e altre) ma soprattutto nei Paesi del Terzi Mondo e America Latina, fino a raggiungere l'attuazione del piano di sterilizzazione forzata in Brasile per mezzo di avvelenamento dell'acqua. Si arriva a permettere l'aborto fino alla trentaduesima settimana, che Il Giornale del 18 gennaio 1997 descrive: «La tecnica consiste nel far nascere il bambino fino ad un certo punto. L'ostetrico lo fa scendere intatto, fino a quando la testa non esce dal grembo della madre. A questo punto inserisce un paio di forbici da chirurgo nella base del cranio, le apre, allarga il buco e il cervello viene succhiato fuori. In questa maniera la testina si riduce e può essere estratta». La decisione della Corte suprema ha fatto sì che negli Stati Uniti l'aborto è diventato un diritto costituzionale, una decisione paragonabile soltanto a quella del Sudafrica. Germania Opinione comune è che su molte decisioni prese in Germania sui temi della riproduzione abbia inciso moltissimo il ricordo della drammatica esperienza nazista. Nel 1974, si è riesaminata la legislazione in vigore grazie ad una petizione popolare e ha liberalizzato l'aborto nei primi tre mesi di gestazione. La Corte costituzionale tedesca nel 1975, però, ha asserito che le nuove legislazioni a tutela della vita non erano compatibili con quelle già presenti. Fu data la possibilità di abortire anche in assenza di motivazione, cosa che venne considerata anticostituzionale. Secondo la Corte, non è presente un diritto illimitato alla pratica abortiva, «è una reazione all'annientamento della vita, non degna di essere vissuta, alla soluzione finale e alle liquidazioni attuate dal regime nazionalsocialista come 92 compiti dello Stato». Continua asserendo «di fronte all'onnipotenza dello Stato totalitario la Costituzione ha costruito un sistema di valori che pone il singolo uomo, con la sua dignità, al centro di tutte le norme»86. In breve, non si può distruggere una vita senza una valida giustificazione, o una grave minaccia per la salute. Dunque, l'aborto legale viene regolamentato da una legge più restrittiva del Bundestag. Dopo l'unificazione della Germania si ripropone il problema, poiché la legge dell'ex Repubblica democratica tedesca del 1972 andava contro i criteri che la giurisprudenza della Germania dell'Ovest riteneva anticostituzionali. Nel luglio 1992 è stata redatta una nuova legge, che poi sarà ripresa nell'anno successivo dalla Corte costituzionale, dato che i giudici erano critici su un passaggio, che definiva “non contrario alla legge” l'aborto come gesto di libera scelta della donna nelle prime 12 settimane di gestazione. La Germania si differenzia ancora oggi per il suo diritto alla vita del concepito, che non fa distinzioni con chi è già nato. Le norme di quest'ultima legge risalente al 1995 sanciscono che non si può ritenere punibile l'aborto richiesto da una donna purché: non superi le 12 settimane dal concepimento, presenti un certificato di un centro di consultazione e l'intervento venga eseguito da un medico. Si può interrompere la gravidanza dopo la 12ª settimana solo per indicazioni mediche e non, ad esempio, in caso di stupro. In Italia «Se a partorire fossero gli uomini, l'aborto sarebbe un sacramento» Franca Rame Fino alla fine degli anni Sessanta in Italia la situazione delle donne è Ibid. pag. 39. 86 93 paragonabile a quella dell'antica Roma, o forse anche peggio. Il Diritto di Famiglia (1942) stabilisce che la moglie è subalterna al marito e che i figli naturali (quelli nati fuori dal matrimonio) non godono degli stessi diritti dei figli legittimi. Lo stupro è una violenza contro la morale e non contro la persona, con la scusante che “se vieni stuprata, te la sei cercata”. L'aborto è un reato: si sa che si ricorre all'aborto clandestino e molte donne muoiono in questa pratica, ma ufficialmente in Italia nessuno interrompe la gravidanza volontariamente. La prima manifestazione contro le norme che puniscono l'aborto come reato è del 20 novembre 1971 e perdurò per un decennio. Si voleva ottenere una regolamentazione sull'interruzione volontaria di gravidanza, Legge n° 194 datata maggio 1978. Prima di questa legge l'aborto era clandestino. Chi non aveva possibilità economiche finiva nelle mani di una mammana, che interveniva in condizioni igieniche spesso pessime, e la probabilità di morte era molto alta. Chi, invece, aveva i soldi andava in clinica da un “cucchiaio d'oro” (medici, che a caro prezzo, praticavano aborti) o volava all'estero. Nel 1973 il deputato socialista Loris Fontana presenta un progetto per l'abrogazione della legislazione fascista. Nel 1975 una sentenza della Corte Costituzionale stabiliva finalmente la “differenza” tra un embrione e un essere umano e sanciva la prevalenza della salute della madre rispetto alla vita del nascituro. Uno degli slogan che gridavano le femministe era “l'utero è mio, e lo gestisco io”. Queste donne parteciparono attivamente ai processi contro quelle accusate di “procurato aborto”, fondano “Centri per la salute della donna” e “Consultori autogestiti” per la contraccezione (ancora un tabù in Italia). 94 Correva l'anno 1978 e in Italia viene legalizzato l'aborto con la legge 194. Durante gli anni Settanta la sinistra (PCI, PSI, PSDI) insieme ai parti liberalcapitalisti (PRI, PLI) e al Partito Radicale di Pannella, Bonino e Rutelli, con il sostegno delle maggiori testate giornalistiche (come la Repubblica di Scalfari, L'Unità, Espresso, Panorama e Corriere della Sera) per l'aborto libero, gratuito, a spese dello Stato. Questo è un argomento molto sensibile al popolo italiano e si può constatare nel 1981: quando, con l'appoggio della Chiesa cattolica e della Democrazia Cristiana, il Movimento per la Vita propone un referendum per abolire la legge 194. Il 68% della popolazione è contrario all'abolizione. 95 Capitolo IV - La parola alle autrici “NESSUNO NASCE DONNA” Simone de Beauvoir e la condizione femminile Simone de Beauvoir (1908-1986) è conosciuta internazionalmente come una delle più grandi scrittrici francesi del XXI° secolo. Dopo la laurea in Lettere alla Sorbona e aver conseguito l'agrègation di filosofia decise di dedicarsi all'insegnamento. Un incontro le provocò una svolta nella carriera e nella vita ed era con: Sartre. Nel 1943, pubblicò L'Invitée. Simone asserisce: «Ebbi una rivelazione: questo mondo era maschile, la mia infanzia era stata nutrita da miti forgiati dagli uomini, e io non avevo reagito come se fossi stata un ragazzo. Mi appassionai tanto da abbandonare il progetto di una confessione personale, per occuparmi della condizione femminile in generale»87. Ma, è nel 1949 che pubblicò Le deuxième sexe (Il secondo sesso), ove si trattano temi come il problema della libertà e della condizione femminile sul piano sociale e morale. Grazie ai suoi numerosissimi viaggi, Simone ha preso spunto per varie raccolte di osservazioni e di meditazioni di carattere politico e sociale, tra cui ricordo La longue marche (La lunga marcia, 1957), scritto al ritorno dalla Cina. L'opera di Beauvoir comprende un lungo e significativo lasso di tempo: a partire dalla prima presa di coscienza politica alla fine del secondo dopoguerra, in cui diventa responsabilità da parte degli intellettuali ad impegnarsi concretamente. Simone de Beauvoir " Il secondo sesso", edizioni Il Saggiatore (edizione originale: "Le deuxième sexe", Gallimard, Paris 1949). 87 96 Diviene portavoce degli oppressi del mondo: la tortura nella guerra d'Algeria, le violazioni della guerra in Vietnam, la repressione della polizia nei confronti degli studenti protagonisti del maggio francese, sono alcuni dei temi forti che trattò. Dal 1958 inizia la sua autobiografia, uscita in 4 volumi: Memorie di una ragazza per bene (1958), L'età forte (1960), La forza delle cose (1963), A conti fatti (1972). I volumi rappresentano la diretta testimonianza, oltre che la storia personale, su quello che accadde in Francia tra gli anni Trenta e Sessanta. Va ricordata la sua adesione a Le Manifeste des 343, una delle sue numerose lotte a favore delle donne. Nel 1971, la rivista Le Nouvelle Observateur pubblica un manifesto dove 343 donne dichiarano di aver abortito. Con questo gesto volevano chiedere di poter abortire liberamente e di avere libero accesso ai metodi anticoncezionali. Il secondo sesso Ne Il secondo sesso la problematica della donna (la sua condizione di subordinazione e oppressione) è collocata all’interno della prospettiva esistenzialistica che Simone condivideva con Jean-Paul Sartre: ogni essere umano è libero e costretto ad essere libero. Ognuno è libero di scegliere la via della trascendenza, ovvero della progettualità e trasformazione del mondo che lo circonda, o la via dell'immanenza, ovvero dell'accettazione delle cose così come sono. Questa situazione è comune sia agli uomini che alle donne. È proprio qui che spunta la domanda: Perché le donne si trovano da che si ha memoria in una condizione di subordinazione e inferiorità? 97 La de Beauvoir spiega che non è la felicità della donna ma la sua libertà, la sua possibilità di percorrere la via della trascendenza. Il primo concetto che analizza è la posizione delle donne nella società: un ruolo che definisce di alterità. Mentre l'uomo rappresenta la “cosa primaria”, l'Uno, la donna rappresenta “l'Altro”. Questa definizione sta per il non essere definiti non in sé stessi, ma in maniera dipendente dall'uno, e frequentemente per negazione; si dice cosa non è invece che ciò che è. Questa negativa definizione dell'altro sarà poi tenuta in considerazione dal Said nell'elaborazione del concetto di “orientalismo”. Nella storia l'alterizzazione ha marcato rapporti di forza esistenti, per giustificarli e consolidarli: dagli ebrei, ai neri o alla classe dei proletari. La caratteristica che li differenzia dalle donne è che la diaspora giudaica, o schiavismo in America, la colonizzazione, la rivoluzione del proletariato, sono fatti che hanno preso un determinato luogo, una data, una causa. Per gli oppressi, in questo caso, vi è stato sempre un “prima” e un “dopo”; si sono sempre definiti in opposizione all'Uno (colonizzatore, bianco, padrone). Invece, per le donne non è avvenuto questo processo. Perché? Perché la donna è Altro dall'uomo per struttura fisiologica: la subordinazione non è percepita come la conseguenza di un dato fatto o di un dato sviluppo. La prima parte del libro, quindi, espone gli aspetti teorici, storici, culturali ed esistenziali della situazione femminile, smontando pezzo dopo pezzo quei miti che relegano la vita di una donna in una condizione di subordinazione. Lo scopo di questa analisi è quello di controbattere il fatto che la diversità 98 biologica femminile implichi la sua inferiorità. Il pretesto che la donna è rinchiusa nella sua situazione di oppressione sia data dal fatto che le funzioni riproduttive spettino in gran parte a lei, è vero. Come afferma la de Beuvoir, la subordinazione della donna è stata data come un dato di fatto. Si sa che quando un individuo viene messo in una condizione di inferiorità, esso inizia a sentirsi inferiore. La riflessione che ha reso il libro della de Beauvoir uno dei testi fondamentali per il femminismo negli anni appresso è il fatto che la donna è una costruzione culturale e storica, non un fatto biologico. Donna o uomo che sia, siamo esseri umani. Ma, l'essere definito “donna” è sottoposto ad una serie di limitazioni della propria libertà. È proprio questo che fa mettere in discussione la naturalità di alcune situazioni nella vita di una donna che suscita scandalo nella Francia degli anni Cinquanta, ad esempio dire che fare figli è funzione attribuita dalla fisiologia alla donna, ma la scelta di averli o no, o di prendersi cura di essi dopo la nascita («non ci sono madri snaturate, perché “l'amore materno” non ha niente di naturale»88, scriveva la de Beauvoir) pone realmente in discussione il ruolo della donna nella famiglia e nella società. Per ricondurre alla cultura e alla storia, e cioè a fattori modificabili, la subordinazione femminile e per gridare espressamente che le donne hanno il dovere di scegliere la propria via della trascendenza e libertà, Simone de Beauvoir, pur non definendosi femminista, è considerata la madre del femminismo moderno. Ibid. 88 99 La mistica della femminilità Betty Friedan La prima e la più incisiva riflessione intellettuale sulla condizione della donna è rappresentata dal libro di Simone de Beauvoir; senza limitarsi alla rivendicazione dell'accesso femminile ai diritti politici e all'uguaglianza salariale, si arrivava nel campo delle libertà individuali e nella vita privata delle donne. Anche se fu fonte di ispirazione di alcune lotte, Il secondo sesso non fu il manifesto della nuova ondata del femminismo, ma un libro uscito nel 1963, negli Stati Uniti, firmato da Betty Friedan, che affrontava il problema da un altro punto di vista. Betty Friedan (1921-2006), giornalista e attivista statunitense di origini ebraiche e ungheresi, crebbe in un ambiente di sinistra e come studentessa frequentò diversi circoli marxisti. Studiò a Berkeley ma, convinta dal suo ragazzo, decise di lasciare incompiuto il suo dottorato di ricerca. A questo punto inizia a dedicarsi alla scrittura come giornalista per testate di sinistra e legate alle organizzazioni sindacali; nel 1952 dovette lasciarne una poiché incinta del secondo figlio. Da quel momento divenne una freelance per numerose testate, tra cui Cosmopolitan. Il 1963 rappresenta per lei l'anno che le portò la fama con il libro, The Feminine Mystique (La Mistica della Femminilità). La Friedan discute, avvalendosi per la maggior parte di interviste, il malessere diffuso tra moltissime donne di classe media americana degli anni Cinquanta. Dopo la chiamata al lavoro durante la guerra, una volta finito il conflitto, le donne sono state rispedite a casa ad occuparsi di nuovo del marito, dei figli, della casa. Con il boom economico e l'apparire di nuovi strumenti “moderni” (tipo 100 frigorifero, lavatrice, aspirapolvere) si disegna nuovamente il posto della donna nella società: la casa. Le ragazze erano incitate dai media, dai medici e dai sociologi a cercare marito e a trovare la propria sistemazione definitiva nel matrimonio, lasciando da parte gli studi, il lavoro extra-domestico e ogni aspirazione professionale. È tutto questo che la Friedan definisce “La mistica della femminilità”. L'idea del libro nasce durante una riunione con le sue ex compagne di studi, quando nota che nessuna di loro è felice nel ruolo di casalinga “dorata”. Proprio da queste interviste alle ex compagne che parte il libro, che poi prosegue con l'approfondimento degli studi sulla donna della classe media. I dati raccolti sono inquietanti: l'età media del matrimonio a fine anni '50 era scesa a 20 anni e anche meno; nel 1920 il 47% delle donne frequentava il college, nel 1958 è sceso al 35%. Nemmeno un secolo prima le donne si erano battute per l'istruzione superiore, ora andavano al college per trovare marito. Il 60 % di loro, a metà degli anni Cinquanta, lasciava il college per sposarsi o perché aveva paura che se fosse stata “troppo” istruita, avrebbe scoraggiato gli uomini.89 Questo è per dire che la donna americana si stava adattando perfettamente al modello di casalinga perfetta del quartiere residenziale. Betty Friedan col suo libro, invece, mostrava che tutte le donne si sentivano incomplete e prive d'identità invece di essere felici e gratificate. Come la de Beauvoir, la Friedan rivolge dure critiche a Freud e ai mass media. La sua attenzione a smascherare il “discorso” sessista che relegava le donne in un angolo circoscritto della società, diverrà un punto di riferimento dei Susan Ware, Holding Their Own: American Women in the 1930s (Boston: Twayne, 1982). 89 101 movimenti femministi degli anni Sessanta e Settanta: The Feminine Mystique venderà più di un milione di copie in tutto il mondo. A differenza della de Beauvoir, che invitava le donne a sentirsi un “noi”, la Friedan invitava a trovare una soluzione individuale, cioè a non scegliere necessariamente, ma piuttosto a coniugare carriera e famiglia. Nel 1966, Betty si mobilitò personalmente e fondò (insieme ad un gruppo di attiviste decise a promuovere e a rafforzare il riconoscimento dei diritti civili delle donne) il NOW (National Organization for Women). Questo movimento voleva eliminare le ineguaglianze derivanti dalla differenza sessuale. Come presidente, Friedan condusse campagne per accrescere la presenza femminile nel governo, per la legalizzazione dell'aborto, per estendere la cura dei figli ai servizi sociali e contro la pubblicità che rafforzava l'immaginario collettivo della donna. Anche dopo il '70, anno in cui lasciò la presidenza del NOW, Betty continuò la sua battaglia: fu una delle principali promotrici del Women's Strike for Equality datato 26 agosto 1970 (50° anniversario del suffragio femminile negli USA) e lavorò per la ratifica dell'Equal Rights Amendment alla Costituzione americana, principale obiettivo del NOW dopo il '77, insieme alle battaglie contro la violenza sulle donne e la discriminazione nel lavoro e per la difesa della legislazione sull'aborto. Teoria della differenza e critica del “fallogocentrismo” Luce Irigaray La psicanalista e filosofa Luce Irigaray è nata in Belgio nei primi anni Trenta e negli Sessanta si è sposata in Francia. La pubblicazione del suo libro Speculum de 102 l'autre femme90 (1974) le costò l'espulsione dall'Università di Vincennes e inizia a fondare la teoria della differenza sessuale attraverso un'analisi critica di tipo decostruzionista prima della psicoanalisi freudiana e lacaniana e poi dell'intera tradizione filosofica occidentale, a partire da Platone fino a Hegel. Il titolo del libro rimanda allo specchio concavo con cui in ginecologia si guarda all'interno del corpo femminile ed è contrapposto allo “specchio” di Lacan (il suo saggio Stadio dello specchio è del 1937, rivisto nel '49 e reso noto al pubblico nel '66), e richiama allo specchio delle donne di Virginia Woolf dove gli uomini vedono riflessa la propria immagine ingrandita. La parola chiave di Irigaray è “fallogocentrismo”, con cui viene chiamato il discorso dell’uomo, rivolto a se stesso ed espressione del suo fallocentrismo. Irigaray intrattiene rapporti stretti con le femministe italiane e pone come compito della critica femminista quello di spolpare il linguaggio dei saperi umani, svelandone il fallocentrismo. Le donne devono parler femme, “parlare donna”, e devono costruire un “altro” linguaggio portatore di valori femminili. Intertestualità Julia Kristeva Linguista, critica e teorica della letteratura, psicoanalista, romanziera di origini bulgare, si è trasferita a Parigi nel 1966 legandosi al gruppo di intellettuali di estrema sinistra nella rivista Tel Quel, ove conoscerà il suo futuro marito Philippe Sollers. Inoltre, la Kristeva è rinomata nella storia delle teorie letterarie del Trad. ital. Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975. 90 103 Novecento anche per aver coniato il termine “intertestualità” (in Semeiotiké. Recherche pour une sémanalyse, Seuil, Paris 1969; trad. ital. Semeiotiké. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano 1978), con il quale voleva intendere il modo in cui tutti i “testi”, intesi come sistemi di significazione, sono in interrelazione gli uni con gli altri. La sua teoria riguardo il soggetto femminile muove dalla distinzione lacaniana tra lo stadio materno dei segni e delle immagini e quello paterno dei simboli e del linguaggio. Questa donna intende valorizzare e sostenere quello che chiama l’“ordine semiotico” della madre, la fase pre-edipica, contro l’“ordine simbolico” del padre, la fase successiva, in cui ai figli vengono imposti il linguaggio e le parole del padre indicando i ruoli a cui sono destinati per loro “natura”. Il cyber-femminismo Donna Haraway Biologa e storica della biologia, insegnante di History of Consciousness (Storia della coscienza) nel Dipartimento omonimo dell'University of California, Santa Cruz, e collega di altre due femministe: Angela Davis e Teresa de Laurentis. Il saggio che l'ha resa famosa è intitolato Manifesto for Cyborgs: Science, Technology, and Socialist Feminism in the 1980's91. Per “cyborg” si intende un individuo metà macchina (cyb-), metà organismo (-org), un esempio è il Terminator di James Cameron. La Haraway propone e prevede un'ironica utopia socialistafemminista, ove cadranno tra la tecnologia e l'umanità, tutte le distinzioni di genere Socialist Review 80 (1985) 65-108, ristampato in Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, New York, Routledge 1991, 149-181. 91 104 e di razza, tra umano e animale, tra mondo fisico e mondo informatico. Queer Theory Teresa de Laurentis Questa donna è una delle pensatrici femministe più influenti sulla scena mondiale ed è nata e cresciuta in Italia. Dopo la Bocconi di Milano si è trasferita negli Stati Uniti, dove ha insegnato italiano, letterature comparate, Women's Studies, e critica del cinema in numerose università. Teresa de Laurentis, esponente del femminismo lesbico con idee delle lesbiche radicali francesi (come la Cixous), sviluppa sulla linea dei concetti di Irigaray una demolizione teorica dei concetti di genere e di identità sessuale. Il concetto di “parodia” ricopre un ruolo importante nella sua elaborazione e il suo continuo cambiamento che la parodia comporta. In breve nessuna identità è fissa e immutabile, ogni identità è parodia di un'altra, qualcosa che non esiste come dato di natura. È proprio la de Laurentis che conia il termine Queer Theory nel 1990. In inglese il termine queer sta a significare “bizzarro, strano, eccentrico”, ed è usato anche come dispregiativo per indicare un omosessuale. L'accezione “positiva” era originariamente associata con i politici radical gay di Actup, Outrage e altri gruppi queer per indicare una politica separatista, non-assimilazionista. Attualmente, la queer theory punta a sfidare le nozioni di eterosessualità che di omosessualità, cercando di arrivare ad una comprensione di sessualità che metta in primo piano l'oltrepassare i confini, le differenze e le ambivalenze, le costruzioni culturali il cui 105 cambiamento dipende dal contesto storico e sociale. A questo punto to queer significa rendere strana e dissestata la sessualità “normale”, mettendo in discussione l'eterosessualità come norma sociale e sessuale “naturale” e promuove la nozione di non-straightness (non-eterosessualità). La piccola differenza e le sue conseguenze enormi Alice Schwarzer Sin dal 1975, Alice Schwarzer è una delle voci più combattive e rilevanti nei paesi germanofoni e rappresenta il simbolo della liberazione femminile. Il suo primo best seller Der kleine Untershied und seine grossen Folgen (La piccola differenza e le sue enormi conseguenze) fu pubblicato nel 1975 e tradotto in più di undici lingue. D'allora la sua popolarità cresce costantemente. Sempre in quest'anno, in un dibattito televisivo con la scrittrice anti-femminista Esther Vilar, autrice del libro Der Dressierte Mann (L'uomo manipolato, 1971), Schwarzer la accusa di sessismo, fascismo e addirittura nazismo92. Femminista della seconda ondata rappresenta i concetti di eguaglianza simili alla sua cara amica Simone de Beauvoir, è anche una delle fondatrici e portavoce del MLF (Mouvement de Liberation des Femmes). La sua lotta per la legalizzazione dell'aborto in Germania è ben nota ai tedeschi. Nel 1971ha attirato per la prima volta l'attenzione pubblica col suo progetto Frauen gegen den § 218 (Donne contro la legge 218, la quale rendeva l'aborto illegale). Il risultato si raggiunge nel 1974 con l'abolizione di tale legge. Zeit. http://www.zeit.de/2005/25/Schwarzer_25 92 106 La riflessione sul concetto di “corpo” Judith Butler La riflessione sul “corpo” della donna è il tema centrale di Judith Butler, femminista lesbica e insegnante all'University of California, Berkeley. Le sue opere principali sono Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity93 e Bodies that matter94. In quest'ultima opera adotta una prospettiva queer. Quei “corpi che contano” sono quelli che “rispettano” i “codici” o i “discorsi” maschilisti che prescrivono di “recitare” ruoli già fissati. La persona che rifiuta di rispettare questi ruoli è l’“abbietto”, il diverso, il queer. La Butler vuole mettere in discussione questi codici, sempre prendendo in considerazione le “costruzioni” culturali, e con l'adottare pratiche drag, da travestiti, da attori teatrali che cambiano ruoli, abiti e scene in continuazione. 1. La critica letteraria femminista In questo capitolo tratterò in particolare l'opera di Elaine Showalter, che distingue tra “critica femminista”, cioè studiare la letteratura maschile da un punto di vista femminile, e “ginocritica”, ovvero studiare la letteratura prodotta da donne, e un libro importante e significativo, La pazza sconfitta (1979) di Sandra Gilbert e Susan Gubar. Nei primi anni Settanta la critica letteraria femminista nasce negli English Judith Butler, Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, New YorkLondon 1990. 94 Judith Butler, Bodies that matter (1993), trad. ital. Corpi che contano. I limiti discorsivi del “sesso”, Feltrinelli, Milano 1997. 93 107 Deparments delle università inglesi e statunitensi. Particolarmente il 1970 è un anno importante per il femminismo letterario, poiché in quest'anno la poetessa Adrienne Rich 95 è incaricata a contribuire per il forum sullo “stato delle donne nelle professioni” dalla Modern Language Association (MLA), un importante organo accademico. Il saggio della Rich, When We Dead Awaken: Writing as Revision96introduce la revisione nei confronti di un testo, cioè si tratta di accostarsi ad un vecchio testo, prodotto da uomini, con punti di vista nuovi, quelli delle donne. Questo segna la nascita di una nuova prospettiva nella critica letteraria con l'intento di svelare i luoghi comuni sulle donne da parte dei grandi autori del passato e di rivalutare la cultura e la scrittura femminile. Durante questi anni si pubblicano vari lavori significativi tra cui The Female Imagination (Knopf, New York, 1975) di Patricia Meyer Spacks; Literary Women: The Great Writers97 di Ellen Moers; A Literature of Their Own: British Women Novelists from Brontë to Lessing98 di Elaine Showalter; The Madwoman in the Attic. Adrienne Rich è l'autrice che darà il maggior contributo alla corrente del femminismo lesbico con il suo articolo Compulsory Heterosexuality and Lesbian Existence, in C. R. Stimpson, E. S. Pearson (edd.), Women, Sex, and Sexualty, Chicago, Chicago Univesity Press, 1980, che contribuirà a “legittimare” e ha rispettare la teoria lesbica. Rich vede l'eterosessualità come un'istutizione imposta dal predominio maschile sulla condizione naturale della sessualità femminile e distingue due concetti: l' “esistenza lesbica” è il riconoscimento della presenza storica delle lesbiche e “la nostra costante elaborazione del significato” di tale esistenza. Il continuum lesbico, invece consiste in una serie di esperienze (sia in una vita di una donna che nella storia) in cui manifesta la “reclusione” di una soggettività femminile e non solo il desiderio di avere dei rapporti sessuali con un'altra donna. Sia l'esistenza che il continuum per Rich esprimono la potenzialità della donna in quanto donna. Si distinguerà dalle femministe lesbiche più radicali (come la Butler) che rifiutando il modello maschile si dichiareranno “non-donne” e “non-uomini. 96 Adrienne Rich, When We Dead Awaken,“Quando noi morte ci destiamo: la scrittura come revisione”, 1971, trad. ital. in A. Rich, Segreti, silenzi, bugie: il mondo comune delle donne, La Tartaruga, Milano 1989. 97 Ellen Moers, Literary Women: The Great Writers, Doubleday, New York 1976 (trad. ital. Grandi scrittrici, grandi letterate, Milano, Edizioni di Comunità 1979). 98 Elaine Showalter, A Literature of Their Own: British Women Novelists from Brontë to Lessing, Princeton University Press, Princeton 1977 (2a ed. rivista e ampliata Virago, London 1999; trad. ital. Una letteratura tutta per sé, Milano, La Salamandra 1984). 95 108 The Women Writer in the Nineteenth Century Imagination99 di Sandra Gilbert e Susan Gubar. Un libro importante è firmato da Judith Fetterley The Resisting Reader: A Feminist Approach to American Fiction100 nel quale analizza i modi in cui la lettrice donna, nella tradizione americana, è obbligata dalla pragmatica testuale ad assumere identificazioni profondamente antifemminili. Alla fine degli anni Settanta, la comunicazione dal punto di vista femminile è uno dei temi che si inizia ad affrontare: da notare la raccolta curata da Deborah Cameron, The Feminist Critique of Language: A Reader101, nella quale si interessa nel “silenzio” delle donne: la loro esclusione dalla voce del potere, la differenza di genere nei modi dell'espressione linguista e la ricerca di una vera “voce femminile”. La Gynocritics Elaine Showalter Importante è anche la nascita della rivista femminista americana Signs e l'inizio di un dibattito tra pensiero femminista e mondo accademico, condotto da Elaine Showalter con l'articolo Women and the Literary Curriculum nella rivista College English (1970). Questa donna ha apportato un contributo di un certo valore poiché inaugura un nuovo modello di critica letteraria, quello della gynocritics. Sandra Gilbert e Susan Gubar, The Madwoman in the Attic. The Woman Writer in the Nineteenth Century Imagination, Yale University Press, New Haven 1979; Toril Moi, Sexual/Textual Politics: Feminist Literary Theory, Routledge, NY-London 1985. 100 Judith Fetterley, The Resisting Reader: A Feminist Approach to American Fiction, Bloomington, Indiana, Indiana University Press, 1978. 101 Deborah Cameron, The Feminist Critique of Language: A Reader, London-New York, Routledge 1990. 99 109 Showalter distingue la feminist critic, ovvero la critica femminista, la quale si concentra sulla donna come lettrice e col presupposto di analizzare e decostruire i presupposti ideologici patriarcali nella letteratura maschile, dalla “ginocritica”, cioè la critica che si occupa della donna in quanto scrittrice. La pazza in soffitta Sandra Gilbert e Susan Gubar Come la Showalter, la Gilbert e la Gubar non condividono il separatismo femminista ma puntano al confronto e al dialogo con la tradizione maschile. In The Madwoman in the Attic (1979), il tema centrale è il duro processo che una donna scrittrice deve affrontare. Dall' anxiety of influence102(Harnold Bloom) appartenente ad ogni scrittore, per la donna si aggiunge l’anxiety of authorship103, ovvero quell'angoscia di divenire autrice in mondo dove il mondo maschile predomina e così imponendo compromessi frustranti. Il titolo del libro, La pazza in soffitta, viene preso dal personaggio in Jane Eyre di Charlotte Brontë (1847), Bertha Mason, la moglie pazza del signore di Rochester rinchiusa nella soffitta della loro dimora. Questa figura apparentemente irrilevante, viene usata come un “doppio” della scrittrice e presa dalle autrici come metafora dell'irriducibile alterità della condizione delle donne. «Does the Queen try to sound like the King, imitating his tone, his In sintesi, la tesi centrale di Harnlod Bloom è che ogni poeta è ostacolato nel suo processo creativo dal rapporto che necessariamente mantiene con i poeti precursori. 103 RLW Clarke. http://rlwclarke.net/Courses/LITS2307/20042005/05CGilbertandGubarAnxietyofAuthorship.pdf 102 110 inflections, his phrasing, his point of view? Or does she “talk back” to him in her own vocabulary, her own timbre, insisting on her own viewpoint? » La regina prova ad essere come il re, imitandone il tono, le inflessioni, il modo di parlare, il proprio punto di vista? O gli parla nel suo vocabolario, col suo timbro, insistendo sul suo punto di vista?104 Trad. Emilio Junior Sorbara 104 111 CONCLUSIONE L'inferiorità biologica, psicologica e sociale della donna sancita dalla società maschile, può essere confutata solo dalle donne stesse: i due momenti che favoriscono il sorgere di una coscienza femminile sono rappresentati prima dell'affermarsi di un movimento femminista con le lotte per l'ottenimento del diritto al voto, poi dalla rivendicazione della libertà della propria persona e del proprio corpo. Nel mondo occidentale la vita delle donne è migliorata nel corso dei secoli grazie a leggi che tutelano i loro bisogni e i loro diritti. È solo nel Novecento, e più precisamente negli ultimi vent'anni, che la voce femminile comincia a sollevare il problema delle "pari opportunità", e la donna prende coscienza della sua identità e diventa soggetto della storia alla pari con l'uomo. Col passare degli anni, la donna si è emancipata, ha ottenuto con dure battaglie i diritti di uguaglianza e con l’ingresso nel mondo del lavoro è riuscita ad ottenere anche l’autonomia economica che in passato non ha avuto. Ma se ai giorni nostri il ruolo femminile all’interno delle famiglie e della società è profondamente cambiato, non bisogna dimenticare tutti quei tratti che accomunano la donna di ieri a quella di oggi. Il risultato di questo studio ha l'intento di evidenziare una linea progressiva di affermazione dell'autonomia della donna cogliendone alcuni tratti in campi diversi del sapere umano. Gli argomenti ruotano attorno alla donna, partendo dall'Età Classica sino ad arrivare al Novecento, poiché durante il percorso di studi mi sono interrogato sul perché nei libri di storia, nelle lezioni di letteratura, nella 112 scienza figurano per la maggior parte figure maschili; cercando di dare una risposta, analizzando situazione sociale, politica e letteraria si evince che le donne si sono trovate in una posizione di inferiorità a causa dell'uomo, hanno dovuto lottare per ottenere i propri diritti contro il sesso maschile, hanno dovuto dimostrare quanto valevano agli uomini. Oggigiorno si può notare che il movimento femminista non è morto ma bensì è mutato. Non si lotta più come era solito delle suffragette ma piuttosto si cerca di dare una figura a sé stante di quello che significa essere veramente donna. Testi come quelli della Butler, Friedan e Gilbert e Gubar ci aprono gli occhi su questa riflessione. Con questo elaborato voglio dar voce a tutte quelle donne che hanno cambiato la storia, divenendo le madri della scienza, dell'arte e della comunicazione. Nel silenzio sono riuscite a farsi sentire ed ancora oggi riecheggiano forti le loro azioni. Non bisogna mai smettere di lottare per un'uguaglianza e un'eguaglianza tra sessi, razze o credi; non bisogna mai smettere di denunciare tutti quei soprusi che vedono protagonisti proprio i più indifesi. Bisogna guardare avanti con la coscienza del passato e con l'impegno di donne e uomini per abolire, annientare queste barriere che ancora nel XXI secolo cerchiamo di abbattere. 113 SEZIONE IN INGLESE 114 INTRODUCTION Etymologically, the word woman was known wifman, a combination of wif, meaning “woman”, and man. It's notable that it was thought necessary to join wif, a neutral noun, representing a female person, to man, a masculine noun representing either a male or female person, to form a word denoting a female person exclusively. From the languages that descend from Latin, the word changes: femme (female) in French, while mujer in Spanish and mulher in Portuguese (wife); frau (lady) in German. Different connotations. Similar meanings. In the dictionary the word woman is immediately associated with a man's property. In this woman's mystification process, men have played the main role. During the Roman Empire the woman is put aside, segregated to her home. Accused of not being able to fully comprehend the laws, she was always considered inferior. For the Greeks the situation doesn't improve, indeed. Centuries pass. 1600 and indeed women's rights are still unspoken, it seems that women's status doesn't want to improve. It's necessary to get to 1700 to begin to glimpse the path that leads to the following century: Mary Wollstonecraft and Olympe de Gouges are laying the basis of what one day will be called feminism. That basis, when solidified, will give birth in 1800 to women's organizations and mobilization to obtain the right to vote. Always in this century, however, if on one hand there were women willingly deciding to obtain universal suffrage, on the other men were preparing their next move to put women back in their place of silence by creating the Cult of True Womanhood, that will continue until 1900. Once universal suffrage was achieved all over the world (or almost), the twentieth century symbolizes women's revenge and their fight for another cause: the freedom to choose for their person and for their bodies. This study aims to investigate the presence of women in society, in politics, and in literature from the classical period to the end of the 20th century. In order to define the limits within this debate its will follow a specific timeline and focus on women in the western world. It's not possible to talk about women's literature in 115 reference to original works in a context in which women weren't considered or educated, nor think of analyzing in the same way texts too far away because there's no a real authority. It requires to limit the study to only the most important works produced in the past century and especially since they are the only ones that can get closer (more or less) to what is defined as Gender Studies. It requires some focus to study some examples of international (and not) authors of the twentieth century, to reveal how being a woman, in the meaning of being inferior to men, has influenced the artistic and ideological component of their entire existence and production. The first step to make is related to woman's role in the family, dealing with a historical reference to her social position; once the first piece is placed, it will be clearer to understand her discomfort and then move on the second step, the woman actively engaged in their own cause of assertion. We try to take a step forward compared to the only explanation of the figure of the woman through the ages; in fact, we try to identify - in the different selected works – the complex mechanism of melancholy and the social segregation that involved first the suffragettes, then the feminists of the twentieth century; we will discuss how in The Second Sex, Simone de Beauvoir raises the question and tries to answer why women are in a condition of subservience and inferiority, then move on to Betty Friedan in The Feminine Mystique who invites readers to find an individual solution, that is not necessarily to choose career or family, but rather to combine them, we will mention Luce Irigaray and her Theory of difference, Cyberfeminism by Donna Haraway, then the Queer Theory of Teresa de Laurentis; we will quote Alice Schwarzer with The little difference and the big consequences, Judith Butler with her reflection on the concept of “body” and Elaine Showalter's Gynocriticism, then finish with The Madwoman in the Attic by Sandra Gilbert and Susan Gubar in which they face the topic of the production process of a female writer and her struggle to find her own identity. The analysis of the works and, more generally, of the role of women will be then our attempt to bring back to light documents, quotes, male and female authors, fights and movements not well known, and yet very important. 116 The greatest risk is to create a fragmented vision and not a dialogic one of either the subject or history and literature. It's always been kept in mind this risk to report or to show a wrong picture of women but we tried to focus on how was and how is the condition, the figure and the history of women of the Western society. 117 1.1 1800 During the nineteenth century a path was starting to be trampled. That path that will lead to a very important goal: universal suffrage. In the early 1800s, the woman is still dependent on the head of the family (father or husband), without the possibility to administer her assets or her dowry and buy or sell proprieties or lands. Even with the profound social revolution given by the increasing industrialization, her position in society didn't change much. Women hadn't the right to exercise custody over legitimate children, nor the right to be admitted to public offices. If married, they couldn't manage the money earned with their work, because it belonged to their husbands. Women were still sought “marital authorization” to donate, sell property, subject them to mortgage, contract loans, transfer or collect funds, nor could they settle or sue and be sued in respect of such acts. Such authorization was also required for legal separation. Normally, for the adulterous woman a prison sentence ranging from three months to two years could be expected while for the husband just some form of punishment in case of concubinage. Between the late 1800s and early 1900s the condition, the figure and the role of women have undergone radical changes. Tired of suffering, tired of being deemed inferior, tired of not having social and political rights equal to those of the opposite sex; women have always tried to get out of this condition, to find her position in a world where she was put aside, not considered, but did so always with determination, sought sexual emancipation and social independence. The Industrial Revolution brought the transition from craft to mass production and created the chance for women to start working in industries as paid employment. Her figure is no longer of a woman locked in her home, “hidden and protected” traditionally relegated to the role of “angel at the hearth”. Workingwomen became a social problem and people were debating the 118 morality and legality of their activities as self-employed. This is because the salary could make them autonomous, which is deemed unthinkable as they depended on the father or husband. Until then there hadn't been a quantification of the work carried out by women with monetary compensation, unless it was in the family. She was included in certain sectors; however, it was justified by the need to save money: «The less the skill and exertion of strength implied in manual labour, in other words, the more modern industry becomes developed, the more is the labour of men superseded by that of women. »105 So according to the political economy of that time, a husband's salary should be proportioned to provide not only for himself but also for the whole family; instead a wife's salary was not a sufficient income for her maintenance. The salary of a man had a double value: it repaid him for his job and it allowed him to be the head of the family, and so all the members of the family would depend on him. On the contrary, concerning the wage and the household activities of a woman it wasn't visible or remarkable because they didn't produce significant economic value. 1.1 The Cult of True Womanhood and the four cardinal virtues While researching I found an interesting article that shows how women were seen and should act to be accepted in the society and in their own homes. This picture is quite clear in the following article from the historian Barbara Welter that describes the expression of sexual stereotypes. The Cult of True Womanhood or The Cult of Domesticity had this idea that womanly virtues were consisted of piety, purity, submissiveness and domesticity. After the reading it is clear to understand how such words might have served as a response to the growth of industrial capitalism and the beginning of something that was going to happen: the first female movement and the right to vote. Karl Marx and Frederick Engels, Manifesto of the Communist Party, 1848, Marx/Engels Selected Works, Vol. One, Progress Publishers, Moscow, 1969, pp. 98-137. 105 119 Between 1820 and the Civil War, the growth of new business, industries and professions helped to create in the United States a new social class: the new middleclass. Middle-class consisted in families having husbands that worked as a lawyer, or administrator of a firm, professor, merchant, scientist and others. Even though these new middle-class families came from the pre-industrial society, they mainly distinguished themselves for three major reasons: A middle-class family of the nineteenth century didn't need to do what is necessary to survive. Men could work with tasks of production of goods and services while their wives and children stayed at home. When husbands were at work, wives helped to create the view that only the man could provide for the family. This conviction has ascertained that the world of work, the public sphere, was a cruel word, where men did what they had to do in order to be successful, that it was full of temptations, violence and dangers. A woman couldn't face all that because she was weak and delicate. Her place was therefore relegated in the private sphere, was the hostage in the home, where she dealt with household chores. The middle-class family began to change by seeing themselves as a nuclear family, as the backbone of the society. A new ideal of True Womanhood106 and a new ideology on the domestic environment new attitudes sprang toward work and family. Called the “cult of domesticity”, It's found in women's magazines107, books, religious journals, newspapers, fiction. Practically everywhere in popular culture. This new ideal has provided a new vision of the assignment of the role of women cataloging the cardinal virtues of True Womanhood for a new era.108 Authors who addressed themselves to the subject of women in the mid-nineteenth century used this phrase as frequently as writers on religion mentioned God. Neither group felt it necessary to define their favorite terms; they simply assumed that readers would intuitively understand exactly what they meant. Frequently what people of one era take for granted is most striking and revealing to the student from another. In a sense this analysis of the ideal woman of the mid-nineteenth century is an examination of what writers of that period actually meant when they used so confidently the vague phrase of True Womanhood. 107 All the gift books cited in Ralph Thompson, American Literary Annuals and Gift Books, 18251865 (New York, 1936). For the newspapers, novels and diaries, look in Frank Luther Mott, Golden Multitudes: The Story of Best writers in the United States (New York, 1947). 108 An example: Accessible Archives's, The Complete Godey's Lady's Book, 1830-1896 106 120 Essentially this ideal of True Womanhood is composed by four characteristics that every young woman had to cultivate: piety, purity, submissiveness and domesticity. Ideal number one: Piety Nineteenth-century Americans believed women had a particular propensity for religion. The modern young woman was considered a new Eve that works with God to lead the world out of any sin through her suffering, her purity and her passionless love. So, religion was considered a good thing in women, a way to release them from a restless mind, an occupation that perfectly fitted in her environment: the home. First female seminaries and academies, which were under attack because they estranged women from their true goal and task in life, promised that far from religion they wouldn't have benefited from their condition. From the other gender, women were considered “the most revolting human characteristic”, and it was common to say that “godless, no woman, mother tho she be”. In the periodical The Ladies' Repository, Caleb Atwater saw the hand of the Lord in female piety: «Religion is exactly what a woman needs, for it gives her that dignity that best suits her dependence. »109 Ideal number two: Purity Purity was essential as much as piety for a girl, without sexual purity she was unnatural. In fact, without it women were not true women but a sort of members of some lower social class. To contemplate the loss of purity brought tears; being conscious of a crime like that could bring them hysteria or death – according to the periodicals of that time. The wedding night was considered as the most important night in a woman's life, the night where she bestowed her precious treasure upon her husband: her virginity. From that point she depended on him, an empty vessel 110 without a legal (http://www.accessible‐archives.com/collections/godeys‐ladysbook/) 109 The Ladies' repository: a monthly periodical, devoted to literature, arts, and religion., Cincinnati: Methodist Episcopal Church [etc.], Volume 1, Issue: 1, Jan 1841 110 For example, Nathaniel Hawthorne, in The Blithedale Romance, Boston, 1852, p. 71, in which Zenobia says: “How can she be happy, after discovering that the fate has assigned her but one single 121 or emotional111 existence. A True Woman should protect her virtue with her own life. Every attempt from a man to approach her needed to be refused, she shouldn't give herself to the wrong hands. I quote Eliza Farrar, in The Young Woman's Friend about how to protect themselves and their own virtue: «Sit not with another in a place that is too narrow; read not out of the same book; let not your eagerness to see anything induce you to place your head close to another person’s»112 Ignoring such advice was thought to be a warning of disaster. The consequences could be terrible, usually – in the popular literature – a woman who allowed herself to be seduced by a man, expiates her sin with death, most often in poverty, depravity and excess. There were innumerable stories about single mothers judged guilty from God for their sins and they were punished with the loss of their babies and driven to insanity. American culture of the first part of the nineteenth century could brag about American girls perfectly fitting in this frame. In a poem on The American Girl, the author wrote proudly: «Her eye of light is the diamond bright, He innocence the pearl, And these are ever the bridal gems That are worn by the American girl»113 Purity was also seen as a weapon to use, as smart women, to keep men under control using their sexual needs and desires. The only power related to women seems to be mainly of sexual nature. event, which she must contrive to make the substance of her whole life? A man has his choice of innumerable events.” 111 Mary R. Beard, in Woman As Force in History, New York, 1946, makes this point. According to common law, a woman had no legal existence once she was married and therefore could not manage propriety, sue in court, etc. 112 By a Lady (Eliza Ware Rotch Farrar), The Young Lady's Friend (Boston, 1837), p. 293. 113 The Young Lady's Offering: or Gems of Prose and Poetry, Boston, 1853. The innocence of the American girl often came connected to ignorance and it was the ancestral spirit of the heroin of James Henry. 122 American culture of the early nineteenth century experienced a fetish for purity and it has influenced popular decorating, myths and even the language. During these years Americans started to talk about limbs for legs (even referring to the legs of chairs) or white meat for breast meat; and women began to decorate the limbs of chairs, pianos, tables, so the legs were not connected to a sexual interpretation. “True” women were warned to separate male and female authors on bookcases, unless they were married to each other. Considered as a moral imperative, woman must preserve their virtue until marriage and only marriage could give her happiness. And it was the end of her innocence. Ideal number three: Submissiveness Perhaps, this is the most feminine of virtues. Men should be religious, at least most of the time. Men should be pure, even though one didn't expect it. But men should never be submissive. They should be the ones who were the doers and the makers – that is to say the actors in life. Women should be the passive spectators submitted to fate, to duty, to God and to men. Men were women's superiors for the Lord's will, if not for intellectual dowry but, at least, for law. The Young Lady's Book summarized the virtues of women for its readers: «It is, however, certain, that in whatever situation of life a woman is placed from her cradle to her grave, a spirit of obedience and submission, pliability of temper, and humility of mind, are required from her. »114 As Godey's said “the lesson of submission is forced upon woman”, the author added with no criticism “To suffer and to be silent under suffering seems the The Young Lady's Book, New York, American Edition, p. 28, 1830. 114 123 great command she has to obey.”115 Just in case the concept wasn't clear, submissiveness and female passivity were highlighted even with clothing that they were expected to wear. Tight corsets that squeezed the lungs compressing internal organs and a large number of petticoats limited women's mobility. Ideal number four: Domesticity A woman's place was at home. Her role consisted in keeping herself busy with tasks that helped to remain pure and merciful. Housekeeping was believed to be such an uplifting task. In Godey's Ladies Book one can read that there's a lot to learn about pouring out tea, more than we are willing to believe. Sewing and crocheting were approved because it segregated women to the home, dealing with housework and to keep an eye on children; another task was to make the home a cheerful and peaceful place, where men were attracted away from the temptations of the outer world. The safest shelter for such a delicate creature was the warmth and protection of her home. In many woman's magazines, several essays depicted the woman as a comforter: “Woman, Man's Best Friend”, “Woman, The Greatest Social Benefit”, “Woman, A Being To Come Home To”, “The Wife: Source of Comfort and the Spring of Joy”.116 The rights of the True Women were: The right to love whom others scorn, The right to comfort and to mourn, “Woman”, Godey's Lady's Book, II (Aug. 1831), 110. These titles were taken by The Young Ladies' Oasis: or Gems of Prose and Poetry, ed. N. L. Ferguson, pp. 14, 16, Lowell, 1851; The Genteel School Reader, p. 271, Philadelphia, 1849; e Magnolia, I, 4, 1842. A famous poetry published in England, fully expresses the concept of "consoling woman": Coventry Patmore, in The Angel in the Home, Boston 1856-1857. Patmore expressed her devotion to “True Womanhood” in these lines. 115 116 124 The right to shed new joy on earth, The right to feel the soul's high worth, Such woman's rights a God will bless And crown their champions with success. The Cult of Domesticity grew as a family that lost its function as economic unity. Many relationships between family and community were interrupted due to the imprisonment of women in the home. It was expected that women would support moral values, stability and democracy by making their homes a special place, a shelter where he could escape from that competitive, unstable and immoral business and industrial world. It can be said that there was a certain type of values imposed to being successful in the business world and men were required to adopt certain behaviors and values: materialism, aggression, vulgarity, toughness, rationality. However, they needed to develop another side of their character, a “human” part, a non-competitive one. The house was where they could find it – here they could express their humanistic and aesthetic qualities as love, honor and loyalty. Another requirement that the True Woman was expected to have was a special affinity for flowers. According to the editors of The Lady's Token,“A Woman never appears more truly in her sphere, than when she divides her time between her domestic avocations and the culture of flowers.”117 She could write letters, an activity typically feminine since she had the need to release and free her heart118, or practice in the painting room, singing and playing instruments. And she could even read. Right from here women begin to receive a number of disconcerting tips and it was thought women were dangerously attracted to novels. She had to avoid them, if they interfered with her principles. If she couldn't help it, she had to choose those on the list of morally acceptable authors.119 In regards to women's magazines, they Cotesworth Pinckney, The Lady's Token, 1848, Kessinger Publishing, LLC, ed. 2010, p. 44 T. S. Arthur, Advice to Young Ladies, Boston, 1850, p. 45. 119 Waterston, Thoughts on Moral and Spiritual Culture, Boston, 1842, p. 101. 117 118 125 could be read only if women didn't stray attention from the chores. Godey's promised husbands that they won't find their wives less concerned and sincere when they returned back home, as a result of reading his magazine. This type of magazine had articles that talked about fashion, ballet, health and tips for the home. Also there were poems and collections of popular writers of this time such as Nathaniel Hawthorne and Edgar Allan Poe. In addition, these magazines supported Queen Victoria of England as a True Woman and an aspiration to all women. No matter what authority asserted it, but the nineteenth century knew that girls could be ruined by a book. The story of seduction - so discussed in books – is considered one of the causes of their downfall. 1.2 The Declaration of Sentiments In July 1848, four women gathered in front of a cup of tea, they decided that women's patience had come to an end. With a pen in their hands they agreed to draw up the document destined to become one of the pillars of American feminism and others: The Declaration of Sentiments. The fire of liberty had raised the political temperature to the point of burning Europe. But should be very warm in that middle-class salon in the quite Seneca Falls, New York, where Lucretia Mott120, Elizabeth Cady Stanton121, Martha Wright122 and Mary Ann McClintock123 decided to convene a Convention that put on the agenda women’s rights. Scorching decision. These four women wanted to usher in a rebellion that the world had never seen. More than just a storm in a teacup. The feeling of freedom for women, which until then hadn't taken into account, made them feel trampled and perpetually stripped of their most sacred rights. Lucretia Mott (January 3, 1793 – November 11, 1880) was an American activist. She fought for the slavery abolition and for women's rights. 121 Elizabeth Cady Stanton (November 13, 1815 – October 26, 1902) was an American activist, involved as a leading figure of the early abolitionist and feminist movements for the emancipation of women and for the assertion of her rights. 122 Martha Coffin Wright (December 25, 1806 – January 4, 1875) was an American teacher, feminist and abolitionist. 123 Mary Ann McClintock (1795 – May 21, 1884) was a feminist, suffragist and abolitionist. 120 126 They would have reached their goal by using every tool at their disposal. They called for representatives, spread leaflets, presented petitions to both state and federal parliaments, worked to gain the support of the clergy and the press on their side. So, it was decided that all laws that prevented women from taking up a position in society which destined them conscious, or places where they're in a position of inferiority in respect to men, women are contrary to the natural fundamental principle and have therefore neither validity nor authority. All women should be informed about the laws that govern them, so that they can no longer appear uninformed, declaring themselves satisfied with their condition or ignorantly saying that they enjoy all the rights they want. Another principle of the declaration is that they wanted for men the same amount of virtue, delicacy, finesse in behavior that society requires from women, and that the same transgressions should be treated with the same severity, regardless of gender. Women were for too long quiet in those boundaries and corrupted customs. It was time to redeem themselves. Education, which for centuries was primarily in the hands of religious men, underwent a profound change with the proliferation of liberal ideas and the secularization of the State. Subjects such as History, Geography and general Literature were considered important, unlike Latin and Greek. Women who wanted to study Law, Physics, Engineering, Medicine or Arts were strayed and derided. Common opinion was that there was no need for women to go to university. It's even said that studying was unnatural for women and could lead them to insanity. They simply had to be pleased to fill the role of “ornament of society” and be subordinate and submissive to their husbands. Thanks to this declaration, the first basis was laid for what eventually will lead to the suffragettes and universal suffrage. 127 1.3 The first feminist movements and the universal suffrage The years between the nineteenth and twentieth century are also the ones in which women organized the first feminist movements. They animated the increasingly passionate battle for the right to vote: in 1869, in England women won the right to municipal vote and in 1894 the right to be elected; in 1903 the political and social union of women went to real forms of struggle and disorder against all the institutional parties, conducted by the so-called “Suffragettes” (among them appears Emmeline Pankhurst (1858-1928) and her daughter, Cristabel); in 1917 suffrage to women over thirty years was finally granted and in 1928 to all women aged over twenty-one. The first State in the world to grant suffrage to women was Wyoming, United States, in 1869, still when it was just a territory of the Union. This was probably due to the fact that the Anglo-Saxon countries, such as Britain, which was ruled by a monarchy, had a long tradition of representation, even though the English Reform Bill of 1832 granted the right to vote only one out of six of the male adults, excluding completely women; in 1920 this right was extended to all American women. A step backwards. In 1832 a wealthy English landowner sent a petition to the House of Commons because she wanted to be granted the right to vote. Her instance – at that time considered insane – was based on the request for strict application of a fundamental principle of public English law: “no taxation, without representation”. Because they required to pay taxes they should have had the right to vote and to contribute, or elect the representatives of their community. The Commons rejected the petition and indeed voted that electoral Reform Bill of 1832 saying that it still cut out women from vote and also 5/6 of men. It means that 11/12 of the British in adulthood had no political rights. Only in 1928 will there be an effective universal suffrage in the UK with the extension to vote for all men and all women starting from twenty-one years old. British women were not the first to achieve equal political rights. In January 1918 the House of Representatives approved the Fourteenth Amendment to the Constitution of the United States, which provided for women's 128 suffrage. The process of this amendment is long: the women of the Union have the right to vote only since August 1920. In 1918 the British House of Commons adopted the Representation of People Act which provides for male suffrage from 21 years and on and the vote to women who are at least aged 30 years. In the same year, after living the end of the First World War, women could achieve equal political rights. The following year, while the nineteenth amendment to the US Constitution proceeded on its way, German and Swedish women are entitled to vote. The feminist movement seems to step aside, after the British women obtained universal suffrage in 1928. Women's suffrage started again after the Second World War: where the right to vote was granted to French, Italian, Japanese and Chinese (after the victory of the Maoist revolution) women and many other countries. Among the last countries to approve universal suffrage is Switzerland in 1971, paradoxically the same place where in 1868 commenced the Association Internationale des Femmes (International Association of Women). If on one hand suffragettes adopted a tough fight method: demonstrations, marches, disorder of the rallies and the political activities. On the other hand, the Government and police reacted harshly. The activists were beaten up, stopped, fined, imprisoned. Often their only crime was to interrupt a political speech or disrupt a parliamentary debate by asking aloud, “When can women vote?” 129 2. 1900 The twentieth century starts to see the first payouts of women and their claim as an independent individual. In the wake of the growing practice of associations, especially in the last decades of the last century, the first real feminist organizations were born. In Europe and the United States, on the initiative of groups of more sensitized and enterprising women, were built dozens of associations and women's magazines concerning specific topics, or as a branch of the Socialist or Catholic parties. The first women's associations set out to start a series of legal and political reforms. By marrying, the woman in fact loses almost all civil rights: the feminists challenged the right of the husbands to make all the decisions after the wedding; they asked for the possibility for a woman to personally manage her assets; they called for the establishment of divorce; they criticized the fact that it was up to husbands to decide the education of children. Moreover, feminists demanded the launching of laws that regulated prostitution and of an equal salary. But especially, at the end of the century, the demands are focused on the right to vote to women. One of the first feminist demands regarded obtaining a better education for women. Feminists demanded the opening of high schools, universities and the professions and the establishment of mixed class schools, where education is not distinct between a “serious culture” for men and an accessory and practical one for women. Among other things, teaching (in its lower levels) was one of the few confidential intellectual professions to women and not surprisingly many of the first feminists were teachers. Indeed, the socioeconomic status of women between the end of 1800 and early 1900 was the dramatic disparity. The same data on which to base investigations are sketchy because, despite being more common than now, women's work was hardly recognized: almost all women working in the field of agriculture weren't recognized as workers, unless they had a propriety or a rental contract. In any case, the salary was slightly more than half of what a male worker gained. Even child labor was widespread and underpaid. The lower wages of women were 130 perceived by other workers as a form of unfair competition, and then the first draft laws tried to guarantee a minimum wage to female workers, even to “keep on the market” the male workforce. During the twentieth century women will go through a lot of changes. Two World Wars will call her to work in industry and then with the economic boom her role is going to change and feminism will take steps in recognizing not only her rights but also control of her body. 2.1 Second-wave Feminism The 60's. The feminist movement starts up again but departing from the nineteenth century movement. After gaining political and civil rights, the disappointment of seeing that victory didn't bring changes in society; male cultural models keep dominating and women still remain oppressed. The victories are purely formal and they come to the conclusion to move from mere emancipation to the liberation of women, going to the roots of the difference in power. It is necessary to understand the origin and perpetuation of the asymmetry between sexes by rereading from a feminist point of view anthropology, history, law and theology. The Second-wave feminist movement was born in the Sixties. In Europe and in the States the new feminism started simultaneously with the student movement attempted to subvert the balance that was established in the Western society. These two movements besides having in common the international even the anti-authoritarian and anti-institutional trend, uphold the refusal of old fashion ideologies and also the way of acting through collective actions. The family is the primary target of criticism of both movements in the US and even more so in Europe, since the fixed roles of the social (for the student movement) and sexual (for the feminists) hierarchy take place in the family, according to the man-father-patriarch-master and woman-mother-queen of the house scheme. Women who protested made students realize that they were fighting 131 against a system organized and composed by mostly men. The feminist movement highlighted the intertwining between social domination and male sexuality. The place where the authorial figure of men as heads of the family is present, it's family itself and the student movement fights against it; while feminism challenges the passive, silent, respectable, conformist of the mother's role. New obstacles arise during the anti-authoritarian struggle of 1968 fronted by boys and girls. The “angel of the hearth” is replaced by the “angel of the mimeograph”. During these years, legislation leans towards the recognition of certain civil and political rights of women but there is still one boundary to eliminate: the discrimination that turns sexual and biological differences in social and cultural ones that still relegate women to a lower status. In private life, in relationships, in their sexual life, in the family, in the circle of friends and also in politics the sexual and social control over women is practiced and perpetuated. From emancipation it switches to liberation. The main goal becomes the affirmation of the difference of the woman, understood as a historical assumption by women of their gender identity and how to search new values for a total transformation of society. The main goal of new feminism is to transform society, and therefore a culture that cares about women and ensuring equal rights. This new way of thinking has laid the foundation for the creation of different groups and movements that will play an important role in the battles during the Seventies in favor of the liberation of women from some social impositions. It is important to remember the struggle for the legalization of abortion, that was not only a matter of women's healthcare – forced until then to clandestine abortion clinics, that each year caused tens of thousands of deaths in every European country – but also the right to manage their own bodies. The fight to legalize abortion was going to coincide with the campaign in favor of contraception. In Europe, abortion became legal in the course of the Seventies. Two different feminist currents are forming: one focuses on the difference 132 and one insists on equality between the two genders. For the first one, there is a clear difference between men and women; claiming equality means that women must adopt male ways and attitudes, while the creation of a new culture based on female principles and values gives birth to true emancipation. For the second one, the supporters of equality, male and female genders – different from sex, which is a biological fact – are not a neutral reality; but instead it regards roles, behavioral patterns and ways of thinking as the result of history and culture. 2.2 Brief history of abortion in the world Abortion and the totalitarian regimes (Communism and Nazism) In 1917 with the communist revolution appears for the first time in history the recognition by law of Abortion rights. Communism is based on the family, not as a natural institution, as the doctrine of natural law, but a man-made institution. The middle-class family, quintessential of an unfair and corrupted world, recognizes private property and - the one for the Communists is - the “private property of affection”. The abolition of private property for Lenin, who ranks among social-communist philosophers like Dom Deschamps, Morelly, Babeuf (XVII century), Fourier and Marx (XIX century), stands for the abolition of family relationships husband-wife, parents-sons and, therefore, it introduces divorce and abortion. The latter is given as a result of another important cornerstone of communist thought: materialism. Olga Kovalenko, athlete in Mexico in 1968, reported how she and “even other gymnasts in the USSR were forced to conceive and then have an abortion, because with pregnancy the female organism can produce more male hormones and develops more strength. If they refused, no Olympics”. In 1933, Germany legalizes abortion in the newborn regime: National Socialism. Like the communists, the Nazis introduce divorce and abortion. The reason is not clear but surely it starts from a personal denial of the soul, then the eugenic doctrines enter into action: the state is the first natural society not the family; the political community, the abstract 133 entity called Volk, people. Like in Sparta, youth must be physically strong, healthy, racially pure, instead weak and unwanted individuals must be deleted, suppressed. From this violation of the sacred nature of life the step to become an outright violation of life was easy: before and during the war sterilization, euthanasia, the suppression of people with disabilities were legitimized. Nazism contains the stiffing of youth, in eugenics, in the role of the parents as educators through the governmental organizations, the Hitlerjugend (Hitler Youth), the association founded by Heinrich Himmler (1900-1945), called Lebensborn, which very briefly mated unmarried women with Aryan partners. Communism, as already noted, totally denies the family. A perfect example for this denial of family is the fourteen-year-old hero, Pavel Morozov (1918-1932). He revealed to the authorities the opposition to the regime of his father and, because of that Pavel handed him over to death. England The Anglo-Saxon protestant, liberal and capitalist world legalized abortion after Communism. England is the first to do it in 1968. George Orwell's 1984 (19031950) will obtain immense success and will become one of the most important texts of English literature. This book talks about a world whose inhabitants are controlled, manipulated, subjugated by the “power” in every aspect of their lives. Also reproduction is under control, fertilized ova in vitro are kept artificially. Brave New World by Aldous Leonard Huxley (1864-1963), son of a Darwinian biologist, is important if one wants to understand the ideas on what will be the future society. Huxley's ideas will succeed thanks to his brother, Sir Julian Sorell Huxley (1887-1975), who, as the first director general of UNESCO, the UN brain, will introduce in the system an aversion to life that is still present. This philosophy is expressed in his pamphlet in which the propositions are very similar to what happens in his brother's novel. Sir Huxley, also, in the first two decades of the twentieth century, is one of the founders of the British Eugenics Society. In the name of the Committee for the Legalization of Eugenic Sterilization wrote in September 6, 1962: “The arguments in favor of sterilization of certain abnormal or 134 mentally ill people seem overwhelming.” In 1938, the attitude of justice across the English Channel changed when Dr. Aleck Bourne had been acquitted by the court after being accused of having interrupted the pregnancy of a raped and shocked fourteen-year-old girl: the decision considered lawful the act of the physician as it was aimed at safeguarding the mental balance of the girl. David Steel presented the bill in 1967 and was approved by the House of Commons by 229 votes in favor and 29 against. This is the most liberal law present in the Western world. United States of America Around 1965, in the US there was the first mobilization in favor of the legalization of abortion. In 1967 states like California and Colorado had already provided women with the possibility to have abortions, in particular circumstances, and had left the final decision to hospitals. The state of New York in 1970 allowed women to abort within 24 weeks, only if it is performed by a doctor in the healthcare environment. This legislation immediately created unrest among the American states and among those who opposed and those who were in favor, this matter arrived firstly to the Supreme Court with the case of Jane Roe (aka Norma McCorvey). A twenty-three-year-old girl half Cajun and half Indian with a terrible childhood and already the mother of two children, wanting to stop the third pregnancy for economic problems. The United States soon become promoters of “abortionism” in the world, financing it and promoting it in Europe (with family planning associations, UN agencies like UNFPA, UNICEF and others) but especially in Third World countries and Latin America, up to the implementation of the forced sterilization plan in Brazil through water poisoning. It allowed to abort up to the thirty-second week, which is described as a gory technique. It consists of giving birth up to a certain point. The obstetrician tries to push down the baby, until the head doesn't come out from the womb of the mother. At this point a pair of surgical scissors is inserted into the base of the baby's skull, cuts, opens and widens the hole and the brain is sucked out. In this way the head is 135 reduced and can be removed. The Supreme Court decision has ensured that in the United States abortion is a constitutional right, a decision like this can only be compared to that one in South Africa. Germany Common opinion is that on many decisions made in Germany regarding reproduction, the topic is greatly affected by the memory of the tragic Nazi experience. In 1974, the legislation in force is re-examined thanks to a petition and it liberalized abortion within the first three months of gestation. However, in 1975, the German Constitutional Court asserted that the new legislation for the protection of life was not compatible with the one already in force. The opportunity to abort was given even in absence of motivation, which was considered unconstitutional. According to the Court, the practice of abortion “is a response to the annihilation of life, not worth living, to the final solution and to the implemented settlement by the National Socialist regime as state duties.” and keeps asserting “under the omnipotence of the totalitarian state, the Constitution has built a system of values that places the individual human being - with its dignity - at the center of all policies”. In short, it's not possible to destroy a life without a valid explanation, or a serious threat to health. Therefore, legal abortion is regulated by a more restrictive law in the Bundestag, the German Parliament. After the unification of the two parts of Germany, the problem is once again brought to the table because the law of the former German Democratic Republic in 1972 went against the criteria that the jurisprudence of West Germany considered then unconstitutional. In July 1992 a new law was drafted, it will be taken up in the following year by the Constitutional Court, since the judges were critical of a passage, which defined “not contrary to the law” abortion as an act of free choice of women in the first twelve weeks of pregnancy. Germany is still different today for its own right to life of the unborn, which makes no distinction with those who are already born. The rules of that law dated 1995 state that cannot be considered punishable abortion requested by a consenting woman as long as: it doesn't exceed 12 weeks from conception, shows a certificate of a center for consultation and surgery is performed by a qualified 136 doctor. A pregnancy termination performed by a physician with the consent of the pregnant woman shall not be unlawful if, considering the present and future living conditions of the pregnant woman, the termination of the pregnancy is necessary, according to medical opinion, to avert danger to the life of the pregnant woman or the danger of grave injury to her physical or mental health, and if the danger to her cannot reasonably be averted in any other way. It's possible to stop pregnancy after the twelfth week only on medical indications. 3. Giving the floor to the Authors “One is not born, but rather becomes, a woman” Simone de Beauvoir and the condition of women Simone de Beauvoir (1908-1986) is internationally known as one of the greatest writers of the twenty-first century. After she graduated in Literature and Philosophy at the Sorbonne and obtained the agrégation in philosophy she decided to start teaching. De Beauvoir was only the ninth woman to have received a degree from Sorbonne at the time, due to the fact that French women had only recently been allowed to join higher education. An encounter resulted to be a turning point in her career and in her life, and it was with Jean-Paul Sartre. In 1943, she published L'invitée (She came to stay). De Beauvoir says: “I had a revelation: this world was a masculine word, my childhood had been nourished by myths forged by men, and I hadn't reacted to them in at all the same way I should have done if I had been a boy. I was so interested in this discovery that I abandoned my project for a personal confession in order to give all my attention to finding out about the condition of women in its broadest terms. I went to the Bibliotèque Nationale to do some reading, and what I studied were the myths of femininity” But, it's in 1949 that she published Le deuxième sexe (The Second Sex), where she deals with issues such as the problem of freedom and the status of women on socially and morally grounds. Thanks to her numerous travels, Simone de 137 Beauvoir was inspired by various collections about political and social observations and meditations, including La longue marche (The Long March: An Account of Modern China), written on her way back from China. De Beauvoir's work has a long and significant time frame: from the first political awareness to the of the Second World War, when it's responsibility of intellectuals to take concrete action. Simone de Beauvoir becomes the spokeswoman of the oppressed people in the world: the torture in the Algerian War, violations of the Vietnam War, police repression against students that were protagonists of the French May, these are some of the strongest topics she treated. Since 1958, she began to write her biography, published in four volumes: Memoirs of a Dutiful Daughter (1958), The Prime of Life (1960), Force of Circumstance (1963), All said is done (1972). The volumes represent the direct testimony, as well as personal story, of what happened in France between the '30s and '60s. One of her numerous struggle in favor of women is that she joined Le Manifeste des 343. In 1971, the magazine Le Nouvelle Observateur published a poster where three hundred and forty-three women declared they had had abortion. With this declartion they wanted to ask to be able to abort freely and to have free access to contraceptive methods. The Second Sex In The Second Sex, the problems of women (their condition of subordination and oppression) are placed within the existentialist perspective that Simone de Beauvoir shared with Sartre: each human being is free and forced to be free. Everyone is free to choose the path of transcendence, in other words the planning and the transformation of the world around oneself and the acceptance of things as they are. The situation is common to both men and women. Here the question arises: Why are women – for as long as we can remember – always in a position of inferiority and subservience? Simone de Beauvoir explains that it's not the happiness of the women to be underrated but her freedom, her chance to take up her path of transcendence. The first concept that she analyzes is the position of women in society, a role 138 that she defines as alterity. While man is the “primary thing”, the One, the woman is “the Other”. This definition is to be defined not in themselves but dependently from the One; it is said what she is not rather than what she is. In history, alterity has marked the balance of power, to justify and consolidate it: from the Jews to black people, or the proletariat. The main characteristic that differentiates them from women is that the Jewish diaspora, or slavery in America, colonization, the proletarian revolution are facts that have taken part in a certain place, at a certain date and for a certain cause. For oppressed individuals, in this case, there was always a “before” and an “after”; they have always described themselves in opposition to the One (colonizer, white, boss). Instead for women this process didn't happen. Why? Because of physiological structure, the woman is Other from the man: the subservience is not perceived as the consequences of a matter of fact but something natural, as if she was born to be inferior. So, the first part of the book explains the theoretical, historical, cultural and existential aspects of women's situation, demolishing piece by piece those myths that relegate a woman's life to a subservience condition. The purpose of this analysis is to refute the fact that female biological diversity implies her inferiority. The pretext that she's locked in her oppressive situation because most reproductive functions fall naturally to her, is true. As stated by de Beauvoir, the subservience of women was a matter of fact. It's known when a human being is placed in a position of inferiority, it starts to feel so. The reflection that made de Beauvoir's book one of the fundamental texts for feminism of the following years is the fact that the woman is a cultural and historical construction, not a biological fact. Whether man or woman, we are all human beings, but being referred to as “woman” is subjected to a series of personal freedom restrictions. These restrictions make us question the naturalness of certain situations in a woman's life that caused a scandal in France during the Fifties, for example saying that having children is a function assigned by physiology to woman is accepted until the choice to have them or not, or to take care of them after birth is up to a 139 woman (“There is no such thing as an 'unnatural mother', since maternal love has nothing natural about it: but precisely because of that, there are bad mothers”). This assertion brings up the discussion what is the role of women in family and society. De Beauvoir wanted to bring back modifiable factors, that is culture and history, to shout expressly that women have the duty to choose their own path of freedom and transcendence. Simone de Beauvoir, despite not calling herself a feminist, is considered the mother of modern feminism. The Feminine Mystique Betty Friedan The first and most incisive intellectual reflection on the condition of women is represented by Simone de Beauvoir's book; but not limiting the claim of women's access to political rights and wage equality, it reached the field of individual liberties and women's private life. Even though it was a source of inspiration for some struggles, “The Second Sex” wasn't the manifesto of the new wave of feminism, but a book published in 1963 in the United States signed by Friedan, who faced the problem from a different point of view. Betty Friedan (1921-2006) was an American journalist and activist of Jewish and Hungarian descent, she grew up in a left-wing environment and as a student she attended several Marxist clubs. She studied at the University of Berkeley but, convinced by her boyfriend, she decided to abandon her unfinished PhD. From this point she started to devote herself to writing as a journalist for leftist newspapers and the linked labor unions; in 1952 she had to quit the newspaper because pregnant with her second child. From that moment she wrote freelance for several magazines, including Cosmopolitan. The year 1963 brought her fame with the book The Feminine Mystique. Friedan argues – mostly through interviews – the malaise among many American middle-class women of the Fifties. After the call at work during the war, when the conflict ended, women were sent back home to deal with husbands, children, and the home again. Thanks to the economic boom and the appearance of new “modern” 140 tools (such as the refrigerator, washing machine, vacuum cleaners) once again the place of women in society is drawn: the home. Girls were incited by the media, by doctors and social scientists to find a husband that they could marry, therefore dropping out of school work, and every professional aspiration. All of this is called by Betty Friedan “the Feminine Mystique”. The idea for the book occurred during a meeting with her former study companions, when she noticed that none of them was happy wearing the role of the “golden” housewife. From these interviews on these former companions the book starts, then continues with further studies on the middle-class woman. The collected data is disturbing: the average age of marriage in the late 50's dropped to 20 years or even less; in 1920, 47% of women attended college, in 1958 it fell to 35%. Not even a century before women had fought for higher education, now they attended college just to find a man. In the mid-fifties, 60% of them dropped college to get married or because she was afraid that if she was “too” educated, men would be discouraged. This is to say that American girls were properly fitting to the role model of the perfect housewives from the residential area with no interests, except family. Betty Friedan with her book showed that all women felt incomplete and devoid of identity instead of being happy and gratified. Such as de Beauvoir, Friedan addressed harsh criticism to Freud and the media. Her attention to unmask the sexist “speech” that detects women in the limited corner of the society will become a landmark of feminist movements of the 60's and 70's. Unlike de Beauvoir, who invites women to feel as a “we”, Friedan urged to find an individual solution, that is to say not necessarily choosing but rather combining career and family. In 1966, Friedan personally mobilized and founded – along with a group of activists willing to promote and to strengthen the recognition of women's rights - NOW (National Organization for Women). This movement wanted to erase inequalities resulting from sexual difference. As president of the Organization, Friedan conducted campaigns to increase the presence of women in government, to legalize abortion, to extend child care to social services and against advertising that strengthened the collective imagination of the woman. Even after the 1970's, when she relinquished the NOW presidency, Friedan continued her battle. She was one of the main promoters of the Women's Strike for Equality in 141 August 26 1970 (the 50th anniversary of women's suffrage in the US) and worked for the ratification of the Equal Rights Amendment to the American Constitution that is the main goal of NOW after '77, along with the struggles against domestic violence and discrimination in employment and for the defense of abortion legislation. Subjectivity and Identity On the threshold of the 1980's, from the point of view of political action, the vitality of the feminist movement drops but remains present from the theoretical point of view. In the United States, feminism bursts entering in the departments of universities with the creation of “Women's Studies” and “Gender Studies”. The problem of subjectivity and identity is at the center of feminist reflection, very influenced in the States by the “French theory” of deconstructionist inspiration. The most important figures are Donna Haraway, Teresa de Laurentis, Alice Schwarzer, Judith Butler. This feminism of difference encourages the development of studies such as gender studies (gay studies, lesbian, queer also called LGBT studies). In the 1980's the development and diffusion of feminist thought knows no crisis and involves fields such as philosophy, history, literary criticism, sociology. In Anglo-American countries feminism is quickly accepted. The “new” feminists are mainly women that work as university professors, involved in research work. In universities subjects as Women's Studies and Gender Studies are becoming more prominent but to enhance the “difference” LGBT Studies as gender are also introduced. Unlike the movement of the Seventies, feminists devote themselves studying and analyzing the fundamental philosophical concepts such as identity, subjectivity, sexuality and corporeality. Cyberfeminism Donna Haraway Donna Haraway is a biologist and teacher of the History of Consciousness at the University of California, Santa Cruz, and colleague of two other feminists: Angela Davis and Teresa de Laurentis. The essay that made her famous is entitled 142 Manifesto of Cyborgs: Science, Technology, and Social Feminism in the 1980. A “cyborg” is an individual half-machine (cyb-) half organism (-org), an example is James Cameron's Terminator. Haraway suggests and foresees an ironic feministsocialist utopia, where between technology and humanity all distinctions of gender and race, human and animal, physical world and cyber world will collapse. Queer Theory Teresa de Laurentis This woman is one of the most influential feminist theorists worldwide and was born in Italy. After her studies at the University of Bocconi in Milan, she moved to the United States, where she taught Italian, comparative literature, Women's Studies, and criticism in many universities. Teresa de Laurentis, lesbian feminist leader with lesbian French radical ideals (such as Cixous), develops on Irigaray's concepts regarding the theoretical demolition of the concept of gender and sexual identity. The concept of “parody” plays an important role in her elaboration and its continuous change that the parody entails. In short no identity is fixed and immutable, every identity is a parody of another, something that doesn't exist as a fact of nature. It's precisely Teresa de Laurentis who coined the term “Queer Theory” in 1990. In English the word queer means “bizarre, strange, eccentric”, and it is also used as a derogatory term to describe a homosexual. The positive acceptation was originally associated with radical gay politicians, of Actup, Outrage and other queer groups to denote a separatist policy, non-assimilationist. Currently, Queer Theory aims to challenge the notions of heterosexuality and homosexuality, trying to better comprehend sexuality and emphasizing difference and ambivalence, cultural structures whose change depends on the historical and social context. At this point to queer means making odd and quench “normal” sexuality, questioning heterosexuality as a social and sexual norm and promoting the notion of “nonstraightness”. The little difference and its huge consequences Alice Schwarzer 143 Since 1975 Alice Schwarzer is one of the most combative and relevant voices in the German-speaking countries and is the symbol of women's liberation. Her first bestseller Der kleine Untershied und seine grossen Folgen (The little difference and its huge consequences) was published in 1975 and translated into more than eleven languages. Since then her popularity has grown steadily. Still in this year, in a televised debate with anti-feminist writer Esther Vilar, author of the book Der Dressierte Mann (The Manipulated Man), Schwarzer charges her of sexism, fascism and even Nazism. Feminist of the second wave, Alice stands by the similar equality concepts of her dearest friend Simone de Beauvoir, she's also a founder and a spokesperson of MLF (Mouvement de Liberation des Femmes). Her fight for the legalization of abortion in Germany is well known to the Germans. In 1971 brought she up for the first time the attention to the cause with her project Frauen gegen den §218 (Women against law 218, which made abortion illegal). The result is reached in 1974 with the abolition of this law. The reflection on the concept of “body” Judith Butler Judith Butler is a lesbian feminist and teacher at the University of California, Berkeley. Her main reflection is on women´s body and her independence. Butler´s main works are Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity and Bodies that matter. In the latter work she adopts a queer perspective. Those “bodies that matter” are those who “respect” the “codes” or the sexist “speeches” that mandate to play already set roles. The person who refuses to comply with these roles is the “despicable”, the different, the queer. Butler wants to question these codes, always taking into account the cultural “structures”, and adopts drag practices, transvestites, theater actors that change roles, clothes and scenes continuously. 3.1 Feminist literary criticism In this chapter I particularly focus on the works by Elaine Showalter - who distinguishes “feminist critique”, that is studying male literature from a female 144 point of view, from “Gynocriticism”, which is studying literature produced by women – and an important and meaningful book The Woman Writer and the Nineteenth Century Literary Imagination, or known also known as The Madwoman in the Attic by Sandra Gilbert and Susan Gubar – where they reexamine the way of thinking of female writers during the process of writing a book and the influence of that constant stereotype that created by man. In the early Seventies feminist literary criticism comes alive in the “English Departments” of British and US universities. 1970 is a special year for literary feminism, because in this year the poet Adrienne Rich124 is a contributor to the forum on the “status of women in the professions” on behalf of the Modern Language Association (MLA), an important academic body. Rich's essay, When We Dead Awaken: Writing as Re-vision introduces the revision towards a text, that is to turn to an old text, produced by a man, with new points of view, those of women. This marks the birth of a new perspective in literary criticism with the aim to reveal the stereotypes of women by the great authors of the past and to re-evaluate the culture and women's writing. During these years several significant works are published including The Female Imagination (Knopf, New York, 1975) di Patricia Meyer Spacks; Literary Women: The Great Writers by Ellen Moers; A Literature of Their Own: British Women Novelists from Brontë to Lessing by Elaine Showalter; The Madwoman in the Attic: The Woman Writer and the Nineteenth Century Literary Imagination by Sandra Gilbert and Susan Gubar. Adrienne Rich is the author who will give the greatest contribution to the school of thought of Lesbian feminism with her article Compulsory Heterosexuality and Lesbian Existance, in C.R. Stimpson, E. S. Pearson (ed.), Women, Sex, and Sexuality, Chicago, Chicago University Press, 1980, will help to “legitimize” and respect the lesbian theory. Rich sees heterosexuality as an imposed institution by male dominance on the natural condition of female sexuality and distinguishes two concepts: the “lesbian existence” is the recognition of the historical presence of lesbians and “our continued development of the meaning” of this existence. The lesbian continuum, instead consists of a series of experiences (both in history and in the life of a woman) in which manifests the “imprisonment” of female subjectivity and to have sexual intercourse with another woman. Rich's opinion regarding both the existence and the continuum is that they express the potential of woman as women. She will distinguish herself by the more radical lesbian feminists (like Butler) that rejecting the male role model declaring themselves “non-women” and “non-men”. 124 145 Gynocriticism Elaine Showalter Also important is the creation of the American feminist magazine Signs and the beginning of a debate between feminist thought and the academic world, overseen by Elaine Showalter with the article Women and the Literary Curriculum in the magazine College English (1970). This woman has introduced a very precious contribution because a new model of literary criticism known as Gynocriticism. Showalter distinguishes feminist criticism, or the feminist critique, which focuses on the woman as a reader and with the prerequisite to analyze and deconstruct the patriarchal ideological assumptions in men's literature, from Gynocriticism, i.e the criticism that deals with the woman as a writer. The Madwoman in the Attic Sandra Gilbert and Susan Gubar As Showalter, Gilbert and Gubar don't share feminist separatism but aim to discuss and converse with the male tradition. In The Madwoman in the Attic (1979), the main theme is the challenges that a woman writer must face. From the “anxiety of influence” (Harnold Bloom) belonging to any writer, for the woman the “anxiety of authorship” is added - in other words the anguish of becoming an author in a world where the male gender dominates and therefore imposing frustrating compromises. The book's title The Madwoman in the Attic is taken from the character in Jane Eyre by Charlotte Brontë (1847), Bertha Mason, Rochester's mad wife who's locked in the attic of their home. This figure apparently irrelevant, is used as a “double” of the writer and taken by female authors as a metaphor of the irreducible alterity of the status of women. Does the Queen try to sound like the King, imitating his tone, his inflections, his phrasing, his point of view? Or does she “talk back” to him in her own vocabulary, her own timbre, insisting on her own viewpoint? 146 CONCLUSION The biological, psychological and social inferiority of women ratified by male society could only be refuted by women themselves: the two moments that foster the dawning of a feminine consciousness are represented first by the establishment of a woman's movement with the struggles to obtain the right to vote, and then by the claim of freedom to choose for their own person and for their own body. In the Western world a woman's life has become better over the centuries thanks to laws that protect their needs and their rights. It's only in the twentieth century, and more precisely in the last twenty years, has the female voice began to raise the issue of “equal opportunities”, and the woman awakens her identity and becomes the subject of history at par with man. As the years pass, the woman is emancipated, she overcame tough battles the rights of equality and with the entry into the labor market managed to get economic autonomy that in the past she didn't have. But if nowadays the role of women within the family and society has profoundly changed, we must not forget all those pieces that put together the woman of yesterday with the one of today. The result of this study aims to highlight the progressive affirmation of women's autonomy gathering some insight in different fields of human knowledge. The arguments revolve around the woman, starting from the Classical period up to the twentieth century, because I questioned myself during the course of study as to why we find in history books, in literature classes, science mostly male figures; trying to find an answer by analyzing the social, political and literary situation it has showed that women found themselves in a position of inferiority because of men. They had to fight for their rights against men, they had to show how much they were worth to men. Today we can see that the feminist movement is not dead but rather it has changed. It is no longer common to fight as the suffragettes but 147 rather tries to provide a role on its own of what it truly means to be a woman. Texts such as Butler's, Friedan's and Gilbert and Gubar's open our eyes to this reflection. With this dissertation I want to give voice to all those women who have changed history, becoming the mothers of science, art and communication. In the silence they made themselves heard and their actions still echo. We must never stop fighting for equality between sexes, races, sexual orientations and beliefs; we must never stop denouncing all those who abuses the weak and defenseless human beings. We have to look forward with consciousness of the past and with the commitment of women and men to destroy, annihilate these barriers that still in the twenty-first century we try to break down. 148 SEZIONE IN TEDESCO 149 EINLEITUNG Etymologisch betrachtet hat das Wort frau seinen Ursprung im mittelhochdeutschen vrouwe; von althochdeutschen frouwa „vornehme, hohe Frau; Herrin“ (9. Jhdt.). Das sind weibliche Bildungen zu einem im Deutschen untergegangenen germanischen Wort für Herr „fro“. Die eigentliche Bedeutung des Maskulinums ist „der Erste“. Da das althochdeutsche fro ,,Herr" durch herro verdrängt wird, steht das mittelhochdeutsche vrouwe ohne ein etymologisches männliches Gegenstück isoliert da und behält die alte Bedeutung ,,Herrin". Dieser Herkunft gemäß ist „Frau“ im Deutschen lange Zeit vor allem für die Bezeichnung der Herrin und der Dame von Stand gewesen, eine Standesbezeichnung und Anrede für die Feudalherrin, wovon heute noch die Gegenüberstellung mit Herr in der Anrede (auch als „gnädig Frau“) zeugt. In manchen Städten heißen geweihte Kirchen noch heute Frauenkirche, das lässt sich zurückführen auf die Bezeichnung Marias als „Unsere Frau“ und die der Jungfrau Maria. In früheren Zeiten wurden als Frau bzw. Dame nur gesellschaftlich höherstehende erwachsene und/oder verheiratete Personen weiblichen Geschlechts bezeichnet und angesprochen – allgemein wurde ein weiblicher erwachsener Mensch als „Weib“ bezeichnet; heute wird dieses Wort als abwertend verstanden. So stammt auch in Lateinischen Sprachen der Begriff der Frau von domina (Herrin). Bis Ende des dreizehnten Jahrhunderts war das Wort für die Frau weib: femme (weib) aus dem französischen, während mujer aus Spanisch und aus dem portugiesischen mulher (Frau); im Englischen war das Wort Frau der Zusammenschluss von wif (woman) und man (als Mensch). 150 Unterschiedlich Worten mit gleichen Bedeutung. In das Vokabular wird der Begriff der Frau sofort mit dem Besitz das Mannes assoziiert. Geschichtlich gesehen haben Männer immer die Hauptrolle gespielt und somit die Mystifikation der Frau entscheidend geprägt. Seit der Klassik – die Griechen und das Römische Reich - lebte die Frau unterdrückt und gebunden an ihr Haus. Sie wurde immer als zweitrangig angesehen, gerade weil bei Anklage war sie nicht in der Lage die Gesetze vollständig zu verstehen. Als die Jahrhunderte vergingen. Um 1600 waren die Frauenrechte immer noch unangesprochen und so scheint es, dass auch in Zukunft der Frauenstatus sich nicht verändern wird. Erst um 1700 werden erste Formen des „Feminismus“ erkennbar, das Fundament dafür legten Mary Wollstonecraft und Olympe de Gouges. Diese Basis (einmal manifestiert) wird im 19. Jhdt. zu der Geburt der Frauenorganisationen und Mobilisierung für das Wahlrecht führen. Jedoch gab es in diesem Jahrhundert Frauen, die bereit und entschlossen waren das allgemeine Wahlrecht zu gewinnen; Auf der anderen Seite gab es allerdings auch Männer, welche den Fortschritt zum Erliegen bringen wollten und die Frauen zurück in Schweigen bringen wollten, durch den Kult der wahren Weiblichkeit, welcher bis 1900 bestehen sollte. Mit dem Erreichen des allgemeinen Wahlrechts fast Weltweit wurde, das zwanzigste Jahrhundert eingeläutet, welches gleichzeitig die Rache der Frau symbolisiert und den Wunsch nach vollständiger Emanzipation aufkeimen lässt: die Freiheit über ihre Person und ihren Körper. Für diese Arbeit, die von der Klassik bis zum Ende des zwanzigsten Jahrhunderts die Frauenpräsenz in der Gesellschaft, der Politik und der Literatur zu 151 untersuchen versucht, ist es an erster Stelle notwendig, die Grenzen innerhalb dieser Debatte zu definieren, welche nicht nur auf zeitlicher, räumlicher Ebene, sondern auch auf konzeptioneller Ebene stattfinden soll. Es ist nicht möglich, über Frauenliteratur in Bezug auf Originalwerke zu sprechen, in einem Kontext wo die Frauen weder gesellschaftlich berücksichtigt noch gebildet sind. Es ist auch nicht möglich die Texte zu weit entfernt in der gleichen Art und Weise zu analysieren, denn es gibt kein echtes Vertrauen. Es ist notwendig die Arbeit nur auf die wichtigsten Werke im vergangenen Jahrhundert zu begrenzen, da diese alleinig in der Lage sind mehr oder weniger dem heutigen Begriff Gender Studies nahe zu kommen. Es erfordert gleichzeitig einen tiefgreifenderen Blick auf einige Beispiele der internationalen (und nicht) Autorenschaft des zwanzigsten Jahrhunderts, welche indirekt aufzeigen was es heißt eine Frau zu sein, und damit Männern unterlegen zu seien- durch ihre künstlerische und ideologische Komponente in ihrer Existenz und die Spanne ihres Schaffens. Im ersten Schritt wird die Geschichte der Rolle der Frau in der Familie und in ihrer sozialen Aufstellung hinterleuchtet, wodurch es einfach nachvollziehbar sein wird ihr Unbehagen zu verstehen. Der zweite Schritt zeigt die Frau ihre Emanzipation vorantreiben. Um dann allerdings nicht nur die Rolle der Frau in der Geschichte zu betrachten wird vorrausschauend versucht das Konzept von Melancholie und Sozialer Trennung an Hand der Suffragetten und dann der Feministen des zwanzigsten Jahrhunderts mittels ausgesuchter Arbeiten zu identifizieren. Anschließend stellt ich die Frage nach dem warum Frauen – wie man sich erinnert - in einem Zustand der Unterordnung und Unterlegenheit leben, welches Simone de 152 Beauvoir in ihrem Werk Das andere Geschlecht (The Second Sex) erklärt; danach spornte Betty Friedan in Der Weiblichkeitswahn (The Feminine Mystique) Frauen an eine individuelle Lösung zu finden, das heißt, Vergnügen und Pflicht zu kombinieren, anstatt zwischen Beruf und Familie zu wählen. Mit Blick auf Luce Irigaray und ihre Theorie der Differenz, die Intertextualität von Julia Kristeva, der Cyber-Feminismus von Donna Haraway und dann der Queer Theory von Teresa de Laurentis über Alice Schwarzer und ihre Werk Der kleine Unterschied und seine große Konsequenzen, Judith Butler mit ihrer Reflexion des „Körpersbegriff“ und die Theory of Gynocriticism von Showalter versucht diese Arbeit ein weitergehendes Verständnis der Frau zu erschaffen, um dann mit der Betrachtung von The Madwoman in the Attic von Sandra Gilbert und Susan Gubar, die das Schaffen einer Schriftstellerin und ihren Kampf eine Identität zu finden behandelt, zu schließen . Die Analyse der Werke und weitergehend der Figur der Frau allgemein wird versuchen weniger bekannte und untersuchte Dokumente, Zitate, Schriftsteller und Schriftstellerinnen aufzudecken mit der Hoffnung unentdeckte Auseinandersetzungen und Strömungen aufzudecken. Das größte Risiko bei dem Versuch ein fortlaufendes Gespräch zwischen den beiden Themenfeldern Geschichte und Literatur zu schaffen ist natürlich im Gegensatz dazu eine fragmentierte Sichtweise zu erzeugen. Mit dem Risiko ein falsches Bild der Frau zu erschaffen im Hinterkopf behaltend, wird versucht den Fokus auf den heutigen sowie damaligen Status, die Rolle und die Geschichte der Frau in westlichen Welt zu legen. 153 1. 1900 Das zwanzigste Jahrhundert beginnt die ersten Ansprüche von Frauen und ihren Behauptungen als unabhängiges Individuum zu sehen. Im Zuge der zunehmenden Praxis der Verbände, insbesondere in den Jahrzehnten um die Jahrhundertwende, wurden die ersten wirklichen feministischen Organisationen geboren. In Europa und in den Vereinigten Staaten, die auf Initiative von Gruppen von mehr sensibilisiert und unternehmerisch Frauen, wurden Dutzende von Verbänden und Frauenzeitschriften zu bestimmten Themen, oder als Teil der sozialistischen oder katholischen Parteien gebaut. Die ersten Frauenassoziationen dargelegt, um eine Reihe von rechtlichen und politischen Reformen zu beginnen. Tatsächlich verliert die Frau fast alle Bürgerrechte durch die Heirat: die Feministinnen herausgeforderten, das Recht der Ehemänner alle Entscheidungen nach der Hochzeit zu nehmen; sie baten um die Möglichkeit für eine Frau in der Lage zu halten, um persönlich ihre Vermögen verwalten; sie forderte die Einrichtung von Scheidung; die kritisierten die Tatsache, dass Männer die Ausbildung von Kindern beschlossen. Zudem forderten Feministinnen die Einführung von Gesetzen, die Prostitution und einen gleichen Lohn geregelt. Aber ganz besonders am Ende des Jahrhunderts fokussierten die Anforderungen an das Wahlrecht. Feministinnen fragten nach der Eröffnung der Hochschulen, Universitäten; die Berufe und die Einrichtung von gemischten Klassen, wo es nicht die Unterscheidung zwischen einer „ernsten Kultur“ und abstrakte verewigen – für Männer – und einer nebensächlichen und praktischen Kultur für Frauen. Der Schulunterricht (in seinem unteren Ebenen) war einer der wenigen vertraulichen geistigen Berufe für Frauen und nicht überraschend wenige der ersten 154 Feministinnen waren Lehrerinnen. Während des zwanzigsten Jahrhunderts werden die Frauen mit einer Menge von Veränderungen konfrontiert. Zwei Weltkriege werden sie dazu nötigen arbeiten zu gehen und dann, mit dem Wirtschaftsboom, wird sich ihre Rolle in der Gesellschaft ändern und der Feminismus wird nicht nur die Schritte zur Anerkennung für ihre Rechte gehen, sondern ihnen weiterhin Entscheidungsrechte über ihre Körper verleihen. 1.1 Die zweite Welle des Feminismus Wir schreiben das Jahr 1960: Die feministische Bewegung wird wieder aktiv, aber grenzt sich von den Zielen und Errungenschaften der vorherigen Generation des Feminismus ab. Die Enttäuschung zu sehen, dass der Sieg nicht die Veränderungen in der Gesellschaft nach der Übernahme der politischen und bürgerlichen Rechte gebracht hat, hat den – mitunter – den Feminismus verändert. Die männlichen Kulturmodelle sind weiterhin dominant und Frauen bleiben eine unterdrückte Mehrheit. Die erworbenen Siege sind rein formal und man entschied, dass man, um den Feminismus voranzutreiben, die bloße Emanzipation zur wirklichen Befreiung der Frau entwickeln muss, ausgehend von den Wurzeln des Problems – die Unterdrückung der Frauen durch den Mann. So zielt man darauf ab, die Quellen und das Fortschreiten der Differenz der Geschlechter zu verstehen, indem die Geschichtsschreibung und Gesetzschreibung, sowie die Theologie von einem feministischen Standpunkt aus zu überprüfen. 155 Die zweite Welle der frühen feministischen Bewegung wird in den sechziger Jahren geboren: In den Vereinigten Staaten und in Europas Staaten versuchte der neue Feminismus gleichzeitig mit der Studentenbewegung, das System der westlichen Gesellschaft zu unterlaufen. Beide Bewegungen haben neben der Internationalität den antiautoritären und den anti-institutionellen Tendenzen gemeinsam, dass ihre Aktionen und ihr Auftreten vor Allem durch Massenveranstaltungen stattfand. So kann man zusammenfassend festhalten, dass in beiden Fällen linksextreme Strömungen entstanden. Die Kritik beider Bewegungen zielte vor Allem auf die Familie ab: sowohl in den USA und sogar noch stärker in Europa. Als der Ort an dem sich die festgelegte Rollenverteilung, in sozialen (worauf sich die Studentenbewegung bezog) und in sexuellen (für die Feministinnen primär) Hierarchien manifestiert – entsprechend dem „Mann-Vater-Patriarch-Meister“ und „Frau-Mutter-Königin des Hauses“ Schema. Frauen, die protestierten, ließen die Studenten erkennen, dass sie gegen ein vor Allem von Männern erdachten und dominiertem System kämpften. Die feministische Bewegung betont die Verflechtung zwischen der sozialen Herrschaft und der männlichen Sexualität. Während des antiautoritären Aufbegehrens von 1968 werden der gleichsam durch Frauen und Männer vertretenen Bewegung immer neue Hindernisse in den Weg fallen. In diese Jahre fällt die Regelung zur Anerkennung von bestimmten bürgerlichen und politischen Rechten der Frau, doch gibt es noch immer eine Grenze zu überwinden: Die biologischen und sozialen Unterschiede sorgen noch 156 immer für Diskriminierung von Frauen auf kultureller und sozialer Ebene. Im Privatleben, in Beziehungen, im Sexualleben, in der Familie, im Freundeskreis und auch in der Politik wird die sexuelle und soziale Kontrolle über Frauen praktiziert und verewigt. Emanzipation entwickelt sich zu Befreiung. Das Hauptziel wird es Bewusstsein für Geschlechterunterschiede und wie diese die Gesellschaft in der Vergangenheit beeinflusst haben, zu schaffen. So soll das bestehende System zu einer gleichberechtigteren Gesellschaftsordnung hin verändert werden. Diese neue Dankweise bildet die Grundlagen für die Entstehung von verschieden Gruppen und Bewegungen, die in den siebziger Jahren für die Befreiung der Frauen von einigen sozialen Zumutungen eine wichtige Rolle in den Kämpfen spielen werden. Es ist wichtig an den Kampf für die Legalisierung der Abtreibung zu erinnern, welches nicht nur eine Frage der Heilmethoden für Frauen aber auch des Rechtes ist, den eigenen Körper zu verwalten. Frauen wurden bis dahin zu heimlichen Abtreibung gezwungen, was jedes Jahr in allen europäischen Ländern Zehntausenden von Menschen das Leben kostete. Der Kampf für die Legalisierung der Abtreibung sollte mit der Kampagne zugunsten der Empfängnisverhütung übereinstimmt. In Europa, wird nun die Abtreibung im Laufe der siebziger Jahre legalisiert. Zwei verschiedene feministische Strömungen bilden gerade: die Eine konzentrierte sich auf die Differenzierung und die Andere besteht auf Gleichheit zwischen den beiden Geschlechtern. Für die erste Gruppierung, gibt es einen starken Unterschied zwischen Männern und Frauen; der Anspruch der Gleichheit 157 bedeutet, dass Frauen männliche Möglichkeiten und Einstellungen übernehmen müssen, während die Schaffung einer neuen Kultur auf die weiblichen Prinzipien und Werte der Geburt bis zur wahren Emanzipation gelingt. Für die zweite Gruppierung, die Anhänger der Gleichheit, des männlichen und weiblichen Geschlechts – anders als Sex, die eine biologische Tatsache ist – sind keine neutrale Realität; sondern betrachtet es Rollen, Verhaltensmuster, als das Ergebnis der Geschichte und Kultur. 2. Das Wort hat Simone de Beauvoir „Man wird nicht als Frau geboren, man wird es“ Simone de Beauvoir (1908-1986) gilt international als eine der größten Schriftstellerinnen des einundzwanzigsten Jahrhunderts. Nachdem sie in Literatur und Philosophie an der Sorbonne Universität graduierte, erhieltet sie die agrégation in Philosophie und entschied sich die Lehre zu beginnen. Da französische Frauen erst kurz zuvor der Zugang zu den Universitäten gestattet wurde, ist De Beauvoir eine der ersten, die neunte Frau, die einen Abschluss von der Sorbonne erhielt. Eine Begegnung mit Jean-Paul Sartre führte zu einem Wendepunkt in ihrer Karriere und in ihrem Leben. Im Jahr 1943 veröffentlichte sie L'invitée (Sie kam und bleib). De Beauvoir sagt darin: „Ich hatte eine Eingebung: diese Welt war ein männliches Wort, meine Kindheit wurde von Mythen von Männern geformt, und ich hätte nicht so darauf reagiert, wenn ich ein Junge gewesen wäre. Ich war so interessiert an dieser Entdeckung, dass ich mein Projekt für ein persönliches Bekenntnis, um meine ganze Aufmerksamkeit über die Situation der Frauen in ihrem weitesten Sinne zu geben, aufgab. Ich ging in der Bibliotèque 158 Nationale eine Lesung zu tun, und was studierte ich die Mythen der Weiblichkeit.“125 Im Jahr 1949 veröffentlicht sie Le deuxième sexe (Das andere Geschlecht), in welchem sie sich mit Themen wie dem Problem der Freiheit und der Stellung der Frau auf sozial und moralisch Gelände beschäftigt. Dank ihre zahlreichen Reisen wurde Simone de Beauvoir durch verschiedene Sammlungen über politische und gesellschaftliche Beobachtungen und Nachdenken inspiriert, darunter La longue marche (China - Das weitgesteckte Ziel) auf dem ihren Weg von China zurückgeschrieben. De Beauvoirs Werk hat einen langen und bedeutenden Zeitrahmen: von dem ersten politischen Bewusstsein bis zum Zweiten Weltkrieg, als es in der Verantwortung der Intellektuellen konkrete Maßnahmen zu ergreifen. Sie wird die Sprecherin der unterdrückten Menschen in der Welt: die Folter im Algerienkrieg, die Verletzungen des Vietnam-Krieges, die polizeiliche Repression gegen Studenten, die Protagonisten der Französisch Mai waren, das sind einige der stärksten Themen sie behandelt. Seit 1958 begann sie ihre Biographie zu schreiben, welche in vier Bänden veröffentlicht wurde: Memoiren einer Tochter aus gutem Hause (1958), In den besten Jahren (1960), Der Laufe der Dinge (1963), Alles in allem (1972). Diese Werke stellen die direkten Zeugnisse von dem - sowie die persönliche Geschichte – was in Frankreich zwischen den 30er und 60er Jahren geschah. Eines ihren zahlreichen Kämpfen zugunsten der Frauen ist, dass sie an Le Manifeste des 343 teilgenommen hat. Im Jahr 1971 veröffentlichte die Zeitschrift Le Nouvelle Observateur ein Plakat, in welchem 343 Frauen erklärten, dass sie 125 Übersetzt Emilio Junior Sorbara 159 abortiert haben. Durch diese Aktion wollten sie in der Lage nach freier Abtreibung zu fragen und den freien Zugang zu Verhütungsmitteln zu haben. Das Andere Geschlecht In Das Andere Geschlecht, die Problem der Frauen (ihren Zustand der Unterordnung und Unterdrückung) sind innerhalb des existentialistischen Perspektive gestellt, dass Simone de Beauvoir mit Sartre teilte: „Der Mensch ist dazu verurteilt, frei zu sein“. Jeder Mensch ist frei, den Weg der Transzendenz zu wählen, mit anderen Worten die Planung und die Verwandlung der Welt um sich herum und die Akzeptanz der Dinge, wie sie sind. Die Situation ist sowohl für Männer und Frauen gemeinsam. Es ist hier, dass die Frage auftaucht: Warum sind Frauen – so lange, wie wir uns erinnern können – immer in einer Position der Unterlegenheit und Unterwürfigkeit? Simone de Beauvoir erklärt, dass es nicht das Glück der Frauen unterschätzt werden, aber ihre Freiheit, ihren Weg der Transzendenz. Das erste Konzept, dass sie analysiert, ist es die Stellung der Frau in der Gesellschaft, die sie eine Rolle von Alterität definiert. Während der Mann die „primäre Sache“ ist, „der Eine“; ist die Frau „die Andere“. Diese Definition ist nicht im Geschlecht selbst begründet, sondern unabhängig davon, doch wird die Frau meist als abhängig von „dem Einem“ gesehen - es wird gesagt, was sie nicht ist und nicht, was sie ist. Die Alterität hat in der Geschichte, hat das Kräfteverhältnis sowohl ausgezeichnet, als auch gerechtfertigt und weiterhin gefestigt: von Juden zu farbigen Menschen, oder dem Proletariat – dies gilt für sie alle. Die jüdische 160 Diaspora, oder der Sklaverei in Amerika, der Kolonisation, die proletarische Revolution haben immer an einem bestimmten Ort, an einem bestimmten Zeitpunkt stattgefunden und hatten immer eine bestimmte Ursache. Die unterdrückten Menschen unterschieden immer zwischen „vor dem Kolonialist/Sklavenhalter/etc.“ und danach. Für Frauen hat dieser Prozess nicht stattgefunden. Warum nicht? Weil für physiologische Struktur der Frau „Andere“ vom Männern ist: die Unterwürfigkeit ist als die Folgen der Tat nicht wahrgenommen. So, der erste Teil des Buches erläutert die theoretischen, historischen, kulturellen und existenziellen Aspekte der Situation der Frauen, durch Auseinandernehmen Stück für Stück diese Mythen, die das Leben einer Frau in einer Unterwürfigkeit Zustand verweisen. Das Ziel dieser Analyse ist die Tatsache, dass die weibliche biologische Vielfalt impliziert ihre Unterlegenheit zu wiederlegen. Der Vorwand, dass sie in ihrer erdrückenden Situation verbleiben muss, ist wahr, wegen ihrer reproduktiven Eigenschaften. Wie de Beauvoir erwähnt, war die Unterordnung von Frauen eine Selbstverständlichkeit. Es ist bekannt, wenn ein Mensch in einer Position der Unterlegenheit ist, beginnt er/sie so zu fühlen. Die Reflexion, die de Beauvoirs Buch eines der grundlegenden Texte für den Feminismus von den folgenden Jahren machte, ist die Realität, dass die Frau eine kulturelle und historische Konstruktion ist, und nicht eine biologische Tatsache. Ob Mann oder Frau, wir sind alle Menschen. Aber eine Frau ist zusätzlich einer Reihe von persönlichen Einschränkungen ihrer Freiheit unterworfen. Diese Einschränkungen hinterfragen die Natürlichkeit von bestimmten Situationen in dem alltäglichen Leben einer Frau und haben in den fünfziger Jahren 161 in Frankreich zu einem Skandal geführt. So ist zum Beispiel der Kinderwunsch unweigerlich in der Funktion der weiblichen Psyche der Frau verankert. Diese Denkweise ist nur akzeptiert, wenn die Frau ein Kind möchte oder eben nicht, und so sich nach der Geburt um das Kind kümmert. „There is no such thing as an 'unnatural mother', since maternal love has nothing natural about it: but precisely because of that, there are bad mothers” So etwas wie eine „unnatürliche“ Mutter gibt es nicht, da die mütterliche Liebe sich nicht im „Mutter-Sein“ begründet – genau deswegen gibt es schlechte Mütter126 Diese Behauptung bringt die Diskussion auf, was die Rolle der Frau in Familie und Gesellschaft sein soll. De Beauvoir wollte die beeinflussbaren Faktoren, Kultur und Geschichte, zurückbringen, ausdrücklich klarstellen das Frauen in der Pflicht sind, ihren eigenen Weg der Freiheit und Transzendenz zu wählen. Abschließend muss betont werden, das Simone de Beauvoir auch wenn sie sich nicht selbst als Feministin sah, heute doch als Mutter des kontemporären Feminismus gesehen wird. Übt. Emilio Junior Sorbara 126 162 FAZIT Die biologische, psychologische und soziale Unterlegenheit der Frau ratifiziert von der Männergemeinschaft konnte nur von Frauen selbst widerlegt werden: die beiden Momente, die den Ausbruch des weiblichen Bewusstseins aufzogen, sind erstmal durch die Einrichtung einer Frauenbewegung mit dem Kampf des Wahlrechts, und dann durch den Anspruch der Freiheit auf die Persönlichkeit des Körpers. Im Laufe der Jahrhunderte hatte die westliche Welt Änderungen gesehen, den Wandel des Status der Frauen zum Bessern. Diese vor allem durch Gesetze, die ihre Bedürfnisse und Pflichten zu schützen versuchte. Die weibliche Stimme wird mit dem Problem der Chancengleichheit im zwanzigsten Jahrhundert (vor allem in den letzten zwanzig Jahren) lauter, und die Frau wird durch das Aufleben ihrer Identität zum Protagonisten der Geschichte und damit erstmals auf einer Stufe mit dem Mann stehen. Über all die Jahre hat sich die Frau immer weiter emanzipiert und ging durch die harten Kämpfe der Gleichstellungsrechte, den Einstieg in die Arbeitswelt und auch die wirtschaftliche Unabhängigkeit, die sie in der Vergangenheit nicht hatte. Doch auch wenn sich unser heutiges Bild der Frau in der Familie und Gesellschaft grundlegend verändert hat, müssen wir doch nicht all die Eigenschaften, die Frauen von früher und von heute verbinden, vergessen. Das Ergebnis dieser Arbeit zielt darauf ab, die fortschreitende Bestätigung der Frauenautonomie hervorzuheben und diese auf die wichtigsten Abschnitte der verschiedenen Bereiche des menschlichen Wissens zu übertragen. Die Argumente 163 drehen sich um die Frau – beginnend von der Klassik bis zum zwanzigsten Jahrhundert – gerade weil ich mich während des Studiums fragte, weshalb in den Geschichtenbüchern, in den Wissenschaften und im Literaturunterricht fast ausschließlich Männer auftraten. Darauf versuche ich eine Antwort zu geben durch die umfassende Analyse des sozialen, politischen und literarischen Zustandes der Frauen. Meine Arbeit zeigt, dass die Unterlegenheit der Frau auf Männern gründet, und somit mussten sie im Gegensatz zu Männern für ihre Rechte kämpfen und sich somit den Männern selbst entgegenstellen und diesem ihren Wert beweisen. Wir sehen es heutzutage immer noch, dass die Frauenbewegung nicht tot ist, sich aber in Bezug zu ihren Ursprüngen geändert hat. Anders als es einst die Suffragetten versuchten, ist jetzt die moderne Strategie der Emanzipationsströmungen ein eigenständiges und wahrhaftiges Bild der Frau gesellschaftlich zu etablieren. Texte wie die von Butler, Friedan und Gilbert und Gubar öffnen unsere Augen und leiten uns zu dieser Reflexion. Durch dieses Elaborat will ich all jenen Frauen, die die Geschichte verändert haben, und die Mütter von Wissenschaft, Kunst und Kommunikation geworden sind eine Stimme verleihen. In der Stille haben sie es geschafft, sich Gehör zu verschaffen und so hallt ihr Echo noch klarverständlich nach und wird auch lange nach uns wiederhallen. Wir dürfen nie aufhören für die Gleichberechtigung der Geschlechter, der Ethnien, der sexuellen Orientierungen und der Glaubensrichtungen zu kämpfen. Wir dürfen nie aufhören die bloßzustellen die, die Schwachen und Benachteiligten zu ihren Gunsten missbrauchen. Wir dürfen nie aufhören die Vergangenheit zu vergessen, sondern sollten 164 uns ihrer Bewusst in die Zukunft schauen und mit der Überzeugung und dem Engagement und vereinter Kraft von Frauen und Männern die Barrieren, die selbst noch im einundzwanzigsten bestehen, selbstbewusst niederreißen. 165 Bibliografia • Alfoldy G., Storia sociale dell'antica Roma, ed. Il Mulino, Bologna 1987 • Belotti Gianini E. Dalla parte delle bambine, 1973 • Butler J., Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, New York-London 1990; Bodies that matter (1993), trad. ital. 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