leggi tutto - world war 2

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Le ragioni politiche
Il concetto della politica estera teorizzato da Hitler
poggiava sul concetto del Lebensraum, lo "spazio vitale"
destinato al popolo tedesco; esso doveva essere ricavato
dall'annessione di territori ad est della Germania, abitati
da coloro che erano definiti Untermenschen, sub-umani;
queste popolazioni comprendevano gli slavi ed i
bolscevichi sovietici ma anche gli ebrei, gli zingari e
qualunque razza od etnia differente da quella ariana, ed il
loro destino sarebbe dovuto essere quello contenuto nel
Generalplan Ost, il progetto che mirava a dare attuazione
alle teorie del Führer in materia del nuovo ordine delle
relazioni etnografiche nei territori occupati quali il
genocidio, l'espulsione, la riduzione in schiavitù e la
germanizzazione.
Oltre alle teorie razziali vi erano
tuttavia ragioni politiche e militari
ben definite: nel 1939 l'Unione
Sovietica contribuì alla sconfitta
della Polonia con l'attacco da est
avvenuto il 17 settembre, e, con
l'accordo stipulato il 29 settembre
in materia di scambi commerciali
con la Germania, ad alleggerire la
pressione economica che derivava
dal conflitto appena iniziato, ma allo stesso tempo la
politica espansionista dello Stato sovietico cominciò a
delinearsi. L'Unione Sovietica occupò gli Stati baltici, il 30
settembre 1939 attaccò la Finlandia e, diversamente da
quanto previsto nel patto Molotov-Ribbentrop, nel 1940
impose alla Romania di cedere non solo la regione della
Bessarabia ma la parte settentrionale della Bucovina,
occupando anche il territorio di Herța appartenuto sin dal
XIX secolo al vecchio Regno di Romania e popolato quasi
totalmente da popolazione rumena; questo spinse Hitler a
garantire i ridimensionati confini della Romania il 30
settembre 1940 dopo che altri territori di questo stato
erano stati ceduti, a seguito di accordi internazionali
imposti dalla Germania: Transilvania settentrionale
all'Ungheria (Vienna, 30 agosto 1940) e Dobrugia
meridionale alla Bulgaria (Craiova, 7 settembre 1940).
La tensione che si stava creando a causa della situazione
nel "Bacino danubiano" fu il motivo dell'invito a Berlino del
ministro degli esteri Molotov che avanzò alcune richieste:
l'inserimento della Finlandia nella sfera di influenza
dell'Unione Sovietica, la preparazione di un accordo che
sancisse in modo preciso e definitivo il futuro assetto
politico ed economico della Polonia e l'accettazione degli
interessi sovietici su parte della Romania, sulla Bulgaria e
sullo stretto dei Dardanelli; tali richieste suscitarono però il
disappunto di Hitler che confidò ai suoi più vicini
collaboratori che l'andamento di questi colloqui lo aveva
convinto in modo definitivo che il conflitto con l'Unione
Sovietica sarebbe stato inevitabile.
I differenti e contrastanti interessi tra le due nazioni
stavano cominciando a portare in superficie tanto la
fragilità quanto la reale natura di "espediente" del patto
Molotov-Ribbentrop e proprio nei Balcani il contenzioso
stava portando al punto di rottura: l'Unione Sovietica
aveva favorito in Jugoslavia il colpo di stato con il quale, il
27 marzo 1941, il generale Dušan Simović aveva posto sul
trono Pietro II di Iugoslavia, mentre la Germania aveva
stretto i rapporti con la Bulgaria, della quale si sarebbe
servita per l'invasione della Grecia e per il controllo della
Jugoslavia, la stessa Romania e l'Ungheria, con il patto di
alleanza stipulato il 30 agosto 1940, tramutandoli in suoi
"stati satelliti".
Le ragioni militari
Dal punto di vista militare Hitler vedeva, dopo la
capitolazione della Francia, l'Unione Sovietica come causa
indiretta della resistenza della Gran Bretagna, sostenendo
che essa riponeva le sue speranze tanto sull'entrata in
guerra degli Stati Uniti quanto sulla potenza dello Stato
bolscevico e, se questo fosse risultato sconfitto, Roosevelt
non avrebbe combattuto contro la Germania e la Gran
Bretagna avrebbe chiesto quella pace tanto sperata dal
Führer, o, in alternativa, la prospettiva di una "crociata
anticomunista" avrebbe potuto suggerire alla capitalista
Gran Bretagna una pace, al fine di permettere ai tedeschi
di concentrare tutte le loro forze contro il comunismo.
Lo stato maggiore generale tedesco avvertì il dittatore dei
rischi insiti nel combattimento su due fronti, ma questi,
sovrastimando le proprie forze, non fu prudente come i
suoi generali; la sua decisione era giustificata militarmente
con il timore che Stalin stesse a sua volta preparando
l'invasione della Germania e dell'Europa e quindi si
sarebbe reso necessario precederla al fine di evitare la
guerra su due fronti; a sostegno di questa opinione il
Führer aveva considerato che il Regno Unito era uscito
imbattuto nella battaglia d'Inghilterra e, seppure non in
grado di intraprendere offensive terrestri in Europa, era
comunque un nemico ancora molto attivo, soprattutto sui
mari, e quindi la sconfitta dell'Unione Sovietica avrebbe
indotto Winston Churchill a chiedere la pace.
Altri importanti elementi che rafforzavano la convinzione di
Hitler in una campagna della durata non superiore a dieci
settimane erano: l'impreparazione dell'Armata Rossa,
palesata durante il conflitto sovietico-finnico, la presunta
inesperienza degli alti comandi, colpiti nel periodo
successivo al 1937 da una serie di epurazioni che, secondo
stime di parte tedesca, avevano eliminato o messo a
riposo circa 30.000 tra ufficiali dell'esercito e della marina,
il 90% dei generali e l'80% dei colonnelli, e l'arretratezza
del popolo e della società dell'Unione Sovietica.
La preparazione dell'attacco
L'esercito tedesco
Nell'estate del 1940 Hitler cominciò ad elaborare la
strategia da utilizzare per un attacco contro l'Unione
Sovietica. Egli, nel 1938, aveva assunto il comando delle
forze armate creando un proprio stato maggiore,
l'Oberkommando der Wehrmacht (OKW) che, in
collaborazione con l'Oberkommando des Heeres (OKH), il
comando supremo dell'esercito, si adoperò per la
pianificazione di quell'operazione che ancora non aveva
assunto la denominazione di "Barbarossa".
Nel periodo intercorrente tra l'autunno del 1940 e la
primavera del 1941 iniziò un enorme spostamento di
mezzi e di truppe lungo i confini orientali del Reich e circa
17.000 treni furono impiegati per trasportare la massa di
materiali e l'impressionante numero di circa 3.500.000
uomini;
tale
spostamento
non
si
concretizzò
immediatamente in un "dislocamento" in quanto una parte
di questi mezzi fu impiegata, nell'aprile del 1941, per le
due campagne lampo contro la Jugoslavia e la Grecia ma,
ai primi di giugno, l'esercito tedesco era pronto per
sferrare l'offensiva.
L'inizio delle operazioni era fissato per la seconda metà del
mese di maggio ma, oltre al dirottamento di una parte
delle forze per la guerra nei Balcani, occorsero altri due
fattori a ritardarne l'esecuzione: il primo era la scarsità di
veicoli di cui disponeva la Germania, le cui industrie
inspiegabilmente non erano ancora state mobilitate per la
"guerra totale", con la conseguenza che anche le divisioni
corazzate dipendevano in parte dal trasporto ippotrainato;
il secondo era l'eccezionale ondata di pioggia che si era
abbattuta in quella primavera sull'Europa orientale che
aveva reso le strade sovietiche che non erano asfaltate,
difficilmente percorribili.
L'atteggiamento sovietico
I grandi movimenti dell'esercito tedesco ovviamente non
sfuggirono ai servizi segreti sovietici, così come non
furono ignorate le frequenti missioni di aerei da
ricognizione tedeschi che ad alta quota studiavano il
terreno in previsione dell'avanzata, ed è da rilevare che
nel dicembre 1940 l'addetto militare sovietico a Berlino era
entrato in possesso, grazie ad un'informazione anonima,
delle linee di condotta delle operazioni verso ovest, ma
tutti questi indizi sembrano essere stati ignorati da Stalin
che, oltre a non sollevare proteste, diramò ordini alla
stampa al fine di impedirgli di affrontare l'argomento ed
evitò di mobilitare l'esercito.
Oltre alla preoccupazione di non offrire pretesti alla
Germania per iniziare le ostilità non va trascurata la
diffidenza del dittatore nei confronti dell'Inghilterra,
considerando non attendibili e frutto di un'operazione di
disinformazione le indicazioni provenienti da oltre Manica;
a questo si aggiunse l'attività dello spionaggio tedesco che
intese far credere che lo spostamento di truppe verso est
aveva come unico scopo quello di portare al di fuori del
raggio di azione dei bombardieri britannici tutte le forze
che sarebbero state utilizzate da Hitler per l'invasione della
Gran Bretagna. Tale informazione fu in ogni caso giudicata
attendibile da Stalin, il quale riteneva che la Germania
avrebbe aperto il fronte orientale non prima di aver
portato a termine le operazioni militari contro la Gran
Bretagna.
Il "prudente" atteggiamento di Stalin tuttavia non
proveniva semplicemente dall'evolversi o meno della
situazione politica e bellica con l'Inghilterra ma anche dalla
riscontrata impreparazione dell'Armata Rossa, che in quel
periodo era in fase di addestramento e soprattutto di
riammodernamento, e, mentre Hitler stava completando la
pianificazione dell'Operazione Barbarossa, i generali Žukov
e Tymošenko si adoperavano per elaborare una strategia
difensiva, basata non più sulla antiquata concezione dello
schieramento del grosso delle truppe lungo il confine ma
piuttosto sul concetto della "difesa mobile", che prevedeva
linee di difesa distanti un centinaio di chilometri l'una
dall'altra, che, in caso di attacco, avrebbero consentito con
maggiore facilità il ripiegamento ed il contrattacco.
Richard Sorge, sfruttando la sua professione di giornalista
ed inviato, nel periodo tra il 1935 ed il 1941 realizzò, nelle
vesti di corrispondente da Tokyo, un collegamento
radiofonico con Mosca e, nell'aprile del 1941, leggendo gli
scritti dell'addetto militare tedesco, il colonnello
Kretschmer, era venuto a conoscenza del completamento
dei preparativi per l'offensiva e che la decisione sulla
guerra o sulla pace con l'Unione Sovietica sarebbe dipesa
esclusivamente dalla volontà di Hitler e non
dall'atteggiamento di Stalin; il 20 maggio 1941 egli fu in
grado, leggendo alcuni telegrammi di Ribbentrop, di
conoscere la data esatta dell'attacco ed immediatamente
trasmise a Mosca il messaggio: "l'attacco inizierà il 20
giugno, è possibile un giorno o due di ritardo, ma i
preparativi sono ormai completi. Alla frontiera orientale
della Germania sono ammassate dalle 170 alle 190
divisioni tedesche. Non ci saranno né ultimatum né
dichiarazioni di guerra. L'esercito russo dovrà crollare ed il
regime sovietico cadrà entro due mesi".
Mosca inspiegabilmente parve ignorare l'avvertimento,
inviando al giornalista tedesco ed ai suoi collaboratori,
dopo alcuni giorni di silenzio, solamente un messaggio in
cui si esprimeva "grata approvazione" per l'informazione;
atteggiamento che naturalmente suscitò perplessità in
Sorge, perplessità ribadite durante il processo a suo carico
che si tenne a Tokyo nel 1944, ed interrogativi da parte
degli storici moderni, mai completamente chiariti.
La strategia
La strategia decisa da Hitler e dai suoi assistenti nell'alto
comando tedesco (Oberkommando der Wehrmacht,
OKW), prevedeva l'impiego di tre gruppi di armate
incaricati di conquistare regioni ben definite, obiettivi
specifici quali i grandi bacini industriali e le importanti città
dell'Unione Sovietica:
La "Direttiva n. 21", emanata da Hitler il 18 dicembre
1940, contenente le disposizioni di attuazione per
l'operazione Barbarossa
Il gruppo d'armate Nord, forte di 31 divisioni, partendo
dalla Prussia Orientale, aveva il compito di marciare in
direzione nord-est, attraverso i paesi baltici e nella Russia
settentrionale, al fine di occupare Leningrado. La Finlandia
avrebbe attaccato dalla Carelia con 14 divisioni, una
ventina di giorni dopo l'inizio dell'offensiva tedesca.
Il gruppo d'armate Centro costituiva la forza più
consistente. Le sue 57 divisioni avrebbero dovuto
attaccare a nord delle paludi di Rokitno, che si
estendevano oltre il confine per circa 240 chilometri,
puntando sulla direttrice Smolensk-Mosca, marciando
attraverso la Bielorussia e le regioni centro-occidentali
dell'Unione Sovietica.
Il gruppo d'armate Sud, forte di 48 divisioni, era diviso in
due colonne distinte: quella settentrionale, più forte e
meglio equipaggiata, doveva avanzare lungo l'estremità
meridionale delle paludi di Rokitno e penetrare in Ucraina
con obbiettivo Kiev ed il fiume Dnepr, mentre la più
modesta colonna meridionale, formata da 6 divisioni
tedesche e da circa 200.000 soldati rumeni, sarebbe
penetrata in Unione Sovietica dalla Romania il 1º luglio,
appoggiata da tre brigate ungheresi e da due divisioni più
una brigata slovacca provenienti dai Carpazi.
Differenti, fin dall'inizio dei preparativi, furono le opinioni
in merito alle tattiche ed alla strategia da adottare per
l'invasione: lo stato maggiore dell'OKW aveva iniziato ad
elaborare piani d'attacco fin dal luglio del 1940 (subito
dopo la sconfitta della Francia), arrivando ad un'idea di
massima nel febbraio 1941 quando Hitler approvò le linee
generali del progetto. Questa si basava sostanzialmente
sulla conquista della parte "europea" dell'Unione Sovietica;
la Wehrmacht quindi si sarebbe arrestata lungo una linea
ideale che collegava Arcangelo sul Mar Bianco ed
Astrakhan, sul mar Caspio; al di là di questa linea si
estendeva la parte "asiatica" che i tedeschi consideravano
arida ed improduttiva.
Una prima "bozza" fu elaborata da uno degli ufficiali dotati
di maggiore reputazione dal punto di vista strategico, il
generale Erich Marcks, che suggerì una mossa
decisamente audace: l'attacco in Ucraina, l'avanzamento
fino a Rostov con tutti i mezzi corazzati disponibili ed una
successiva deviazione verso nord alle spalle di Mosca con
l'intento di aggirare l'intero schieramento sovietico in una
colossale battaglia di annientamento. Una seconda teoria
era quella del generale Franz Halder, basata su di un
attacco a tre "punte": la conquista del nord avrebbe
assicurato alla Germania Leningrado, importante centro
portuale ed economico, ed i porti sul mar Baltico, mentre
la conquista del sud avrebbe condotto all'occupazione
dell'Ucraina, il cosiddetto "granaio della Russia" e del
bacino del fiume Donec, industrializzato e ricco di carbone.
Le due ali marcianti avrebbero inoltre protetto l'avanzata
al centro verso la capitale sovietica.
Un terza visione era quella del generale Friedrich Paulus,
simile a quella di Halder, ma dalla quale se ne discostava
modificando il "ruolo" del gruppo di armate centrali: esso
infatti, puntando comunque su Mosca, doveva avanzare a
"ventaglio", cedendo di volta in volta delle unità ai due
gruppi laterali e, arrivato a Smolensk, si sarebbe "sciolto"
per rafforzarli nella loro avanzata verso nord e verso sud.
Opinioni molto differenti si ebbero sulla priorità da dare
alla conquista di Mosca: Hitler ne dava un'importanza
relativa rispetto all'appropriazione delle risorse mentre
molti generali, tra i quali Halder ed il suo superiore, il
feldmaresciallo Walther von Brauchitsch, comandante in
capo dell'esercito, sostenevano che la conquista di Mosca
avrebbe privato i sovietici della loro capitale
amministrativa ma anche di un fondamentale centro per la
produzione di armamenti e nodo per le comunicazioni.
L'attacco
Il 22 giugno 1941, giorno
precedente all'anniversario in
cui, 129 anni prima, l'esercito
di
Napoleone
aveva
attraversato il fiume Niemen
in direzione di Mosca, tra le
3:15 e le 3:45 del mattino,
sulla linea che andava dal
mar Baltico al mar Nero,
iniziò un intenso fuoco di
sbarramento
da
parte
dell'artiglieria tedesca (il caso
volle che l'ordine di apertura
del fuoco arrivasse pochi minuti dopo il passaggio del
confine da parte dell'ultimo convoglio di vagoni previsto
per quella data, comprendente materie prime per la
produzione industriale fornite dall'Unione Sovietica in
ottemperanza agli accordi del patto Molotov-Ribbentrop)
ed alle 4:45 fu dato l'ordine di avanzare ai reparti
corazzati.
L'operazione Barbarossa, nei primi giorni di guerra, fruttò
alla Wehrmacht un grandissimo numero di prigionieri;
nell'immagine soldati sovietici catturati nella sacca di
Minsk
I tedeschi schieravano 146 divisioni (19 delle quali
corazzate e 14 di fanteria motorizzata), per un totale di
3.500.000 uomini, 3.300 carri armati, 600.000 veicoli
motorizzati (trasporti truppe, cannoni semoventi e veicoli
anticarro) oltre 7.000 pezzi d'artiglieria e 2.770 aerei e
circa 625.000 cavalli. Da parte loro i sovietici schieravano
202 divisioni sull'intero fronte orientale, di cui 171 in prima
linea. L'Armata Rossa disponeva in totale di 303 divisioni
con 4.700.000 soldati, di cui 2.500.000 schierati a presidio
del fronte occidentale; 20 corpi meccanizzati, ciascuno con
due divisioni corazzate ed una meccanizzata, erano
posizionati a distanze variabili da 50 a 400 chilometri dalle
prime linee.
La disponibilità di carri armati era enorme, con oltre
17.000 mezzi corazzati, ma i mezzi moderni erano solo
1.475 tra T-34 e KV-1, mentre la maggioranza erano
modelli leggeri di tipo BT-5, BT-7, T-26; inoltre i corpi
meccanizzati avevano gravi carenze di addestramento, di
supporto logistico e di preparazione tecnica; erano
presenti anche numerose divisioni di cavalleria che si
sarebbero dimostrate utili in terreni impervi e paludosi e
durante la controffensiva invernale. L'aviazione infine
disponeva di quasi 20.000 aerei, di cui almeno 7.133 nei
distretti militari occidentali, ma anche in questo caso
l'inferiorità tecnica dei mezzi, lo scarso addestramento e la
modesta esperienza tattica avrebbero causato gravi
perdite ed una netta inferiorità rispetto alle forze aeree
tedesche.
Caccia sovietici Polikarpov I-16 distrutti al suolo
La sorpresa dell'attacco tedesco fu assoluta, nonostante
poche ore prima fosse stato inviato a tutti i distretti di
confine l'ordine del ministero della difesa sovietico di
mettere le truppe in "stato d'allarme primario", e, in
conseguenza della frammentarietà delle comunicazioni,
solo dopo quattro ore Stalin diede l'ordine di
contrattaccare; l'aviazione sovietica fu duramente colpita
al suolo (la Luftwaffe, solo nel primo giorno, distrusse più
di 1.800 velivoli) ed i pochi aerei che riuscirono ad alzarsi
in volo, i superati caccia Polikarpov I-16, furono abbattuti
in massa e nei successivi quattro giorni i sovietici persero
il 50% del loro potenziale aereo.
Formazione di cacciabombardieri da picchiata Junkers Ju
87 Stuka; la Luftwaffe ottenne molto rapidamente il
predominio dell'aria
I bombardieri in picchiata Stuka ebbero l'ulteriore compito
di colpire le linee telefoniche e telegrafiche così, oltre alla
già citata frammentarietà delle comunicazioni, ci fu
l'ulteriore aggravio della continua interruzione delle
trasmissioni, gettando nel caos il comando supremo
sovietico; la conseguenza di queste difficoltà fu che i ponti
non furono fatti saltare e le truppe tedesche poterono
attraversare i fiumi Bug Occidentale, Bug Meridionale,
Nemunas, Dvina Settentrionale e Daugava su strutture
ancora intatte guadagnando tempo prezioso al fine della
rapidità dell'avanzata.
Il 24 giugno Hitler spostò il suo quartier generale da
Berlino alla Prussia orientale, nella Wolfsschanze, la "tana
del lupo", constatando i progressi territoriali della
Wehrmacht, penetrata per oltre 160 km nel territorio
sovietico, mentre l'Italia la sera del 22 aveva dichiarato
guerra all'Unione Sovietica insieme alla Romania, il 26
anche la Finlandia e la Slovacchia, seguite il 27
dall'Ungheria, dichiararono a loro volta guerra, mentre
Stalin inspiegabilmente "ruppe" il silenzio solo alle 6:30 del
3 luglio denunciando, dai microfoni di radio Mosca, la
rottura del patto di non aggressione da parte della
Germania ed il "richiamo alla lotta" per il popolo sovietico.
Le ragioni di questo silenzio sono ancora oggi controverse
ma in quella decina di giorni che precedettero il suo
messaggio alla nazione l'importante città di Minsk era già
caduta in mani tedesche e le sue forze armate avevano
già sofferto la perdita di 2.585 carri armati, 1.449 cannoni
e tra le 12 e le 15 divisioni; solo pochi giorni dopo, il 9
luglio, tutte le sacche di resistenza non ancora liquidate
dai tedeschi si sarebbero arrese, portando a 40 la somma
delle divisioni distrutte ed a 300.000 la cifra dei soldati
caduti prigionieri, mentre il giorno 11 le avanguardie della
Wehrmacht si trovavano già a 16 km da Kiev e, dopo un
mese, 200 dei 340 depositi di rifornimento dell'Armata
Rossa erano caduti in mano tedesca.
Il fronte nord
Il 29 giugno il corpo d'armata "Norvegia", al comando del
generale Eduard Dietl, appoggiato da forze finlandesi,
diede inizio all'operazione Volpe argentata ossia il piano di
conquista della città di Murmansk sul mare di Barents. La
città non aveva una particolare importanza strategica ma il
suo porto era, e sarebbe stato per tutta la durata della
guerra,
una
delle
fondamentali
fonti
di
approvvigionamento per l'Unione Sovietica: esso infatti era
l'unico porto dotato di strutture adeguate allo sbarco di
grandi quantità di materiali ad essere libero dai ghiacci,
grazie alla corrente del Golfo, durante l'inverno ed inoltre
la sua ferrovia Kirov collegava la città con Leningrado e
Mosca.
La mobilitazione delle truppe di stanza in Norvegia
inizialmente doveva servire per difendere la regione di
Petsamo, con i suoi giacimenti di nichel, e quella mineraria
di
Narvik
da
possibili
attacchi
sovietici
ma,
immediatamente dopo l'inizio delle ostilità, fu chiara
l'importanza fondamentale che Stalin riponeva in
Murmansk.
L'operazione presentava diverse difficoltà: la tundra artica,
un territorio totalmente privo di vegetazione, di
popolazione e di strade, solcato da acquitrini, laghi e
torrenti non permetteva rapide avanzate ed anche il
fattore logistico, legato ai rifornimenti alle truppe,
presentava problematiche di difficile soluzione; in sostanza
si trattava di percorrere circa 100 chilometri di territorio
desertico ed impervio ed il generale Dietl obbiettò che in
quel momento sarebbe stato più utile interrompere la
ferrovia, lunga circa 1.400 chilometri, in qualche punto più
a sud ma Hitler ordinò ugualmente che l'attacco fosse
portato contro la città.
Le forze sovietiche a presidio della frontiera erano esigue,
anche se i reparti siberiani e mongoli presenti non si
arresero e combatterono fino all'ultimo uomo; il giorno
dopo l'inizio dell'offensiva fu scoperta dai tedeschi la
strada che collegava Sapadnaja Liza a Murmansk: essa
era fortemente presidiata ed i soldati si trovarono sotto il
tiro dell'artiglieria sovietica e l'attacco, a causa della
difficoltà nel fare affluire riserve e rifornimenti, oltre alla
totale mancanza dell'aviazione ed alla lentezza nel
trasporto dei feriti, si arrestò, costringendo Dietl a
mettersi sulla difensiva il 17 luglio, dopo aver percorso 55
chilometri.
Nei mesi successivi, tra l'8 ed il 19 settembre, i tedeschi
tentarono un secondo ed un terzo attacco ma, dopo un
lieve successo iniziale, furono nuovamente costretti a
ripiegare sulla sponda occidentale del fiume Liza; il 23
cadde la prima neve e l'8 ottobre fu tentato l'ultimo
infruttuoso attacco e, con i tedeschi bloccati dal gelo, il 7
novembre i sovietici sferrarono un primo contrattacco ma
il debole fronte tedesco riuscì a reggere; un secondo
attacco, con forze decisamente superiori, avvenne il 21
dicembre ma il terreno si rivelò ancora una volta
favorevole a chi difendeva e non ci fu lo sfondamento
auspicato da Stalin; identica sorte subì un terzo attacco,
iniziato nell'aprile del 1942 e conclusosi senza successo il
10 maggio; il fronte all'estremo nord era fermo e lo
sarebbe rimasto fino alla resa della Finlandia, il 19
settembre 1944, quando le truppe tedesche ripiegarono in
Norvegia. La mancata conquista del porto di Murmansk
influì sull'esito dell'intera operazione Barbarossa in quanto,
nei successivi tre anni, vi affluirono incessantemente navi
Alleate cariche di rifornimenti che aiutarono in modo
rilevante lo sforzo bellico sovietico e contribuirono alla
vittoria finale.
La corsa verso Leningrado
Il 22 giugno la 18ª
armata, al comando del
generale
Georg
von
Küchler, protetta sul
fianco destro dal IV
gruppo
corazzato,
comandato dal generale
Erich
Hoepner
ed
equipaggiato con 570
carri armati, entrò in Lituania avanzando velocemente e,
dopo avere oltrepassato il confine con la Lettonia, si
diresse verso Riga; contemporaneamente a sud il IV
gruppo corazzato varcò il confine con l'Estonia ma qui la
resistenza sovietica si dimostrò più efficace: il III corpo
meccanizzato, dotato di oltre 600 mezzi corazzati, tra cui i
carri pesanti KV-1 ed i semoventi KV-2, contrattaccò nella
zona tra Skaudvilė e Raseiniai e per tre giorni il XLI corpo
d'armata motorizzato, comandato dal generale GeorgHans
Reinhardt,
dovette
contenerne
l'avanzata;
l'intervento della 1ª e della 6ª divisione corazzata,
comandate dai generali Friedrich Kirchner e Franz
Landgraf, supportate dalla Luftwaffe, consentì ai tedeschi
di respingere il contrattacco e di infliggere gravi perdite al
nemico.
Nello stesso momento il LVI corpo d'armata motorizzato,
comandato del generale Erich von Manstein, e l'8ª
divisione corazzata, comandata dal generale Erich
Brandenberger, oltrepassando il fiume Daugava, riuscirono
ad intrappolare le truppe sovietiche, conquistando l'8
luglio la città di Pskov, sfondando il quel punto la linea
Stalin; la rapidità dell'avanzata impedì la fuga delle truppe
sovietiche di stanza in Curlandia che vennero circondate e
distrutte.
Il dilagare dell'esercito tedesco portò anche in Unione
Sovietica le persecuzioni contro la popolazione ebraica già
iniziate in Polonia; la divisione di fanteria SS "Totenkopf",
comandata dal gruppenführer Theodor Eicke, che seguiva
il IV gruppo corazzato si rese responsabile dei primi
massacri: immediatamente dopo l'occupazione della
Lituania le SS, con l'aiuto di una milizia locale formata per
lo più da forzati fatti uscire dalle prigioni, linciarono
centinaia di ebrei per le strade suscitando lo sgomento, ed
in rari casi anche le proteste, degli ufficiali presenti.
Il 10 luglio il IV gruppo corazzato attaccò: il LVI corpo
d'armata doveva puntare verso Novgorod, interrompendo
la linea di collegamento Leningrado-Mosca, protetto sul
fianco dal XLI corpo d'armata motorizzato; l'avanzata fu
rallentata dal terreno paludoso e da una strenua
resistenza ma il generale Hoepner, aggirando le
fortificazioni di fronte alla città di Luga, riuscì il 14 luglio a
conquistare Porechje, catturando intatti, nonostante un
precipitoso tentativo di contrattacco con forze racimolate
in tutta fretta, i due ponti sul fiume Luga, consolidandovi
solide teste di ponte ed aprendo di fatto la strada per
Leningrado distante ormai solo 115 chilometri. La
situazione si presentava molto favorevole per il XLI corpo
ma l'OKH gli impose di fermarsi e di attestarsi sulle teste
di ponte sul Luga; tale ordine era giustificato dalla scelta
di Hitler di attaccare Leningrado da sud-est con una
manovra di aggiramento, giudicando le truppe del
generale Reinhardt troppo deboli per un attacco frontale,
e quindi era necessario attendere l'avanzata da sud della
16ª armata. Il comandante del gruppo d'armate Nord, il
feldmaresciallo Wilhelm Ritter von Leeb, non si oppose a
questo ordine e, nonostante le reiterate proteste di
Reinhardt, per tre settimane le truppe tedesche non
poterono riprendere l'offensiva, permettendo ai sovietici di
riorganizzare le difese e di contrattaccare.
L'attacco fu ripreso l'8 agosto, dopo che il giorno 6 le
truppe tedesche si erano saldamente attestate sul Golfo di
Finlandia, ma la resistenza sovietica fu molto intensa e
solo il 14 agosto i tedeschi riuscirono a superare i 45
chilometri di foresta che si frapponevano al terreno aperto
di fronte a Leningrado ma ancora una volta, dopo che il
giorno 15 von Leeb in persona si era recato presso il
comando tattico del generale Hoepner per autorizzare
l'avanzata verso la città, arrivò l'ordine di fermarsi; era
accaduto che la 16ª armata era in difficoltà e si ritenne
necessario staccare due divisioni dal IV gruppo corazzato
e, dopo lo spostamento verso nord anche della 18ª
armata, l'avanzata riprese ed il 17 agosto fu conquistata
Novgorod, grazie anche alla fortunata scoperta delle
mappe in cui era segnato tutto il dispositivo difensivo
sovietico di fronte alla città; nei giorni successivi furono
eliminate le sacche di resistenza, si ripararono le strade e
le ferrovie in direzione di Leningrado ed il giorno 9 fu
finalmente dato il via all'attacco.
Il comando della piazzaforte di Leningrado fu affidato al
generale Sakhvarov che immediatamente mobilitò la
popolazione: utilizzando i 300.000 operai delle grandi
fabbriche come soldati riuscì a formare una ventina di
divisioni della cosiddetta "milizia rossa", tutti gli abitanti,
compresi i bambini, vennero impiegati per costruire
fortificazioni e scavare trincee anticarro realizzando due
cinte difensive, una interna a 25 chilometri dal centro della
città e l'altra esterna a 40 chilometri. Quest'ultima fu
attaccata dalla fanteria tedesca il 10 settembre e superata
il giorno dopo a prezzo di durissimi combattimenti, furono
collocati ponti mobili per permettere l'attraversamento ai
mezzi corazzati ed il 15 settembre fu conquistato il
sobborgo di Urizk mentre il 20 la 1ª divisione di fanteria
raggiunse la costa del mar Baltico presso Strelna.
Movimenti dello Heeresgruppe Nord nell'avanzata verso
Leningrado
Le forze tedesche si trovavano ormai a 10 chilometri dal
centro di Leningrado e, dopo la conquista avvenuta l'8
settembre di Šlissel'burg, l'ultimo ostacolo naturale era
rappresentato dal fiume Isciora dove sorgeva l'ultima
barriera difensiva costruita dai sovietici ma anche questa,
grazie al massiccio intervento dell'aviazione, fu superata
ed il 29 settembre cadde l'importante sobborgo industriale
di Kolpino. Leningrado era ormai isolata e rimaneva in
mano sovietica solo una sottile striscia di territorio
collegata alla sponda occidentale del lago Ladoga dal
quale si lanciarono gli ultimi disperati attacchi ma, mentre
si prevedeva una veloce conquista di Leningrado, Hitler
diede ordine di interrompere l'attacco disponendo che la
città doveva essere costretta alla capitolazione per fame e
quindi assediata dalla sola fanteria.
Questa decisione ebbe gravi conseguenze sul prosieguo
della guerra in quanto impedì il disarmo di circa 40
divisioni sovietiche e l'eliminazione della produzione bellica
che continuò indisturbata per il resto del conflitto,
costrinse la 18ª armata a rimanere bloccata a guardia
della città fino al 1944 e soprattutto si perse l'occasione di
fare di Leningrado un grande centro di rifornimento per le
truppe tedesche con la possibilità di trasporto dei materiali
via mare rispetto a quello via terra dove l'attività
partigiana cominciava ad organizzarsi e ad intensificarsi ed
infine venne a mancare una base utile ai fini della
conquista del porto di Murmansk.
Il fronte centrale
Obiettivo Smolensk
L'avanzata verso Mosca, ad opera del gruppo di armate
centrali,
al
comando
del
feldmaresciallo
Fedor von Bock,
doveva avvenire in
direzione
di
Smolensk
sulla
direttrice
che
puntava verso la
capitale passando
attraverso la città
di Vjaz'ma. Una volta conquistata Smolensk si sarebbe
deciso se e con quali forze attaccare Mosca. A nord dello
schieramento operavano il III gruppo corazzato, al
comando del generale Hermann Hoth (con 840 carri
armati) e la 9ª armata di fanteria, comandata dal generale
Adolf Strauß mentre a sud, ad una distanza di circa 200
chilometri, l'offensiva era affidata alla 4ª armata di
fanteria, al comando del feldmaresciallo Günther von
Kluge, ed il panzergruppe 2, comandato dal generale
Heinz Guderian (dotato di 930 mezzi corazzati). La
distanza tra le due forze di attacco fu prevista per
realizzare una serie progressiva di accerchiamenti ossia
per consentire ai due gruppi corazzati di farsi strada
velocemente attraverso la Bielorussia, lasciando alle due
armate di fanteria il compito di eliminare le forze
sovietiche lasciate alle spalle.
Il carro medio tedesco Panzer IV D, nella foto la versione
armata con cannone corto da 75 mm, era il mezzo
corazzato più potente in dotazione alla Wehrmacht nel
giugno del 1941 ma nei primi scontri con i carri medi
sovietici si dimostrò notevolmente inferiore, sia come
corazzatura che come forza di penetrazione del proiettile
L'attacco nel settore centrale del fronte iniziò con
l'attraversamento dei fiumi Bug e Niemen, dove le divisioni
corazzate del generale Hoth superarono la resistenza della
5ª divisione corazzata sovietica schierata a difesa dei ponti
di Alytus; la cittadella fortificata di Brest-Litovsk venne
subito accerchiata ma fu conquistata definitivamente, a
causa della forte resistenza sovietica, solo il 30 giugno
dalla 45ª divisione di fanteria, comandata dal generale
Fritz Schlieper. I primi giorni della campagna fornirono ai
tedeschi dati imprevisti sulla composizione delle forze
corazzate sovietiche e del loro armamento, molto più
numerose e potenti del previsto, e le Panzer-Divisionen
del gruppo d'armate Centro, le più numerose e meglio
equipaggiate dell'intero schieramento, pur avanzando
rapidamente ed in profondità, subirono spesso inattesi,
anche se disordinati, contrattacchi delle riserve
meccanizzate sovietiche.
Minsk, cartello distanziometrico, indicante la distanza dalla
capitale, in lingua tedesca (e la direzione del campo di
prigionia, Gefangenenlager)
Il comando sovietico del "fronte occidentale", affidato al
generale Dmitrij Pavlov, venne colto completamente di
sorpresa dall'attacco tedesco e perse rapidamente i
collegamenti e le comunicazioni con i reparti e le armate
di prima linea ma egli tentò ugualmente di contrattaccare,
obbedendo alla direttiva n. 3, emessa dallo Stavka la sera
del 22 giugno, che imponeva di passare alla controffensiva
in tutti i settori. Il generale Boldin cercò di raggruppare le
forze corazzate di riserva, il VI corpo meccanizzato, dotato
di oltre 1.000 carri, tra cui 238 T-34 e 114 KV, e l'XI corpo
meccanizzato, per attaccare sul fianco il III gruppo
corazzato tedesco nella regione di Grodno, ma il tentativo
fallì e le forze corazzate tedesche poterono proseguire
verso Minsk, mentre i due corpi meccanizzati si
disgregarono, venendo bersagliati dalla Luftwaffe,
subendo gravi perdite e finendo per rimanere accerchiati a
loro volta. Il generale Khaskilevič, comandante del VI
corpo meccanizzato, venne ucciso, mentre lo stesso
Pavlov, accusato della sorpresa e della disfatta venne
destituito ed in seguito processato e fucilato. Anche un
secondo tentativo di contrattacco più a sud contro il
panzergruppe 2, da parte del XIII e del XIV corpo
meccanizzato, equipaggiati principalmente di carri armati
leggeri, venne facilmente respinto a Slonim ed a Pruzanij
dai panzer del XXXXVII corpo motorizzato (17. e 18.
Panzer-Division).
La sacca di Smolensk (10 - 18 luglio 1941)
Sulla strada per Smolensk il gruppo di armate centrali
aveva innanzi a sé grandi ostacoli naturali: le grandi paludi
del Pripjat', la foresta di Białowieża ed i fiumi Beresina e
Dnepr, ma nonostante queste difficoltà i due gruppi
corazzati avanzarono velocemente, superando il 30 giugno
la grande foresta; la 29ª divisione, comandata dal
generale Walter von Boltenstern, ed il reggimento
Großdeutschland,
comandato
dall'obersturmführer
Wilhelm-Hunert von Stockhausen, chiusero la seconda
sacca tra Białystok e Minsk, conquistata il giorno 28 dalla
20ª divisione corazzata, comandata dal generale Horst
Stumpff, fermandosi ad attendere le divisioni di fanteria
della 4ª e della 9ª armata che, a causa della scarsa
praticabilità delle strade, procedevano più lentamente, per
poi proseguire l'avanzata. Il 30 giugno la 18ª divisione
corazzata, comandata dal generale Walter Nehring,
avanzò a sud di Minsk per prendere la città di Barysaŭ e
stabilire una testa di ponte al di là del fiume; le forze
sovietiche, agli ordini del generale Erëmenko, tentarono
una resistenza ma il 1º luglio due battaglioni del 52º
reggimento fanteria attaccarono le postazioni a difesa del
ponte impedendone la distruzione mentre a sud la 3ª
divisione corazzata, comandata dal generale Walter Model,
e la 4ª divisione corazzata, comandata dal generale
Willibald Freiherr von Langermann und Erlencamp,
avevano a loro volta varcato il fiume puntando a nord in
direzione di Mahilëŭ sul fiume Dnepr.
Il 10 luglio fu lanciato l'attacco verso Smolensk: la 20ª
divisione corazzata dopo Minsk conquistò anche Vicebsk,
procedendo senza fermarsi verso est per prendere la città
alle spalle, mentre a sud l'11 luglio la 3ª e la 4ª divisione
corazzata attraversarono il fiume in tre punti senza
incontrare forti resistenze e, mentre la 1ª divisione di
cavalleria, comandata dal generale Kurt Feldt, proteggeva
il fianco sud dal contrattacco sovietico, Guderian puntò
verso Smolensk. Il 15 luglio il III gruppo corazzato, con
alla testa la 7ª divisione corazzata, comandata dal
generale Hans von Funck, superò Smolensk tagliando la
linea ferroviaria e la strada che portavano a Mosca; in
questo modo la città fu isolata e si formò una sacca in cui
vennero a trovarsi 15 divisioni sovietiche; la città, che
doveva essere uno dei capisaldi della "linea di estrema
difesa" cadde dopo un solo giorno grazie all'attacco del
71º reggimento della Turingia, comandato dal colonnello
Thomas, che si fece strada casa per casa aggirando le
fortificazioni della città mentre il 26 luglio, a sud di
Smolensk, fu eliminata a Mahilëŭ l'ultima resistenza sul
Dnepr ad opera della 23ª divisione di fanteria, comandata
dal generale Heinz Hellmich. L'obiettivo del gruppo di
armate centrali era stato raggiunto dopo meno di quattro
settimane e la strada verso Mosca era aperta.
Il fronte sud
L'invasione dell'Ucraina
Il feldmaresciallo Gerd von Rundstedt (al centro),
comandante del gruppo d'armate Sud, tra i generali
Walter Model e Hans Krebs
Soldati tedeschi catturano due commissari politici sovietici
nei primi giorni dell'invasione
Agosto 1941, il generale Heinz Guderian, comandante del
panzergruppe 2, a colloquio con alcuni ufficiali carristi
Il gruppo di armate Sud, comandato dal feldmaresciallo
Gerd von Rundstedt, aveva il compito di invadere l'Ucraina
e la Crimea spingendosi fino ad Astrachan', al fine di
assicurare alla Germania le risorse agricole ucraine, quelle
minerarie ed industriali del bacino del Donec e di quelle
petrolifere del mar Caspio. A nord dello schieramento, sul
lato meridionale delle paludi del Pripjat', operava la 6ª
armata, comandata dal feldmaresciallo Walter von
Reichenau, sul suo lato destro il I gruppo corazzato,
comandato dal generale Paul Ludwig Ewald von Kleist, e,
a nord dei Carpazi, la 17ª armata, comandata dal generale
Carl-Heinrich von Stülpnagel, mentre, provenienti dalla
Romania e distanti tra loro circa 400 chilometri, operavano
l'11ª armata, comandata dal generale Eugen von Schobert
e la 3ª e 4ª armata rumene, comandate dai generali
Dimitrescu e Ciuperca; le due colonne del gruppo di
armate avrebbero dovuto riunirsi presso la grande ansa
del fiume Dnepr a sud di Kiev.
L'avanzata a sud fu meno rapida rispetto al centro ed a
nord per diverse ragioni: l'insufficienza di strade praticabili
per i mezzi motorizzati, la grande distanza tra le due ali
dello schieramento, la presenza di un unico gruppo
corazzato che non consentiva rapide manovre di
aggiramento e la forte presenza di truppe sovietiche in
quel settore.
Il 23 giugno il I gruppo corazzato aveva percorso circa 80
chilometri quando venne per la prima volta contrattaccato
sul fianco destro dal XV corpo meccanizzato sovietico; nel
settore meridionale il generale Mikhail Kirponos,
comandante del "fronte sud-occidentale" disponeva di
grandi riserve corazzate: 8 corpi meccanizzati con oltre
3.800 carri armati, tra cui quasi 500 T-34 ed oltre 150 KV1 e KV-2, i quali, pur disorganizzati e non concentrati,
erano enormemente superiori rispetto agli 880 mezzi
corazzati tedeschi, tra cui però 447 Panzer III ultimo
modello. Nei giorni seguenti il III ed il XXXXVIII corpo
motorizzato, che avanzavano verso Luc'k e Žytomyr,
vennero attaccati ripetutamente da nord, dov'erano
concentrati il IX ed il XIX corpo meccanizzato sovietico, e
soprattutto da sud dove contrattaccarono l'VIII ed il XV
corpo meccanizzato, rafforzati con parte del IV corpo
meccanizzato, e, fino al 30 giugno, i due schieramenti
furono impegnati nelle battaglie di carri di Brody, Luc'k e
Dubno: la 11., la 13. e la 16. Panzer-Division furono
messe in difficoltà e rischiarono di essere isolate e tagliate
fuori dalle puntate dei carri sovietici, ma, essendo più
esperte, meglio addestrate e sostenute potentemente
dalla Luftwaffe, respinsero tutti gli attacchi, finendo per
decimare le forze sovietiche le quali, dopo il 30 giugno,
dovettero sospendere i loro tentativi di passare alla
controffensiva, ripiegando per raggrupparsi a circa 240
chilometri più a est lungo la linea Stalin, mentre il 1º luglio
la colonna meridionale dello schieramento tedesco varcò i
confini rumeni stabilendo forti teste di ponte oltre il fiume
Prut.
Il 7 luglio il I gruppo corazzato riuscì a sfondare la linea
Stalin in due punti: l'11ª divisione corazzata, comandata
dal generale Ludwig Crüwell, conquistò la città di Berdyčiv
e la 16ª divisione corazzata, comandata dal generale
Hans-Valentin Hube, prese la città di Liubar senza però
riuscire ad intrappolare le truppe sovietiche. Il 10 luglio il
maresciallo Budënnyj per tentare di alleggerire la
pressione sulla linea Stalin dette ordine alla 5ª armata di
fanteria, comandata dal generale Potatov, di attaccare
dalle paludi del Pripjat' la 6ª armata costringendola a
combattimenti difensivi ma il fianco nord dello
schieramento tedesco riuscì a reggere. La lentezza
dell'avanzata indispose Hitler che propose di "spezzare" il I
gruppo corazzato in tre gruppi da combattimento separati
al fine di creare piccole sacche di accerchiamento ma von
Rundstedt si oppose per non dividere le uniche forze
corazzate a sua disposizione ed in questo modo avanzò a
formazioni unite a sud di Kiev lungo la sponda occidentale
del Dnepr, ponendo le basi sia per un piccolo
accerchiamento intorno a Vinnycja sia per uno di maggiori
dimensioni intorno ad Uman'.
Il 16 luglio le avanguardie corazzate di von Kleist
raggiunsero Belaia-Zerkov a nord di Uman' e, grazie alle
ristabilite condizioni atmosferiche, riuscirono velocemente
a congiungersi il 1º agosto a Novo Arcangelo con i primi
reparti dell'11ª armata ad est della città dove in quel
momento si trovavano tre armate sovietiche; temendo
l'accerchiamento i difensori tentarono di rompere l'anello
che si andava formando ma il sopraggiungere delle
divisioni di fanteria della 17ª armata impedì lo
sganciamento del grosso delle truppe. La battaglia nella
sacca di Uman si concluse il 6 agosto e le tre armate
sovietiche furono distrutte (la 6ª e la 12ª si arresero
mentre la 18ª fu praticamente annientata e furono fatti
103.000 prigionieri); il successo appena ottenuto spinse
Hitler a valutare l'ipotesi di conseguirne uno ancora
maggiore a Kiev, dove nel frattempo stavano confluendo
ingenti rinforzi da parte sovietica, realizzando una
colossale tenaglia dove sarebbero rimaste imprigionate
tutte le forze del fronte sud sovietico che contava circa un
milione di uomini.
La grande sacca di Kiev
La sacca di Kiev (25 agosto - 26 settembre 1941)
Per realizzare il nuovo piano voluto da
necessario distaccare consistenti forze dal
armate centrali che, dopo la caduta di
sembrava sul punto di sferrare l'attacco verso
Hitler era
gruppo di
Smolensk,
la capitale;
lo stato maggiore dell'esercito era contrario alla diversione
verso sud ed il 18 agosto il generale Halder ed il
feldmaresciallo von Brauchitsch scrissero ad Hitler
pregandolo di riprendere la marcia verso Mosca ma il
giorno 21 egli rispose che aveva già ordinato al gruppo di
armate centrali di trasferire le forze necessarie per la
conquista totale dell'Ucraina. Halder insistette ed il 23
agosto si recò al quartier generale del gruppo di armate
centrali per persuadere il generale Guderian ad incontrare
il Führer in modo da convincerlo a non sospendere
l'attacco ma egli si dimostrò irremovibile ed il 25 agosto il
panzergruppe 2 e la sopraggiunta 2ª armata, comandata
dal generale Maximilian von Weichs, cominciarono a
dirigersi verso sud.
Il piano prevedeva che l'11ª armata, insieme alle due
armate rumene, si sarebbe diretta a sud est in direzione
della Crimea mentre tutte le altre colonne dello
schieramento
sarebbero
state
utilizzate
per
l'accerchiamento: la 6ª armata doveva avanzare verso
Kiev da occidente ed il I gruppo corazzato e la 17ª
armata, che a quella data si trovavano già a sud est della
città, avrebbero marciato verso nord; il secondo braccio
della tenaglia sarebbe stato formato dalla 2ª armata e dal
panzergruppe 2 provenienti da nord. Quest'ultimo, il 26
agosto, raggiunse il fiume Desna, riuscendo a catturarne
intatto il ponte permettendo la creazione di una testa di
ponte ma, nonostante gli sforzi della 10ª divisione di
fanteria motorizzata, comandata dal generale FriedrichWilhelm von Loeper, non fu possibile allargarla per oltre
una settimana a causa della forte resistenza sovietica. Il 3
settembre i tedeschi ebbero un colpo di fortuna: una
mappa rinvenuta all'interno di un aereo abbattuto permise
di conoscere il punto debole dello schieramento sovietico,
ossia il punto di sutura tra la 13ª e la 21ª armata;
immediatamente fu dato ordine alla 3ª divisione corazzata
di attaccare in quel punto, riuscendo ad uscire dalla testa
di ponte ed a superare il fiume Sejm il 7 settembre,
seguita il 9 dalla 4ª divisione corazzata.
Superati i due fiumi il 9 settembre il panzergruppe 2 si
fece strada attraverso Konotopo ed il 10 occupò il villaggio
di Romny, dirigendosi verso Lokovitsa per unirsi con il I
gruppo corazzato alle spalle dello schieramento sovietico;
lo stesso giorno a sud il XLVIII corpo d'armata motorizzato
raggiunse la sponda occidentale del Dnepr presso
Kremenchuk e la 16ª divisione corazzata iniziò
l'attraversamento del fiume. Il giorno dopo il generale
Hube sfondò la resistenza sovietica avanzando verso nord
per oltre 70 chilometri ed il 14 fu occupata Lubny; in quel
momento solo 50 chilometri separavano i due gruppi
corazzati tedeschi ed i sovietici, contravvenendo agli ordini
di Stalin, stavano cercando di fare evacuare dalla sacca
quante più truppe possibile ma tutti gli sforzi si rivelarono
inutili, così come risultarono vani tutti i tentativi di attacco
al fianco sinistro del panzergruppe 2 per tentare di
spezzare l'accerchiamento, ed il cerchio si chiuse
definitivamente il 15 settembre. Il 19 settembre, dopo che
il 18 era arrivata l'autorizzazione allo sganciamento da
Mosca, la 6ª armata occupò Kiev; il maresciallo Budënnyj
fu fatto evacuare ed il suo posto fu affidato al generale
Kirponos che cadde durante i combattimenti e dopo una
settimana, il 26 settembre, la battaglia si concluse con la
distruzione di cinque armate, la cattura di 665.000
prigionieri, 884 carri armati ed altri veicoli corazzati e più
di 3.700 pezzi di artiglieria: complessivamente nel mese
che precedette la caduta di Kiev i sovietici persero, tra
morti, feriti e dispersi, quasi un milione di uomini.
L'avanzata in Crimea
Il generale Erich von Manstein (a destra), comandante del
LVI corpo d'armata motorizzato sul fronte nord, a
colloquio con il generale Erich Brandenberger,
comandante della 8. Panzer-Division, al quale fu affidato il
comando dell'11ª armata per la conquista della Crimea
Il 12 settembre 1941 il generale Erich von Manstein
sostituì al comando dell'11ª armata di fanteria il generale
Eugen von Schobert, perito precipitando con il suo aereo
da ricognizione, ricevendo l'incarico, insieme alla 3ª ed
alla 4ª armata rumena, della conquista della Crimea, con il
compito di avanzare con alcune unità all'interno della
penisola mentre il grosso delle truppe si sarebbe diretto
verso Rostov. La conquista della Crimea presentava
tuttavia due importanti problematiche: la prima era quella
legata all'unica via di accesso, l'Istmo di Perekop, largo
solo 7 chilometri, mentre la seconda era rappresentata
dall'insufficiente numero di truppe per realizzare entrambi
gli obiettivi, unita all'assenza di divisioni corazzate di cui
l'11ª armata non disponeva.
L'attacco iniziò il 12 settembre: il XXX corpo d'armata,
comandato dal generale Hans von Salmuth, ed il LIV
corpo d'armata, comandato dal generale Erik Hansen,
avanzarono in direzione dell'istmo di Perekop; tali unità
erano precedute dagli esploratori della divisione SS
Leibstandarte, comandata dal gruppenführer Josef
Dietrich; i reparti avanzarono attraverso la steppa dei
Nogaj ma la resistenza sovietica fu molto intensa, aiutata
dalle difese naturali che il territorio era in grado di offrire,
tanto che il generale von Manstein fu indotto ad
abbandonare l'idea di avanzare anche verso Rostov per
concentrare le sue forze ai fini della conquista della sola
Crimea.
Il nuovo piano consisteva nello sfondamento delle difese
sull'Istmo di Perekop, successivamente le forze si
sarebbero suddivise per dirigersi a sud ovest verso
Sebastopoli ed a est verso Kerč, mentre in riserva
attendeva il corpo d'armata da montagna, comandato dal
generale Josef Kübler, con lo scopo, una volta iniziato
l'avanzamento nella penisola, di superare le alture dei
monti Jaila e di dirigersi verso il Kuban al fine di spianare
la strada per la penetrazione nel Caucaso. Il fronte, difeso
dalla 51ª armata sovietica, fu superato il 27 settembre ma
non vi fu lo sfondamento auspicato dai tedeschi in quanto
le truppe sovietiche contrattaccarono da est, facendo
indietreggiare la 3ª armata rumena comandata dal
generale Dimitrescu, che era a presidio del fianco sinistro
dello schieramento tedesco. Il pericolo di uno
sfondamento da parte della 9ª e della 18ª armata
sovietiche fu evitato dall'arrivo del I gruppo corazzato,
comandato dal generale Ewald von Kleist, al quale erano
stati aggregati reparti del CSIR agli ordini del generale
Giovanni Messe; il I gruppo corazzato, attaccando sul
fianco destro le due armate sovietiche, chiuse in una
sacca il grosso della 18ª armata e dopo cinque giorni i
tedeschi ristabilirono il fronte facendo oltre 65.000
prigionieri; il pericolo corso tuttavia indusse l'OKH ad
affidare all'11ª armata il solo compito di conquistare la
Crimea.
La situazione in Crimea alla fine di dicembre del 1941
Il 16 ottobre l'alto comando sovietico dette l'ordine di
evacuare la città di Odessa, accerchiata dall'inizio di
agosto dalla 4ª armata rumena, comandata dal generale
Nicolae Ciupercă, e, tra il 16 ed il 28 ottobre, le truppe
tedesche e rumene infierirono sulla popolazione ebraica
causando alcune decine di migliaia di morti, provocando il
cosiddetto "massacro d'Odessa"; il 28 ottobre i tre corpi
d'armata irruppero nella penisola: il XXX ed il LIV si
diressero verso Sebastopoli mentre il XLII corpo d'armata,
comandato dal generale Hans von Sponeck, si diresse in
direzione di Kerč, che fu conquistata il 15 novembre dalla
170ª divisione di fanteria, comandata dal generale Wittke,
e contemporaneamente furono occupate Jalta e Balaclava,
con la cattura di circa 100.000 prigionieri.
Il 17 dicembre la 50ª divisione di fanteria, retta dal
generale Karl-Adolf Hollidt, iniziò l'attacco verso
Sebastopoli ed il 23, a prezzo di gravi perdite, fu sfondata
la prima linea di difesa ma il giorno 29 ingenti forze
sovietiche sbarcarono a Feodosia e nello stretto di Kerč
riconquistandone il capoluogo provocando il ripiegamento
verso l'interno della 46ª divisione; questo inaspettato
evento costrinse von Manstein a distaccare la 170ª
divisione, insieme a due brigate rumene, dall'attacco alla
fortezza ed inviarle in direzione di Kerč riuscendo a
respingere i sovietici e riconquistando Vladislavovka, ma il
31 dicembre, complici le difficili condizioni ambientali e la
tenace resistenza, egli diede ordine di cessare l'attacco a
Sebastopoli che sarebbe potuto riprendere solo cinque
mesi dopo, durante la seconda offensiva estiva tedesca.
Obiettivo Caucaso
Contemporaneamente all'avanzata in Crimea il gruppo di
armate Sud si mosse ad est in direzione del bacino del
Donec: a nord la 6ª armata, comandata dal
feldmaresciallo Walter von Reichenau, ed a sud la 17ª
armata, si diressero rispettivamente verso Kharkov e verso
Rostov, mentre sul fianco destro della 17ª armata, sulla
direttrice del Mar d'Azov, avanzò il I gruppo corazzato,
comandato dal generale von Kleist, gruppo corazzato che
dopo pochi giorni avrebbe mutato il suo nome in "1ª
armata corazzata"; il XLIX corpo d'armata da montagna e
la divisione SS Leibstandarte, precedentemente distaccata
dall'attacco alla Crimea, avanzarono lungo il Mar d'Azov
insieme al III corpo d'armata motorizzato, comandato dal
generale Eberhard von Mackensen.
Novembre 1941, soldati tedeschi tentano di trainare a
mano un automezzo bloccato dal fango
Il 17 ottobre il III corpo d'armata motorizzato occupò
Mariupol' ed il 22 fu occupata Taganrog con il suo
importante porto, consentendo l'attraversamento del
fiume Mius mentre il 20 ottobre la 1ª divisione da
montagna, nonostante la resistenza opposta dalla 12ª
armata sovietica comandata dal generale Ponedelin, aveva
conquistato Stalino; il 23 il generale Tymošenko subentrò
al comando del fronte sud al generale Erëmenko ma il
giorno dopo la 6ª armata tedesca occupò Kharkov e
Belgorod, precedentemente evacuate dai sovietici,
riuscendo a superare il fiume Donec, ed il 3 novembre fu
conquistata Kursk ma l'arrivo delle piogge autunnali rese
le strade impercorribili, bloccando qualunque possibilità di
un'azione veloce a largo raggio.
L'offensiva riprese il 17 novembre grazie al gelo che,
indurendo le strade, consentì la ripresa della marcia ma,
nei giorni in cui il fronte era rimasto bloccato, i sovietici
avevano provveduto ad organizzare nuove divisioni
mentre i tedeschi faticavano sempre di più a tamponare le
perdite
subite
durante
l'avanzata;
la
divisione
Leibstandarte e la 13ª divisione corazzata, comandata dal
generale Friedrich-Wilhelm von Rothkirch und Panthen,
attaccarono in direzione del Caucaso superando di slancio
Sultan-Sali mentre la 14ª divisione corazzata, comandata
dal generale Friedrich Kühn, si diresse verso Bolscie-Sali e,
nonostante il contrattacco con ingenti forze corazzate da
parte della 56ª armata sovietica comandata dal generale
Remisov, contrattacco tamponato dall'intervento della 60ª
divisione motorizzata comandata dal generale FriedrichGeorg Eberhardt, il 20 novembre le tre divisioni fecero il
loro ingresso a Rostov, spingendosi fino al Don, riuscendo,
grazie all'azione del 1º battaglione della Leibstandarte, a
catturare intatto il ponte sul fiume e, mentre la 60ª
divisione motorizzata, a protezione del fianco del III corpo
d'armata, occupava Aksaskaja, reparti della 13ª divisione
corazzata sospinsero le rimanenti forze sovietiche a
presidio della città verso est, aprendo in questo modo la
strada in direzione del Caucaso e delle sue riserve
petrolifere.
Il feldmaresciallo Walter von Reichenau (a sinistra),
comandante della 6ª armata, qui a colloquio con il
generale Otto Stapf, comandante della 111ª divisione di
fanteria, sostituì, il 1 dicembre 1941, al comando dello
Heeresgruppe Süd il feldmaresciallo Gerd von Rundstedt
Il contrattacco sovietico fu tuttavia immediato: la 37ª
armata, comandata dal generale Anton Ivanovich Lopatin
e la 9ª armata, comandata dal generale Haritonov, si
gettarono nel "vuoto" che si era creato tra la 17ª armata e
la 1ª armata corazzata; lo spazio poté essere colmato e la
controffensiva tamponata solo richiamando verso nord nel
settore di Tuslov la 13ª e la 14ª divisione corazzata ma
nello stesso momento Tymošenko dette ordine di
attaccare Rostov da est e da sud con la 343ª e la 31ª
divisione di fanteria e la 70ª divisione di cavalleria,
facendo indietreggiare le deboli forze tedesche che erano
rimaste a difendere le linee esterne della città ed il 29
novembre Rostov fu riconquistata insieme a Taganrog.
Il feldmaresciallo von Rundstedt, temendo un
accerchiamento del III corpo d'armata motorizzato, chiese
ad Hitler l'autorizzazione per il ritiro delle truppe sulla
sponda occidentale del fiume Mius ma, avendo ottenuto il
rifiuto da parte del Führer e vista l'impossibilità di
resistere, iniziò ugualmente il ripiegamento e per questo il
1º dicembre fu destituito ed il comando del gruppo
d'armate Sud fu affidato al comandante della 6ª armata, il
feldmaresciallo Walter von Reichenau; egli, uomo di fede
nazista, che riscuoteva la fiducia di Hitler, non poté che
constatare la situazione e gli riferì che l'unica possibilità di
evitare uno sfondamento del fronte era l'esecuzione del
piano predisposto da von Runstedt ed il Führer fu
costretto ad acconsentire senza tuttavia reintegrare il
feldmaresciallo destituito; il bacino del Donec rimaneva
comunque in massima parte in mano tedesca ma
l'obiettivo della conquista del Caucaso non era stato
conseguito.
Operazione Tifone
Le forze in campo ed il piano d'attacco
Il giorno 30 settembre ebbe inizio l'operazione Tifone,
l'attacco a Mosca ad opera del gruppo d'armate Centro, al
comando del feldmaresciallo Fedor von Bock, che, al
momento dell'attacco, disponeva di una forza di circa
1.500.000 uomini e di circa 1.000 carri armati così
ripartita: tre armate di fanteria, la 2ª, comandata dal
generale Maximilian von Weichs, la 4ª, agli ordini del
feldmaresciallo Günther von Kluge, e la 9ª, guidata dal
generale Adolf Strauß; tre gruppi corazzati, il III, diretto
dal generale Hermann Hoth, il II, comandato dal generale
Heinz Guderian, ed il IV, fatto affluire dal fronte nord,
comandato dal generale Erich Hoepner, per un totale di 14
divisioni corazzate, 8 divisioni di fanteria motorizzata, 2
brigate motorizzate e 46 divisioni di fanteria; alle forze
terrestri si aggiungevano le due squadre aeree della
Luftflotte 2 (2ª flotta aerea), comandata dal
feldmaresciallo Albert Kesselring.
Il generale Erich Hoepner, comandante del IV gruppo
corazzato, che doveva dirigersi direttamente su Mosca
Di fronte all'Heeresgruppe Mitte che si preparava
all'offensiva furono disposti a difesa della capitale sovietica
circa 1.250.000 uomini, 1.000 carri armati, 7.600 pezzi
d'artiglieria e 936 velivoli. Durante il periodo di stasi delle
operazioni nel settore centrale lo Stavka aveva disposto la
linea difensiva intorno alla città basata su due livelli
esterni: il primo nel settore comprendente Ržev e Vjaz'ma,
il secondo nel settore di Možajsk, più una serie di linee
concentriche che circondavano l'intera area urbana di
Mosca, dispositivo quest'ultimo che tuttavia, al momento
della ripresa dell'offensiva, non era stato ancora
completato.
Il piano per la conquista della capitale era suddiviso in due
fasi: la prima era l'avanzata sulla direttrice SmolenskMosca con la 9ª armata ed il III gruppo corazzato a nord
e la 4ª armata ed il IV gruppo corazzato a sud; i due
bracci della tenaglia si sarebbero chiusi ad est di Vjaz'ma,
compito affidato al LVI corpo d'armata motorizzato,
comandato dal generale Ferdinand Schaal da nord ed al
XLVI corpo d'armata motorizzato, comandato dal generale
Heinrich von Vietinghoff da sud. Da sud ovest il
panzergruppe 2 doveva avanzare verso Orël, in direzione
della città di Tula con lo scopo di attaccare la capitale da
sud e, durante la
marcia, accerchiare e
distruggere
le
tre
armate sovietiche nel
settore
di
Brjansk,
compito
affidato
al
XLVII corpo d'armata
motorizzato, comandato
dal generale Joachim
Lemelsen, e al XLVIII
corpo
d'armata
motorizzato, comandato
dal generale Werner
Kempf; la 2ª armata di
fanteria
avrebbe
colmato lo spazio tra il
IV ed il panzergruppe
2.
La seconda fase era costituita dallo sfondamento del
fronte occidentale sovietico, comandato dal generale
Semën Konstjantynovyč Tymošenko, sulla direttrice
Možajsk-Mosca e costituito dalle armate 43ª, 3ª, 50ª e
13ª, il superamento delle ultime "barriere" di Vjaz'ma e di
Brjansk di fronte alla capitale, fronte comandato dal
generale Andrej Ivanovič Erëmenko, e la conquista o
l'accerchiamento della città, fissando nel 7 novembre il
termine massimo per l'attacco diretto a Mosca.
La prima fase: 30 settembre - 29 ottobre
La presa di Vjaz'ma e di Brjansk: 30 settembre - 7 ottobre
Il terreno, reso fangoso e molle a causa delle piogge
autunnali, e la scarsità di strade praticabili per i mezzi
corazzati compromisero l'avanzata tedesca verso Mosca
Il 30 settembre a sud il panzergruppe 2 sfondò la linea
tenuta dalla 13ª armata sovietica, portandosi a ridosso
della città di Orël, mentre il XLVII ed il XLVIII corpi
d'armata motorizzati si diressero verso nord-est allo scopo
di conquistare Brjansk; il 2 ottobre il IV gruppo corazzato,
rafforzato dalla divisione SS Das Reich, comandata dal
brigadeführer
Paul
Hausser,
e
dalla
divisione
Großdeutschland, comandata dal colonnello Walther
Hoernlein, superò il fiume Desna ed il XLVI corpo d'armata
motorizzato mosse verso Vjaz'ma mentre il LVII corpo
corazzato, comandato dal generale Adolf Kuntzen,
proseguì la marcia in direzione di Mosca; a nord anche il
III gruppo corazzato riuscì a sfondare e, mentre il XLI
corpo corazzato, comandato dal generale Georg-Hans
Reinhardt, si dirigeva a nord est in direzione di Ržev, il LVI
corpo d'armata motorizzato iniziava la diversione verso
sud est per chiudere la tenaglia intorno a Vjaz'ma. Il 5
ottobre la 18ª divisione corazzata del generale Walter
Nehring conquistò Karačev ed il 6 ottobre la 17ª divisione
corazzata, comandata dal generale Hans-Jürgen von
Arnim, entrò a Brjansk, conquistando la città ed il ponte
sulla Desna in un solo giorno; immediatamente dopo le
divisioni della 2ª armata si congiunsero con la 4ª divisione
corazzata, comandata dal generale von Langermann und
Erlencamp, chiudendo la sacca dove vennero a trovarsi tre
armate sovietiche: la 3ª, la 50ª e la 13ª.
Il 6 ottobre cadde la prima neve ed a nord la 10ª divisione
corazzata, comandata dal generale Karl Fischer, avanzò
verso Vjaz'ma che fu occupata il giorno 7 con l’aiuto dei
reparti del XL corpo corazzato, comandato dal generale
Georg Stumme, ed il XLVI corpo d'armata motorizzato,
avanzando verso est, contribuì a chiudere il braccio
meridionale della tenaglia, mentre quello settentrionale fu
chiuso dalla 6ª divisione corazzata di Franz Landgraf, e
dalla 7ª divisione corazzata, comandata dal generale Hans
von Funk, che occupò anche la città di Cholm, catturando
intatti i ponti sul fiume Dnepr; nella sacca furono
intrappolate 55 divisioni ed il successo della manovra fu
completato da alcuni reparti della 7ª divisione corazzata,
al comando del colonnello Hasso von Manteuffel, i quali
bloccarono l'autostrada per Mosca.
La conquista di Možajsk: 8 - 19 ottobre
Il generale Žukov, nominato il 10 ottobre 1941
comandante del fronte occidentale sovietico e della difesa
di Mosca
Dopo la chiusura delle due sacche furono definiti i piani
successivi: a nord la 9ª armata e la 3ª armata corazzata,
avrebbero dovuto dirigersi verso Ržev e Kalinin per
congiungersi con il IV gruppo corazzato, la 4ª armata
avrebbe dovuto seguire la direttrice Možajsk-Mosca,
puntando direttamente sulla capitale, la 2ª armata di
fanteria avrebbe continuato a colmare lo spazio tra il
settore nord e quello sud ed infine la 2ª armata corazzata
avrebbe conquistato Tula e Kolomna per isolare la città da
sud. Contemporaneamente, nel comando sovietico,
avvennero significativi cambi di vertici: il 10 ottobre il
generale Georgij Konstantinovič Žukov assunse il comando
del fronte occidentale sovietico in sostituzione del
generale Tymošenko inviato sul fronte sud, come suo
capo di stato maggiore fu nominato il generale Vasilij
Danilovič Sokolovskij e, come capo politico, il futuro
premier dell'Unione Sovietica Nikolaj Aleksandrovič
Bulganin.
Nel settore nord il 13 ed il 14 ottobre furono conquistate
Kaluga e Kalinin dalla 1ª divisione corazzata, comandata
dal generale Walter Krüger, punta avanzata della 3ª
armata corazzata alle dipendenze del generale GeorgHans Reinhardt, mentre a sud, il IV gruppo corazzato
avanzò verso Borodino e Možajsk, scontrandosi per la
prima volta con rinforzi provenienti dalla Siberia,
precisamente con la 32ª divisione di fanteria siberiana,
equipaggiata con tenute invernali di cui i tedeschi non
disponevano, e questa unità fu solo la prima che Stalin
spostò dalla difesa dell'oriente, dopo essere venuto a
conoscenza, informato dalla spia Richard Sorge,
dell'intenzione del Giappone di attaccare gli Stati Uniti e
quindi di essere stato parzialmente sollevato dal timore
dell'apertura di un secondo fronte ad est, ma il 19 ottobre
la 10ª divisione corazzata e la divisione SS Das Reich,
comandata dal brigadeführer Wilhelm Bittrich, si
congiunsero superando la Moscova e lo stesso giorno
cadde Možajsk, distante meno di 100 chilometri dalla
capitale.
Le disposizioni per la difesa di Mosca ed il blocco delle
operazioni: 19 - 29 ottobre
Donne moscovite impegnate nello scavo di fossati
anticarro a difesa della capitale
Linea del fronte il 30 ottobre 1941
L'approssimarsi delle truppe tedesche indusse Stalin a
mettere in atto la strategia per la difesa della città,
mobilitando circa 500.000 persone per approntare una
"cintura" fortificata: furono scavati 8.000 chilometri di
trincee e 100 chilometri di fossati anticarro e furono
piazzati circa 300 chilometri di reticolati ed un grande
numero di sbarramenti di tronchi; il 16 ottobre, per
arginare il panico e per prevenire possibili fenomeni di
ribellione iniziò l'evacuazione del cosiddetto "personale
non idoneo al combattimento": molti commissariati del
popolo e tutto il corpo diplomatico furono trasferiti a
Kujbyšev, la bara contenente le spoglie di Lenin fu rimossa
dal mausoleo sulla Piazza Rossa e trasportata in un luogo
segreto e furono costituite circa 25 divisioni della "milizia
rossa".
Il 19 ottobre Stalin diffuse la notizia che egli sarebbe
rimasto a Mosca ed il giorno seguente venne proclamato
lo stato d'assedio, con l'emanazione di severe disposizioni
in materia di ordine pubblico che prevedevano la pena di
morte per gli atti di sciacallaggio, di mercato nero e di
diserzione, con l'ordine di giustiziare sul posto chi fosse
stato trovato nella flagranza di compiere tali azioni.
Al centro dello schieramento tedesco il 22 ottobre la 3ª
divisione motorizzata, comandata dal generale Kurt Jahn,
riuscì a superare il fiume Nara, il 23 la 19ª divisione
corazzata, comandata dal generale Otto von Knobelsdorff,
conquistò Gorky, il XL corpo corazzato riuscì a farsi strada
oltre la Moscova e, più a sud, la 78ª divisione di fanteria,
comandata dal generale Emil Markgraf, arrivò a ridosso
dell'ultima linea difensiva esterna della capitale,
conquistando, il 27 ottobre, l'importante nodo stradale di
Lokotnja, venendone tuttavia respinta dal contrattacco
sovietico il giorno successivo. A nord il fango impedì ai
reparti corazzati di muoversi ed il 19 ottobre un violento
attacco corazzato della 29ª armata sovietica proveniente
da nord e diretto verso la città di Kalinin, costrinse la 3ª
armata corazzata a ripiegare, lasciando la città ai sovietici,
e fu evitato un possibile sfondamento solo grazie
all'intervento del XLI corpo corazzato, comandato dal
generale Walter Model. A sud la 2ª armata corazzata,
comandata dal generale Heinz Guderian, superata Orël
avanzò in direzione di Tula conquistando Bolchov e il 23 e
il 26 ottobre furono superati i fiumi Susha e Oka, ed
immediatamente dopo caddero Mcensk e Cern; il 29
ottobre i reparti avanzati della 3ª divisione corazzata,
comandata dal generale Hermann Breith, e della 4ª
divisione corazzata si trovavano a soli 4 chilometri dalla
periferia di Tula ma il giorno dopo, a causa della forte
resistenza e della scarsità di uomini e di mezzi a
disposizione, l'attacco dovette essere arrestato e fu
ordinato alle truppe di ripiegare e di schierarsi in posizione
difensiva, in attesa che il gelo consentisse ai mezzi
corazzati di riprendere l'avanzata.
La seconda fase: 17 novembre - 5 dicembre
Il 6 novembre Stalin decise, allo scopo di risollevare il
morale della popolazione, di celebrare il 24º anniversario
della Rivoluzione di ottobre nella stazione Majakovskij
della metropolitana di Mosca e il 7, secondo tradizione,
ebbe luogo sulla Piazza Rossa la grande parata militare, al
termine della quale Stalin arringò i soldati ed i cittadini,
esortandoli alla difesa della patria. Contemporaneamente,
il momentaneo arresto dell'offensiva dette modo all'OKH di
valutare l'opportunità se proseguire l'attacco e, nel caso,
di stimare le forze eventualmente disponibili a compiere
l'impresa: in una riunione tenuta nella città di Orša il
generale Franz Halder prese in esame le opinioni dei
comandanti dei tre gruppi di armate e, a dispetto delle
forti perplessità rilevate, Hitler insistette affinché fosse
portato l'ultimo assalto alla capitale ed il 13 novembre fu
ordinata la ripresa dell'offensiva.
L'attacco verso la capitale riprese ufficialmente il 17
novembre ma i tedeschi nei giorni precedenti avevano
compiuto alcuni attacchi a sud: la 2ª armata corazzata
occupò Maloarchangel'sk, a sud est di Orël, la 10ª
divisione corazzata conquistò il nodo stradale tra Ščëlkovo
e Dorokhovo ed il VII corpo d'armata, comandato dal
generale Wilhelm Fahrmbacher, aveva respinto i sovietici
dalle alture che si ergevano alle spalle della zona,
liberando in questo modo la principale via di rifornimento
del IV gruppo corazzato; questo il giorno prima si era
mosso in direzione di Klin, respingendo un attacco sul
fianco sinistro proveniente dalla 44ª divisione di cavalleria
mongola, allo scopo di aprire un varco tra la rotabile che
univa Kalinin a Mosca, compito affidato al V corpo
d'armata di fanteria, comandato dal generale Richard
Ruoff, alla 2ª divisione corazzata, comandata dal generale
Rudolf Veiel e al LVI Corpo d'Armata motorizzato. Il 23
novembre il V corpo riuscì ad occupare Solnečnogorsk ed
il 25 Peshki, consentendo ai tedeschi di superare il canale
Moscova-Volga, ultimo ostacolo naturale prima della
capitale, e lo stesso giorno reparti della 35ª divisione di
fanteria, comandata dal generale Fischer von Weikersthal,
avanzarono verso Istra e Krasnaja Poljana avvicinandosi
ulteriormente a meno di 30 chilometri da Mosca, e,
unendosi con reparti del LVI corpo, conquistarono la
cittadina di Jachroma, dove si trovava la grande centrale
elettrica che forniva energia alla capitale, subito occupata
da elementi del 25º reggimento corazzato del colonnello
Hasso von Manteuffel.
L'arrivo a Chimki e l'arresto dell'offensiva: 26 novembre 5 dicembre
Il 26 novembre il XLI corpo corazzato si fece strada fino
ad Oseretskoje ed elementi della 26ª divisione di fanteria,
comandata dal generale Walter Weiss, si spinsero fino a
Lobnja, distante solo 17 chilometri da Mosca, la 10ª
divisione corazzata e la 5ª divisione di fanteria, comandata
dal generale Karl Allmendinger, appoggiate da reparti
della divisione SS Das Reich, riuscirono, dopo quattro
giorni di combattimenti, ad occupare Istra ed a formare
teste di ponte oltre il fiume omonimo presso Lopatova ma
il 27 novembre la temperatura scese a 40 gradi sotto zero,
si moltiplicarono i casi di congelamento ed anche le armi
ebbero difficoltà a funzionare. In questo momento i
sovietici contrattaccarono riconquistando Jachroma,
togliendo alla Wehrmacht quello che doveva essere il
trampolino di lancio per l'avanzata da nord verso Mosca.
L'attacco nel settore nord proseguì fino a Tušino e Chimki,
quest'ultima distante solo 8 chilometri dalla periferia di
Mosca e che fu brevemente occupata da reparti della 258ª
divisione di fanteria, comandata dal generale Waldemar
Henrici, prima di essere respinti da un rapido contrattacco
della milizia rossa e del Komsomol.
Identica sorte subì a sud l'avanzata della 2ª armata
corazzata che riuscì, il 30 novembre, ad occupare il
villaggio di Jasnaja Poliana, distante solo 7 chilometri da
Tula, e dove il generale Guderian trasferì il suo quartier
generale in previsione dell'occupazione della città, ma il
successivo attacco, iniziato il 2 dicembre dalla 3ª e 4ª
divisione corazzata, rinforzato da reggimenti della
divisione Großdeutschland comandata dal colonnello
Walther Hoernlein, e dal XLIII corpo d'armata del generale
Wilhelm Stemmermann, dovette essere interrotto il 5
dicembre a causa delle proibitive condizioni atmosferiche,
dello stremo delle truppe e della sempre più strenua
difesa sovietica, le cui forze stavano per passare alla
controffensiva.
Il contrattacco sovietico
La controffensiva sovietica iniziò il 5 dicembre sull'intero
fronte tedesco: il piano d'attacco prevedeva una prima
fase, consistente nell'arretramento del fronte tedesco da
Mosca, con l'azione delle forze del fronte occidentale,
comandato dal generale Žukov, ed una successiva che si
proponeva di accerchiare e distruggere l'intero
Heeresgruppe Mitte, con una manovra a tenaglia che
doveva svilupparsi da nord, con le forze comandate dal
generale Ivan Stepanovič Konev, e da sud con l'avanzata
delle forze del fronte meridionale, comandato dal generale
Tymošenko, che avrebbero dovuto riunirsi alle spalle dello
schieramento tedesco.
L'Armata Rossa lanciò contemporaneamente contro il
fronte tedesco 16 armate più due corpi di cavalleria della
guardia: il saliente di Klin fu attaccato da otto armate,
mentre il settore sud, che andava da Kaluga ad Orel, fu
investito da otto armate e dai due corpi di cavalleria;
preceduti da un intenso fuoco di artiglieria reparti di
sciatori penetrarono attraverso la linea del fronte tedesco
e poco dopo si misero in movimento le colonne corazzate:
la 5ª armata del generale Leonid Aleksandrovič Govorov,
la 16ª armata di Rokossovskij, e la 30ª armata,
comandata dal generale Dmitrij Leljušenko, avanzarono in
direzione di Klin costringendo il generale Reinhardt ad
inviare la 1ª divisione corazzata verso la città, per
permettere il mantenimento dell'unica strada percorribile
dai mezzi corazzati, ed il 9 dicembre la 7ª divisione
corazzata, comandata dal generale Hans Freiherr von
Funck, riuscì a fermare l'attacco sovietico ma la città
venne comunque conquistata, facendo arretrare le truppe
della Wehrmacht di circa 90 chilometri, non riuscendo
tuttavia a conseguire l'obiettivo dell'annientamento del III
gruppo corazzato tedesco.
Nel settore sud l'offensiva sovietica investì il saliente di
Tula per impedire il ripiegamento della 2ª armata
corazzata: la 10ª armata, comandata dal generale Golkov,
e la 50ª armata, comandata dal generale Ivan Boldin,
appoggiate dal I corpo di cavalleria, attaccarono presso
Novomoskovsk, mentre la 33ª armata, comandata dal
generale Efremov, la 43ª armata, comandata dal generale
Sergei Golubev, e la 49ª armata, comandata dal generale
Zakharin, avanzarono in direzione di Kaluga e più a sud la
3ª armata e la 13ª armata, insieme al II corpo di
cavalleria della guardia, comandato dal generale Lev
Dovator, puntarono verso Orel; il generale Guderian, che il
giorno precedente era stato costretto ad interrompere
l'offensiva, dovette ripiegare e l'11 dicembre le unità
tedesche arretrarono sulla linea Don-Upa. Egli il 20
dicembre si recò alla Wolfsschanze per riferire al Führer
sulla precaria situazione del fronte e soprattutto per
ottenere l'autorizzazione ad un ripiegamento sulla linea del
fiume Oka, ma Hitler lo vietò con l'intenzione di evitarne lo
sfaldamento condannando tuttavia i battaglioni che erano
a presidio della linea del fronte.
A nord di Mosca la 9ª armata tedesca stava cercando di
contenere l'avanzata della 22ª armata sovietica,
comandata dal generale V.I. Vostrukhov, che, insieme alla
39ª armata del generale Ivan Maslennikov, aveva
attaccato muovendo in direzione di Kalinin con il compito
di raggiungere rispettivamente Ržev e Vjaz'ma per trovarsi
alle spalle dello schieramento tedesco, ed il 16 dicembre la
città fu occupata; il generale Strauß, analogamente al
generale Wilhelm Schubert, comandante del XXIII corpo
d'armata, chiese il permesso di ripiegare per accorciare il
fronte, ma il feldmaresciallo von Kluge intese rispettare
alla lettera le disposizioni di Hitler e proibì qualunque
ripiegamento. Il 3 gennaio 1942 Mologino fu occupata
dalla 39ª armata sovietica, la quale, invece di dirigersi
verso Ržev, l'aggirò per dirigersi direttamente verso
Vjaz'ma.
Movimenti dell'Armata Rossa nel settore nord dello
schieramento tedesco 7 gennaio - 21 febbraio
Il 6 gennaio 1942 l'11ª armata sovietica, comandata dal
generale V.I. Morosov, attaccò in direzione di Staraja
Russa e nel fronte tedesco si aprì una falla larga circa 120
chilometri che il comandante del LIX corpo d'armata, il
generale Kurt von der Chevallerie, riuscì a chiudere
utilizzando tre divisioni provenienti direttamente dalla
Francia: l'83ª, la 330ª e la 205ª. Le tre unità di rincalzo
riuscirono a bloccare l'avanzata del gruppo di armate
sovietico impedendogli di giungere a Vicebsk ed analoga
sorte subì l'avanzata della 3ª armata che fu bloccata a
Cholm dalla resistenza di un piccolo distaccamento
comandato dal generale Theodor Scherer. Nel settore di
Demjansk il II corpo d'armato tedesco, comandato dal
generale Walter Graf von Brockdorff-Ahlefeldt, resistette
all'avanzata del gruppo d'armate sovietico ma l'8 febbraio
esso venne circondato ed il 22 febbraio Hitler comunicò
che l'unità avrebbe dovuto resistere per impedire ai
sovietici di dilagare alle spalle dello schieramento tedesco,
ed i due capisaldi sarebbero stati riforniti per via aerea
fino alla fine dell'inverno. La contemporanea resistenza dei
due capisaldi permise ai tedeschi di evitare il crollo del
fronte e di tenere impegnate ingenti forze nemiche fino al
sopraggiungere del disgelo che, a causa del fango,
avrebbe bloccato qualunque operazione a largo raggio
dell'Armata Rossa.
Il 16 dicembre il generale Guderian chiamò Hitler per
informarlo che la pressione delle quattro armate sovietiche
nel settore sud rendeva impossibile la resistenza sul posto,
chiedendo l'autorizzazione a creare una linea ad est del
fiume Oka che venne respinta e, dopo il colloquio avuto
personalmente col Führer il 20 dicembre, dove questi
venne informato che il ripiegamento era già iniziato, il 24
dicembre reparti della 50ª armata sovietica superarono
l'Oka a nord di Livny e la 10ª divisione di fanteria,
comandata dal generale Friedrich-Wilhelm von Loeper, fu
sopraffatta a Chern, consentendo lo sfondamento del
fronte; il feldmaresciallo von Kluge, informato degli
avvenimenti, chiese la rimozione dal comando di Guderian
che, il giorno 26, venne immediatamente trasferito alla
riserva degli ufficiali dell'OKH.
Il 15 gennaio il generale Walter Model sostituì il generale
Adolf Strauß al comando della 9ª armata, che doveva
fronteggiare la spaccatura del fronte dove i sovietici
stavano proseguendo l'avanzata verso Vjaz'ma, lasciando
sul loro fianco sinistro la città di Ržev; egli decise di
contrattaccare il nemico nella zona di Sicevka, sia per
bloccare l'avanzata che per ristabilire il fronte che stava
correndo il rischio di sfaldarsi: la 1ª divisione corazzata
venne inviata sul posto il 21 gennaio e subito dopo le
venne affiancata la divisione corazzata "Das Reich",
comandata
dall'SS-Obergruppenführer
Matthias
Kleinheisterkamp. Il 22 gennaio le forze tedesche
contrattaccarono in direzione di Ossuiskoje, mentre la
256ª divisione, comandata dal generale Gerhard
Kauffmann, insieme alla 206ª divisione, attaccarono ad
ovest di Ržev, con l'intento di intrappolare le nove divisioni
della 29ª e della 39ª armata sovietica che erano penetrate
in profondità nel fronte tedesco.
Il 23 gennaio le punte delle forze avanzanti si
congiunsero, dando la possibilità al XXIII corpo d'armata
di riunirsi con la 9ª armata e l'intervento della 5ª divisione
corazzata bloccò il contrattacco sovietico; il 4 febbraio,
l'86ª divisione di fanteria tedesca riuscì a riconquistare
Ossuiskoje, e, il 6 febbraio, si unì con i primi reparti della
1ª divisione corazzata presso Certolino, chiudendo
definitivamente la tenaglia il 18 febbraio; l'azione difensiva
di Model era riuscita nel duplice obiettivo di fermare
l'avanzata della 29ª e la 39ª armata sovietica e di
ristabilire la linea del fronte, evitando il pericolo di un
ricongiungimento delle forze sovietiche a Vjaz'ma, alle
spalle dello schieramento tedesco.
Nel settore sud la 4ª armata di fanteria tedesca,
comandata del generale Ludwig Kübler, era esposta al
pericolo di una falla nel fronte tra Kaluga e Belëv; la 10ª
armata sovietica aveva accerchiato a Suhinichi la 216ª
divisione di fanteria, comandata dal generale Werner von
Gilsa, e, il 7 gennaio, il generale Schmidt diede ordine alla
18ª divisione corazzata, alla 4ª divisione corazzata,
comandata dal generale Heinrich Eberbach, ed alla 208ª
divisione di fanteria, comandata dal generale Hans-Karl
von Scheele, di avanzare lungo la linea del fiume Oka allo
scopo di colmare lo spazio tra Suhinichi ed Orel, ristabilire
il fronte e respingere la 10ª armata sovietica. Il 17
gennaio le tre unità giunsero in linea e, il giorno 24,
presero contatto con le unità periferiche della 216ª
divisione e la città fu evacuata ma, nello stesso tempo, la
linea del fronte fu ristabilita e, anche nel settore sud, il
pericolo dell'accerchiamento dell'Heeresgruppe Mitte fu
scongiurato.