giustizia, no elemosina
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GIUSTIZIA, NO ELEMOSINA Documento della Campagna Internazionale sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio “I POVERI NON POSSONO ASPETTARE” promossa da in collaborazione con insieme a Apg23 Il presente documento è stato realizzato dalla CIDSE (rete delle principali organizzazioni cattoliche di sviluppo dell’Europa e del Nord America), con il contributo di Volontari nel mondo - FOCSIV in qualità di membro italiano. La CIDSE nelle sue attività collabora con la CARITAS INTERNATIONALIS. Campagna Internazionale sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio “I poveri non possono aspettare” c/o Volontari nel mondo – FOCSIV Via S. Francesco di Sales, 18 00165 ROMA Tel. 06-6877796 Fax 06-6872373 E-mail [email protected] Sito della Campagna: www.focsiv.it INDICE Premessa Finanziamenti e Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals - MDGs) Il mercato internazionale Conclusione 3 4 5 6 Introduzione 7 Obiettivo 8: Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo 8 Un modello di finanziamento per gli MDGs: aiuti e riduzione del debito Che cosa bisogna fare per raggiungere gli MDGs Fonti di finanziamento per gli MDGs Ripensare la riduzione del debito Un modello di finanziamento per gli MDGs: la giusta combinazione La necessità di risorse addizionali e stabili 11 12 13 15 18 20 Le - 21 22 23 25 28 ragioni per un commercio più equo Agricoltura, riduzione della povertà e MDGs Politiche agricole e commercio locale Politiche commerciali internazionali L’Africa e il commercio iniquo Conclusioni 31 Lista delle organizzazioni membri della CIDSE 32 Box 1. Gli MDGs: un passo nella direzione giusta 2. La sfida dello sviluppo in un’epoca di povertà e AIDS 3. Assistenza e povertà 4. Il ruolo della donna nell’agricoltura 5. L’agricoltura in Africa Occidentale 6. Un caso: l’impatto dei sussidi 7. Trattative commerciali bilaterali Unione Europea – Africa 7 11 14 22 25 28 30 Tabelle 1. Raggiungere gli MDGs: stima annuale per l’assistenza allo sviluppo 2. Flussi netti dai paesi del G7 e dalle istituzioni multilaterali verso l’Africa subsahariana, 2002 (Nigeria esclusa) 3. Assistenza bilaterale allo sviluppo settore per settore 12 14 21 1 2 PREMESSA Quando i paesi del G8 e altri donatori si assumono impegni riguardo agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals, MDGs), senza fornire le risorse o formulare riforme e strategie politiche per raggiungerli, si espongono all’accusa di grave cinismo politico a spese dei poveri del mondo. Molti paesi poveri non realizzeranno gli Obiettivi. Il 2005 rappresenta l’ultima buona occasione per il mondo ricco di mantenere gli impegni e ridurre la povertà a livello internazionale, collaborando al raggiungimento degli MDGs. Il presente rapporto espone dettagliatamente una serie di consigli ed esortazioni per un cambio radicale nella politica di aiuto a favore dei paesi in via di sviluppo. Gli MDGs prevedono il dimezzamento del numero di persone che vivono in fame e povertà, il raggiungimento dell’educazione primaria universale e la riduzione di due terzi della mortalità infantile entro il 2015. La realizzazione di questi obiettivi dipende da fattori politico-economici complessi che coinvolgono sia le nazioni ricche che quelle in via di sviluppo. Una cosa comunque è certa: senza cambiamenti radicali nelle politiche di finanziamento allo sviluppo e nelle politiche commerciali, gli MDGs rimarranno solo un sogno. Il compito di produrre tali cambiamenti spetta inequivocabilmente ai governi donatori. La semplice crescita delle opportunità di commercio per i paesi poveri lascerà molte persone escluse dai mercati locali e internazionali, senza essere in grado di approfittare di nessuna riforma. Allo stesso modo, aumentare il volume del finanziamento allo sviluppo senza indirizzare la qualità dell’aiuto o riformare il mercato, lascerà i PVS (Paesi in Via di Sviluppo), e l’Africa in particolare, esposti ai tracolli economici e allo scoppio di un’altra crisi del debito. In breve, questo documento afferma che, da soli, né l’aumento dell’assistenza né un mercato più equo possono funzionare. Entrambi sono necessari per massimizzare la riduzione della povertà e renderla sostenibile in quanto offrono ai paesi poveri la possibilità di sfruttare finanziamenti addizionali per sviluppare la loro economia interna. La disuguaglianza di potere economico e politico è una realtà nelle relazioni tra paesi ricchi e paesi poveri e compromette la qualità dell’assistenza e della politica a favore dei poveri, riducendo ulteriormente le prospettive di raggiungimento degli MDGs. La CIDSE1 è convinta che i donatori debbano affrontare questo problema impegnandosi a sviluppare un partenariato autentico2. 1 La CIDSE – Cooperazione Internazionale per lo Sviluppo e la Solidarietà- è una rete che riunisce 15 organizzazioni cattoliche di sviluppo europee e nordamericane e collabora nelle sue attività con CARITAS INTERNATIONALIS. Ispirandosi ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa, CIDSE e CARITAS INTERNATIONALIS sono impegnate nello sradicamento della povertà e nella promozione dello sviluppo umano. 2 La questione è analizzata più dettagliatamente nel documento della CIDSE More than a Numbers Game? in preparazione per il Summit del Millenium delle Nazioni Unite. 3 Finanziamenti e Obiettivi di Sviluppo del Millennio L’aumento del finanziamento per lo sviluppo è un elemento chiave per permettere ai paesi poveri di raggiungere gli MDGs. Le stime globali possono variare, ma tutto suggerisce che per raggiungere gli obiettivi è necessario più del doppio degli attuali stanziamenti. A dieci anni dalla scadenza prevista nel 2015, la comunità dei donatori non è stata in grado di identificare e concordare la provenienza delle risorse addizionali. Alcuni Stati membri dell’Unione Europea intendono portare l’aiuto bilaterale dell’UE ad almeno lo 0,33 % del Prodotto Nazionale Lordo entro il 2006, ma la maggior parte dei paesi è molto lontana da questo traguardo, anche se minimo. Le proposte per creare risorse di finanziamento addizionali attraverso l’introduzione di un sistema di tassazione globale, come la Tassa sulle Transazioni Finanziarie, sono state accolte freddamente. I donatori devono ancora trovare un accordo sul tipo di politiche che un governo destinatario dei finanziamenti dovrebbe adottare per dimostrare l’impegno “alla riduzione della povertà, al buon governo e alla riforma economica”. Sei anni fa, il Summit del G7 a Colonia ha promesso ai paesi poveri altamente indebitati (Heavily Indebted Poor Countries, HIPC) una riduzione del debito di 100 miliardi di dollari, così da rendere sostenibile il pagamento del debito restante. Fino ad ora, è pervenuto meno di un terzo della somma promessa e secondo la Banca Mondiale, l’Iniziativa HIPC si sta dimostrando un fallimento nella maggior parte dei paesi debitori. Il presente rapporto disegna un nuovo modello praticabile per l’incremento delle risorse finanziare necessarie a realizzare gli MDGs. Il loro raggiungimento si può ottenere per mezzo dell’assistenza e della riduzione del debito. Bisogna dare la priorità allo spostamento delle risorse finanziare attraverso la cancellazione del debito, perché in questo modo si rafforza nei PVS la proprietà dei flussi e la loro prevedibilità a lungo termine –entrambi condizioni necessarie per il successo delle relazioni donatore-ricevente. I livelli dell’assistenza devono essere aumentati massicciamente. Se si vuole mettere in grado i paesi dell’Africa subsahariana di raggiungere gli MDGs, bisogna raddoppiare il flusso di aiuti da parte dei paesi donatori (Overseas Development Assistance, ODA) e portarli a 40 miliardi di dollari l’anno. Affinché i risultati durino nel tempo, è necessario un cambiamento radicale nella relazione donatore-ricevente. C’è bisogno di un nuovo e più equilibrato modello nella gestione dell’assistenza allo sviluppo –un modello che sia sostenuto da principi più equi di partenariato tra i paesi donatori e l’Africa. Gli impegni devono essere reciproci. Sia i governi dei Paesi in via di sviluppo sia i paesi donatori sono tenuti a rendere conto della loro politica per garantire il mantenimento delle promesse. Nel 2002, i paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) hanno dichiarato di voler colmare le lacune finanziare che separano quei paesi “seriamente impegnati nella riduzione della povertà , nel buon governo e nelle riforme economiche” dal raggiungimento degli MDGs. A tre anni di distanza la promessa non è stata ancora mantenuta e sembra sempre più illusoria. 4 Il mercato internazionale Le attuali regole di mercato non hanno giovato all’Africa. Studi della Banca Mondiale e del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) dimostrano che i negoziati commerciali dell’Uruguay Round con il loro disequilibrio di poteri, la loro agenda distorta e la loro scarsa attenzione ai risultati dello sviluppo, hanno in realtà danneggiato l’Africa3. Nel 2001, la comunità internazionale ha lanciato un nuovo round negoziale per lo sviluppo a Doha (Doha Development Round). Fino ad ora, questi negoziati sono avanzati a passo di lumaca. Le nazioni commercialmente più ricche si sono dimostrate riluttanti ad appoggiare cambiamenti che potrebbero far funzionare il mercato a favore dello sviluppo dell’Africa. Ciò è evidente nel massiccio sostegno e protezione dei Paesi ricchi alla propria agricoltura. Nonostante il già alto livello dei sussidi all’agricoltura nelle trattative commerciali, i paesi ricchi hanno usato ogni espediente durante i negoziati per mantenerli, piuttosto che impegnarsi a mettere fine al dumping dei propri prodotti nei mercati dei paesi poveri. Tuttavia, la riforma dei sussidi all’agricoltura è solo uno degli elementi nei cambiamenti delle relazioni commerciali che permetterebbe all’Africa di introdurre strategie vincenti di riduzione della povertà. L’agricoltura è il settore con il maggior potenziale per la riduzione della povertà e con le maggiori possibilità di una crescita economica sostenibile, ma è sistematicamente compromesso da politiche commerciali che ignorano gli interessi dei produttori più poveri e più vulnerabili. La continua promozione della liberalizzazione del mercato in Africa da parte del primo mondo è andata di pari passo con il declino dei flussi dell’assistenza e con politiche di aiuto sempre più restrittive. Ciò ha danneggiato gravemente la vitalità del settore agricolo e messo a repentaglio l’esistenza stessa delle persone più povere nella maggior parte dei Paesi dell’Africa. L’Africa è seriamente compromessa nella sua capacità di commercio da gravi carenze, come infrastrutture spaventosamente inadeguate e modelli di scambio che immobilizzano la regione nella trappola di un commercio di beni che li impoverisce. I donatori tendono a porre come priorità la spesa sulla salute e sull’educazione, trascurando uno sviluppo rurale coerente. Se i negoziati di Doha intendono consentire ai paesi in via di sviluppo di vincere le sfide alla povertà poste dagli MDGs, allora lo sviluppo deve essere al centro delle trattative commerciali. Tuttavia fino ad ora si è assistito solo ad serie eterogenea di piccole concessioni e periodi di adeguamento nell’ambito di un progetto di liberalizzazione considerato applicabile a ogni situazione. Nei casi peggiori, come al solito, lo sviluppo è 3 Secondo uno studio della Banca Mondiale, l’impoverimento dell’Africa Sub-Sahariana è stato un risultato degli effetti dei negoziati commerciali generati dall’Uruguay Round. Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) valuta che, nell’ambito del WTO dal 1995 al 2004, i 48 paesi meno sviluppati sono più poveri di 600 milioni di dollari l’anno; l’Africa Subsahariana risulta da sola impoverita di 1,2 miliardi di dollari. 5 servito come vuoto slogan per mascherare mercantilismi affaristici. È un’illusione pensare che l’estrema povertà nei paesi in via di sviluppo possa essere dimezzata entro il 2015 senza che i paesi ricchi cambino la loro visione del mercato e dello sviluppo. Conclusioni I costi per effettuare i cambiamenti richiesti nell’assistenza e nella politica commerciale sono sostenibili. Ciò che manca è la volontà politica. L’ammontare degli aiuti all’Africa equivale alla somma che la popolazione europea e statunitense spende ogni anno per i propri animali domestici. Le condizioni di mercato imposte dal mondo ricco intrappolano l’Africa mentre l’entità degli aiuti rimane troppo bassa e si afferma progressivamente una forma di investimento che ignora la capacità produttiva della regione subsahariana. Dal punto di vista etico, non si può tollerare questa situazione. Dal punto di vista economico, i costi generali che il mondo ricco dovrebbe affrontare per apportare i cambiamenti necessari sono relativamente bassi. È una scelta politica. Se il mondo ricco vuole porsi come leader internazionale, deve accettarne tutte le responsabilità. È compito nostro, come Primo Mondo, fornire alle comunità più povere i mezzi per uscire dalla situazione di miseria. Questa è la decisione che dobbiamo affrontare nell’anno 2005. 6 INTRODUZIONE Al Vertice del Millennio, i capi di tutti i governi del mondo decisero di raggiungere i cosiddetti Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals, MDGs) e, con particolare attenzione all’Africa, promisero di “prendere provvedimenti speciali per affrontare la sfida dello sradicamento della povertà e dello sviluppo sostenibile in Africa, inclusi la cancellazione del debito, il miglioramento dell’accesso ai mercati e l’incremento degli aiuti”4. Stando alle attuali tendenze, gli MDGs non saranno raggiunti. L’Africa subsahariana in particolare è rimasta indietro e, a meno di un cambiamento radicale da parte delle nazioni ricche nella loro politica sul compimento degli impegni internazionali, la maggior parte degli obiettivi di sviluppo non ha nessuna possibilità di realizzazione5. Il presente documento denuncia come inaccettabile il ritardo delle istituzioni e dei governi più ricchi del mondo nel riformare la propria politica, tenendo conto degli obiettivi di sviluppo umano contenuti negli MDGs6. Si espongono qui alcune azioni pratiche da intraprendere nelle aree del finanziamento allo sviluppo e del mercato. Azioni necessarie, se davvero si devono prendere sul serio gli impegni dei governi più ricchi riguardo al raggiungimento degli MDGs7. Nella prima sezione si espone la richiesta di un nuovo partenariato per lo sviluppo tra l’Africa e la comunità internazionale dei donatori. Nella seconda sezione si espone il progetto di finanziamento addizionale allo sviluppo necessario e si propone un modello di finanziamento -cosa che al momento manca nei piani internazionali di donazione. Nella terza sezione si espone una serie di riforme di mercato, necessarie se si vuole che la riduzione della povertà in Africa sia estesa e sostenibile. Box 1. GLI MDGs: un passo nella direzione giusta8 Gli MDGs rappresentano un’importante serie di impegni che sono serviti a riportare la lotta alla povertà e all’ingiustizia nell’agenda internazionale. Sono impegni globali, misurabili, diretti e, cosa più importante, richiedono una partnership globale. Sotto questo aspetto, sono stati accolti calorosamente dalla società civile. Tuttavia gli MDGs possono presentare anche dei lati negativi, che devono essere tenuti in considerazione quando si pianificano gli interventi. In qualità di rete delle agenzie cattoliche, la CIDSE ritiene che questi obiettivi non siano abbastanza ambiziosi –il nostro scopo è quello di eliminare la povertà e raggiungere la giustizia sociale. Se interpretati alla lettera, gli MDGs possono portare con sé una serie di problemi: il radicamento di approcci dall’alto che perseguono obiettivi globali piuttosto che le priorità nazionali; l’enfasi sulla rapidità piuttosto che sulla qualità; l’incapacità di distinguere tra pratiche di governo buone e cattive9. La CIDSE insiste sul fatto che i donatori riconoscano che, nell’affrontare gli MDGs, il procedimento è più importante dell’obiettivo stesso. La semplice ricerca della realizzazione dell’obiettivo comprometterebbe la lezione di partecipazione e responsabilità, che è difficile da misurare ma essenziale per lo sviluppo. 4 Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite–2000 - http://www.un.org/millennium/declaration/ares552e.htm UN-MDG Progress Report 6 Questo documento si concentra sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo nell’Africa sub-sahariana per la povertà estrema e persistente che caratterizza questo continente. Inoltre l’Africa sarà la priorità discussa al G8 di Scozia nel luglio 2005. Tuttavia per la CIDSE le tematiche trattate e le strategia politiche sono applicabili ugualmente ai paesi a basso reddito al di fuori dell’Africa come ad alcuni paesi a medio reddito. 7 Altre proposte sulle riforme governative e sulla localizzazione delle risorse sono contenute nel documento della CIDSE More than a Numbers Game? The MDGs and the root causes of poverty. in preparazione del Summit del Millennio delle Nazioni unite 8 Dati dello Human Development Report 2003 (UNDP, 2003). 9 L’obiettivo n. 1, ad esempio, non fa differenza tra un regime totalitario che “dimezza la povertà” su basi etniche o un governo che permette ai poveri di partecipare attivamente alle politiche finanziare. Allo stesso modo, politiche controverse possono essere adottate in nome degli MDGs senza considerare gli impatti a lungo termine o la distribuzione dei beni. 5 7 L’obiettivo 8: Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo “Il partenariato per lo sviluppo è una relazione in cui entriamo volontariamente, con agenzie a noi affini nel sud del mondo, basata su una visione condivisa della società umana caratterizzata dalla giustizia alla luce della quale assumiamo u impegno reciproco da condividere” Definizione di “partenariato” della CIDSE Nonostante l’impegno che i paesi donatori dichiarano a favore dello sviluppo del partenariato con i governi destinatari, la realtà fa pensare che i donatori in generale non capiscano cosa significhi lavorare in partnership. I donatori di norma continuano a destinare finanziamenti a progetti e programmi e ad imporre condizioni dettagliate e controlli istituzionali. Ciò compromette la responsabilità dei governi destinatari agli occhi dei loro cittadini e dei rappresentanti della società civile. Gli aiuti condizionati indeboliscono le motivazioni dei governi destinatari a essere trasparenti e responsabili e pregiudica la capacità di far pervenire le risorse pubbliche ai beneficiari designati, i poveri. I donatori dovrebbero prestare attenzione alle numerose ed autorevoli prove che dimostrano che le condizionalità imposte dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) non sono state in grado di produrre risultati a favore dei poveri o di rendere possibile le riforme auspicate dai donatori10. In continui comunicati, il G8, il gruppo degli otto paesi più ricchi del mondo, ribadisce gli impegni dei donatori a migliorare il coordinamento degli aiuti e ad armonizzare le politiche di assistenza. Ma al di fuori della comunità ufficiale dei donatori, il progresso rimane incresciosamente inadeguato. Alcune stime dimostrano che i governi destinatari impiegano metà del loro tempo in attività correlate alle donazioni piuttosto che nel miglioramento dell’amministrazione pubblica11. C’è bisogno di un nuovo tipo di relazione tra donatore e paese ricevente negli ambiti dell’assistenza, del commercio e del debito, basata sul riconoscimento di un ruolo maggiore delle nazioni e delle popolazioni più povere nelle decisioni chiave che incidono sulle loro vite e sulle loro economie. Consideriamo opinabile l’affermazione secondo cui il successo dello sviluppo in Africa – cioè, il raggiungimento di una situazione in cui i governi destinatari e le istituzioni lavorano per il progressivo sviluppo umano – deriverebbe dagli approcci scontatamente paternalistici e interessati dei donatori, approcci che hanno in gran parte caratterizzato le relazioni donatori-destinatari. I donatori farebbero bene a fare tesoro della concezione di partenariato sviluppata dalle organizzazioni non governative (ONG). Alcune ONG hanno 10 IEO Evaluation of Poverty Reduction Strategy Papers (PRSPs) and the Poverty Reduction and Growth Facility (PRGFs) luglio 2004; IEO Evaluation of “The Prolonged Use of Fund Resources” 2002; External Evaluation of the ESAF 1998. 11 Banca Mondiale, Can Africa Claim the 21st Century? (World Bank, 2000) p.45. 8 imparato che una più vasta partecipazione da parte delle comunità più povere e degli altri destinatari è fondamentale per raggiungere uno sviluppo sostenibile. Come rete delle agenzie cattoliche per lo sviluppo, la CIDSE è convinta che si debbano adottare i seguenti principi12 e le seguenti misure pratiche per fare in modo che la comunità globale riesca a costruire un genuino partenariato per lo sviluppo e a realizzare gli MDGs: • I partenariati per lo sviluppo funzionano meglio quando sono basati sul principio di mutua obbligazione. La Dichiarazione del Millennio implica una serie di obblighi per i donatori e i destinatari basati su obiettivi comuni. Oggi esistono pochi, se non nessuno strumento per ricordare ai donatori la responsabilità di adempiere ai loro impegni nei confronti dei governi destinatari (esclusi i parlamentari, le organizzazioni della società civile o le camere di commercio). Le politiche di donazione condizionata e basata sulla gerarchia delle nazioni sono incostanti e troppo spesso soggette a cambi capricciosi nelle priorità strategiche. Raccomandazione ai donatori: Un più autentico partenariato per lo sviluppo richiede che gli strumenti politici e di finanziamento, come le condizioni per l’assistenza finanziaria o le agevolazioni dell’FMI per la riduzione della povertà (Poverty Reduction and Growth Facility), siano il prodotto di un dialogo e che emergano da processi locali; che siano complementari agli obiettivi di riduzione della povertà fissati dai governi destinatari in collaborazione con gli organi legislativi, con il settore privato, con le organizzazioni della società civile e con gli organismi religiosi. Attualmente, i donatori impongono sanzioni troppo spesso sotto forma di sospensione degli aiuti. La CIDSE crede che le sanzioni debbano essere reciproche, condivise e prevedibili. In altre parole, il mancato adempimento degli impegni da parte dei donatori dovrebbe essere a sua volta soggetto a sanzioni. • Il partenariato per lo sviluppo destinato ad aiutare le comunità più povere deve essere progettato sulla base del principio di sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà afferma che le politiche di sviluppo hanno più successo quando sono formulate e riconosciute dalla realtà in cui saranno messe in atto. La sussidiarietà richiede che gli interessi dei poveri e degli emarginati siano elementi centrali nel processo di formulazione delle politiche di intervento. È più facile che la relazione donatore-ricevente funzioni meglio quando il dialogo supera il paternalismo che caratterizza eccessivamente le interazioni dei donatori con i governi destinatari. Bisogna garantire la partecipazione di gruppi più vasti nel paese interessato, nel quadro di processi di pianificazione ciclici, aperti e partecipativi. La relazione di assistenza deve essere fra paesi e non solo fra rappresentanti ufficiali. 12 Tools For Developmental Partnership Report nel forum CIDSE sul Partenariato – http://www.cidse.org/docs/200411101509396708.pdf 9 Raccomandazione ai donatori: Le decisioni sulle direttive della relazione di assistenza devono essere prese in forum e tavole rotonde più ampie, coinvolgendo i donatori, i governi, la società civile, il settore privato e i rappresentanti parlamentari. • Il coinvolgimento di molteplici attori locali nelle responsabilità del processo di formulazione delle politiche di assistenza richiede trasparenza e informazione. Oggi le negoziazioni fra governi donatori e destinatari sono riservate ed esclusive. Decisioni con conseguenze di vasta portata sono spesso prese senza che i parlamentari o altri effettivi rappresentanti delle popolazioni povere ne vengano a conoscenza. Come primo passo, i donatori di aiuti bilaterali devono rendere pubbliche e diffondere le informazioni sul finanziamento allo sviluppo, sulla politica di assistenza e su programmi bilaterali13. Raccomandazione ai donatori: Nello sviluppo di dinamiche responsabili di credito e debito, i donatori hanno il compito di rendere pubblici gli accordi di prestito nuovi o già esistenti. I donatori dovrebbero rendere pubblica una lista di opzioni di finanziamento per lo sviluppo. 13 Per esempio, il Jubilee Zambia ha richiesto che il processo di contrazione del debito sia soggetto a meccanismi di supervisione costituzionale, includendo rappresentanti della società civile, settore privato, organi governativi e parlamentari, a salvaguardia da prestiti e interessi irresponsabili. 10 UN MODELLO DI FINANZIAMENTO PER GLI MDGs: AIUTI E RIDUZIONE DEL DEBITO Il problema dell’attuale sistema di assistenza è che le molte priorità e le molte promesse dei donatori devono fare i conti con la scarsa disponibilità di denaro. Al summit del G8 tenutosi a Kananaskis in Canada nel 2002, i donatori hanno preso con l’Africa un importante impegno: “A nessuna nazione sinceramente impegnata a ridurre la povertà, a rafforzare il buon governo e le riforme economiche sarà negata la possibilità di realizzare gli Obiettivi del Millennio per mancanza di finanziamento” [Piano d’Azione per l’Africa del G8]. A tre anni di distanza, quella promessa non è stata ancora mantenuta e appare sempre più vana. Ad oggi i donatori non hanno ancora individuato le fonti dei finanziamenti o la loro forma, né hanno stabilito i criteri per giudicare se una nazione è “sinceramente impegnata a ridurre la povertà, a rafforzare il buon governo e le riforme economiche”. I donatori devono formulare urgentemente una strategia di finanziamento degli MDGs che identifichi i termini per la concessione e la provenienza dei fondi addizionali per lo sviluppo. Questa sezione suggerisce alcuni elementi da tenere in considerazione nella proposta di ogni nuovo modello di finanziamento degli MDGs. Ma prima bisogna definire la grandezza della sfida che la ricerca di fondi per gli MDGs deve affrontare. Box 2. La sfida dello sviluppo in un’epoca di povertà e AIDS In Zambia il governo ha recentemente abolito la tassa di iscrizione alle scuole elementari. Gli alunni sono spesso più di 100 per classe. La difficoltà a reclutare e formare nuovi insegnanti è aumentata a causa della diffusione dell’HIV/AIDS. In alcune aree, il governo dovrà incrementare il numero degli insegnanti del 25% solo per rimpiazzare quelli morti o che stanno per morire a causa di tale malattia. Joshua Daka, preside della Scuola elementare “Mbozi” di Chinata, Zambia: “Ci sono molti alunni orfani nella nostra scuola. Più di 90 hanno perso uno o entrambi i genitori. Le cose stanno peggiorando. Questo incide sull’istruzione perché i bambini non hanno i soldi per i vestiti e non sono nutriti a sufficienza. Hanno difficoltà a concentrarsi. Se non possono essere mantenute in casa, molte ragazze si sposano per avere un aiuto dal marito”. La paga mensile di un insegnante di scuola elementare in Zambia non copre le spese per l’alimentazione di una famiglia di medie dimensioni14. 14 Il Centro Gesuita per la Riflessione Teologica, partner di CAFOD, produce mensilmente un “indice del costo della vita” che indica l’abbassamento dei salari di molti lavoratori del settore pubblico, ben al di sotto del costo del “paniere di beni alimentari”. Vedi http://www.jctr.org.zm 11 Che cosa bisogna fare per raggiungere gli MDGs Il fattore politico-sociale è considerato decisivo nel sostenere le condizioni locali necessarie al raggiungimento degli MDGs, così come assolutamente centrale è la necessità di un finanziamento addizionale. Il rapporto sul “Millennium Development Goal Needs Assessment” del Progetto per il Millennio stima che i tre paesi africani presi in esame (Uganda, Tanzania e Ghana) avranno bisogno di circa 50 dollari a persona di assistenza addizionali all’anno per raggiungere gli MDGs. Estrapolando questa media (e tenendo conto delle previsioni di crescita della popolazione) la CIDSE stima che l’Africa subsahariana avrà bisogno di più di 40 miliardi di dollari di assistenza estera all’anno, cioè più del doppio dei 18 miliardi stanziati nel 2002. Le stime della CIDSE trovano riscontro nei dati (38 miliardi di dollari) riportati nel Global Poverty Report 2002 della Banca Africana per lo Sviluppo e nella valutazione preliminare per difetto riportata nella bozza del “Global Plan to Achieve the Millennium Development Goals” del Progetto per il Millennio (41-78 miliardi di dollari). Questa stima è ampiamente corroborata dall’analisi casistica della CAFOD, agenzia membro della CIDSE, effettuata sulla base di varie fonti15 (vedi tabella 1). Raccomandazione ai donatori: Per rendere possibile all’Africa subsahariana il raggiungimento degli MDGs, le nazioni più ricche del mondo devono aumentare l’aiuto finanziario ai programmi di riduzione della povertà dei governi della regione di almeno 40 miliardi di dollari all’anno. Tabella 1. Raggiungere gli MDGs: Stima annuale per l’assistenza allo sviluppo 15 Fonti: IDS-DAC on-line database (for current aid flows), Millennium Development Goals Needs Assessment (Millennium Project, 2004). Per i bisogni di assistenza dell’Etioia: Supporting Sound Policies with Adequate and Appropriate Financing (World Bank, 2003). 12 Aumentare i flussi ufficiali di aiuti è l’unico modo realistico per provvedere al finanziamento addizionale necessario per raggiungere gli MDGs in Africa. Secondo le stime del Development Assistance Commitee (DAC) dell’OCSE, al momento l’intero pacchetto di aiuti per l’Africa subsahariana –inclusi sovvenzioni e nuovi prestiti- ammonta a 18 miliardi di dollari all’anno16, cioè poco più di quanto la popolazione europea e statunitense spende per i propri animali domestici ogni anno. Il totale delle sovvenzioni erogate ai governi africani ogni anno è di poco superiore agli 11 miliardi di dollari17, circa la stessa cifra spesa da europei e statunitensi per le vacanze in crociera 18. Fonti di finanziamento per gli MDGs Prima di proporre i progetti di riforma dell’assistenza e delle politiche sul debito necessari per raggiungere gli MDGs, è importante identificare le fonti di finanziamento e il loro ruolo. Le fonti di finanziamento su cui i paesi a basso reddito possono realisticamente contare sono limitate ai settori privati di investimento locali e internazionali, alle rimesse, al commercio e ai flussi di capitali sotto forma di aiuti e riduzione del debito. Molte di queste fonti sono vincolate alla crescita economica in Africa e nel mondo. La sfida consiste nel combinare le diverse risorse di finanziamento in maniera da rendere gli MDGs raggiungibili. Mentre i flussi del settore privato devono costituire una parte importante delle risorse, nei paesi a basso reddito sono i flussi dalle fonti ufficiali –cioè aiuti, sovvenzioni, cancellazione del debito e nuovi prestiti – a rappresentare la maggior quota di capitali19. È perciò importante non solo esaminare l’ammontare dei flussi di capitali ufficiali, ma anche la loro efficacia come strumenti di sviluppo. Se la comunità dei donatori è seriamente intenzionata a raggiungere gli MDGs, la questione non sarà solo di assicurare un finanziamento sufficiente, ma anche di fare in modo che gli strumenti di finanziamento siano sufficientemente prevedibili e flessibili per rispondere ai bisogni dei paesi a basso reddito. Al momento, i flussi di aiuti non sono prevedibili e sono quattro volte più instabili del reddito derivato dalle entrate locali20. 16 Fonte: IDS-DAC Ibidem Cifre della spesa per il cibo animali domestici (17 miliardi di dollari) e crociere (11 miliardi di dollari) da State of the World 2004 – Special Focus: The Consumer Society (Worldwatch Institute). 19 UNDP, Human Development Report 2003 (UNDP, 2003) p.293. Nel 2001, i flussi di aiuto a tutti I LDC ammontavano ad una media del 7,5% del GDP, comparati alla media del flusso di investimento diretto, pari al 2,2% del GDP. Dove le cifre sono disponibili, esse mostrano una media del deflusso di altri flussi privati dello 0,5% del GDP. 20 Bulir, Ales e A. Javier Hamann, Aid Volatility: An Empirical Assessment (IMF Staff Papers, Vol 50 No. 1 IMF 2003). 17 18 13 Box 3. Assistenza e povertà “C’è una grande attenzione da parte dei donatori alle consulenze, alla pianificazione dei programmi, alle missioni, agli studi; ma non alla loro applicazione. La maggior parte del denaro ritorna al donatore attraverso queste attività, condotte dal donatore stesso. A volte si assiste a un inutile sdoppiamento della ricerca: quando un donatore fa uno studio è seguito dalla Banca Mondiale che, per mezzo di un consulente, analizza la stessa questione” Donatore ufficiale anonimo alla CAFOD, membro della CIDSE, in Mozambico, 2004 Come mostra la tabella 2, la cifra netta di aiuti che arriva nei budget dei governi destinatari è minore della metà della somma di aiuti ufficiali all’Africa. In più, quasi un quarto di tutti i flussi ufficiali lordi ritornano al mittente sotto forma di risarcimento del debito, limitando pesantemente la capacità dei paesi a basso reddito di sviluppare e perseguire le proprie priorità di sviluppo. I governi africani spendono le entrate derivate dalle tasse, su cui hanno il completo controllo, per l’assistenza allo sviluppo che è spesso vincolata alle priorità dei donatori. Raccomandazione ai donatori: Il miglioramento dell’efficacia degli aiuti pone due sfide: • I donatori si devono impegnare a rispettare un calendario che assicuri la stabilità e la prevedibilità dei finanziamenti e che sia adattabile alle politiche di riduzione della povertà del paese ricevente. • I propositi e i termini di nuovi aiuti devono essere resi pubblicamente disponibili a tutti i possibili attori nei paesi destinatari. Tabella n°2 Flussi netti dai paesi del G7 e dalle istituzioni multilaterali verso l’Africa subsahariana, 2002 (Nigeria esclusa) 14 RIPENSARE LA RIDUZIONE DEL DEBITO Anche riguardo al debito i paesi più ricchi del mondo non hanno mantenuto le promesse verso i PVS. Al G7 di Colonia del 1999, i capi dei governi delle sette nazioni più ricche del mondo hanno promesso una riduzione del debito pari a 100 miliardi di dollari. Ad oggi, solo 31 miliardi sono stati tagliati. La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno promesso che nei successivi incontri si sarebbe provveduto a ridurre il debito in modo da rimuovere il peso di debiti insostenibili dalle economie dei Paesi Poveri Altamente Indebitati (HIPC). Qualsiasi giudizio sui benefici derivati dall’Iniziativa per i paesi HIPC deve essere formulato sulla base dell’analisi dell’ impatto che questa iniziativa ha avuto sui paesi interessati. I risultati possono essere considerati modesti. • La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale stimano che entro il raggiungimento del “Completion point”21 da otto a dieci dei paesi HIPC più danneggiati dal crollo dei prezzi delle merci avranno una rapporto debito/esportazioni più alto di quello del 150% fissato dalla Iniziativa HIPC. • Più della metà dei paesi HIPC spende circa il 15% delle entrate governative per ripagare il debito22. La CIDSE ha a lungo sostenuto che l’uso di un criterio analitico inadeguato – il rapporto debito/esportazioni - per giudicare la sostenibilità del debito da parte di un paese è il difetto principale dell’Iniziativa HIPC. Pensiamo che l’analisi delle sostenibilità del debito da parte di paesi a basso reddito debba prendere in considerazione una serie più ampia di indicatori dello sviluppo umano. La capacità di recuperare valuta estera per mezzo delle esportazioni è un elemento importante in qualsiasi analisi della sostenibilità di un debito contratto in valuta estera. Ma per i paesi a basso reddito, affetti da povertà estrema e diffusa, gli elementi cruciali del modello analitico devono essere le entrate fiscali del governo effettivamente disponibili e la connessione reciproca tra il mantenimento degli obblighi di solvenza del debito e il finanziamento ai programmi di riduzione della povertà. Detto ciò, è pur vero che l’Iniziativa HIPC ha fornito finanziamenti per lo sviluppo della lotta alla povertà. Poiché l’Iniziativa ha dimostrato che la riduzione del debito apporta chiari benefici allo sviluppo, la CIDSE –come gli stessi paesi in via di sviluppo- esige nuovi criteri di sostenibilità del debito che mettano in primo piano lo sviluppo. • Nei paesi altamente indebitati che hanno raggiunto il “Decision point”23 nell’Iniziativa HIPC, la spesa per il sociale è aumentata in una percentuale oscillante fra il 20 e il 50%. Il Mozambico ha introdotto un programma gratuito di vaccinazione per l’infanzia. Le tasse di frequenza 21 Il livello al quale il debito è attualmente cancellato. Northover, Lemoine, Ladd, Drapkin and Kline, A Joint Submission to the World Bank and IMF Review of HIPC and Debt Sustainability (CAFOD, Christian Aid, Oxfam, Eurodad, August 2002) – http://www.cafod.org.uk/policy. 23 Il punto raggiunto il quale i debitori si impegnano a rendere il debito “sostenibile”. 22 15 per le scuole elementari sono state abolite in Uganda, Malawi e Tanzania e nelle zone rurali del Benin. Mali, Mozambico e Senegal hanno in programma di aumentare la spesa per la prevenzione dell’HIV/AIDS. • La richiesta di consultare la società civile nella formulazione della Strategia per la Riduzione della Povertà (Poverty Reduction Strategy Paper – PRSP) ha aiutato ad aumentare la capacità delle popolazioni povere di influenzare i processi di allocazione delle risorse nazionali24 . • Uganda e Mozambico, tra i primi beneficiari della riduzione del debito e dell’aumento degli aiuti, hanno raggiunto tassi di crescita annuale di più del 5%. Due studi del FMI mostrano come la riduzione del debito abbia un effetto positivo sui tassi di crescita, mentre le forme convenzionali di aiuto non producono la stessa dinamica25. Le ONG impegnate nel settore continuano a sostenere un’ulteriore riduzione del debito come un sistema di trasferimento delle risorse efficace ed efficiente. La riduzione del debito ha altri vantaggi rispetto alle forme tradizionali di assistenza allo sviluppo. Una volta attuata, i suoi risultati sono altamente prevedibili. Secondo uno studio del FMI, ha effetti di contenimento dell’inflazione26. L’annullamento del debito può anche alleviare la pressione sui prestiti nazionali, aumentando la disponibilità del credito interno e riducendone i costi con un effetto stimolante sulla crescita economica. Fornendo de facto supporto economico, la cancellazione del debito riduce i costi di transazione da parte dei donatori e valorizza la responsabilità dei governi locali. Un argomento chiave nel dibattito tra le ONG e i creditori è il tipo di criteri usato per misurare la sostenibilità del debito. In sostanza, si tratta di un dibattito riguardo agli obiettivi della riduzione del debito. Per i creditori questi obiettivi si sono rivelati, nell’Iniziativa HIPC, estremamente confusi27. Per loro la promozione dell’ Iniziativa HIPC rafforzata, includeva l’incremento di fondi e un maggiore stimolo alla riduzione della povertà. Ma per gli artefici di questa politica, la Banca Mondiale e il FMI, l’obiettivo centrale non era l’ipotetica sostenibilità del debito, che avrebbe messo i paesi debitori nella posizione di poter differire i pagamenti. Nel quadro dell’Iniziativa HIPC è perfettamente plausibile considerare sostenibile il debito di un paese che non ha soldi da spendere per ridurre la povertà. La CIDSE è convinta che questo sia un abuso del termine “sostenibilità”. In risposta alle continue campagne delle ONG, alcuni grandi creditori –in particolare il governo del Regno Unito- hanno proposto di cancellare il debito a quei paesi che hanno raggiunto e sorpassato il Completion Point fissato nell’Iniziativa HIPC. La CIDSE è convinta che questa sia una azione necessaria se si vuole che l’Africa massimizzi le prospettive di raggiungimento degli MDGs. Ma la proposta ha i suoi limiti. Alcuni paesi 24 Northover, Lemoine, Ladd, Drapkin and Kline, A Joint Submission to the World Bank and IMF Review of HIPC and Debt Sustainability (CAFOD, Christian Aid, Oxfam, Eurodad, August 2002) – http://www.cafod.org.uk/policy Clements, Benedict, Rina Bhattacharya and Toan Quoc Nguyen, External Debt, Public Investment, and Growth in Low-Income Countries (IMF Working paper 2003); Pattillo, Catherine, Helene Poirson and Luca Ricci, External Debt and Growth (IMF working paper April 2002). 26 Reinhart, Carmen M. and Kenneth S. Rogoff, Africa: The Role of Price Stability and Currency Instability (IMF). 27 Vedi: Banca Mondiale, Evaluation of HIPC 2003. 25 16 africani, in particolare la Nigeria, sono afflitti dai debiti ma non sono idonei per i meccanismi di riduzione del debito negli stessi termini di altri paesi HIPC. C’è bisogno di un nuovo approccio all’assistenza e al debito, con al centro il finanziamento degli MDGs, per assicurare l’equità di trattamento per i paesi a basso reddito, sia per quelli altamente indebitati che per quelli liberi da debiti. Raccomandazioni ai donatori: L’atteggiamento dei paesi donatori nei confronti del debito deve essere urgentemente riesaminato tenendo in considerazione i seguenti tre punti. • Le condizioni per il finanziamento degli MDGs devono rappresentare un elemento centrale dell’analisi della sostenibilità del debito. In base a questo approccio analitico, paesi come la Nigeria devono essere considerati idonei alla riduzione del debito in termini paragonabili a quelli di altri paesi a basso reddito. • Bisogna imporre un meccanismo istituzionale più giusto e più inclusivo, in cui i creditori non abbiano più il monopolio decisionale sulle questioni riguardanti il debito28. • Il processo di concessione dei crediti e gestione del debito deve coinvolgere il maggior numero di attori nei paesi destinatari. I donatori e i creditori devono rendere pubbliche le informazioni riguardo ai futuri flussi di aiuto, inclusi i livelli delle condizioni di idoneità e i dettagli degli accordi conclusi con i governi destinatari. 28 CIDSE, insieme alle ONG internazionali ha proposto il “Fair and Transparent Arbitration Process” (FTAP), che si baserebbe sui processi di insolvenza US, capitoli 9 e 11. Vedi CIDSE-CI documento politico http://www.cidse.org/docs/200410291009437888.pdf 17 Un modello di finanziamento per gli MDGs: la giusta combinazione L’unanimità riguardo agli MDGs li ha resi dei nuovi “standard dorati” della cooperazione internazionale allo sviluppo. Le politiche e le azioni di assistenza sono giudicate sempre più in relazione allo sforzo nel raggiungimento degli MDGs. La CIDSE propone un approccio comune al finanziamento dei paesi a basso reddito: cancellare il debito nei paesi altamente indebitati come soluzione efficiente al problema del trasferimento delle risorse per lo sviluppo e fornire corrispondenti somme di aiuti ai paesi a basso reddito non indebitati. L’identificazione del divario finanziario, cioè quelle situazioni che non possono essere risolte dalle entrate nette dei governi locali, deve essere il punto di partenza per qualsiasi modello di finanziamento degli MDGs. Questo divario deve essere colmato dai flussi di finanziamento esterni. Sono essenzialmente due i canali dei flussi di finanziamento: gli aiuti e la riduzione del debito. Proponiamo di colmare il divario con fondi provenienti da questi due canali in base ad indicatori delle migliori procedure per la gestione dell’assistenza allo sviluppo. Si deve decidere se trasformare l’assistenza allo sviluppo prevista negli MDGs in aiuti (e in questo caso, se farlo sotto forma di supporti ai conti pubblici, sovvenzioni, prestiti, progetti e programmi di aiuto..), oppure cancellare o diminuire il debito. La decisione dipenderà: • dalla quantità e dalla miglior combinazione fra prestiti e riduzione del debito, di cui i paesi hanno bisogno per massimizzare le prospettive di crescita economica29. • dalle forme di trasferimento delle risorse che rafforzeranno l’enfasi sulla lotta alla povertà e su una gestione accorta delle risorse pubbliche da parte dei governi destinatari. • dalle forme dell’assistenza allo sviluppo che rafforzeranno la pianificazione dei trasferimenti di risorse e che ridurranno i costi di transazione e la scarsa trasparenza che troppo spesso si verificano quando i destinatari devono rendere conto a molteplici donatori. I calcoli futuri sulla sostenibilità del debito dovranno includere una valutazione sulle possibili entrate nette disponibili30 per i governi destinatari o debitori. Sono state proposte molte varianti di questo modello31, ma il principio fondamentale è che il calcolo dell’ammontare del pagamento del debito che i governi possono sostenere deve dare priorità alla spesa per la 29 Vedi il documento CAFOD “Debt relief and new borrowing for Africa” del settembre 2003. www.cafod.org.uk/policy. Le considerazioni includono i livelli di debito e prestito richiesti per ottimizzare la crescita economica e i tipi di crescita che sono a favore dei paesi poveri. Il Fondo Monetario Internazionale ha prodotto due documenti proponendo che, le prospettive di crescita economica dei paesi a basso reddito, necessitano debiti che devono essere di almeno un terzo inferiori alle forniture nell’Iniziativa dei creditori dei paesi HIPC. 30 Un approccio alle entrate nette disponibili, dovrebbe includere anche le ricevute dei flussi di donazione. 31 Northover, Joyner and Woodward, A Human Development Approach to Debt Sustainability Analyses for the World’s Poor (CAFOD 1998 and 2001). 18 lotta alla povertà e per il raggiungimento degli MDGs, ribaltando così la logica degli attuali criteri di sostenibilità del debito. La CIDSE sta avanzando la proposta che il debito debba essere pagato con le risorse rimanenti dopo aver allocato le spese e gli investimenti necessari per gli MDGs. In base a calcoli preliminari, molti paesi HIPC e alcuni paesi non altamente indebitati come la Nigeria, avranno bisogno di una totale cancellazione del debito e un ulteriore flusso di aiuti se le loro entrate verranno destinate a colmare il divario economico che li separa dagli MDGs32. Considerando i vantaggi della riduzione del debito rispetto alla politica degli aiuti, la CIDSE propone che la cancellazione del debito divenga una priorità, seguita da aiuti supplementari, laddove un paese a basso reddito sia indebitato e l’impegno del governo a utilizzare le risorse per la riduzione della povertà sia dimostrabile33. L’ammontare totale, in forma di aiuto o diminuzione del debito, verrebbe determinato dalle lacune nel finanziamento alla lotta alla povertà o al raggiungimento degli MDGs. Questo approccio sarebbe applicato anche ai paesi a basso reddito, ma non altamente indebitati in cui gli attuali flussi di aiuti e le entrate sono insufficienti per finanziare gli MDGs. In questi casi, la diminuzione del debito dovrebbe essere la priorità, seguita da una combinazione di concessioni finanziarie e sovvenzioni. Raccomandazione ai donatori I donatori devono sostenere un modello di finanziamento che individui il divario economico per raggiungere gli MDGs e le risorse finanziarie da usare per colmarlo. Una gestione trasparente e responsabile delle risorse pubbliche e una più ampia partecipazione di attori locali nell’allocazione degli aiuti per lo sviluppo devono essere considerate condizioni di idoneità per l’aumento dell’assistenza e la riduzione del debito. Gli attori locali devono includere rappresentanti effettivi dei poveri. 32 Greenhill, Romilly and Elena Sista, Real HIPC Progress Report (Jubilee Research, Sept 2003). 33 Si possono usare tre criteri per giudicare se un governo è effettivamente impegnato nella riduzione della povertà: i) la trasparenza nella gestione finanziaria delle risorse, ii) la pianificazione di programmi per la riduzione della povertà, iii) controllo delle risorse pubbliche da parte di vari attori. 19 La necessità di risorse addizionali e stabili L’attuale instabilità e imprevedibilità dei flussi di aiuto rappresenta un serio impedimento nella pianificazione degli MDGs. È essenziale trovare un meccanismo più stabile e regolabile per finanziare le spese sociali ricorrenti e gli investimenti di capitali. Primo, i governi dell’OCSE devono programmare dei calendari e rispettare impegni di bilancio annuali per incrementare gli aiuti, in linea con l’impegno, preso 37 anni fa, di spendere lo 0,7% del prodotto interno lordo in aiuti a paesi stranieri. L’ultima domanda è: da dove arriveranno i fondi per colmare le lacune finanziarie una volta identificate? Ad oggi sono state avanzate molte proposte. La CIDSE appoggia l’introduzione di un sistema di tassazione globale – e in particolare la Tassa sulle Transazioni Finanziarie34. I vantaggi di una simile tassazione sono molteplici. Dà la possibilità di realizzare una più equa ripartizione della ricchezza e di creare una situazione economica più stabile e allo stesso tempo raccogliere fondi che verrebbero spesi per il finanziamento degli MDGs. La attuabilità di una Tassa sulle Transazioni finanziarie è stata confermata nel Rapporto Landau sponsorizzato dal governo francese e dalla Banca Mondiale nel 200435. Il governo del Regno Unito ha proposto una Agevolazione Finanziaria Internazionale come misura per aumentare i flussi finanziari a breve termine. La CIDSE è preoccupata dalla possibilità che un simile approccio possa avere degli effetti negativi nei flussi di aiuti dopo il 2015. Ci sono anche richieste di vendere o rivalutare le riserve auree del FMI nel lungo periodo in modo da non danneggiare i redditi derivanti dall’esportazione di oro delle nazioni in via di sviluppo. Raccomandazione ai donatori: Non è una condotta politicamente difendibile, da parte della comunità dei donatori, dare un appoggio di facciata agli obiettivi di riduzione della povertà concordati a livello internazionale e al contempo rifiutarsi di fornire le risorse finanziarie per raggiungerli. Il compimento degli MDGs richiede molto più che proposte e promesse: è arrivato il momento di mobilitare risorse per lo sviluppo nuove e stabili. Altrimenti il grande divario tra retorica e realtà, tra le promesse degli MDGs e la penosa mancanza di risorse per mantenerle, espone i paesi più ricchi del mondo all’accusa di grave cinismo politico. È ora di agire. 34 http://www.cidse .org/docs/200411250951166236.pdf 35 L’attuabilità della Tassa sulle Transazioni Finanziarie (CTT) è stata approvata dalla Banca Mondiale in una nota di preparazione al Comitato di Sviluppo all’incontro annuale nel 2004. Anche il governo belga ha predisposto una adeguata legislazione perché la Tassa sia applicata non appena l’accordo su di essa sarà presentato agli stati membri. Vedi l’allegato 1 del documento politico della CIDSE, Redistribution through Innovative Measures: A currency transactions tax (CIDSE, October 2004), http://www.cidse.org/docs/200411250951166236.pdf 20 LE RAGIONI PER UN COMMERCIO PIÙ EQUO I livelli delle entrate dei paesi più poveri non sono solo bassi ma anche suscettibili di pesanti fluttuazioni dovute a cause esterne. Più povero è il paese e più grande è la sua vulnerabilità a shock economici frequenti e prolungati36. I paesi che sono altamente dipendenti da uno o due tipi di prodotti, per lo più agricoli, hanno maggiore probabilità di rimanere poveri e i progetti di riduzione del debito nel passato hanno spesso trascurato questa destabilizzante caratteristica strutturale delle loro economie. Ciò ha causato shock esterni che hanno compromesso i risultati raggiunti attraverso le politiche di riduzione del debito o gli aiuti. Nei paesi che dipendono dalle tendenze del mercato, le entrate sono e continueranno ad essere influenzate da andamenti attesi come l’erosione delle preferenze. Gli impatti sull’economia non sono di norma inaspettati per cui non sono considerati vere e proprie crisi. Ma le misure necessarie a farvi fronte richiedono dei cambiamenti globali nei modi di produzione dei paesi colpiti che richiedono anni, rendendo questo genere di impatti molto simili a crisi da cui i paesi colpiti possono fare poco o niente per difendersi. Semplici aumenti nei finanziamenti allo sviluppo sono insufficienti per assicurare i mezzi di sussistenza alla maggior parte degli africani. In generale, il sistema del mercato, così ingiustamente ostile ai paesi africani, deve essere radicalmente riformato per dar loro la possibilità di evitare l’attuale “commodity trap”. Raccomandazione ai donatori: Un modello di finanziamento per gli MDGs deve assicurare la disponibilità di un finanziamento contingente rapidamente usufruibile per far fronte all’impatto di shock esterni e altre dinamiche di mercato prevedibili che possano compromettere i livelli di entrate dei paesi a basso reddito. Per godere di quelle riforme, i paesi africani hanno bisogno di investimenti sostanziali nei loro settori produttivi. Come mostra la tabella 3, gli aiuti per i settori produttivi africani, come l’agricoltura, sono diminuiti negli ultimi 20 anni. Tabella 3. Assistenza bilaterale allo sviluppo settore per settore 36 Happe, Nancy et al. “Absorbing Shocks”, Finance and Development Magazine, Dec 2003, (IMF, Washington, 2003). 21 Considerando che l’allocazione preferenziale degli aiuti dei donatori sono i settori del sociale, come la salute e l’istruzione, investimenti equivalenti o più elevati sono cruciali per permettere all’Africa di costruire la sua base produttiva e rafforzare le prospettive economiche. Dichiarazione del capo della Commissione Economica ONU per l’Africa, K.Y. Amoako, 2003 “La preoccupazione per il miglioramento dei servizi sociali può averci indotto a trascurare la centralità del rafforzamento degli aspetti fondamentali. C’è stata una netta diminuzione delle disponibilità degli aiuti destinati ai settori produttivi. Gli aiuti e la diminuzione del debito forse hanno portato con sé una serie di priorità strategiche che non rispondono pienamente ai bisogni più urgenti dell’Africa. Bisogna ridirigere i fondi destinati ai paesi HIPC oltre il settore sociale.”37 Agricoltura, riduzione della povertà e MDGs Box 4. Il ruolo della donna nell’agricoltura “Senza le donne nelle campagne, non ci può essere cibo” Jacques Diouf, Direttore generale della FAO38 È difficile sopravvalutare l’importanza delle donne nell’agricoltura dei paesi in via di sviluppo.Le donne sono responsabili del 70-80% degli alimenti coltivati nell’Africa subsahariana e nell’Asia sud-orientale il 60% dell’agricoltura e della produzione di cibo è affidato alle donne. La femminilizzazione dell’agricoltura è un fenomeno in crescita, anche a causa dei conflitti, dell’Aids e dell’emigrazione verso le città. Comunque, le donne soffrono ancora discriminazioni sessuali. Hanno un accesso svantaggiato ai capitali (in particolare ai crediti), ai diritti di proprietà (in particolare della terra) e disuguaglianze nell’accesso alle risorse produttive e ai servizi (inclusi la formazione, le tecnologie, e le informazioni di mercato). Le alte percentuali di analfabetismo femminile portano all’esclusione delle donne dalle opportunità di mercato e le donne contadine sono spesso ignorate e il loro contributo all’agricoltura non è compreso e valutato correttamente. Queste disuguaglianze sessuali impediscono alle donne di avere successo in molti settori dell’agricoltura dei paesi in via di sviluppo. Quella che è stata definita “gender exploitative integration”39 limita la partecipazione delle donne nell’agricoltura destinata all’esportazione, così come nelle attività più redditizie su più larga scala nella economia locale, come il commercio. Le disuguaglianze sessuali inoltre vincolano le donne ad attività economiche scarsamente produttive e di bassa crescita economica, lasciando loro poche altre opportunità. In Africa più del 70% delle popolazioni più povere ive in aree rurali e lavora nell’agricoltura. Vi è una stretta relazione fra povertà e agricoltura. Molti studi hanno mostrato che l’agricoltura è la chiave per ridurre la povertà in Africa e deve perciò avere un ruolo centrale nel raggiungimento degli MDGs. Dei 1,2 37 Incontro del Gruppo di esperti sul Debito dell’Africa, UNECA Novembre 2003. FAO High-level Consultation on Rural Women and Information. Hewitt de Alcántara, C., Real Markets: Social and Political Issues of Food Policy Reform, (Frank Cass, in association with EADI and UNRISD, London, 1993). 38 39 22 miliardi di persone al mondo che vivono con meno di un dollaro al giorno, 900 milioni vivono in aree rurali40. Data la mancanza di alternative, l’agricoltura è l’unica strada per ridurre la povertà in Africa. Rispetto a qualsiasi altro settore, la crescita agricola ha l’impatto più forte nella riduzione della povertà41. La crescita dell’agricoltura favorisce il settore dove la gente povera lavora, sfruttando la terra e godendo direttamente dei raccolti nelle stesse aree dove vive. Generva lavoro e reddito e favorisce la capacità delle popolazioni povere di creare e assicurare ulteriori risorse. È stato calcolato che un aumento dell’1% nella produttività agricola riduce dello 0,6-1,2% la proporzione della popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno42. Con i tassi di crescita del 6-8% al momento richiesti per raggiungere gli MDGs in Africa43, solo l’agricoltura sarà ragionevolmente capace di mobilitare il dinamismo economico di cui si necessita44. L’agricoltura non solo può ridurre direttamente la povertà, ma può anche stimolare la crescita nel quadro economico più ampio. Alcuni studi hanno dimostrato che aumentando di un dollaro il valore aggiunto alla produzione agricola si arriva a un aumento di 1,50-2 dollari di valore aggiunto nel settore non agricolo. Allo stesso modo, è stato dimostrato che un aumento dell’1% della produzione agricola lorda incrementa dell’1% l’occupazione rurale non agricola45. Politiche agricole e commercio locale Il divario nel finanziamento per l’agricoltura in Africa Il settore agricolo africano è fallimentare. L’Africa subsahariana è l’unica regione al mondo in cui negli ultimi 30 anni la crescita della popolazione ha superato i tassi di produzione agricola46. Quasi senza eccezione, la media più bassa di rendimenti per i raccolti e il bestiame si trova in quella regione47. Addirittura la produzione agricola africana è scesa del 5% tra il 1980 e il 200148. 40 IFAD, Achieving the MDGs by Enabling the Rural Poor to Overcome their Poverty, (IFAD, Rome, 2003). Hanmer, Lucia and David Booth Pro poor growth: why do we need it, what does it mean and what does it imply for policy?, (ODI, London, second draft August 2001). Vedi anche Lipton, M. and M. Ravallion, “Poverty and Policy” in Behrman and Srinivasan (eds.) Handbook of Development Economics, Vol 3b (North Holland, Amsterdam, 1995) Ravallion, M. and G. Datt, When is Growth Pro-Poor? (Mimeograph, World Bank, 2000); Timmer, C.P How well do the poor connect to the growth process? (Harvard Institute for International Development, Cambridge, Mass, 1997). 42 Eastwood, Robert and Michael Lipton “Pro poor growth and pro growth poverty reduction: what do they mean? What does the evidence mean? What can policy-makers do?”, documento presentato al Forum sulla povertà di Asia e Pacifico: Riforme delle Politiche e delle Istituzioni per la riduzione della povertà, tenutosi alla Banca di Sviluppo Asiatico, Manila, 5-9 Febbraio 2001. La Banca Mondiale ha dichiarato che la crescita dell’1% nel GDP agricolo pro capite, ha portato ad un aumento del 1,6% delle entrate di 5 dei paesi più poveri presi in esame. Vedi Timmer, C.P. (1997) How well do the poor connect to the growth process? (Harvard Institute for International Development, Cambridge, Mass, 1997). 43 African Development Bank (AfDB) Achieving the Millennium Development Goals in Africa: Progress, Prospects and Policy Implications (AfDB, Abidjan, 2002). 44 IFAD, Achieving the MDGs by Enabling the Rural Poor to Overcome their Poverty (IFAD, Rome, 2003). 45 Hazell, P. and S. Haggblade “Farm-Nonfarm Growth Linkages and the Welfare of the Poor” in van der Gaag, J. and M. Lipton, (eds.), Including the Poor: Proceedings of a Symposium Organized by the World Bank and the International Food Policy Research Institute (World Bank, Washington, DC, 1993). 46 Kydd, Dorward, Morrison and Cadisch, The Role of Agriculture in Pro Poor Economic Growth in sub-Saharan Africa (Wye College, London, 2003). 47 ibidem 48 UK Parliament International Development Select Committee, International Development Committee: DFID’s Agriculture Policy, Seventh Report (House of Commons, London, 2004). 41 23 Mentre da una parte i governi africani hanno la responsabilità di rendere prioritarie le spese per l’agricoltura, dall’altra l’assoluta mancanza di aiuti internazionali a questo settore è palese. Durante gli ultimi 15 anni, l’aiuto all’agricoltura mondiale è sceso dal 20 al 12% dei flussi d’aiuto49. L’ammontare assoluto dell’assistenza all’agricoltura è calato di due terzi tra il 1987 e il 199850. L’impatto di questa situazione si può vedere nella cronica mancanza di infrastrutture, come strade per il trasporto dei prodotti nei mercati. L’intero Mozambico, per esempio, seppur grande quanto il Regno Unito e la Francia messi insieme, ha meno strade asfaltate della contea inglese del Kent51, lasciando molti produttori isolati alla mercé dei grossisti che possono stabilire i prezzi a loro piacimento, oppure impossibilitati a commerciare tout court i loro prodotti. L’International Food Policy Research Institute (IFPRI) stima che l’investimento agricolo necessario per un serio impatto sulla fame nel mondo in vista degli MDGs fra il 2002 e il 2015 dovrebbe essere di soli 5 miliardi di dollari in aiuti addizionali all’anno, da spendere nelle infrastrutture rurali (come strade, irrigazioni e servizi di ricerca ed estensione), istruzione e acqua potabile ed equivale alla somma spesa settimanalmente dai paesi OCSE in sussidi alla propria agricoltura52. L’Africa e le politiche agricole locali Le politiche internazionali che non sono riuscite ad affrontare le sfide poste dalla povertà rurale in Africa sono state tanto dannose quanto la mancanza di investimenti. Le politiche sostenute dai donatori, e incluse come condizioni per nuovi aiuti o per la programmazione dei prestiti, hanno provocato danni al pari della mancata allocazione di adeguati aiuti all’agricoltura. Le riforme promosse dalle istituzioni internazionali, di solito poste come condizioni per la concessione di prestiti, hanno enfatizzato il ruolo del libero mercato e ridotto quello dello stato. È sempre più evidente che ciò ha ostacolato la crescita dell’agricoltura in molti paesi africani53. Quelle forme di intervento che si sono dimostrate vitali per il consolidamento di mercati agricoli efficaci sono state sistematicamente escluse dalle strategie politiche dei governi. Per esempio le politiche mirate alla riduzione dei rischi degli investimenti da parte dei produttori, o che favorivano l’accesso a crediti stagionali e ai mercati locali sono state limitate o abbandonate del tutto54. 49 IFAD, Achieving the MDGs by Enabling the Rural Poor to Overcome their Poverty (IFAD, Rome 2003). IFAD, Rural Poverty Report 2001 (IFAD, Rome, 2001). UK Department for Transport website and WDI 2004. 52 Cutting Hunger in Africa Through Smallholder-led Agricultural Growth, (IFPRI 2002). 53 Dorward, A et al. “A Policy Agenda for Pro-Poor Agricultural Growth”, World Development (2004) 32 (1) pp. 73-90. Vedi anche Green, Duncan and Jamie Morrison “Fostering Pro-sustainable Development Agriculture Trade Reform : Strategic Options Facing Developing Countries” documento preparato per il Dialogo strategico su Agricoltura, Commercio, Negoziazioni, Povertà e Sostenibilità - Windsor, 14-16 Luglio, 2004. 54 Dorward, A et al. “A Policy Agenda for Pro-Poor Agricultural Growth”, World Development (2004) 32 (1) pp. 73-90. Vedi anche Hanmer, Lucia and David Booth, Pro poor growth: why do we need it, what does it mean and what does it imply for policy?, (ODI, London, second draft August 2001). 50 51 24 Box 5. L’Agricoltura in Africa Occidentale Istituire programmi di riforme che impongono misure di privatizzazione e di liberalizzazione è una condizione per ottenere la riduzione del debito. Nel settore del cotone in Africa Occidentale, lo Stato è stato obbligato a ritirarsi dal commercio, dal credito e dai servizi di ampliamento. Prima, istituzioni d’appoggio aiutavano i contadini poveri a fronteggiare le crisi, riducendo così l’instabilità. Rischi come i raccolti mancati, le avversità atmosferiche, le fluttuazioni del mercato e l’impossibilità di rimborsare i crediti erano condivisi a livello nazionale per mezzo di camere di commercio e istituzioni simili. Ora che i programmi di riforma le hanno rimosse senza proporre alternative, i rischi ricadono tutti sulle spalle dei singoli contadini e delle loro comunità. Nei paesi dell’Africa Occidentale visitati dalla CIDSE, i contadini devono affrontare costi di produzione sempre più alti, difficoltà nell’ottenere e nel ripagare i debiti, mancanza di alternative nelle colture e di servizi di ampliamento e di sbocchi commerciali stabili. Questi problemi sono tanto gravi per i coltivatori di cotone dell’Africa quanto la politica protezionistica degli Stati Uniti o dell’Unione europea. Troppo spesso questo approccio disinvolto alla politica locale ha lasciato compiti vitali in mano ad attori troppo deboli, o che non hanno gli incentivi necessari per assumersi i rischi connessi, o che semplicemente non esistono, in mercati che non funzionano. L’obiettivo principale di una politica a favore della crescita economica deve essere quello di incoraggiare la produzione agricola e l’occupazione rurale, in particolare attraverso l’incentivazione del ruolo dei piccoli agricoltori nell’economia rurale. Ciò può accadere solo se gli agricoltori ricevono i servizi e l’aiuto necessari. Purtroppo, le attuali politiche compromettono questo obiettivo, tendendo ad isolare e a lasciare senza copertura i poveri delle aree rurali. Politiche commerciali internazionali Produttori deboli, mercati aperti e concorrenza sleale L’eliminazione dei sussidi all’agricoltura nel nord del mondo è una delle molte richieste avanzate dai paesi in via di sviluppo nelle negoziazioni commerciali internazionali. La loro eliminazione comunque, anche se possibile a breve termine, è solo una delle riforme necessarie per far funzionare la strategia di riduzione della povertà in Africa. L’ostinato perseguimento, da parte dei paesi del Nord del mondo, di un’apertura rapida e senza vincoli dell’Africa ai mercati agricoli impedirà qualsiasi beneficio derivato dalla riforma dei sussidi. Nello stato attuale di crisi dell’agricoltura in Africa, la maggior parte dei produttori poveri non ha la possibilità di competere con i produttori più ricchi dotati di capacità molto più ampie e di un’agricoltura intensiva ad alto impiego di capitale, anche senza sussidi. Gli agricoltori poveri o su piccola scala dipendono dal funzionamento dei mercati locali e dalle politiche 25 nazionali che promuovono lo sviluppo rurale. Queste politiche falliranno, oppure avranno un impatto molto limitato, se i mercati agricoli vengono aperti troppo rapidamente senza permettere ai paesi in via di sviluppo di mantenere le condizioni in cui le politiche agricole a favore dei poveri possono essere attuate. Negli ultimi venti anni, i paesi africani sono stati costantemente invitati ad abbassare le barriere doganali ai prodotti agricoli. Ciò è evidente nelle condizioni poste dalla Banca Mondiale e dal FMI per l’approvazione di nuovi prestiti e per la riduzione del debito. La liberalizzazione è spesso avvenuta a un passo e ad un grado tali da togliere il fiato e si ha l’impressione che sia stata promossa più come dogma economico che come risultato di un’analisi sui possibili impatti sulle popolazioni povere. Sia il Mozambico che lo Zambia ora hanno economie più liberalizzate che il Regno Unito o la Germania55. Politiche di questo tipo hanno portato nei PVS ad impennate nelle importazioni di prodotti a basso costo, di solito sovvenzionate con sussidi all’esportazione, che hanno indebolito la capacità dei piccoli agricoltori di vendere nei mercati locali, determinando quello che la FAO ha definito “un progressivo impoverimento dei piccoli produttori che non possono competere con le moderne aziende agricole ad alto impiego di capitale nel quadro di un’economia sempre più aperta”56. Sedici studi di casistica condotti dalla FAO riguardo all’impatto dell’Accordo sull’Agricoltura dell’ Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), hanno mostrato che in seguito alla liberalizzazione, le importazioni di alimenti aumentano repentinamente. La FAO ha rilevato che “i dazi doganali erano spesso gli strumenti primari, se non gli unici, che questi paesi avevano per stabilizzare i mercati domestici e salvaguardare gli interessi dei produttori57. I paesi ricchi, nonostante il mancato compimento degli impegni a ridurre il sostegno alla propria agricoltura, continuano a fare pressione sui paesi africani nell’ambito dell’OMC e nelle trattative bilaterali affinché aprano i loro mercati alla competizione globale sovvenzionata. L’eterna esclusione dell’Africa dalle opportunità del mercato globale La crisi agricola dell’Africa è stata aggravata dalle politiche commerciali dei paesi donatori. Gli attuali negoziati commerciali spingono verso una maggiore liberalizzazione del mercato. Il trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo e per i paesi meno avanzati consiste soprattutto in periodi di assestamento più lunghi e livelli di riduzione dei dazi meno esigenti, ma non c’è alcun dubbio che l’obiettivo finale è la totale liberalizzazione. Il presente documento contesta la convinzione che l’Africa possa trarre giovamento da un regime di mercato liberalizzato specialmente per i prodotti agricoli. Più in generale, ci appare opportuno contestare 55 IMF’s Trade Restrictiveness Index (TRI) from the IMF’s International Financial Statistics CD Rom (1999). FAO, The State of Food and Agriculture 2000 (FAO, Rome, 2000). FAO, Agriculture, Trade and Food Security Issues and Options in the WTO Negotiations from the Perspective of Developing Countries - Vol. II Country Case Studies (FAO, Rome 2000). 56 57 26 l’assunto secondo cui il ritmo e grado di azione dell’attuale regime di mercato aiuterà l’Africa ad affrontare le sfide dello sviluppo. Le cifre principali delle proiezioni rilevate in studi econometrici hanno persuaso i responsabili delle decisioni politiche che l’Africa trarrà automaticamente un beneficio dalla liberalizzazione globale dell’agricoltura. Ma queste proiezioni ignorano elementi che hanno implicazioni importanti per l’Africa: in particolare, la rigidità dell’offerta o l’impossibilità di approfittare delle opportunità di mercato e le perdite causate dall’erosione delle preferenze. L’Africa sta affrontando l’erosione delle preferenze nell’ambito dei suoi attuali accordi di scambio preferenziali58, trovando sempre più difficile avere successo, in mercati globali sempre più competitivi, contro i produttori altamente “capitalizzati” tanto nel mondo sviluppato che in quello in via di sviluppo59. Alcuni modelli economici prevedono che l’Africa dovrà affrontare perdite nette nello scenario, politicamente plausibile, di una bassa o media liberalizzazione su scala globale60. I dati del mercato agricolo africano negli ultimi 20 anni sono desolanti: mostrano un costante declino nel saldo del commercio agricolo61. I paesi africani sono intrappolati in una “commodity trap” caratterizzata da un drammatico peggioramento delle ragioni di scambio delle loro esportazioni. I paesi che hanno diversificato i settori di crescita più dinamica –per lo più la produzione manifatturiera e i servizi, ma anche la produzione di beni agricoli ad alto valore aggiunto- hanno attraverso il mercato contribuito alla riduzione della povertà. Al contrario, la maggior parte dei paesi africani si sono specializzati in un settore in declino nel mercato globale62. Le esportazioni di prodotti primari dei paesi dell’Africa hanno subito un calo di lungo periodo nei prezzi e una riduzione della quota di mercato mondiale. La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e sullo Sviluppo (UNCTAD) stima che, se le condizioni del commercio per l’Africa fossero rimaste quelle del 1980, la quota di esportazioni mondiali del continente sarebbe il doppio di quelle attuali63. A peggiorare le cose, la competitività dell’Africa in prodotti come il tè e il caffè sta perdendo terreno nei confronti di produttori più efficienti in Asia e America Latina64. 58 Quasi tutti i paesi dell’Africa sub-Sahariana sono membri del gruppo di paesi dell’Africa, Carabi e Pacifico (ACP) che, in quanto ex colonie degli stati dell’Unione Europea, hanno goduto di un accesso privilegiato ai mercati europei. Tale accesso privilegiato ha perso il suo valore non appena l’unione Europea ha esteso i sussidi commerciali ad altri paesi in via di sviluppo. Questo processo è noto come “preference erosion”. 59 Vedi: Stephens, Christopher ‘‘Food Trade and Food Policy in sub Saharan Africa: Old Myths and New Challenges’, Development Policy Review, 2003 21 (5). 60 Achterbosch, T.J. et al. “Trade liberalisation under the Doha Development Agenda; Options and consequences for Africa", (Agricultural Economics Research Institute (LEI), United Nations Economic Commission for Africa, The Hague, 2004) and Stephens, Christopher, “Food Trade and Food Policy in sub Saharan Africa: Old Myths and New Challenges” Development Policy Review, 2003 21 (5). 61 “The Food Crisis in Africa’” PAD Newsletter May 2003. http://www.sarpn.org.za/documents/d0000339/P326-NEPAD_News.pdf.ForLDCs: http://www.fao.org/documents/show_cdr.asp?url_file=/docrep/005/y4252e/y4252e11.htm 62 Escludendo materie combustibili, 17 dei 20 più importanti articoli esportati dall’Africa, sono prodotti di prima necessità, risorse –base, semi-lavorati. In media il commercio mondiale di questi prodotti è cresciutomolto meno rapidamente rispetto ai prodotti di manifattura. Vedi UNCTAD, Trade Performance and Commodity Dependence, (UNCTAD, New York, 2004). 63 UNCTAD, Trade Performance and Commodity Dependence, (UNCTAD, New York, 2004) and Economic Development for Africa’ (UNCTAD, New York, 2001). 64 UNCTAD, Trade Performance and Commodity Dependence, (UNCTAD, New York, 2004). 27 Le attività economiche attuali e lo status quo non forniscono all’Africa un mercato che funzioni a suo vantaggio. È necessaria una maggiore enfasi sull’aumento della capacità produttiva, dando la priorità ai mercati locali e regionali, dando importanza e attenzione internazionale alla crisi del mercato dei prodotti agricoli e soprattutto favorendo la diversificazione. L’Africa e il commercio iniquo Le attuali regole di mercato non giovano all’Africa. I negoziati commerciali dell’Uruguay Round erano viziati da squilibri di potere, da un’agenda distorta e da una scarsa attenzione alle implicazioni dello sviluppo. Il risultato di ciò, secondo gli studi della Banca Mondiale e dello UNDP ha aggravato la situazione dell’Africa con perdite pari ad 1,2 miliardi di dollari65. La mancata azione è evidente soprattutto nella questione dei sussidi agricoli. Box 6. Un caso: l’impatto dei sussidi “Il cotone è tutto per noi – per la nostra medicina, per il nostro ospedale, per le nostre scuole per i nostri bambini”, dichiara Joseph Kabore, contadino, agli inviati CIDSE nel suo villaggio, Limseyga nel Burkina Faso. Coltiva cotone dal 1986 “All’inizio, il cotone ci diede speranza, ma con i prezzi di mercato bassi e gli alti costi di investimento, non ricaviamo denaro sufficiente a mantenere le nostre famiglie” “È la miseria”, aggiunge sua moglie Jane. Il calo dei prezzi del cotone ha comportato un forte contraccolpo nei mezzi di sussistenza di più di 2 milioni di persone in Burkina Faso. Nonostante produca un cotone di alta qualità a basso costo, il Burkina Faso, una delle nazioni più povere al mondo, si trova superato da produttori altamente sovvenzionati nei paesi più ricchi. Gli Stati Uniti sono il più grande esportatore di cotone al mondo, arrivando a coprire nel 2003 il 41% delle esportazioni. I coltivatori di cotone americani sono relativamente poco competitivi e possono coprire una quota così ampia di mercato grazie a generosi sussidi. Nel 2001-02, gli Stati Uniti hanno speso circa 3,9 miliardi di dollari in sussidi al cotone, più dell’intero prodotto interno lordo del Burkina Faso e tre volte superiore all’intero budget di aiuti statunitensi destinati all’Africa66. Joseph, sua moglie e i loro bambini effettuano il raccolto a mano. È la loro unica risorsa di contante e devono pagare con essa i vestiti, le medicine, i materiali scolastici e la paglia per il tetto. I bassi prezzi del cotone hanno costretto molti bambini del villaggio ad abbandonare gli studi, mentre i giovani partono per le città in cerca di lavoro. Gli Stati Uniti non sono l’unico paese colpevole di ipocrisia per quanto riguarda i sussidi. Nonostante la retorica dell’Unione Europea riguardo alle riforme nel settore, negli ultimi anni si è assistito a continui aumenti del budget destinato alla Politica Agricola Comunitaria (PAC). La spesa totale 65 Uno studio della Banca Mondiale valuta che l’Africa Sub-Sahariana è stata impoverita come risultato degli effetti delle condizioni commerciali, provocate dall’Uruguay Round delle negoziazioni commerciali. UNDP stima che, secondo il WTO dal 1995 al 2004, i 48 paesi meno sviluppati sono stati impoveriti di 600 milioni di dollari l’anno, con la sola Africa più povera di 1,2 miliardi di dollari. 66 CIDSE e Caritas Internationalis, Unfair Trade and Cotton: Global Challenges, Local Challenges (CIDSE and Caritas Internationalis, 2004) - http://www.cidse .org/docs/200410271206234615.pdf. 28 nel 2002 è stata di 43 miliardi di euro67 che salirà a 50 miliardi entro il 2013. Nel 2003 gli aiuti all’agricoltura locale arrivavano al 37% del totale degli introiti delle aziende agricole, un vantaggio per i coltivatori europei estremamente sleale68. La riforma della PAC, nonostante rappresenti un gradito passo avanti, potrà avere un impatto solo limitato sul fenomeno del dumping della produzione agricola europea. Nel 2004, l’OCSE ha previsto per la riforma due scenari. Con eccezione della produzione del riso, di cui si prevede il calo, l’impatto della riforma sulla produzione cerealicola sarà molto limitato. La previsione più ottimistica parla di un declino, anche se limitato all’1%69. Nel settore del grano, uno studio commissionato dalla Commissione Europea indica che la riforma addirittura aumenterebbe la produzione70. Una serie di altri studi sono arrivati a risultati simili71. Un ritmo di cambiamenti altrettanto lento emerge dall’attuale Round negoziale di Doha. Nonostante i sussidi all’agricoltura godano già di alto profilo nei negoziati dell’OMC, i paesi ricchi hanno usato ogni trucco durante le negoziazioni per mantenerli, piuttosto che prendere impegni reali per porre fine al dumping dei loro prodotti nei mercati dei paesi poveri. Nell’Accordo sull’Agricoltura dell’OMC, la Green Box e la Blue Box racchiudono i sussidi consentiti. La Blue Box consente una spesa illimitata per i pagamenti diretti alle aziende agricole, se vincolati ai programmi di limitazione della produzione. Nelle attuali negoziazioni dell’OMC, si sta discutendo la proposta di porre un limite a questi pagamenti e ridurli. Comunque, rimarrebbero a un tale livello da avere un impatto minimo nei bilanci statunitensi ed europei. Nella Green Box, la lista di sussidi permessi include pagamenti collegati ai programmi ambientali, ai controlli antiparassitari, allo sviluppo delle infrastrutture e all’assistenza alimentare locale (pagata secondo i prezzi correnti di mercato). Include anche pagamenti ai produttori non vincolati ai livelli di produzione, i cosiddetti pagamenti disaccoppiati (decoupled payment) e pagamenti per i programmi di sostegno al reddito. È improbabile che l’accordo OMC raggiunto a Ginevra nel luglio 2004 porti gli Stati Uniti o l’Unione Europea a intraprendere qualsiasi riforma significativa nei loro regimi di sussidi72. Un reale progresso verso il dimezzamento della povertà estrema entro il 2015 in paesi come il Burkina Faso e il Mozambico dipende dall’eliminazione del dumping da parte dei paesi ricchi. 67 OECD Agricultural Policies in OECD Countries: Monitoring and Evaluation 2003 (OECD, Paris, 2003). OECD Agricultural Policies in OECD Countries: At a Glance, OECD, Paris, 2004 Edition). OECD, Analysis of the 2003 CAP Reform (OECD, Paris, 2004). 70 European Commission, 2003. Reform of the CAP: Mid Term Prospects of Agricultural Markets and Income in the EU 20032010 – http://europa.eu.int/comm/agriculture/publi/caprep/prospects2003b/fullrep.pdf 71 “Decoupled payments”: http://www.fapri.missouri.edu/FAPRI_Publications.htm , http://statistics.defra.gov.uk/esg/reports/decoupling/Cambridge.PDF, http://statistics.defra.gov.uk/esg/reports/decoupling/HAdSAC.PDF, http://www.dardni.gov.uk/file/con0317i.doc . 68 69 72 Vedi CAFOD “Analysis of the WTO Framework Agreement” (CAFOD, London, 2004) and South Centre “Detailed Analysis of Annex A to the General Council Decision July 2004 ‘Framework for Establishing Modalities in Agriculture’” (South Centre, 2004). 29 Raccomandazione ai donatori: i paesi donatori devono assicurare riforme sostanziali dei loro regimi agricoli tali da garantire la fine del dumping sui mercati globali. Nello specifico, il G8 deve promuovere gli sforzi dell’OMC per eliminare ogni forma di sussidi all’esportazione, una sostanziale riduzione dei sudditi della Blue Box e una adeguata revisione della Green Box. L’obiettivo di queste misure è garantire che i sussidi rimanenti abbiano minimi effetti distorsivi sul mercato internazionale e contribuiscano a pubblici benefici come la protezione dell’ambiente e la stabilità dei mezzi di sussistenza dei piccoli agricoltori. Box 7: Trattative commerciali bilaterali UE-Africa Attualmente, l’Unione Europea sta negoziando degli Accordi di Partenariato Economico (EPA) con tutti i paesi dell’Africa subsahariana. Si richiede a questi paesi di abbattere il 90% delle barriere commerciali alle esportazioni dell’UE, estendendo la richiesta anche ai beni agricoli, mentre si oppone un netto rifiuto a discutere la PAC. Non si tratta di una competizione proporzionata. La spesa UE per la PAC equivale a più del doppio di tutte le esportazioni agricole annue dell’Africa73. Un agricoltore medio dell’Unione europea riceve l’equivalente di 16.028 dollari all’anno di sussidi74, 100 volte superiore alla media di ricavi annuali dei poveri delle aree rurali dell’Africa subsahariana –cioè il loro probabili concorrenti diretti nel quadro degli EPA75. L’Unione europea deve rinunciare alle sue pretese di reciprocità nelle negoziazioni e presentare alternative al libero mercato che non prevedano l’obbligo da parte dei paesi africani di liberalizzare la propria economia in cambio dell’accesso al mercato europeo. Esortazione ai donatori: - Si deve permettere ai paesi in via di sviluppo, africani e no, di proteggere i loro settori agricoli. Devono essere esentati da ulteriori impegni di liberalizzazione da parte dell’OMC e nelle negoziazioni commerciali bilaterali e devono essere liberi di revocare le riduzioni doganali imposte dal FMI e dalla Banca Mondiale come condizioni per la concessione dei prestiti. - Nell’ambito dell’OMC, i donatori devono aiutare attivamente i paesi in via di sviluppo a selezionare i “prodotti agricoli speciali” che possono esentare dalla ulteriore liberalizzazione e ad usare il “meccanismo speciale di salvaguardia” da utilizzare in caso di aumento improvviso delle importazioni. 73 Cifre di riferimento per le esportazioni di cibo per l’anno 1999 (16.08 miliardi di dollari) da rapporto WTO, Agricultural Trade Performance by Developing Countries 1990-99 (WTO, Geneva, 2001). OECD, Agricultural Polices in OECD Countries, Monitoring and Evaluation (OECD, Paris, 2001). 75 Entrata media annuale 163 dollari, The Commission for Africa: An overview of the evidence (The Commission for Africa, London, 2004). 74 30 Conclusioni Per risolvere la crisi dell’agricoltura africana, c’è bisogno sia di riforme nel commercio internazionale che di un aumento dei finanziamenti attraverso aiuti e diminuzione del debito. L’applicazione di solo uno di questi progetti sarà destinata al fallimento. La CIDSE sostiene che la causa primaria della stagnazione dell’agricoltura in Africa sono: i bassi livelli di produzione, un’eccessiva centralizzazione su prodotti primari e beni a basso valore aggiunto, la mancanza di capacità tecniche, l’impossibilità di accedere alle risorse, inclusa la terra, bassi tassi di crescita e ridotto spazio politico per le strategie per lo sviluppo. La sola riforma del mercato non sarà sufficiente senza il superamento di questi problemi di base. Ugualmente, tutto ciò non si raggiungerà solo aumentando i flussi finanziari attraverso gli aiuti e la cancellazione del debito. La CIDSE sostiene che è fondamentale affrontare quegli aspetti strutturali in grado di portare i paesi africana a godere di una uguale quota di partecipazione nella gestione del commercio internazionale in un modo che riduca la povertà femminile. Henry Northover, Matt Griffith, Pedro Martins / CAFOD Particolari ringraziamenti vanno allo staff delle organizzazioni membri del CIDSE che hanno rivisto e commentato il presente documento. 31 LISTA DELLE ORGANIZZAZIONI MEMBRE DELLA CIDSE Broederlijk Delen Koordinierungsstelle Direttore: Luc CLAESSENS 165 Huidevettersstraat, B - 1000 Brussels, Belgium Tel: +32 2 502 5700, Fax: +32 2 502 8101 E-mail: [email protected] - Web: www.broederlijkdelen.be Belgio Direttore: Heinz HÖDL 3 Türkenstrasse, A - 1090 Vienna, Austria Tel: +43 1 317 0321, Fax: +43 1 317 0321 85 E-mail: [email protected] - Web: www.koo.at Austria Catholic Agency for Overseas Development (CAFOD) Direttore: Chris BAIN 2 Romero Close, Stockwell Road, London SW9 9TY, England Tel: +44 20 7733 7900, Fax: +44 20 7274 9630 E-mail: [email protected] - Web: www.cafod.org.uk Inghilterra e Galles Comité Catholique contre la Faim et pour le Développement (CCFD) Segretario Generale: Jean-Marie FARDEAU 4 rue Jean Lantier, F - 75001 Paris, France Tel: +33 1 4482 8000, Fax: +33 1 4482 8143 E-mail: [email protected] - Web: www.ccfd.asso.fr Francia Cordaid Direttore: René GROTENHUIS Lutherse Burgwal 10, Postbus 16440 NL - 2500 BK Den Haag, The Netherlands Tel: +31 70 313 6300, Fax: +31 70 313 6301 E-mail: [email protected] - Web: www.cordaid.nl Paesi Bassi Development and Peace/ Développement et Paix Direttore Generale: Michael CASEY 5633 Est, rue Sherbrooke, Montreal - Quebec H1N 1A3, Canada Tel: +1 514 257 8711, Fax: +1 514 257 8497 E-mail: [email protected] - Web: www.devp.org Canada Entraide et Fraternité Coordinatore Nazionale: Claude MORMONT 32 rue du Gouvernement Provisoire, B - 1000 Brussels, Belgium Tel: +32 2 227 6680, Fax: +32 2 217 3259 E-mail: [email protected] - Web: www.entraide.be Belgio Fastenopfer / Action de Carême Direttore: Antonio HAUTLE 44 Habsburgerstrasse, Postfach 2856, CH - 6002 Luzern, Switzerland Tel: +41 41 227 5959, Fax: +41 41 227 5910 E-mail: [email protected] - Web: www.fastenopfer.ch Svizzera Manos Unidas Presidente: Ana Alvarez DE LARA Barquillo 38 - 3°, 28004 Madrid, Spain Tel: +34 91 308 2020, Fax: +34 91 308 4208 E-mail: [email protected] - Web: www.manosunidas.org Spagna Misereor Direttore Generale: Prof. Dr. Josef SAYER Deutschland Postfach 1450, 9 Mozartstrasse, D - 52064 Aachen, Tel: +49 241 4420, Fax: +49 241 4421 88 E-mail: [email protected] - Web: www.misereor.de Germania Scottish Catholic International Aid Fund (SCIAF) Direttore: Paul CHITNIS 19 Park Circus, Glasgow G3 6BE, Scotland Tel: +44 141 354 5555, Fax: +44 141 354 5533 E-mail: [email protected] - Web: www.sciaf.org.uk Scozia Trócaire Direttore: Justin KILCULLEN Maynooth, Co. Kildare, Ireland Tel: +353 1 629 3333, Fax: +353 1 629 0658/ 629 0661 E-mail: [email protected] - Web: www.trocaire.org Irlanda Volontari nel Mondo/ FOCSIV Direttore Generale: Sergio MARELLI Via S. Francesco di Sales 18, I - 00165 Rome, Italy Tel:+39 06 687 7796, Fax: +39 06 687 2373 E-mail: [email protected] - Web: www.focsiv.it Italia ASSOCIATE MEMBERS Bridderlech Deelen Direttore: Henri HAMUS Luxembourg 27, Rue Michel Welter, L - 2730 Luxembourg Tel: + 352-26-842650, Fax: + 352-26-842659 E-mail: [email protected] Belgio Center of Concern Direttore: Jim HUG, SJ 1225 Otis St NE, Washington, DC 20017, USA Tel: +1 202 635 2757, Fax: +1 202 832 9494 E-mail: [email protected] - Web www.coc.org Stati Uniti La Campagna Internazionale sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio è coordinata dalle agenzie cattoliche per lo sviluppo d’Europa e del Nord America facenti parte della rete CIDSE. In Italia la campagna è promossa dal membro italiano CIDSE, Volontari nel mondo – FOCSIV, insieme a CARITAS ITALIANA, in collaborazione con Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani/ACLI, Azione Cattolica Italiana, CISL, Comunità di Vita Cristiana/CVX, Conferenza Istituti Missionari in Italia/CIMI, Federazione Università Cattolica/FUCI, Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani/MASCI, Movimento Cristiani Lavoratori/MCL, Movimento Giovanile Salesiano. 32 Traduzione a cura di Paolo Sanguinetti GIUSTIZIA, NO ELEMOSINA Documento della Campagna Internazionale sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio “I POVERI NON POSSONO ASPETTARE” Questa campagna è coordinata dalle agenzie cattoliche per lo sviluppo d’Europa e del Nord America facenti parte della rete CIDSE: Broederlijk Delen - Belgio CAFOD – Regno Unito, CCFD – Francia, Center of Concern – Stati Uniti, Cordaid – Paesi Bassi, Development and Peace – Canada, Entraide et Fraternité – Belgio, Fastenopfer – Svizzera, KOO – Austria, Manos Unidas – Spagna, Misereor – Germania, SCIAF – Scozia, Trocaire – Irlanda, Volontari nel Mondo/FOCSIV – Italia. In Italia la campagna è promossa dal membro italiano della CIDSE, Volontari nel mondo – FOCSIV, insieme a CARITAS ITALIANA, in collaborazione con Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani/ACLI, Azione Cattolica Italiana, CISL, Comunità di Vita Cristiana/CVX, Conferenza Istituti Missionari in Italia/CIMI, Federazione Università Cattolica Italiana/FUCI, Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani/MASCI, Movimento Cristiani Lavoratori/MCL, Movimento Giovanile Salesiano. I.P. Questa Campagna fa parte della Global call to action against poverty.