giustizia, no elemosina

Transcript

giustizia, no elemosina
GIUSTIZIA,
NO ELEMOSINA
Documento della Campagna Internazionale
sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio
“I POVERI NON POSSONO ASPETTARE”
promossa da
in collaborazione con
insieme a
Apg23
Il presente documento è stato realizzato dalla CIDSE
(rete delle principali organizzazioni cattoliche di sviluppo dell’Europa e del Nord America),
con il contributo di Volontari nel mondo - FOCSIV in qualità di membro italiano.
La CIDSE nelle sue attività collabora con la CARITAS INTERNATIONALIS.
Campagna Internazionale sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio
“I poveri non possono aspettare”
c/o Volontari nel mondo – FOCSIV
Via S. Francesco di Sales, 18
00165 ROMA
Tel. 06-6877796 Fax 06-6872373
E-mail [email protected]
Sito della Campagna: www.focsiv.it
INDICE
Premessa
Finanziamenti e Obiettivi di Sviluppo del Millennio
(Millennium Development Goals - MDGs)
Il mercato internazionale
Conclusione
3
4
5
6
Introduzione
7
Obiettivo 8: Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo
8
Un modello di finanziamento per gli MDGs: aiuti e riduzione del debito
Che cosa bisogna fare per raggiungere gli MDGs
Fonti di finanziamento per gli MDGs
Ripensare la riduzione del debito
Un modello di finanziamento per gli MDGs: la giusta combinazione
La necessità di risorse addizionali e stabili
11
12
13
15
18
20
Le
-
21
22
23
25
28
ragioni per un commercio più equo
Agricoltura, riduzione della povertà e MDGs
Politiche agricole e commercio locale
Politiche commerciali internazionali
L’Africa e il commercio iniquo
Conclusioni
31
Lista delle organizzazioni membri della CIDSE
32
Box
1. Gli MDGs: un passo nella direzione giusta
2. La sfida dello sviluppo in un’epoca di povertà e AIDS
3. Assistenza e povertà
4. Il ruolo della donna nell’agricoltura
5. L’agricoltura in Africa Occidentale
6. Un caso: l’impatto dei sussidi
7. Trattative commerciali bilaterali Unione Europea – Africa
7
11
14
22
25
28
30
Tabelle
1. Raggiungere gli MDGs: stima annuale per l’assistenza allo sviluppo
2. Flussi netti dai paesi del G7 e dalle istituzioni multilaterali verso l’Africa
subsahariana, 2002 (Nigeria esclusa)
3. Assistenza bilaterale allo sviluppo settore per settore
12
14
21
1
2
PREMESSA
Quando i paesi del G8 e altri donatori si assumono impegni riguardo agli
Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals, MDGs),
senza fornire le risorse o formulare riforme e strategie politiche per
raggiungerli, si espongono all’accusa di grave cinismo politico a spese dei
poveri del mondo. Molti paesi poveri non realizzeranno gli Obiettivi. Il 2005
rappresenta l’ultima buona occasione per il mondo ricco di mantenere gli
impegni e ridurre la povertà a livello internazionale, collaborando al
raggiungimento degli MDGs. Il presente rapporto espone dettagliatamente
una serie di consigli ed esortazioni per un cambio radicale nella politica di
aiuto a favore dei paesi in via di sviluppo.
Gli MDGs prevedono il dimezzamento del numero di persone che vivono in
fame e povertà, il raggiungimento dell’educazione primaria universale e la
riduzione di due terzi della mortalità infantile entro il 2015. La realizzazione
di questi obiettivi dipende da fattori politico-economici complessi che
coinvolgono sia le nazioni ricche che quelle in via di sviluppo. Una cosa
comunque è certa: senza cambiamenti radicali nelle politiche di
finanziamento allo sviluppo e nelle politiche commerciali, gli MDGs
rimarranno solo un sogno. Il compito di produrre tali cambiamenti spetta
inequivocabilmente ai governi donatori. La semplice crescita delle
opportunità di commercio per i paesi poveri lascerà molte persone escluse
dai mercati locali e internazionali, senza essere in grado di approfittare di
nessuna riforma. Allo stesso modo, aumentare il volume del finanziamento
allo sviluppo senza indirizzare la qualità dell’aiuto o riformare il mercato,
lascerà i PVS (Paesi in Via di Sviluppo), e l’Africa in particolare, esposti ai
tracolli economici e allo scoppio di un’altra crisi del debito. In breve, questo
documento afferma che, da soli, né l’aumento dell’assistenza né un mercato
più equo possono funzionare. Entrambi sono necessari per massimizzare la
riduzione della povertà e renderla sostenibile in quanto offrono ai paesi
poveri la possibilità di sfruttare finanziamenti addizionali per sviluppare la
loro economia interna.
La disuguaglianza di potere economico e politico è una realtà nelle relazioni
tra paesi ricchi e paesi poveri e compromette la qualità dell’assistenza e
della politica a favore dei poveri, riducendo ulteriormente le prospettive di
raggiungimento degli MDGs. La CIDSE1 è convinta che i donatori debbano
affrontare questo problema impegnandosi a sviluppare un partenariato
autentico2.
1
La CIDSE – Cooperazione Internazionale per lo Sviluppo e la Solidarietà- è una rete che riunisce 15 organizzazioni cattoliche
di sviluppo europee e nordamericane e collabora nelle sue attività con CARITAS INTERNATIONALIS. Ispirandosi ai principi
della Dottrina Sociale della Chiesa, CIDSE e CARITAS INTERNATIONALIS sono impegnate nello sradicamento della povertà e
nella promozione dello sviluppo umano.
2
La questione è analizzata più dettagliatamente nel documento della CIDSE More than a Numbers Game? in preparazione per
il Summit del Millenium delle Nazioni Unite.
3
Finanziamenti e Obiettivi di Sviluppo del Millennio
L’aumento del finanziamento per lo sviluppo è un elemento chiave per
permettere ai paesi poveri di raggiungere gli MDGs. Le stime globali
possono variare, ma tutto suggerisce che per raggiungere gli obiettivi è
necessario più del doppio degli attuali stanziamenti. A dieci anni dalla
scadenza prevista nel 2015, la comunità dei donatori non è stata in grado di
identificare e concordare la provenienza delle risorse addizionali. Alcuni Stati
membri dell’Unione Europea intendono portare l’aiuto bilaterale dell’UE ad
almeno lo 0,33 % del Prodotto Nazionale Lordo entro il 2006, ma la maggior
parte dei paesi è molto lontana da questo traguardo, anche se minimo. Le
proposte per creare risorse di finanziamento addizionali attraverso
l’introduzione di un sistema di tassazione globale, come la Tassa sulle
Transazioni Finanziarie, sono state accolte freddamente. I donatori devono
ancora trovare un accordo sul tipo di politiche che un governo destinatario
dei finanziamenti dovrebbe adottare per dimostrare l’impegno “alla riduzione
della povertà, al buon governo e alla riforma economica”.
Sei anni fa, il Summit del G7 a Colonia ha promesso ai paesi poveri
altamente indebitati (Heavily Indebted Poor Countries, HIPC) una riduzione
del debito di 100 miliardi di dollari, così da rendere sostenibile il pagamento
del debito restante. Fino ad ora, è pervenuto meno di un terzo della somma
promessa e secondo la Banca Mondiale, l’Iniziativa HIPC si sta dimostrando
un fallimento nella maggior parte dei paesi debitori.
Il presente rapporto disegna un nuovo modello praticabile per l’incremento
delle risorse finanziare necessarie a realizzare gli MDGs. Il loro
raggiungimento si può ottenere per mezzo dell’assistenza e della riduzione
del debito. Bisogna dare la priorità allo spostamento delle risorse finanziare
attraverso la cancellazione del debito, perché in questo modo si rafforza nei
PVS la proprietà dei flussi e la loro prevedibilità a lungo termine –entrambi
condizioni necessarie per il successo delle relazioni donatore-ricevente. I
livelli dell’assistenza devono essere aumentati massicciamente. Se si vuole
mettere in grado i paesi dell’Africa subsahariana di raggiungere gli MDGs,
bisogna raddoppiare il flusso di aiuti da parte dei paesi donatori (Overseas
Development Assistance, ODA) e portarli a 40 miliardi di dollari l’anno.
Affinché i risultati durino nel tempo, è necessario un cambiamento radicale
nella relazione donatore-ricevente. C’è bisogno di un nuovo e più equilibrato
modello nella gestione dell’assistenza allo sviluppo –un modello che sia
sostenuto da principi più equi di partenariato tra i paesi donatori e l’Africa.
Gli impegni devono essere reciproci. Sia i governi dei Paesi in via di sviluppo
sia i paesi donatori sono tenuti a rendere conto della loro politica per
garantire il mantenimento delle promesse. Nel 2002, i paesi
dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)
hanno dichiarato di voler colmare le lacune finanziare che separano quei
paesi “seriamente impegnati nella riduzione della povertà , nel buon governo
e nelle riforme economiche” dal raggiungimento degli MDGs. A tre anni di
distanza la promessa non è stata ancora mantenuta e sembra sempre più
illusoria.
4
Il mercato internazionale
Le attuali regole di mercato non hanno giovato all’Africa. Studi della Banca
Mondiale e del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP)
dimostrano che i negoziati commerciali dell’Uruguay Round con il loro
disequilibrio di poteri, la loro agenda distorta e la loro scarsa attenzione ai
risultati dello sviluppo, hanno in realtà danneggiato l’Africa3.
Nel 2001, la comunità internazionale ha lanciato un nuovo round negoziale
per lo sviluppo a Doha (Doha Development Round). Fino ad ora, questi
negoziati sono avanzati a passo di lumaca. Le nazioni commercialmente più
ricche si sono dimostrate riluttanti ad appoggiare cambiamenti che
potrebbero far funzionare il mercato a favore dello sviluppo dell’Africa.
Ciò è evidente nel massiccio sostegno e protezione dei Paesi ricchi alla
propria agricoltura. Nonostante il già alto livello dei sussidi all’agricoltura
nelle trattative commerciali, i paesi ricchi hanno usato ogni espediente
durante i negoziati per mantenerli, piuttosto che impegnarsi a mettere fine al
dumping dei propri prodotti nei mercati dei paesi poveri.
Tuttavia, la riforma dei sussidi all’agricoltura è solo uno degli elementi nei
cambiamenti delle relazioni commerciali che permetterebbe all’Africa di
introdurre strategie vincenti di riduzione della povertà.
L’agricoltura è il settore con il maggior potenziale per la riduzione della
povertà e con le maggiori possibilità di una crescita economica sostenibile,
ma è sistematicamente compromesso da politiche commerciali che ignorano
gli interessi dei produttori più poveri e più vulnerabili. La continua
promozione della liberalizzazione del mercato in Africa da parte del primo
mondo è andata di pari passo con il declino dei flussi dell’assistenza e con
politiche di aiuto sempre più restrittive.
Ciò ha danneggiato gravemente la vitalità del settore agricolo e messo a
repentaglio l’esistenza stessa delle persone più povere nella maggior parte
dei Paesi dell’Africa.
L’Africa è seriamente compromessa nella sua capacità di commercio da
gravi carenze, come infrastrutture spaventosamente inadeguate e modelli di
scambio che immobilizzano la regione nella trappola di un commercio di beni
che li impoverisce. I donatori tendono a porre come priorità la spesa sulla
salute e sull’educazione, trascurando uno sviluppo rurale coerente.
Se i negoziati di Doha intendono consentire ai paesi in via di sviluppo di
vincere le sfide alla povertà poste dagli MDGs, allora lo sviluppo deve
essere al centro delle trattative commerciali. Tuttavia fino ad ora si è
assistito solo ad serie eterogenea di piccole concessioni e periodi di
adeguamento nell’ambito di un progetto di liberalizzazione considerato
applicabile a ogni situazione. Nei casi peggiori, come al solito, lo sviluppo è
3
Secondo uno studio della Banca Mondiale, l’impoverimento dell’Africa Sub-Sahariana è stato un risultato degli effetti dei
negoziati commerciali generati dall’Uruguay Round. Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) valuta che,
nell’ambito del WTO dal 1995 al 2004, i 48 paesi meno sviluppati sono più poveri di 600 milioni di dollari l’anno; l’Africa Subsahariana risulta da sola impoverita di 1,2 miliardi di dollari.
5
servito come vuoto slogan per mascherare mercantilismi affaristici. È
un’illusione pensare che l’estrema povertà nei paesi in via di sviluppo possa
essere dimezzata entro il 2015 senza che i paesi ricchi cambino la loro
visione del mercato e dello sviluppo.
Conclusioni
I costi per effettuare i cambiamenti richiesti nell’assistenza e nella politica
commerciale sono sostenibili. Ciò che manca è la volontà politica.
L’ammontare degli aiuti all’Africa equivale alla somma che la popolazione
europea e statunitense spende ogni anno per i propri animali domestici. Le
condizioni di mercato imposte dal mondo ricco intrappolano l’Africa mentre
l’entità degli aiuti rimane troppo bassa e si afferma progressivamente una
forma di investimento che ignora la capacità produttiva della regione
subsahariana.
Dal punto di vista etico, non si può tollerare questa situazione. Dal punto di
vista economico, i costi generali che il mondo ricco dovrebbe affrontare per
apportare i cambiamenti necessari sono relativamente bassi. È una scelta
politica. Se il mondo ricco vuole porsi come leader internazionale, deve
accettarne tutte le responsabilità. È compito nostro, come Primo Mondo,
fornire alle comunità più povere i mezzi per uscire dalla situazione di miseria.
Questa è la decisione che dobbiamo affrontare nell’anno 2005.
6
INTRODUZIONE
Al Vertice del Millennio, i capi di tutti i governi del mondo decisero di
raggiungere i cosiddetti Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium
Development Goals, MDGs) e, con particolare attenzione all’Africa,
promisero di “prendere provvedimenti speciali per affrontare la sfida dello
sradicamento della povertà e dello sviluppo sostenibile in Africa, inclusi la
cancellazione del debito, il miglioramento dell’accesso ai mercati e
l’incremento degli aiuti”4.
Stando alle attuali tendenze, gli MDGs non saranno raggiunti. L’Africa
subsahariana in particolare è rimasta indietro e, a meno di un cambiamento
radicale da parte delle nazioni ricche nella loro politica sul compimento degli
impegni internazionali, la maggior parte degli obiettivi di sviluppo non ha nessuna
possibilità di realizzazione5. Il presente documento denuncia come inaccettabile il
ritardo delle istituzioni e dei governi più ricchi del mondo nel riformare la propria
politica, tenendo conto degli obiettivi di sviluppo umano contenuti negli MDGs6. Si
espongono qui alcune azioni pratiche da intraprendere nelle aree del
finanziamento allo sviluppo e del mercato. Azioni necessarie, se davvero si
devono prendere sul serio gli impegni dei governi più ricchi riguardo al
raggiungimento degli MDGs7. Nella prima sezione si espone la richiesta di un
nuovo partenariato per lo sviluppo tra l’Africa e la comunità internazionale dei
donatori. Nella seconda sezione si espone il progetto di finanziamento addizionale
allo sviluppo necessario e si propone un modello di finanziamento -cosa che al
momento manca nei piani internazionali di donazione. Nella terza sezione si
espone una serie di riforme di mercato, necessarie se si vuole che la riduzione
della povertà in Africa sia estesa e sostenibile.
Box 1. GLI MDGs: un passo nella direzione giusta8
Gli MDGs rappresentano un’importante serie di impegni che sono serviti a riportare la
lotta alla povertà e all’ingiustizia nell’agenda internazionale. Sono impegni globali,
misurabili, diretti e, cosa più importante, richiedono una partnership globale. Sotto
questo aspetto, sono stati accolti calorosamente dalla società civile.
Tuttavia gli MDGs possono presentare anche dei lati negativi, che devono essere tenuti
in considerazione quando si pianificano gli interventi. In qualità di rete delle agenzie
cattoliche, la CIDSE ritiene che questi obiettivi non siano abbastanza ambiziosi –il nostro
scopo è quello di eliminare la povertà e raggiungere la giustizia sociale. Se interpretati
alla lettera, gli MDGs possono portare con sé una serie di problemi: il radicamento di
approcci dall’alto che perseguono obiettivi globali piuttosto che le priorità nazionali;
l’enfasi sulla rapidità piuttosto che sulla qualità; l’incapacità di distinguere tra pratiche di
governo buone e cattive9. La CIDSE insiste sul fatto che i donatori riconoscano che,
nell’affrontare gli MDGs, il procedimento è più importante dell’obiettivo stesso. La
semplice ricerca della realizzazione dell’obiettivo comprometterebbe la lezione di
partecipazione e responsabilità, che è difficile da misurare ma essenziale per lo sviluppo.
4
Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite–2000 - http://www.un.org/millennium/declaration/ares552e.htm
UN-MDG Progress Report
6 Questo documento si concentra sul raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo nell’Africa sub-sahariana per la povertà estrema
e persistente che caratterizza questo continente. Inoltre l’Africa sarà la priorità discussa al G8 di Scozia nel luglio 2005.
Tuttavia per la CIDSE le tematiche trattate e le strategia politiche sono applicabili ugualmente ai paesi a basso reddito al di fuori
dell’Africa come ad alcuni paesi a medio reddito.
7
Altre proposte sulle riforme governative e sulla localizzazione delle risorse sono contenute nel documento della CIDSE More
than a Numbers Game? The MDGs and the root causes of poverty. in preparazione del Summit del Millennio delle Nazioni unite
8
Dati dello Human Development Report 2003 (UNDP, 2003).
9
L’obiettivo n. 1, ad esempio, non fa differenza tra un regime totalitario che “dimezza la povertà” su basi etniche o un governo
che permette ai poveri di partecipare attivamente alle politiche finanziare. Allo stesso modo, politiche controverse possono
essere adottate in nome degli MDGs senza considerare gli impatti a lungo termine o la distribuzione dei beni.
5
7
L’obiettivo 8:
Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo
“Il partenariato per lo sviluppo è una relazione in cui entriamo
volontariamente, con agenzie a noi affini nel sud del mondo, basata su una
visione condivisa della società umana caratterizzata dalla giustizia alla luce
della quale assumiamo u impegno reciproco da condividere”
Definizione di “partenariato” della CIDSE
Nonostante l’impegno che i paesi donatori dichiarano a favore dello sviluppo
del partenariato con i governi destinatari, la realtà fa pensare che i donatori
in generale non capiscano cosa significhi lavorare in partnership. I donatori
di norma continuano a destinare finanziamenti a progetti e programmi e ad
imporre condizioni dettagliate e controlli istituzionali. Ciò compromette la
responsabilità dei governi destinatari agli occhi dei loro cittadini e dei
rappresentanti della società civile. Gli aiuti condizionati indeboliscono le
motivazioni dei governi destinatari a essere trasparenti e responsabili e
pregiudica la capacità di far pervenire le risorse pubbliche ai beneficiari
designati, i poveri. I donatori dovrebbero prestare attenzione alle numerose
ed autorevoli prove che dimostrano che le condizionalità imposte dal Fondo
Monetario Internazionale (FMI) non sono state in grado di produrre risultati a
favore dei poveri o di rendere possibile le riforme auspicate dai donatori10.
In continui comunicati, il G8, il gruppo degli otto paesi più ricchi del mondo,
ribadisce gli impegni dei donatori a migliorare il coordinamento degli aiuti e
ad armonizzare le politiche di assistenza. Ma al di fuori della comunità
ufficiale dei donatori, il progresso rimane incresciosamente inadeguato.
Alcune stime dimostrano che i governi destinatari impiegano metà del loro
tempo in attività correlate alle donazioni piuttosto che nel miglioramento
dell’amministrazione pubblica11.
C’è bisogno di un nuovo tipo di relazione tra donatore e paese ricevente
negli ambiti dell’assistenza, del commercio e del debito, basata sul
riconoscimento di un ruolo maggiore delle nazioni e delle popolazioni più
povere nelle decisioni chiave che incidono sulle loro vite e sulle loro
economie. Consideriamo opinabile l’affermazione secondo cui il successo
dello sviluppo in Africa – cioè, il raggiungimento di una situazione in cui i
governi destinatari e le istituzioni lavorano per il progressivo sviluppo umano
– deriverebbe dagli approcci scontatamente paternalistici e interessati dei
donatori, approcci che hanno in gran parte caratterizzato le relazioni
donatori-destinatari.
I donatori farebbero bene a fare tesoro della concezione di partenariato
sviluppata dalle organizzazioni non governative (ONG). Alcune ONG hanno
10
IEO Evaluation of Poverty Reduction Strategy Papers (PRSPs) and the Poverty Reduction and Growth Facility (PRGFs) luglio
2004; IEO Evaluation of “The Prolonged Use of Fund Resources” 2002; External Evaluation of the ESAF 1998.
11
Banca Mondiale, Can Africa Claim the 21st Century? (World Bank, 2000) p.45.
8
imparato che una più vasta partecipazione da parte delle comunità più
povere e degli altri destinatari è fondamentale per raggiungere uno sviluppo
sostenibile. Come rete delle agenzie cattoliche per lo sviluppo, la CIDSE è
convinta che si debbano adottare i seguenti principi12 e le seguenti misure
pratiche per fare in modo che la comunità globale riesca a costruire un
genuino partenariato per lo sviluppo e a realizzare gli MDGs:
• I partenariati per lo sviluppo funzionano meglio quando sono basati
sul principio di mutua obbligazione. La Dichiarazione del Millennio
implica una serie di obblighi per i donatori e i destinatari basati su obiettivi
comuni. Oggi esistono pochi, se non nessuno strumento per ricordare ai
donatori la responsabilità di adempiere ai loro impegni nei confronti dei
governi destinatari (esclusi i parlamentari, le organizzazioni della società
civile o le camere di commercio). Le politiche di donazione condizionata e
basata sulla gerarchia delle nazioni sono incostanti e troppo spesso
soggette a cambi capricciosi nelle priorità strategiche.
Raccomandazione ai donatori:
Un più autentico partenariato per lo sviluppo richiede che gli strumenti
politici e di finanziamento, come le condizioni per l’assistenza
finanziaria o le agevolazioni dell’FMI per la riduzione della povertà
(Poverty Reduction and Growth Facility), siano il prodotto di un dialogo
e che emergano da processi locali; che siano complementari agli
obiettivi di riduzione della povertà fissati dai governi destinatari in
collaborazione con gli organi legislativi, con il settore privato, con le
organizzazioni della società civile e con gli organismi religiosi.
Attualmente, i donatori impongono sanzioni troppo spesso sotto forma
di sospensione degli aiuti. La CIDSE crede che le sanzioni debbano
essere reciproche, condivise e prevedibili. In altre parole, il mancato
adempimento degli impegni da parte dei donatori dovrebbe essere a
sua volta soggetto a sanzioni.
• Il partenariato per lo sviluppo destinato ad aiutare le comunità più
povere deve essere progettato sulla base del principio di
sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà afferma che le politiche di
sviluppo hanno più successo quando sono formulate e riconosciute dalla
realtà in cui saranno messe in atto. La sussidiarietà richiede che gli
interessi dei poveri e degli emarginati siano elementi centrali nel
processo di formulazione delle politiche di intervento. È più facile che la
relazione donatore-ricevente funzioni meglio quando il dialogo supera il
paternalismo che caratterizza eccessivamente le interazioni dei donatori
con i governi destinatari. Bisogna garantire la partecipazione di gruppi più
vasti nel paese interessato, nel quadro di processi di pianificazione ciclici,
aperti e partecipativi. La relazione di assistenza deve essere fra paesi e
non solo fra rappresentanti ufficiali.
12
Tools For Developmental Partnership Report nel forum CIDSE sul Partenariato –
http://www.cidse.org/docs/200411101509396708.pdf
9
Raccomandazione ai donatori:
Le decisioni sulle direttive della relazione di assistenza devono essere
prese in forum e tavole rotonde più ampie, coinvolgendo i donatori, i
governi, la società civile, il settore privato e i rappresentanti
parlamentari.
• Il coinvolgimento di molteplici attori locali nelle responsabilità del
processo di formulazione delle politiche di assistenza richiede
trasparenza e informazione. Oggi le negoziazioni fra governi donatori e
destinatari sono riservate ed esclusive. Decisioni con conseguenze di
vasta portata sono spesso prese senza che i parlamentari o altri effettivi
rappresentanti delle popolazioni povere ne vengano a conoscenza.
Come primo passo, i donatori di aiuti bilaterali devono rendere pubbliche
e diffondere le informazioni sul finanziamento allo sviluppo, sulla politica
di assistenza e su programmi bilaterali13.
Raccomandazione ai donatori:
Nello sviluppo di dinamiche responsabili di credito e debito, i
donatori hanno il compito di rendere pubblici gli accordi di prestito
nuovi o già esistenti. I donatori dovrebbero rendere pubblica una
lista di opzioni di finanziamento per lo sviluppo.
13
Per esempio, il Jubilee Zambia ha richiesto che il processo di contrazione del debito sia soggetto a meccanismi di
supervisione costituzionale, includendo rappresentanti della società civile, settore privato, organi governativi e parlamentari, a
salvaguardia da prestiti e interessi irresponsabili.
10
UN MODELLO DI FINANZIAMENTO PER GLI MDGs:
AIUTI E RIDUZIONE DEL DEBITO
Il problema dell’attuale sistema di assistenza è che le molte priorità e le
molte promesse dei donatori devono fare i conti con la scarsa disponibilità di
denaro. Al summit del G8 tenutosi a Kananaskis in Canada nel 2002, i
donatori hanno preso con l’Africa un importante impegno: “A nessuna
nazione sinceramente impegnata a ridurre la povertà, a rafforzare il buon
governo e le riforme economiche sarà negata la possibilità di realizzare gli
Obiettivi del Millennio per mancanza di finanziamento” [Piano d’Azione per
l’Africa del G8]. A tre anni di distanza, quella promessa non è stata ancora
mantenuta e appare sempre più vana.
Ad oggi i donatori non hanno ancora individuato le fonti dei finanziamenti o
la loro forma, né hanno stabilito i criteri per giudicare se una nazione è
“sinceramente impegnata a ridurre la povertà, a rafforzare il buon governo e
le riforme economiche”.
I donatori devono formulare urgentemente una strategia di finanziamento
degli MDGs che identifichi i termini per la concessione e la provenienza dei
fondi addizionali per lo sviluppo. Questa sezione suggerisce alcuni elementi
da tenere in considerazione nella proposta di ogni nuovo modello di
finanziamento degli MDGs. Ma prima bisogna definire la grandezza della
sfida che la ricerca di fondi per gli MDGs deve affrontare.
Box 2. La sfida dello sviluppo in un’epoca di povertà e AIDS
In Zambia il governo ha recentemente abolito la tassa di iscrizione alle scuole elementari.
Gli alunni sono spesso più di 100 per classe. La difficoltà a reclutare e formare nuovi
insegnanti è aumentata a causa della diffusione dell’HIV/AIDS. In alcune aree, il governo
dovrà incrementare il numero degli insegnanti del 25% solo per rimpiazzare quelli morti o
che stanno per morire a causa di tale malattia.
Joshua Daka, preside della Scuola elementare “Mbozi” di Chinata, Zambia: “Ci sono
molti alunni orfani nella nostra scuola. Più di 90 hanno perso uno o entrambi i genitori.
Le cose stanno peggiorando. Questo incide sull’istruzione perché i bambini non hanno i
soldi per i vestiti e non sono nutriti a sufficienza. Hanno difficoltà a concentrarsi. Se non
possono essere mantenute in casa, molte ragazze si sposano per avere un aiuto dal
marito”. La paga mensile di un insegnante di scuola elementare in Zambia non copre le
spese per l’alimentazione di una famiglia di medie dimensioni14.
14
Il Centro Gesuita per la Riflessione Teologica, partner di CAFOD, produce mensilmente un “indice del costo della vita” che
indica l’abbassamento dei salari di molti lavoratori del settore pubblico, ben al di sotto del costo del “paniere di beni alimentari”.
Vedi http://www.jctr.org.zm
11
Che cosa bisogna fare per raggiungere gli MDGs
Il fattore politico-sociale è considerato decisivo nel sostenere le condizioni
locali necessarie al raggiungimento degli MDGs, così come assolutamente
centrale è la necessità di un finanziamento addizionale.
Il rapporto sul “Millennium Development Goal Needs Assessment” del
Progetto per il Millennio stima che i tre paesi africani presi in esame
(Uganda, Tanzania e Ghana) avranno bisogno di circa 50 dollari a persona
di assistenza addizionali all’anno per raggiungere gli MDGs.
Estrapolando questa media (e tenendo conto delle previsioni di crescita
della popolazione) la CIDSE stima che l’Africa subsahariana avrà bisogno di
più di 40 miliardi di dollari di assistenza estera all’anno, cioè più del doppio
dei 18 miliardi stanziati nel 2002. Le stime della CIDSE trovano riscontro nei
dati (38 miliardi di dollari) riportati nel Global Poverty Report 2002 della
Banca Africana per lo Sviluppo e nella valutazione preliminare per difetto
riportata nella bozza del “Global Plan to Achieve the Millennium
Development Goals” del Progetto per il Millennio (41-78 miliardi di dollari).
Questa stima è ampiamente corroborata dall’analisi casistica della CAFOD,
agenzia membro della CIDSE, effettuata sulla base di varie fonti15 (vedi
tabella 1).
Raccomandazione ai donatori:
Per rendere possibile all’Africa subsahariana il raggiungimento degli
MDGs, le nazioni più ricche del mondo devono aumentare l’aiuto
finanziario ai programmi di riduzione della povertà dei governi della
regione di almeno 40 miliardi di dollari all’anno.
Tabella 1.
Raggiungere
gli MDGs:
Stima annuale
per l’assistenza
allo sviluppo
15
Fonti: IDS-DAC on-line database (for current aid flows), Millennium Development Goals Needs Assessment (Millennium
Project, 2004). Per i bisogni di assistenza dell’Etioia: Supporting Sound Policies with Adequate and Appropriate Financing
(World Bank, 2003).
12
Aumentare i flussi ufficiali di aiuti è l’unico modo realistico per provvedere al
finanziamento addizionale necessario per raggiungere gli MDGs in Africa.
Secondo le stime del Development Assistance Commitee (DAC) dell’OCSE,
al momento l’intero pacchetto di aiuti per l’Africa subsahariana –inclusi
sovvenzioni e nuovi prestiti- ammonta a 18 miliardi di dollari all’anno16, cioè
poco più di quanto la popolazione europea e statunitense spende per i propri
animali domestici ogni anno. Il totale delle sovvenzioni erogate ai governi
africani ogni anno è di poco superiore agli 11 miliardi di dollari17, circa la
stessa cifra spesa da europei e statunitensi per le vacanze in crociera 18.
Fonti di finanziamento per gli MDGs
Prima di proporre i progetti di riforma dell’assistenza e delle politiche sul
debito necessari per raggiungere gli MDGs, è importante identificare le fonti
di finanziamento e il loro ruolo.
Le fonti di finanziamento su cui i paesi a basso reddito possono
realisticamente contare sono limitate ai settori privati di investimento locali e
internazionali, alle rimesse, al commercio e ai flussi di capitali sotto forma di
aiuti e riduzione del debito. Molte di queste fonti sono vincolate alla crescita
economica in Africa e nel mondo. La sfida consiste nel combinare le diverse
risorse di finanziamento in maniera da rendere gli MDGs raggiungibili.
Mentre i flussi del settore privato devono costituire una parte importante
delle risorse, nei paesi a basso reddito sono i flussi dalle fonti ufficiali –cioè
aiuti, sovvenzioni, cancellazione del debito e nuovi prestiti – a rappresentare
la maggior quota di capitali19. È perciò importante non solo esaminare
l’ammontare dei flussi di capitali ufficiali, ma anche la loro efficacia come
strumenti di sviluppo.
Se la comunità dei donatori è seriamente intenzionata a raggiungere gli
MDGs, la questione non sarà solo di assicurare un finanziamento sufficiente,
ma anche di fare in modo che gli strumenti di finanziamento siano
sufficientemente prevedibili e flessibili per rispondere ai bisogni dei paesi a
basso reddito. Al momento, i flussi di aiuti non sono prevedibili e sono
quattro volte più instabili del reddito derivato dalle entrate locali20.
16
Fonte: IDS-DAC
Ibidem
Cifre della spesa per il cibo animali domestici (17 miliardi di dollari) e crociere (11 miliardi di dollari) da State of the World
2004 – Special Focus: The Consumer Society (Worldwatch Institute).
19
UNDP, Human Development Report 2003 (UNDP, 2003) p.293. Nel 2001, i flussi di aiuto a tutti I LDC ammontavano ad una
media del 7,5% del GDP, comparati alla media del flusso di investimento diretto, pari al 2,2% del GDP. Dove le cifre sono
disponibili, esse mostrano una media del deflusso di altri flussi privati dello 0,5% del GDP.
20
Bulir, Ales e A. Javier Hamann, Aid Volatility: An Empirical Assessment (IMF Staff Papers, Vol 50 No. 1 IMF 2003).
17
18
13
Box 3. Assistenza e povertà
“C’è una grande attenzione da parte dei donatori alle consulenze, alla pianificazione dei
programmi, alle missioni, agli studi; ma non alla loro applicazione. La maggior parte del
denaro ritorna al donatore attraverso queste attività, condotte dal donatore stesso. A
volte si assiste a un inutile sdoppiamento della ricerca: quando un donatore fa uno
studio è seguito dalla Banca Mondiale che, per mezzo di un consulente, analizza la
stessa questione”
Donatore ufficiale anonimo alla CAFOD, membro della CIDSE, in Mozambico, 2004
Come mostra la tabella 2, la cifra netta di aiuti che arriva nei budget dei
governi destinatari è minore della metà della somma di aiuti ufficiali all’Africa.
In più, quasi un quarto di tutti i flussi ufficiali lordi ritornano al mittente sotto
forma di risarcimento del debito, limitando pesantemente la capacità dei
paesi a basso reddito di sviluppare e perseguire le proprie priorità di
sviluppo. I governi africani spendono le entrate derivate dalle tasse, su cui
hanno il completo controllo, per l’assistenza allo sviluppo che è spesso
vincolata alle priorità dei donatori.
Raccomandazione ai donatori:
Il miglioramento dell’efficacia degli aiuti pone due sfide:
• I donatori si devono impegnare a rispettare un calendario che
assicuri la stabilità e la prevedibilità dei finanziamenti e che sia
adattabile alle politiche di riduzione della povertà del paese
ricevente.
• I propositi e i termini di nuovi aiuti devono essere resi
pubblicamente disponibili a tutti i possibili attori nei paesi
destinatari.
Tabella n°2
Flussi netti
dai paesi del G7
e dalle istituzioni
multilaterali
verso l’Africa
subsahariana,
2002
(Nigeria esclusa)
14
RIPENSARE LA RIDUZIONE DEL DEBITO
Anche riguardo al debito i paesi più ricchi del mondo non hanno mantenuto
le promesse verso i PVS. Al G7 di Colonia del 1999, i capi dei governi delle
sette nazioni più ricche del mondo hanno promesso una riduzione del debito
pari a 100 miliardi di dollari. Ad oggi, solo 31 miliardi sono stati tagliati. La
Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno promesso che
nei successivi incontri si sarebbe provveduto a ridurre il debito in modo da
rimuovere il peso di debiti insostenibili dalle economie dei Paesi Poveri
Altamente Indebitati (HIPC). Qualsiasi giudizio sui benefici derivati
dall’Iniziativa per i paesi HIPC deve essere formulato sulla base dell’analisi
dell’ impatto che questa iniziativa ha avuto sui paesi interessati. I risultati
possono essere considerati modesti.
• La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale stimano che
entro il raggiungimento del “Completion point”21 da otto a dieci dei paesi
HIPC più danneggiati dal crollo dei prezzi delle merci avranno una
rapporto debito/esportazioni più alto di quello del 150% fissato dalla
Iniziativa HIPC.
• Più della metà dei paesi HIPC spende circa il 15% delle entrate
governative per ripagare il debito22.
La CIDSE ha a lungo sostenuto che l’uso di un criterio analitico inadeguato –
il rapporto debito/esportazioni - per giudicare la sostenibilità del debito da
parte di un paese è il difetto principale dell’Iniziativa HIPC. Pensiamo che
l’analisi delle sostenibilità del debito da parte di paesi a basso reddito debba
prendere in considerazione una serie più ampia di indicatori dello sviluppo
umano. La capacità di recuperare valuta estera per mezzo delle esportazioni
è un elemento importante in qualsiasi analisi della sostenibilità di un debito
contratto in valuta estera. Ma per i paesi a basso reddito, affetti da povertà
estrema e diffusa, gli elementi cruciali del modello analitico devono essere le
entrate fiscali del governo effettivamente disponibili e la connessione
reciproca tra il mantenimento degli obblighi di solvenza del debito e il
finanziamento ai programmi di riduzione della povertà.
Detto ciò, è pur vero che l’Iniziativa HIPC ha fornito finanziamenti per lo
sviluppo della lotta alla povertà. Poiché l’Iniziativa ha dimostrato che la
riduzione del debito apporta chiari benefici allo sviluppo, la CIDSE –come gli
stessi paesi in via di sviluppo- esige nuovi criteri di sostenibilità del debito
che mettano in primo piano lo sviluppo.
• Nei paesi altamente indebitati che hanno raggiunto il “Decision point”23
nell’Iniziativa HIPC, la spesa per il sociale è aumentata in una
percentuale oscillante fra il 20 e il 50%. Il Mozambico ha introdotto un
programma gratuito di vaccinazione per l’infanzia. Le tasse di frequenza
21
Il livello al quale il debito è attualmente cancellato.
Northover, Lemoine, Ladd, Drapkin and Kline, A Joint Submission to the World Bank and IMF Review of HIPC and Debt
Sustainability (CAFOD, Christian Aid, Oxfam, Eurodad, August 2002) – http://www.cafod.org.uk/policy.
23
Il punto raggiunto il quale i debitori si impegnano a rendere il debito “sostenibile”.
22
15
per le scuole elementari sono state abolite in Uganda, Malawi e Tanzania
e nelle zone rurali del Benin. Mali, Mozambico e Senegal hanno in
programma di aumentare la spesa per la prevenzione dell’HIV/AIDS.
• La richiesta di consultare la società civile nella formulazione della
Strategia per la Riduzione della Povertà (Poverty Reduction Strategy
Paper – PRSP) ha aiutato ad aumentare la capacità delle popolazioni
povere di influenzare i processi di allocazione delle risorse nazionali24 .
• Uganda e Mozambico, tra i primi beneficiari della riduzione del debito e
dell’aumento degli aiuti, hanno raggiunto tassi di crescita annuale di più
del 5%. Due studi del FMI mostrano come la riduzione del debito abbia
un effetto positivo sui tassi di crescita, mentre le forme convenzionali di
aiuto non producono la stessa dinamica25.
Le ONG impegnate nel settore continuano a sostenere un’ulteriore riduzione
del debito come un sistema di trasferimento delle risorse efficace ed
efficiente. La riduzione del debito ha altri vantaggi rispetto alle forme
tradizionali di assistenza allo sviluppo. Una volta attuata, i suoi risultati sono
altamente prevedibili. Secondo uno studio del FMI, ha effetti di contenimento
dell’inflazione26. L’annullamento del debito può anche alleviare la pressione
sui prestiti nazionali, aumentando la disponibilità del credito interno e
riducendone i costi con un effetto stimolante sulla crescita economica.
Fornendo de facto supporto economico, la cancellazione del debito riduce i
costi di transazione da parte dei donatori e valorizza la responsabilità dei
governi locali.
Un argomento chiave nel dibattito tra le ONG e i creditori è il tipo di criteri
usato per misurare la sostenibilità del debito. In sostanza, si tratta di un
dibattito riguardo agli obiettivi della riduzione del debito. Per i creditori questi
obiettivi si sono rivelati, nell’Iniziativa HIPC, estremamente confusi27. Per loro
la promozione dell’ Iniziativa HIPC rafforzata, includeva l’incremento di fondi
e un maggiore stimolo alla riduzione della povertà. Ma per gli artefici di
questa politica, la Banca Mondiale e il FMI, l’obiettivo centrale non era
l’ipotetica sostenibilità del debito, che avrebbe messo i paesi debitori nella
posizione di poter differire i pagamenti. Nel quadro dell’Iniziativa HIPC è
perfettamente plausibile considerare sostenibile il debito di un paese che
non ha soldi da spendere per ridurre la povertà. La CIDSE è convinta che
questo sia un abuso del termine “sostenibilità”.
In risposta alle continue campagne delle ONG, alcuni grandi creditori –in
particolare il governo del Regno Unito- hanno proposto di cancellare il debito
a quei paesi che hanno raggiunto e sorpassato il Completion Point fissato
nell’Iniziativa HIPC. La CIDSE è convinta che questa sia una azione
necessaria se si vuole che l’Africa massimizzi le prospettive di
raggiungimento degli MDGs. Ma la proposta ha i suoi limiti. Alcuni paesi
24
Northover, Lemoine, Ladd, Drapkin and Kline, A Joint Submission to the World Bank and IMF Review of HIPC and Debt
Sustainability (CAFOD, Christian Aid, Oxfam, Eurodad, August 2002) – http://www.cafod.org.uk/policy
Clements, Benedict, Rina Bhattacharya and Toan Quoc Nguyen, External Debt, Public Investment, and Growth in Low-Income
Countries (IMF Working paper 2003); Pattillo, Catherine, Helene Poirson and Luca Ricci, External Debt and Growth (IMF
working paper April 2002).
26
Reinhart, Carmen M. and Kenneth S. Rogoff, Africa: The Role of Price Stability and Currency Instability (IMF).
27
Vedi: Banca Mondiale, Evaluation of HIPC 2003.
25
16
africani, in particolare la Nigeria, sono afflitti dai debiti ma non sono idonei
per i meccanismi di riduzione del debito negli stessi termini di altri paesi
HIPC. C’è bisogno di un nuovo approccio all’assistenza e al debito, con al
centro il finanziamento degli MDGs, per assicurare l’equità di trattamento per
i paesi a basso reddito, sia per quelli altamente indebitati che per quelli liberi
da debiti.
Raccomandazioni ai donatori:
L’atteggiamento dei paesi donatori nei confronti del debito deve essere
urgentemente riesaminato tenendo in considerazione i seguenti tre
punti.
• Le condizioni per il finanziamento degli MDGs devono
rappresentare un elemento centrale dell’analisi della sostenibilità
del debito. In base a questo approccio analitico, paesi come la
Nigeria devono essere considerati idonei alla riduzione del debito in
termini paragonabili a quelli di altri paesi a basso reddito.
• Bisogna imporre un meccanismo istituzionale più giusto e più
inclusivo, in cui i creditori non abbiano più il monopolio decisionale
sulle questioni riguardanti il debito28.
• Il processo di concessione dei crediti e gestione del debito deve
coinvolgere il maggior numero di attori nei paesi destinatari. I
donatori e i creditori devono rendere pubbliche le informazioni
riguardo ai futuri flussi di aiuto, inclusi i livelli delle condizioni di
idoneità e i dettagli degli accordi conclusi con i governi destinatari.
28
CIDSE, insieme alle ONG internazionali ha proposto il “Fair and Transparent Arbitration Process” (FTAP), che si baserebbe
sui
processi
di
insolvenza
US,
capitoli
9
e
11.
Vedi
CIDSE-CI
documento
politico
http://www.cidse.org/docs/200410291009437888.pdf
17
Un modello di finanziamento per gli MDGs:
la giusta combinazione
L’unanimità riguardo agli MDGs li ha resi dei nuovi “standard dorati” della
cooperazione internazionale allo sviluppo. Le politiche e le azioni di
assistenza sono giudicate sempre più in relazione allo sforzo nel
raggiungimento degli MDGs. La CIDSE propone un approccio comune al
finanziamento dei paesi a basso reddito: cancellare il debito nei paesi
altamente indebitati come soluzione efficiente al problema del trasferimento
delle risorse per lo sviluppo e fornire corrispondenti somme di aiuti ai paesi a
basso reddito non indebitati.
L’identificazione del divario finanziario, cioè quelle situazioni che non
possono essere risolte dalle entrate nette dei governi locali, deve essere il
punto di partenza per qualsiasi modello di finanziamento degli MDGs.
Questo divario deve essere colmato dai flussi di finanziamento esterni.
Sono essenzialmente due i canali dei flussi di finanziamento: gli aiuti e la
riduzione del debito. Proponiamo di colmare il divario con fondi provenienti
da questi due canali in base ad indicatori delle migliori procedure per la
gestione dell’assistenza allo sviluppo.
Si deve decidere se trasformare l’assistenza allo sviluppo prevista negli
MDGs in aiuti (e in questo caso, se farlo sotto forma di supporti ai conti
pubblici, sovvenzioni, prestiti, progetti e programmi di aiuto..), oppure
cancellare o diminuire il debito. La decisione dipenderà:
• dalla quantità e dalla miglior combinazione fra prestiti e riduzione del
debito, di cui i paesi hanno bisogno per massimizzare le prospettive di
crescita economica29.
• dalle forme di trasferimento delle risorse che rafforzeranno l’enfasi sulla
lotta alla povertà e su una gestione accorta delle risorse pubbliche da
parte dei governi destinatari.
• dalle forme dell’assistenza allo sviluppo che rafforzeranno la
pianificazione dei trasferimenti di risorse e che ridurranno i costi di
transazione e la scarsa trasparenza che troppo spesso si verificano
quando i destinatari devono rendere conto a molteplici donatori.
I calcoli futuri sulla sostenibilità del debito dovranno includere una
valutazione sulle possibili entrate nette disponibili30 per i governi destinatari o
debitori. Sono state proposte molte varianti di questo modello31, ma il
principio fondamentale è che il calcolo dell’ammontare del pagamento del
debito che i governi possono sostenere deve dare priorità alla spesa per la
29
Vedi il documento CAFOD “Debt relief and new borrowing for Africa” del settembre 2003. www.cafod.org.uk/policy. Le
considerazioni includono i livelli di debito e prestito richiesti per ottimizzare la crescita economica e i tipi di crescita che sono a
favore dei paesi poveri. Il Fondo Monetario Internazionale ha prodotto due documenti proponendo che, le prospettive di crescita
economica dei paesi a basso reddito, necessitano debiti che devono essere di almeno un terzo inferiori alle forniture
nell’Iniziativa dei creditori dei paesi HIPC.
30
Un approccio alle entrate nette disponibili, dovrebbe includere anche le ricevute dei flussi di donazione.
31 Northover, Joyner and Woodward, A Human Development Approach to Debt Sustainability Analyses for the World’s Poor
(CAFOD 1998 and 2001).
18
lotta alla povertà e per il raggiungimento degli MDGs, ribaltando così la
logica degli attuali criteri di sostenibilità del debito. La CIDSE sta avanzando
la proposta che il debito debba essere pagato con le risorse rimanenti dopo
aver allocato le spese e gli investimenti necessari per gli MDGs.
In base a calcoli preliminari, molti paesi HIPC e alcuni paesi non altamente
indebitati come la Nigeria, avranno bisogno di una totale cancellazione del
debito e un ulteriore flusso di aiuti se le loro entrate verranno destinate a
colmare il divario economico che li separa dagli MDGs32.
Considerando i vantaggi della riduzione del debito rispetto alla politica degli
aiuti, la CIDSE propone che la cancellazione del debito divenga una priorità,
seguita da aiuti supplementari, laddove un paese a basso reddito sia
indebitato e l’impegno del governo a utilizzare le risorse per la riduzione
della povertà sia dimostrabile33. L’ammontare totale, in forma di aiuto o
diminuzione del debito, verrebbe determinato dalle lacune nel finanziamento
alla lotta alla povertà o al raggiungimento degli MDGs. Questo approccio
sarebbe applicato anche ai paesi a basso reddito, ma non altamente
indebitati in cui gli attuali flussi di aiuti e le entrate sono insufficienti per
finanziare gli MDGs. In questi casi, la diminuzione del debito dovrebbe
essere la priorità, seguita da una combinazione di concessioni finanziarie e
sovvenzioni.
Raccomandazione ai donatori
I donatori devono sostenere un modello di finanziamento che individui
il divario economico per raggiungere gli MDGs e le risorse finanziarie
da usare per colmarlo. Una gestione trasparente e responsabile delle
risorse pubbliche e una più ampia partecipazione di attori locali
nell’allocazione degli aiuti per lo sviluppo devono essere considerate
condizioni di idoneità per l’aumento dell’assistenza e la riduzione del
debito. Gli attori locali devono includere rappresentanti effettivi dei
poveri.
32
Greenhill, Romilly and Elena Sista, Real HIPC Progress Report (Jubilee Research, Sept 2003).
33
Si possono usare tre criteri per giudicare se un governo è effettivamente impegnato nella riduzione della povertà: i) la
trasparenza nella gestione finanziaria delle risorse, ii) la pianificazione di programmi per la riduzione della povertà, iii) controllo
delle risorse pubbliche da parte di vari attori.
19
La necessità di risorse addizionali e stabili
L’attuale instabilità e imprevedibilità dei flussi di aiuto rappresenta un serio
impedimento nella pianificazione degli MDGs. È essenziale trovare un
meccanismo più stabile e regolabile per finanziare le spese sociali ricorrenti
e gli investimenti di capitali.
Primo, i governi dell’OCSE devono programmare dei calendari e rispettare
impegni di bilancio annuali per incrementare gli aiuti, in linea con l’impegno,
preso 37 anni fa, di spendere lo 0,7% del prodotto interno lordo in aiuti a
paesi stranieri.
L’ultima domanda è: da dove arriveranno i fondi per colmare le lacune
finanziarie una volta identificate? Ad oggi sono state avanzate molte
proposte.
La CIDSE appoggia l’introduzione di un sistema di tassazione globale – e in
particolare la Tassa sulle Transazioni Finanziarie34. I vantaggi di una simile
tassazione sono molteplici. Dà la possibilità di realizzare una più equa
ripartizione della ricchezza e di creare una situazione economica più stabile
e allo stesso tempo raccogliere fondi che verrebbero spesi per il
finanziamento degli MDGs. La attuabilità di una Tassa sulle Transazioni
finanziarie è stata confermata nel Rapporto Landau sponsorizzato dal
governo francese e dalla Banca Mondiale nel 200435.
Il governo del Regno Unito ha proposto una Agevolazione Finanziaria
Internazionale come misura per aumentare i flussi finanziari a breve termine.
La CIDSE è preoccupata dalla possibilità che un simile approccio possa
avere degli effetti negativi nei flussi di aiuti dopo il 2015. Ci sono anche
richieste di vendere o rivalutare le riserve auree del FMI nel lungo periodo in
modo da non danneggiare i redditi derivanti dall’esportazione di oro delle
nazioni in via di sviluppo.
Raccomandazione ai donatori:
Non è una condotta politicamente difendibile, da parte della comunità
dei donatori, dare un appoggio di facciata agli obiettivi di riduzione
della povertà concordati a livello internazionale e al contempo rifiutarsi
di fornire le risorse finanziarie per raggiungerli. Il compimento degli
MDGs richiede molto più che proposte e promesse: è arrivato il
momento di mobilitare risorse per lo sviluppo nuove e stabili.
Altrimenti il grande divario tra retorica e realtà, tra le promesse degli
MDGs e la penosa mancanza di risorse per mantenerle, espone i paesi
più ricchi del mondo all’accusa di grave cinismo politico. È ora di agire.
34
http://www.cidse .org/docs/200411250951166236.pdf
35
L’attuabilità della Tassa sulle Transazioni Finanziarie (CTT) è stata approvata dalla Banca Mondiale in una nota di
preparazione al Comitato di Sviluppo all’incontro annuale nel 2004. Anche il governo belga ha predisposto una adeguata
legislazione perché la Tassa sia applicata non appena l’accordo su di essa sarà presentato agli stati membri. Vedi l’allegato 1
del documento politico della CIDSE, Redistribution through Innovative Measures: A currency transactions tax (CIDSE, October
2004), http://www.cidse.org/docs/200411250951166236.pdf
20
LE RAGIONI PER UN COMMERCIO PIÙ EQUO
I livelli delle entrate dei paesi più poveri non sono solo bassi ma anche
suscettibili di pesanti fluttuazioni dovute a cause esterne. Più povero è il
paese e più grande è la sua vulnerabilità a shock economici frequenti e
prolungati36. I paesi che sono altamente dipendenti da uno o due tipi di
prodotti, per lo più agricoli, hanno maggiore probabilità di rimanere poveri e i
progetti di riduzione del debito nel passato hanno spesso trascurato questa
destabilizzante caratteristica strutturale delle loro economie. Ciò ha causato
shock esterni che hanno compromesso i risultati raggiunti attraverso le
politiche di riduzione del debito o gli aiuti. Nei paesi che dipendono dalle
tendenze del mercato, le entrate sono e continueranno ad essere influenzate
da andamenti attesi come l’erosione delle preferenze. Gli impatti
sull’economia non sono di norma inaspettati per cui non sono considerati
vere e proprie crisi. Ma le misure necessarie a farvi fronte richiedono dei
cambiamenti globali nei modi di produzione dei paesi colpiti che richiedono
anni, rendendo questo genere di impatti molto simili a crisi da cui i paesi
colpiti possono fare poco o niente per difendersi.
Semplici aumenti nei finanziamenti allo sviluppo sono insufficienti per
assicurare i mezzi di sussistenza alla maggior parte degli africani. In
generale, il sistema del mercato, così ingiustamente ostile ai paesi africani,
deve essere radicalmente riformato per dar loro la possibilità di evitare
l’attuale “commodity trap”.
Raccomandazione ai donatori:
Un modello di finanziamento per gli MDGs deve assicurare la disponibilità
di un finanziamento contingente rapidamente usufruibile per far fronte
all’impatto di shock esterni e altre dinamiche di mercato prevedibili che
possano compromettere i livelli di entrate dei paesi a basso reddito.
Per godere di quelle
riforme, i paesi africani hanno bisogno
di investimenti sostanziali nei loro settori produttivi.
Come mostra la
tabella 3, gli aiuti
per i settori produttivi africani, come
l’agricoltura,
sono diminuiti negli
ultimi 20 anni.
Tabella 3.
Assistenza bilaterale
allo sviluppo settore
per settore
36
Happe, Nancy et al. “Absorbing Shocks”, Finance and Development Magazine, Dec 2003, (IMF, Washington, 2003).
21
Considerando che l’allocazione preferenziale degli aiuti dei donatori sono i
settori del sociale, come la salute e l’istruzione, investimenti equivalenti o più
elevati sono cruciali per permettere all’Africa di costruire la sua base
produttiva e rafforzare le prospettive economiche.
Dichiarazione del capo della Commissione Economica ONU per l’Africa, K.Y.
Amoako, 2003
“La preoccupazione per il miglioramento dei servizi sociali può averci indotto
a trascurare la centralità del rafforzamento degli aspetti fondamentali. C’è
stata una netta diminuzione delle disponibilità degli aiuti destinati ai settori
produttivi. Gli aiuti e la diminuzione del debito forse hanno portato con sé
una serie di priorità strategiche che non rispondono pienamente ai bisogni
più urgenti dell’Africa. Bisogna ridirigere i fondi destinati ai paesi HIPC oltre il
settore sociale.”37
Agricoltura, riduzione della povertà e MDGs
Box 4. Il ruolo della donna nell’agricoltura
“Senza le donne nelle campagne, non ci può essere cibo” Jacques Diouf, Direttore
generale della FAO38
È difficile sopravvalutare l’importanza delle donne nell’agricoltura dei paesi in via di
sviluppo.Le donne sono responsabili del 70-80% degli alimenti coltivati nell’Africa
subsahariana e nell’Asia sud-orientale il 60% dell’agricoltura e della produzione di cibo è
affidato alle donne. La femminilizzazione dell’agricoltura è un fenomeno in crescita,
anche a causa dei conflitti, dell’Aids e dell’emigrazione verso le città.
Comunque, le donne soffrono ancora discriminazioni sessuali. Hanno un accesso
svantaggiato ai capitali (in particolare ai crediti), ai diritti di proprietà (in particolare della
terra) e disuguaglianze nell’accesso alle risorse produttive e ai servizi (inclusi la
formazione, le tecnologie, e le informazioni di mercato). Le alte percentuali di
analfabetismo femminile portano all’esclusione delle donne dalle opportunità di mercato
e le donne contadine sono spesso ignorate e il loro contributo all’agricoltura non è
compreso e valutato correttamente.
Queste disuguaglianze sessuali impediscono alle donne di avere successo in molti
settori dell’agricoltura dei paesi in via di sviluppo. Quella che è stata definita “gender
exploitative integration”39 limita la partecipazione delle donne nell’agricoltura destinata
all’esportazione, così come nelle attività più redditizie su più larga scala nella economia
locale, come il commercio. Le disuguaglianze sessuali inoltre vincolano le donne ad
attività economiche scarsamente produttive e di bassa crescita economica, lasciando
loro poche altre opportunità.
In Africa più del 70% delle popolazioni più povere ive in aree rurali e lavora
nell’agricoltura. Vi è una stretta relazione fra povertà e agricoltura. Molti studi
hanno mostrato che l’agricoltura è la chiave per ridurre la povertà in Africa e
deve perciò avere un ruolo centrale nel raggiungimento degli MDGs. Dei 1,2
37
Incontro del Gruppo di esperti sul Debito dell’Africa, UNECA Novembre 2003.
FAO High-level Consultation on Rural Women and Information.
Hewitt de Alcántara, C., Real Markets: Social and Political Issues of Food Policy Reform, (Frank Cass, in association with
EADI and UNRISD, London, 1993).
38
39
22
miliardi di persone al mondo che vivono con meno di un dollaro al giorno,
900 milioni vivono in aree rurali40.
Data la mancanza di alternative, l’agricoltura è l’unica strada per ridurre la
povertà in Africa.
Rispetto a qualsiasi altro settore, la crescita agricola ha l’impatto più forte
nella riduzione della povertà41. La crescita dell’agricoltura favorisce il settore
dove la gente povera lavora, sfruttando la terra e godendo direttamente dei
raccolti nelle stesse aree dove vive. Generva lavoro e reddito e favorisce la
capacità delle popolazioni povere di creare e assicurare ulteriori risorse. È
stato calcolato che un aumento dell’1% nella produttività agricola riduce
dello 0,6-1,2% la proporzione della popolazione che vive con meno di un
dollaro al giorno42.
Con i tassi di crescita del 6-8% al momento richiesti per raggiungere gli
MDGs in Africa43, solo l’agricoltura sarà ragionevolmente capace di
mobilitare il dinamismo economico di cui si necessita44. L’agricoltura non
solo può ridurre direttamente la povertà, ma può anche stimolare la crescita
nel quadro economico più ampio. Alcuni studi hanno dimostrato che
aumentando di un dollaro il valore aggiunto alla produzione agricola si arriva
a un aumento di 1,50-2 dollari di valore aggiunto nel settore non agricolo.
Allo stesso modo, è stato dimostrato che un aumento dell’1% della
produzione agricola lorda incrementa dell’1% l’occupazione rurale non
agricola45.
Politiche agricole e commercio locale
Il divario nel finanziamento per l’agricoltura in Africa
Il settore agricolo africano è fallimentare. L’Africa subsahariana è l’unica
regione al mondo in cui negli ultimi 30 anni la crescita della popolazione ha
superato i tassi di produzione agricola46. Quasi senza eccezione, la media
più bassa di rendimenti per i raccolti e il bestiame si trova in quella regione47.
Addirittura la produzione agricola africana è scesa del 5% tra il 1980 e il 200148.
40
IFAD, Achieving the MDGs by Enabling the Rural Poor to Overcome their Poverty, (IFAD, Rome, 2003).
Hanmer, Lucia and David Booth Pro poor growth: why do we need it, what does it mean and what does it imply for policy?,
(ODI, London, second draft August 2001). Vedi anche Lipton, M. and M. Ravallion, “Poverty and Policy” in Behrman and
Srinivasan (eds.) Handbook of Development Economics, Vol 3b (North Holland, Amsterdam, 1995) Ravallion, M. and G. Datt,
When is Growth Pro-Poor? (Mimeograph, World Bank, 2000); Timmer, C.P How well do the poor connect to the growth
process? (Harvard Institute for International Development, Cambridge, Mass, 1997).
42
Eastwood, Robert and Michael Lipton “Pro poor growth and pro growth poverty reduction: what do they mean? What does the
evidence mean? What can policy-makers do?”, documento presentato al Forum sulla povertà di Asia e Pacifico: Riforme delle
Politiche e delle Istituzioni per la riduzione della povertà, tenutosi alla Banca di Sviluppo Asiatico, Manila, 5-9 Febbraio 2001. La
Banca Mondiale ha dichiarato che la crescita dell’1% nel GDP agricolo pro capite, ha portato ad un aumento del 1,6% delle
entrate di 5 dei paesi più poveri presi in esame. Vedi Timmer, C.P. (1997) How well do the poor connect to the growth process?
(Harvard Institute for International Development, Cambridge, Mass, 1997).
43
African Development Bank (AfDB) Achieving the Millennium Development Goals in Africa: Progress, Prospects and Policy
Implications (AfDB, Abidjan, 2002).
44
IFAD, Achieving the MDGs by Enabling the Rural Poor to Overcome their Poverty (IFAD, Rome, 2003).
45
Hazell, P. and S. Haggblade “Farm-Nonfarm Growth Linkages and the Welfare of the Poor” in van der Gaag, J. and M. Lipton,
(eds.), Including the Poor: Proceedings of a Symposium Organized by the World Bank and the International Food Policy
Research Institute (World Bank, Washington, DC, 1993).
46
Kydd, Dorward, Morrison and Cadisch, The Role of Agriculture in Pro Poor Economic Growth in sub-Saharan Africa (Wye
College, London, 2003).
47
ibidem
48
UK Parliament International Development Select Committee, International Development Committee: DFID’s Agriculture
Policy, Seventh Report (House of Commons, London, 2004).
41
23
Mentre da una parte i governi africani hanno la responsabilità di rendere
prioritarie le spese per l’agricoltura, dall’altra l’assoluta mancanza di aiuti
internazionali a questo settore è palese. Durante gli ultimi 15 anni, l’aiuto
all’agricoltura mondiale è sceso dal 20 al 12% dei flussi d’aiuto49.
L’ammontare assoluto dell’assistenza all’agricoltura è calato di due terzi tra il
1987 e il 199850.
L’impatto di questa situazione si può vedere nella cronica mancanza di
infrastrutture, come strade per il trasporto dei prodotti nei mercati. L’intero
Mozambico, per esempio, seppur grande quanto il Regno Unito e la Francia
messi insieme, ha meno strade asfaltate della contea inglese del Kent51,
lasciando molti produttori isolati alla mercé dei grossisti che possono
stabilire i prezzi a loro piacimento, oppure impossibilitati a commerciare tout
court i loro prodotti.
L’International Food Policy Research Institute (IFPRI) stima che
l’investimento agricolo necessario per un serio impatto sulla fame nel mondo
in vista degli MDGs fra il 2002 e il 2015 dovrebbe essere di soli 5 miliardi di
dollari in aiuti addizionali all’anno, da spendere nelle infrastrutture rurali
(come strade, irrigazioni e servizi di ricerca ed estensione), istruzione e
acqua potabile ed equivale alla somma spesa settimanalmente dai paesi
OCSE in sussidi alla propria agricoltura52.
L’Africa e le politiche agricole locali
Le politiche internazionali che non sono riuscite ad affrontare le sfide poste
dalla povertà rurale in Africa sono state tanto dannose quanto la mancanza
di investimenti. Le politiche sostenute dai donatori, e incluse come condizioni
per nuovi aiuti o per la programmazione dei prestiti, hanno provocato danni
al pari della mancata allocazione di adeguati aiuti all’agricoltura.
Le riforme promosse dalle istituzioni internazionali, di solito poste come
condizioni per la concessione di prestiti, hanno enfatizzato il ruolo del libero
mercato e ridotto quello dello stato. È sempre più evidente che ciò ha
ostacolato la crescita dell’agricoltura in molti paesi africani53.
Quelle forme di intervento che si sono dimostrate vitali per il consolidamento
di mercati agricoli efficaci sono state sistematicamente escluse dalle
strategie politiche dei governi. Per esempio le politiche mirate alla riduzione
dei rischi degli investimenti da parte dei produttori, o che favorivano
l’accesso a crediti stagionali e ai mercati locali sono state limitate o
abbandonate del tutto54.
49
IFAD, Achieving the MDGs by Enabling the Rural Poor to Overcome their Poverty (IFAD, Rome 2003).
IFAD, Rural Poverty Report 2001 (IFAD, Rome, 2001).
UK Department for Transport website and WDI 2004.
52
Cutting Hunger in Africa Through Smallholder-led Agricultural Growth, (IFPRI 2002).
53
Dorward, A et al. “A Policy Agenda for Pro-Poor Agricultural Growth”, World Development (2004) 32 (1) pp. 73-90. Vedi anche
Green, Duncan and Jamie Morrison “Fostering Pro-sustainable Development Agriculture Trade Reform : Strategic Options
Facing Developing Countries” documento preparato per il Dialogo strategico su Agricoltura, Commercio, Negoziazioni, Povertà
e Sostenibilità - Windsor, 14-16 Luglio, 2004.
54
Dorward, A et al. “A Policy Agenda for Pro-Poor Agricultural Growth”, World Development (2004) 32 (1) pp. 73-90. Vedi anche
Hanmer, Lucia and David Booth, Pro poor growth: why do we need it, what does it mean and what does it imply for policy?,
(ODI, London, second draft August 2001).
50
51
24
Box 5. L’Agricoltura in Africa Occidentale
Istituire programmi di riforme che impongono misure di privatizzazione e di
liberalizzazione è una condizione per ottenere la riduzione del debito. Nel settore del
cotone in Africa Occidentale, lo Stato è stato obbligato a ritirarsi dal commercio, dal
credito e dai servizi di ampliamento.
Prima, istituzioni d’appoggio aiutavano i contadini poveri a fronteggiare le crisi,
riducendo così l’instabilità. Rischi come i raccolti mancati, le avversità atmosferiche, le
fluttuazioni del mercato e l’impossibilità di rimborsare i crediti erano condivisi a livello
nazionale per mezzo di camere di commercio e istituzioni simili. Ora che i programmi di
riforma le hanno rimosse senza proporre alternative, i rischi ricadono tutti sulle spalle
dei singoli contadini e delle loro comunità.
Nei paesi dell’Africa Occidentale visitati dalla CIDSE, i contadini devono affrontare costi
di produzione sempre più alti, difficoltà nell’ottenere e nel ripagare i debiti, mancanza di
alternative nelle colture e di servizi di ampliamento e di sbocchi commerciali stabili.
Questi problemi sono tanto gravi per i coltivatori di cotone dell’Africa quanto la politica
protezionistica degli Stati Uniti o dell’Unione europea.
Troppo spesso questo approccio disinvolto alla politica locale ha lasciato
compiti vitali in mano ad attori troppo deboli, o che non hanno gli incentivi
necessari per assumersi i rischi connessi, o che semplicemente non
esistono, in mercati che non funzionano.
L’obiettivo principale di una politica a favore della crescita economica deve
essere quello di incoraggiare la produzione agricola e l’occupazione rurale,
in particolare attraverso l’incentivazione del ruolo dei piccoli agricoltori
nell’economia rurale. Ciò può accadere solo se gli agricoltori ricevono i
servizi e l’aiuto necessari. Purtroppo, le attuali politiche compromettono
questo obiettivo, tendendo ad isolare e a lasciare senza copertura i poveri
delle aree rurali.
Politiche commerciali internazionali
Produttori deboli, mercati aperti e concorrenza sleale
L’eliminazione dei sussidi all’agricoltura nel nord del mondo è una delle
molte richieste avanzate dai paesi in via di sviluppo nelle negoziazioni
commerciali internazionali. La loro eliminazione comunque, anche se
possibile a breve termine, è solo una delle riforme necessarie per far
funzionare la strategia di riduzione della povertà in Africa. L’ostinato
perseguimento, da parte dei paesi del Nord del mondo, di un’apertura rapida
e senza vincoli dell’Africa ai mercati agricoli impedirà qualsiasi beneficio
derivato dalla riforma dei sussidi.
Nello stato attuale di crisi dell’agricoltura in Africa, la maggior parte dei
produttori poveri non ha la possibilità di competere con i produttori più ricchi
dotati di capacità molto più ampie e di un’agricoltura intensiva ad alto
impiego di capitale, anche senza sussidi. Gli agricoltori poveri o su piccola
scala dipendono dal funzionamento dei mercati locali e dalle politiche
25
nazionali che promuovono lo sviluppo rurale. Queste politiche falliranno,
oppure avranno un impatto molto limitato, se i mercati agricoli vengono
aperti troppo rapidamente senza permettere ai paesi in via di sviluppo di
mantenere le condizioni in cui le politiche agricole a favore dei poveri
possono essere attuate.
Negli ultimi venti anni, i paesi africani sono stati costantemente invitati ad
abbassare le barriere doganali ai prodotti agricoli. Ciò è evidente nelle
condizioni poste dalla Banca Mondiale e dal FMI per l’approvazione di nuovi
prestiti e per la riduzione del debito. La liberalizzazione è spesso avvenuta a
un passo e ad un grado tali da togliere il fiato e si ha l’impressione che sia
stata promossa più come dogma economico che come risultato di un’analisi
sui possibili impatti sulle popolazioni povere. Sia il Mozambico che lo Zambia
ora hanno economie più liberalizzate che il Regno Unito o la Germania55.
Politiche di questo tipo hanno portato nei PVS ad impennate nelle
importazioni di prodotti a basso costo, di solito sovvenzionate con sussidi
all’esportazione, che hanno indebolito la capacità dei piccoli agricoltori di
vendere nei mercati locali, determinando quello che la FAO ha definito “un
progressivo impoverimento dei piccoli produttori che non possono
competere con le moderne aziende agricole ad alto impiego di capitale nel
quadro di un’economia sempre più aperta”56.
Sedici studi di casistica condotti dalla FAO riguardo all’impatto dell’Accordo
sull’Agricoltura dell’ Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), hanno
mostrato che in seguito alla liberalizzazione, le importazioni di alimenti
aumentano repentinamente. La FAO ha rilevato che “i dazi doganali erano
spesso gli strumenti primari, se non gli unici, che questi paesi avevano per
stabilizzare i mercati domestici e salvaguardare gli interessi dei produttori57.
I paesi ricchi, nonostante il mancato compimento degli impegni a ridurre il
sostegno alla propria agricoltura, continuano a fare pressione sui paesi
africani nell’ambito dell’OMC e nelle trattative bilaterali affinché aprano i loro
mercati alla competizione globale sovvenzionata.
L’eterna esclusione dell’Africa dalle opportunità del mercato globale
La crisi agricola dell’Africa è stata aggravata dalle politiche commerciali dei
paesi donatori.
Gli attuali negoziati commerciali spingono verso una maggiore
liberalizzazione del mercato. Il trattamento speciale e differenziato per i
paesi in via di sviluppo e per i paesi meno avanzati consiste soprattutto in
periodi di assestamento più lunghi e livelli di riduzione dei dazi meno
esigenti, ma non c’è alcun dubbio che l’obiettivo finale è la totale
liberalizzazione. Il presente documento contesta la convinzione che l’Africa
possa trarre giovamento da un regime di mercato liberalizzato specialmente
per i prodotti agricoli. Più in generale, ci appare opportuno contestare
55
IMF’s Trade Restrictiveness Index (TRI) from the IMF’s International Financial Statistics CD Rom (1999).
FAO, The State of Food and Agriculture 2000 (FAO, Rome, 2000).
FAO, Agriculture, Trade and Food Security Issues and Options in the WTO Negotiations from the Perspective of Developing
Countries - Vol. II Country Case Studies (FAO, Rome 2000).
56
57
26
l’assunto secondo cui il ritmo e grado di azione dell’attuale regime di
mercato aiuterà l’Africa ad affrontare le sfide dello sviluppo.
Le cifre principali delle proiezioni rilevate in studi econometrici hanno
persuaso i responsabili delle decisioni politiche che l’Africa trarrà
automaticamente un beneficio dalla liberalizzazione globale dell’agricoltura.
Ma queste proiezioni ignorano elementi che hanno implicazioni importanti
per l’Africa: in particolare, la rigidità dell’offerta o l’impossibilità di approfittare
delle opportunità di mercato e le perdite causate dall’erosione delle
preferenze.
L’Africa sta affrontando l’erosione delle preferenze nell’ambito dei suoi attuali
accordi di scambio preferenziali58, trovando sempre più difficile avere
successo, in mercati globali sempre più competitivi, contro i produttori
altamente “capitalizzati” tanto nel mondo sviluppato che in quello in via di
sviluppo59. Alcuni modelli economici prevedono che l’Africa dovrà affrontare
perdite nette nello scenario, politicamente plausibile, di una bassa o media
liberalizzazione su scala globale60.
I dati del mercato agricolo africano negli ultimi 20 anni sono desolanti:
mostrano un costante declino nel saldo del commercio agricolo61.
I paesi africani sono intrappolati in una “commodity trap” caratterizzata da
un drammatico peggioramento delle ragioni di scambio delle loro
esportazioni.
I paesi che hanno diversificato i settori di crescita più dinamica –per lo più la
produzione manifatturiera e i servizi, ma anche la produzione di beni agricoli
ad alto valore aggiunto- hanno attraverso il mercato contribuito alla riduzione
della povertà. Al contrario, la maggior parte dei paesi africani si sono
specializzati in un settore in declino nel mercato globale62. Le esportazioni di
prodotti primari dei paesi dell’Africa hanno subito un calo di lungo periodo
nei prezzi e una riduzione della quota di mercato mondiale. La Conferenza
delle Nazioni Unite sul Commercio e sullo Sviluppo (UNCTAD) stima che, se
le condizioni del commercio per l’Africa fossero rimaste quelle del 1980, la
quota di esportazioni mondiali del continente sarebbe il doppio di quelle
attuali63.
A peggiorare le cose, la competitività dell’Africa in prodotti come il tè e il
caffè sta perdendo terreno nei confronti di produttori più efficienti in Asia e
America Latina64.
58
Quasi tutti i paesi dell’Africa sub-Sahariana sono membri del gruppo di paesi dell’Africa, Carabi e Pacifico (ACP) che, in
quanto ex colonie degli stati dell’Unione Europea, hanno goduto di un accesso privilegiato ai mercati europei. Tale accesso
privilegiato ha perso il suo valore non appena l’unione Europea ha esteso i sussidi commerciali ad altri paesi in via di sviluppo.
Questo processo è noto come “preference erosion”.
59
Vedi: Stephens, Christopher ‘‘Food Trade and Food Policy in sub Saharan Africa: Old Myths and New Challenges’,
Development Policy Review, 2003 21 (5).
60
Achterbosch, T.J. et al. “Trade liberalisation under the Doha Development Agenda; Options and consequences for Africa",
(Agricultural Economics Research Institute (LEI), United Nations Economic Commission for Africa, The Hague, 2004) and
Stephens, Christopher, “Food Trade and Food Policy in sub Saharan Africa: Old Myths and New Challenges” Development
Policy Review, 2003 21 (5).
61
“The Food Crisis in Africa’” PAD Newsletter May 2003.
http://www.sarpn.org.za/documents/d0000339/P326-NEPAD_News.pdf.ForLDCs:
http://www.fao.org/documents/show_cdr.asp?url_file=/docrep/005/y4252e/y4252e11.htm
62
Escludendo materie combustibili, 17 dei 20 più importanti articoli esportati dall’Africa, sono prodotti di prima necessità, risorse
–base, semi-lavorati. In media il commercio mondiale di questi prodotti è cresciutomolto meno rapidamente rispetto ai prodotti di
manifattura. Vedi UNCTAD, Trade Performance and Commodity Dependence, (UNCTAD, New York, 2004).
63 UNCTAD, Trade Performance and Commodity Dependence, (UNCTAD, New York, 2004) and Economic Development for
Africa’ (UNCTAD, New York, 2001).
64 UNCTAD, Trade Performance and Commodity Dependence, (UNCTAD, New York, 2004).
27
Le attività economiche attuali e lo status quo non forniscono all’Africa un
mercato che funzioni a suo vantaggio. È necessaria una maggiore enfasi
sull’aumento della capacità produttiva, dando la priorità ai mercati locali e
regionali, dando importanza e attenzione internazionale alla crisi del mercato
dei prodotti agricoli e soprattutto favorendo la diversificazione.
L’Africa e il commercio iniquo
Le attuali regole di mercato non giovano all’Africa. I negoziati commerciali
dell’Uruguay Round erano viziati da squilibri di potere, da un’agenda distorta
e da una scarsa attenzione alle implicazioni dello sviluppo. Il risultato di ciò,
secondo gli studi della Banca Mondiale e dello UNDP ha aggravato la
situazione dell’Africa con perdite pari ad 1,2 miliardi di dollari65.
La mancata azione è evidente soprattutto nella questione dei sussidi agricoli.
Box 6. Un caso: l’impatto dei sussidi
“Il cotone è tutto per noi – per la nostra medicina, per il nostro ospedale, per le nostre
scuole per i nostri bambini”, dichiara Joseph Kabore, contadino, agli inviati CIDSE nel
suo villaggio, Limseyga nel Burkina Faso. Coltiva cotone dal 1986 “All’inizio, il cotone ci
diede speranza, ma con i prezzi di mercato bassi e gli alti costi di investimento, non
ricaviamo denaro sufficiente a mantenere le nostre famiglie” “È la miseria”, aggiunge
sua moglie Jane.
Il calo dei prezzi del cotone ha comportato un forte contraccolpo nei mezzi di
sussistenza di più di 2 milioni di persone in Burkina Faso. Nonostante produca un
cotone di alta qualità a basso costo, il Burkina Faso, una delle nazioni più povere al
mondo, si trova superato da produttori altamente sovvenzionati nei paesi più ricchi.
Gli Stati Uniti sono il più grande esportatore di cotone al mondo, arrivando a coprire nel
2003 il 41% delle esportazioni. I coltivatori di cotone americani sono relativamente poco
competitivi e possono coprire una quota così ampia di mercato grazie a generosi sussidi.
Nel 2001-02, gli Stati Uniti hanno speso circa 3,9 miliardi di dollari in sussidi al cotone,
più dell’intero prodotto interno lordo del Burkina Faso e tre volte superiore all’intero
budget di aiuti statunitensi destinati all’Africa66.
Joseph, sua moglie e i loro bambini effettuano il raccolto a mano. È la loro unica risorsa
di contante e devono pagare con essa i vestiti, le medicine, i materiali scolastici e la
paglia per il tetto. I bassi prezzi del cotone hanno costretto molti bambini del villaggio ad
abbandonare gli studi, mentre i giovani partono per le città in cerca di lavoro.
Gli Stati Uniti non sono l’unico paese colpevole di ipocrisia per quanto
riguarda i sussidi. Nonostante la retorica dell’Unione Europea riguardo alle
riforme nel settore, negli ultimi anni si è assistito a continui aumenti del
budget destinato alla Politica Agricola Comunitaria (PAC). La spesa totale
65 Uno studio della Banca Mondiale valuta che l’Africa Sub-Sahariana è stata impoverita come risultato degli effetti delle
condizioni commerciali, provocate dall’Uruguay Round delle negoziazioni commerciali. UNDP stima che, secondo il WTO dal
1995 al 2004, i 48 paesi meno sviluppati sono stati impoveriti di 600 milioni di dollari l’anno, con la sola Africa più povera di 1,2
miliardi di dollari.
66
CIDSE e Caritas Internationalis, Unfair Trade and Cotton: Global Challenges, Local Challenges (CIDSE and Caritas
Internationalis, 2004) - http://www.cidse .org/docs/200410271206234615.pdf.
28
nel 2002 è stata di 43 miliardi di euro67 che salirà a 50 miliardi entro il 2013.
Nel 2003 gli aiuti all’agricoltura locale arrivavano al 37% del totale degli
introiti delle aziende agricole, un vantaggio per i coltivatori europei
estremamente sleale68.
La riforma della PAC, nonostante rappresenti un gradito passo avanti, potrà
avere un impatto solo limitato sul fenomeno del dumping della produzione
agricola europea. Nel 2004, l’OCSE ha previsto per la riforma due scenari.
Con eccezione della produzione del riso, di cui si prevede il calo, l’impatto
della riforma sulla produzione cerealicola sarà molto limitato. La previsione
più ottimistica parla di un declino, anche se limitato all’1%69. Nel settore del
grano, uno studio commissionato dalla Commissione Europea indica che la
riforma addirittura aumenterebbe la produzione70. Una serie di altri studi
sono arrivati a risultati simili71.
Un ritmo di cambiamenti altrettanto lento emerge dall’attuale Round
negoziale di Doha. Nonostante i sussidi all’agricoltura godano già di alto
profilo nei negoziati dell’OMC, i paesi ricchi hanno usato ogni trucco durante
le negoziazioni per mantenerli, piuttosto che prendere impegni reali per
porre fine al dumping dei loro prodotti nei mercati dei paesi poveri.
Nell’Accordo sull’Agricoltura dell’OMC, la Green Box e la Blue Box
racchiudono i sussidi consentiti. La Blue Box consente una spesa illimitata
per i pagamenti diretti alle aziende agricole, se vincolati ai programmi di
limitazione della produzione. Nelle attuali negoziazioni dell’OMC, si sta
discutendo la proposta di porre un limite a questi pagamenti e ridurli.
Comunque, rimarrebbero a un tale livello da avere un impatto minimo nei
bilanci statunitensi ed europei. Nella Green Box, la lista di sussidi permessi
include pagamenti collegati ai programmi ambientali, ai controlli
antiparassitari, allo sviluppo delle infrastrutture e all’assistenza alimentare
locale (pagata secondo i prezzi correnti di mercato). Include anche
pagamenti ai produttori non vincolati ai livelli di produzione, i cosiddetti
pagamenti disaccoppiati (decoupled payment) e pagamenti per i programmi
di sostegno al reddito.
È improbabile che l’accordo OMC raggiunto a Ginevra nel luglio 2004 porti
gli Stati Uniti o l’Unione Europea a intraprendere qualsiasi riforma
significativa nei loro regimi di sussidi72.
Un reale progresso verso il dimezzamento della povertà estrema entro il
2015 in paesi come il Burkina Faso e il Mozambico dipende dall’eliminazione
del dumping da parte dei paesi ricchi.
67
OECD Agricultural Policies in OECD Countries: Monitoring and Evaluation 2003 (OECD, Paris, 2003).
OECD Agricultural Policies in OECD Countries: At a Glance, OECD, Paris, 2004 Edition).
OECD, Analysis of the 2003 CAP Reform (OECD, Paris, 2004).
70
European Commission, 2003. Reform of the CAP: Mid Term Prospects of Agricultural Markets and Income in the EU 20032010 – http://europa.eu.int/comm/agriculture/publi/caprep/prospects2003b/fullrep.pdf
71
“Decoupled payments”: http://www.fapri.missouri.edu/FAPRI_Publications.htm ,
http://statistics.defra.gov.uk/esg/reports/decoupling/Cambridge.PDF,
http://statistics.defra.gov.uk/esg/reports/decoupling/HAdSAC.PDF, http://www.dardni.gov.uk/file/con0317i.doc .
68
69
72 Vedi CAFOD “Analysis of the WTO Framework Agreement” (CAFOD, London, 2004) and South Centre “Detailed Analysis of
Annex A to the General Council Decision July 2004 ‘Framework for Establishing Modalities in Agriculture’” (South Centre, 2004).
29
Raccomandazione ai donatori:
i paesi donatori devono assicurare riforme sostanziali dei loro regimi
agricoli tali da garantire la fine del dumping sui mercati globali. Nello
specifico, il G8 deve promuovere gli sforzi dell’OMC per eliminare ogni
forma di sussidi all’esportazione, una sostanziale riduzione dei sudditi
della Blue Box e una adeguata revisione della Green Box. L’obiettivo
di queste misure è garantire che i sussidi rimanenti abbiano minimi
effetti distorsivi sul mercato internazionale e contribuiscano a
pubblici benefici come la protezione dell’ambiente e la stabilità dei
mezzi di sussistenza dei piccoli agricoltori.
Box 7: Trattative commerciali bilaterali UE-Africa
Attualmente, l’Unione Europea sta negoziando degli Accordi di Partenariato Economico
(EPA) con tutti i paesi dell’Africa subsahariana. Si richiede a questi paesi di abbattere il
90% delle barriere commerciali alle esportazioni dell’UE, estendendo la richiesta anche ai
beni agricoli, mentre si oppone un netto rifiuto a discutere la PAC.
Non si tratta di una competizione proporzionata. La spesa UE per la PAC equivale a più
del doppio di tutte le esportazioni agricole annue dell’Africa73. Un agricoltore medio
dell’Unione europea riceve l’equivalente di 16.028 dollari all’anno di sussidi74, 100 volte
superiore alla media di ricavi annuali dei poveri delle aree rurali dell’Africa subsahariana
–cioè il loro probabili concorrenti diretti nel quadro degli EPA75.
L’Unione europea deve rinunciare alle sue pretese di reciprocità nelle negoziazioni e
presentare alternative al libero mercato che non prevedano l’obbligo da parte dei paesi
africani di liberalizzare la propria economia in cambio dell’accesso al mercato europeo.
Esortazione ai donatori:
-
Si deve permettere ai paesi in via di sviluppo, africani e no, di
proteggere i loro settori agricoli. Devono essere esentati da ulteriori
impegni di liberalizzazione da parte dell’OMC e nelle negoziazioni
commerciali bilaterali e devono essere liberi di revocare le riduzioni
doganali imposte dal FMI e dalla Banca Mondiale come condizioni
per la concessione dei prestiti.
-
Nell’ambito dell’OMC, i donatori devono aiutare attivamente i paesi
in via di sviluppo a selezionare i “prodotti agricoli speciali” che
possono esentare dalla ulteriore liberalizzazione e ad usare il
“meccanismo speciale di salvaguardia” da utilizzare in caso di
aumento improvviso delle importazioni.
73
Cifre di riferimento per le esportazioni di cibo per l’anno 1999 (16.08 miliardi di dollari) da rapporto WTO, Agricultural Trade
Performance by Developing Countries 1990-99 (WTO, Geneva, 2001).
OECD, Agricultural Polices in OECD Countries, Monitoring and Evaluation (OECD, Paris, 2001).
75
Entrata media annuale 163 dollari, The Commission for Africa: An overview of the evidence (The Commission for Africa,
London, 2004).
74
30
Conclusioni
Per risolvere la crisi dell’agricoltura africana, c’è bisogno sia di riforme nel
commercio internazionale che di un aumento dei finanziamenti attraverso
aiuti e diminuzione del debito. L’applicazione di solo uno di questi
progetti sarà destinata al fallimento.
La CIDSE sostiene che la causa primaria della stagnazione
dell’agricoltura in Africa sono: i bassi livelli di produzione, un’eccessiva
centralizzazione su prodotti primari e beni a basso valore aggiunto, la
mancanza di capacità tecniche, l’impossibilità di accedere alle risorse,
inclusa la terra, bassi tassi di crescita e ridotto spazio politico per le
strategie per lo sviluppo. La sola riforma del mercato non sarà sufficiente
senza il superamento di questi problemi di base.
Ugualmente, tutto ciò non si raggiungerà solo aumentando i flussi
finanziari attraverso gli aiuti e la cancellazione del debito. La CIDSE
sostiene che è fondamentale affrontare quegli aspetti strutturali in grado
di portare i paesi africana a godere di una uguale quota di
partecipazione nella gestione del commercio internazionale in un modo
che riduca la povertà femminile.
Henry Northover, Matt Griffith, Pedro Martins / CAFOD
Particolari ringraziamenti vanno allo staff delle organizzazioni membri del CIDSE che hanno rivisto e
commentato il presente documento.
31
LISTA DELLE ORGANIZZAZIONI MEMBRE DELLA CIDSE
Broederlijk Delen
Koordinierungsstelle
Direttore: Luc CLAESSENS
165 Huidevettersstraat, B - 1000 Brussels, Belgium
Tel: +32 2 502 5700, Fax: +32 2 502 8101
E-mail: [email protected] - Web:
www.broederlijkdelen.be
Belgio
Direttore: Heinz HÖDL
3 Türkenstrasse, A - 1090 Vienna, Austria
Tel: +43 1 317 0321, Fax: +43 1 317 0321 85
E-mail: [email protected] - Web: www.koo.at
Austria
Catholic Agency for Overseas
Development (CAFOD)
Direttore: Chris BAIN
2 Romero Close, Stockwell Road, London SW9 9TY,
England
Tel: +44 20 7733 7900, Fax: +44 20 7274 9630
E-mail: [email protected] - Web: www.cafod.org.uk
Inghilterra e Galles
Comité Catholique contre la Faim et pour
le Développement (CCFD)
Segretario Generale: Jean-Marie FARDEAU
4 rue Jean Lantier, F - 75001 Paris, France
Tel: +33 1 4482 8000, Fax: +33 1 4482 8143
E-mail: [email protected] - Web: www.ccfd.asso.fr
Francia
Cordaid
Direttore: René GROTENHUIS
Lutherse Burgwal 10, Postbus 16440
NL - 2500 BK Den Haag, The Netherlands
Tel: +31 70 313 6300, Fax: +31 70 313 6301
E-mail: [email protected] - Web: www.cordaid.nl
Paesi Bassi
Development and Peace/ Développement
et Paix
Direttore Generale: Michael CASEY
5633 Est, rue Sherbrooke, Montreal - Quebec H1N 1A3,
Canada
Tel: +1 514 257 8711, Fax: +1 514 257 8497
E-mail: [email protected] - Web: www.devp.org
Canada
Entraide et Fraternité
Coordinatore Nazionale: Claude MORMONT
32 rue du Gouvernement Provisoire, B - 1000 Brussels,
Belgium
Tel: +32 2 227 6680, Fax: +32 2 217 3259
E-mail: [email protected] - Web: www.entraide.be
Belgio
Fastenopfer / Action de Carême
Direttore: Antonio HAUTLE
44 Habsburgerstrasse, Postfach 2856, CH - 6002 Luzern,
Switzerland
Tel: +41 41 227 5959, Fax: +41 41 227 5910
E-mail: [email protected] - Web: www.fastenopfer.ch
Svizzera
Manos Unidas
Presidente: Ana Alvarez DE LARA
Barquillo 38 - 3°, 28004 Madrid, Spain
Tel: +34 91 308 2020, Fax: +34 91 308 4208
E-mail: [email protected] - Web:
www.manosunidas.org
Spagna
Misereor
Direttore Generale: Prof. Dr. Josef SAYER
Deutschland Postfach 1450, 9 Mozartstrasse, D - 52064
Aachen,
Tel: +49 241 4420, Fax: +49 241 4421 88
E-mail: [email protected] - Web: www.misereor.de
Germania
Scottish Catholic International Aid Fund
(SCIAF)
Direttore: Paul CHITNIS
19 Park Circus, Glasgow G3 6BE, Scotland
Tel: +44 141 354 5555, Fax: +44 141 354 5533
E-mail: [email protected] - Web: www.sciaf.org.uk
Scozia
Trócaire
Direttore: Justin KILCULLEN
Maynooth, Co. Kildare, Ireland
Tel: +353 1 629 3333, Fax: +353 1 629 0658/ 629 0661
E-mail: [email protected] - Web: www.trocaire.org
Irlanda
Volontari nel Mondo/ FOCSIV
Direttore Generale: Sergio MARELLI
Via S. Francesco di Sales 18, I - 00165 Rome, Italy
Tel:+39 06 687 7796, Fax: +39 06 687 2373
E-mail: [email protected] - Web: www.focsiv.it
Italia
ASSOCIATE MEMBERS
Bridderlech Deelen
Direttore: Henri HAMUS
Luxembourg 27, Rue Michel Welter, L - 2730 Luxembourg
Tel: + 352-26-842650, Fax: + 352-26-842659
E-mail: [email protected]
Belgio
Center of Concern
Direttore: Jim HUG, SJ
1225 Otis St NE, Washington, DC 20017, USA
Tel: +1 202 635 2757, Fax: +1 202 832 9494
E-mail: [email protected] - Web www.coc.org
Stati Uniti
La Campagna Internazionale sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio è coordinata dalle agenzie
cattoliche per lo sviluppo d’Europa e del Nord America facenti parte della rete CIDSE. In Italia la
campagna è promossa dal membro italiano CIDSE, Volontari nel mondo – FOCSIV, insieme a
CARITAS ITALIANA, in collaborazione con Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII,
Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani/ACLI, Azione Cattolica Italiana, CISL, Comunità di Vita
Cristiana/CVX, Conferenza Istituti Missionari in Italia/CIMI, Federazione Università
Cattolica/FUCI, Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani/MASCI, Movimento Cristiani
Lavoratori/MCL, Movimento Giovanile Salesiano.
32
Traduzione a cura di Paolo Sanguinetti
GIUSTIZIA,
NO ELEMOSINA
Documento della Campagna Internazionale
sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio
“I POVERI NON POSSONO ASPETTARE”
Questa campagna è coordinata dalle agenzie cattoliche per lo sviluppo d’Europa e del Nord America facenti parte della rete CIDSE:
Broederlijk Delen - Belgio CAFOD – Regno Unito, CCFD – Francia,
Center of Concern – Stati Uniti,
Cordaid – Paesi Bassi,
Development and Peace – Canada, Entraide et Fraternité – Belgio,
Fastenopfer – Svizzera, KOO – Austria, Manos Unidas – Spagna,
Misereor – Germania, SCIAF – Scozia, Trocaire – Irlanda,
Volontari nel Mondo/FOCSIV – Italia.
In Italia la campagna è promossa dal membro italiano della CIDSE,
Volontari nel mondo – FOCSIV, insieme a CARITAS ITALIANA, in
collaborazione con Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII,
Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani/ACLI, Azione Cattolica
Italiana, CISL, Comunità di Vita Cristiana/CVX, Conferenza
Istituti Missionari in Italia/CIMI, Federazione Università Cattolica
Italiana/FUCI, Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani/MASCI,
Movimento Cristiani Lavoratori/MCL, Movimento Giovanile
Salesiano.
I.P.
Questa Campagna fa parte della Global call to action against poverty.