CHI SI UMILIA SARÀ ESALTATO XXX DOMENICA DEL TEMPO
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CHI SI UMILIA SARÀ ESALTATO XXX DOMENICA DEL TEMPO
CHI SI UMILIA SARÀ ESALTATO XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – anno C – LUCA 18,9-14 9. In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: Questa domenica la liturgia ci propone il brano del Vangelo in cui Gesù insegna qual è l’atteggiamento più giusto per pregare in modo da essere graditi a Dio. Egli, infatti, accoglie la preghiera degli umili, di coloro che non presumono di se stessi e non disprezzano gli altri. In questo caso il “giusto” è la persona che conforma la propria volontà e la propria vita alla volontà di Dio. 10. «Due uomini salivano al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. I protagonisti della parabola sono due personaggi: un fariseo, fedele alla Legge, esempio di moralità; l’altro un pubblicano, considerato peccatore, amico dei Romani, additato per la sua immoralità. Entrambi salgono al tempio a pregare. Vi erano due orari fissi per la preghiera: alle nove del mattino o alle tre del pomeriggio. Il fedele, però, poteva recarsi al tempio anche in qualsiasi altro momento. 11. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. La preghiera personale del giudeo era tipicamente fatta in piedi, pregando mentalmente o sottovoce. La posizione del corpo non è da interpretare come un atto di superbia, ma come consuetudine. Il fariseo è sincero nell’enumerare le sue virtù: non ha trasgredito la Legge, è un bravo osservante, non è ipocrita. Ringrazia Dio di avergli fatto dono di una vita impeccabile. Il problema nasce nel momento in cui si contrappone a tutti gli altri uomini, come se essi fossero tutti depravati. Pone al centro se stesso, non si mette in relazione con un tu. Il suo narcisismo sfocia nell’autoreferenzialità e nel disprezzo del prossimo. 12. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo". Il fariseo, scrupoloso osservante della Legge, non solo fa quanto è prescritto, ma anche di più: digiuna due volte la settimana (era previsto il digiuno il lunedì e il giovedì per espiare trasgressioni involontarie o per i peccati del popolo); paga la decima (il contadino doveva versare la decima parte del ricavato dei prodotti della terra e del bestiame primogenito; ma non tutti i contadini erano onesti. Pertanto, il fariseo paga la decima parte per essere sicuro che, se il contadino non l’aveva fatto, lo fa il fariseo al suo posto. Così la legge è rispettata, se non da contadino, sicuramente dal fariseo). Il fariseo si pone come esempio sublime di un uomo veramente pio. 13. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: "O Dio, abbia pietà di me peccatore". Il pubblicano ha tutte altre disposizioni d’animo e di atteggiamento: sta distante, ad indicare chi è distante da Dio; non osa alzare gli occhi al cielo, segno di vergogna, di confusione; si batte il petto come segno di pentimento o di disperazione. Non vanta nulla davanti a Dio, anzi ripete con concisione solo alcune parole del salmo 50: “Abbi pietà di me peccatore”. Quest’uomo si consegna alla misericordia di Dio, non ha nulla da offrire di buono. È il ritratto di una persona disprezzata, emarginata per la sua situazione peccaminosa. Gesù esprime l’opinione corrente, attraverso la parabola, ma non è certo questo il suo giudizio sul pubblicano. La cosa più brutta è che il pubblicano non ha nemmeno la possibilità di riscattarsi: avrebbe dovuto compiere un cammino molto lungo di preparazione per essere reintegrato nella società, avrebbe dovuto abbandonare il suo mestiere e restituire al 120 per cento tutto ciò che aveva acquisito disonestamente. Non aveva alcuna via di scampo, era in una estrema situazione disperata. 14a. Io vi dico: questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, Gesù ora esprime il suo giudizio, che è quello di Dio e lo introduce con un “Io vi dico”, espressione che indica grande autorità. Il pubblicano si riconosce peccatore ed è gradito a Dio, che non gli richiede alcuna penitenza, né alcuno sforzo. Il fariseo si vede rifiutare la salvezza perché si sforza di arrivarci con i suoi mezzi, attraverso la penitenza e l’osservanza della Legge. Gesù esplicita l’attenzione del Padre verso i lontani e i bisognosi. Attacca la modalità farisaica di rapporto con Dio: compiere azioni meritorie, rendendo Dio un misero contabile. Il Padre fa il primo passo, senza aspettare che sia l’uomo a farlo. Gesù vuole che ci riconosciamo peccatori e che ci apriamo alla salvezza gratuita di Dio che è la Misericordia stessa, cioè dona senza ricompensa, senza contraccambio. Il pubblicano confessa di dipendere totalmente dalla misericordia di Dio e permette a Dio di manifestare la sua Misericordia. La Misericordia di Dio, è, infatti, la manifestazione della sua Onnipotenza. 14b. perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Ora Gesù pronuncia una sentenza, tipica modalità utilizzata da Luca e dai semiti in generale a conclusione di un discorso o di una parabola. Questa sentenza vale per i cristiani di allora e per noi oggi: dobbiamo imparare a non giudicare il prossimo ed evitare di avanzare pretese davanti a Dio. Evitiamo dunque l’arroganza del fariseo e imitiamo l’umiltà/verità del pubblicano e allora anche a noi Dio dirà che siamo giustificati non dalle opere buone compiute, ma dalla sua sola infinita e incommensurabile Misericordia. Suor Emanuela Biasiolo