Gabriele D`Annunzio I pastori

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Gabriele D`Annunzio I pastori
VOLUME 3a
Il secondo Ottocento
I classici • Gabriele D’Annunzio
Laudi, I pastori
Gabriele D’Annunzio
I pastori
Opera: Laudi, libro III: Alcyone, sezione Sogni di terre lontane
Punti chiave:
La transumanza
Il tempo mitico circolare
L
e 7 liriche della sezione Sogni di terre lontane
cominciano tutte con la stessa parola, «settembre»: struggente richiamo stagionale all’estate che
volge al termine, portandosi via l’illusione dionisiaca
di una vita divina, immersa nel rigoglio trionfante
della natura. Vinto da una dolce malinconia, che
scaturisce dal sentimento del declino, il poeta si riSchema metrico: 4 strofe di 5 endecasillabi, l’ultima delle quali caudata. Rimano
tra loro i vv. dispari della prima strofa e
i vv. pari delle strofe seguenti; inoltre, le
strofe formano tra loro coblas capcaudatas (il primo verso della strofa che segue
fa rima con l’ultimo di quella che precede).
1. Settembre: qui, come in tutti gli altri
testi della sezione, il poeta si rivolge direttamente al mese, invitandolo a migrare.
Si tratta, quindi, di una personificazione.
2. miei: non indica possesso, ma legame affettivo e identitario, essendo anche
D’Annunzio di origini abruzzesi.
3. stazzi: spazi recintati all’aperto, dove
vengono tenute le greggi, quando tornano
dal pascolo.
4. selvaggio: nel senso sia di tempestoso,
con riferimento all’acqua, perché facile alle mareggiate, sia di selvatico, con
riferimento al litorale, per la vegetazione
spontanea che cresce sulle spiagge e sulle
dune di sabbia.
5. verde... monti: la consonanza cromatica crea un qualche legame tra il mare e la
montagna, consolando i pastori che ogni
anno, alla fine della bella stagione, devono
abbandonare gli alti pascoli dell’Appennino e scendere in pianura.
6. profondamente: a lungo e abbondantemente.
7. che: con valore finale di “affinché”.
8. esuli: perché di solito portavano le greggi a svernare in Puglia, dunque in una
regione diversa da quella natìa.
9. lungo: riferito a conforto; illuda la lor
sete: non faccia loro sentire la sete, da
intendersi anche in senso figurato come
nostalgia.
10. verga d’avellano: bastone di nocciòlo.
11. tratturo: traccia erbosa, larga come
una strada, provocata dal passaggio delle
greggi.
12. erbal fiume silente: il tratturo, scendendo dai monti al mare, segue lo stesso
percorso dei fiumi; di qui la metafora, la
sua trasfigurazione in un fiume d’erba,
piega in se stesso, abbandonandosi al ricordo nostalgico di tempi e luoghi remoti, rimasti vivi nella sua
memoria. Nei Pastori, in particolare, D’Annunzio
torna alla sua terra natale, l’Abruzzo, rievocando la
pratica antichissima della transumanza, ovvero la
discesa delle greggi, alla fine dell’estate, dai pascoli
appenninici al litorale adriatico.
5
Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
10
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natìa
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
15
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
20
Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquìo, calpestìo, dolci romori.
Ah perché non son io co’ miei pastori?
G. D’Annunzio, Versi d’amore e di gloria, a cura di A. Andreoli e N. Lorenzini,
introduzione di L. Anceschi, vol. II, Mondadori, Milano 1982-84.
silenzioso perché non vi scorre acqua.
13. vestigia: orme.
14. primamente: per primo.
15. conosce... marina: scorge, avvista,
il mare. Verso interamente ricalcato sul
dantesco «conobbi il tremolar de la marina» (Purgatorio 1, 117).
16. lungh’esso: lungo.
G. Langella, P. Frare, P. Gresti, U. Motta
letteratura it Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori
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Metro: strofe di endecasillabi
1
17. Senza mutamento è l’aria: ancora una
citazione dantesca: «Un’aura dolce, senza
mutamento» (Purgatorio 28, 7).
18. viva: perché, essendo il mantello delle
pecore, si muove.
19. non divaria: non si distingue.
21. io: si noti la rima interna con calpestìo
di v. 20.
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VOLUME 3a
Il secondo Ottocento
I classici • Gabriele D’Annunzio
Laudi, I pastori
in primo piano
I temi e le scelte stilistiche
Analisi del testo
una civiltà pastorale che ha saputo uniformare i suoi
atti al ritmo delle stagioni. Questa ripetitività dei gesti
ci riporta a un tempo mitico, che torna ad avvolgersi
sempre uguale su se stesso. E mitici sono anche i pastori rimasti impressi al D’Annunzio fanciullo, «solenni e
grandiosi come patriarchi», come scrisse in una prosa
giornalistica del 1893.
Una simbolica transumanza Nella lirica D’Annunzio
descrive la cosiddetta transumanza, ossia lo spostamento stagionale di intere greggi da un territorio all’altro per
motivi climatici e alimentari. D’estate, infatti, gli ovini
vengono condotti in montagna, dove c’è abbondanza
di pascolo, mentre nelle rimanenti stagioni dell’anno
vengono riportati a valle o in pianura, dove le condizioni
ambientali sono più sopportabili. Per transumanza s’intende, quindi, propriamente, il lungo tragitto (decine e
decine di chilometri) che compiono i pastori con le loro
greggi per scendere o salire, a seconda della stagione,
verso il piano o verso i monti. Particolarmente famosa è
la transumanza dei pastori abruzzesi, che a settembre,
quando viene il tempo di migrare (v. 1), abbandonano
gli alpeggi in quota sulla dorsale appenninica e invadono
il Tavoliere delle Puglie.
Questa discesa dei pastori dagli alpeggi estivi viene caricata di valenze simboliche dal poeta e raffigurata
come una sorta di esilio. Il tema, annunciato fin dal
primo verso nell’improcrastinabile risoluzione di migrare,
viene sviluppato specialmente nella seconda strofa, che
conferisce un forte pathos alla scena della partenza. I
pastori mal si adattano alla necessità di staccarsi da quei
pascoli e da quei monti, perché lì sono nati. Non a caso
esuli e bisognosi di conforto sono i loro cuori (v. 8).
Su questa forzata separazione D’Annunzio proietta lo
scacco del Superuomo, che ha inseguito, in Alcyone,
complice il tripudio della piena ed esuberante estate, il
miraggio dell’immortalità. L’arrivo di settembre (v. 1) gli
ricorda, invece, che anche lui è soggetto al tempo, come
tutti i comuni mortali. Il luogo di vacanza, dov’egli aveva
creduto di trovare la propria definitiva dimora, si rivela
non più idoneo alla vita di quanto lo siano gli alpeggi
per i pastori una volta trascorsa l’estate. Scatta perciò nel
poeta un moto di regressione, un desiderio di ritorno
alla terra e alla civiltà delle sue origini.
L’osmosi tra i due paesaggi Anche la discesa alla costa
adriatica, attraverso il Tavoliere delle Puglie, ricade
dunque nell’ordine delle leggi di natura, e come tale
va accettata. Si genera, così, un circolo virtuoso tra
mare e monti, che cessano di essere visti come due
polarità opposte, per manifestare insospettabili affinità. L’Adriatico, per cominciare, vanta due attributi
che lo apparentano all’Appennino: è selvaggio (v. 9),
aggettivo che richiama etimologicamente le “selve” dei
monti, ed è di un verde simile a quello dei pascoli (v.
10). La montagna, dal canto suo, effonde acqua (i fonti
/ alpestri) fin quasi a trasfondersi in elemento liquido:
il metaforico erbal fiume silente (v. 12). La lana delle
pecore, infine, sotto i raggi del sole prende lo stesso
color biondo della sabbia (v. 19), fino a confondersi con
essa. Per effetto di questa intercambiabilità, il mare può
diventare la meta agognata, che si avvista con gioia: O
voce di colui che primamente / conosce il tremolar della
marina! (vv. 14-15).
Luoghi e riti purgatoriali La fittà intertestualità che la lirica istituisce con l’immaginario del Purgatorio dantesco
conferma la valenza positiva accordata al paesaggio
marino non meno che a quello appenninico. Anzi, se il
tremolar della marina si rifà al primo canto, l’aria senza
mutamento (v. 17) è quella che spira sulla sommità della
montagna del Purgatorio, dove Dante colloca il Paradiso
terrestre. A quest’ultima cornice si può ricondurre anche
l’atto di abbeverarsi a fonti / alpestri compiuto dai pastori
prima d’intraprendere la transumanza: esso ricalca, infatti, i contorni sacrali del duplice rito cui si sottopongono
le anime dantesche dopo aver purgato le loro colpe,
bevendo prima l’acqua del Letè, per cancellare il ricordo
dei peccati commessi, e poi quella dell’Eunoè, per ravvivare la memoria delle buone azioni compiute. I pastori di
D’Annunzio gustano lungamente il sapor di quell’acqua
natìa (v. 7) e la ingurgitano in abbondanza, perché dia
loro spirituale conforto durante il cammino, tenendo
lontane la sete (v. 9) e la nostalgia.
Sulle orme degli antichi padri La transumanza dei pastori abruzzesi è una pratica che si perde nella notte dei
tempi. Il tratturo lungo il quale essi scendono al piano è
antico (v. 11), tracciato anno dopo anno da innumerevoli greggi. I pastori non hanno da cercarsi una strada,
devono semplicemente incamminarsi su le vestigia degli
antichi padri (v. 13): il loro tragitto è segnato da sempre,
come la vicenda ciclica delle loro salite ai monti e delle
discese al piano. D’Annunzio trova un parziale conforto alla propria amarezza nella sapienza millenaria di
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SPAZIO
COMPETENZE
Comprensione e analisi
1. Quale momento della vita della pastorizia viene preso a soggetto di questo componimento? In che cosa consiste?
2. Quali luoghi vengono citati nel componimento?
3. In quali versi emerge l’adesione da parte del poeta alle antiche tradizioni della pastorizia qui descritte?
4. Che significato ha il desiderio espresso dal poeta nell’ultima domanda?
5. In quale strofa emergono maggiormente le immagini coloristiche?
6. Perché i cuori dei pastori vengono definiti esuli (v. 8)?
7. Spiega con parole tue l’espressione erbal fiume silente (v. 12).
8. Individua nel componimento alcuni esempi di fonosimbolismo.
Approfondimenti
  9. Con quale atteggiamento D’Annunzio guarda alla natura in Alcyone? Spiegalo con qualche riferimento anche ad
altre poesie di questa raccolta. (massimo 15 righe)
10. Confronta modalità e finalità del fonosimbolismo pascoliano con quello dannunziano. (massimo 15 righe)
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