Intervista all`attrice e autrice di teatro, Isabella Carloni
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Intervista all`attrice e autrice di teatro, Isabella Carloni
22 LUGLIO ! NUMERO 3 Il Giornalino SCUOLA ITALIANA / MIDDLEBURY COLLEGE / ESTATE 2011 Intervista all’attrice e autrice di teatro, Isabella Carloni Dove e quando ti sei trovata 'catturata' dal teatro? Perché hai deciso di dedicarti alle arti teatrali? Il mio è stato uno strano percorso: mi sono laureata in Filosofia ad Urbino ed ero avviata alla carriera accademica. Ma la passione per lo sport prima e la danza poi mi hanno fatto venire nostalgia dell’uso del corpo e della sua espressività. A un certo punto mi sentii spezzata tra la curiosità intellettuale e il desiderio di esprimermi artisticamente con il corpo e con la voce. Allora pensai che il teatro metteva insieme tutto e poteva essere per me la cosa giusta. Frequentavo già i Festival di teatro off e di ricerca e mi colpiva il In questo numero: Pallavolo. Italia batte Spagna 2-1 Va a rapinare le poste con la nonna Piana degli Albanesi A proposito di ritorni…….. La gente non mangia di cultura, ma… Calcio: pareggio contro gli spagnoli ! p.2 p.3 p.4 p.5 p.5 p.6 linguaggio che ha il teatro per comunicare, l’intensità con cui può dirti qualcosa, farti pensare lasciandoti libera. E così, con un po’ di coraggio, ho fatto la valigia e ho ricominciato tutto da capo. Mi sono diplomata alla Scuola di Teatro di Alessandra Galante Garrone a Bologna e ho iniziato la mia carriera artistica, che mi ha fatto incontrare grandi maestri e registi italiani. Poi nel tempo la mia passione per la filosofia è stata utile anche per il mio percorso artistico, specie nella creazione drammaturgica. Nel mio teatro l’attore è anche autore, anche nel caso in cui c’è un regista e un testo: l’attore porta sempre qualcosa di sé e del suo mondo. Per quanto riguarda la 'controversia' del soggetto, in particolare l'elemento della sessualità di Pina, come viene accettato lo spettacolo dai diversi pubblici in Italia? In Sicilia? In America? Lo spettacolo, pur avendo debuttato da poco, ha incontrato ovunque un grande successo, in Sicilia come a Bologna. Quella di Middlebury era una prima americana e l’accoglienza è stata fantastica. Una parte del pubblico spesso si dimentica addirittura dell’identità sessuale di Pina: come se la storia, la sua passione amorosa e il suo lottare per la sua libertà prendesse il CONTINUA A PAGINA 2 gioco di parole: -Carlo Indahl M.A., Middlebury Co"ege, 2010 Questionario di Proust Recensione di Minchia di Re Sondaggio all’italiana Alla cantina locale La rotatoria di Middlebury Il digiuno Alla ricerca dei professori p.6 p.7 p.7 p.8 p.9 p.10 p.13 PAGINA 1 22 LUGLIO ! NUMERO 3 INTERVISTA A CARLONI, CONT. ISABELLA si sacrifica per la libertà. Ci potresti approfondire quest'idea? In “Minchia di re” la questione sopravvento e acquistasse una dell’identità sessuale e della libertà è dimensione universale, al di là del centrale e ne comprende non solo la dimensione fisica ed emotiva, ma anche maschile e femminile. quella sociale e politica, che vi è Ma per un’altra parte di pubblico, inevitabilmente connessa. Lo spettacolo specie quello giovanile e femminile, il difende il diritto alla propria identità al dibattito sulla questione dell’identità è di là delle differenze e credo che questo piuttosto acceso: segno che il mio esprima una grande attualità. padre incide anche lei sulle regole del suo tempo: pur con i suoi errori anche lei paga un prezzo alto per la sua libertà e per quella di tutte le donne. Da quando fai “Minchia di re”? Hai intenzione di portare avanti e continuare lo spettacolo nel futuro? Come dicevo lo spettacolo ha debuttato da poco in Italia ed ha fatto solo 10 repliche. Quest’anno girerà in Italia e spero poi anche all’estero. Sono periodi durissimi da noi per il teatro e per la cultura. Ma spero di riuscire a portarlo in giro per tanto tempo, anche nelle piccole città e tra i più giovani. intento di parlare anche dell’oggi, pur partendo da una storia dell’800, è Ci sono molti modi di difendere e lottare per la libertà: a volte può riuscito. diventare necessario prendere le armi Per le donne più grandi è importante come è accaduto per la Resistenza che si parli della questione partigiana in Italia o per il Risorgimento dell’omosessualità femminile, che è italiano (il periodo in cui è ambientata Come ti sei trovata a Middlebury? ancora oggi meno espressa e la storia del romanzo di Giacomo Quale sono i tuoi pensieri su questo programma in italiano fuori rappresentata. Le più giovani invece Pilati, da cui è tratto lo spettacolo). dall’Italia? spesso pensano che affermare la propria diversità sia ancora più difficile per un Altre volte il muro contro muro non E’ stata davvero una gioia per me poter porta altro che sangue e solo attraverso avere un pubblico così vario e diverso uomo. Qui a Middlebury è emerso anche un una mediazione si riesce a incidere sul sia per età che per provenienza ed dibattito sull’efficacia sociale dell’agire sociale, specie quando la società non è esperienze. Attraverso lo spettacolo e il di Pina/Pino. La discussione è proprio pronta per cambiamenti radicali. Per me workshop teatrale ho avuto la possibilità ciò che volevo provocare: un sono certamente eroi i magistrati che di entrare intensamente nella vita del personaggio funziona in teatro quando sono morti per difendere la legalità in campus, di un incontro ampio e diretto esprime dei conflitti e pone domande Italia ma lo sono anche tante donne e con gli insegnanti e gli studenti di senza pretendere di dare risposte uomini sconosciuti che giorno per Middlebury, uno scambio reale e un giorno lottano per cambiare le grande arricchimento: sono felice univoche. consuetudini sociali e affermare la poiché questo è il motivo per cui ho scelto di dedicarmi al teatro. Ringrazio Personalmente a me incuriosiva giustizia. sinceramente per questo il professor l'aspetto della libertà, sia la libertà di Nel suo travestimento anche Pina è Antonio Vitti, il vostro direttore, che mi Pina che la libertà italiana e quello che eroica e con la sua ribellione rispetto al ha invitato. Pallavolo. Italia ba,e Spagna 2-‐1 di Furi Ghemea So&o il sole torrido e intenso dell’estate middleburiana, la squadra di pallavolo della scuola italiana ha riportato la seconda vi&oria consecu8va del campionato. La se;mana scorsa gli azzurri hanno le&eralmente stracciato una debole ed immo8vata squadra tedesca vincendo i primi due set in meno di 40 minu8. La par8ta era apparsa agli occhi di tu; una passeggiata al parco: era chiaro sin dall’inizio che i tedeschi stavano soffrendo la superiorità italiana e che il risultato finale sarebbe stato a vantaggio dei ragazzi di Spani. ! PAGINA 2 22 LUGLIO ! NUMERO 3 Pallavolo, cont. Il clima pre-‐par8ta contro gli spagnoli invece era teso. Storicamente la squadra spagnola (che tu&avia negli ul8mi qua&ro anni ha perduto tu&e le sfide contro gli azzurri) è sempre stata forte. “Noi”, -‐sos8ene Spani-‐, “ci abbiamo creduto dall’inizio alla fine. Quando abbiamo perso il secondo set dopo essere sta8 in vantaggio per la maggior parte della gara, ho de&o ai ragazzi che se avessimo perso l’incontro non avrei più allenato la squadra. Evidentemente mi hanno preso in parola!”. Che gli spagnoli dunque siano un osso duro e che riservino sempre ina&ese sorprese lo si sapeva, tu&avia la squadra italiana ha dimostrato professionalità e coraggio e alla fine gli sforzi degli atle8 sono sta8 pienamente ripaga8 da una bellissima (e sofferta) vi&oria. Quest’anno il campionato è una cosa seria: i gironi fanno passare solo le squadre prime classificate che avranno quindi la possibilità di ba&ersi in finale per il primo e secondo posto. Con il risultato di ieri la squadra italiana è la capolista del girone A. Ma che cosa pensano i ragazzi della pallavolo? Lo abbiamo chiesto ad Adam Sawamura: “Io non ho mai giocato a pallavolo e la squadra è molto divertente. Mi piacciono i miei compagni, Alani e Carrie sono grandi giocatrici. È bello incontrarsi per giocare perché posso conoscere altre persone e parlare italiano”. Anche Maren Granstorm è alla prima esperienza nella pallavolo. Per lei è importante imparare un nuovo sport e conoscere altri studen8. Quando le chiediamo che cosa pensi dell’allenatore, risponde “Chiaramente Spani è bravissimo, abbiamo vinto tu&e le par8te, ho imparato molto e le sue strategie funzionano”. Chi invece non parla di strategie è Mark Horn. Per lui il merito delle vi&orie è dell’allenatore che “chiede sempre intercessioni dall’alto”. Quale sia il segreto vincente di questa squadra non si sa, alcuni sostengono che si tra; dell’allenatore, altri della fortuna. Elizabeth Forgiel invece dice: “Sono sicura che il mio tatuaggio in onore di Spani sia il segreto vincente”, ma scherzi a parte lei è convinta che “siamo la migliore squadra al mondo!”. Insomma, tatuaggi, fortuna, allenatore.... staremo a vedere come andrà a finire il campionato. Nel fra&empo, domenica prossima ci aspe&a la par8ta contro la scuola ebraica. In bocca al lupo ragazzi! Va a rapinare le poste con la nonna 81enne per non lasciarla sola: arrestato ROMA - È andato con coltello, chiave inglese, casco e passamontagna per rapinare le poste, ma ha portato con sè anche la nonna, un'anziana 81enne e con tanto di stampelle, «per non lasciarla sola a casa». È successo a Bellegra, in provincia di Roma, dove i carabinieri hanno sventato la rapina un uomo di 34 anni con precedenti, originario di Lecce e residente a Olevano Romano, che è stato bloccato dai militari mentre era ancora all'interno dell'ufficio postale. e x impiegato: il primo è stato ferito al braccio con il coltello, il www.tg1.rai secondo colpito alla testa con la chiave inglese. Un'altra dipendente dell'ufficio, che era fuori al bar in un momento di pausa, si è accorta della rapina e ha Il 34enne si era prima presentato davanti agli avvisato i carabinieri della stazione di Bellegra, sportelli per chiedere un prestito e dopo aver che sono intervenuti disarmando e bloccando il a p p r e s o c h e n o n p o t e v a o t t e n e r l o h a 34enne. accompagnato a un vicino bar la nonna, con la quale vive a Olevano Romano. Poi è andato a La nonna del rapinatore, che lo aspettava al bar casa e in seguito è tornato negli uffici col volto ignara di tutto, è stata accompagnata al pronto coperto da un passamontagna e un casco. soccorso per un malore a causa del caldo. Dietro le sbarre, invece, è finito suo nipote. Armato di pistola e chiave inglese, il rapinatore ha Martedì 12 Luglio 2011 avuto una colluttazione con il direttore e con un http://www.ilgazzettino.it/articolo.php? id=155914&sez=LEALTRE ! PAGINA 3 22 LUGLIO ! Piana degli Albanesi NUMERO 3 gente ancora si parla in albanese e mantiene la loro identità. Siamo rimasti colpiti Sylvie Scholvin studentessa, 3o livello Vicino a Palermo, a circa trenta minuti in macchina, oltre le montagne che circondano la città, si trova un piccolo paese che si chiama Piana degli Albanesi con 6.500 abitanti. È situato sul fianco della montagna presso un lago, con le viste bellissime della campagna. Io e mio marito siamo arrivati in questo paese per caso, e ci siamo fermati a gironzolare e pranzare. Camminando per il centro ci siamo accorti che i segnali stradali erano in due lingue: italiano e un’altra lingua misteriosa. Dopo aver chiesto a della gente locale, abbiamo capito che questo posto era albanese, così come suggerisce il suo nome. La quando abbiamo scoperto che il paese era stato fondato dagli immigranti di Albania 500 anni fa! Che straordinario! Da secoli questo paese riesce a rimanere un’isola culturale dentro la Sicilia e vicino a una città principale, lasciandosi influenzare solo fino a un certo punto dalla cultura dei paesi circostanti. In effetti, la lingua parlata è un dialetto albanese vecchio. E continuano a praticare la loro fede. Due nonni ci hanno consigliato di pranzare in un buon ristorante nel centro. Accadde che il proprietario e suo figlio erano apparsi in un programma di cucina alla TV, la “Prova del Cuoco,” in una competizione regionale. Eravamo felicissimi di provare lo stesso piatto che avevano preparato alla TV. Se vi interessa, e c c o l’episodio nel sito web di Rai (http:// www.rai.tv/ dl/RaiTV/ programmi/media/ ContentItem-56011d0c-05ba4b75-97f4-c11d1cb16c4c.html La Sicilia contro le Marche). Dopo, viaggiando per la Sicilia, ci siamo accorti che c’erano altri paesi con un patrimonio mescolato o delle minoranze che conservavano il loro patrimonio, ad esempio Contessa Entellina o Palazzo Adriano, un paese dove hanno filmato il “Nuovo Cinema Paradiso” del 1988. Naturalmente c’è un museo con gli artefatti e foto delle riprese e quasi tutti erano felici di mostrarci il loro posto e chiacchiere del film, in cui molti hanno partecipato come comparse. Sopra, adestra: Un uomo cammina davanti alla società agricola in Piana degli Albanesi. Sotto, a sinistra: I segni stradali in italiano e in albanese. ! PAGINA 4 22 LUGLIO ! NUMERO 3 La gente non mangia di cultura, ma… A proposito di ritorni…….. di Angelo Diaz studente di M.A. Mercoledi 13 luglio su gentile invito della Prof.ssa Daniela Privitera che insegna un corso di Letteratura siciliana ho assistito, con grande piacere, allla visione del film documentario (“Lʼisola in me “) su Vincenzo Consolo , scrittore siciliano legato al tema del Ritorno. La visione del film mi ha commosso e mi ha fatto riflettere in modo molto particolare sul tema dellʼemigrazione (su cui lʼAmerica stessa è stata fondata). Consolo lamenta volontaria che obbligatoria-si ripete parecchie volte nella l u n g a S t o r i a u m a n a . Ricordiamoci dellʼespulsione degli Arabi e degli Ebrei dalla Spagna. Gli arabi del Maghreb cantano ancora oggi un lamento che dice “Ya rayeh weyn safart, trooh t a y a a d w t w a l i ? “ / O h , viaggiatore, dove sei andato, che vai, ritorni, e te ne vai ancora?/ Ricordiamoci anche dello scambio di popoli tra la Grecia e la Turchia del 1923. Anche I Greci ripetono un lamento in canzoni e poesie attraverso queste parole: “Tora pou pas sti xenitia” [Ora che te ne vai immaginario, nella loro fantasia, nella memoria di Patrizio Murray collettiva, in realtà non esiste studente, 2o livello più. Infatti, i cubani dellʼesilio scoprono che non hanno ... niente in comune con i cubani di oggi. Quel ricordo Nell’opera La Traviata vive dunque s o l o la protagonista, Violetta Valery, n e l l ʼ i m m a g i n a r i o dopo il suo combattimento con dellʼemigrante. Per questo la tubercolosi, muore mentre motivo esiste nella coscienza canta un fortefortissimo Bb e dellʼemigrante una continua così :inisce il viaggio di due ore opposizione tra speranza e e mezzo. Così sono le opere; realtà: la speranza della luce grandi, esagerate e qualche che porta peroʼ anche il volta non realistiche ma rimpianto ed il lutto; la ricerca sempre rivelano la bellezza della felicità che è anche della musica. E nel paese dove p i e n a d i d o l o r e p e r l’opera è nata, in cui la bellezza lʼallontanamento dalla madre sempre ha importanza, l’opera terra. La distanza, pertanto, sta morendo. Un bilancio in http://www.nazioneindiana.com/2009/10/18/l’isola-in-me/ che Itaca (il ricordo della “ sua Sicilia” ) non cʼè più. Rimane solo il desiderio di ritornare, ma non si sa più dove tornare, e, tante volte non si puo' nemmeno tornare. Queste parole hanno risvegliato in me ricordi personali e familiari . Il marito di mia madre, che per me era come un secondo padre, è uscito da Cuba nel 1958, nel momento della rivoluzione . La sua idea, come quella di tanti emigranti esiliati, era quella di poter ritornare un giorno al suo paese. Mi ricordo, infatti, che ne parlava ogni giorno. Invece è morto otto mesi fa senza aver mai realizzato il sogno di tornare, quasi come una tragedia greca. Il tema dellʼemigrazione –sia ! allʼestero] di Nana Mouskouri; mentre il poeta Giorgos Seferis quasi piangendo dice: “Opou kai na taxidepso i Ellada me plighoni” / Dovunque io vada, la Grecia mi ferisce/. Anche gli Spagnoli cantano il loro lamento nel testo “El emigrante”. Questi sono solo pochi esempi tra tanti. Il lamento dellʼesule è un discorso universale. È unʼesperienza ecumenica. Mi viene subito in mente il caso dei Cubani che vivono in esilio (profughi politici): nel loro immaginario, è ancora viva quella Cuba di più di 50 anni fa. E tuttavia, se riescono a ritornare nellʼisola dove sono nati, trovano che non è più la stessa, che quel paese che esiste nel loro fissa i ricordi e li congela in un tempo immobile in cui ogni popolo esiliato rivede sé stesso. Il ritorno eʼ un tema universale che riguarda lʼamore per la madre terra, dove lʼemigrante frustrato sogna di ritornare un giorno, anche se spesso moriraʼ ʼin esilio. Questa È la tragica condizione di una gente senza terra: che canta il desiderio di ritornare ma, come scrisse De Céspedes, “Nessuno torna indietro”. Questa eʼ la tragica realtà dellʼemigrante : anelare al ritorno ma, come Sisifo, anche lʼemigrante non riusciraʼ mai a realizzare il suo scopo. La memoria mitica e storica diventa anche la sua condanna. diminuzione ed un popolo che preferirebbe il cinema. Queste due cose contribuiscono a meno vendite di biglietti di opera. Il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e il ministro delle :inanze, Giulio Tremonti, hanno diminuito i contribuiti alle arti del 40%. I teatri, per i quali i contribuiti sono stati tagliati del 70%, sono stati gettati nel panico. Tremonti ha detto che “La gente non mangia di cultura.” Ricardo Muti, il musicista italiano più famoso oggi giorno, ha convinto Tremonti di mantenere lo stesso bilancio dell’anno scorso. È vero che la gente non mangia di cultura ma è anche vero che non mangia di calcio. Quando un paese non aiuta la sua cultura, che esiste più del paese? Nel corso della seconda guerra mondiale quando al primo ministro del Regno Unito Winston Churchill è stato chiesto di chiudere i teatri per appoggiare la guerra, lui ha detto “che combattiamo a progettare?” Se gli italiani, q u e l l i c h e h a n n o c re a to l’opera, non vogliono questo caposaldo della loro cultura che succederà all’opera? PAGINA 5 22 LUGLIO ! NUMERO 3 CALCIO: PAREGGIO CONTRO GLI SPAGNOLI Damon Hatheway, studente, 2o livello Ottanta minuti non erano abbastanza per trovare un vincitore tra la squadra italiana e la squadra spagnola sabato mattina. Prima della partita gli azzurri avevano avuto due vittorie su due partite ma non hanno potuto trovare la rete contro gli spagnoli. Invece, malgrado alcune buone opportunità per le due squadre la partita è finita 0-0. Dopo questo pareggio, gli azzurri hanno un record di due vittorie, un pareggio e nessuna sconfitta per sette punti in totale. La squadra spagnola e gli azzurri sono le uniche due squadre imbattute, ma la squadra italiana è l’unica con due vittorie. Nel primo tempo non ci sono state molte buone opportunità per un gol perché le difese delle due squadre erano molto forti. Alla fine del primo tempo l’allenatore della squadra italiana, Antonio Nicaso, ha avuto un messaggio per la sua squadra: “Dovete credere che potete vincere!” Nicaso ha detto. “Siete più forti di questa squadra, ma se non credete di poter vincere non farete un gol.” Nel secondo tempo il ritmo della partita era più veloce e ci sono state alcune opportunità pericolose per le due QUESTIONARIO DI PROUST: ! ! squadre. In particolare gli azzurri hanno cominciato a giocare meglio nel centro campo e in attacco. Il gioco migliorato degli italiani ha creato più opportunità per fare un gol ma gli attaccanti non hanno tirato in rete abbastanza. “Sabato mattina abbiamo giocato una bella partita contro una forte squadra,” ha detto Julian Colili, uno studente di postlaurea. “Abbiamo creato molte opportunità e abbiamo quasi segnato qualche volta. La scuola spagnola è sempre una squadra difficile da affrontare quindi sono contento con il risultato, ma avremmo potuto vincere la partita.” La prima partita tra gli spagnoli e gli azzurri è stato un pareggio, ma è probabile che le due squadre giochino nel futuro per la finale della coppa del mondo. Dopo tre partite, ogni squadra ha giocato contro tutte le altre squadre e questa è la classifica: La Classifica del Campionato Squadra V S Italia 2 0 Spagna 1 0 Francia 1 2 Germania 0 2 P 1 2 0 1 Punti 7 5 3 1 LUCIA LIEBERT CORSO D’ITALIANO PER ADULTI Quali sono tre aggettivi che descrivono la tua personalità? --Simpatica, socievole e paziente. Qual è l'ultimo libro che hai letto? --”Il Cammello conosce la via” di Lorna Kelly Qual è un personaggio con cui ti identifichi? Perché? --La mia nonna, era fedele a se stessa e cercava di aiutare i bisognosi. Chi è la persona che più ammiri? Perché? --Madre Teresa, ha curato i più bisognosi. Quali sono tre cose che ti fanno arrabbiare? --Spinaci, cibo e vino cattivi e uragani. ! PAGINA 6 22 LUGLIO ! NUMERO 3 Recensione di Minchia di Re Noah Berman studente, 3o livello Martedì scorso alla s c u o l a italiana, abbiamo avuto il piacere di accogliere l’attrice Isabella Carloni con la sua produzione di Minchia di re, uno spettacolo basato sul romanzo di Giacomo Pilati. La signora Carloni ha dato una brava prova di recitazione che ha catturato il nostro interesse da solo per un’ora intera. La storia era di una donna, Pina, che abita in Sicilia nel diciannovesimo secolo. Lei si innamora di una donna, e poiché la sua famiglia non può accettarla, lei decide di vivere la sua vita travestita da uomo. Ma lei non poteva sapere le conseguenze della sua decisione; secondo la locandina “il prezzo della ribellione sarà un irrimediabile esilio da sé” che la affligge per il resto della sua vita. E noi possiamo vedere come la Carloni, nello stesso modo in cui lei recita personaggi differenti, porta Pina da donna a qualcosa di nuovo e stranamente familiare, che non è esattamente un uomo, ma neanche una donna. Il viaggio fisico da Pina a Pino permette che questa storia sia meravigliosa e, allo stesso tempo, straziante. Anche se io, del livello tre, ho capito meno di cinquanta per cento della lingua, che era elevata per le parti che ho capito e bellissima per le altre, la storia mi ha colpito con molta forza. Per portare in vita una storia così complessa, lei ha bisogno di sapere sempre esattamente che cosa vuole in ogni secondo, e io potevo vedere i suoi sforzi. Le transizioni tra i personaggi erano sottili, e in dei casi non sapevo che c’era un cambiamento fino a che non era completo. Lo spettacolo apre senza monologo, solo con la musica che suona mentre la Carloni, che comincia mezza svestita, lentamente si veste. Da quella prima immagine della Carloni che si infila volutamente una calza arrotolata nei pantaloni, alla fine dello spettacolo (che non voglio dirvi), il pubblico si chiede se Pina può continuare a esistere allo stesso tempo di Pino. Quando siamo lasciati con le parole “cambiare tutto,” ci dà un senso di aver visto un trauma psicologico, ma anche ci sentiamo come se il commediografo ci volesse suoi complici. Malgrado tutto quello che Pino dice, noi siamo sicuri che Pina continuerà a tormentare Pino per il resto della sua vita. Sondaggio all’italiana Noi studenti del primo livello (Ital 3151-‐A) abbiamo realizzato un sondaggio* per scoprire le vostre preferenze per quanto riguarda l’Italia e la cultura italiana. Ecco quello che abbiamo trovato: Il vostro cantante italiano preferito è: 1. Nek 2. Bocelli 3. Pavarotti 4. Elisa / Luna Pop / Fabri Nibra 5. Altri Il vostro Nilm preferito è: 1. La vita è bella 2. La dolce vita 3. Ladri di biciclette 4. Mediterraneo / Divorzio ! all’italiana / Notti di Cabiria 5. Gomorra 3. Ferrara 4. Venezia 5. Siena Il vostro stilista preferito è: 1. Senza preferenza 2. Dolce & Gabbana 3. Prada 4. Armani / Valentino 5. Ferragamo La vostra città preferita è: 1. Roma 2. Firenze La vostra celebrità preferita è: 1. Benigni 2. De Niro / Snooki 3. SoNia Loren 4. Lady Gaga 5. Altre *Abbiamo intervistato 40 studenti della Scuola Italiana. PAGINA 7 22 LUGLIO ! Alla can7na locale di Rosa Mondo, studentessa di M.A., e Mallory Nardin, studentessa di M.A. Sabato pomeriggio 16 luglio, gli studen8 del corso di Storia ed Evoluzione del Vino hanno visitato con il Professore Sangiorgi il Lincoln Peak Vineyard, un’azienda a cara&ere famigliare che si trova a pochi chilometri dalla Scuola Italiana. Abbiamo avuto la fortuna di avere come guida una nostra collega italofona del terzo livello, Maren Granstrom. Lei, sua sorella, il suo papà e il nostro professore ci hanno portato in giro per i vigne8 e ci hanno accompagnato in can8na. La nostra gita è iniziata tra le pi&oresche vigne. Per più di vent’anni, in questo luogo, il proprietario col8vava fragole. Dieci anni fa ha deciso di cambiare e cominciare a col8vare vi8 per fare vino. Date le condizioni clima8che di questa zona, u8lizzano vi8gni ibridi che sono il risultato della contaminazione tra pollini europei e statunitensi nei laboratori delle Università di Michigan e Wisconsin. Queste varietà rela8vamente nuove sono cara&erizzate da grappoli piccoli che resistono meglio alle temperature basse. ! NUMERO 3 C o m e a v e v a c o n s i g l i a t o perfino Columella (Cadice 4-‐70 d.C.), uno dei grandi scri&ori di agricoltura della Roma an8ca, in alcuni dei tes8 che abbiamo le&o in classe, loro fanno la potatura verde per ridurre il peso sulla pianta e assisterla nella maturazione dei grappoli. Sara, la sorella di Maren, ci ha fa&o notare l’importanza dell’inerbimento nello spazio tra i filari che consuma azoto creando concorrenza tra le piante e rendendo i fru; più sapori8. Il professor Sangiorgi ci ha mostrato tu&e le par8 della vite, che sono: il piede, il tralcio, la foglia, il grappolo, il raspo, l ’a c i n o ( c h i c c o ) , l a buccia, la polpa e le sue celle, dalle quali esce il s u c c o , e i n fi n e i l vinacciolo (il seme). P o i s i a m o torna8 alla can8na dove ci ha spiegato come si fa il vino. Per prima cosa si deve decidere quando fare la vendemmia. Di s o l i t o , v e r s o se&embre, si eseguono gli esami organole;ci degli acini e alcune analisi chimiche per seguire l’acido malico che, insieme ad altre sostanze come l o z u c c h e r o , i n d i c a l a maturazione dei grappoli. A p p e n a ra c c o l t e , l e u v e des8nate a fare il vino bianco vengono trasportate in modo m o l t o d e l i c a t o a l l a pigiadiraspatrice per staccare i raspi dagli acini. Questo passo serve a ridurre i tannini che impedirebbero la maturazione del vino. Poi vanno dentro la pressa pneuma8ca che “abbraccia” i grappoli esercitando una pressione equilibrata in modo che esca il succo dalla polpa senza toccare b u c c i a . Q u e s t a m a n o v r a è indispensabile per il vino bianco perché la buccia ha solo tannini e non ha sostanze coloran8, una condizione che non aiuta mol8 vini bianchi a p r o t e g g e r s i d a l l ’o s s i g e n o e a conservarsi corre&amente. Per questo mo8vo il colore dei vini bianchi è così chiaro. Dopo la pressatura, il mosto fiore viene trasportato nella vasca di acciaio inossidabile dove inizia la fermentazione, che può essere spontanea o a;vata con lievi8 aggiun8. Terminato questo processo, il vino può entrare nelle bo; di legno o in altri 8ni di acciaio, dove affronta la fase di maturazione; oppure essere i m b o ; g l i a t o d o p o u n a filtrazione ed e s s e r e c o s ì p r o n t o p e r a n d a r e s u l m e r c a t o , magari vivendo u n b r e v e p e r i o d o d i affinamento. Abbiamo avuto l'opportunità di degustare un vino rosso, il “Marque&e,” in due maniere: sia Continua a pagina 9 PAGINA 8 22 LUGLIO ! NUMERO 3 Alla cantina locale, cont. dire&amente dalla bo&e sia dalla vasca di acciaio. Questo assaggio ci ha fa&o capire come il legno influisce sul sapore del vino. Quindi siamo entra8 nell’enoteca per assaggiare altri vini bianchi prodo; dall’azienda. Durante la degustazione, il nostro professore ci ha spiegato il ruolo dei solfi8 che vengono aggiun8 spesso al vino, in base al pH, per stabilizzare e conservare il prodo&o. (È proprio questa sostanza che è responsabile del male di testa di cui tan8 consumatori di vino soffrono.) Dopo aver ringraziato i nostri ospi8 per la loro generosità siamo torna8 a casa con un nuovo apprezzamento per la vi8coltura in generale e, sopra&u&o, di questo vigneto Vermontese. Se avete la possibilità, andate pure a fare visita! La rotatoria di Middlebury e riflessioni all’italiana Anna Clara Ionta professoressa del 1º livello La sorpresa che Middlebury ci ha riservato quest’anno è l’apertura del ponte che era ancora in costruzione l’anno passato e la fiorita rotatoria che ne fa da disimpegno. In Italia la rotatoria è oramai diffusissima. D’altronde un sistema all’americana di incroci con segnale di stop sulle quattro direzioni, in cui passa per primo chi per primo è arrivato, sarebbe pura utopia..... C’è anche chi approfondisce la questione e formula pensieri esistenziali: il mio amico Paolo è convinto che le rotonde siano davvero una cosa giusta, perché il semaforo ti costringe a prendere delle decisioni radicali ed improrogabili, cioè girare a destra, a sinistra o tirare dritto, insomma non è cosa per chi è incerto e tentenna nella vita. La rotonda invece ti permette di procrastinare, di rimandare la tua decisione su quale direzione prendere, quasi quasi di mediare con la tua propria coscienza, chiedendo tempo per fare una simile cosa. Ideale per chi è diplomatico e per chi preferisce temporeggiare, una volta giunto alla rotonda puoi continuare a girarci intorno fino a quando non ti raccapezzi e ti rendi conto di dove sei e dove vuoi andare, specie se ti trovi in una città sconosciuta. Puoi continuare a girare senza l’assillo di quelli che al semaforo ti stanno dietro ed impazienti ti suonano il clacson nel preciso istante in cui scatta il verde, cogliendoti di sorpresa perché tu intanto non hai idea se tirare dritto o girare a sinistra o a destra. Grazie alla sua forma circolare, la rotatoria permette agli autoveicoli di immettersi direttamente lungo l’anello, evita le code e le attese al semaforo e garantisce il fluire del traffico. Basta immettersi nella rotonda dando precedenza “non convenzionale”, cioè dando la precedenza a chi si trova già all’interno della rotatoria e quindi giunge da sinistra, e proseguire poi tutto intorno fino a raggiungere la propria direzione, disimpegnarsi dal circolo e prendere la strada che vogliamo. Pare che questo semplice principio snellisca il traffico e soprattutto riduca gli incidenti agli incroci. Inoltre la rotonda assolve anche a una funzione importante per l’arredo urbano: al centro c’è posto per piantare belle piante da fiore, un verde praticello tutto intorno, o semplicemente pavimentarla a “sanpietrini” come hanno scelto di fare qui a Middlebury. Nota in calce: il mio amico Paolo fa carriera in politica. ! PAGINA 9 22 LUGLIO ! NUMERO 3 Il digiuno Daniel Cooper Corso 6601, Prof.ssa Giulia Tellini ... C’era una volta una nuova giornata, che sorse molto presto in una splendida vallata delle Dolomiti. Sebbene fossero appena spuntate le prime luci dell’alba, alcuni abitanti di uno dei villaggi della valle si erano già alzati ed erano alle prese con i loro più vari mestieri. Uno di questi operosi abitanti, che viveva in una vecchia casupola a sud del villaggio, era un frate, di nome Domenico. La luce del sole penetrava nella casetta, colmandola di calore. Nella modesta casupola del frate c’era a malapena lo spazio per una sola persona. Disteso sul pavimento, c’era un lettuccio di paglia, con una coperta di lana grezza ben piegata. A completare l’arredamento era una vecchia scrivania di legno con una sedia traballante. La scrivania era disseminata di carte e di penne, di quaderni e di libri: adagiata sui libri, si trovava la testa di Domenico. Appena fuori dalla povera abitazione di Domenico, si potevano sentire i passi lenti e felpati di un anziano che si stava avvicinando alla porta. Il vecchio era vestito ordinatamente, con il mantello nero e l’abito bianco del suo ordine. Indossava i sandali di cuoio duro, legati intorno ai polpacci fino alle ginocchia. Giunto sul limitare della casetta di Domenico, il vecchietto voltò la testa e tese l’orecchio. Non avendo udito nessun rumore, l’anziano appoggiò la sua mano rugosa sulla porta, la aprì con delicatezza, fece un passo in avanti e si guardò intorno. Osservò con piacere che tutto era pulito e in ordine, salvo un curioso mucchio di coperte di lana grigia accatastato sui libri sparsi sulla scrivania. Si schiarì la gola e disse: «Sic non potuistis una hora vigilare mecum?». Come un fulmine, Domenico si svegliò. «Fra Domenico, è già la terza volta che ti trovo addormentato quando vengo a controllare il progresso dei tuoi studi. Non si deve prendere l’abitudine di dormire durante lo studio. La tua conoscenza spirituale non migliorerà se vai avanti così». Domenico era più alto del vecchio di almeno trenta centimetri, con i capelli ricci e scuri, gli occhi castani e la pelle abbronzata. Mentre il giovane frate fissava sconsolatamente il pavimento, Fra Agostino lo guardò in viso e gli mise una mano su una spalla. «Non te ne preoccupare troppo, Domenico, tutti commettiamo degli errori. Anch’io sbaglio ogni tanto, per carità; però il Signore ci giudicherà proprio per lo sforzo che facciamo per superare i nostri sbagli». Domenico annuì. «Ma se ti trovo un’altra volta a dormire durante l’ora di studio ti picchio in testa con un bastone, hai capito?». Domenico fece tanto d’occhi per la sorpresa, e vide con suo grande sollievo che l’altro frate stava sorridendo. «Mi dispiace tanto, fra Agostino, è solo che il freddo del mattino mi mette tanto sonno che riesco a malapena a tenere gli occhi aperti». «Freddo? Macché!», esclamò il frate anziano mentre dava a Domenico una pacca sulla spalla. «Non siamo nemmeno arrivati all’autunno, mio giovane amico, aspetta ! che arrivi il tuo primo inverno qui al nord, allora la mattina sentirai davvero i brividi». Uscirono insieme dalla casupola di Domenico. «Vieni, Domenico, andiamo dal panettiere a vedere se si può ottenere una fetta di pane per la colazione. Mentre saremo lì, vedremo se...». «No, no, non è necessario», disse Domenico in fretta. «Che cosa?» disse Agostino meravigliato. «Non vuoi mangiare niente? Non hai cenato ieri sera, avrai tanta fame, dài, vieni! che ti troviamo qualcosa da mangiare». «No, veramente fra Agostino, non ce n’è bisogno, oggi non mangio». «Che c’è? Sei malato?». «No, fra Agostino, non sono malato», rispose Domenico ridendo, «ho deciso di digiunare. Ho un grande bisogno di forza spirituale per abituarmi meglio ai doveri e a questo nuovo ambiente. Ieri pomeriggio stavo studiando gli insegnamenti del profeta Isaia e ho sentito che un digiuno sarebbe stato per me molto utile». «Ah, un digiuno, ottimo Domenico, e non te l’ho nemmeno consigliato io. Stai progredendo come frate, sai. Bon, fino a quando farai questo digiuno?». «Digiunerò per tre giorni». «Tre giorni. Sei bravo, allora» disse Agostino. «Digiunare ogni tanto fa bene alla salute spirituale, lo sai. Il digiuno e la preghiera». «Sì, fra Agostino, e al fine di spendere il più tempo possibile in preghiera e in meditazione, trascorrerò gli ultimi due giorni del mio digiuno in completa solitudine. Partirò dal villaggio alle otto e me ne andrò nella foresta per comunicare da solo con Dio». Agostino guardò l'orologio e disse: «mancano soli dieci minuti, frate mio. Sei pronto? Hai ancora da preparare qualcosa?». «No, frate, non ho da fare, sono pronto. Non porterò niente con me, tranne la fede». «Molto bene, Domenico. Stai diventando un buon frate, sai?». «Grazie, fra Agostino», disse Domenico. «Allora, Domenico, in bocca al lupo nel bosco, mi raccomando». Domenico sorrise e cominciò a camminare verso la montagna, che stava al nord del villaggio. ***** Mentre camminava, Domenico vide molti degli abitanti del villaggio e li salutò. Il fabbro, che batteva il metallo già caldo, forgiando le pentole e gli strumenti per gli agricoltori; il sarto, che riparava gli abiti; il panettiere, in piedi davanti al suo forno, pronto a tirar fuori la prima infornata di quell’anno del suo squisito pandoro. Quest’uomo, secondo Domenico, era veramente un maestro del suo mestiere. Il pandoro che creava era il più dolce, morbido e delizioso di tutti i pandori che si facevano nei dintorni e Domenico era da tutto l’anno che aspettava di poterlo mangiare. Peccato che oggi, proprio nel mezzo del suo digiuno, il panettiere avesse deciso di fare la prima infornata. Domenico pensò quasi di cambiare idea; forse avrebbe potuto finire di digiunare dopodomani e avere ora il gran piacere di mangiare quel pandoro. «No!» pensò d’un tratto, «non posso». Si ricordò del digiuno e sapeva che, per osservarlo in PAGINA 10 22 LUGLIO ! piena regola, avrebbe dovuto astenersi da qualsiasi cibo fino alla fine. Era rassicurato anche dal fatto che il prezioso pandoro del fornaio sarebbe stato lì anche al suo ritorno, e per esserne più sicuro, pronunciò una silenziosa preghiera. Domenico proseguì il cammino e, dopo mezzogiorno, aveva già attraversato la foresta ed era arrivato alla base del versante meridionale della montagna. Salì dunque diverse centinaia di metri e, giunto a una rupe piuttosto piatta, cominciò a cercare un buon posto per sedersi e trovò infine un pezzo di terreno che faceva proprio al caso suo. Si sedette, ammirò il panorama della valle, chiuse gli occhi e cominciò a pregare e a meditare. Si schiarì la mente e cercò di scacciare tutti i suoi pensieri. Mentre si trovava in questa condizione di spirito, a meditazione appena iniziata, una brezza calda salì rapidamente su per il fianco della montagna e proseguì fino alla vetta. Domenico sentì il venticello, che un attimo dopo non c’era già più. Prima di raggiungere la grande montagna, questa brezza particolare aveva soffiato sopra al piccolo villaggio in cui abitava Domenico, e quindi portava con sé il profumo di piatti appena cucinati, di pesce fresco e, fra le altre cose, del buonissimo pandoro. Per caso, proprio nel momento in cui il profumo meraviglioso del pandoro entrava nelle narici di Domenico, il suo stomaco brontolò molto rumorosamente, senza dubbio perché erano due giorni che non mangiava. Lo shock dell’inatteso profumo e la violenza del ringhio affamato dello stomaco causarono una breccia nel muro meditativo che aveva eretto nella sua testa. L’immagine del pandoro succulento, accompagnata da un intenso desiderio di consumarlo, riempì la sua mente. Questo pensiero, tuttavia, non durò a lungo: qualche secondo dopo, il frate lo scacciò via e continuò a meditare e a pregare fino al tramonto. Dopo il calar del sole, il frate riaprì gli occhi per ammirare il panorama notturno della valle, dove si vedevano i piccoli fuochi dei caminetti degli abitanti del villaggio. Domenico osservò la valle finché tutti i fuochi non furono spenti e la gente non si fosse addormentata. Si alzò, si guardò un po’ intorno e decise che sarebbe stato meglio trovarsi un riparo per la notte. Dopo un po’, trovò una grotta che prima non aveva notato e ci gettò dentro un sasso per assicurarsi che fosse disabitata. Non sentendo niente, entrò e accese velocemente un piccolo fuoco. Non era una caverna grande, ma era comoda e asciutta. Contento di dormire, dopo la giornata lunga e faticosa, si stese per terra di fronte al fuoco. Il crepitìo del fuoco e il dolce fischio di un venticello cantavano insieme un dolce duetto, e proprio nel momento in cui Domenico stava per abbandonarsi al sonno, sentì un forte rumore, come il fruscìo di un grosso animale, che stava fuori della grotta. Aprì subito gli occhi per vedere che tipo di creatura fosse, se cattiva o buona. Un’ombra camminava su e giù, fuori dall’ingresso della caverna: guardava Domenico, che, senza paura, si sedette, in attesa dell’animale. Non riusciva però a capire che tipo di animale fosse, perché stava fuori dalla portata della luce del fuoco e lui, nel buio, non poteva nemmeno distinguere la sua forma. Intuiva, però, dal modo guardingo in cui si nascondeva nell’ombra, che doveva essere una bestia pericolosa. ! NUMERO 3 La creatura fissava il frate e anche il frate la fissava, aspettando con pazienza ciò che gli sarebbe capitato quella notte. Dopo un po’ di questo curioso guardarsi a vicenda, la creatura avanzò, lentamente, fuori dall’oscurità ed entrò nella grotta: mentre si avvicinava, la sua forma cominciò a materializzarsi davanti agli occhi del frate, ma ciò nonostante egli non riusciva a riconoscere che tipo di bestia fosse. Nel buio, gli pareva una grande, scura, massa informe, e così gli apparve anche sotto la luce. Nel giro di pochi secondi, era completamente illuminata dal fuoco e Domenico stava lì a osservarla: rimase però sbigottito, non potendo credere ai suoi occhi. La creatura che gli stava davanti era... un gigantesco pandoro, alto un metro e mezzo e largo un metro: a Domenico sembrava che galleggiasse alcuni centimetri sopra la terra. Non poteva far altro che continuare a guardare il pandoro galleggiante, non sapendo come reagire. Passarono alcuni minuti e alla fine, con grande stupore del frate, il pandoro gli parlò: «Mangiami». Il frate lo guardò, tacito. «Mangiami» disse il pandoro. Il frate prese un rametto dal fuoco e se lo avvicinò al piede: bruciava, quindi sapeva che non stava sognando. «Mangiami» ripetè il pandoro un’altra volta a voce più alta. «Che cosa... che cosa sei?» chiese Domenico esitante. «Un pandoro» gli ribadì, senza fornire altre spiegazioni. «Sei uno spirito?» chiese il frate. «No». «Sei un demonio?» «No». «Allora che cosa sei?» «Un pandoro» gli disse ancora una volta, con evidente irritazione. «Sei stato mandato da Dio?» «No». «Sei stato mandato dal diavolo?» «No». «Come sei arrivato qua su questa montagna?» «Sono sempre stato qui». «Come hai imparato a parlare?» chiese il frate, confuso. «Non ho imparato. L’ho sempre saputo fare». «Ma tu sei un pandoro». «Eccomi». «Va bene, e che cosa vuoi?» «Voglio che tu mi mangi». «E perché?» «È il mio scopo». «Il tuo scopo?», chiese Domenico. «Mi puoi spiegare questo tuo scopo?» «Lo scopo per cui fui creato». «Ah» disse il frate, imbattutosi finalmente in un’idea che gli era familiare, «lo scopo, dici, per il quale fosti creato?» «Sì». «E chi è il tuo creatore?» «Sei tu». Il frate si accigliò. I progressi che stava facendo si dissolsero subito. «Io?!», chiese. PAGINA 11 22 LUGLIO ! «Sì». «Che cosa vuoi dire?». «Voglio dire che sei stato tu a crearmi». «No, non è possibile, non sono creatore io. Sarai un sogno, o meglio, un incubo». «Non sono un sogno. Esisto veramente». «Ma che cosa sei, allora?» «Un pandoro, te l’ho già detto mille volte, e tu mi hai creato». «Cosa vuoi dire che ti ho creato?» «Mi mettesti tu in questa esistenza nel mondo». «Sì, conosco il significato delle parole che hai detto» disse il frate, «ma come? Quando?» «Non lo so». «Ma da quanto tempo esisti?» «Da sempre. Per quanto ne so, sono sempre stato al tuo fianco». «No, questo no. Sei qui solo da qualche minuto, non da sempre» disse il frate al dolce. «Ma sono stato con te fin dall’inizio. Ero al tuo fianco da quando i cieli erano pieni di luce, prima che facessse buio, quando soffiarono i venti ed eri seduto là fuori in santa contemplazione, sull’orlo del mondo». «Ah, va bene, ho capito», disse Domenico, «sei nato oggi pomeriggio? È stato allora il tuo inizio, volevi dire questo?» «Sì, fu l’inizio». «Giusto, quindi: perché ti ho creato? Non ho ancora capito» «Il mio scopo è di essere mangiato... da te». «Perché da me?» «Non lo so, ma è il mio scopo», disse il pandoro. «Allora, sei venuto al mondo questo pomeriggio, mentre io stavo meditando, e ora vuoi che io ti mangi? Giusto?» «Sì». «Ma io non ti posso mangiare» disse il frate. «Lo devi fare, è il mio scopo». «Ma non posso» disse Domenico, «io sto digiunando». «Non ho capito» disse il pandoro. «Allora, quando si digiuna, per un certo periodo di tempo non si mangia e non si beve». «Sì, sì, so cosa vuol dire digiunare. Sono pandoro, ma non sono mica scemo», gli disse con risentimento, «quello che non ho capito è perché mi hai creato con il preciso scopo di essere mangiato, da te, quando è ovvio che non lo farai». «Io...» disse Domenico, colto alla sprovvista. «Ero perfettamente contento di stare al di fuori dell’esistenza, sai, galleggiando pigramente nelle secche dell’universo con tutti gli altri sogni irrealizzati; senza una sola preoccupazione nel mondo, ero. Poi, all’improvviso, tu mi hai creato, e soltanto per dirmi che non mi vuoi più. Hai una bella faccia tosta, te lo dico io!» NUMERO 3 «Non...» disse Domenico, cercando invano le parole migliori per questa situazione, «non lo so. Sai che io, a dirti la verità, non intendevo crearti». «Cosa? Non volevi crearmi?», domandò il pane, quasi urlando. «Mi stai dicendo, allora, che io sono stato un incidente? Beh, questo fa molto per l’autostima, sei veramente bravo, sai». «Quello che ti volevo dire» disse Domenico un po’ impaurito, «è che non avevo nessuna idea di essere in grado di creare i grandi pandori parlanti». Udite queste parole, il pandoro si arrabbiò moltissimo. «Dopo tutti i guai, tutti i dolori che ho provato nella mia vita, mi stai dicendo ora che sono stato posto in essere da un creatore principiante, da un... novizio, da un...bambino?» «Beh, non sono proprio un bambino», replicò il frate a bassa voce. «Il mio scopo, il mio unico scopo è di essere mangiato da te», disse il pandoro, urlando, «tu mi mangerai questa notte o uno di noi morirà!». Poi, il pandoro si scagliò contro il frate e cominciarono a lottare ferocemente. Gli echi fragorosi dei ruggiti, delle urla e dei boati raccapriccianti della battaglia mortale scesero giù nella valle e svegliarono tutti quando raggiunsero il villaggio. Durarono poi tutta la notte e nessuno riuscì a dormire. Si svegliò anche il vecchio fra Agostino, spaventato dal rumore, e pensò al suo giovane amico, per cui fece silenziosamente il segno della croce. ***** Due giorni dopo, il villaggio era ancora in fermento e non si parlava d’altro che della lotta dei mostri sulla montagna. Però, fra Agostino, preoccupato com’era, pensava soltanto al giovane Domenico che non era ancora tornato. «Che cosa gli sarà capitato? È stato ucciso dai mostri? Forse si accapigliavano per il piacere di mangiare il suo corpo?». Così parlava, fra sé e sé, Agostino quando, all’improvviso, vide Domenico che stava in piedi sul limitare del villaggio. «Domenico, frate, sei sano e salvo! Ben tornato. Ma, hai sentito il rumore terribile sulla montagna l’altro ieri? Mi stavo preoccupando molto per te, ma si vede che Dio ti ha protetto. Dai, vieni con me, che ti troviamo qualcosa da mangiare». Domenico, con faccia smorta e senza dire una parola, seguì Agostino nel villaggio. «Caro signor Pasta» disse Agostino al panettiere, «le spiacerebbe dare qualche fetta di pane al nostro giovane fra Domenico, che digiuna ora da tre giorni?». «Certo, fra Agostino. Anzi, gli dò qualcosa di meglio, gli dò una fetta del mio famoso pandoro, appena uscito dal forno. Che ne dice, fra Domenico?», chiese il fornaio porgendo a Domenico un pezzo di pandoro caldo. Domenico, pallido e quieto, fissò il pandoro e disse: «No grazie, non ho fame». Lasciateci dei commenti, delle foto, degli articoli o qualsiasi altra cosa sul nostro blog!! http://blogs.middlebury.edu/ilgiornalino ! PAGINA 12 22 LUGLIO ! NUMERO 3 ALLA RICERCA DEI PROFESSORI: Sandro Sangiorgi ! ! ! ! ! ! ! ! ! (e Luna) Sono nato a Friburgo, in Svizzera, il 31 ottobre 1962. La mia famiglia è un miscuglio di diverse radici: friulana, romagnola, ciociara ed emiliana. Ho due figli, Lavinia di quasi 21 anni che studia lingue orientali e Flavio, di 17, che è qui con me e fa parte della squadra di calcio della scuola italiana. Grazie a Dio, sono due figli meravigliosi, un vero dono per me e la mia ex-moglie. Abito a Roma in un bel quartiere, Monteverde, con una meticcia di prevalente sangue Husky di nome Luna; siamo vicinissimi a Villa Panphili, un parco molto esteso e vario, nel quale facciamo lunghe passeggiate. poesia e saggi, o al cinema. Nella mia stanza da letto ho un piccolo sistema con proiettore e computer per guardare i film in lingua originale e godermeli nel formato più ampio possibile. Un'altra cosa che faccio quando posso è ascoltare la radio che, per me, è ancora oggi il vero e proprio mezzo rivoluzionario per la condivisione delle emozioni e delle conoscenze. Seguo lo sport, in televisione naturalmente, soprattutto gli eventi americani, il tennis, il calcio inglese e spagnolo. Per la verità, dopo 25 anni di questa città, vorrei cercare un abitazione in campagna, per esempio nel territorio tra Sora e Atina, in provincia di Frosinone, a sud di Roma; oppure, a nord della città, vicino a Terni, nelle prime colline dell'Umbria. Dovrei muovermi di più, come si evince dalle dimensioni della mia pancia... Non ho molto tempo per stare con gli amici; un po' perché sono pigro e da Monteverde mi muovo molto poco – in fondo la sede e redazione di Porthos e la casa dei miei ragazzi sono vicine – un po' perché viaggio molto per il mio lavoro e, quando torno a Roma, sento che prendere la macchina è una cosa assurda, visto il traffico e l'inquinamento che ci sono. Quando non faccio il mio lavoro, che è insegnare, degustare e scrivere, incontrare persone del mondo del vino, mi dedico alla lettura, in particolare Il mio sogno è continuare a insegnare, soprattutto in situazioni e condizioni come quelle che sto vivendo a Middlebury. Alunne a alunni avidi di ! conoscenze, strumenti all'avanguardia e spazi per prepararsi e ricercare. Per non parlare dell'ambiente – direzione molto presente e colleghi disponibili al confronto – e del cibo. Probabilmente, però, è il primo aspetto quello che mi consente di andare avanti, di non fare mai la stessa lezione nonostante l'argomento sia il medesimo; penso che sopporterei molte ristrettezze, economiche e ambientali, pur di poter condividere le conoscenze che sto coltivando e maturando, da ormai 33 anni, con persone interessate e curiose. Il mio grande privilegio è vivere di quello che amo, una benedizione nella società di oggi nella quale la maggioranza delle persone si lamenta di fare un lavoro che non piace. Inoltre, l'argomento che tratto, il vino, si presta a una tale quantità di collegamenti culturali da essere nello stesso tempo mezzo e centro della conoscenza. Oltre a rappresentare una gioia per chi ne gode consapevolmente. PAGINA 13 FOTO DELLA SETTIMANA Baffiuomo