Alessandro Colombo Introduzione

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Alessandro Colombo Introduzione
Alessandro Colombo
Introduzione
Le grandi trasformazioni innescate o almeno simboleggiate dalla prima guerra mondiale
hanno abbracciato tutte le dimensioni fondamentali dell’agire sociale, dall’economia alla
politica al diritto. In questo movimento generale, le trasformazioni materiali si sono
rispecchiate e, a propria volta, sono state riplasmate da trasformazioni non meno imponenti
nella sensibilità, nei linguaggi e nelle rappresentazioni degli attori – tanto di quelli
tradizionali quanto, a maggior ragione, di quelli nuovi mobilitati “a forza” o per
determinazione propria in vista del conflitto.
I tre contributi compresi in questo ebook, scritti dai ricercatori coinvolti nel progetto sulla
“Grande trasformazione” curato dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli nel 2015,
riguardano alcuni degli aspetti anche simbolicamente più pregnanti di questa combinazione
fra trasformazioni materiali e trasformazioni culturali – una combinazione destinata a
perdurare per tutto il secolo successivo fino a investire anche il contesto attuale, pur se in
un gioco altrettanto intricato di permanenze, adattamenti, revisioni o arretramenti.
Una grande trasformazione economica e sociale, la mobilitazione delle donne, è al centro
del contributo di Eleonora Belloni. Sul terreno materiale, questa mobilitazione fu solo un
segmento del fenomeno più ampio della “mobilitazione totale”. Mentre, a propria volta, tale
mobilitazione si rispecchiò da subito in cambiamenti nelle identità e nelle relazioni di genere
destinati a restituire, alla fine del conflitto, una donna del tutto “nuova” rispetto a quella di
appena cinque anni prima. Non che il tema della “Donna Nuova” fosse sconosciuto alla
vigilia del conflitto: si trattava di un discorso aperto in Europa a metà dell’Ottocento e
recepito in Italia a partire almeno dalla fine del secolo, e che aveva prospettato un percorso
in grado di generare una donna attiva, moderna, emancipata culturalmente, socialmente ed
economicamente. Ma il conflitto ebbe, appunto, il potere di accelerare il processo in atto,
offrendo alle donne occasioni di partecipazione e “mobilità” sociale, intellettuale e
professionale senza precedenti. Mobilità sociale, innanzi tutto, attraverso l’immissione nel
mondo del lavoro, ma anche maggiore libertà di movimento spaziale, emancipazione dai
tradizionali meccanismi di vigilanza esercitati dalle famiglie e, in ultimo, maggiore libertà
di pensiero – tutte “conquiste” solo in parte riassorbite dal “ritorno a casa” del dopoguerra,
e destinate anzi a permeare la storia politica e sociale di tutto il secolo successivo.
I saggi di Stefano Ballerio e Erica Grossi riguardano invece direttamente il terreno dei
linguaggi.
Il saggio di Stefano Ballerio, che è anche quello con il quale si apre questo ebook, riguarda
la grande trasformazione nei rapporti tra guerra e letteratura, anche grazie all’affermazione
dell’idea che la letteratura possa avere, di fronte alla guerra, una funzione di testimonianza.
Questa idea si affermò attraverso due successive rotture introdotte dalla Grande Guerra nei
rapporti tra scrittori e opinione pubblica.
In un primo tempo gli scrittori stessi, sui quali pendeva una minaccia di delegittimazione,
non furono risparmiati dall’imperativo della mobilitazione totale. Questo sentire la chiamata
alla mobilitazione e rispondervi, o almeno tormentarsi e magari giustificarsi per non averlo
fatto, sembrò revocare quel rifiuto dell’integrazione nel sistema sociale con il quale lo
scrittore moderno – da Baudelaire e Flaubert in avanti – aveva definito la propria figura.
Sennonché proprio l’esperienza spersonalizzante della “guerra di materiali” smentì a propria
volta le retoriche belliciste e i linguaggi nobilitanti della tradizione letteraria sulla guerra, a
cui si contrappose una rappresentazione del tutto diversa del conflitto.
Ciò che propriamente nacque con la Grande guerra e non abbandonò più, da allora, il
racconto (letterario e più tardi cinematografico) della guerra, fu appunto la figura del
«testimone-romanziere», quella littérature de témoignage la cui fonte di legittimazione non
sarebbe più stata l’idea di servire la nazione ma la testimonianza veridica, inevitabilmente
in conflitto con gli schemi prestabiliti, i luoghi comuni e il bello stile del tradizionale “pezzo
di battaglia”.
Il contributo di Erica Grossi con il quale si chiude l’ebook si rivolge invece alla grande
trasformazione dell’estetica, dell’iconografia e delle metafore stesse della guerra. Il carattere
in senso proprio straordinario della Grande guerra – nel senso di fuori dall’ordine familiare
delle cose e oltre i suoi limiti concepibili –si presentò molto presto come un “rivelatore”
della coscienza diffusa della crisi della civiltà, almeno di quella moderna europea, giunta
all’apice del progresso e poi sprofondata nell’abisso di violenza da questo generato.
Definitivamente sprofondata la vecchia e rassicurante analogia tra guerra e duello, la
dismisura e l’apparente irrazionalità della “battaglia di materiali” trovarono espressione in
tre distinte metafore, sule quali si concentra il saggio di Erica Grossi: quella del naufragio
della modernità, quella dell’apocalisse della storia e, infine, quella del «disagio – clinico –
della civiltà».
Anche per questa via, il trauma della prima guerra mondiale rese manifeste crisi destinate
a non essere più completamente rimarginate. La stessa guerra, precipitosamente confinata
nell’anacronismo o anestetizzata dietro la nuova metafora dell’operazione chirurgica, non
ha tardato a ripresentarsi anche nel contesto attuale all’insegna dello stesso naufragio delle
categorie politiche e giuridiche moderne – quasi letteralmente dissolte in espressioni quali
guerra “infinita”, “globale” o “ibrida” e, sul terreno dell’esperienza, nella compenetrazione
forse irresistibile tra spazi e tempi della pace e spazi e tempi della guerra.