Numero dieci.pub - Chimica Industriale
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Numero dieci.pub - Chimica Industriale
L’oasi che dice Periodico dell’associazione Oasi Felice Stampato con il contributo dell’Università degli studi di Bologna Anno III Numero 10 COPIA GRATUITA Marzo 2005 Spiegateci perché Gli avevano dato Le mostrine e le stelle E il consiglio di vendere Cara la pelle … Ora che è morto La patria si gloria Di un altro eroe Alla memoria Ma lei che lo amava Aspettava il ritorno Di un soldato vivo, Di un eroe morto Che ne farà? Se accanto, nel letto Le è rimasta la gloria D’una medaglia Alla memoria. Fabrizio De Andrè (da “La ballata dell’eroe”) Pagina 2 L’oasi che dice Senza troppo rumore L’idea è stata mia. Ho pensato che concedere uno spazio su queste pagine a quanto successo pochi giorni fa in Iraq fosse, se non altro, opportuno. L’idea di scrivere qualche riga di commento è stata accolta con pochissimo entusiasmo tra i “redattori” del giornalino, ed a pensarci bene è giusto così. Perché è obbiettivamente fuori dalla nostra portata, e perché il rischio di cadere nel retorico sarebbe stato praticamente totale. Ho sentito e letto tantissimo, su quello che è accaduto, e spesso anche giornalisti che stimo tantissimo hanno usato parole “stonate”, o banali. L’unico documento veramente bello, che vi consiglio caldamente di leggere, è l’articolo di Giulia- na Sgrena pubblicato sul Manifesto di oggi (lunedì 7 marzo, mentre sto faticosamente cercando di chiudere questo numero). Noi abbiamo deciso di evitare riflessioni o commenti. Ci sembrava troppo per un giornalino come questo. Ci siamo limitati a chiedere una piccola cosa, con poche speranze di essere ascoltati, ed a citare qualche verso di un cantautore che ci sembra descrivere bene il momento che stiamo attraversando. Questo basta. Il resto del giornalino è sotto i vostri occhi, spero che possa farvi una buona compagnia. Spazio all’editoriale del mio “successore” Fabbri. Buona lettura a tutti. Bobo L’appello All’interno dell’università convivono varie tipologie di studenti che, aldilà della facile classificazione in buoni o cattivi, secchioni o fannulloni, a me piace suddivedere in base alle aspirazioni. Le due sponde presentano una chiara differenza: gli uni pensano che il loro traguardo sarà un buon posto di lavoro, la scalata di qualche grado, una buona retribuzione ed una famiglia alla quale rispondere, convinti che tanto oltre i 45 anni “non è che avrai poi tutta questa spinta a fare e girare”. Gli altri invece si lasciano trasportare di più dagli eventi, si godono il panorama universitario alla grande, sono meno ambiziosi, guadagneranno meno, ma vorranno continuare a vivere con lo stesso ritmo fino alla fine. In sostanza un gruppo si lamenterà perchè non riuscirà a spendere i propri soldi negli interessi di un tempo che fu per mancanza di tempo, contemporaneamente l’altro gruppo non riuscirà a trovare i soldi per i propri interessi e utilizzerà il tempo rimasto per invidiare chi meglio sta. Ed ecco nel mezzo, come spesso accade, chi per fortuna o per virtù, riuscirà con equilibrio a cavarsela con un lavoro abile a finanziare gli interessi covati ma al contempo non soffocarne gli spazi. In mezzo a queste tre classi ci siamo anche noi, che aspettando che finisca questa insolita nevicata per fare a “pallate” e per evitare un pomeriggio di studio, senza però metterci a poltrire sul divano, scriviamo per il giornalino due pensieri, lanciamo un messaggio per quanti ancora leggono e stiliamo un resoconto delle attività da organizzare nel prossimo futuro. Fa specie questo lento passaggio di consegne tra un redattore, che va per il dottorato, ad un aiutante che va per la laurea quinquennale senza che all’orizzonte si veda nessuno interessato a coltivare e continuare questo hobby-impegno che rappresenta il giornalino. Peccato. Infastidisce anche vedere che i tanti pomeriggi donati alla commissione didattica, che lavora tanto e bene, sono andati sprecati grazie ad un consiglio di facoltà, vero e proprio consiglio degli anziani, che fa fatica ad accettare cambiamenti: in peggio o in meglio la riforma ha cambiato l’università e si deve di conseguenza apportare migliorie per evitare di veder esplodere questi contenitori di ore e di nozioni lampo (vedere lauree triennali e specialistiche). Cominciamo ad animare l’anno solare con i prossimi tornei, nell’ordine, di Calcio a 7 e Basket 3vs3. Il primo, come sempre, provveremo ad organizzarlo nel campo, ahimè, della Fortitudo: ora inizio a scrivere il regolamento, apro le iscrizioni e verso fine marzo potremo cominciare, tempo permettendo.. Il torneo di Basket invece dovrà aspettare la bella stagione... maggio? La grande impresa editoriale del Calendario 2005 di Chimica Industriale è andata a buon fine abbiamo quasi finito i calendari stampati e la famosa donazione è stata effettuata, i riferimenti li troverete esposti in Oasi; dico famosa perchè qualcuno, che mai ha sudato per questa associazione, è riuscito anche ad insinuare che ai responsabili tornasse qualcosa in tasca... Altra impresa titanica sarà il restauro della Fonte del Sapere, per chi ignora cosa questa fonte sia e rappresenti consiglio un tour guidato accompagnati da qualche anziano studente. I mesi sembrano tanti ma giugno arriva in fretta e di conseguenza si avvicina a balzi anche la prossima festa d’estate che quest’anno si presenterà più carica che mai di novità. Dimentico qualcuno? Ah! I laureandi di marzo... in bocca al lupo! Scruffy Pagina 3 L’oasi che dice La quarta T Quali sono le 3T per cui è famosa Bologna, e non solo quella “dotta”, lo sanno anche i bambini oltreoceano: Torri, Tette, Tortellini e non sempre necessariamente nell’ordine. Per esempio io metterei prima i tortellini, ma è semplicemente questione di gusti. Bologna la stessa che Troppe volte è stata Teatro di Terrificanti atti di Terrorismo. Pesanti purtroppo le brutte T per Bologna.. Se ci avessero chiesto di sceglierne una quarta, una tutta nostra, di Chimica Industriale. Per forza una T? Sì, le I le hanno esaurite in campagna elettorale. Voi cosa avreste scelto? Ok potrei aspettare una vostra risposta, ma poi non arrivo alla mezza paginetta che mi ha chiesto Bobo e voi sapete come è Bobo quando si arrabbia.. Io no ma preferisco non rischiare, quindi vi do la mia di risposta e speriamo in bene. Beh io avrei scelto la T di Tolleranza (forse nel seguito del vocabolario c’era qualcosa di più calzante, ma passare la notte a leggerlo tutto non faceva parte dei miei programmi) Tolleranza.. per il rapporto studentiprofessori Tolleranza nell’atmosfera che si respira durante le assemblee e non mi riferisco al fatto che quasi sempre ci sono le finestre chiuse.. Tolleranza perché quando ci chiedono dove studi (nel mio caso dovrei dire dove hai studiato) siamo fieri di dire a Chimica Industriale dove c’è un gran bell’ambiente e ci conosciamo tutti (qui io aggiungo sempre non come ad ingegneria, ma è opinione personale). E quindi, dopo questa sbrodolata intenzionalmente buonista (descriveremo il lato oscuro della forza nella prossima puntata, o anche no) mi viene da pensare: o questa parola l’avrei scelta solo io e quindi convivo da 8 anni con dei perfetti sconosciuti che hanno peraltro finito di leggere il vocabolario trovando una parola migliore, oppure qualcosa non mi quadra nel fatto che i giornalisti siano stati in grado di far passare la nostra facoltà addirittura per razzista per un’intera settimana. E sulla base di cosa?.. Di una lettera che riguardava un singolo episodio a proposito del quale non voglio fare commenti ne tantomeno dare giudizi. Di qui una serie di domande sull’integrità dei mezzi di comunicazione che però lascerei cadere nel vuoto non ponendole neanche. E dopo tanto sano parlare e meno sano scrivere? Sembra, speriamo, fine della storia con l’ultimo “riabilitativo” articolo su la repubblica e, guardiamola dal lato positivo, Mauriello e Zagano in televisione. Forse la solita bolla di sapone, ma che almeno ci ha riportato la consapevolezza che come Bologna è l’ombelico di tutto nessun malinteso ci può portare via la nostra Oasi Felice. GG On the road... Mi trovavo a metà strada attraverso l’America, alla linea divisoria tra l’Est della mia giovinezza e l’Ovest del mio futuro… Jack Kerouac, Sulla strada Non so se fosse un sogno o cosa. Mi pareva d’essere in viaggio su una lunga strada larga, che portava via dai grattacieli di New York e attraversava catene di montagne, fiumi maestosi, pianure d’erba alta, canyons profondi e picchi che si spingevano verso il cielo. Su quella strada, man mano che mi muovevo verso l’interno, il paesaggio perdeva la sua morbidezza ridente per diventare sempre più aspro e selvatico; le colline prendevano ritmi bruschi e si snudavano qua e là in rocce e spuntoni che tagliavano la vista del sole e precipitavano in scarpate ripide verso gole profonde. Il finestrino era aperto e respiravo l’aria fresca cercando di ricordarmi il motivo della mia presenza lì. Il caldo era asfissiante e la mia povera gola chiedeva a più riprese di alleviarla dalle pene a cui la stavo sottoponendo con una birra ghiacciata. Ero troppo ansioso di vedere dove andavo a finire e più mi rendevo conto di quanto in là mi stessi spingendo, più forte diventava la mia ansia di capire cosa mi stava aspettando dietro l’angolo. Dopo ore di viaggio mi sono fermato a fare benzina. Lì ho incontrato un vecchio contadino dalla faccia rossa. Gli ho chiesto nel mio modesto inglese se conosceva per caso dove portasse quella strada. Lui ha risposto di sì, ha riso, ha ripetuto una frase che doveva essere spiritosa ma che non capivo. Indicava i miei capelli, faceva un segno con le sue dita tozze, continuava a sorridere. Continuavo a non capire cosa aveva da ridacchiare sul mio nuovo taglio di capelli. Finito di far benzina, il vecchio mi ha salutato facendomi capire che ciò che stavo cercando non lo potevo trovare lungo quella strada, ma dentro me stesso. Risalito in macchina, cercavo di confrontare quello che vedevo con le immagini che attraversavano i miei pensieri, sforzandomi di trovare un filo logico a tutto quello che mi stava accadendo. Ormai era pomeriggio tardo e il vento iniziava a soffiare sempre più forte sfalsandomi i ritmi del cuore. Era vero, volevo conoscere me stesso scoprendo il mon- do. In me era troppa la voglia di vedere i popoli, varcare gli orizzonti, illuminare spazi ignoti. Fosse costata pure la dannazione come all’Ulisse dantesco: curiositas inghiottita da un turbine marino che spedì lui e i suoi compagni all’Inferno. Continuavo a ripetermi che l’azzardo è la qualità degli eroi. Anche in quel momento, provavo una frenesia nell’animo che agitava i nervi, faceva palpitare il cuore e donava alle mie gambe forze nascoste. Il viaggio. Sovraccarico emozionale, tuffo nel multicolore e nel multiforme. In me, era forte la convinzione di come si poteva crescere anche di fantasie, di magie visionarie; maturare affrontando i Moby Dick della coscienza mentre si cerca di scoprire cosa si cela negli abissi dei mari del sud; travestiti da Robinson, da Gulliver, da Peter Pan. Forse, era meglio fermare la saggezza del poi. Rinviala. Un fiammifero dopo l’altro, era troppa la voglia in me di accendere il cammino. E mi pareva di vedere nello specchietto retrovisore, laggiù in lontananza, lo scintillio dei neon di Las Vegas allontanasi… Dinanzi a me, la costa del pacifico, le colline di San Francisco. Gli ultimi lembi d’America. Ora, ripensandoci, non sono poi tanto sicuro si trattasse di un sogno. Cisco Pagina 4 L’oasi che dice Avrebbi voluto scriverlo io! Incredibile ma vero, stavolta Cisco ha colpito in pieno: la nuova rubricona dedicata a pensieri, suggestioni e citazioni è piaciuta molto ed eccoci qui alla seconda puntata. Il pezzo ce l’ha spedito Jimmy, al secolo Marco Guerrini, fresco di laurea (e viaggio cubano col sottoscritto) e neolavoratore, a cui auguriamo un inboccallupo per una brillante carriera chimica e musicale… Grazie per il contributo!! Lettera di commiato agli amici Gabriel Garcia Marquez Vagando per la rete ho trovato questa lettera che Gabriel Garcia Marquez scrisse agli amici prima di ritirarsi a causa della sua malattia. Mi ha colpito molto e spero che grazie a quella fantastica rubrica che è comparsa sul giornalino possa colpire anche voi… Jimmy se per un istante dio si dimenticherà che sono una marionetta di stoffa e mi regalerà un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto quello che penso, ma in definitiva penserei tutto quello che dico. darei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quello che significano. dormirei poco, sognerei di più, andrei quando gli altri si fermano, starei sveglio quando gli altri dormono, ascolterei quando gli altri parlano e come gusterei un buon gelato al cioccolato !! se dio mi regalasse un pezzo di vita, vestirei semplicemente, mi sdraierei al sole lasciando scoperto non solamente il mio corpo ma anche la mia anima. dio mio, se io avessi un cuo- re, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei che si sciogliesse al sole. dipingerei con un sogno di van gogh sopra le stelle un poema di benedetti e una canzone di serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna. irrigherei con le mie lacrime le rose, per sentire il dolore delle loro spine e il carnoso bacio dei loro petali. dio mio, se io avessi un pezzo di vita non lascerei passare un solo giorno senza dire alla gente che amo, che la amo. convincerei tutti gli uomini e le donne che sono i miei favoriti e vivrei innamorato dell’amore. agli uomini proverei quanto sbagliano al pensare che smettono di innamorarsi quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi. a un bambino gli darei le ali, ma lascerei che imparasse a volare da solo. agli anziani insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza. tante cose ho imparato da voi, gli uomini! ho imparato che tutto il mondo ama vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel risalire la scarpata. ho imparato che quando un neonato stringe con il suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di suo padre, lo tiene stretto per sempre. ho imparato che un uomo ha il diritto di guardarne un altro dall’alto al basso solamente quando deve aiutarlo ad alzarsi. sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, ma realmente, non mi serviranno a molto, perché quando mi metteranno dentro quella valigia, infelicemente starò morendo. Pagina 5 L’oasi che dice Led Zeppelin I più grandi di sempre Permettetemi una premessa; se domandate al sottoscritto chi e' il piu' grande gruppo di tutti i tempi riceverete come risposta: U2. Sono cresciuto con gli U2 ma, i gusti personali vanno al di là della critica. I Led zeppelin sono i piu' grandi per l'influenza esercitata su tutto il panorama musicale che si e' sviluppato successivamente. Anni 60', in Inghilterra i Beatles cantano "Michelle" e si giocano il primato con i loro rivali storici Rolling Stones che rispondono con "Satisfaction". Intanto nuovi gruppi crescono e cercano di farsi strada a suon di canzoni. Tra questi ce n'è uno in particolare che si sta facendo notare: sono gli Yardbirds, gruppo di Keith Relf ed Eric Clapton.I due però non vanno molto d'accordo, Clapton se ne và immmediatamente e viene sostituito da Jeff Beck. Nonostante il successo sembri dietro l'angolo, i caratteracci dei componenti del gruppo portano a una nuova crisi interna, e a fare le valigie nel 1966 è il bassista Paul Samwell-Smith, sostituito dal giovane Jimmy Page, già contattato per sostituire Clapton qualche mese prima.La superiore tecnica di Page provoca un rimpasto di ruoli, e il chitarrista Chris Dreja si accomoda al basso, lasciando Beck e il nuovo arrivato a duellare in scena in momenti torridi come quello immortalato da Michelangelo Antonioni in “Blow up”. Tuttavia, nonostante gli sforzi di Page di tenere unito il gruppo, non è destino. Dopo il disco "Little Games", senza Jeff Beck, il gruppo si scioglie; il manager Peter Grant però ha firmato dei contratti, e Page cerca qualcuno per un gruppo da chiamare New Yardbirds. Nel 1968 assiste a un concerto degli Hobbstweedle, e vede per la prima volta Robert Plant ed e' subito "amore". "Il solo ascoltarlo mi faceva sentire nervoso" dirà a distanza di anni. Il terzo tassello è rappresentato da John Paul Jones, piuttosto attivo come strumentista e produttore artistico per Rolling Stones, Donovan e Herman’s Hermits. Già da qualche tempo aveva seguito le mosse di Page, e fiutò le potenzialità di un gruppo cui mancava ormai solo un batterista: questo venne trovato in John "Bonzo" Bonham, uso a foderare i rullanti e i tom di carta stagnola per fare più rumore. "Ci ritrovammo a suonare in una stanza", ricorda Page, "e dopo poco ci rendemmo conto di cosa stava succedendo. Iniziammo a ridere, per la gioia o per la consapevolezza di quel che potevamo fare noi quattro insieme". Nel gennaio 1969 uscì LED ZEPPELIN, trenta ore di registrazione per un costo di 1782 sterline: un successo anche in America, dove entra nei Top 10; un salto di qualità per il rockblues senza tradire le proprie origini nemmeno nelle incursioni nella musica tradizionale ("Babe I'm gonna leave you"). Già cominciano le prenotazioni per il secondo disco, che arriveranno a 350.000 unità. Il successo del gruppo è immediato e, per i quattro ragazzi, inizia un decennio di vita senza regole.Le folli notti dei componenti del gruppo appartengono alla leggenda del rock; altrettanto leggendaria la propensione a certe influenze spirituali e qualcosina di più: Jimmy Page si interessò molto alla figura di Aleister Crowley, sacerdote di Satana che ispirò anche i Black Sabbath e i Rolling Stones. LED ZEPPELIN II è dell'ottobre 1969, e non solo non delude le attese dei fans, ma ne guadagna di nuovi grazie all'impatto di "Whole lotta love" e "Moby Dick". Muddy Waters farà causa al gruppo sostenendo che "Whole lotta love" è copiata da "You need love", ma in effetti tutto l'approccio dei Led Zep al rock, come dimostrano i bootleg, è fatto di continue citazioni, musicali e liriche. Nel 1970, Page e Plant si prendono un periodo di vacanza nel cottage gallese di Bron-yraur, che contribuirà a indirizzarli verso il recupero di strumenti e arie della tradizione celtica. Un primo risultato è LED ZEPPELIN III, dove il fragore di "Immigrant song" è bilanciato dalle trame gentili di "Tangerine" e "That's the way". Tanta dolcezza non intralcia la dimensione mastodontica che stanno assumendo i loro tour: nel 1971 capitano anche a Milano, ospiti del Cantagiro dove sono destinati ad esibirsi prima di Al Bano. La calca fuori dal velodromo Vigorelli è paurosa, e la polizia carica coi lacrimogeni. Plant è disgustato dall'organizzazione: "Non verremo mai più a suonare in Italia". La promessa sarà mantenuta. RTF (fine prima parte) Il carnevale in Germania Il Carnevale in Germania si festeggia dalle 11:11 dell’11 novembre fino al mercoledì delle ceneri (Aschernmittwoch). La maggior parte dei festeggiamenti, tuttavia, si svolge nel periodo del Weiberfastnacht (il giovedì prima del mercoledì delle ceneri), tra il lunedì grasso (Rosenmontag) ed il mercoledì delle ceneri. Weiberfastnacht è considerato praticamente come il giorno delle donne, perchè quel giorno le donne possono fare praticamente tutto… Ad esempio, un’usanza tipica è il taglio delle cravatte degli uomini, forbici alla mano, e non si fermano nemmeno davanti a capi di lavoro o professori. I cortei con i carri allegorici sfilano il sabato (detto sabato dei garofani, Nelkensamstag), la domenica (cosiddetta domenica dei tulipani, Tulpensonntag), il lunedì (lunedì grasso o da noi lunedì delle rose) e anche il martedì (martedì delle violette, Veilchendienstag). La parola Rosenmontag deriva delle parole rasen e tollen (desiderare, schiamazzare): il lunedì delle rose, infatti, nelle grandi città del carnevale la maggior parte delle persone (autisti dei carri esclusi) non va al lavoro, ma festeggia e beve; in parole povere, un giorno festivo non ufficiale! E così già la mattina si vede la gente sulle strade, spesso già brilla, con costumi buffissimi. Le grandi città del Carnevale del nord della Germania sono Colonia, Duesseldorf, Achen, Mainz e Bonn. Colonia e Duesseldorf, essendo abbastanza vicine, si odiano, un po’ come in Italia Bologna e Modena. Così non sarà molto conveniente urlare “Alaaf” (che è il tipico “grido” di Colonia) quando si sta a Düsseldorf, ed allo stesso modo non è assolutamente consigliabile urlare “Helau” a Cologna. In questa regione la tradizione del carnevale è molto radicata e così la gente si raduna nelle cosiddette “associazioni del carnevale” (la prima è nata in 1823 a Colonia), dove si lavora quasi tutto l´anno per preparare i carri che sfilano il lunedì grasso. Spesso, come in Italia, questi carri sono molto satirici, a sfondo politico ma non solo, ed in ogni caso molto divertenti. Questi cortei ricordano un po’ la “Love Parade” di Berlino, ma ovviamente godono di tutt’altra tradizione. Ogni carro inoltre ha un suo”principe”, un ruolo molto ambito, che rappresenta praticamente il personaggio simbolo del carro ed alla fine della sfilata offre da bere a tutti i compagni di squadra. Insomma, forse il carnevale in Germania è meno chic rispetto a tanti storici carnevali italiani, ma sicuramente è più sfrenato. Marita Pagina 6 L’oasi che dice Oasi leggera E benvenuti anche stavolta all’angolo ormai consueto di Oasi Leggera, che in questo numero appare più vario, strano e trash del solito. Si parte con un grande ritorno: la rubrica “Succo d’orzo” che vi propone una puntata speciale: alcune dritte per realizzare un’ottima e alcolizzante birra casalinga. Segue, sorpresa delle sorprese, un bel paginone interamente dedicato alla poesia: due loschi figuri, in pieno anonimato, hanno inviato questi due pregevoli componimenti (nulla di invidiare ad un canzoniere petrarchesco). Non si sa nulla degli autori, l’unica cosa certa, ad una prima indagine, pare sia il fatto che non si tratta della stessa persona. E per concludere in bellezza questo ricco numero un’autentica chicca: una parodia, ma direi di più, una “suggestione” ispirata all’articolo di Zagor dello scorso numero. Che dire, buona lettura!! Succo d’orzo III puntata Home made beer Superati i guai giudiziari siamo tornati più sbronzi che mai ad allietare le vostre bevute... Data: oggi Operatori: A&B Scopo: produrre birra da sé Principio ed etica: fermentazione, stufi di bere le solite ed insipide birre Strumenti e materiali: • • • • • • • • • 1 Tinàz (fermentatore da circa 40 Litri) 2 Pgnàta (pentole) 1 Scudéla (tazza) 1 Cuciér (cucchiaio) 1 Viiralata (apriscatole) n Buraz (straccio da cucina) 1 agitatore palettativo rotazionale azionato tramite energia antropica (mestolo) (in accordo con le limitazione del protocollo di Kyoto) Gorgogliatore 1 Radio • • • Zsòkér (zucchero) Aqua (acqua) Malto preparato (comprensivo della bustina di lieviti) Procedura Ci si ritrova tra amici con grande euforia e gioia di bere. Accendiamo la radio con la musica che preferiamo. Il secondo passo consiste nella pulizia dei materiali: laviamo con cura ed acqua calda il Tino. Quindi sterilizziamo tutti gli strumenti e le apparecchiature con una soluzione di Potassio Bisolfito, solitamente in dotazione con il kit. Si scalda la confezione di Malto in una pentola a bagnomaria 10 minuti e contemporaneamente (nello stesso lasso di tempo) mettiamo a scaldare altra acqua (2-3 litri). Quindi aprire la confezione e la versate nell’acqua calda (avendo cura di recuperare tutta la massa del malto attraverso alcuni lavaggi con acqua bollente). Se necessario, ed in quantità stabilite dal produttore del malto, versiamo lo zucchero. Quindi mescoliamo sforzandoci e pazientando fino ad ottenere il completo discioglimento dei componenti solidi dispersi nella massa fluida (sciogliamo tutto lo zucchero). E’ possibile schiarire le birre e “limpidizzarle” riscaldando e mantenendo ad ebollizione per alcuni minuti la miscela. Versiamo nel fermentatore una parte d'acqua fredda (circa 5 litri), di seguito il mosto raffreddato ed infine si completerà il riempimento con acqua fredda (per la quantità necessaria consultare la guida alle qualità). Cerchiamo in ogni caso di raggiungere la temperatura ideale (18-28 °C) di lavoro dei lieviti. (vedi esame di biochimica). Aggiungere il lievito contenuto nella bu- stina (yeast) e mescolare energicamente per circa 30 secondi. E’ possibile attivare i lieviti, assicurando così l’avvio della fermentazione, ed ignorando Kasswalder che continua a correggere la nostra grammatica, versando il contenuto della busta in una tazza assieme ad acqua in quantità qb. e zucchero qb. (naturalmente a temperatura qb.). Chiudiamo il fermentatore ed installiamo sulla sua sommità il Gorgogliatore. Apriamo una parentesi: se disponete di un qualsiasi kit acquistato appositamente per la produzione del succo d’orzo in casa, allora questa ipertecnologica strumentazione sarà già compresa. Altrimenti è necessario che costruiate una valvola ad acqua (sifone del cesso) atta alla separazione dell’atmosfera esterna da quella interna. Dopo alcune ore iniziarà il gorgogliamento a conferma che la fermentazione è attiva. Il processo fermentativo si completerà in circa 10 giorni nel caso in cui la temperatura del mosto sia stata mantenuta sui 22°C. A temperature superiori la fermentazione sarà più veloce. Oltre i 28 il sapore della birra potrebbe divenire amaro. Ora lasciate riposare il nettare per almeno 10-15 giorni. Dato che non abbiamo ulteriore spazio vi diremo come imbottigliare, maturare, conservare e degustare la vostra birra sul prossima numero. Prost (salute) A&B Maggiori informazioni ed acquisti http://www.mr-malt.it http://www.pinta.it Pagina 7 Discese Pindariche giaccio ansimante sul prato innevato, uno sguardo al cielo sereno godo, nubi solleticate dalle cime... orlo del bosco, è uno stupendo mattino ed è gelido, rimango immobile un poco, resiste alcuni istanti il sogno, attimi prima che mi rialzi dal terrificante volo effettuato, odo il frantumarsi del coccige. L’oasi che dice Era per te… Nota introduttiva di redazione: non so in quanti di voi ricordano che circa un mesetto fa, nel periodo di San Valentino, la Facoltà venne sommersa per qualche giorno da una serie di Post-It infarciti di frasi d’amore. Erano dappertutto, sui motorini, sulla macchinetta del caffè, e destarono grande curiosità. Il misterioso autore si è fatto vivo ed ha spedito questa poesia alla redazione… Ovviamente senza far sapere il suo nome. Se qualcuno di voi avesse dei sospetti sul romantico autore di queste rime e di quei biglietti è pregato di collaborare con le autorità dell’Oasi per facilitarne l’identificazione. Era per te, non l’avevi capito? Tutti si chiedevano chi mai tanto avesse ardito, e vedevo negli occhi di tutti i ragazzi una sola domanda che li faceva diventare pazzi. “Chi mai sarà il folle innamorato, che così tanti biglietti d’amore ha attaccato?” Molti pensano di aver visto la mano del tuo adoratore ma non sospettano che poteva essere semplicemente un latore. Nessuno sinora l’è riuscito ad indovinare e io solo a te nell’orecchio lo vorrei sussurrare. Vorrei che un solo soffio possa giungere a te e bastare a farti capire quanto io vorrei che tu fossi con me. Perché poi lo puoi immaginare anche tu che il nostro amore amore non sarà più se tutti sapranno chi io sono e l’amore mio a chi lo dono. Perché alcune cose possono germogliare solo se alcune persone non facciamo allarmare. E quindi io ci immagino come due dolci libellule leggere nell’aria volare e senza far rumore il nostro amore scambiare. Oh amore amore, gioia del mio cuore. Oh tesoro tesoro, zucchero a velo del mio pandoro. Oh fiorellino fiorellino, del mio orecchio l’orecchino. Oh piccolina piccolina, sfiora il mio viso con la tua manina. Oh cucciolotto cucciolotto, dammi i numeri giusti per vincere al lotto. Oh luce dei miei occhi, ridi anche tu di tutti questi allocchi.. Pagina 8 L’oasi che dice hÇ ÑÉÅxÜ|zz|É vÉÅx àtÇà| Dopo aver (cercato) di leggere nel numero scorso un articolo dove si narrava uno scorcio di vita quotidiana bolognese, i miei ricordi sono volati, là lontano dove ormai 3 anni fa sono partito per venire qui nella città delle Due Torri. Ma procediamo con calma e ordine. Inizialmente una doverosa premessa: ogni riferimento a persone, animali, o cose citate in questo testo non è affatto casuale. Accadimenti e circostanze sono frutto del biecostrampalato viver cittadino, prendetevela con Lui! In un pomeriggio come tanti persi nella nebbia dei miei ricordi, rivedo come se fosse ora una storia che mi sembra giusto raccontavi così che poi voi la possiate raccontare ai vostri amici ed in un futuro ai vostri figli e nipoti e così loro alla propria pargole e così via sino a che l’uomo non perda la facoltà di parlare. È il dodicesimo rintocco del campanile del centro del mio povero e isolato paesino, i contadini nelle campagne appoggiano a terra le zappe e si asciugano il sudore con le maniche, prima di tornare verso il casolare dove li aspetta un povero pasto a base di polenta e frutti della terra; nella piazza del centro (cfr fotografia qui di fianco) inizia a farsi un considerevole via vai; quando un carro trainato da due possenti pecore e manovrato da una giovane ed acida zitella perde un perno della ruota e rimane bloccato in mezzo alla via impedendo ai Popolani affamati di raggiungere le proprie tavole imbandite. Io sono lì sotto l’arco del campanile ed osservo la scena immobile i compagnia di Mr Village ( un caro amico datosi alla macchia qualche tempo addietro) ed accendo il mio sigaro per pregustarmi la scena. Il carro che precede la signora in difficoltà è del tIpo extra-lusso trainato da due favolosi destrieri neri. Il conducente, un corpulento uomo sulla quarantina, impugna la sua frusta ed inizia a farla schioccare per indurre la povera sventurata a liberare il passaggio e così anche tutti gli altri conducenti dei veicoli bloccati iniziano a fare altrettanto, gli animali innervositi al trambusto che in pochi secondi si è formato iniziano a nitrire e guaire e la piazza si trasforma in un coro disordinato di rumore incontrollato. Alcuni conducenti, mossi più dalla fame che altro, abbandonano il proprio carro per soccorrere il veicolo in panne. Giunti il sul luogo si accorgono la persona più adatta a fare questo tipo di lavoro è il maniscalco, quindi il più basso dei tre estrae dalla tasca della sua camicia, un cellulare e compone a velocità supersonica il numero del più bravo maniscalco del mondo conosciuto. Il telefono squilla più e più volte, ma nessuno risponde. Il conducente biondo ( che poi a guardarci bene è anche il più basso) suggerisce quindi agli altri di spostare il carro ed di andare a pranzo. E così fanno. Ora il carro, le due possenti pecore e la donna ormai in lacrime si trovano ad un lato della strada a pochi passi da me e Mr Village decidiamo così di aiutare la signorina in difficoltà, ma (colpo di scena) non facciamo in tempo ad fare neanche un passo che, quattro giovanotti mascherati, vestiti tutti di nero con un mantello di seta di un color verde sgargiante, in sella ai loro magnifici stalloni maculati, attraversano a tutta velocità la piazza ( sinceramente non so come facciano ad essere ancora vivi) ed circondano il mezzo incidentato. I Quattro Eroi, lasciano i cavalli lì, soli senza nessuno che li guardi con tutti i carri che sfrecciano a pochi centimetri da loro, e vanno a sincerarsi delle condizioni di salute della donna e del carro. Io ed il mio carissimo amico intanto ci siamo avvicinati ai cavalli. Nel mentre che il più tozzo dei prodi cavalieri estrae un bellissima mazza in adamantino, io e Mr prendiamo per le briglie due cavalli a testa per proteggerli dai cocchieri infervorati dai morsi della fame. I quattro Paladini, nel frattempo, hanno impugnato contemporaneamente la mazza ed hanno assestato un energico colpo al perno della ruota riparando il carro. Io ed il mio fido alleato ci scambiamo un’occhiata intensissima per una frazione di secondo, Date il vostro contributo!! Scriveteci!! [email protected] www2.fci.unibo.it/oasi poi contemporaneamente spicchiamo un salto ed infiliamo i piedi nelle staffe dei due cavalli che ci stanno fianco ( un piede per cavallo così da poter andarcene con tutti e quattro) e li sproniamo un ruggito sommesso ed un colpo di briglie. I quattro samaritani si girano verso di noi intimandoci di fermarci ma noi ormai viaggiamo sulle ali del vento. Due cavalieri tentano un disperato inseguimento in groppa alle pecore ma il traffico cittadino all’ora di pranzo ci ha coperto la fuga e noi siamo arrivati a casa sani e salvi. La polenta era già fredda, ma ne è valsa la pena. Fine, basta, the end. Morale idiota del racconto intelligente: se ti trovi in difficoltà stai calmo prima o poi ti troverai messo peggio. Morale intelligente del racconto idiota: tutto il mondo è paese. Devo chiedere scusa a tutti Voi, cari lettori, che siete stati tanto impavidi da riuscire ad arrivare sino a questo punto,innanzitutto perché vi avevo detto che era finita ed invece sono ancora qui che scrivo ( cioè non in questo momento in cui voi state leggendo l’articolo, ndr), poi perché vi ho scritto la morale. Sì, è stata una tentazione troppo forte, ma lo so che è intrinseco nel significato di Morale che essa sia propria di chi si accinge a riflettere su questa storia perciò mi sembra corretto concludere con l’ultima morale: Morale personale: quella che più prediligete tra tutte quelle che vi sono passate per la mente leggendo questo articolo, ma mi raccomando considerate anche le più sfuggenti che a volte sono le più sagge. La Spada di rogaZ L’oasi che dice Periodico dell’associazione Oasi Felice Direttore responsabile Kaswalder Francesco Redattori Ranuzzi Fabrizio Castelli Alessandro Mauriello Francesco