Numero dieci.pub - Chimica Industriale

Transcript

Numero dieci.pub - Chimica Industriale
L’oasi che dice
Periodico dell’associazione Oasi Felice
Stampato con il contributo dell’Università degli studi di Bologna
Anno III Numero 10
COPIA GRATUITA
Marzo 2005
Spiegateci perché
Gli avevano dato
Le mostrine e le stelle
E il consiglio di vendere
Cara la pelle
…
Ora che è morto
La patria si gloria
Di un altro eroe
Alla memoria
Ma lei che lo amava
Aspettava il ritorno
Di un soldato vivo,
Di un eroe morto
Che ne farà?
Se accanto, nel letto
Le è rimasta la gloria
D’una medaglia
Alla memoria.
Fabrizio De Andrè
(da “La ballata dell’eroe”)
Pagina 2
L’oasi che dice
Senza troppo rumore
L’idea è stata mia. Ho pensato che concedere uno spazio su queste pagine a
quanto successo pochi giorni fa in Iraq
fosse, se non altro, opportuno. L’idea di
scrivere qualche riga di commento è
stata accolta con pochissimo entusiasmo
tra i “redattori” del giornalino, ed a pensarci bene è giusto così. Perché è obbiettivamente fuori dalla nostra portata,
e perché il rischio di cadere nel retorico
sarebbe stato praticamente totale. Ho
sentito e letto tantissimo, su quello che è
accaduto, e spesso anche giornalisti che
stimo tantissimo hanno usato parole
“stonate”, o banali. L’unico documento
veramente bello, che vi consiglio caldamente di leggere, è l’articolo di Giulia-
na Sgrena pubblicato sul Manifesto di
oggi (lunedì 7 marzo, mentre sto faticosamente cercando di chiudere questo
numero). Noi abbiamo deciso di evitare
riflessioni o commenti. Ci sembrava
troppo per un giornalino come questo.
Ci siamo limitati a chiedere una piccola
cosa, con poche speranze di essere ascoltati, ed a citare qualche verso di un
cantautore che ci sembra descrivere
bene il momento che stiamo attraversando. Questo basta. Il resto del giornalino è sotto i vostri occhi, spero che
possa farvi una buona compagnia. Spazio all’editoriale del mio “successore”
Fabbri. Buona lettura a tutti.
Bobo
L’appello
All’interno dell’università convivono
varie tipologie di studenti che, aldilà
della facile classificazione in buoni o
cattivi, secchioni o fannulloni, a me
piace suddivedere in base alle aspirazioni. Le due sponde presentano una
chiara differenza: gli uni pensano che
il loro traguardo sarà un buon posto di
lavoro, la scalata di qualche grado,
una buona retribuzione ed una famiglia alla quale rispondere,
convinti che tanto oltre i 45
anni “non è che avrai poi
tutta questa spinta a fare
e girare”. Gli altri invece
si lasciano trasportare di
più dagli eventi, si godono il panorama universitario alla grande, sono meno
ambiziosi, guadagneranno meno, ma vorranno continuare a vivere
con lo stesso ritmo fino alla fine. In
sostanza un gruppo si lamenterà perchè non riuscirà a spendere i propri
soldi negli interessi di un tempo che
fu per mancanza di tempo, contemporaneamente l’altro gruppo non riuscirà
a trovare i soldi per i propri interessi e
utilizzerà il tempo rimasto per invidiare chi meglio sta.
Ed ecco nel mezzo, come spesso accade, chi per fortuna o per virtù, riuscirà
con equilibrio a cavarsela con un lavoro abile a finanziare gli interessi
covati ma al contempo non soffocarne
gli spazi.
In mezzo a queste tre classi ci siamo
anche noi, che aspettando che finisca
questa insolita nevicata per fare a
“pallate” e per evitare un pomeriggio
di studio, senza però metterci a poltrire sul divano, scriviamo per il giornalino due pensieri, lanciamo un messaggio per quanti ancora leggono e stiliamo un resoconto
delle attività da organizzare nel prossimo futuro.
Fa specie questo lento
passaggio di consegne tra
un redattore, che va per il
dottorato, ad un aiutante
che va per la laurea quinquennale
senza
che
all’orizzonte si veda nessuno
interessato a coltivare e continuare
questo hobby-impegno che rappresenta il giornalino. Peccato.
Infastidisce anche vedere che i tanti
pomeriggi donati alla commissione
didattica, che lavora tanto e bene,
sono andati sprecati grazie ad un consiglio di facoltà, vero e proprio consiglio degli anziani, che fa fatica ad
accettare cambiamenti: in peggio o in
meglio la riforma ha cambiato
l’università e si deve di conseguenza
apportare migliorie per evitare di veder esplodere questi contenitori di ore
e di nozioni lampo (vedere lauree
triennali e specialistiche).
Cominciamo ad animare l’anno solare con i prossimi tornei, nell’ordine,
di Calcio a 7 e Basket 3vs3. Il primo,
come sempre, provveremo ad organizzarlo nel campo, ahimè, della Fortitudo: ora inizio a scrivere il regolamento, apro le iscrizioni e verso fine marzo potremo cominciare, tempo permettendo.. Il torneo di Basket invece
dovrà aspettare la bella stagione...
maggio?
La grande impresa editoriale del Calendario 2005 di Chimica Industriale è
andata a buon fine abbiamo quasi
finito i calendari stampati e la famosa
donazione è stata effettuata, i riferimenti li troverete esposti in Oasi; dico
famosa perchè qualcuno, che mai ha
sudato per questa associazione, è riuscito anche ad insinuare che ai responsabili tornasse qualcosa in tasca...
Altra impresa titanica sarà il restauro
della Fonte del Sapere, per chi ignora
cosa questa fonte sia e rappresenti
consiglio un tour guidato accompagnati da qualche anziano studente.
I mesi sembrano tanti ma giugno arriva in fretta e di conseguenza si avvicina a balzi anche la prossima festa
d’estate che quest’anno si presenterà
più carica che mai di novità.
Dimentico qualcuno? Ah! I laureandi
di marzo... in bocca al lupo!
Scruffy
Pagina 3
L’oasi che dice
La quarta T
Quali sono le 3T per cui è famosa Bologna, e non solo quella “dotta”, lo sanno
anche i bambini oltreoceano: Torri, Tette,
Tortellini e non sempre necessariamente
nell’ordine. Per esempio io metterei prima
i tortellini, ma è semplicemente questione
di gusti.
Bologna la stessa che Troppe volte è stata
Teatro di Terrificanti atti di Terrorismo.
Pesanti purtroppo le brutte T per Bologna..
Se ci avessero chiesto di sceglierne una
quarta, una tutta nostra, di Chimica Industriale. Per forza una T? Sì, le I le hanno
esaurite in campagna elettorale. Voi cosa
avreste scelto? Ok potrei aspettare una
vostra risposta, ma poi non arrivo alla
mezza paginetta che mi ha chiesto Bobo e
voi sapete come è Bobo quando si arrabbia.. Io no ma preferisco non rischiare,
quindi vi do la mia di risposta e speriamo
in bene.
Beh io avrei scelto la T di Tolleranza
(forse nel seguito del vocabolario c’era
qualcosa di più calzante, ma passare la
notte a leggerlo tutto non faceva parte dei
miei programmi)
Tolleranza.. per il rapporto studentiprofessori
Tolleranza nell’atmosfera che si respira
durante le assemblee e non mi riferisco al
fatto che quasi sempre ci sono le finestre
chiuse..
Tolleranza perché quando ci chiedono
dove studi (nel mio caso dovrei dire dove
hai studiato) siamo fieri di dire a Chimica
Industriale dove c’è un gran bell’ambiente
e ci conosciamo tutti (qui io aggiungo
sempre non come ad ingegneria, ma è
opinione personale).
E quindi, dopo questa sbrodolata intenzionalmente buonista (descriveremo il lato
oscuro della forza nella prossima puntata,
o anche no) mi viene da pensare: o questa
parola l’avrei scelta solo io e quindi convivo da 8 anni con dei perfetti sconosciuti
che hanno peraltro finito di leggere il vocabolario trovando una parola migliore,
oppure qualcosa non mi quadra nel fatto
che i giornalisti siano stati in grado di far
passare la nostra facoltà addirittura per
razzista per un’intera settimana. E sulla
base di cosa?.. Di una lettera che riguardava un singolo episodio a proposito del
quale non voglio fare commenti ne tantomeno dare giudizi.
Di qui una serie di domande sull’integrità
dei mezzi di comunicazione che però lascerei cadere nel vuoto non ponendole
neanche.
E dopo tanto sano parlare e meno sano
scrivere? Sembra, speriamo, fine della
storia con l’ultimo “riabilitativo” articolo
su la repubblica e, guardiamola dal lato
positivo, Mauriello e Zagano in televisione.
Forse la solita bolla di sapone, ma che
almeno ci ha riportato la consapevolezza
che come Bologna è l’ombelico di tutto
nessun malinteso ci può portare via la
nostra Oasi Felice.
GG
On the road...
Mi trovavo a metà strada attraverso l’America,
alla linea divisoria tra l’Est della mia giovinezza
e l’Ovest del mio futuro…
Jack Kerouac, Sulla strada
Non so se fosse un sogno o cosa. Mi pareva d’essere in viaggio su una lunga strada larga, che portava via dai grattacieli di
New York e attraversava catene di montagne, fiumi maestosi, pianure d’erba alta,
canyons profondi e picchi che si spingevano verso il cielo.
Su quella strada, man mano che mi muovevo verso l’interno, il paesaggio perdeva
la sua morbidezza ridente per diventare
sempre più aspro e selvatico; le colline
prendevano ritmi bruschi e si snudavano
qua e là in rocce e spuntoni che tagliavano
la vista del sole e precipitavano in scarpate
ripide verso gole profonde.
Il finestrino era aperto e respiravo l’aria
fresca cercando di ricordarmi il motivo
della mia presenza lì. Il caldo era asfissiante e la mia povera gola chiedeva a più
riprese di alleviarla dalle pene a cui la
stavo sottoponendo con una birra ghiacciata.
Ero troppo ansioso di vedere dove andavo
a finire e più mi rendevo conto di quanto
in là mi stessi spingendo, più forte diventava la mia ansia di capire cosa mi stava
aspettando dietro l’angolo.
Dopo ore di viaggio mi sono fermato a
fare benzina. Lì ho incontrato un vecchio
contadino dalla faccia rossa. Gli ho chiesto nel mio modesto inglese se conosceva
per caso dove portasse quella strada. Lui
ha risposto di sì, ha riso, ha ripetuto una
frase che doveva essere spiritosa ma che
non capivo. Indicava i miei capelli, faceva
un segno con le sue dita tozze, continuava
a sorridere. Continuavo a non capire cosa
aveva da ridacchiare sul mio nuovo taglio
di capelli. Finito di far benzina, il vecchio
mi ha salutato facendomi capire che ciò
che stavo cercando non lo potevo trovare
lungo quella strada, ma dentro me stesso.
Risalito in macchina, cercavo di confrontare quello che vedevo con le immagini
che attraversavano i miei pensieri, sforzandomi di trovare un filo logico a tutto
quello che mi stava accadendo.
Ormai era pomeriggio tardo e il vento
iniziava a soffiare sempre più forte sfalsandomi i ritmi del cuore. Era vero, volevo conoscere me stesso scoprendo il mon-
do. In me era troppa la voglia di vedere i
popoli, varcare gli orizzonti, illuminare
spazi ignoti. Fosse costata pure la dannazione come all’Ulisse dantesco: curiositas
inghiottita da un turbine marino che spedì
lui e i suoi compagni all’Inferno. Continuavo a ripetermi che l’azzardo è la qualità degli eroi. Anche in quel momento,
provavo una frenesia nell’animo che agitava i nervi, faceva palpitare il cuore e donava alle mie gambe forze nascoste.
Il viaggio. Sovraccarico emozionale, tuffo
nel multicolore e nel multiforme.
In me, era forte la convinzione di come si
poteva crescere anche di fantasie, di magie
visionarie; maturare affrontando i Moby
Dick della coscienza mentre si cerca di
scoprire cosa si cela negli abissi dei mari
del sud; travestiti da Robinson, da Gulliver, da Peter Pan.
Forse, era meglio fermare la saggezza del
poi. Rinviala. Un fiammifero dopo l’altro,
era troppa la voglia in me di accendere il
cammino.
E mi pareva di vedere nello specchietto
retrovisore, laggiù in lontananza, lo scintillio dei neon di Las Vegas allontanasi…
Dinanzi a me, la costa del pacifico, le
colline di San Francisco. Gli ultimi lembi
d’America.
Ora, ripensandoci, non sono poi tanto
sicuro si trattasse di un sogno.
Cisco
Pagina 4
L’oasi che dice
Avrebbi voluto scriverlo io!
Incredibile ma vero, stavolta Cisco ha colpito in pieno: la nuova rubricona dedicata a pensieri, suggestioni e citazioni è piaciuta molto ed eccoci qui alla seconda puntata. Il pezzo ce l’ha spedito Jimmy,
al secolo Marco Guerrini, fresco di laurea (e viaggio cubano col sottoscritto) e neolavoratore, a cui auguriamo un inboccallupo per una brillante carriera chimica e musicale… Grazie per il contributo!!
Lettera di commiato agli amici
Gabriel Garcia Marquez
Vagando per la rete ho trovato questa
lettera che Gabriel Garcia Marquez
scrisse agli amici prima di ritirarsi a
causa della sua malattia. Mi ha colpito
molto e spero che grazie a quella fantastica rubrica che è comparsa sul
giornalino possa colpire anche voi…
Jimmy
se per un istante dio si dimenticherà che sono una
marionetta di stoffa e mi regalerà un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto
quello che penso, ma in definitiva penserei tutto quello
che dico.
darei valore alle cose, non
per quello che valgono,
ma per quello che significano.
dormirei poco, sognerei di
più, andrei quando gli altri si
fermano, starei sveglio quando gli altri dormono, ascolterei quando gli altri parlano e
come gusterei un buon gelato al cioccolato !!
se dio mi regalasse un pezzo
di vita, vestirei semplicemente, mi sdraierei al sole lasciando scoperto non solamente il mio corpo ma anche la mia anima.
dio mio, se io avessi un cuo-
re, scriverei il mio odio sul
ghiaccio e aspetterei che si
sciogliesse al sole.
dipingerei con un sogno di
van gogh sopra le stelle un
poema di benedetti e una
canzone di serrat sarebbe la
serenata che offrirei alla luna.
irrigherei con le mie lacrime
le rose, per sentire il dolore
delle loro spine e il carnoso
bacio dei loro petali.
dio mio, se io avessi un pezzo di vita non lascerei passare un solo giorno senza dire
alla gente che amo, che la
amo.
convincerei tutti gli uomini e
le donne che sono i miei favoriti e vivrei innamorato
dell’amore.
agli uomini proverei quanto
sbagliano al pensare che
smettono di innamorarsi
quando invecchiano, senza sapere che invecchiano
quando smettono di innamorarsi.
a un bambino gli darei le ali,
ma lascerei che imparasse a
volare da solo.
agli anziani insegnerei che la
morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza.
tante cose ho imparato da
voi, gli uomini!
ho imparato che tutto il mondo ama vivere sulla cima della montagna, senza sapere
che la vera felicità sta nel risalire la scarpata.
ho imparato che quando un
neonato stringe con il suo
piccolo pugno, per la prima
volta, il dito di suo padre, lo
tiene stretto per sempre.
ho imparato che un uomo ha
il diritto di guardarne un altro
dall’alto al basso solamente
quando deve aiutarlo ad alzarsi.
sono tante le cose che ho
potuto imparare da voi, ma
realmente, non mi serviranno
a molto, perché quando mi
metteranno dentro quella valigia, infelicemente starò
morendo.
Pagina 5
L’oasi che dice
Led Zeppelin
I più grandi di sempre
Permettetemi una premessa; se domandate
al sottoscritto chi e' il piu' grande gruppo
di tutti i tempi riceverete come risposta:
U2. Sono cresciuto con gli U2 ma, i gusti
personali vanno al di là della critica. I Led
zeppelin sono i piu' grandi per l'influenza
esercitata su tutto il panorama musicale
che si e' sviluppato successivamente.
Anni 60', in Inghilterra i Beatles cantano
"Michelle" e si giocano il primato con i
loro rivali storici Rolling Stones che rispondono con "Satisfaction".
Intanto nuovi gruppi crescono e cercano di
farsi strada a suon di canzoni.
Tra questi ce n'è uno in particolare che si
sta facendo notare: sono gli
Yardbirds, gruppo di Keith
Relf ed Eric Clapton.I due
però non vanno molto d'accordo, Clapton se ne và
immmediatamente e viene
sostituito da Jeff Beck.
Nonostante il successo sembri dietro l'angolo, i caratteracci dei componenti del
gruppo portano a una nuova
crisi interna, e a fare le
valigie nel 1966 è il bassista
Paul Samwell-Smith, sostituito dal giovane Jimmy Page, già contattato per sostituire Clapton qualche mese
prima.La superiore tecnica di Page provoca un rimpasto di ruoli, e il chitarrista
Chris Dreja si accomoda al basso, lasciando Beck e il nuovo arrivato a duellare in
scena in momenti torridi come quello
immortalato da Michelangelo Antonioni
in “Blow up”. Tuttavia, nonostante gli
sforzi di Page di tenere unito il gruppo,
non è destino.
Dopo il disco "Little Games", senza Jeff
Beck, il gruppo si scioglie; il manager
Peter Grant però ha firmato dei contratti, e
Page cerca qualcuno per un gruppo da
chiamare New Yardbirds. Nel 1968 assiste
a un concerto degli Hobbstweedle, e vede
per la prima volta Robert Plant ed e' subito
"amore". "Il solo ascoltarlo mi faceva
sentire nervoso" dirà a distanza di anni.
Il terzo tassello è rappresentato da John
Paul Jones, piuttosto attivo come strumentista e produttore artistico per Rolling
Stones, Donovan e Herman’s Hermits. Già
da qualche tempo aveva seguito le mosse
di Page, e fiutò le potenzialità di un gruppo cui mancava ormai solo un batterista:
questo venne trovato in John "Bonzo"
Bonham, uso a foderare i rullanti e i tom
di carta stagnola per fare più rumore. "Ci
ritrovammo a suonare in una stanza",
ricorda Page, "e dopo poco ci rendemmo
conto di cosa stava succedendo. Iniziammo a ridere, per la gioia o per la consapevolezza di quel che potevamo fare noi
quattro insieme". Nel gennaio 1969 uscì
LED ZEPPELIN, trenta ore di registrazione per un costo di 1782 sterline: un successo anche in America, dove entra nei
Top 10; un salto di qualità per il rockblues senza tradire le proprie origini nemmeno nelle incursioni nella musica tradizionale ("Babe I'm gonna leave you"). Già
cominciano le prenotazioni per il secondo
disco, che arriveranno a 350.000 unità. Il
successo del gruppo è immediato e, per i
quattro ragazzi, inizia un
decennio di vita senza regole.Le folli notti dei componenti del gruppo appartengono alla leggenda del rock;
altrettanto leggendaria la
propensione a certe influenze spirituali e qualcosina di
più: Jimmy Page si interessò molto alla figura di Aleister Crowley, sacerdote di
Satana che ispirò anche i
Black Sabbath e i Rolling
Stones. LED ZEPPELIN II
è dell'ottobre 1969, e non solo non delude
le attese dei fans, ma ne guadagna di nuovi grazie all'impatto di "Whole lotta love"
e "Moby Dick". Muddy Waters farà causa
al gruppo sostenendo che "Whole lotta
love" è copiata da "You need love", ma in
effetti tutto l'approccio dei Led Zep al
rock, come dimostrano i bootleg, è fatto di
continue citazioni, musicali e liriche. Nel
1970, Page e Plant si prendono un periodo
di vacanza nel cottage gallese di Bron-yraur, che contribuirà a indirizzarli verso il
recupero di strumenti e arie della tradizione celtica. Un primo risultato è LED ZEPPELIN III, dove il fragore di "Immigrant
song" è bilanciato dalle trame gentili di
"Tangerine" e "That's the way". Tanta
dolcezza non intralcia la dimensione mastodontica che stanno assumendo i loro
tour: nel 1971 capitano anche a Milano,
ospiti del Cantagiro dove sono destinati ad
esibirsi prima di Al Bano. La calca fuori
dal velodromo Vigorelli è paurosa, e la
polizia carica coi lacrimogeni. Plant è
disgustato dall'organizzazione: "Non verremo mai più a suonare in Italia". La promessa sarà mantenuta.
RTF
(fine prima parte)
Il carnevale
in Germania
Il Carnevale in Germania si festeggia dalle
11:11 dell’11 novembre fino al mercoledì
delle ceneri (Aschernmittwoch). La maggior parte dei festeggiamenti, tuttavia, si
svolge nel periodo del Weiberfastnacht (il
giovedì prima del mercoledì delle ceneri),
tra il lunedì grasso (Rosenmontag) ed il
mercoledì delle ceneri. Weiberfastnacht è
considerato praticamente come il giorno
delle donne, perchè quel giorno le donne
possono fare praticamente tutto… Ad esempio, un’usanza tipica è il taglio delle cravatte degli uomini, forbici alla mano, e non si
fermano nemmeno davanti a capi di lavoro
o professori.
I cortei con i carri allegorici sfilano il sabato (detto sabato dei garofani, Nelkensamstag), la domenica (cosiddetta domenica dei
tulipani, Tulpensonntag), il lunedì (lunedì
grasso o da noi lunedì delle rose) e anche il
martedì (martedì delle violette, Veilchendienstag).
La parola Rosenmontag deriva delle parole
rasen e tollen (desiderare, schiamazzare): il
lunedì delle rose, infatti, nelle grandi città
del carnevale la maggior parte delle persone
(autisti dei carri esclusi) non va al lavoro,
ma festeggia e beve; in parole povere, un
giorno festivo non ufficiale! E così già la
mattina si vede la gente sulle strade, spesso
già brilla, con costumi buffissimi.
Le grandi città del Carnevale del nord della
Germania sono Colonia, Duesseldorf, Achen, Mainz e Bonn. Colonia e Duesseldorf, essendo abbastanza vicine, si odiano,
un po’ come in Italia Bologna e Modena.
Così non sarà molto conveniente urlare
“Alaaf” (che è il tipico “grido” di Colonia)
quando si sta a Düsseldorf, ed allo stesso
modo non è assolutamente consigliabile
urlare “Helau” a Cologna.
In questa regione la tradizione del carnevale
è molto radicata e così la gente si raduna
nelle cosiddette “associazioni del carnevale” (la prima è nata in 1823 a Colonia),
dove si lavora quasi tutto l´anno per preparare i carri che sfilano il lunedì grasso.
Spesso, come in Italia, questi carri sono
molto satirici, a sfondo politico ma non
solo, ed in ogni caso molto divertenti. Questi cortei ricordano un po’ la “Love Parade”
di Berlino, ma ovviamente godono di
tutt’altra tradizione. Ogni carro inoltre ha
un suo”principe”, un ruolo molto ambito,
che rappresenta praticamente il personaggio
simbolo del carro ed alla fine della sfilata
offre da bere a tutti i compagni di squadra.
Insomma, forse il carnevale in Germania è
meno chic rispetto a tanti storici carnevali
italiani, ma sicuramente è più sfrenato.
Marita
Pagina 6
L’oasi che dice
Oasi leggera
E benvenuti anche stavolta all’angolo ormai consueto di Oasi Leggera, che in questo numero appare più
vario, strano e trash del solito. Si parte con un grande ritorno: la rubrica “Succo d’orzo” che vi propone una
puntata speciale: alcune dritte per realizzare un’ottima e alcolizzante birra casalinga. Segue, sorpresa
delle sorprese, un bel paginone interamente dedicato alla poesia: due loschi figuri, in pieno anonimato,
hanno inviato questi due pregevoli componimenti (nulla di invidiare ad un canzoniere petrarchesco). Non
si sa nulla degli autori, l’unica cosa certa, ad una prima indagine, pare sia il fatto che non si tratta della
stessa persona. E per concludere in bellezza questo ricco numero un’autentica chicca: una parodia, ma direi di più, una “suggestione” ispirata all’articolo di Zagor dello scorso numero. Che dire, buona lettura!!
Succo d’orzo
III puntata
Home made beer
Superati i guai giudiziari siamo tornati
più sbronzi che mai ad allietare le vostre
bevute...
Data: oggi
Operatori: A&B
Scopo: produrre birra da sé
Principio ed etica: fermentazione, stufi di
bere le solite ed insipide birre
Strumenti e materiali:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
1 Tinàz (fermentatore da circa
40
Litri)
2 Pgnàta (pentole)
1 Scudéla (tazza)
1 Cuciér (cucchiaio)
1 Viiralata (apriscatole)
n Buraz (straccio da cucina)
1 agitatore palettativo rotazionale
azionato tramite energia antropica
(mestolo) (in accordo con le limitazione del protocollo di Kyoto)
Gorgogliatore
1 Radio
•
•
•
Zsòkér (zucchero)
Aqua (acqua)
Malto preparato (comprensivo della
bustina di lieviti)
Procedura
Ci si ritrova tra amici con grande euforia e
gioia di bere.
Accendiamo la radio con la musica che preferiamo.
Il secondo passo consiste nella
pulizia dei materiali: laviamo con
cura ed acqua calda il Tino.
Quindi sterilizziamo tutti gli
strumenti e le apparecchiature
con una soluzione di Potassio
Bisolfito, solitamente in dotazione con il kit.
Si scalda la confezione di Malto
in una pentola a bagnomaria 10
minuti e contemporaneamente
(nello stesso lasso di tempo) mettiamo a
scaldare altra acqua (2-3 litri). Quindi
aprire la confezione e la versate nell’acqua
calda (avendo cura di recuperare tutta la
massa del malto attraverso alcuni lavaggi
con acqua bollente). Se necessario, ed in
quantità stabilite dal produttore del malto,
versiamo lo zucchero. Quindi mescoliamo
sforzandoci e pazientando fino ad ottenere
il completo discioglimento dei componenti solidi dispersi nella massa fluida
(sciogliamo tutto lo zucchero).
E’ possibile schiarire le birre e
“limpidizzarle” riscaldando e mantenendo
ad ebollizione per alcuni minuti la miscela.
Versiamo nel fermentatore una parte d'acqua fredda (circa 5 litri), di seguito il mosto raffreddato ed infine si completerà il
riempimento con acqua fredda (per la
quantità necessaria consultare la guida alle
qualità). Cerchiamo in ogni caso di raggiungere la temperatura ideale (18-28 °C)
di lavoro dei lieviti. (vedi esame di biochimica).
Aggiungere il lievito contenuto nella bu-
stina (yeast) e mescolare energicamente
per circa 30 secondi. E’ possibile attivare i
lieviti, assicurando così l’avvio della fermentazione, ed ignorando Kasswalder che
continua a correggere la nostra grammatica, versando il contenuto della busta in
una tazza assieme ad acqua in quantità qb.
e zucchero qb. (naturalmente a temperatura qb.).
Chiudiamo il fermentatore ed
installiamo sulla sua sommità il
Gorgogliatore. Apriamo una
parentesi: se disponete di un
qualsiasi kit acquistato appositamente per la produzione del succo d’orzo in casa, allora questa
ipertecnologica strumentazione
sarà già compresa. Altrimenti è
necessario che costruiate una
valvola ad acqua (sifone del
cesso) atta alla separazione
dell’atmosfera esterna da quella interna.
Dopo alcune ore iniziarà il gorgogliamento a conferma che la fermentazione è attiva. Il processo fermentativo si completerà
in circa 10 giorni nel caso in cui la temperatura del mosto sia stata mantenuta sui
22°C. A temperature superiori la fermentazione sarà più veloce. Oltre i 28 il sapore
della birra potrebbe divenire amaro.
Ora lasciate riposare il nettare per almeno
10-15 giorni. Dato che non abbiamo ulteriore spazio vi diremo come imbottigliare,
maturare, conservare e degustare la vostra
birra sul prossima numero.
Prost (salute)
A&B
Maggiori
informazioni
ed acquisti
http://www.mr-malt.it
http://www.pinta.it
Pagina 7
Discese
Pindariche
giaccio ansimante sul prato
innevato,
uno sguardo al cielo sereno
godo,
nubi solleticate dalle cime...
orlo del bosco,
è uno stupendo mattino
ed è gelido,
rimango immobile un poco,
resiste alcuni istanti il sogno,
attimi prima che mi rialzi dal
terrificante volo effettuato,
odo il frantumarsi del coccige.
L’oasi che dice
Era per te…
Nota introduttiva di redazione: non so in quanti di voi ricordano che circa un mesetto fa, nel
periodo di San Valentino, la Facoltà venne sommersa per qualche giorno da una serie di Post-It
infarciti di frasi d’amore. Erano dappertutto, sui motorini, sulla macchinetta del caffè, e destarono grande curiosità. Il misterioso autore si è fatto vivo ed ha spedito questa poesia alla redazione… Ovviamente senza far sapere il suo nome. Se qualcuno di voi avesse dei sospetti sul
romantico autore di queste rime e di quei biglietti è pregato di collaborare con le autorità
dell’Oasi per facilitarne l’identificazione.
Era per te, non l’avevi capito?
Tutti si chiedevano chi mai tanto avesse ardito,
e vedevo negli occhi di tutti i ragazzi
una sola domanda che li faceva diventare pazzi.
“Chi mai sarà il folle innamorato,
che così tanti biglietti d’amore ha attaccato?”
Molti pensano di aver visto la mano del tuo adoratore
ma non sospettano che poteva essere semplicemente un latore.
Nessuno sinora l’è riuscito ad indovinare
e io solo a te nell’orecchio lo vorrei sussurrare.
Vorrei che un solo soffio possa giungere a te
e bastare a farti capire quanto io vorrei che tu fossi con me.
Perché poi lo puoi immaginare anche tu
che il nostro amore amore non sarà più
se tutti sapranno chi io sono
e l’amore mio a chi lo dono.
Perché alcune cose possono germogliare
solo se alcune persone non facciamo allarmare.
E quindi io ci immagino come due dolci libellule
leggere nell’aria volare
e senza far rumore il nostro amore scambiare.
Oh amore amore,
gioia del mio cuore.
Oh tesoro tesoro,
zucchero a velo del mio pandoro.
Oh fiorellino fiorellino,
del mio orecchio l’orecchino.
Oh piccolina piccolina,
sfiora il mio viso con la tua manina.
Oh cucciolotto cucciolotto,
dammi i numeri giusti per vincere al lotto.
Oh luce dei miei occhi,
ridi anche tu di tutti questi allocchi..
Pagina 8
L’oasi che dice
hÇ ÑÉÅxÜ|zz|É vÉÅx àtÇà|
Dopo aver (cercato) di leggere nel numero
scorso un articolo dove si narrava uno scorcio di vita quotidiana bolognese, i miei
ricordi sono volati, là lontano dove ormai 3
anni fa sono partito per venire qui nella
città delle Due Torri. Ma procediamo con
calma e ordine. Inizialmente una doverosa
premessa:
ogni riferimento a persone, animali, o cose
citate in questo testo non è affatto casuale.
Accadimenti e circostanze sono frutto del
biecostrampalato viver cittadino, prendetevela con Lui!
In un pomeriggio come tanti persi nella
nebbia dei miei ricordi, rivedo come se
fosse ora una storia che mi sembra giusto
raccontavi così che poi voi la possiate raccontare ai vostri amici ed in un futuro ai
vostri figli e nipoti e così loro alla propria
pargole e così via sino a che l’uomo non
perda la facoltà di parlare.
È il dodicesimo rintocco del campanile del
centro del mio povero e isolato paesino, i
contadini nelle campagne appoggiano a
terra le zappe e si asciugano il sudore con
le maniche, prima di tornare verso il casolare dove li aspetta un povero pasto a base
di polenta e frutti della
terra; nella piazza del centro (cfr fotografia qui di
fianco) inizia a farsi un
considerevole via vai;
quando un carro trainato da
due possenti pecore e manovrato da una giovane ed
acida zitella perde un perno
della ruota e rimane bloccato in mezzo alla via impedendo ai Popolani affamati
di raggiungere le proprie
tavole imbandite.
Io sono lì sotto l’arco del campanile ed
osservo la scena immobile i compagnia di
Mr Village ( un caro amico datosi alla
macchia qualche tempo addietro) ed accendo il mio sigaro per pregustarmi la scena.
Il carro che precede la signora in difficoltà
è del tIpo extra-lusso trainato da due favolosi destrieri neri. Il conducente, un corpulento uomo sulla quarantina, impugna la
sua frusta ed inizia a farla schioccare per
indurre la povera sventurata a liberare il
passaggio e così anche tutti gli altri conducenti dei veicoli bloccati iniziano a fare
altrettanto, gli animali innervositi al trambusto che in pochi secondi si è formato
iniziano a nitrire e guaire e la piazza si
trasforma in un coro disordinato di rumore
incontrollato. Alcuni conducenti, mossi più
dalla fame che altro, abbandonano il proprio carro per soccorrere il veicolo in panne. Giunti il sul luogo si accorgono la persona più adatta a fare questo tipo di lavoro
è il maniscalco, quindi il
più basso dei tre estrae
dalla tasca della sua camicia, un cellulare e compone a velocità supersonica
il numero del più bravo
maniscalco del mondo
conosciuto. Il telefono
squilla più e più volte, ma
nessuno risponde. Il conducente biondo ( che poi a
guardarci bene è anche il
più basso) suggerisce quindi agli altri di
spostare il carro ed di andare a pranzo. E
così fanno. Ora il carro, le due possenti
pecore e la donna ormai in lacrime si trovano ad un lato della strada a pochi passi da
me e Mr Village decidiamo così di aiutare
la signorina in difficoltà, ma (colpo di scena) non facciamo in tempo ad fare neanche
un passo che, quattro giovanotti mascherati, vestiti tutti di nero con
un mantello di seta di un
color verde sgargiante, in
sella ai loro magnifici stalloni maculati, attraversano
a tutta velocità la piazza (
sinceramente non so come
facciano ad essere ancora
vivi) ed circondano il mezzo incidentato.
I Quattro Eroi, lasciano i
cavalli lì, soli senza nessuno che li guardi con tutti i
carri che sfrecciano a pochi
centimetri da loro, e vanno a sincerarsi
delle condizioni di salute della donna e del
carro. Io ed il mio carissimo amico intanto
ci siamo avvicinati ai cavalli.
Nel mentre che il più tozzo dei prodi cavalieri estrae un bellissima mazza in adamantino, io e Mr prendiamo per le briglie due
cavalli a testa per proteggerli dai cocchieri
infervorati dai morsi della fame.
I quattro Paladini, nel frattempo, hanno
impugnato contemporaneamente la mazza
ed hanno assestato un energico colpo al
perno della ruota riparando il carro. Io ed il
mio fido alleato ci scambiamo un’occhiata
intensissima per una frazione di secondo,
Date il vostro contributo!! Scriveteci!!
[email protected]
www2.fci.unibo.it/oasi
poi contemporaneamente spicchiamo un
salto ed infiliamo i piedi nelle staffe dei
due cavalli che ci stanno fianco ( un piede
per cavallo così da poter andarcene con
tutti e quattro) e li sproniamo un ruggito
sommesso ed un colpo di briglie. I quattro
samaritani si girano verso di noi intimandoci di fermarci ma noi ormai viaggiamo sulle ali
del vento. Due cavalieri
tentano un disperato inseguimento in groppa alle
pecore ma il traffico cittadino all’ora di pranzo ci
ha coperto la fuga e noi
siamo arrivati a casa sani
e salvi.
La polenta era già fredda,
ma ne è valsa la pena.
Fine, basta, the end.
Morale idiota del racconto intelligente: se
ti trovi in difficoltà stai calmo prima o poi
ti troverai messo peggio.
Morale intelligente del racconto idiota:
tutto il mondo è paese.
Devo chiedere scusa a tutti Voi, cari lettori, che siete stati tanto impavidi da riuscire
ad arrivare sino a questo punto,innanzitutto
perché vi avevo detto che era finita ed
invece sono ancora qui che scrivo ( cioè
non in questo momento in cui voi state
leggendo l’articolo, ndr), poi perché vi ho
scritto la morale. Sì, è stata una tentazione
troppo forte, ma lo so che è intrinseco nel
significato di Morale che essa sia propria di
chi si accinge a riflettere su questa storia
perciò mi sembra corretto concludere con
l’ultima morale:
Morale personale: quella che più prediligete tra tutte quelle che vi sono passate per
la mente leggendo questo articolo, ma mi
raccomando considerate anche le più sfuggenti che a volte sono le più sagge.
La Spada di rogaZ
L’oasi che dice
Periodico dell’associazione
Oasi Felice
Direttore responsabile
Kaswalder Francesco
Redattori
Ranuzzi Fabrizio
Castelli Alessandro
Mauriello Francesco