Il distacco
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Il distacco
Roma lì 26/09/2005 Commissione dei principi interpretativi delle leggi in materia di lavoro PRINCIPIO N. 7 “Il distacco” L’art.30 del Dlgs n. 276/2003 ha disciplinato una prassi oramai diffusa e consolidata riguardo ad un istituto finora poco considerato dal legislatore, se non nel settore del pubblico impiego. La disciplina del distacco accoglie gli orientamenti dottrinali e i principi giurisprudenziali che in passato hanno regolamentato la materia. Il distacco si configura "quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa". Il distacco è quindi qualificato come un esercizio normale e non fraudolento del potere direttivo, proprio in funzione della sussistenza di un interesse oggettivo dell’imprenditore. Dal che deriva, un fondato interesse del datore di lavoro di trarre utilità dal distacco, profondamente diversa da quella riferita ad una mera somministrazione di manodopera. Tale lettura della norma, peraltro, è conforme alla circolare del Ministero del lavoro n. 3/2004, secondo la quale "l'art. 30 del Dlgs n. 276/2003 ne consente una interpretazione piuttosto ampia, tale che il distacco può essere legittimato da qualsiasi interesse produttivo del distaccante che non coincida con quello alla mera somministrazione di lavoro altrui" . Seppure l’operatività dell’istituto del distacco si colloca in un contesto normativo di abrogazione della legge 1369/60 (divieto d’interposizione di mano d’opera), la stessa viene ulteriormente confermata e rafforzata attraverso l’introduzione di un robusto apparato sanzionatorio riguardo alla somministrazione irregolare e alla somministrazione fraudolenta di lavoro altrui. Ciò conferma che l'intervento del legislatore in materia di distacco persegue la chiara finalità di modernizzare ed adeguare il rapporto di lavoro all’evoluzione del mercato, caratterizzato da sempre più frequenti fenomeni di outsourcing, con conseguenti auspicabili vantaggi riguardo alla competitività delle imprese italiane e, conseguentemente, anche sul piano occupazionale. Alfio Catalano (Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine Consulenti del lavoro) Giuseppe D’Angelo (Presidente vicario Fondazione Studi Consiglio nazionale dell’Ordine Consulenti del lavoro) 1. La disciplina giuridica L’istituto del distacco è disciplinato dall’articolo 30 del decreto legislativo n. 276/2003 (d’ora in poi decreto) entrato in vigore dal 24 ottobre 2003. Il provvedimento ha subito alcune modifiche ad opera del decreto legislativo n. 251/2004 con effetto dal 26 ottobre 2004. Prima di tale regolamentazione, nell’impiego privato vi era una carenza di disciplina legale sul distacco, salva l’ipotesi speciale prevista dall’articolo 8, comma 3, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, in materia di licenziamenti collettivi (su cui v. infra). Ipotesi differente e più ampia del distacco in senso proprio è invece quella relativa alla tutela dei lavoratori stranieri operanti in Italia in regime di distacco, disciplinata dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72 (ipotesi che non verrà quindi presa in esame nel presente lavoro). In mancanza di base normativa vi era però un’elaborazione giurisprudenziale consolidata che aveva individuato il distacco come situazione di dissociazione lecita tra il datore di lavoro e il soggetto che beneficia della prestazione, tale da escludere l’operatività del divieto di intermediazione nelle prestazioni di lavoro (allora contenuto nella legge n. 1369 del 1960, ed attualmente previsto dal decreto, con analogo apparato sanzionatorio). In particolare, sinora la legittimità dell’istituto in esame è stata condizionata dalla sussistenza di due requisiti, enucleati dalla giurisprudenza, e cioè l’interesse organizzativo e produttivo del datore di lavoro e la temporaneità del distacco (cfr. Cass. 18 agosto 2004, n. 16165; Cass. 7 giugno 2000, n. 7743; Cass. 15 giugno 1992, n. 7328; Cass. 13 aprile 1989, n. 1751; Cass. 22 febbraio 1982, n. 1263). Tuttavia, nell’applicazione pratica la temporaneità del distacco finiva per essere un requisito sostanzialmente coincidente con l’interesse organizzativo del distaccante, poiché la giurisprudenza considera sussistente l’elemento della temporaneità sin quando permane il requisito dell’interesse organizzativo (Cass. 2 settembre 2004, n. 17748). Su queste basi, la stessa giurisprudenza considera legittimi anche rapporti di lavoro che si costituiscono e cessano in permanente situazione di distacco (Cass. 15 giugno 1992, n. 7328; Cass. 13 aprile 1989, n. 1751). L’inquadramento giuridico del distacco da parte della giurisprudenza si basa sull’applicazione dell’articolo 2104 c.c. (Cass. 8 agosto 1987, n. 6814; Cass. 12 novembre 1984, n. 5708; Cass. 23 maggio 1984, n. 3159). Il distacco viene quindi qualificato come un esercizio normale e non fraudolento del potere direttivo, proprio in funzione della sussistenza di un interesse oggettivo dell’imprenditore. In base a tale impostazione, il requisito essenziale è che vi sia uno specifico interesse imprenditoriale tale da consentire “di qualificare il distacco quale atto organizzativo dell’impresa che lo dispone, così determinando una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa ed il conseguente carattere non definitivo del distacco stesso” (Cass. 7 giugno 2000, n. 7743; Cass. 18 agosto 2004, n. 16165). 2 Come conseguenza di questa impostazione teorica basata sull’art. 2104 c.c., la giurisprudenza di regola non ha considerato necessario il consenso del lavoratore interessato ai fini della legittimità del distacco. Il legislatore ha recepito le caratteristiche tradizionali dell’istituto, regolandone alcuni aspetti. In base all’art. 30 del decreto si ha distacco “quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”. L’interesse del distaccante è un interesse oggettivo che rileva sul piano dell’organizzazione produttiva del datore di lavoro, mentre non giustifica il distacco un interesse meramente patrimoniale di questo. La riconduzione dell’istituto all’esercizio del potere direttivo (art.2104 c.c.) comporta che il potere sia esercitato dal datore di lavoro come titolare di un’organizzazione aziendale, in funzione quindi non di un interesse soggettivo ma, appunto, organizzativo dell’impresa. Il requisito della temporaneità è in ogni modo subordinato alla sussistenza dell’interesse del datore di lavoro distaccante, poiché fin quando vi è l’interesse il distacco è considerato legittimo; la temporaneità non indica quindi il fatto che il distacco debba essere di breve durata ma che esso non può avere sin dall’inizio il carattere della definitività. Tuttavia l’espressa questione legislativa della temporaneità – come presupposto di legittimità dell’istituto, distinto ed autonomo rispetto a quello dell’interesse del distaccante – potrebbe dare spunto ad un orientamento giurisprudenziale più rigoroso. L’art. 30 del decreto ha introdotto dei limiti all’istituto del distacco. In primo luogo, infatti, “il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato” (art. 30, comma 3). L’espressione “mutamento di mansioni” è così ampia da comprendere ogni caso di mutamento dei compiti del lavoratore; purché si tratti, ovviamente, di un mutamento non meramente marginale, ma tale da incidere sulla sostanza delle mansioni stesse. E’ appena il caso di precisare che si deve trattare in ogni caso di mansioni almeno equivalenti e non inferiori rispetto a quelle svolte dal lavoratore presso il distaccante, poiché l’art. 30 del decreto non introduce alcuna deroga rispetto alla regola prevista dall’art.2103 CC. Tale requisito di consensualità del distacco modifica in modo radicale la posizione giurisprudenziale tradizionale, che inquadra l’istituto come esercizio del potere direttivo. Peraltro, tale ipotesi non sembra affatto marginale nella prassi, poiché il cambiamento della struttura produttiva determina sovente un mutamento, anche solo parziale (ma sostanziale), delle mansioni del lavoratore distaccato. Inoltre, si deve ritenere che anche dopo il provvedimento di distacco e durante l’esecuzione della prestazione presso il terzo distaccatario, qualora vi sia un successivo mutamento di mansioni il lavoratore 3 distaccato conservi il diritto di manifestare il proprio dissenso e di fare ritorno presso il datore di lavoro distaccante. In secondo luogo, è previsto che quando il distacco “comporti un trasferimento a una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito”, il distacco stesso “può avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive”. Non è stata quindi utilizzata la formula dell’articolo 2103 c.c. in materia di trasferimento del lavoratore (cioè le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”), ma la formula dell’articolo 1, decreto legislativo n. 368 del 2001, in materia di contratto a termine (e cioè le “ragioni tecniche, organizzative, produttive, sostitutive”). Anche in questo caso, se successivamente al distacco la distanza tra l’unità produttiva cui il lavoratore era adibito in origine e quella di destinazione diviene superiore ai 50 chilometri – ad esempio per un provvedimento di carattere non meramente temporaneo del distaccatario – si deve ritenere necessaria la sussistenza delle ragioni “tecniche, organizzative, produttive o sostitutive” cui fa riferimento l’art. 30 del decreto. E poiché tali ragioni costituiscono un presupposto di legittimità del distacco, l’eventuale mancanza di esse consentirebbe al lavoratore distaccato di rifiutare lo spostamento presso la sede più lontana del soggetto distaccatario. Peraltro, tali ragioni oggettive devono intendersi diverse da quelle che giustificano il distacco, perché altrimenti la previsione legislativa in esame risulterebbe pleonastica e, in ultima analisi, del tutto priva di senso. Non è però agevole immaginare la sussistenza di ragioni imprenditoriali ulteriori e diverse, rispetto a quelle che già sono necessarie per consentire il distacco: cioè esigenze ulteriori rispetto a quell’interesse oggettivo alla effettuazione delle prestazioni lavorative presso il terzo, che già è posto a base della legittimità del distacco. Si tratta dunque di un requisito che rischia di irrigidire ulteriormente l’istituto, limitandone l’applicazione nei casi in cui l’impresa di destinazione è collocata oltre i cinquanta chilometri dall’impresa distaccante. Appare poi difficile che la scelta del distacco possa essere giustificata da esigenze “sostitutive” del distaccante, il quale nel distacco (non acquisisce, ma) si priva del lavoratore interessato. A meno che il legislatore non abbia voluto far riferimento ad esigenze (sostitutive) proprie del soggetto distaccatario, dando così rilievo non alla situazione del datore di lavoro distaccante ma a quella dell’impresa che riceve il lavoratore; si tratterebbe, in tal caso, di una singolarità rispetto alla natura dell’istituto, la cui legittimità si fonda – come detto – sull’esercizio del potere di cui all’articolo 2104 c.c. da parte del datore di lavoro. Infine, è ammesso che il datore di lavoro distaccante si avvalga dell’istituto del distacco in modo parziale, richiedendo al lavoratore una prestazione presso la distaccataria solo per alcune ore della giornata di lavoro, ovvero per alcuni giorni della settimana. 4 2. Regime sanzionatorio L’impianto sanzionatorio in materia di distacco è costituita da due norme che trovano applicazione qualora venga riscontrato che l’operazione di distacco sia stata posta in essere priva requisiti legali: ossia, l’interesse del datore di lavoro distaccante e la temporaneità del distacco. Una prima disposizione, contenuta nel comma 5-bis, dell’articolo 18, del decreto, dispone che “Nei casi di… distacco privo dei requisiti di cui all’articolo 30, comma 1, l’utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena della ammenda di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Se vi è sfruttamento dei minori, la pena è dell'arresto fino a diciotto mesi e l'ammenda è aumentata fino al sestuplo”. Una seconda disposizione, di cui al comma 4-bis dell’articolo 30, del decreto dispone quanto segue:“ Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell’articolo 27, comma 2.” Con riferimento alla previsione di cui al comma 5-bis, va osservato che i destinatari della sanzione sono sia “l’utilizzatore” sia il “somministratore”. Si tratta degli stessi soggetti del contratto di somministrazione di lavoro (cfr. art. 20, comma 1 del decreto) con la conseguenza, dunque, che in caso di distacco illecito, trova applicazione l’analoga previsione sanzionatoria prevista per la somministrazione irregolare. Con riferimento al provvedimento sanzionatorio in argomento può trovare applicazione l’istituto della prescrizione obbligatoria ex articolo 15 del D.Lgs 124/2004. Il comma 5-bis dell’articolo 18 del decreto, prevede anche una sanzione penale che può essere applicata quando sono coinvolti dei minori. Si prevede l’arresto fino a 18 mesi e la pena pecuniaria, si inasprisce ulteriormente sino ad arrivare a 300 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro. In questo caso, non essendo prevista l’alternatività tra le due sanzioni (arresto e ammenda) non può trovare applicazione il citato istituto della prescrizione obbligatoria. Per quanto riguarda la sanzione prevista dal comma 4-bis dell’articolo 30 del decreto si tratta di una norma di garanzia per il lavoratore distaccato consentendogli di rivendicare, in caso di distacco illegittimo, la costituzione di un rapporto di lavoro presso l’utilizzatore della prestazione. Il distaccato, dunque, laddove individui un interesse di maggiore tutela nel soggetto cui ha reso la prestazione, ha facoltà di presentare un ricorso, ai sensi dell’articolo 414 c.p.c., tendente ad ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato in forza a quest’ultimo. E’ escluso il litisconsorzio necessario del distaccante, con la impropria formula per cui il ricorso del lavoratore può essere notificato anche solamente all’utilizzatore. Si tratta di un ricorso al giudice del lavoro che avviene secondo i 5 parametri definiti dal codice di procedura civile e come tale deve essere preceduto dal tentativo di conciliazione obbligatoria di cui agli articolo 410 e 411 dello stesso c.p.c. da espletarsi avanti alla commissione istituita presso la DPL. Configurandosi tale situazione, la norma rimanda al secondo comma dell’articolo 27 del decreto, in ragione del quale tutti i pagamenti (retribuzioni, contributi) eseguiti dallo pseudo distaccante possono essere utilizzati per coprire tutto o parte del debito che il distaccatario ha nei confronti del distaccato o degli enti previdenziali. Va sottolineato che la disposizione sul piano letterale fa riferimento esclusivamente ai pagamenti eseguiti a “titolo retributivo o di contribuzione previdenziale”, omettendo il riferimento ai premi assicurativi. Questo potrebbe far nascere un problema per la compensabilità, nell’ eventualità in cui il distaccatario voglia utilizzare anche il premio per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, pagato dal distaccante. Tuttavia, tenuto conto della ratio della disposizione si ritiene che la locuzione utilizzata dal legislatore comprenda anche gli oneri versati dallo pseudo distaccante a titolo di premi assicurativi. 3. Gli obblighi del datore di lavoro Il secondo comma, dell’articolo 30 del decreto dispone che “in caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore”. Pertanto, anche dopo il distacco, il datore di lavoro distaccante è tenuto – in conformità ad un principio già affermato della giurisprudenza in relazione alla natura stessa dell’istituto – a corrispondere al lavoratore il trattamento retributivo spettante e ad adempiere agli obblighi inerenti il rapporto di lavoro previsti dalla legislazione vigente in tema di subordinazione. E’ possibile, tuttavia, che le aziende interessate al distacco stipulino un accordo affinché la distaccataria provveda al rimborso di tutti gli oneri (o parte di essi) inerenti il rapporto di lavoro sostenuti dalla distaccante. 3.1 La forma dell’accordo La norma non individua la forma scritta come un elemento essenziale per il distacco del lavoratore, tuttavia, essa appare opportuna anche in relazione alla nuova disciplina introdotta dalla legge. Con la comunicazione il datore di lavoro distaccante informa il lavoratore sulla necessità di svolgere temporaneamente il lavoro presso una diversa unità produttiva e ne disciplina gli aspetti logisticoorganizzativi. Se il distacco comporta un trasferimento del lavoratore ad una unità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il datore di lavoro deve indicare le comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive. Tale ragioni devono essere descritte in modo puntuale. Nella comunicazione di distacco è opportuno indicare che il lavoratore svolge le medesime mansioni originariamente previste; nel caso di mutamento delle mansioni il datore di lavoro per poter 6 effettuare il distacco deve acquisire il preventivo consenso del lavoratore che potrà risultare dalla sottoscrizione della lettera di distacco per accettazione. La comunicazione, inoltre, deve contenere il periodo – determinato o determinabile – di durata del distacco. 3.2 Le comunicazioni agli enti Fatte salve le procedure connesse alla copertura assicurativa e all‘aspetto contributivo non sussiste alcun obbligo di comunicazione del distacco ai Centri per l’impiego. Per i lavoratori extra-comunitari va, tuttavia, informato lo Sportello Unico se operativo, ovvero in alternativa la Prefettura-UTG. 4. L’esercizio del potere direttivo A seguito del distacco del lavoratore il distaccatario può esercitare il potere direttivo relativo alle modalità di svolgimento della mansione. Spetta, invece, al datore di lavoro distaccante ogni atto che comporti la modificazione del contratto di lavoro, il potere di recesso e/o di modificazione del distacco del lavoratore. Di seguito ci si sofferma su alcuni istituti tipici del rapporto di lavoro per analizzare le peculiarità in caso di distacco. 4.1 Ferie e permessi La titolarità della gestione delle ferie resta in capo al datore di lavoro distaccante che ne deve garantire la fruizione nel rispetto della normativa vigente. Le ferie spettano al lavoratore nella misura e con le modalità previste dal contratto di lavoro applicato dal distaccante. Il lavoratore concorda con il datore di lavoro il periodo di fruizione delle ferie tenendo conto, se previsto, delle esigenze manifestate dal distaccatario. A prescindere dalla durata e dall’articolazione delle stesse, previste per i dipendenti del distaccatario, in ogni caso quest’ultimo non potrà opporsi alla fruizione delle ferie concordate, anche se non si armonizzano con la tempistica prevista in azienda. E’ ovvio tuttavia che l’ipotesi di un conflitto, sul punto, fra distaccante e distaccatario sarà del tutto eccezionale ed anomala. Analoghe considerazioni valgono, in linea di massima, anche per i permessi previsti dal contratto collettivo. Tuttavia si deve tenere presente che la fruibilità del permesso è più immediata e, a volte, non programmabile. Per questo nella pratica il permesso viene deciso direttamente con il distaccatario. In caso di disaccordo prevalgono le intese raggiunte tra il distaccante e il lavoratore distaccato. 7 4.2 Trasferta Il distaccatario ha la facoltà di disporre un eventuale invio in trasferta del lavoratore. Quest’ultimo, dunque, deve adeguarsi alle disposizioni impartire dal distaccatario ed eventuali inadempienze potrebbero comportare l’adozione di provvedimenti disciplinari. 4.3 Ulteriore distacco Il distaccatario non ha la possibilità di disporre un eventuale ulteriore distacco del lavoratore. In presenza di tale esigenza, spetta al datore di lavoro distaccante procedere con un nuovo distacco. 4.4 Potere disciplinare Il potere disciplinare può essere esercitato solo dal datore di lavoro distaccante. Tenuto conto delle caratteristiche del rapporto la distaccataria - nella corretta attuazione del rapporto obbligatorio con il distaccante - deve informare il datore di lavoro sulle motivazioni che possono determinare l’avvio di una procedura disciplinare. 4.5 Diritti sindacali In via generale, contrariamente a quanto previsto per la somministrazione di lavoro, il distaccato continua a godere dei propri diritti in esame con riferimento alla realtà organizzativa del distaccante. Ciò sul presupposto che il rapporto di lavoro intercorrente tra distaccante (datore di lavoro) e distaccato (lavoratore) non muta dopo il provvedimento di distacco. Tuttavia, questa generale previsione deve essere necessariamente esaminata alla luce della congenita dissociazione tra titolarità e utilizzo della prestazione. Si ritiene, pertanto, che un lavoratore distaccato possa esercitare il proprio diritto sindacale partecipando alle assemblee che si svolgono tra il personale del distaccante allorquando le stesse vertano su aspetti che afferiscono la sostanza contrattuale. Analogamente, il lavoratore può legittimamente partecipare a un’assemblea organizzata tra i lavoratori dell’impresa distaccataria, su questioni relative all’organizzazione del lavoro (esempio problematiche connesse alla sicurezza del luogo di lavoro). Ad ogni modo va sottolineato che il lavoratore distaccato, a seguito della sua particolare posizione lavorativa, non acquisisce automaticamente il diritto a partecipare, indiscriminatamente, a tutte le assemblee organizzate sia presso il distaccante, sia presso il distaccatario. Per quanto concerne lo sciopero, non possono invece configurarsi limiti di esercizio in relazione al distacco, non trovando tali limiti una base nell’art. 40 Cost. Pertanto sembra legittima l’astensione dal lavoro da parte del distaccato per aderire ad uno sciopero indetto dai lavoratori dell’azienda distaccante, quale ne sia la motivazione. 8 5. Il distacco a salvaguardia dei livelli occupazionali L’art. 30, comma 4 del decreto stabilisce che “Resta ferma la disciplina prevista dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236”. Tale norma prevede che “gli accordi sindacali, al fine di evitare le riduzioni di personale, possono regolare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra per una durata temporanea”. La disposizione si riferisce, evidentemente, a situazioni particolari in cui possono trovarsi imprese in crisi che hanno attivato le procedure di mobilità previste dalla legge 223/91. Va osservato che tale particolare disciplina prevede la sussistenza del requisito della “temporaneità” con riferimento al quale valgono le stesse considerazioni svolte nel presente lavoro. Per quanto riguarda, invece, il requisito “dell’interesse”, si precisa che lo stesso si presume esistente per valutazione tipica del legislatore espressa nella previsione in esame. Con riferimento alla disposizione in esame si sottolinea che con la modifica apportata dal D.L. n. 35/05 convertito in legge n. 80/2005 (cd. decreto sulla competitività), se la nuova sede di lavoro dista più di 100 chilometri dal luogo di residenza del lavoratore a quest’ultimo viene erogata una somma di denaro pari a una mensilità (dell’indennità di mobilità) per distacco superiore a 12 mesi, elevata a 3 mensilità nel caso in cui il distacco sia superiore a 18 mesi. Un apposito decreto dovrà definire le modalità attuative. E’ da ritenersi legittimo il distacco dei lavoratori quale procedura alternativa alla cassa integrazione per contrazione di attività produttiva atteso che, nell'ipotesi in esame, il distacco risponde al legittimo interesse di preservare il patrimonio professionale dell'impresa. 6. Obblighi assicurativi e previdenziali Il datore di lavoro distaccante è obbligato a tutti gli adempimenti connessi all’obbligo assicurativo e previdenziale del lavoratore distaccato previsti dall’INAIL e dagli enti previdenziali competenti. Per quanto attiene agli aspetti assicurativi, a seguito dell’operazione di distacco, il datore di lavoro deve verificare se la propria gestione tariffaria è coincidente con quella della distaccataria. Nell’ipotesi di coincidenza si possono verificare i seguenti casi: - la lavorazione da svolgere presso l'impresa distaccataria trova riferimento nella classificazione adottata per la distaccante: in questo caso il datore di lavoro non deve porre in essere alcun nuovo adempimento; - la lavorazione da svolgere presso l'impresa distaccataria non trova riferimento nella classificazione tariffaria applicata al distaccante: in questo caso il distaccante deve richiedere alla Sede una o più specifiche voci di tariffa analoghe ai riferimenti classificativi in vigore sulla Posizione Assicurativa Territoriale (PAT) del distaccatario. 9 Nel caso di distacco parziale la retribuzione va ripartita proporzionalmente fra le diverse voci di tariffa della PAT del distaccante, in ragione dell'incidenza delle singole lavorazioni sul complesso dell'attività lavorativa effettuata. Se la gestione tariffaria della distaccante è diversa da quella della distaccataria, il datore di lavoro distaccante deve aprire una specifica posizione assicurativa territoriale con le caratteristiche di inquadramento previste dalla distaccataria. Per quanto riguarda gli adempimenti previdenziali non si registrano particolari comportamenti da adottare da parte del datore di lavoro distaccante e dell’azienda distaccataria. Rimane, infatti, in capo al primo ogni obbligo nei confronti degli enti previdenziali connesso al rapporto di lavoro distaccato. 6.1 Denuncia d’infortunio Gli obblighi del lavoratore di comunicazione tempestiva dell’avvenuto infortunio (mediante la consegna del certificato medico) possono essere assolto nei confronti sia del distaccante sia del distaccatario. Qualora il lavoratore dovesse consegnare la certificazione all’azienda distaccataria, sarà quest’ultima obbligata a trasmettere con immediatezza alla distaccante le informazioni e la documentazione ricevuta dal lavoratore in relazione all’evento. E’ ammessa la possibilità che le aziende interessate al distacco stipulino accordi per regolamentare le procedure di trasmissione della documentazione. Ad ogni modo il termine di 2 giorni per l'invio della denuncia di infortunio da parte del datore di lavoro distaccante decorre dalla data in cui quest’ultimo riceve il certificato medico e non da quella in cui il certificato è stato presentato alla distaccataria. 7. Modalità di rimborso degli oneri sostenuti dall’appaltante e risvolti fiscali L'art. 8, comma 35, della legge n. 67/1988 stabilisce che “Non sono da intendere rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali e' versato solo il rimborso del relativo costo”. Per poter fruire della disposizione di esenzione è necessario il rispetto di alcune condizioni. In primo luogo e' necessario che il personale utilizzato sia legato da rapporto di lavoro dipendente con l'impresa fornitrice (o distaccante). L'attività lavorativa del dipendente, poi, deve essere organizzata da chi riceve la prestazione, nell'ambito della propria struttura. In secondo luogo è necessario che l’accordo delle aziende interessate sia quello esclusivamente del prestito o il distacco del personale. Al contrario costituisce imponibile Iva il rimborso degli oneri sostenuti dalla distaccante in forza ad un accordo sottoscritto con la distaccataria che preveda, oltre al distacco del lavoratore anche la fornitura di macchinari o servizi. 10 L’esenzione Iva delle spese sostenute dalla distaccante è ammessa solo nel caso in cui il rimborso riguardi l’intero costo del personale distaccato (retribuzione, oneri previdenziali e contrattuali) talchè, se le somme rimborsate sono superiori o inferiori a tale costo, l'intero importo e' imponibile ai fini Iva. Come già affermato in precedenza, il secondo comma, dell’articolo 30 del decreto dispone che “in caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore”. Spetta, pertanto, al datore di lavoro distaccante effettuare le ritenute Irpef sulle retribuzioni corrisposte al lavoratore ai sensi dell’art.23 del DPR n. 600/1973 e ad adempiere agli obblighi di certificazione e di dichiarazione previsti dalla normativa vigente. Tali obblighi permangono in capo al datore di lavoro distaccante anche nel caso di cui venisse sottoscritto con l’impresa distaccataria un accordo avente ad oggetto il rimborso da parte di quest’ultima delle spese sostenute dalla distaccante. Il coordinatore della Commissione Enzo De Fusco Il Presidente vicario della Fondazione Studi Giuseppe D’Angelo I contenuti del presente documento sono stati elaborati con l’unanimità dei componenti della Commissione 11