L`ADULTERIO, LA VITA FAMILIARE COMPROMESSA E I DANNI
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L`ADULTERIO, LA VITA FAMILIARE COMPROMESSA E I DANNI
L’ADULTERIO, LA VITA FAMILIARE COMPROMESSA E I DANNI NON PATRIMONIALI TRIBUNALE VENEZIA, 3 luglio 2006 – SIMONE Giudice Unico – V. D. (avv. Cornelio), D.B. e V. S. (avv. Battaglini), V.S. e V.M. (avv. Cornelio) 1. La questione. Scoperta della relazione extraconiugale e l’aggressione alla moglie: quali danni? Tre sorelle procedono in macchina verso la fermata di un autobus di linea. Durante la corsa, una di queste nota in un piazzale l’autovettura del proprio marito, e vicino ad essa un uomo e una donna in atteggiamenti confidenziali. Scende, quindi, dall’autovettura per verificare cosa stia succedendo. Si trova dinanzi il proprio coniuge e una donna. Dopo aver chiesto invano chiarimenti, lo invita ad andarsene di casa. In quel momento scatta la folle reazione del marito, che la solleva letteralmente da terra, prendendola per il collo e cagionandole un principio di strangolamento. Si evita il peggio per l’intervento tempestivo – in suo soccorso - di una delle due sorelle che nel frattempo aveva assistito alla scena dalla propria autovettura, la quale riesce a fargli lasciare la presa, aiutando la sventurata a scappare. La paradossalità della vicenda non si esaurisce qui, in quanto a tale follia si aggiunge quella dell’amante del marito, la quale si scaglia contro la moglie, la spintona a terra, prendendola anche per i capelli. Finalmente, l’intervento di un terzo passante riesce a placare gli animi, e di prestare soccorso alla donna aggredita. Dalle prime visite al Pronto Soccorso, viene diagnosticato alla vittima un «eritema al collo con contusione cervicale e riferito dolore al cuoio capelluto da strappo». Dalla successiva visita specialistica risultano a carico dell’offesa trauma contusivo cervicale, cefalea, vertigini, e vengono prescritti trenta giorni di riposo e di cure. Durante tale periodo la donna – come ovvio- è costretta a rimanere assente dal lavoro. Il profondo senso di prostrazione causatole da quanto accaduto, la porta poi, a dover ricorrere all’aiuto di uno psicoterapeuta per superare quelle ansie, quei timori relazionali, quei disturbi derivanti dal mutato assetto familiare creatosi (la separazione consensuale è l’epilogo dell’ unione coniugale). Oltre al danno, la beffa, visto che la stessa – come se non bastasse – è destinataria pure di una querela da parte dell’altra donna (querela poi rimessa). Il giudice veneziano riconosce a carico dei due aggressori (in via solidale per un parte e in via personale per l’altra), una somma di Euro 31.327,00, da corrispondere, in favore dell’istante, a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali e patrimoniali. 2. Le differenti tipologie di danni non patrimoniali: i termini della questione risarcitoria. Nella pronuncia in esame (consultabile per esteso al sito www.personaedanno.it/famiglia, relazioni affettive, separazione e divorzio), l’attenzione dell’interprete è sollecitata dalla delicatezza della vicenda (sfera familiare), dalla risposta risarcitoria da accordare in presenza di conseguenze negative causate da condotte offensive, dall’individuazione delle voci di danno non patrimoniale risarcibile (esistenziale, biologico e morale) e dalla loro quantificazione. Come noto, l’ espressione «danno non patrimoniale», un tempo identificativa del mero danno morale soggettivo, oggi in grado di racchiudere «ulteriori» danni, slegati dal reato quale presupposto indefettibile, ha costituito terreno di accesi dibattiti. In tale ottica, gli orientamenti che hanno rotto il legame, ormai anacronistico, con l’art. 185 c.p., hanno consentito di delineare un nuovo sistema risarcitorio, più aderente al rinvigorito peso assunto dalla persona umana nel nostro ordinamento giuridico (Cass. 12 giugno 2006, n. 13546, in Guida al dir., 2006, 30, 48, con nota di CENDON e ROSSI; Cass., Sez. Un., 24 marzo 2006, n. 6572, in Resp. Civ. e Prev., 2006, 6, 1051, con nota di BILOTTA; Cass. 4 ottobre 2005, n. 19354, in Dir. e giust., 2005, 40, 43, con nota di DI MARZIO; Cass., 19 agosto 2003, n. 12124, in Giur. It., 2004, 1129, nota di BONA; Corte Cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Giur. It., 2003, 1777, con nota di CENDON, ZIVIZ; Cass., 31 maggio 2003, nn. 8827 e 8828, in Foro It., 2003, I, 22272, con nota di NAVARRETTA; Cass., 12 maggio 2003, n. 7281, 7282 e 7283, Resp. Civ. e Prev., 2003, 675, con nota di ZIVIZ, di BARGELLI). È stato così possibile affiancare all’interiorità lesa, il danno da lesione dell’integrità fisio-psichica della persona (in rilievo è il bene «salute», quale diritto inviolabile della persona e interesse della collettività), nonché il danno alla sfera esistenziale e realizzativa, propria della quotidianità di ogni individuo (pregiudizi al fare areddituale, scelte forzate, agere condizionato). Occorre rilevare, peraltro, che l’ esatta cognizione del rilievo assunto da ogni singola voce di danno non sempre è emersa in modo esemplare dai pronunciamenti degli interpreti. Va, però, sottolineato come l’indiscussa utilità che soprattutto la categoria del danno esistenziale ha assunto ai fini della compiutezza di ogni discorso risarcitorio, è elemento cardine per ogni adeguato approccio alla materia della responsabilità civile. Ciascuna delle tre voci di danno non patrimoniale va, peraltro, individuata, allegata, provata e tradotta in termini economici. La Suprema Corte, in particolare, consapevole della peculiare posizione assunta dal danno esistenziale, ne ha consacrato - in modo pressochè definitivo - la presenza nel panorama risarcitorio (Cass. sentenze nn. 13546/06 e 6572/06). Quello della quantificazione di tale posta di danno resta, oggi, il profilo sul quale maggiormente soffermarsi. Posti – per il danno biologico- l’accertamento medico-legale e i criteri tabellari, per il danno morale e per il danno esistenziale la liquidazione equitativo costituisce il criterio di riferimento. 3. Il giudice: alla moglie offesa spetta il risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale. La sentenza qui in commento rappresenta – senza alcun dubbio- una significativa espressione del possibile (ed ormai non più discusso) rapporto tra mondo della famiglia e sistema risarcitorio: i due ambiti - apparentemente e tradizionalmente così distanti - finiscono per confluire in una relazione significativa per il diritto. Il giudice, consapevole di ciò, verifica se tale binomio possa essere invocato in concreto, riscontrando, nella specie, la ricorrenza degli elementi integranti la fattispecie aquiliana, che ravvisa nel duplice disvalore di cui è ammantata l’aggressione posta in essere dal marito: non solo – leggiamo- “in quanto direttamente lesiva della sfera prico-fisica dell’attrice, ma anche perché del tutto inopinatamente posta in essere come reazione alla scoperta dell’infedeltà”. Così riscontrata l’illiceità della condotta coniugale (e di quella dell’amante), il tribunale procede alla valutazione delle varie voci di danno, ravvisando e liquidando, in primis, e sulla scorta della relazione peritale, la compromissione biologica temporanea. Riguardo al danno morale, quindi, la liquidazione viene compiuta mediante una stima equitativa, al di fuori, cioè, dei consueti parametri tabellari; il criterio tabellare– spiega la sentenzaconducendo a liquidare tale voce di danno in una percentuale del danno biologico, potrebbe adottarsi se si trattasse di fattispecie colposa, mentre, all’opposto, qui occorre valorizzare la natura riparatoria/ sanzionatoria del danno non patrimoniale (si vedano, in tal senso, Cass. 12 giugno 2006, n. 13546; Cass., 31 maggio 2003, n. 8827), onde adeguare la liquidazione alla specificità del caso concreto, ciò che denota la scrupolosa ricerca, da parte del giudice, di una risposta risarcitoria personalizzata e ritagliata sulla fattispecie, evitando simulacri e parvenze di risarcimento (Cass. 28 agosto 2003, n. 12613, in Guida al dir., 2003, 40, 46), e scevra, pertanto, da ogni sterile automatismo (Cass. 25 maggio 2004, n. 10035, in Danno e Resp., 2004, 11, 1065, con nota di RAMACCIONI; Cass. 16 maggio 2003, n. 7632, in Giur. It., 2004, 495, con nota di BONA). Soprattutto, il tribunale veneziano si sofferma sulla lesione arrecata dalla condotta del marito alla dignità della donna. Più in particolare, la portata lesiva viene ravvisata nella “modalità con cui l’attrice ha dovuto prendere atto del fallimento dell’unione” ovvero nell’ avere il marito “reagito in modo così gratuitamente lesivo alla scoperta fatta dalla moglie, peraltro nella flagranza della relazione extraconiugale”, tanto che la donna “si è trovata all’improvviso di fronte al baratro della sua unione, dovendo prendere atto che il D. preferiva a lei un’altra al punto da attentare alla sua salute”. Simile reazione del marito alla scoperta della propria infedeltà ha – si noti l’eloquente passaggio della motivazione – “totalmente azzerato nel volgere di pochi, ma drammaticamente intensi attimi il suo ruolo di madre e di moglie”: in ciò è, dunque, consistito il pregiudizio esistenziale che il giudice reputa di dover risarcire, con una quantificazione, anch’essa condotta in via equitativa, di diecimila euro. Poco più sopra, peraltro, il giudice aveva richiamato la recente valorizzazione della dignità dei coniugi, quale diritto inviolabile «la cui tutela non può subire discontinuità in funzione del soggetto autore dell’aggressione, ritenuta la piena sovrapponibilità fra i rimedi predisposti dal diritto di famiglia a presidio delle situazioni di crisi e quello della responsabilità civile» (Cass., 10 maggio 2005, n. 9801, in Corriere Giur., 2005, 7, 921, con nota di DE MARZO; in Giur. It., 2006, 4, 691, con nota di FRACCON, CARBONE). La grave lesione della dignità della donna, secondo il tribunale, si riscontra, dunque, nelle modalità con cui la stessa ha dovuto prendere atto del fallimentare epilogo della propria relazione coniugale: la sfacciata e flagrante complicità extraconiugale del marito con un’altra donna, senza il minimo rispetto della persona della moglie «al punto di attentate alla sua salute». Quanto all’ulteriore pregiudizio di tipo esistenziale da intendersi come attentato alle attività realizzatrici della persona umana, il giudice ne rileva, in primo luogo, la inconsistenza. Detto profilo di pregiudizio, infatti, consistito – nella prospettazione attorea- “nell’ avere visto travolto un progetto di vita matrimoniale, rimanendo da sola priva di assistenza morale e dovendo consolare un bambino di dieci anni, al quale aveva dovuto spiegare perché il padre fosse andato a vivere con un’altra donna” si traduce in una sofferenza psicologica che investe la sfera del danno morale soggettivo, e dunque non riguarda propriamente il danno esistenziale. Ma, soprattutto, ad ostacolare il riconoscimento di una risposta risarcitoria sotto tale profilo è – come acutamente puntualizza il giudice- la scarna allegazione attorea la quale non permette di verificare il preteso danno esistenziale. Una posizione di rigore, dunque, la quale si pone in linea con la chiara ed ormai indubbia considerazione del danno esistenziale quale danno-conseguenza, oggettivamente verificabile e, in quanto tale, da allegare e provare ai fini della riparazione [ALBERTO MASCIA]