schede libri 2014 - Comune di Rosignano Marittimo
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schede libri 2014 - Comune di Rosignano Marittimo
A vent'anni, appena sposata, Mariangela va ad abitare con il marito in un'elegante palazzina Liberty di via Eustachi a Milano. I vicini ammirano i suoi grandi occhi illuminati di gioia e la sua vitalità contagiosa, al punto che il nomignolo di "Magìa", che la accompagna da quando era bambina e non sapeva pronunciare il proprio nome per intero, sembra esserle stato cucito addosso dal destino. Eppure, nel tempo, gli stessi vicini la vedono spegnersi: quella ragazza allegra ed esuberante si trasforma in una donna nervosa e sfuggente. Tutti le vogliono bene, ma non possono aiutarla, perché hanno capito che il motivo della sua tristezza è il marito Paolo. Quattordici anni prima, sposandolo, Magìa aveva lasciato il suo paesino di montagna, stregata dalla promessa di una vita brillante, fatta di regali costosi e vacanze da sogno: una agiatezza che ha pagato a caro prezzo, perché Paolo è un uomo che confonde l'amore con il possesso, che maschera con l'aggressività le proprie insicurezze e riesce a essere geloso persino delle attenzioni che la moglie riserva ai loro due bambini. Un giorno, dopo l'ennesimo gesto violento del marito, Magìa si risveglia finalmente dal suo stato di sudditanza e allora trova il coraggio di riprendere in mano la sua vita e ribellarsi, per salvare se stessa e i figli. E con questa nuova consapevolezza scoprirà anche la sua carica di magia. Quella di Nicola Piovani è una vita nel segno della musica, e degli incontri che la musica ha reso possibili: con Ennio Morricone, Manos Hadjidakis; con il pubblico che lo ha ascoltato dal vivo negli auditorium, nei teatri, con i registi come Federico Fellini e Mario Monicelli. Ma se "la musica è pericolosa", come diceva Fellini, è un pericolo che vale la pena correre perché regala inaspettati scampoli di divinità. In queste pagine, Nicola Piovani ricorda com'è cambiata la sua vita con l'arrivo in casa della rivoluzionaria Lesaphon Perla, la fonovaligia acquistata per le feste da ballo di suo fratello. Racconta come sono nate molte delle sue musiche, come "La banda del pinzimonio" composta per Roberto Benigni, la combinazione mi-fa-sol di "Il bombarolo" scritta per Fabrizio De André o la canzone "Quanto t'ho amato", scritta con l'amato amico Vincenzo Cerami. Ma racconta anche gli scherzi goliardici che si concedeva con Gigi Magni, come quello di approntare un testo provvisorio per la metrica di una nuova lirica di "I sette re di Roma" usando il turpiloquio al posto dei numeri. Prende forma così una "vita cantabile" dove la musica diventa un pretesto per parlare della vita, e dove la vita si lascia agganciare proprio in quei momenti in cui un'aria, una combinazione di suoni, il fragore di una banda o l'audacia di un'orchestra hanno saputo toccarci il cuore e dirci qualcosa di più su questa rocambolesca avventura di essere musicalmente al mondo. Simonetta Agnello arriva sola a Londra nel settembre 1963 - a tre ore da Palermo, è in un altro mondo. La città le appare subito come un luogo di riti e di magie: la coda nella fila degli aliens al controllo passaporti; l'autostrada sopraelevata diventa un tappeto volante. La paura di non capire e di non essere accettata forza impietosa il passaggio dall'adolescenza alla maturità. Diventa Mrs. Hornby. Ha due figli. Tutta una vita come inglese e come siciliana. Ora Simonetta Agnello Hornby può riannodare i fili della memoria e accompagnare il lettore nei piccoli musei poco noti, a passeggio nei parchi, nella amatissima casa di Dulwich, nel fascinoso appartamento di Westminster, nella City e a Brixton, dove lei ha esercitato la professione di avvocato; al contempo, cattura l'anima della sua Londra, profondamente tollerante e democratica, che offre a gente di tutte le etnie la possibilità di lavorare. Racconto di racconti e personalissima guida alla città, questo libro è un inno a una Londra che continua a crescere e cambiare: ogni marea del Tamigi porta qualcosa o qualcuno di nuovo per farci pensare e ripensare. Gioca in tal senso un ruolo formidabile la scoperta di Samuel Johnson, un intellettuale che vi arrivò a piedi, ventisettenne, alla ricerca di lavoro; compilò il primo dizionario inglese ed è considerato il padre dell'illuminismo inglese. Via XX Settembre si trova poco lontano dal teatro Politeama, nel cuore di Palermo: è qui che nel 1958, lasciata Agrigento, viene a vivere la famiglia Agnello. Simonetta ha tredici anni, sta per entrare al ginnasio - il trasferimento è stato deciso per offrire a lei e alla sorella Chiara una vita più stimolante. A Palermo si instaura un nuovo equilibrio familiare il padre è spesso assente per seguire la campagna, ritmi e abitudini sono dettati con ferrea dolcezza dalla madre. A ribadire la continuità col passato, il piccolo mondo fatto di zii, cugini, persone di casa, amici, parenti. Sullo sfondo, ma in realtà protagonista, una città in cui alle ferite della guerra si stanno aggiungendo quelle, persino più devastanti, della speculazione edilizia. Fastosa e miserabile, Palermo seduce Simonetta: la stordisce di bellezza e di profumi, la ingolosisce con le fisionomie impassibili dei pupi di zucchero e l'oro croccante delle panelle. Nondimeno si insinua la percezione di un degrado sempre più evidente. La città le si rivela mentre lei si rivela a se stessa, attraverso un mondo muliebre vivissimo, attraverso l'amore per i libri, attraverso i primi barlumi di una coscienza civica e politica. Imboccata via XX Settembre, la formazione si consuma dentro un taglio prospettico che va oltre Palermo e la Sicilia: l'incombere del distacco che porta Simonetta in Inghilterra lascia intravedere una nuova maturità, una nuova esistenza. In Italia la televisione è arrivata nel 1954 e non è tutta da buttare. Il critico tv della Stampane ripercorre la storia alla ricerca dei programmi, delle personalità e degli episodi che vale la pena ricordare. Un'antologia delle trasmissioni, delle fiction e degli eventi mediatici degli ultimi sessant'anni, conditi dagli aneddoti e dalla simpatia di una grande giornalista. Raccontare l'evoluzione del piccolo schermo e dei suoi personaggi divi, colleghi e direttori - per rivivere la storia del nostro paese, da spettatori. Uno sguardo ironico ma sempre affettuosamente coinvolto, per esaminare, comprendere e - si spera protrarre nel futuro la tv che ci piace. Il cibo, i modi di cucinarlo e consumarlo possono narrare un paese meglio di tante cronache storiche. E proprio oggi che in Italia la cucina è la regina della programmazione televisiva, è importante ritrovarne la memoria. Perché la (buona) tavola è un fatto sociale e culturale, è appartenenza e ricordo, la rappresentazione più intima della nostra identità, tanto che non è azzardato affermare che molti mutamenti del nostro paese possono essere letti attraverso il cibo e la sua preparazione. "Fornelli d'Italia" è un viaggio nel tempo e nei tempi della nostra terra, alla scoperta di come e quanto sia cambiata l'Italia da quel fatidico 1861 in cui siamo diventati nazione. Un viaggio raccontato da un punto di vista originalissimo, quello delle molte straordinarie cuoche che si sono avvicendate nelle cucine delle nostre case. Infatti, mentre la gastronomia, colta e raffinata, è da sempre descritta da quegli stessi uomini che la interpretano (i grandi chef che oggi spopolano come vere star), il quotidiano "far da mangiare", costruito silenziosamente e meticolosamente dalle donne, non ha mai avuto celebri cantori. Con occhi femminili, quelli delle padrone dei fornelli, Stefania Aphel Barzini riscrive la storia d'Italia attraverso il cibo. Una storia che, come in un gioco di scatole cinesi, ne racchiude molte altre, ricche di personaggi sorprendenti, di aneddoti, di ricette narrate anche grazie all'aiuto della pubblicità, dei film, dei giornali e delle riviste dell'epoca. In questo libro corredato prevalentemente dalle foto di Riccardo Repetti c’è l’artigiano che realizza lingerie lussuosa nei materiali e nei colori, destinata alle ricchissime signore arabe. Ci sono gli abiti da uomo cuciti a mano, ma anche i sentori del mare e della macchia racchiusi in preziose essenze. Ci sono i gioielli scolpiti nelle resine o quelli fatti di strass che sollecitano il buonumore… Storie affascinanti di uomini e di donne che raccontano il loro lavoro, raccontano se stessi, i loro sogni, le loro aspirazioni, i loro obiettivi. E facendo questo ritornano un po’ bambini, perché è allora che più o meno coscientemente hanno capito quello che avrebbero fatto da grandi. Questa storia comincia un mattino, al mare d'inverno. Gioia è andata a correre presto ed è sul lettino di una spiaggia francese quando tutto accade. Un incendio nel ventre e lei si ritrova in un ospedale straniero dove scopre di aver perso un bambino che non sapeva di aspettare. Da quel momento niente sarà più come prima. Giornalista culturale freelance di un importante quotidiano italiano, Gioia Lieve capisce di desiderare la maternità, di volere una figlia dal suo fidanzato storico Uto. Ma questa improvvisa consapevolezza si dovrà scontrare con un fatto ineluttabile: per diventare genitori Gioia e Uto possono sperare in un miracolo oppure rivolgersi alla scienza. Mentre, passo dopo passo, affronta in una crescente solitudine il difficile percorso della fecondazione assistita, la protagonista cerca punti di riferimento negli uomini della sua vita. Da Uto, utopia dell'amore perfetto, a Luca, amico e amante occasionale, al suo capo Eros che la distrae nei momenti più duri con articoli urgenti. Fino ad Alberto, il suo nuovo, grande futuro. Sullo sfondo, la presenza luminosa di Andrea, ginecologo padre putativo scienziato libero. La gemella Scilla e l'amica del cuore Clizia, con cui non servono le parole, la seguono a distanza, mentre lei supera il dolore dell'aborto, affronta le terapie per l'infertilità e non riconosce più il suo corpo. Machiavelli paragona la Fortuna a un fiume rovinoso, che quando s'adira allaga i piani, rovina gli alberi e gli edifici. Agli uomini, ai politici, "quando sono tempi quieti", non resta che costruire canali e alzare argini, tanto più in territori travolti dalla crisi globale e divenuti campagne "senza alcun riparo". Enrico Rossi, alla guida della Regione Toscana dal 2010, ha cercato di reggere l'urto interpretando la politica come "arte del rimedio". Come presidio fisico nei luoghi della crisi, che spesso sono anche territori esposti al dissesto idrogeologico, a emergenze ambientali secolari e alla carenza di infrastrutture. Da questa interazione con i territori sono nate risposte originali e coraggiose: la tutela del paesaggio, la battaglia per la dignità dei pendolari e del trasporto pubblico, un innovativo welfare per i giovani e un inedito piano di contrasto alla povertà delle famiglie. Senza rinunciare alla sfida dello sviluppo, alla politica industriale ed energetica, e al sostegno intelligente alle imprese (credito, internazionalizzazione e forte spinta alla ricerca). Tutto questo ha rimodellato il governo del territorio in una capillare ricostruzione di reti di sicurezza, protezione e innovazione. Tant'è che oggi la Toscana è la regione che meglio ha retto alla crisi.