Il concordato «in bianco

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Il concordato «in bianco
Crisi e risanamento
Il concordato «in bianco»
di Anna Maria Rosaria Carbone (*)
Aspetti societari
L’art. 33, comma, 1, D.L. 22 giugno 2012, n. 83 ha aggiunto un nuovo comma all’art. 161 della
legge fallimentare, introducendo la cosiddetta domanda di concordato in bianco. Tale domanda
consente al debitore di beneficiare degli effetti protettivi derivanti dalla procedura di
concordato, nelle more della predisposizione della proposta e del piano di ristrutturazione, al
fine di anticipare l’emersione della crisi di impresa ad un momento in cui lo stato di insolvenza
non sia già divenuto irreversibile e sia, pertanto, ancora possibile assicurare la conservazione e la
continuità dell’attività aziendale, definendo, al contempo, la situazione debitoria.
Le modifiche alla disciplina
del concordato preventivo
Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con
modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n.
124, ha apportato molteplici modifiche alla
c.d. legge fallimentare - l.f. (R.D. 16 marzo
1942, n. 267). Quasi tutte le misure introdotte sono finalizzate, da un lato, a favorire
l’emersione della crisi delle imprese in un
momento in cui le stesse abbiano ancora un
valore economico, che ne consenta il risanamento, dall’altro, ad incentivare le procedure
idonee ad assicurare la continuità aziendale
rispetto alle procedure miranti alla liquidazione dell’attività di impresa, incentrate cioè
sulla dismissione dei beni.
Molte delle novità, ispirate ai moderni sistemi americani di risoluzione delle crisi d’impresa (1), hanno riguardo, in maniera incisiva, la procedura di concordato preventivo,
con il dichiarato intento di favorire il ricorso
a tale procedura. In particolare, le lettere b)
ed h) dell’art. 33, comma 1, rubricato «Revisione della legge fallimentare per favorire la
continuità aziendale», del decreto legge sopramenzionato, nell’ambito della misure introdotte per facilitare la gestione delle crisi
aziendali, hanno introdotto rispettivamente
nuovi commi all’art. 161 l.f., disciplinanti la
domanda di concordato cosiddetta «in bianco» (o «con riserva» o anche «pre-concordato»), ed un nuovo articolo (art. 186-bis) dopo
l’art. 186 l.f., rubricato «concordato con continuità aziendale». Mentre il nuovo art. 186bis l.f. disciplina la specifica ipotesi in cui il
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piano di concordato preveda la prosecuzione
dell’attività di impresa da parte del debitore,
la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il
suo conferimento in una o più società, anche
di nuova costituzione, la domanda di concordato in bianco incide sugli stessi presupposti
necessari alla presentazione del ricorso, agevolando, di fatto, l’accesso stesso a tale procedura.
Gli effetti protettivi
del concordato in bianco
Il nuovo istituto del concordato in bianco risponde all’esigenza di salvaguardare il debitore durante il tempo tecnico occorrente a
predisporre un progetto di ristrutturazione
idoneo a garantire la conservazione e la continuità dell’attività aziendale o ad assicurare,
in caso di cessazione, il miglior esito all’attività di liquidazione, favorendo l’accordo con
i creditori, senza che, al contempo, il debitore rimanga esposto, nelle more, alle aggressioni di singoli creditori che ne vanifichino
gli sforzi.
Infatti, dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese (e fino al
momento in cui il decreto di omologazione
diventa definitivo) i creditori, per titolo o
causa anteriore, non possono, sotto pena di
nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive
Note:
(*) Studio legale Astolfo Di Amato e Associati
(1) Cfr. Automatic Stay previsto dal Chapter 11 del Codice
fallimentare degli Stati Uniti.
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e cautelari sul patrimonio del debitore. Le
prescrizioni che sarebbero state interrotte
da tali atti rimangono sospese e le decadenze non si verificano. I creditori non possono
acquistare diritti di prelazione rispetto ai
creditori concorrenti, salvo che vi sia l’autorizzazione del giudice nei casi previsti dall’art. 167 l.f. Le ipoteche giudiziali iscritte
nei novanta giorni che precedono la data di
pubblicazione del ricorso nel registro delle
imprese sono inefficaci rispetto ai creditori
anteriori al concordato (art. 168 l.f.). Tale ultima disposizione è stata, difatti, introdotta
dall’art. 33 del D.L. n. 83/2012 proprio al fine di scoraggiare quei creditori, soprattutto
banche ed istituti di credito, che, nell’imminenza della procedura di concordato, in virtù delle informazioni privilegiate possedute
circa la situazione dell’impresa, erano soliti
acquisire posizioni di privilegio pregiudicando, in tal modo, il buon esito della procedura concorsuale. Sono, inoltre, inefficaci, ai
sensi dell’art. 45 richiamato dall’art. 169 l.f.,
le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi eseguite dopo la presentazione della domanda di concordato anche in
bianco.
A beneficio del buon esito della procedura di
concordato, l’art. 67, terzo comma, lett. e),
l.f., come modificato dal D.L. n. 83/2012, ha
altresì previsto che oltre agli atti, ai pagamenti e alle garanzie posti in essere in esecuzione di concordato, non sono revocabili «gli
atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di
cui all’art. 161» e, dunque, dopo il deposito
della domanda di concordato preventivo in
bianco e prima del decreto di ammissione alla procedura. Al contempo, il «periodo sospetto», ai fini dell’esercizio dell’azione revocatoria, in base al disposto del nuovo art. 69
bis l.f., non decorre dalla data di dichiarazione di fallimento bensì dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese. Tale disposizione è stata
introdotta proprio allo scopo di neutralizzare «il lasso di tempo occupato dalla procedura
di concordato, scongiurandone l’uso dilatorio
al fine d’impedire l’esercizio dell’azione revocatoria» (2).
Infine, dalla data di deposito della domanda
di concordato in bianco e fino all’omologazione, non trovano applicazione gli articoli
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del Codice civile (artt. 2446, secondo e terzo
comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, 2482-ter, 2484, n. 4, 2545-duodecies) riguardanti gli obblighi di riduzione del
capitale per perdite e di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale e la
corrispondente disciplina relativa alle cause
di scioglimento (art. 182-sexies l.f.). È stato,
infatti, osservato come la disciplina societaria posta a garanzia della conservazione del
capitale sociale potrebbe «ostacolare l’opera
di risanamento o addirittura essere inutile
quando il concordato o l’accordo preveda la liquidazione della società» (3).
La domanda
Per beneficiare di tali ampi effetti protettivi,
al debitore basterà presentare un semplice
ricorso, contenente la domanda di concordato, con allegati unicamente i bilanci degli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare,
entro un termine fissato dal tribunale, la
proposta, il piano e l’ulteriore documentazione, di cui all’art. 161, secondo e terzo
comma, l.f. (ovvero una relazione aggiornata
sulla situazione, patrimoniale, economica e
finanziaria dell’impresa, uno stato analitico
ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione,
l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore, una relazione in merito al valore dei
beni e ai creditori particolari degli eventuali
soci illimitatamente responsabili e l’attestazione di un professionista, designato dal debitore e in possesso di determinati requisiti
di indipendenza e professionalità, che attesti
la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità
del piano medesimo). È inoltre prevista la
possibilità di presentare in alternativa, entro
il termine fissato dal tribunale, un accordo
di ristrutturazione dei debiti, conservando
gli effetti protettivi derivanti dal ricorso sino
all’omologa.
Il legislatore non ha, invece, chiarito se l’obbligo di allegare i bilanci riguardi solo le imNote:
(2) L. Panzani, «Il concordato in bianco», in www.ilfallimentarista.it, 2012, 6.
(3) L. Panzani, «Il concordato in bianco», cit., 6.
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Aspetti societari
prese che per legge sono tenute alla redazione del bilancio e, dunque, quelle costituite in
forma societaria, o anche gli imprenditori
individuali. Né ha chiarito se sia necessario
che venga depositato il bilancio regolarmente approvato e depositato o possa ritenersi
sufficiente il deposito di un documento attestante la situazione patrimoniale della società aggiornata agli ultimi tre anni (4).
In attesa che si formino dei primi orientamenti giurisprudenziali su tali temi, il Tribunale di Milano ha fornito alcuni criteri interpretativi e applicativi della nuova disciplina
della domanda di concordato in bianco, stabilendo che, alle imprese non tenute alla redazione del bilancio, possa essere richiesto
quantomeno il deposito della documentazione che viene solitamente prodotta in sede
prefallimentare ai fini dell’accertamento del
requisito dimensionale (5).
Il Tribunale, a seguito del deposito di una
domanda di concordato in bianco, è tenuto a
verificare preliminarmente:
1) la propria competenza ai sensi degli artt.
9 e 161 l.f. (6), anche esigendo il deposito
di un certificato camerale aggiornato (7);
2) la sussistenza dei requisiti soggettivi (imprenditore commerciale, esclusi enti pubblici, con ricavi, attivo patrimoniale e debiti superiori alle soglie di fallibilità - art.
l.f.) ed oggettivi (situazione di crisi e situazione di insolvenza - artt. 5 e 160 l.f.)
occorrenti per l’accesso alla procedura di
concordato preventivo (8);
3) la regolarità formale della domanda, accertando la sussistenza di necessari poteri
in capo al soggetto che l’ha sottoscritta ed
eventualmente disponendo l’acquisizione
delle relative delibere assembleari (9);
4) la mancata presentazione da parte del debitore, a pena di inammissibilità della domanda, nei due anni precedenti, di altra
domanda di concordato in bianco alla
quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura di concordato preventivo o l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 161, nono
comma, l.f.).
Una volta verificati tali presupposti, il Tribunale dovrà verificare il contenuto della domanda, concedere un termine per il deposito
della documentazione integrativa e fissare
degli obblighi informativi in capo al debito-
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re. Una recente pronuncia del Tribunale di
Velletri ha, altresì, ritenuto ammissibile anche lo svolgimento di una preliminare attività istruttoria, «sia pur limitata all’acquisizione di documenti e informazioni pertinenti con
l’accertamento da compiere» (10).
Il contenuto
La domanda di concordato in bianco può
avere un contenuto più o meno articolato.
Può essere accolta, «anche se formulata nel
modo più semplice, con il suo contenuto minimo», purché «il debitore richieda espressamente la concessione del termine per effettuare le successive produzioni, in mancanza
restando il dubbio che si tratti di domanda
di concordato definitiva (e inammissibile per
difetto di prova sui relativi presupposti di
ammissibilità» (….); anche in base alla considerazione che «se non sono proposte istanze particolari da deliberare contestualmente
o comunque subito, il Tribunale non può imporre la ostensione di elementi che ancora
sono oggetto di studio» (11). Il debitore non
potrà, invece, esimersi dal fornire una sommaria indicazione del piano e della proposta
se vorrà ottenere dal Tribunale l’autorizzazione al compimento di determinati atti o la
concessione di un termine superiore a quello
minimo di sessanta giorni per il deposito
della documentazione integrativa. Anzi, alcune pronunce dei giudici di merito al riguardo sono addirittura nel senso di ritenere
necessario, nei predetti casi, il deposito del
piano stesso, «perché in difetto il giudice
Note:
(4) L. Panzani, «Il concordato in bianco», cit., 3.
(5) Cfr. Linee Guida emanate dal Tribunale di Milano nel
verbale riassuntivo del 20 settembre 2012, in www.ilfallimentarista.it, 2012.
(6) Trib. Crotone, 4 ottobre 2012, in www.ilfallimentarista.it,
2012.
(7) Cfr. Linee Guida emanate dal Tribunale di Monza con
delibera dell’8 ottobre 2012, in www.ilfallimentarista.it ,
2012.
(8) Trib. Mantova, 27 settembre 2012, in www.ilcaso.it,
2012, che ha dichiarato l’inammissibilità di una domanda
di concordato in bianco presentata da un imprenditore
agricolo.
(9) Cfr. Linee Guida emanate dal Tribunale di Milano, cit.
(10) Trib. Velletri, 18 settembre 2012, in www.ilfallimentarista.it, 2012.
(11) Cfr. Linee Guida emanate dal Tribunale di Milano, cit.
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non potrebbe effettuare alcuna seria delibazione della domanda» (12).
Più dettagliatamente, il debitore dovrà necessariamente indicare i caratteri di massima del concordato (liquidatorio o di continuità) nel caso in cui voglia ottenere l’autorizzazione del Tribunale al compimento di
atti urgenti di straordinaria amministrazione, dovendo rappresentare le ragioni di urgenza, le finalità che si intendono perseguire, anche rispetto al futuro piano concordatario, e gli oneri conseguenti a tali atti (13).
L’art 161, settimo comma, l.f. stabilisce, infatti, espressamente che, dopo il deposito
del ricorso e fino all’apertura della procedura (art. 163 l.f.), gli atti urgenti di straordinaria amministrazione possono essere compiuti solo previa autorizzazione del Tribunale, che può assumere sommarie informazioni. Non è, invece, necessaria alcuna autorizzazione per il compimento di atti di ordinaria amministrazione, i quali dovranno però
essere essenziali alla conservazione dell’impresa. Se si considera che i crediti di terzi
eventualmente sorti per effetto degli atti in
tal modo compiuti sono prededucibili (art.
161, settimo comma, l.f.), ben può essere
compresa l’importanza per il Tribunale di
conoscere, in anticipo, le modalità ed i termini entro cui il concordato dovrà svilupparsi.
La domanda di concordato dovrà avere necessariamente un contenuto più articolato
anche nell’ipotesi in cui, ai sensi dell’art.
182-quinquies, primo e quarto comma, l.f., il
debitore chieda al Tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti (anch’essi
prededucibili ai sensi dell’art. 111) (14) o a
pagare crediti anteriori per prestazioni di beni e servizi. Infatti, il professionista designato dal debitore dovrà, nel primo caso, verificare il complessivo fabbisogno finanziario
dell’impresa sino all’omologazione ed attestare che tali finanziamenti sono funzionali
alla migliore soddisfazione dei creditori (15),
mentre, nel secondo caso, dovrà attestare
che tali prestazioni sono essenziali per la
prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori (16). Difatti, in tali casi, il
debitore dovrà necessariamente specificare
la natura di concordato con continuità, che è
presupposto imprescindibile per l’applicazio1/2013
ne della norma e dovrà fornire tutti quei dettagli che risultino indispensabili al fine di
consentire all’esperto di effettuare le proprie
valutazioni (17).
Inoltre, secondo la disciplina del nuovo art.
169-bis, il debitore, nella domanda di concordato, può chiedere al Tribunale di essere
autorizzato a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso o può richiedere la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta (18). Ebbene,
anche in tali ipotesi, si ritiene necessario delineare il tipo di concordato che sarà proposto, dandone conto nella motivazione della
relativa istanza (19).
Note:
(12) L. Panzani, «Concordato in bianco e sospensiva su
proposta di accordo di ristrutturazione», in www.ilfallimentarista.it, 2012, 1, che condivide tale scelta nella misura in
cui «s’intenda affermare che il giudice non può provvedere senza alcuna indicazione sul contenuto delle scelte che
l’imprenditore intende porre in essere, anche se non pare
che sia sempre necessario che venga presentato al giudice un vero e proprio piano».
(13) Cfr. Linee Guida emanate dal Tribunale di Milano, cit.
(14) L’autorizzazione del Tribunale può riguardare anche finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità e
non ancora oggetto di trattative. Il Tribunale può autorizzare, altresì, il debitore a concedere pegno o ipoteca a
garanzia dei medesimi finanziamenti (art. 182-quinquies,
secondo e terzo comma, l.f.).
(15) In senso critico, G. Matteucci, La gestione della crisi
d’impresa, Potenza, 2012, 26, che ha osservato: «come fa
il professionista ad individuare la migliore soddisfazione dei
creditori, se con questi non è stato neanche abbozzato un
tentativo di accordo di ristrutturazione dei debiti».
(16) L’attestazione del professionista non è necessaria per
pagamenti effettuati fino a concorrenza dell’ammontare
di nuove risorse finanziarie che vengono apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori (art. 182
quinquies, 4° comma, l.f.).
(17) P. Baldassare, M. Pereno, «Prime riflessioni in tema di
concordato preventivo in continuità aziendale», in www.ilfallimentarista.it, 2012.
(18) In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo
equivalente al risarcimento del danno conseguente al
mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come
credito anteriore al concordato (art. 161 bis, secondo
comma). Tali disposizioni non valgono per i rapporti di lavoro subordinato, per i contratti preliminari di vendita di
immobili destinati alla prima abitazione, per i finanziamenti
destinati ad uno specifico affare e per i contratti di locazione.
(19) Trib. Mantova, 27 settembre 2012, cit., 2012, con riferimento ad una richiesta di sospensione di un contratto di
leasing.
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Il termine
Ai sensi dell’art. 161, sesto comma, l.f., il Tribunale potrà concedere, per il deposito della
documentazione integrativa, un termine
compreso fra sessanta e centoventi giorni.
Autorevole dottrina ha ritenuto che la concessione del termine costituisca per il Tribunale un «atto quasi-dovuto» (20). In base a
tale assunto, il Tribunale sarà tenuto a concedere sempre il termine, almeno quello minimo di sessanta giorni, dovendosi astenere
dall’effettuare ogni valutazione critica circa
la serietà della domanda di concordato o
della domanda di omologa degli accordi di
ristrutturazione.
Secondo i primi orientamenti giurisprudenziali, la richiesta di un termine superiore a
sessanta giorni dovrà essere motivata (21). Il
termine potrà, invece, essere anche inferiore
ai sessanta giorni, «laddove sia lo stesso debitore a chiedere un termine inferiore. Si tratta
infatti di termine nell’interesse del debitore e
questi può dunque accontentarsi di un termine più breve se la situazione lo consigli in tal
senso» (22).
In presenza di giustificati motivi (come, ad
esempio, per concordati di particolare complessità, quali i concordati di gruppo o per sopravvenienza di fatti imprevisti, ecc.) il Tribunale, invece, per una sola volta, potrà prorogare il termine concesso di non oltre sessanta
giorni. Nello stesso termine, in alternativa e
con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può
depositare domanda di omologazione di un
accordo di ristrutturazione dei debiti, ai sensi
dell’art. 182-bis (art. 161, sesto comma, l.f.).
Nel caso, invece, in cui sia pendente un procedimento per la dichiarazione di fallimento,
il Tribunale non potrà concedere un termine
superiore ai sessanta giorni, prorogabile, in
presenza di giustificati motivi, di non oltre
sessanta giorni (art. 161, decimo comma,
l.f.). Avendo, infatti, la domanda di concordato in bianco «carattere pregiudiziale rispetto ad una istanza o ad una richiesta di fallimento contemporaneamente pendenti», tale
domanda deve essere esaminata e decisa nel
più breve tempo possibile a tutela dell’interesse del creditore istante, o dell’interesse
pubblicistico perseguito dal P.M., a conoscere, in tempo utile, l’esito della propria istanza o richiesta di fallimento (23).
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Qualora il debitore non presenti, entro il termine fissato dal tribunale, né una domanda
di concordato completa né una domanda di
omologa degli accordi di ristrutturazione dei
debiti, il Tribunale, previa convocazione del
debitore in camera di consiglio, dichiarerà la
proposta di concordato inammissibile e, accertati i presupposti di cui agli artt. 1 (fallibilità dell’impresa) e 5 (sussistenza di uno stato di insolvenza) l.f., su istanza del creditore
o su richiesta del pubblico ministero, dichiarerà il fallimento del debitore (art. 162, secondo e terzo comma, l.f.).
Gli obblighi informativi
Il Tribunale è tenuto, inoltre, a disporre in
capo al debitore l’assolvimento di alcuni obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa, fino alla
scadenza del termine fissato. La violazione
di tali obblighi determina l’inammissibilità
della proposta di concordato e, in presenza
delle condizioni previste dalla legge fallimentare, il fallimento stesso dell’impresa (art.
161, ottavo comma, l.f.).
La previsione di tali obblighi «parrebbe nascere dall’esigenza di controllare il comportamento dell’imprenditore nel periodo di «stasi»,
ossia se questi si adoperi ed attivi effettivamente tutti gli strumenti a sua disposizione
per la presentazione di una proposta concordataria, ovvero se tale richiesta sia dettata solamente dall’esigenza di ritardare semplicemente le azioni esecutive e cautelari, nonché i
pagamenti da lui dovuti ai suoi creditori»
(24). In assenza di indicazioni da parte del
debitore sul piano e la proposta che intende
presentare, sarà però molto difficile per il
Tribunale disporre degli obblighi informativi
che siano realmente utili a tale scopo e che
Note:
(20) F. Lamanna, «La legge fallimentare dopo il «Decreto
sviluppo»», in Il civilista, 2012, 42; nello stesso senso, Trib. Bolzano, 25 settembre 2012, in www.ilfallimentarista.it, 2012.
(21) Trib. Mantova, 27 settembre 2012, cit. Cfr. anche Linee
Guida emanate dal Tribunale di Monza, cit.
(22) Cfr. Linee Guida emanate dal Tribunale di Milano, cit.
(23) F. Lamanna, «Pre-concordato e procedura prefallimentare pendente: il termine minimo e l’oscuro riferimento al decreto di rigetto dell’istanza di fallimento», in www.ilfallimentarista.it, 2012, 1.
(24) Trib. Bolzano, 25 settembre 2012, in www.ilfallimentarista.it, 2012.
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la fattispecie un concordato di gruppo), il
potere del Tribunale di nominare ausiliari
che «lo assistano nell’opera di valutazione,
sotto il profilo tecnico, delle necessità che caratterizzano la fase precedente il deposito della
proposta», disponendo il deposito, con cadenza settimanale, di «una relazione scritta
avente ad oggetto gli atti di amministrazione
compiuti e la gestione finanziaria delle imprese»» (31).
Conclusioni
La domanda di concordato preventivo, così
come congegnata dal legislatore, può prestarsi a facili abusi da parte del debitore,
soprattutto nei casi di concordati meramente liquidatori, in quanto tale procedura può
essere utilizzata, mediante deposito di domande di concordato prive di ogni contenuto, unicamente al fine di ritardare il più
possibile un serio confronto con i creditori
o l’avvio della procedura fallimentare (32).
Ne consegue un drastico depotenziamento
dell’effetto di risanamento della misura ed
una eccessiva tutela del debitore a discapito
della credibilità e della tutela del credito
(33).
In realtà, è stato osservato come tale pericolo possa essere, almeno in parte, scongiurato
dalla circostanza che i concordati privi di
ogni contenuto saranno veramente pochi, in
quanto, come si già detto, il debitore sarà tenuto a fornire maggiori indicazioni sulla
proposta ed il piano di concordato in tutti i
casi in cui intende ottenere la concessione di
un termine superiore al termine minimo di
Note:
(25) M. FABIANI, Riflessioni precoci sull’evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi d’impresa, in www.ilcaso.it, 2012,11.
(26) Trib. Asti, 24 settembre 2012, in www.ilcaso.it, 2012.
(27) Trib. Modena, 14 settembre 2012, in www.ilcaso.it,
2012.
(28) Trib. Velletri, 18 settembre 2012, cit.
(29) F. LAMANNA, La legge fallimentare dopo il «Decreto
sviluppo», cit., 45.
(30) L. PANZANI, Il concordato in bianco, cit., 12.
(31) Trib. La Spezia, 25 settembre 2012, in www.ilcaso.it,
2012.
(32) G. MATTEUCCI, La gestione della crisi d’impresa, cit.,
12.
(33) F. LAMANNA, La legge fallimentare dopo il «Decreto
sviluppo», in cit., 9.
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Aspetti societari
«non finiscano con l’assumere il tono di richieste stereotipate» (25).
Ad ogni modo, tali obblighi informativi possono avere molteplici contenuti, essendo il
Tribunale libero di determinarne sia la portata che la periodicità. Nelle prime applicazioni della norma da parte dei giudici di merito sono stati, difatti, disposti, con cadenze
variegate, depositi di relazioni aventi ad oggetto l’aggiornamento della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa (26); prospetti delle operazioni attive e
passive compiute nel periodo, di importo superiore ad una certa soglia, relative alla ordinaria amministrazione dell’attività aziendale, nonché degli oneri finanziari maturati nel
periodo (27); relazioni sull’andamento dell’attività di impresa con indicazione di tutti
gli atti di amministrazione effettuati, dei pagamenti superiori a determinati importi, delle istanze di fallimento o delle richieste di pignoramento pervenute (28).
È stato, al riguardo, osservato da attenta
dottrina come, in assenza di un organo tecnico deputato a seguire l’andamento dell’impresa nel periodo di moratoria, il Tribunale
non potrà compiere alcuna verifica sulla documentazione esibita, che dovrà limitarsi a
«recepire fideisticamente», né disporrà di alcun potere per sanzionare l’imprenditore
che, pur adempiendo regolarmente agli obblighi informativi, dimostri «di non avere
una reale volontà di composizione del quadro
debitorio» (29). Il Tribunale, secondo tale
orientamento, in siffatte ipotesi, potrà solo,
previa convocazione del debitore in camera
di consiglio, disporre l’abbreviazione del termine concesso o dichiarare la sopravvenuta
inammissibilità della domanda, qualora dalla documentazione prodotta emerga ictu
oculi la mancata predisposizione di un piano
o il compimento di atti di dispersione, se
non anche distrattivi, della garanzia patrimoniale. È stato, infatti, osservato che «sarebbe assurdo che il legislatore prevedesse
l’obbligo del Tribunale di imporre obblighi informativi periodici se poi dall’adempimento di
tali obblighi non derivasse alcuna conseguenza» (30).
Proprio al fine di verificare la correttezza
dell’operato del debitore, è stato, in una recente pronuncia, riconosciuto, in ipotesi di
particolare complessità della procedura (nel-
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trenta giorni; ottenere una proroga del termine inizialmente concesso (art. 161, sesto
comma); conseguire l’autorizzazione a compiere atti di straordinaria amministrazione
(art. 161, settimo comma); ottenere lo scioglimento o la sospensione dall’esecuzione dei
contratti pendenti; conseguire l’autorizzazione a contrarre nuovi finanziamenti o a pagare crediti anteriori (art. 182-quinquies).
Ebbene, in mancanza di tali attività, essenziali alle finalità di risanamento e di continuità aziendale, la domanda di concordato
in bianco non avrà concreti benefici per il
debitore, in quanto, in assenza di maggiori
indicazioni sul piano di ristrutturazione,
non sarà possibile per lo stesso compiere la
maggior parte degli atti che determinano
l’insorgenza di crediti prededucibili. Difatti,
gli effetti protettivi non solo saranno limitati
al tempo minimo di sessanta giorni concesso
dal Tribunale (tempo che non si discosta
molto da quello che solitamente veniva impiegato per emettere il decreto di cui agli
artt. 162 e 163 l.f. (34)), ma cesseranno del
tutto in caso di inammissibilità della domanda o di mancata ammissione alla procedura.
Conserveranno, invece, efficacia tutti gli atti
legalmente compiuti nel periodo di mora,
quali gli atti di ordinaria amministrazione,
ritenuti essenziali alla gestione dell’impresa,
per i quali, come si è già detto, non occorre
una preventiva autorizzazione del tribunale,
con conseguente ricadute pregiudizievoli sui
creditori anteriori alla domanda di concordato non assistiti da privilegio.
Pertanto, se l’intento della riforma era quello
di favorire l’emersione anticipata della crisi,
deve dirsi che tale finalità, anche per l’assenza di una specifica normativa sugli indici di
allerta, non può dirsi compiutamente realizzata in tutti i casi in cui il ricorso alla procedura avvenga in uno stato di crisi ormai
avanzato quando ogni tentativo di risanamento sarà, di fatto, oggettivamente impossibile e, pertanto, inutile.
Per approfondimenti vedi anche:
Dal bilancio d’esercizio
al reddito d’impresa
• La ristrutturazione e la rinegoziazione dei debiti 1.19. Ristrutturazione e rinegoziazione dei debiti.
Di altri autori vedi anche…
• C. Ravazzin «Concordato preventivo più snello per la
tempestiva risoluzione della crisi d’impresa» in Corriere Tributario n. 34/2012;
• P. Mazza «Legge fallimentare: nuovi criteri per il superamento della crisi di impresa» in Pratica Fiscale e
Professionale n. 33/2012
• L. A. Bottai «Misure per facilitare la gestione delle crisi aziendali» in Il Fallimento n. 8/2012
Nota:
(34) M. Fabiani, Vademecum per la domanda «prenotativa» di concordato preventivo, in www.ilcaso.it, 2012,6.
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