Grattacieli e ristoranti di lusso Cecenia, la dittatura tirata a lucido

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Grattacieli e ristoranti di lusso Cecenia, la dittatura tirata a lucido
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Grattacieli e ristoranti di lusso Cecenia, la dittatura tirata a lucido - A.Nicastro - Corriere della Sera - 9-06-10
«Grozny la sudicia» non esiste più, ma l’inferno è dietro la facciata
GROZNY (Cecenia)—Anna Politkovskaya venne uccisa nel suo condominio di Mosca il 7 ottobre del
2006. Nel computer aveva pronto un altro articolo contro Ramzan Kadyrov, l’uomo che oggi è presidente
della Cecenia. Da sette anni la giornalista scriveva di questa piccola repubblica della Federazione russa
come di un buco nero della coscienza, dove stupri, torture e massacri erano norma per soldati e miliziani.
«Un posto — sosteneva — dove alcuni possono fare quel che vogliono e gli altri devono accettarlo. La
Russia continua a permettere che esista un angolo del Paese dove i diritti civili non esistono. È una scelta
molto rischiosa» («Un piccolo angolo d’inferno», Rizzoli 2008). Quattro anni sono passati dalla sua morte.
La Cecenia è ancora quel «posto»?
La repubblica non è più ufficialmente «zona di operazioni anti terroristiche» dall’aprile del
2009. Di «Grozny la sudicia», di «Grozny moderna Stalingrado », non c’è più traccia. La facciata è lucida,
brillante. Sulla piazza che fu del palazzo presidenziale sovietico, il 33enne Kadyrov ha costruito la più
grande moschea d’Europa, poi ha diviso in due l’ex «Leninsky Prospekt», la strada principale: fino alla
moschea l’ha intitolata a «Putin», suo mentore, da lì in poi l’ha chiamata «Ahmad Kadyrov », suo padre.
Imprese turche e coreane costruiscono grattacieli, di cui poi il giovane presidente, a nome della
Fondazione Ahmad Kadyrov, regala alcuni appartamenti. La stessa cosa succede nel resto delle cittadine
della pianura, da Gudermes ad Argun. I ristoranti di lusso che servono su tovaglie immacolate bollito e
pastasciutta (il piatto nazionale) sono deserti, ma a Grozny sono aperte anche abbordabili pizzerie, gli
italiani «Corleone» e «Sicilia», un cinese e persino un ambizioso sushi. I marciapiedi sono puliti, il
monumento ai poliziotti «kadyroviani» caduti nella lotta al terrorismo spolverato ogni giorno.
La Politkovskaya non ha visto nulla di tutto questo, non ha potuto neppure sperimentare i nuovi alberghi
di Grozny. Cosa avrebbe detto dell’Arena City, ad esempio? Venticinque stanze con idromassaggio e
preservativi nel comodino, è tra i migliori. Capita che la sala del ristorante venga chiusa per garantire la
privacy di vip locali come il deputato alla Duma di Mosca Adam Dilimkanov, cugino di Kadyrov, arrivato
all’Arena City su una Porche Cayenne bianca opaca con altre dieci jeep blindate per la sua scorta armata.
L’onorevole Dilimkanov è ricercato dall’Interpol per l’omicidio in Austria di un «kadyroviano » ribelle.
Le mamme spingono le carrozzine all’ombra di tabelloni in cui Kadyrov abbraccia bambini, soccorre
mutilati e vecchi, stringe la mano a Putin, «ricorda e ama», come recitano gli striscioni, il padre ucciso.
Pare un salto indietro ai tempi staliniani del culto della personalità. E non è l’unico parallelo con gli anni
del Terrore comunista. Per Grozny circolano auto senza targa, dai vetri neri, piene di armati con le
maschere sul volto. Sono squadre speciali «anti terrorismo », di fatto i padroni della vita di chiunque. In
ogni momento possono fermarsi e rapire chi vogliono nella più assoluta impunità. I giudici nominati da
Mosca rifiutano di avviare le indagini, i poliziotti comuni non accettano la denuncia e minacciano chi
insiste a lamentarsi. È il terrore che quasi più nessuno è rimasto a raccontare. Il responsabile dell’ufficio
ceceno di Memorial, la più celebre organizzazione per i diritti umani russa, è tra loro. Dokku Itsloyev è
ormai il solo nell’ufficio ad aver conosciuto la Politkovskaya.
La sua collega di Memorial, Natalia Estemirova, amica ed erede spirituale della giornalista, è
stata uccisa a Grozny nel luglio del 2009. I due capi dell’ufficio che l’hanno preceduto sono scappati
per le minacce ricevute: Lidia Yusupova a Mosca, Shakhman Akbulatov in Francia. Anche all’Ong
«Salviamo la generazione», citata tante volte nei libri della Politkovskaya, sono in pochi a ricordarla. I
suoi amici, Zarema Sadulaeva, presidente, e suo marito, sono stati trucidati in città l’estate scorsa.
Dokku Itsloyev ha gli occhi appannati e la voce calma. Non si è mai mosso da Urus Martan, alle
porte di Grozny. Ha visto e denunciato tutto: le due guerre, le retate, le violenze, le bombe, gli omicidi e
ora il terrore kadyroviano. La bandiera blu dell’Unione europea che si è appeso dietro la scrivania sembra
il suo unico scudo quando dice cose come queste: «La Cecenia vive di arbitrio e corruzione. Se il
presidente è di buon umore, ferma la sua colonna di auto, scende e distribuisce rotoli da mille dollari. Il
suo compleanno, quello della madre, della moglie e della prima figlia sono feste nazionali. In quei giorni
la strada per Zentori, il villaggio dove è nato e dove si è costruito uno zoo privato con leoni e tigri, è
intasata di questuanti. Arrivati alla sbarra che chiude il paese ricevono buste piene di denaro. Non
possono essere soldi personali perché Kadyrov dichiara un reddito di 130mila euro l’anno. Ma neppure
dello Stato perché sarebbe illegale distribuirli così senza criterio».
«Le spie sono dappertutto» scriveva Politkovskaya e l’unico scopo dei ceceni «è sopravvivere anche a
prezzo della vita altrui». È ancora così. A Grozny si parla esclusivamente bene del presidente. In
pubblico. Perché qui non esiste legge se non quella di Kadyrov. La gente «viene presa», si dice qui, e,
quando va bene, ricompare il mattino dopo torturata in qualche stazione di polizia. Altrimenti c’è solo il
cadavere. Pochi, sempre meno, hanno il coraggio di denunciare per la certezza di fare la stessa fine e
perché, comunque, i magistrati si rifiuterebbero di aprire i procedimenti.
A Mosca aveva messo sull’avviso l’ex redattore de «La Stella Rossa», quotidiano dell’Armata e
oggi direttore del giornale on line www.ej.ru Alexandr Golts: «Kadyrov ha quell’indipendenza che era
stata rifiutata ai ceceni nel ’94. Il Cremlino non si intromette mai nei suoi affari, neppure quando i nemici
di Kadyrov vengono eliminati a colpi di pistola sotto le mura del Cremlino». Figurarsi per le strade di
Grozny.
A pochi metri dal palazzone dove la Estemirova ospitava la Politkovskaya, c’è il ristorante
preferito da un avvocato ceceno, un altro dei pochi amici di Anna rimasti. «Niente nome, per favore,
ormai è troppo pericoloso. Mi sono rassegnato anche a non accettare più cause contro i "kadyroviani"».
L’avvocato ha esaminato gli ultimi cento processi a terroristi islamici o indipendentisti. «Si ripete sempre
lo stesso copione: il ragazzo va in montagna ad addestrarsi con la guerriglia per due-tre settimane, poi
gli dicono di tornarsene a casa e attendere ordini. Dopo un mesetto scatta un’operazione speciale nella
quale il neoterrorista viene sequestrato, torturato o ucciso. Ora, siccome i campi descritti sono sempre gli
stessi tre (Vedenò, Arshti e Roshni-Chiu) perché la polizia non va a prendere gli addestratori? La mia
risposta è che quelli non sono veri guerriglieri, ma agenti che fabbricano colpevoli per ricevere i soldi di
Mosca della guerra al terrorismo».
Non c’è chiarezza sul fiume di denaro che la Federazione russa versa per mantenere la
«calma» nella riottosa Cecenia. Il presidente Kadyrov parla di un «piano di ricostruzione finanziato da
Mosca da 600 milioni di euro l’anno». Ma stipendi di poliziotti, insegnanti, medici, funzionari pubblici,
nonché infrastrutture ed energia sono totalmente a carico di Mosca. Il conto finale dovrebbe oscillare tra
gli 8 e i 12 miliardi di euro l’anno cui vanno aggiunti centinaia di milioni ottenuti pompando petrolio di
contrabbando o con la «tassa per la pace» ottenuta dalle comunità cecene all’estero. «Non so quali siano
i metodi—ammette Itsloyev —, ma devono essere convincenti. Circola sui telefonini un video sull’enorme
caveau della Fondazione Kadyrov in cui i dollari arrivano a metà parete. Pare sia umido e le guardie
stendano le banconote al sole per eliminare la muffa».
Sono tanti i modi con cui un politico può diventare oligarca oggi in Russia. Kadyrov li sta sperimentando a
uno a uno. Dopo petrolio e guerra al terrorismo sta scoprendo commercio e turismo. L’aeroporto di
Grozny è appena salito al rango di scalo internazionale, ma non per portare pellegrini alla Mecca o capitali
negli Emirati Arabi. L’obbiettivo è avere da Mosca il diritto alla dogana, così da qui potranno partire e
arrivare merci di ogni genere con il solo controllo dei «kadyroviani». Sulla spinta delle Olimpiadi Invernali
di Sochi del 2014, poi, Kadyrov progetta una stazione sciistica. «Saremo la Svizzera dell’Asia» assicura.
«Una scelta molto rischiosa» scriveva Politkovskaya. A quattro anni dalla morte sembra aver avuto
ragione. «Ramzan Kadyrov — dice a Mosca Pavel Felghenhauer, analista militare —è per il Cremlino quel
che un re goto era per l’Impero romano: un aiuto oggi, ma un pericolo domani. Kadyrov ha denaro e
potere autonomi. Il suo esercito è fatto 20-30mila uomini, 3 o 4 volte più numerosi dei guerriglieri che
hanno cacciato Mosca nel 1996 da Grozny. È gente spietata, decisa a tutto. Sanno che se perdessero il
potere verrebbero uccisi dalle vendette cecene o arrestati dalla Russia. In caso di rottura dell’alleanza
personale tra Kadyrov e Putin non avrebbero altra scelta che combattere e sarebbe una guerra
decisamente più difficile di quelle che abbiamo già visto».