IL MARE E LA GIURISDIZIONE DEGLI STATI COSTIERI

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IL MARE E LA GIURISDIZIONE DEGLI STATI COSTIERI
IL MARE E LA GIURISDIZIONE
DEGLI STATI COSTIERI
PROFILI DI DIRITTO INTERNAZIONALE E DI
DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
AVV. SIMONE VENTURA
PARTNER
DOTTORE DI RICERCA IN DIRITTO INTERNAZIONALE
E DELL’UNIONE EUROPEA - UNIVERSITÀ DI ROMA
LA SAPIENZA
[email protected]
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«The sea has always been lashed by two major contrary winds: the
winds from the high seas towards the land is the wind of freedom; the
wind from the land toward the high seas is the bearer of sovereignties.
The law of the sea has always been in the middle between these
conflicting forces».
R.-J. Dupuy, «The Sea under National Competence», 1991
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I PRINCIPI DEL
DIRITTO INTERNAZIONALE DEL MARE
Il diritto internazionale del mare è regolato da tre principi fondamentali.
Il principio della libertà dei mari
Risalente alle considerazioni di Grozio in Mare Liberum nel 1603, il
principio della libertà dei mari tende a tutelare la navigazione dei mari
per l’espansione del commercio.
Nel tempo esso si è consolidato e può servire da base per assicurare la
libertà di pesca e di ricerca scientifica.
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Il principio della sovranità
Il principio della sovranità nei mari tende ad estendere la sovranità
territoriale degli Stati costieri attraverso una territorializzazione dei
mari.
Nel 1758, Vattel scriveva: «when a nation takes possession of certain
parts of the sea, it takes possession of the empire over them […]. These
parts of the sea are within the jurisdiction of the nation, and a part of its
territory».
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La divisione dei mari
Nel 1893, il Tribunale arbitrale chiamato a dirimere la controversia tra
Gran Bretagna e Stati Uniti applicò entrambi i principi, dividendo il
mare in due zone.
Entro un limite di 3 miglia, gli Stati Uniti avevano diritto all’utilizzo
delle risorse del Mare di Bering. Oltre tale limite, doveva esserne
consentito lo sfruttamento anche ad altri Stati. Si tratta del Bering Sea FurSeals case.
Dal termine della seconda guerra mondiale, il limite delle 3 miglia si è
progressivamente esteso.
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Il principio del mare come patrimonio comune dell’umanità
Mentre i principi di libertà e di sovranità tendono entrambi a
salvaguardare gli interessi degli Stati, il principio del patrimonio
comune dell’umanità tende alla tutela dei mari come interesse comune
dell’uomo.
Il principio è presente nella parte XI dell’UNCLOS, con riferimento alla
zona di mare denominata «The Area» e deve quindi informare l’operato
della International Seabed Authority.
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GLI SPAZI MARINI NEL DIRITTO INTERNAZIONALE
Gli spazi marini possono essere suddivisi in due macrocategorie.
Spazi marini sottoposti alla giurisdizione dello Stato costiero
Acque
interne,
mare
territoriale,
stretti
internazionali,
acque
arcipelagiche, zona contigua, zona economica esclusiva, piattaforma
continentale.
Spazi marini al di là della giurisdizione dello Stato costiero
Alto mare.
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GLI SPAZI MARINI SOTTOPOSTI ALLA GIURISDIZIONE
DELLO STATO COSTIERO
A sua volta, la presente macrocategoria può essere scomposta in
sottocategorie:
A) Spazi marini governati dalla sovranità territoriale
Si tratta di: acque interne, mari territoriali, stretti internazionali e acque
arcipelagiche.
In questi spazi la sovranità esercitata dallo Stato costiero è completa ed
esclusiva.
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Sovranità completa
Lo Stato esercita una completa giurisdizione, sia a livello legislativo che
esecutivo e giudiziario, sul tale spazio.
La giurisdizione non conosce limiti né dal punto di vista dell’oggetto
(ratione materiae) né dal punto di vista dei soggetti (ratione personae).
Sovranità esclusiva
La sovranità esclude la giurisdizione di Stati diversi.
Queste caratteristiche possono però essere derogate da norme di diritto
internazionale.
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B) Spazi marini al di là della sovranità territoriale ma sottoposti alla
giurisdizione dello Stato costiero
Si tratta di: zona economica esclusiva, piattaforma continentale (cfr. artt.
56, par. 1, e 77, par. 1, dell’UNCLOS), zona contigua in presenza di una
ZEE.
Su tali spazi, lo Stato costiero esercita una giurisdizione per certi versi
simile alla sovranità territoriale.
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• La giurisdizione può essere esercitata solo entro i limiti spaziali della
zona in questione;
• Lo Stato esercita una potestà legislativa, esecutiva e giudiziaria nello
spazio in questione;
• Lo Stato esercita la giurisdizione senza limiti ratione personae, a
prescindere dalla nazionalità del soggetto;
• La giurisdizione è esercitata in maniera esclusiva, estromettendo il
diritto di Stati terzi ad usufruire delle risorse presenti in tali spazi;
• L’esercizio della sovranità dello Stato costiero è limitata ratione
materiae, in quanto esso può esercitare la propria giurisdizione
relativamente ad un dato scopo.
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ZONE SOTTOPOSTE ALLA SOVRANITÀ TERRITORIALE
DELLO STATO COSTIERO
• Le acque interne
Si tratta delle acque che si trovano all’interno della linea di base dalla
quale è misurato il mare territoriale (art. 8, par. 1, UNCLOS). Es.: acque
all’interno della linea di bassa marea, porti, estuari, acque racchiuse nella
linea di chiusura delle baie. Non sono inclusi i laghi.
Lo Stato costiero gode di piena sovranità sulle acque interne (art. 2, par.
1, UNCLOS) e non si applica, in linea generale, il diritto di passaggio
inoffensivo.
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• Il mare territoriale
Si tratta delle acque che si trovano fino al limite delle 12 miglia nautiche
a partire dalla linea di base (art. 16 UNCLOS). Comprende il sottosuolo,
il fondo marino, la colonna d’acqua e lo spazio aereo sovrastante.
È previsto che lo Stato costiero conceda il diritto di passaggio inoffensivo
sul proprio mare territoriale (art. 18, par. 1, UNCLOS).
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ZONE SOTTOPOSTE ALLA GIURISDIZIONE DELLO
STATO COSTIERO
• La zona contigua
Si tratta delle zona d’acqua contigua al mare territoriale, che si estende
fino al limite delle 24 miglia marine a partire dalla linea di base.
In essa, lo Stato costiero può esercitare i controlli necessari a prevenire la
violazione, all’interno del proprio territorio o mare territoriale, delle
normative doganali, fiscali, sanitarie o di immigrazione. All’interno della
zona contigua, inoltre, lo Stato costiero può esercitare attività repressive
delle suddette violazioni (art. 33, par. 1, UNCLOS).
Vi è dibattito circa la possibilità di applicare tali poteri di controllo e
repressione anche in relazione a violazioni compiute nella zona contigua
(ad eccezione di reperti storici e archeologici).
La zona contigua diviene parte della zona economica esclusiva.
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• La zona economica esclusiva (ZEE)
Si tratta delle zona d’acqua contigua al mare territoriale, che si estende
fino al limite delle 200 miglia marine a partire dalla linea di base (artt. 55
e 57 UNCLOS).
Per esercitare la propria giurisdizione, lo Stato costiero deve stabilire la
ZEE. Inoltre, lo Stato è obbligato a dare adeguata pubblicità della
delimitazione della zona, depositando le carte o le coordinate presso il
Segretario Generale delle Nazioni Unite.
La Corte internazionale di giustizia ha riconosciuto l’esistenza di un
diritto consuetudinario all’istituzione della ZEE (sentenza Libia c. Malta,
1985).
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DIRITTI DEGLI STATI NELLA ZEE
• Diritti dello Stato costiero
Lo Stato costiero può esercitare diritti sovrani allo scopo di esplorare e
sfruttare, conservare e gestire le risorse naturali, viventi e non viventi,
presenti nella zona (art. 56 UNCLOS).
La zona comprende non solo la colonna d’acqua, ma anche l’aria, il
fondale e il sottosuolo. Nel caso di risorse presenti sul fondale o nel
sottosuolo, si applicheranno anche le norme sulla piattaforma
continentale.
I diritti dello Stato costiero sono limitati ratione materiae all’utilizzo delle
risorse naturali.
Si tratta di diritti esclusivi, nel senso che nessuna attività di utilizzo delle
risorse può essere condotta senza l’autorizzazione dello Stato.
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• Diritti dello Stato terzo
Lo Stato terzo può utilizzare le risorse naturali della ZEE solo se
autorizzato dallo Stato costiero.
Allo Stato terzo sono però concesse alcune libertà, sebbene esse possano
ricevere limitazioni alla luce di ulteriori norme (ad esempio per la tutela
dell’ambiente):
- la libertà di navigazione;
- la libertà di navigazione aerea;
- la possibilità di depositare cavi e gasdotti.
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LE DIFFERENTI ZONE ESCLUSIVE
E I POTERI DEGLI STATI COSTIERI
La ZEE racchiude differenti poteri di sfruttamento delle risorse naturali.
Spesso gli Stati costieri decidono di istituire zone il cui scopo è più
ristretto rispetto a quello della ZEE.
Nel Mediterraneo si registra quindi la prassi dell’istituzione di zone
specificamente dedicate, che assumono la denominazione di zone di
pesca o di zone di protezione ambientale.
Tali zone si distinguono dunque dalle ZEE per la maggiore
delimitazione del potere esercitabile dallo Stato costiero.
Ad esempio, in una zona di pesca il potere di controllo dello Stato sarà
limitato all’impedimento dello sfruttamento delle risorse alieutiche da
parte di Stati terzi.
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Nella zona esclusiva, lo Stato costiero non può esercitare una sovranità
piena, assimilabile a quella di cui gode sulla terraferma o sul mare
territoriale.
Il potere dello Stato costiero è quindi limitato in senso funzionale allo
scopo per il quale la zona è istituita.
Tale limite funzionale impone un utilizzo proporzionale del potere,
limitando dunque la libertà degli Stati terzi senza eccedere dallo scopo
per il quale esso è costituito.
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UN ESEMPIO DI POTERE:
LA CONSERVAZIONE DELLE RISORSE MARINE
Dal punto di vista della conservazione delle risorse marine, l’UNCLOS
ha stabilito due principi:
• Lo Stato costiero è obbligato a determinare il volume ammissibile
delle catture nella ZEE (art. 61, par. 1, UNCLOS). Inoltre, esso è tenuto
a stabilire la propria capacità di cattura e stipulare accordi per
permettere a Stati terzi di usufruire della quota eccedente.
Vi sono però delle difficoltà: (i) difficoltà nel determinare il volume
ammissibile se lo stock di pesce non è sempre stanziale nella ZEE; (ii)
non è sempre possibile reperire i dati scientifici per la determinazione;
(iii) lo Stato costiero gode di una discrezionalità molto ampia.
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• Attraverso un meccanismo di rendimento massimo sostenibile
(maximum sustainable yield, MSY), si cerca di mantenere costante la
produttività dei mari, permettendo la pesca di un numero sostenibile
di pesci (art. 61, par. 3, UNCLOS).
Il MSY non è in grado di tener conto di fattori come la relazione
ecologica tra le specie, lo stato degli habitat, i limiti della biomassa e altri
fattori che possono creare disturbo all’ambiente.
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ISTITUZIONE E DELIMITAZIONE DELLE ZEE
La ZEE può essere costituita attraverso un atto unilaterale dello Stato
costiero.
Solitamente, lo Stato disciplina l’esercizio della propria giurisdizione
attraverso una norma interna.
Nel Mediterraneo, le particolari conformità geografiche delle coste
possono determinare il rischio di sovrapposizione delle ZEE di differenti
Stati costieri.
Per questa ragione, si rende necessario il ricorso a strumenti
internazionali (accordi, trattati) per una delimitazione delle zone che
tenga conto in modo equo delle esigenze degli Stati adiacenti o frontisti
(cfr. art. 74, par. 1, UNCLOS).
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La delimitazione unilaterale di una ZEE che non tenga conto delle
esigenze degli Stati adiacenti o frontisti potrebbe quindi risolversi in una
violazione del diritto internazionale.
Per queste ragioni, si è registrato nel tempo un alto numero di
controversie relative alla delimitazione delle aree soggette ad una
giurisdizione degli Stati costieri.
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Le numerose controversie in relazione alla delimitazione delle
piattaforme continentali e delle ZEE sono state risolte facendo ricorso a
due opposti orientamenti:
- uno rivolto al raggiungimento di un risultato equo (es. applicazione
del metodo della equidistanza);
- uno rivolto al raggiungimento di un risultato attraverso un equo
correttivo (es. utilizzo di una linea mediana che può essere spostata
alla luce di rilevanti circostanze al fine di raggiungere una soluzione
equa).
Una delle possibili soluzioni al problema della delimitazione delle ZEE
nel Mediterraneo è il ricorso a trattati internazionali che istituiscano una
sorta di condominio tra gli Stati costieri.
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IL RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA
È noto che gli Stati membri dell’Unione europea hanno rinunciato a
proprie competenze sovrane, attribuendo tali poteri all’Unione.
Uno dei campi nei quali la competenza dell’UE esclude quella degli Stati
membri è la pesca.
L’Unione adotta regole e principi stringenti nell’esecuzione della politica
comune della pesca, che si impongono con forza cogente sugli Stati
membri.
L’Unione è peraltro parte contraente dell’UNCLOS.
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Le norme dell’Unione possono dunque avere influenza anche
nell’esercizio della sovranità o della giurisdizione (intesa come sovranità
ridotta) degli Stati membri sui mari.
In particolare, l’Unione europea ha stabilito il principio della parità di
accesso dei pescherecci unionali alle acque e alle risorse unionali (cfr.
considerando n. 18 e art. 5, par. 1, del Regolamento (UE) n. 1380/2013).
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A temperamento di tale principio, l’Unione europea stabilisce che, entro
il 31 dicembre 2022, gli Stati membri sono autorizzati a limitare la pesca
nelle acque situato entro le 12 miglia ai pescherecci che pescano
tradizionalmente in tali acque e che provengono da porti situati sulla
costa adiacente (art. 5, par. 2, Regolamento 1380/2013).
Questa deroga al principio generale si giustifica nei limiti in cui la
limitazione
all’accesso
sia
funzionale
a
portare
benefici
alla
conservazione delle risorse naturali in zone sensibili, oltre a preservare le
attività di pesca tradizionali dalle quali può dipendere lo sviluppo
sociale ed economico di alcune comunità costiere (cfr. considerando n. 19
del Regolamento 1380/2013).
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In maniera parallela e in certi sensi sovrapponibile, l’Unione permette
agli Stati membri di esercitare, per conto dell’Unione, un potere di
conservazione e di gestione delle risorse alieutiche all’interno delle 12
miglia. Questo potere deve essere applicato in senso non discriminatorio
a tutti i pescherecci unionali e non può essere esercitato nel caso l’Unione
abbia posto in essere disposizioni proprie (cfr. considerando n. 41 e art.
20, par. 1, del Regolamento 1380/2013).
Inoltre, le misure nazionali devono essere notificate alla Commissione
europea qualora esse possano avere incidenza sui pescherecci di altri
Stati membri.
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Il crescente ruolo dell’Unione europea potrebbe rappresentare una
soluzione ai problemi di delimitazione delle ZEE (o di zone assimilabili)
nel Mediterraneo.
L’istituzione
di
ZEE
da
parte
dell’Unione
europea
potrebbe
rappresentare infatti un mezzo per esercitare in maniera condivisa e non
discriminatoria i poteri sovrani sulle risorse marine.
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I DIRITTI STORICI
Uno Stato può acquisire diritti su un’area marina in virtù di un continuo
e pubblico utilizzo da tempo immemore, fondato sulla acquiescenza
dell’altro Stato che esercita la sovranità sull’area. Tale diritto viene
acquisito in deroga alle normali regole di diritto internazionale.
Ai sensi dell’art. 15 UNCLOS, «Where the coasts of two States are
opposite or adjacent to each other, neither of the two States is entitled,
failing agreement between them to the contrary, to extend its territorial
sea beyond the median line every point of which is equidistant from the
nearest points on the baselines from which the breadth of the territorial
seas of each of the two States is measured. The above provision does not
apply, however, where it is necessary by reason of historic title or other
special circumstances to delimit the territorial seas of the two States in a
way which is at variance therewith”.
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Occorre comunque sottolineare che l’UNCLOS non fa menzione dei
diritti storici in relazione alla determinazione delle ZEE. Sarebbe
comunque paradossale che tali diritti possano venire in rilievo per la
delimitazione dei mari territoriali e non per quella di aree dove gli Stati
non godono di una piena sovranità, anche in applicazione del principio
di equità.
Sebbene uno Stato potrebbe vantare diritti storici su di un’area, si rende
necessario nel caso concreto procedere ad chiara determinazione delle
modalità di utilizzo di tali diritti.
Per questa ragione, sembra ragionevole far ricorso ad accordi
internazionali, in quanto lasciare lo Stato costiero obbligato a garantire il
diritto storico potrebbe determinare unilateralmente modalità che si
risolvono in pratiche discriminatorie.
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DISCRIMINAZIONI DIRETTE ED INDIRETTE
Si è visto come l’Unione europea concede agli Stati membri, entro certi
limiti, il diritto di regolare o limitare le modalità di sfruttamento delle
risorse ittiche.
Tali modalità non possono però determinare discriminazioni tra
pescherecci provenienti dagli Stati dell’Unione.
Così anche la regolazione delle modalità di utilizzo dei diritti storici non
può tradursi in comportamenti discriminatori.
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La
discriminazione
si
traduce
solitamente
in
un
trattamento
pregiudizievole nei confronti di una certa categoria di soggetti,
individuata ad esempio attraverso la nazionalità.
Occorre notare però che un comportamento può risultare discriminatorio
anche qualora il pregiudizio sia provocato solo indirettamente.
Una discriminazione indiretta può configurarsi quanto, a fronte di una
disposizione o di un criterio formalmente neutri, si determini una
situazione significativamente più sfavorevole per un particolare gruppo
di soggetti rispetto ad altre persone che si trovano in una posizione
analoga.
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Nel caso della pesca, una discriminazione indiretta potrebbe quindi
essere configurata ove una disposizione nazionale dello Stato costiero,
volta a tutelare lo stock ittico o a regolare l’esercizio di un diritto storico,
determini modalità che, seppure all’apparenza non discriminatorie,
provochino però nei fatti uno svantaggio per pescatori provenienti da
altri Stati.
Lo svantaggio può essere determinato da elementi preesistenti e
conosciuti, quali ad esempio le modalità e le condizioni di esercizio della
pesca, dovute alle particolari caratteristiche di impresa del gruppo di
pescatori, che risultano essere diverse da quelle tipiche di altri Stati.
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