Web e Made in Italy: la terra di mezzo della comunicazione d

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Web e Made in Italy: la terra di mezzo della comunicazione d
Web e Made in Italy: la terra di mezzo della comunicazione
d’impresa*
Vladi Finotto**
Stefano Micelli***
In corso di pubblicazione su Mercati e competitività, n. 4 (2010)
*
Gli autori desiderano ringraziare la dott.ssa Alessandra Luise, collaboratrice del Centro TeDIS
di Venice International University, per il supporto operativo nella fase di raccolta dei dati.
**
Ricercatore in Economia e gestione delle imprese, Dipartimento di Economia e Direzione
Aziendale, Università Ca’ Foscari, Fondamenta San Giobbe 873, Cannaregio, 30121, Venezia.
Email: [email protected].
***
Professore associato di Economia e gestione delle imprese, Dipartimento di Economia e
Direzione Aziendale, Università Ca’ Foscari, e direttore del centro TeDIS di Venice
International University.
1
Web e Made in Italy: la terra di mezzo della comunicazione
d’impresa
ITA
Abstract
Nonostante la diffusione del web 2.0 abbia alimentato grandi aspettative, la sua
adozione da parte delle imprese del Made in Italy è ancora ridotta. Gli autori
ritengono che questa distanza sia dovuta alla natura specifica degli spazi di
comunicazione in rete. L’analisi di quattro casi suggerisce che il presidio degli spazi
di comunicazione del web 2.0 avvenga in contesti aziendali caratterizzati da quattro
elementi: elevata propensione imprenditoriale; capacità di sviluppare discorsi
originali intorno ai temi centrali per le comunità di riferimento; l’avvicendamento
generazionale; lo stimolo delle figure professionali più creative.
Parole chiave
Web marketing, comunità di
imprenditorialità, creatività.
consumatori, web 2.0, Made in Italy,
ENGL
Web and Made in Italy: the intermediate spaces of corporate communication
Abstract
Despite the expectations generated by their diffusion, web 2.0 services and
applications are hardly used by Made in Italy firms. According to the authors this
distance is due to the nature of communication on the web, an intermediate space
with peculiar logics. The analysis of multiple case studies suggests that the
exploration of these intermediate spaces is possible within organizational contexts
characterized by four elements: a strong entrepreneurial orientation; the ability to
develop complex discourses on themes which are crucial for relevant consumer
communities; generational change; the stimulus coming from creative professional
figures.
Keywords
Web marketing, consumer communities, web 2.0, Made in Italy, entrepreneurship,
creativity.
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1. Introduzione
La crescente popolarità delle applicazioni del web 2.0 – social network, blog,
wiki, aggregatori di contenuti generati dagli utenti – ha dato vita a nuovi modelli di
utilizzo della rete, caratterizzati dal ruolo attivo degli utenti nella creazione e nella
distribuzione di contenuti (O’Reilly, 2005; Ozuem et al., 2008). La natura distribuita
della comunicazione in rete e la partecipazione degli utenti alla creazione e
distribuzione dei contenuti che caratterizzano il web 2.0 impongono a studiosi ed
operatori di marketing una riflessione sui percorsi e sulle strategie più adeguate per
valorizzare gli strumenti di comunicazione digitale.
La letteratura più recente ha enfatizzato il ruolo delle tecnologie di rete
nell’assecondare alcuni cambiamenti sostanziali nei comportamenti di consumo.
Particolare attenzione è stata dedicata al web come strumento attraverso il quale i
consumatori danno vita a reti di relazione con i propri pari basati sulla condivisione di
interessi, valori, idee e pratiche di consumo (Simmons, 2008; Cova, 1997). Entro
queste reti di relazione la comunicazione commerciale convive con i messaggi ed i
contenuti prodotti dalle comunità di consumatori (Ozuem et al, 2008), può avvalersi
degli effetti positivi del word of mouth (Kozinets, 2010), può beneficiare dalla
valorizzazione della creatività mostrata dalle comunità di consumatori integrando i
contenuti autonomamente generati dagli utenti. Non mancano analisi che evidenziano
anche le ricadute negative, in termini di reputazione e resistenza alla comunicazione
commerciale, della ritrovata centralità del consumatore nella generazione e diffusione
di contenuti (Holt, 2003; Krishnamurthy, Kucuk, 2009).
In generale la letteratura emergente sul web 2.0 rileva il cambiamento sostanziale
delle dinamiche di comunicazione tra impresa e consumatori, verso una situazione di
minore controllo sul messaggio da parte delle imprese ed un contesto di
comunicazione maggiormente collaborativo e paritetico. Le analisi più recenti
individuano nella relazione con le comunità di clienti il presupposto della creazione di
valore, attraverso percorsi di co-creazione ed apprendimento reciproco (Bernoff, Li,
2008). In questi spazi di socializzazione ed interazione le imprese possono ottenere
feedback sulla propria offerta, nuovi concetti ed idee in grado di arricchire e rinnovare
la propria immagine di marca, sviluppare comunità di consumatori fedeli e proattivi,
fare leva sugli utenti per amplificare ed ampliare la portata e la diffusione della
propria comunicazione (Bernoff, Li, 2008; Kozinets et al., 2010).
Nonostante il sostanziale accordo sulle potenzialità del web 2.0, l’effettivo utilizzo
di questi strumenti da parte delle aziende è ancora contenuto. La letteratura
specialistica e la stampa enfatizzano i risultati delle sperimentazioni avviate da grandi
brand, ma l’integrazione di questi strumenti nel marketing mix della gran parte delle
aziende rimane problematica.
Non si tratta di un generico ritardo nel cogliere le potenzialità di marketing del
web. La dinamica positiva dell’investimento pubblicitario online, a livello globale e
nazionale, evidenzia come le imprese abbiano compreso la rilevanza di Internet come
strumento per comunicare con un consumatore multicanale, alla ricerca costante di
nuove possibilità di contatto con aziende e marche (Ceccarelli, 2009). Al contrario il
presidio degli spazi del web 2.0 sembra essere frenato dalla difficoltà nel gestire
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un’apertura sostanziale dei propri processi di comunicazione all’intervento degli
utenti e a una parziale perdita di controllo sulla comunicazione inerente la marca ed il
prodotto (Bernoff, Li, 2008; Krishnamurty, Dou, 2008; Costantinides, Fountain,
2008).
Il presente articolo intende contribuire all’individuazione dei percorsi e delle
modalità con le quali le potenzialità del web 2.0 possono essere colte, con riferimento
particolare all’utilizzo del web 2.0 come strumento di comunicazione e di relazione
con il consumo da parte delle piccole e medie imprese dei settori tipici del Made in
Italy
(abbigliamento-moda,
arredo-casa,
automazione-meccanica
leggera,
agroalimentare).
Gli obiettivi specifici della ricerca hanno duplice natura. In primo luogo si è inteso
misurare la presenza delle imprese del Made in Italy sul web sia in termini di maturità
dei servizi e delle applicazioni di comunicazione nei siti aziendali, sia in termini di
presidio dei principali spazi del web 2.0. Il quadro che emerge dall’analisi rivela la
distanza delle imprese italiane dal web 2.0. In secondo luogo, lo studio ha l’obiettivo
di individuare i fattori alla base dell’avvio di una presenza nei circuiti del web 2.0 da
parte di alcuni “pionieri”. Attraverso l’analisi di quattro casi si è cercato di
individuare le motivazioni alla base dello sviluppo di un presidio degli spazi di
comunicazione del web 2.0 e le specificità della comunicazione in questi contesti.
L’articolo individua future direzioni di ricerca legate alla natura della comunicazione
commerciale nel web 2.0, ai fattori di contesto ed alle competenze necessarie per
l’utilizzo di queste tecnologie in azienda.
2. Internet: dalla pubblicità all’interazione
La diffusione dell’accesso a Internet e l’incremento nell’utilizzo del web come
strumento di informazione ed interazione ha posto al centro della riflessione di
marketing due temi. Il primo è rappresentato dalla multicanalità del consumatore
(Ceccarelli, 2009) che utilizza diversi media – tradizionali e nuovi – per ampliare le
opportunità di informazione e di contatto con le marche. Il secondo tema di rilievo
nella ricerca di marketing più recente è rappresentato dalle modalità con cui le
imprese possono valorizzare le relazioni con comunità di consumatori potenzialmente
in grado di contribuire all’innovazione di prodotto, al rinnovamento dell’immagine di
marca ed alla promozione di prodotti e brand (Di Maria, Finotto, 2008; Cova, 2003;
Bagozzi, Dholakia, 2006).
I dati sull’investimento pubblicitario a livello mondiale confermano la rilevanza
del web come strumento di comunicazione: la spesa in pubblicità in rete nel 2009 è
stata pari a 58 miliardi di dollari. La crescita dell’investimento pubblicitario in rete è
stata sostenuta sia nel 2008 (19% rispetto al 2007) e nel 2009 (9% rispetto al 2008)
nonostante il difficile quadro economico generale (eMarketer, 2009). L’investimento
in advertising su Internet ammonta, nel 2009, al 13% dell’investimento pubblicitario
totale a livello globale, e gli operatori stimano un ulteriore incremento nel 2010 (IAB,
2009). Il dato inerente gli investimenti pubblicitari in Internet in Italia offre un quadro
incoraggiante: nonostante i valori assoluti siano distanti dalle medie di paesi come
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Germania, Gran Bretagna e Usa, l’investimento è cresciuto nel 2009 del 5% rispetto
al 2008, arrivando ad un totale di quasi 585 milioni di euro (fonte: FCPAssoInternet)1.
Con riferimento al web 2.0, tuttavia, si rileva che sia la teoria che la pratica del
marketing si sono sino ad ora concentrate sulla dimensione più tecnica di queste
applicazioni – la loro natura di tecnologie dell’informazione – e sulla scala della
comunicazione che rendono possibile, lasciando al margine considerazioni relative
alla natura della comunicazione in questi spazi (Ozuem et al. 2008). In particolare, si
nota, il marketing ha dato per scontati la natura ed il ruolo della comunicazione in
questi spazi, focalizzandosi sulle nuove opportunità offerte in termini di promozione
di prodotti o marche. Minore attenzione è stata dedicata alla tensione costante tra la
dimensione commerciale e quella comunitaria dell’interazione online, tensione che
sembra richiedere un ripensamento dei contenuti e degli approcci della
comunicazione di marketing in rete (Ozuem et al., 2008; Kozinets et al., 2010).
2.1 Avviare e gestire relazioni sul web: web 2.0 e comunità di consumatori
Mentre i numeri sull’online advertising confermano la maturità di Internet come
strumento di comunicazione, la situazione relativa all’utilizzo dei servizi web di
nuova generazione appare più incerta e caratterizzata dall’assenza di modelli
gestionali consolidati, così come di certe misure di ritorno sull’investimento.
Anche se da un punto di vista teorico la riflessione sul web 2.0 è relativamente
recente e poco sviluppata, i contributi più rilevanti (Bernoff, Li, 2008) valorizzano
filoni di ricerca consolidati nella letteratura di management, in particolare quello sulle
comunità di consumatori – virtuali ed offline (Hagel, Armstrong, 1998; Micelli,
Prandelli, 2000; Muniz, O'Guinn, 2001).
Caratteristica fondamentale del web 2.0 è la trasformazione di Internet da spazio
informativo a spazio partecipativo nel quale i consumatori utilizzano piattaforme e
strumenti di publishing e relazione per dare vita a conversazioni non necessariamente
poste sotto il controllo diretto delle imprese. Negli spazi del web 2.0 i consumatori
creano e distribuiscono informazioni, contenuti e conoscenze potenzialmente utili per
le imprese in termini di miglioramento dei propri prodotti, di rinnovamento
dell’immagine di marca, di consolidamento delle relazioni con i consumatori più
attenti e sofisticati.
Questi strumenti contribuiscono a cambiare radicalmente la natura del consumo ed
il suo ruolo nella generazione di valore. In prima battuta rompono l’isolamento del
consumatore che attraverso applicazioni di social networking partecipa ad una
socialità ricca che inevitabilmente si ripercuote sulle sue percezioni e sui processi
d’acquisto (Micelli, 2000; Vescovi, 2007; Krishnamurty, Dou, 2008; Bernoff, Li,
2008). In secondo luogo il consumatore da attore passivo diventa attivo creatore e
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Il dato è riferito all’investimento in pubblicità di tipo display (oltre 233 milioni, in flessione
dell’1% rispetto al 2008), Search (quasi 318 milioni di euro, con un incremento dell’11%
rispetto al 2008) e affiliate (oltre 33 milioni di euro, in flessione del 2% rispetto al 2008). I dati
sono stati ricavati dall’Osservatorio FCP-AssoInternet (2010).
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distributore di contenuti, informazioni, conoscenze ed applicazioni. Grazie agli
strumenti di publishing e distribuzione del web 2.0 i consumatori modificano
contenuti ed informazioni create sia da altri consumatori che dalle imprese (O’Reilly,
2005; Di Maria, Finotto, 2008; Costantinides, Fountain, 2008).
La ricerca sulle comunità di consumatori, maturata in contesti disciplinari diversi,
ha individuato chiaramente le implicazioni strategiche del ritrovato protagonismo dei
consumatori. Sul versante degli studi sull’innovazione si è enfatizzato il contributo
degli utenti all’innovazione di prodotto. In una prospettiva di marketing ci si è
focalizzati maggiormente sul contributo delle comunità di consumatori nel
rinnovamento dell’insieme di valori, identità e significati veicolati dal brand. Nella prospettiva consolidata degli innovation studies, l’impresa trova nei
consumatori dei partner in possesso di competenze cruciali per l’innovazione di
prodotto. I lead user sono in grado di anticipare le tendenze della domanda generale e
detengono competenze specialistiche che consentono loro di modificare ed innovare i
prodotti utilizzati (Von Hippel, 1988). Le innovazioni sviluppate dai consumatori
sono il risultato di percorsi di sperimentazione e creazione di nuova conoscenza che
avvengono all’interno di contesti di comunità (Franke, Shah, 2003; Von Hippel,
2001). In questi circuiti ciascun utente contribuisce ad uno sforzo collettivo secondo
le proprie capacità e le proprie competenze. La condivisione di interessi ed identità e
l’orientamento ad un obiettivo comune sono i fattori alla base dell’esistenza e della
sostenibilità di questi circuiti sociali di creazione di nuova conoscenza (Wenger,
1998).
Sul secondo versante, la riflessione di marketing ha enfatizzato la centralità
dell’identità nel motivare la partecipazione dei consumatori a circuiti comunitari. Le
pratiche di consumo, in quest’ottica, sono processi di costruzione di identità in un
momento storico in cui i tradizionali collanti sociali - la classe, le ideologie politiche,
l’appartenenza nazionale - hanno perso vigore (Fabris, 2003).
La scelta di prodotti o marche riflette gli orientamenti ed i valori che l’individuo
acquisisce nelle relazioni che intrattiene. Allo stesso tempo la preferenza verso
determinati prodotti e marche rispetto ad altre è alla base della costruzione di una
socialità esclusiva, basata sulla condivisione dell’interesse e della preferenza per tali
marche e per l’universo di significati che esse sintetizzano. Cova (Cova, 1997, 2003)
a questo proposito parla del valore “connettivo” - linking value - di prodotti e marche.
I significati e i valori alla base di questa nuova socialità sono il risultato di
contributi provenienti da una parte dalla comunicazione commerciale - la pubblicità,
le sponsorizzazioni, i testimonial - dall’altra dall’attività di creazione di significati che
si svolge lontano dall’impresa, nei luoghi del consumo (Morling, Strannegard, 2004;
Bagozzi, Dholakia, 2006; Muniz, O'Guinn, 2001). Nei circuiti di relazione in rete,
quindi, il consumo è attivo promotore della trasformazione delle culture a cui aderisce
e rinnova l’insieme di significati, valori ed identità collettive che le marche possono, e
debbono, incorporare se vogliono rappresentare i brand di riferimento per le comunità
di consumatori (Cova, 1997, 2003; Di Maria, Finotto, 2008).
In questo quadro, avvalendosi degli strumenti della comunicazione in rete, i
consumatori diventano attivi promotori della comunicazione commerciale,
amplificando la sua portata e la sua diffusione attraverso meccanismi di passaparola
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non direttamente controllati dalle imprese (Kozinets, 2010). L’aderenza della
comunicazione commerciale ai valori ed ai significati condivisi dalle comunità di
consumatori innesca processi di legittimazione dell’impresa agli occhi delle comunità
rilevanti (Muniz, O’Guinn, 2001) che si fanno promotori dei messaggi dell’azienda,
del suo marchio e della sua offerta nei rispettivi sistemi di relazione.
In seconda battuta, nei circuiti di comunità hanno luogo processi di reinterpretazione ed arricchimento del capitale simbolico promosso dalla
comunicazione commerciale. Attraverso gli strumenti del publishing multimediale,
infatti, i consumatori non diventano solo diffusori di messaggi creati dalle imprese,
quanto creatori autonomi di messaggi e contenuti che contribuiscono a rinforzare la
legittimazione dell’impresa presso le comunità rilevanti (Simmons, 2008; Ozuem et
al. 2008) e forniscono all’impresa ulteriori contenuti ed elementi per far evolvere la
propria comunicazione in una direzione coerente con l’insieme di identità, valori e
significati condivisi dalle comunità di consumatori di riferimento.
2.2 Valorizzare i contributi degli utenti nel web 2.0: prospettive e
problematiche
Se la riflessione sulle comunità di consumatori e sulla comunicazione in rete è
maturata in un contesto in cui gli strumenti dell’interazione richiedevano un set di
competenze tecnologiche non banali, la facilità d’uso dei social media ha ridotto
drasticamente le barriere all’accesso alla socialità in rete. Oggi Facebook ospita più di
400 milioni di utenti attivi che intrattengono relazioni, condividono contenuti,
utilizzano applicazioni di vario tipo. Youtube ospita centinaia di migliaia di video, in
parte creati dagli utenti, in parte dagli operatori della comunicazione e modificati
dagli utenti. Insomma, il web dà visibilità e spazio alla creatività degli utenti e mette a
disposizione delle aziende un enorme patrimonio di conoscenze, contenuti ed
informazioni. Molti consumatori si affidano, nelle proprie decisioni di acquisto, alle
informazioni ed alle opinioni di altri utenti pubblicati su blog, spazi di discussione e
comunità.
Alcune analisi hanno individuato le modalità con le quali le imprese possono
valorizzare la ricchezza del web e le conversazioni che lo popolano (Bernoff, Li,
2008; Levine et al., 2000). Bernoff e Li (Bernoff, Li, 2008) propongono una serie di
linee guida in grado di orientare la formulazione di strategie efficaci nell’adozione
degli strumenti del social web. I social media possono avere le seguenti
“applicazioni”:
1. Ricerca e sviluppo (Listening): valorizzazione dei feedback e degli spunti degli
utenti nei processi di innovazione dei prodotti e dell’offerta;
2. Applicazioni di marketing (Talking): ascolto del consumatore al fine di
valorizzare culture di consumo e valori emergenti nel branding dell’impresa;
3. Applicazioni commerciali (Energizing): coinvolgimento degli utenti più
entusiasti – evangelist – nella promozione del marchio e dei suoi prodotti,
valorizzando il passaparola ed il marketing virale;
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4. Applicazioni di supporto e assistenza (Supporting): il web consente di creare un
front-end grazie al quale l’impresa può assistere i clienti nel post-vendita e soprattutto
delegare parte delle attività di assistenza agli utenti.
Nonostante la letteratura abbia fornito delle indicazioni inerenti le modalità
operative con le quali presidiare efficacemente gli spazi del web 2.0, l’utilizzo dei
social media in azienda è ancora ridotto e limitato a poche sperimentazioni, per lo più
da parte di grandi brand (Costantinides, Fountain, 2008). Il web 2.0 rappresenta, come
rilevano diverse analisi, (Bertelè et al., 2007; Bughin, Manyika, 2008), un’eccezione
piuttosto che la regola e le imprese si dimostrano caute nell’adozione di questi
strumenti.
Colpisce in particolare lo scarto tra l’enfasi riposta sul web 2.0 come strumento di
comunicazione particolarmente adatto alla comunicazione delle piccole e medie
imprese, visti i costi ridotti, e l’effettivo utilizzo di questi strumenti nelle realtà
aziendali più piccole, ancora molto limitato.
Alcuni fattori che frenano l’adozione del web 2.0 in azienda sono stati identificati
da alcuni recenti contributi (Bughin, 2008). In primo luogo il presidio degli spazi di
interazione del web 2.0 richiede alle aziende una sostanziale apertura dei propri
processi di comunicazione ad attori non controllabili: clienti fidelizzati ed entusiasti,
ma anche critici e oppositori. In secondo luogo la partecipazione alle conversazioni
sviluppate in rete richiede all’azienda di legittimarsi attraverso la creazione e la
distribuzione di contenuti che arricchiscano le conversazioni intrattenute nella
comunità di riferimento. Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dalla
necessità di incentivare e premiare la partecipazione degli utenti, riconoscendone
motivazioni ed aspirazioni e premiandole. Valorizzare il contributo delle comunità in
rete, inoltre, richiede la presenza di competenze di “interfaccia”, professionalità in
grado di individuare comunità potenzialmente interessanti e di animare la
partecipazione degli utenti. A frenare ulteriormente l’adozione degli strumenti del
web 2.0 è l’assenza di indicazioni precise sul tipo e sull’entità dei benefici economici
derivanti dalla partecipazione all’interazione sul web 2.0.
3. Il web 2.0 nelle imprese del Made in Italy: obiettivi e metodologia della ricerca
Sulla base delle opportunità e delle criticità inerenti l’utilizzo del web 2.0
individuate in letteratura, lo studio presentato in questo articolo ha avuto un duplice
obiettivo. Il primo è stato quello di valutare l’utilizzo degli strumenti del web 2.0
presso le imprese del Made in Italy (Abbigliamento-moda, Arredo-Casa,
Automazione-Meccanica leggera, Agro-Alimentare). In un secondo momento la
ricerca ha avuto l’obiettivo di individuare le motivazioni alla base dell’utilizzo del
web 2.0 da parte di alcune imprese selezionate e valutare le modalità con le quali
esse valorizzano l’interazione con i consumatori sul web.
La ricerca si è articolata su due fasi. La prima, di natura quantitativa, è consistita
in una survey sull’adozione dell’ICT e nell’analisi dei siti web e della presenza sui
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principali servizi e siti del web 2.0 di un campione di 1003 aziende rappresentativo
del Made in Italy2. Nel dettaglio, la ricerca si è focalizzata:
1. sul sotto-universo delle imprese manifatturiere con oltre 2.5 milioni di euro di
fatturato dei 45 principali distretti industriali italiani del Made in Italy
(Abbigliamento-moda, Arredo-casa, Automazione-meccanica leggera,
Agro-alimentare);
2. su un campione delle imprese manifatturiere (non distrettuali) dei succitati
settori del Made in Italy del Nord Italia (Friuli Venezia Giulia, Trentino
Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna) con fatturato
2004 superiore a 5 milioni di euro.
All’indagine hanno preso parte 500 imprese del primo sotto-universo (composto
da 1818 imprese in totale) e 503 aziende sulle 700 componenti il campione al punto 2:
268 imprese (26.7%) appartengono al sistema moda, 211 al sistema arredo-casa
(21%), 450 al sistema dell’automazione-meccanica (44.9%), 74 all’agro-alimentare
(7.3%). In termini di fatturato, il 10% del campione è composto da micro-imprese
(fatturato fino a 5 milioni di euro), il 23.2% da piccole imprese (da 5,1 a 10 milioni di
euro), il 47.4% da medie imprese (da 10,1 a 50 milioni di euro), il 19.3% da grandi
imprese (oltre 50 milioni di euro). In termini di addetti, il 41.6% del campione
consiste di piccole imprese (fino a 19 addetti), il 46.8% di medie imprese (da 20 a 249
addetti), l’11.5% di grandi imprese (oltre i 250 addetti). Sul totale del campione, il
51,4% delle imprese realizza prodotti finiti per il mercato, le rimanenti operano sui
mercati intermedi (28.2%) o si occupano di lavorazioni conto terzi.
La rilevazione sui siti web delle aziende ha avuto l’obiettivo di ottenere un quadro
relativamente esaustivo dell’utilizzo dei siti web da parte delle imprese analizzate in
termini di pubblicazione di informazioni inerenti l’azienda ed i suoi prodotti, sia
attraverso contenuti testuali che multimediali, ed in termini di offerta di funzionalità
di interazione e contatto con il consumo. L’analisi dei siti web è parte di un più ampio
monitoraggio dell’utilizzo delle tecnologie di rete da parte delle piccole e medie
imprese del made in Italy condotto con cadenza annuale dal gruppo di ricerca.
Sulla base dei questionari compilati dalle imprese partecipanti alla rilevazione si è
provveduto ad individuare i siti web di ciascuna azienda e a catalogarne le
funzionalità offerte, rilevando la presenza o l’assenza di contenuti informativi e
funzionalità di interazione (cfr. tab. 1)
2
Il presente studio sull’adozione del web 2.0 si inserisce in un più ampio progetto di ricerca
sull’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese
distrettuali e non del Made in Italy (cfr. Chiarvesio et al., 2010).
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Tab. 1: Funzionalità e servizi rilevati nell’analisi dei siti web
Contenuti/Servizi
Presentazione
dell’azienda
Comunicati e rassegne
stampa
Rilevazione
Presenza/assenza
News
Catalogo
Sole pagine statiche/pagine
dinamiche con contenuti
aggiornati
Presenza/assenza
Descrizione prodotto
Presenza/assenza
Informazioni logistiche
e di contatto
Presenza/assenza
Contatti
Presenza/assenza
Riproposizione
campagne
su
altri
media
Area feedback utente
Presenza/assenza
Area utenti registrati
Presenza/assenza
Multimedialità del sito
Presenza/assenza
Presenza/assenza
Presenza/assenza
Descrizione dell’item
Contenuti di presentazione dell’impresa (storia,
prodotti, mercati serviti)
Presenza di spazi e sezioni del sito dedicate ai
contenuti per la stampa e alla rassegna stampa
sull’azienda
Presenza di pagine dinamiche con contenuti
aggiornati con frequenza almeno mensile/Sole
pagine statiche non aggiornate
Presenza del catalogo prodotti (sia web che in
formato file scaricabile, es.pdf)
Presenza di schede di prodotto (sia web che in
formato file scaricabile, es. pdf)
Informazioni sulla localizzazione delle sedi
dell’impresa e sui distributori e/o agenti nei
mercati serviti dall’impresa
Almeno uno tra: email generale, email per
funzione, numero verde, sistemi di instant
messaging e telefonia su Internet (es. Skype)
Presenza sul sito di contenuti e campagne
promozionali diffusi su altri media (es. stampa,
tv, radio)
Presenza di form per la raccolta di feedback
utenti direttamente dal sito web
Presenza di aree di discussione/intranet
accessibili su registrazione al sito
Presenza di contenuti multimediali: audio,
video, immagini, animazioni (es. Flash)
L’analisi dei siti web delle aziende del campione ha avuto l’obiettivo di valutare la
maturità della presenza sul web e di valutare la presenza di servizi e spazi per
l’interazione con gli utenti sui siti aziendali. Si sono analizzati i siti di 805 imprese. I
rimanenti sono risultati inaccessibili al momento della rilevazione o in costruzione
(marzo-giugno 2008).
In un secondo momento, a partire dalle risultanze dell’analisi sui siti aziendali, si è
si è verificata l’esistenza la presenza di spazi aziendali ufficiali (canali e account
aziendali) nei principali siti del web 2.0: Youtube, MSN Video e Vimeo (video),
Flickr (immagini e foto), Wiki, e ambienti di collaborazione (Ning), Facebook,
Myspace e Linkedin (social network). Per quanto concerne gli ambienti di
collaborazione (Wiki, Ning e blog aziendali) l’analisi ha tenuto in considerazione i
link diretti a questi ambienti riportati nelle pagine dei siti aziendali, non esistendo
specifici repositori di contenuti.
Il momento quantitativo dell’indagine ha fornito un quadro di sostanziale distanza
delle pmi del Made in Italy dal web 2.0. L’indagine si è quindi concentrata sull’analisi
qualitativa di un numero limitato di outlier nel campione, che si sono segnalate per le
sperimentazioni avviate sul web 2.0. I casi sono stati sviluppati attraverso l’analisi di
fonti secondarie, interviste ad imprenditori e manager delle imprese ed attraverso
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l’analisi dei contenuti creati e distribuiti dalle imprese negli spazi del web 2.0 (blog,
forum, aggregatori).
I casi selezionati sono degli outlier nella misura in cui rappresentano una frazione
infinitesimale del campione: per questo la loro analisi è significativa da un punto di
vista teorico, piuttosto che statistico (Siggelkow, 2007; Shah, Corley, 2006)3. La
natura emergente del fenomeno analizzato e la relativa assenza di framework teorici
consolidati ha determinato una selezione dei casi di tipo information-oriented (Yin,
1994): nel limitato numero di imprese del campione attivamente coinvolte nella
sperimentazione di applicazioni e strumenti del web 2.0, le tre selezionate si
caratterizzano per una maggiore ricchezza informativa e visibilità del fenomeno
analizzato, consentendo così di contribuire allo sviluppo di un framework teorico in
grado di orientare successivi sforzi di ricerca ed analisi.
4. Il sito web e le imprese del Made in Italy
Il sito web rappresenta il primo e più immediato strumento con cui l’azienda
comunica se stessa, il proprio marchio e i propri prodotti. Il 91% delle imprese del
campione dispone di un sito web, tuttavia il dato necessita di essere ulteriormente
qualificato, al fine di distinguere tra diverse forme di presenza in rete: dai siti-vetrina
a forme più evolute di integrazione di contenuti multimediali e funzionalità di
interazione nei siti corporate.
Il 94,5% dei siti analizzati presenta un’area dedicata alla presentazione
dell’azienda (storia, localizzazione, presentazione generale dell’offerta e mission).
Solo il 32% dei siti presenta un’area dedicata alla stampa – rassegna stampa e
comunicati stampa – e poco più della metà dei siti ha una sezione dedicata a news
aggiornate periodicamente dall’impresa (56,4%).
Tab. 2: informazioni sull’azienda
Presentazione
dell’azienda
No
Sì
Totale
Frequenza
44
761
805
Comunicati stampa
e rassegna stampa
%
Frequenza
5,5
547
94,5
258
100,0
805
News
%
Frequenza
68,0
351
32,0
454
100,0
805
%
43,6
56,4
100,0
Dal punto di vista dell’informazione commerciale (cfr. tab. 3) i siti analizzati
offrono nella maggior parte dei casi un set basilare di informazioni e contenuti, tra cui
3
I casi, secondo la terminologia di Siggelkow (2007) sono dei «talking pigs» dei casi rari
nell’universo di riferimento, che in quanto tali consentono di individuare nuove prospettive per
fenomeni non ancora chiari e di contribuire a riempire dei vuoti nelle teorie e nelle prospettive
esistenti (cfr. anche Shah, Corley, 2006).
11
il catalogo dei prodotti (nel 92,5% dei casi), la descrizione delle caratteristiche dei
prodotti offerti (nell’86,6% dei casi) ed una serie di informazioni logistiche e di
contatto (sede dell’azienda, sede delle consociate e delle filiali, indirizzi dei punti
vendita presso i quali trovare i prodotti). Anche in termini di strumenti e canali di
interazione con l’impresa la gran parte dei siti presenta almeno un’opzione (email,
numero verde, contatto su Skype, email per funzione aziendale).
Tab. 3: Informazioni commerciali
Descrizione
prodotto
Catalogo
Frequenza
%
Frequenza
%
Informazioni
logistiche
Frequenza
Contatti (email, n. verde, skype,
email per funzione)
%
Frequenza
%
No
60
7,5
108
13,4
22
2,7
7
0,9
Sì
745
92,5
697
86,6
783
97,3
798
99,1
805 100,0
805
100,0
805
100,0
805
100,0
Totale
Più chiara è la distanza tra la comunicazione effettuata attraverso il sito e la
comunicazione dell’impresa su altri mezzi offline (media tradizionali, dalla stampa
alla tv). Nella gran parte dei siti analizzati mancano collegamenti a campagne
pubblicitarie e di comunicazione effettuate su altri media. Solo il 10.2% delle aziende
utilizza il sito per riproporre online i contenuti delle campagne effettuate su altri
canali (cfr. tab. 4).
Tab. 4. Integrazione tra il sito ed il marketing mix dell’impresa
Riproposizione di campagne su altri media Area feedback utente Area utenti registrati
Freq.
%
Freq.
%
Freq.
%
No
723
89,8
791
98,3
556
Sì
82
10,2
14
1,7
249
69,1
30,9
Tot.
805
100,0
805
100,0
805
100,0
E’ interessante notare che all’interno dei siti la maggiorparte delle aziende non ha
sviluppato strumenti per stimolare e valorizzare i feedback da parte dell’utente: solo
l’1,7% del campione offre un servizio dedicato ai feedback degli utenti (area
commenti, form da compilare direttamente sul sito). A bilanciare questo dato è quello
sull’area dedicata agli utenti registrati, presente nel 30,9% dei siti analizzati.
La multimedialità riguarda una porzione limitata dei siti analizzati, come si evince
da tab. 5.
12
Tab. 5: multimedialità nel sito
Video
Frequenza
No
Sì
Totale
Audio
%
Immagini
Frequenza
%
Frequenza
Animazioni Flash
%
Frequenza
%
750
93,2
692
86,0
35
4,3
249
30,9
55
6,8
113
14,0
770
95,7
556
69,1
805 100,0
805 100,0
805 100,0
805 100,0
Fatta eccezione per le immagini (95,7% delle osservazioni) e delle animazioni
flash (69,1%) l’audio-video è un territorio poco frequentato (il 14% dei siti presenta
contenuti audio, il 6,8% contenuti video).
4.1 La presenza sul web 2.0
L’indagine ha inteso verificare la presenza ufficiale delle imprese sui principali
aggregatori di contenuti e servizi del web 2.0, verificando l’esistenza di canali
ufficiali delle 805 imprese prese in considerazione. Per quanto concerne i Wiki e gli
ambienti di collaborazione, si è verificata la presenza di link a spazi di collaborazione
nei siti delle imprese. Il dato sulla presenza sui principali social network ed
aggregatori di contenuti del web 2.0 evidenzia la distanza delle Pmi dal web 2.0 (cfr.
tab. 6).
Tab. 6: presenza sui principali social network e piattaforme web 2.0
Condivisione video
(YouTube, Vimeo, MSN
Video)
Freq.
%
Condivisione
immagini (Flickr)
Freq.
No
773
96,0
Sì
32
4,0
Tot
805
100,0
%
Wiki e ambienti di
collaborazione
Freq.
%
Presenza in Myspace,
Facebook, Linkedin
Freq.
%
99,6
805
100,0
776
96,4
3
0,4
0
0,0
29
3,6
805
100
805
100,0
805
100,0
802
Solo 32 aziende hanno sviluppato una presenza ufficiale sugli aggregatori video
mentre 3 hanno un account aziendale su Flickr. Analogamente i social network che
hanno dominato il mercato consumer negli ultimi due anni (Facebook, Myspace ed in
misura minore Linkedin) sono stati oggetto di sperimentazione solo nel 3,6% dei casi
(29 aziende).
Per quanto concerne i blog, la rilevazione risulta problematica. La ricerca dei
nomi delle aziende nei principali motori di ricerca specializzati (Technorati.com) e
l’analisi dei siti web aziendali hanno consentito di reperire 6 blog ufficiali di imprese
13
del campione considerato (0,7%) (cfr. tab. 7). Nessuna delle 805 imprese ha avviato
una presenza su Second Life.
Tab. 7: Second Life e blog aziendali
Second Life
Frequenza
No
Sì
Totale
%
805 100,0
0
0,0
805 100,0
Blog
Frequenza
%
799
99,3
6
0,7
805 100,0
5. I risultati dell’analisi qualitativa
I dati presentati suggeriscono che il web 2.0 rappresenta un terreno ancora poco
frequentato dalle imprese del Made in Italy. La distanza è segnata non solo verso gli
spazi di comunicazione più aggiornati – social media, blog – ma anche rispetto ad una
comunicazione online ritenuta ormai consolidata – siti web multimediali, produzione
di contenuti interattivi, ecc. Questa distanza appare ancor più significativa se riferita
ad imprese, quelle del Made in Italy, che si sono sempre contraddistinte per una
elevata capacità di dialogo con il consumo più esigente.
Nonostante il quadro generale poco incoraggiante, alcune aziende del campione
hanno avviato delle sperimentazioni con gli strumenti del web 2.0. In particolare sono
stati selezionati tre casi la cui analisi consente di individuare alcune motivazioni alla
base dell’investimento nella presenza sui social media ed alcune criticità di carattere
gestionale da tenere in considerazione in ulteriori studi sul tema.
La selezione dei casi ha tenuto conto della ricchezza informativa delle realtà
analizzate e dell’accessibilità alle imprese considerate. La selezione non tiene in
considerazione le specificità settoriali né ha obiettivi si significatività statistica. Al
contrario, a fronte di fenomeni non ancora completamente chiari in letteratura – le
modalità le motivazioni alla base dell’utilizzo degli strumenti del web 2.0 – si è
proceduto alla selezione di casi in grado di enucleare delle variabili potenzialmente
esplicative e le rispettive relazioni, al fine di proporre delle proposizioni da
approfondire in future attività di ricerca.
I casi sono stati sviluppati attraverso interviste non strutturate ripetute con gli
imprenditori ed i manager delle aziende selezionate, la partecipazione ad eventi di
settore, l’osservazione e l’analisi dei contenuti e delle modalità di utilizzo degli
strumenti del web 2.0. Obiettivo dei casi è stato quello di ricostruire il percorso di
adozione delle tecnologie del web 2.0 ed individuarne le motivazioni.
In tab. 8 sono sintetizzati i profili delle aziende prese in considerazione.
14
Tab. 8: i casi analizzati
Impresa
Dainese
Lago
Valcucine
Molino
Quaglia
Fatturato
(mln. €)
Addetti
Export
Sede
120
400
60%
Vicenza
25
44
100
180
30%
40%
Padova
Pordenone
28
70
-
Padova
Settore
Attrezzatura
sportiva
Arredamento
Arredamento
Alimentare
5.1 Contribuire alle culture del consumo
Un elemento che accomuna i casi analizzati è l’utilizzo di blog e strumenti di
publishing evoluti attraverso i quali le aziende contribuiscono con contenuti propri a
determinate culture del consumo. Nella fattispecie, le aziende selezionate utilizzano
gli spazi dell’interazione online per completare la comunicazione sui propri prodotti
ed i propri brand con contenuti inerenti tematiche più ampie e non necessariamente
legate alla propria offerta come lo sport, l’alimentazione e la cultura del cibo, la
sostenibilità ambientale e l’arte contemporanea.
Lago, azienda padovana dell’arredamento di design di fascia alta, ha investito
nello sviluppo di un blog (designconversation, blog.lago.it) nel quale essa esprime la
propria prospettiva sul mondo dell’arte e del design contemporaneo, segnalando
eventi, pubblicando contenuti multimediali sul tema, ospitando interventi testuali e
audio/video esterni. Il blog rappresenta il luogo nel quale l’imprenditore, il direttore
creativo ed il marketing manager dell’impresa si propongono alla comunità degli
esperti ed appassionati di arte e design come degli interlocutori legittimati, in grado di
contribuire con una prospettiva originale. I temi affrontati nel blog spaziano dalla
segnalazione degli ultimi concept di arredamento proposti dall’azienda all’analisi
delle iniziative più interessanti sviluppate dai competitor (ad es. Ikea), sino alle
riflessioni sulle dinamiche che interessano il mondo dell’arte e della creatività in
generale.
L’iniziativa si colloca nella ridefinizione complessiva della strategia dell’impresa,
trasformatasi da terzista ad impresa con brand proprio che l’imprenditore ha voluto
fortemente associare al mondo dell’arte. L’azienda collabora con alcune tra le più
importanti scuole di design internazionali (Royal College of Art e St. Martin’s
College) ed ospita periodicamente studenti di queste istituzioni per workshop creativi
presso la sede dell’azienda.
Il connubio del marchio con il mondo dell’arte è sostenuto dalla collaborazione
con giovani artisti per la progettazione dell’immagine integrata aziendale e dal ruolo
attivo giocato dall’azienda nell’organizzare momenti di incontro tra creativi ed artisti
a livello nazionale ed internazionale. Grazie a questa forte attenzione al mondo della
creatività e del design il blog di Lago è diventato luogo di confronto sulle principali
15
tendenze del design ed è stato a più riprese menzionato da magazine online e siti di
riferimento come Core 77 e the Cool Hunter.
Sempre nel settore dell’arredamento, nel caso di Valcucine, il blog
(ecovalcucine.blogspot.com) rappresenta uno spazio in cui la dimensione
commerciale e promozionale della comunicazione aziendale viene completata da una
forte presa di posizione dell’imprenditore sui temi della sostenibilità ambientale e
dello sviluppo sostenibile. L’ecologia, gli stili di vita rispettosi dell’ambiente e
sostenibili, le innovazioni tecnologiche in grado di risolvere i problemi ambientali
sono alcuni tra gli oggetti di discussione su cui l’imprenditore ed i suoi collaboratori
sviluppano i propri contributi. Il blog dell’azienda è inserito nel network dei green
sites (www.kode-green.org) e si occupa di tematiche tra le più svariate nell’ampio
dibattito sulla sostenibilità, dal design sostenibile allo scioglimento dei ghiacciai.
Segnala e promuove la partecipazione ad eventi su ecocompatibilità e sostenibilità e
bioarchitettura.
Molino Quaglia, mulino industriale padovano, ha sviluppato il proprio sito web
come hub per i gestori di esercizi pubblici - panettieri, pizzaioli, pasticceri - e per gli
appassionati del pane, della pasta e dei dolci. La homepage del sito
(www.molinoquaglia.com) è un “fuorisito” che sintetizza la varietà di attività svolte
dall’impresa a favore di queste figure professionali e degli appassionati: publishing di
notizie e contributi inerenti il mondo del pane, della pasta e delle farine, contenuti
sulla cultura del cibo, calendari di corsi sulla panificazione e la pasticceria tenuti
dall’impresa, testimonianze da eventi e fiere. Il sito stesso si configura come un
portale composto da una serie di microsezioni e blog dedicati: nell’ordine
l’accademia del pane, l’università della pizza, il laboratorio (sito che raccoglie le
notizie inerenti i corsi e gli eventi di formazione organizzati dall’impresa), migliori
pasticceri d’Italia ed eventi artistici, sito nel quale l’impresa raccoglie le creazioni di
maestri della ceramica che con essa collaborano.
Nei blog dell’azienda i temi di discussione principali sono legati alla cultura del
cibo. L’attività online è il più recente sviluppo di una serie di iniziative avviate dalla
nuova generazione della famiglia di imprenditori, riassunta nell’idea del
“Laboratorio”, nato nel 2003. Il laboratorio è un centro di ricerca e formazione,
realizzato e gestito dall’azienda, che offre programmi formativi nell’ambito della
molitura e della panificazione.
Il progetto si pone l’obiettivo non solo di rispondere ad una richiesta di
consulenza e di supporto da parte degli artigiani ma anche quello di mantenere vivo
l’interesse verso questo mestiere tipico della tradizione italiana, ricercando nuovi
prodotti e nuove idee in grado di rilanciarne l’immagine. Grazie ad Internet, l’azienda
è riuscita a dare maggior visibilità e risalto alle attività organizzate dal proprio centro
studi “Il Laboratorio” e ad instaurare un relazione più profonda con i propri clienti
che, oltre ad avere la possibilità di informarsi e di iscriversi alle iniziative
direttamente online, possono trovare contenuti approfonditi in merito alle varie
tecniche di lavorazione delle farine, alle tendenze in fatto di gusto e alle diverse
tipologie innovative di prodotto.
Il sito di Dainese negli ultimi tre anni è stato ridefinito dalla forte attenzione
dedicata all’area di comunità ed al confronto con e tra gli utenti. L’avvio
16
dell’esperienza del D-Club, il club degli appassionati di motociclismo e di Dainese e
dei campioni che essa sponsorizza (da Valentino Rossi a Aksel Svindal) ha permesso
di valorizzare il brand come marchio di riferimento nel mondo degli sport motoristici
e degli sport dinamici in generale. All’interno delle aree di discussione, gli utenti
scambiano consigli tecnici, segnalano problemi e soluzioni all’impresa, condividono
le proprie esperienze legate agli sport ed alle culture di riferimento. L’obiettivo alla
base del D-Club è di trasformare il sito da semplice vetrina a piattaforma di
conversazione con il consumo.
Attraverso il sito, l’impresa ha gestito il Betatest Experience, un’iniziativa nella
quale l’impresa invia i prototipi dei nuovi prodotti ad un numero limitato di iscritti al
D-Club per ottenerne informazioni utili e feedback. Nelle aree personali, gli utenti
hanno l’opportunità di raccontare se stessi ed il loro approccio al motociclismo ed agli
sport per cui Dainese è un marchio importante. Fotografie, racconti e filmati di
incidenti, moto-raduni, gare e manifestazioni contribuiscono a fare del sito di
Dainese un raccoglitore di storie che affermano e rafforzano la cultura sportiva. La
rappresentazione ed il racconto di queste culture sono costruiti solo in parte da
Dainese stessa, attraverso il sito e dei blog specifici per eventi come il Tourist Trophy
2008. Gran parte del racconto è costruito dai consumatori stessi, che hanno
riconosciuto a Dainese un genuino coinvolgimento nel mondo e nella cultura dei loro
sport preferiti.
5.2 Il racconto dell’imprenditorialità
L’esiguo numero di casi reperiti nel più ampio campione considerato per la ricerca
suggerisce l’opportunità di approfondire la relazione esistente tra imprenditorialità e
utilizzo dei nuovi strumenti di comunicazione. In particolare nei casi analizzati gli
strumenti del web 2.0 sono utilizzati come strumenti per produrre un racconto di
percorsi imprenditoriali originali. Che si tratti degli imprenditori o dei loro
collaboratori, in tutti i casi analizzati il web è uno strumento di espressione di idee di
business originali rispetto a quelle dei competitor, risultato di letture innovative della
natura del prodotto e della sua relazione con specifiche culture del consumo.
Tutte le imprese analizzate hanno percorso sentieri di sviluppo che esprimono una
forte tensione all’innovazione non tanto tecnologica, quanto imprenditoriale. La forte
adesione personale dell’imprenditore in Valcucine verso il tema della sostenibilità ha
determinato sia la revisione dei prodotti e dei processi in un’ottica green, sia la
capacità dell’impresa di proporsi al mercato non solo come produttore di cucine, ma
anche come attore provvisto di una propria prospettiva specifica su un tema
considerato cruciale da molti quale quello della sostenibilità ambientale.
Analogamente, per Lago, la qualificazione dell’oggetto d’arredo come incontro tra
industria ed arte contemporanea è stato il risultato di percorsi personali e professionali
che si sono sviluppati entro il mondo del design e della cultura.
Simili considerazioni possono essere fatte per Molino Quaglia che si propone
come animatrice di una comunità orientata a condividere l’esperienza e la cultura
dell’alimentazione. Attraverso il web l’impresa sta attivando network di panificatori,
17
pasticceri e pizzaioli sul territorio con il duplice fine di coinvolgerli nelle iniziative di
formazione ad ampio spettro che l’azienda coordina, ed attivare una rete di
professionisti in grado di valorizzare sul mercato una cultura della qualità nella
produzione di pane e pasta. Negli spazi editoriali e formativi gestiti dall’impresa si
ragiona su come coniugare le modalità distributive più moderne del prodotto pane e
pasta con la cultura artigianale della panificazione.
Nel caso di Dainese, la spinta ad arricchire, celebrare e seguire le trasformazioni
della cultura del motociclismo e degli sport dinamici è elemento essenziale nella
strategia dell’azienda, che grazie al suo fondatore, Lino Dainese, ha sin dagli anni ‘70
costruito una forte identificazione con i più grandi campioni e praticanti del
motocross e del motociclismo su pista. L’impresa da tempo si propone come brand di
riferimento di una vasta comunità internazionale di appassionati del motociclismo e
degli sport dinamici, partecipando ad eventi, sponsorizzando i campioni che meglio
incarnano lo spirito di queste pratiche sportive.
In tutti i casi, l’utilizzo degli strumenti del web risponde alla necessità di
comunicare in modo articolato l’adesione imprenditoriale a culture del consumo.
Questi percorsi imprenditoriali difficilmente possono essere espressi in tutta la loro
ricchezza attraverso gli strumenti di comunicazione tradizionale. La natura aperta e
partecipata delle conversazioni in rete ed i margini di creatività offerti dalle
tecnologie del web consentono di raccontare in modo esauriente queste idee
imprenditoriali.
5.3 Nuove generazioni, nuove competenze
I quattro casi sono accomunati dalla separazione tra l’informatica aziendale ed il
front-end web. Lo sviluppo di queste iniziative è avvenuto grazie allo stimolo delle
nuove generazioni nel caso di imprese familiari (Lago, Molino Quaglia), o da quello
di creativi o di professionisti del marketing (Dainese, Valcucine). Un elemento va
tenuto in considerazione: manca in tutti i casi un collegamento chiaro e diretto con
l’informatica aziendale.
Le attività che le imprese sviluppano negli spazi del web 2.0 non sono integrate
(fatta eccezione per Dainese) con le tecnologie gestionali dell’impresa. In tutti i casi
maggiorparte dei casi la gestione di questi spazi è a carico di figure legate alla
creatività, alla comunicazione ed al marketing o all’imprenditore stesso, profili
completamente diversi da quelli dell’informatico aziendale.
La componente generazionale sembra giocare un ruolo importante. A guidare o
gestire queste sperimentazioni sono giovani ventenni o trentenni in molti dei casi,
individui che hanno sviluppato una familiarità con gli strumenti della comunicazione
sul web indipendentemente dal loro utilizzo in azienda. Nel caso di Lago, a livello
individuale ciascun partecipante al blog gestisce una serie di account personali su
social network come Ning, Facebook e su piattaforme come Flickr e Youtube. Il team
creativo di Lago, responsabile delle iniziative sul web, è composto da trentenni
accomunati da background che hanno ibridato arte, design e comunicazione. Nel caso
di Dainese, una forte accelerazione alla sperimentazione delle soluzioni web più
innovative è venuta da un giovane inserito nel marketing dell’azienda in tempi
18
recenti. Per Molino Quaglia l’avvicendamento generazionale nell’azienda familiare è
stato alla base della ridefinizione del posizionamento del marchio e della
sperimentazione di forme innovative di relazione con il consumo.
5.4 Ridotta interazione e partecipazione
In tutti i casi analizzati, la presenza sul web 2.0 si caratterizza per la forte
attenzione alla creazione ed allo sviluppo di contenuti in grado di contribuire
attivamente alle conversazioni intrattenute dalle comunità di riferimento. La
valorizzazione dei contenuti generati dagli utenti, al contrario, è percepita come
problematica. In generale i blog di Lago e Valcucine permettono alle aziende di
qualificarsi come publisher di contenuti rilevanti per le comunità di riferimento. In
diverse occasioni i contenuti sviluppati nei blog vengono ripresi e distribuiti dagli
utenti all’interno di altri siti o blog non direttamente controllati dall’impresa. Sui blog,
tuttavia, l’interazione tra gli utenti e l’azienda è contenuta e limitata a pochi
commenti. Nel caso di Molino Quaglia l’attività sul web si configura come un’attività
di publishing a tutti gli effetti. Se da un lato l’azienda utilizza questi spazi per
ampliare la propria comunicazione alla cultura dell’alimentazione, dall’altro non è
riuscita ad avviare percorsi di interazione e a stimolare gli interventi dei lettori.
In tutti e tre i casi, i blog non hanno ancora raggiunto lo status di luoghi di
riferimento ed interazione per le comunità di riferimento. Le interazioni di rilievo
nelle rispettive comunità si svolgono in numerosi e diversi altri siti del web 2.0 e le
tre aziende sottolineano la necessità di integrare queste conversazioni con la propria
attività di publishing sui propri blog e siti. Il passaggio, tuttavia, non è ancora
avvenuto e la presenza in rete si focalizza prevalentemente sugli spazi direttamente
controllati.
Un discorso a parte merita Dainese, che da questo punto di vista ha saputo,
almeno in due occasioni, valorizzare gli esiti delle conversazioni intrattenute con i
propri consumatori. Nel caso della citata Betatest Experience l’azienda ha valorizzato
i feedback degli utenti attraverso la modifica di alcuni suoi prodotti (caschi e
protezioni). In occasione della campagna pubblicitaria I Dainese Me, che ha avuto
come protagonisti Valentino Rossi e la pattinatrice Carolina Kostner, l’azienda ha
invitato i membri della propria community ad inviare la propria versione della
pubblicità.
Nelle interviste ai responsabili dei diversi progetti, è emerso un approccio
graduale al web 2.0. Nella fase di sperimentazione corrente le imprese perseguono un
obiettivo di legittimazione del proprio brand nei confronti delle comunità di
riferimento, attraverso la produzione di contenuti coerenti con i valori delle stesse. In
prospettiva tutte le aziende interpellate dichiarano di voler valorizzare gli esiti delle
interazioni con i consumatori, tuttavia rilevano alcune difficoltà. In primo luogo le
conversazioni rilevanti si svolgono su vari siti e portali esterni a quelli propri. E’
necessario quindi presidiare quegli spazi oltre a quelli direttamente controllati
dall’azienda. In secondo luogo non si sono ancora individuati i percorsi ed i processi
19
attraverso i quali integrare i contenuti emergenti nelle relazioni tra utenti nelle
strategie di marketing in modo sistematico.
6. Il web 2.0 come terra di mezzo: conclusioni e prospettive di ricerca
A conclusione della ricerca presentata in questo articolo e sulla base dalle
evidenze emerse, si propone l’immagine del web 2.0 come terra di mezzo, come
spazio intermedio non direttamente assimilabile alle logiche tradizionali della
comunicazione d’impresa. A partire da questa immagine si esplicitano alcune
implicazioni di ricerca per contribuire ad una migliore comprensione delle modalità
con le quali questi strumenti possono essere valorizzati nelle strategie di marketing.
In primo luogo il web 2.0 è una terra di mezzo ancora inesplorata per gran parte
delle imprese del Made in Italy. Come evidenziato dall’analisi dei siti web e della
presenza sul web 2.0, l’adozione degli strumenti web di ultima generazione è ancora
un’eccezione piuttosto che la regola. Sembra opportuno continuare a monitorare la
dinamica di adozione di questi strumenti da parte delle imprese italiane, al fine di
comprendere se l’attuale cautela sia dovuta alla novità di questi strumenti o se, al
contrario, il web 2.0 sia un’opzione praticabile solo per un numero limitato di
imprese.
In secondo luogo il web 2.0 è un territorio intermedio dal punto di vista
tecnologico. Non sono ancora chiari i possibili percorsi di integrazione tra le attività
svolte dalle imprese in questi spazi ed il back-end informatico delle imprese. Come
evidenziato dall’analisi qualitativa, l’informatica aziendale non riveste un ruolo
propulsivo nelle sperimentazioni sul web. Al contrario, a stimolare questi percorsi
sono state prevalentemente figure del marketing, della comunicazione e della
creatività. E’ chiaro, tuttavia, il beneficio che potrebbe derivare da un’integrazione tra
il front-end sul web ed il back-end informatico in termini di marketing intelligence,
data la quantità di informazioni generate dai consumatori nelle relazioni intrattenute
in rete.
La natura intermedia del web si manifesta anche in termini di logiche di
comunicazione. Nei casi analizzati il web 2.0 non è utilizzato esclusivamente per
promuovere il proprio marchio o i propri prodotti. Piuttosto offre la ricchezza di
strumenti, lo spazio e la profondità necessari per sviluppare dei discorsi più ampi ed
articolati, orientati ad inserire il brand entro culture rilevanti per le comunità di
riferimento. Negli spazi del web 2.0 le aziende analizzate si segnalano per una
produzione continua e costante di contenuti, svolgono un ruolo editoriale che consiste
nella continua produzione di contenuti sui temi di interesse per la comunità e per la
selezione di contenuti esterni a beneficio della comunità stessa. Un aspetto da
approfondire in ulteriori indagini sul tema è quanto questa attività editoriale sia
gestibile secondo le logiche e dalle strutture del marketing o al contrario richieda
logiche, competenze e strutture diverse.
Il web 2.0, nei casi analizzati, è uno spazio che si colloca a metà tra il marketing e
l’imprenditorialità. In tutti i casi l’utilizzo di questi strumenti non è guidato da una
precisa pianificazione di marketing, quanto stimolato dalla volontà rendere visibili
20
percorsi imprenditoriali caratterizzati dalla ridefinizione di consumi, prodotti o
mercati. In tutti i casi la presenza dell’impresa sul web 2.0 è una presenza personale:
sono degli individui a prendere parola negli spazi dell’interazione e del publishing
online e lo fanno a nome dell’azienda, spesso senza filtri o processi di controllo dei
contenuti. Sembra opportuno approfondire questo aspetto al fine di individuare
l’esistenza di modelli orientati ad una maggiore pianificazione ed
istituzionalizzazione e la loro efficacia. Stabilire i rischi associati ad una gestione
individuale e non mediata della relazione tra impresa e consumatori rappresenta
un’ulteriore tematica di ricerca da sviluppare in futuro.
Da ultimo i casi analizzati si trovano in uno spazio intermedio nel senso che
utilizzano gli strumenti del web 2.0 prevalentemente come strumenti di publishing
mentre non ne capitalizzano il potenziale interattivo. L’atteggiamento verso il web 2.0
delle aziende analizzate è ancora centrato sul presidio di spazi controllati e
controllabili dall’impresa, mentre gran parte delle conversazioni tra consumatori
avvengono in siti esterni. Al fine di capitalizzare la creatività dei consumatori è
necessario che queste aziende si spingano al di fuori del perimetro direttamente
controllato, stabilendo una presenza ufficiale nei principali siti del web 2.0.
L’integrazione tra siti direttamente controllati e spazi di comunicazione terzi
consentirebbe di monitorare in modo capillare tutte le conversazioni rilevanti per
l’impresa e per la sua comunicazione ed offrirebbe inoltre la possibilità di generare
traffico verso i siti ed i blog ufficiali, alimentando in questo modo un possibile circolo
virtuoso.
21
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