CatecAdulti GesùNazareth cap 8 giovanni immagine acqua

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CatecAdulti GesùNazareth cap 8 giovanni immagine acqua
CATECHESI PER ADULTI
Da Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli.
Cap. 8. 2 LE GRANDI IMMAGINI DEL VANGELO DI GIOVANNI
L’acqua
In generale qual è il simbolismo dell’acqua nella storia delle religioni?
L’acqua è un elemento originario della vita e perciò anche uno dei simboli originari
dell’umanità. Si presenta in diverse forme e dunque anche in diverse interpretazioni.
La sorgente, l’acqua fresca che sgorga dal grembo della terra. La sorgente è origine,
inizio. Appare come elemento creativo, anche come simbolo della fertilità, della maternità.
Il fiume. I grandi fiumi - il Nilo, l’Eufrate e il Tigri - sono nelle terre che circondano Israele i
grandi dispensatori di vita, appaiono quasi divini. In Israele è il Giordano a garantire alla
terra la vita. Con il battesimo di Gesù la profondità della corrente rappresenta anche il
pericolo; discendere in essa può significare la discesa nella morte e la risalita la rinascita.
Il mare come potenza ammirata nella sua maestà, ma soprattutto temuta come antipodo
della terra, lo spazio vitale dell’uomo. L’attraversamento del Mar Rosso è per Israele il
simbolo della salvezza. Se i cristiani lo considerano una prefigurazione del Battesimo,
allora il mare è simbolo della morte. L’attraversamento diventa immagine del mistero della
croce: entrare con Cristo nella morte, per giungere con Lui nuovamente alla vita.
E nel Vangelo di Giovanni?
Il simbolismo dell’acqua lo pervade. La prima volta nel colloquio con Nicodemo nel III
capi.: per entrare nel regno di Dio, l’uomo deve rinascere da acqua e da Spirito (Gv 3,5).
Che significa?
Il Battesimo viene interpretato come rinascita, di cui - in analogia con la nascita dalla
inseminazione maschile e dal concepimento femminile - fa parte un duplice principio: lo
Spirito divino e l’ “acqua come madre naturale della vita naturale”. Per la rinascita ci vuole
il potere creatore dello Spirito di Dio ma, col sacramento, ci vuole anche il grembo materno
della Chiesa che accoglie. Spirito e acqua, Cristo e Chiesa vanno insieme. L’acqua
simboleggia, nel sacramento, la Chiesa che accoglie la creazione in sé e la rappresenta.
Poi dove troviamo il simbolismo dell’acqua?
Nel IV cap. c’è Gesù al pozzo di Giacobbe: promette alla Samaritana un’acqua capace di
trasformarsi, in chi ne beve, in sorgente che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14), cosicché
chi ne beve non abbia più sete. Qui, al pozzo di Giacobbe, incontriamo Giacobbe come il
capostipite che ha donato l’acqua, elemento fondamentale della vita. Nell’uomo però vi è
una sete più grande, poiché cerca una vita che vada oltre la sfera biologica. Giovanni
distingue bíos e zoé - la vita biologica e quella vita completa che non è sottoposta al
morire. Con la Samaritana l’acqua diventa simbolo dello Spirito Santo, del vero potere
vitale che placa la sete più profonda e dona la vita totale.
Dove lo troviamo ancora?
Nel cap. V l’acqua compare più di sfuggita. C’è l’uomo malato da trentotto anni che si
aspetta la guarigione dall’immersione nella piscina di Betzaetà ma non trova nessuno che
lo faccia entrare. Gesù lo guarisce. Nel VII cap. c’è Gesù durante la festa delle Capanne
con il rito dell’offerta dell’acqua. Poi nel cap. IX Gesù guarisce un cieco nato: per guarire
deve lavarsi nella piscina di “Sìloe (che significa Inviato)”(Gv 9,7). Così viene indicata la
vera ragione del miracolo. L’ “Inviato” è Gesù: è Lui mediante il quale si lascia purificare
per diventare vedente. L’intero capitolo si rivela una spiegazione del battesimo: Cristo è il
dispensatore della luce che ci apre gli occhi attraverso la mediazione del sacramento.
Dove compare ancora l’acqua?
Nel XIII cap. - nell’Ultima Cena - nella lavanda dei piedi. Gesù versa l’acqua in un catino e
comincia a lavare i piedi ai discepoli (Gv 13,4s.). L’umiltà di Gesù, che si fa schiavo, è il
pediluvio purificatore che rende gli uomini degni di sedere alla mensa di Dio. Infine l’acqua
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c’è alla fine della passione: dopo che Gesù è morto uno dei soldati “gli colpì il fianco con la
lancia e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19,34). Giovanni vuole riferirsi ai sacramenti
principali della Chiesa - il Battesimo e l’Eucaristia - che sgorgano dal cuore di Gesù con i
quali la Chiesa nasce dal suo costato.
Che significano le parole di Gesù in occasione della festa delle Capanne in 7,37ss.: ...“Chi
ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva
sgorgheranno dal suo seno”...?
Sullo sfondo c’è il rito della festa, che consisteva nell’attingere acqua alla sorgente di Sìloe
per portarla al tempio. La festa era dapprima una preghiera d’impetrazione della pioggia,
ma poi il rito era diventato un ricordo dell’acqua che Dio aveva fatto sgorgare per gli ebrei
dalla roccia durante le peregrinazioni nel deserto (cfr. Nm 20,1-13). Con questa parola
Gesù si presenta come il nuovo Mosè. È lui stesso la roccia che dona la vita. Si presenta
come l’acqua viva, a cui tende la sete più profonda dell’uomo, la sete di vita.
Come si beve quest’acqua?
“Chi crede in me...”. La fede in Gesù è il modo in cui si beve l’acqua viva, si beve la vita
che non è più minacciata dalla morte.
Perché l’inciso “come dice la Scrittura”?
Gesù ci tiene a stare nella continuità della Scrittura. Tutto il Vangelo di Giovanni, come gli
altri Vangeli, legittimano la fede in Gesù facendo leva sul fatto che in Lui confluiscono tutti i
fiumi della Scrittura, che a partire da Lui si rende evidente il senso unitario della Scrittura.
Ma la Scrittura dove parla di questa sorgente viva?
Poc’anzi abbiamo già individuato la roccia dispensatrice di vita. Poi c’è Ezechiele 47,1-12 la visione del nuovo tempio: “E vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso
oriente”(47,1). L’immagine era poi stata ripresa da Zaccaria: “In quel giorno acque vive
sgorgheranno da Gerusalemme...”(Zc 14,8). L’ultimo capitolo della Bibbia reinterpreta
queste immagini: “Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva..., che scaturiva dal trono di Dio e
dell’Agnello”(Ap 22,1). Già nella purificazione del tempio Giovanni vede il Signore risorto, il
suo corpo, come il nuovo tempio: è legittimo cogliere, nella parola sui fiumi di acqua viva,
anche un riferimento a questo tempio. Esiste la corrente di vita promessa, che disintossica
la terra salata, fa maturare abbondanza di vita. È Colui che nell’amore è passato
attraverso la croce e ora vive in una vita che ormai nessuna morte può più minacciare.
Allora, cosa indica la frase pronunciata durante la festa delle Capanne?
Non solo la nuova Gerusalemme, in cui Dio stesso dimora ed è sorgente di vita - indica in
anticipo il corpo del Crocifisso, da cui sgorgano sangue e acqua. Lo rivela come il vero
tempio, che non è fatto di pietra e che, proprio perché significa inabitazione di Dio nel
mondo, è e resterà anche la sorgente della vita per tutti i tempi.
Chi guarda la storia con occhio vigile riuscirà a vedere questo fiume, che dal Golgota
scorre attraverso i tempi. Là dove giunge questa corrente, crescono alberi da frutto, scorre
la vita vera, da questa sorgente dell’amore che si è donato e si dona.
Vale solo quest’interpretazione riferita a Cristo?
Non esclude che la parola valga anche per i fedeli. Una frase del Vangelo apocrifo di
Tommaso orienta in una direzione conforme a Giovanni: “Colui che beve dalla mia bocca
diventerà come me”. Il fedele diventa una cosa sola con Cristo e partecipa della sua
fecondità. L’uomo credente che ama con Cristo diventa un pozzo che dona vita. È
possibile constatare nella storia come i santi siano oasi, intorno alle quali spunta la vita. Ed
è sempre, in definitiva, Cristo stesso la sorgente.
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