XII Assemblea Nazionale di Arci Servizio Civile

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XII Assemblea Nazionale di Arci Servizio Civile
XII Assemblea Nazionale di Arci Servizio Civile
Relazione introduttiva di Licio Palazzini, presidente nazionale uscente
Cari amici,
un saluto e un ringraziamento pe r esse re qui alla XII Assemblea Nazionale di Arci
Se rvizio C ivile . Un’Assemblea che ha avuto un ite r preparatorio dive rso dalle pre cedenti.
Ne gli incontri preparatori, che hanno espresso un convinto conse nso alla bozza di
Manifesto 2007, con una significa tiva aggiunta che rigua rda il ruolo della scuola ne i
pe rcorsi di cittadinanza, sono eme rsi i lati positivi della costituzione di un live llo re gionale
ne l sistema SC N.
Si se gnalano pe rcorsi che fanno eme rge re il peso dive rso che ne lle varie Re gioni
assumono alcune tematiche nazionali (rapporto del SC N con lo studio o il lavoro, con la
qualità de i we lfare locali, con le spe cificità culturali o e conom iche ) com inciando a
de lineare identità re gionali.
Anche ne l nostro te ssuto associativo le spe cificità si fanno vede re e ridimensionano le
paure di un ASC tutto ve rticistico nazionale oppure , all’opposto, una passività de lle
associazioni locali.
Anche ne lla sottolineatura de i temi più spe cifici del SC N si sono manifestate sensibilità
dive rse (dalla parte cipazione de i giovani ai proge tti, alla tensione con l’azione di alcune
Regioni e così via).
Soprattutto sta nascendo e si sta formando un gruppo di ope ratori politici che si
affianche ranno, ci auguriamo, a coloro (pochi) che in questi anni hanno agito a live llo
nazionale ve rso il Gove rno e l’UNSC .
Davve ro, come e ra pre vedibile e auspica bile , l’a ttivazione , a ccanto a ll’UNSC , de lle
Regioni e PA potrebbe esse re un valore aggiunto di democrazia parte cipata, di
allargamento de l nume ro de lle pe rsone e de i temi su cui ope rare , degli stessi sogge tti
sociali che contribuiscono a dare anima al sistema de l SC N.
Abbiamo consape volmente de ciso di me tte re in se condo piano la nostra natura di “e nte
accreditato di se rvizio civile ” e vive re inve ce la nostra natura di libe ra associazione di
scopo, ope rante dal 1986 (stase ra festegge remo i nostri 20 anni), costituita pe r volontà
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di 4 associazioni nazionali ne l 1996 (ARCI, Arciragazzi, Legambiente , Uisp) a cui si è
unita nel 2001 AUSER , che ha dato vita a 103 a ssociazioni locali, a loro volta rife rimento
quotidiano al 31 Agosto 2006 di 1.084 enti che ope rano in 2405 sedi accre ditate .
Con gli ultim i anni ai tre regionali storici (Toscana, Emilia Romagna e Sicilia) si sono
aggiunte a ltre 8 Associazioni Regiona li e spe riamo che altre ne possano se guire be n
pre sto.
Arci Se rvizio C ivile ha inve stito ne l 2005 3,3 m ilioni di e uro (4600 euro pe r ogni giovane ),
di cui il 30% a carico de lla Associazione Nazionale , il 25% dalle se di di attuazione e il
45% dalle associazioni locali. Pe r l’UNSC quest’ultima realtà non e siste .
Il rifiuto, tenacemente mantenuto dalla pre ce dente Direzione de ll’UNSC , di richiede re agli
enti di 1 classe (e in Sicilia anche agli enti di 2 classe ) una propria struttura pe rife rica che
esprimesse la presenza dell’ente centrale ve rso le sedi di attuazione de i proge tti, ha
assunto con gli e lementi eme rsi ne lle polemiche de ll’estate 2006, uno dei suoi significati:
pe rme tte re a alcuni partiti politici de lla pre cedente coalizione di gove rno in alcune re gioni
italiane di fare scorre rie anche ne l SC N, così molti nostri ope ratori ne l Sud ci dicono e noi
siamo d’accordo.
Come le gge re a ltrimenti il fatto che alcuni enti a ccredita ti ne ll’a rco di due a nni sono
esplosi da qualche de cina di posti a alcune migliaia?
Noi sappiamo qua nto sia sta to faticoso e costoso a rrivare a lle dimensioni a ttua li e non ci
sentiamo particolarmente stupidi.
Sedi accreditate con la ragione sociale de ll’ente mentre in realtà ci ope rano altri sogge tti,
formazione a distanza messa sullo stesso piano della formazione sul campo, niente di
strutturato fra sede legale dell’ente e in qualche caso m igliaia di sedi di attuazione in
molte regioni italiane abbinato ad un uso spregiudicato de gli accordi di partenariato,
asse nza di controlli oppure controlli ste rilizzati quando i risultati e rano negativi: questi
alcuni strumenti pe r que lla politica alla quale , con autocritica, troppo poco ci siamo
opposti. Ma è anche ve ro che quelle sono macchine potenti.
Quindi la prima azione che dovremo attuare come Consiglio Nazionale è fare ulte riore
pre ssione , assieme alla C NESC e mi auguro alle Regioni, pe rché siano velocemente
introdotte modifiche alla normativa de ll’accreditamento che facciano cessare que ste
dege ne razioni.
In questo quadro, se dove sse attivarsi se riamente que sto riordino, che avrà conse guenze
anche ne l rapporto fra albo nazionale e albi re gionali e quindi ne i ruoli dell’UNSC e de lle
Regioni e province autonome, dovremo aprire come ASC una riflessione sul tipo di
rapporto con gli enti locali oggi inclusi con gli accordi di partenariato nella nostra re te .
Questa riflessione, che andrà accompagnata da una ulte riore cre scita proge ttuale de i soci
nazionali e locali, potrà aprirsi pe rò solo quando avremo uno scenario più pulito
de ll’attuale .
Spe riamo che anche questa Assemblea faccia capire a tutti quanto fosse ro infondate le
malignità e stive ve rso ASC dipinto quasi come un ente se rvice , anche se dovremo
attrezzarci ve rso coloro che ci vedono troppo pre senti ne l sistema del SC N,
sottovalutando che un sistema di 5 associazioni nazionali come le nostre socie , a cui poi
aggiunge re la re te di soci locali e a ccordi di parte na riato (come vedremo ne lla bre ve
pre sentazione fra poco) ha una potenzialità ben supe riore ai 3.500 posti di scn che
abbiamo ottenuto nel bando di Maggio 2006 e poi come dimenticare che ave vamo una
convenzione pe r 4.400 obie ttori?
Obiezione di coscienza al se rvizio m ilitare che resta uno de i nostri fondamenti ideali e
quindi anche della nostra azione programmatica. Con piace re abbiamo accolto quindi
l’impostazione data dal Ministe ro e dall’UNSC all’incontro con i giovani del prossimo 15
Dicembre 2006 a cui parte cipe rà anche il Presidente della Repubblica.
Questo be ne pubblico, pe rché pe r noi il se rvizio civile è un bene pubblico, ha vissuto fra il
1972 e il 2005 la stagione de l se rvizio civile alte rnativo al se rvizio militare obbligatorio.
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Più di 800.00 uomini italiani hanno rifiutato le arm i e sce lto que sto se rvizio alte rnativo.
Una sce lta di coscienza che , ne lle varie stagioni politiche de l nostro Paese , ha visto
istituzioni che l’hanno punita, ostacolata, subita, tolle rata, ne l bie nnio 1998-1999
riconosciuta e con P rodi Andreatta ele va ta a opzione strategica pe r il futuro de l nostro
Paese , ritorna ta a margina lità dopo la sce lta di andare a Forze Armate su base volonta ria,
lasciata a se ste ssa ne lla transizione che con il 2005 ha visto sospende re il se rvizio
militare di le va.
Adesso l’obiezione di coscienza al se rvizio m ilitare è di nuovo all’attenzione de l
Parlamento pe r toglie re il divie to pe rmanente de l porto d’armi pe r coloro che si sono
dichiarati obie ttori di coscienza. Te ntativo forse finale pe r alcuni di e tiche ttare il se rvizio
civile degli obie ttori, l’obiezione di coscienza in sé come una furbizia italica di e vitare la
fatica e il rischio, di aggirare la legge .
Tentativo al quale abbiamo de tto no anche ne lla audizione a cui abbiamo parte cipato lo
scorso 16 Novembre dove abbiamo avanzato le nostre proposte.
Beninteso, che la coscienza di ogni pe rsona inte rrogata dalla rea ltà e dalle vicende
concre te possa modificarsi, anche su crinali delicati come la reazione alla violenza altrui e
a l ricorso alle a rmi, è un fatto di maturità.
Quindi, che spe cifici cittadini, su loro esplicita richiesta e dopo un congruo nume ro di
anni, possano chie de re il porto d’arm i è un fatto in sé non scandaloso.
Ed è un primo risultato che i lavori parlamentari abbiano re cepito que sta posizione a
fronte di proge tti di legge che tende vano semplicemente a cance llare , pe r tutti, il divie to,
anche pe r chi come noi, è obie ttore ne lla vita.
Che pe rò que sto mutamento sia pre visto nella legislazione solo pe r gli obiettori di
coscie nza e non anche pe r coloro che hanno svolto il se rvizio militare obbligatorio fa
intuire il rischio che non di questione di plura lismo culturale e di rispe tto de lle coscienze
si tratti, bensì di attacco all’istituto de ll’obiezione di coscienza oltre che ovviamente
espressione di una lobby giovanile ben pre cisa. Pe r questo ci attive remo assieme ad altri
ve rso il Ministro Parisi e il Parlamento pe rché sia pre vista una normativa in mate ria di
dichiarazione di obiezione di coscienza, dopo il congedo pe r i militari di leva, così come
pe r gli obie ttori alla produzione be llica.
E la questione non riguarda solo il passato. Anche ne lla situazione di forze armate
volontarie , dire i soprattutto in questo caso, ove non di case rma e marce si tratta, ma di
combattimenti e morte data e subita, sarebbe importante che il Parlamento si
inte rrogasse e non inve ce , come accade in altri Paesi, de rubricare tutto a inte rruzione de l
rapporto di lavoro, con il lice nziamento. Noi continuiamo a pensare che il militare non è
una professione come le altre !
Oppure , in drammatico contrappasso con il caporale Lynn, (que lla delle foto ai prigionie ri
di Abu Ghraib) che accada, come è accaduto a Alyssa Pe te rson, morta a Se ttembre 2003
in Iraq, di a ve re come unica a lte rna tiva a lla contestazione de i metodi di inte rroga torio
ne lle carce ri, quella di suicidarsi e vede r insabbiato dal Pentagono il suo gesto. (Corse ra,
3 Novembre 2006, p. 16)
E che il militarismo e il maschilismo siano un problema comune ne lle forze armate
professionali o di le va è sotto gli occhi di tutti e videnziato dalle inchieste ufficiali negli
USA e in Ge rmania su gruppi neonazisti ne lle forze armate .
Un problema di fronte al quale troppo semplicisticamente si è abbassato la guardia ne l
nostro Paese, che ha purtroppo, accanto alla fede ltà alla Costituzione , anche una
tradizione ne gativa di inquinamento nelle Forze Armate (e non solo).
Pe r questo l’azione di ASC non potrà fe rmarsi alla sola promozione de l SC N, ma dovrà
a ve re un’attenzione a quello che a ccade nell’a ltra istituzione chiamata a difende re il
Paese .
Venendo al Se rvizio Civile Nazionale la questione centrale che poniamo a noi stessi e ai
nostri ospiti è la se guente .
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A conclusione di questi 5 anni di pr ima sperimentazione della legge 64/2001 e
guardando al futuro, cosa chiedono le istituzioni agli enti che si accreditano per
presentare e attuare progetti?
Lo chie diamo al Gove rno, che ha la re sponsabilità primaria, ribadita dalla Corte
Costituzionale , di gove rnare il SC N.
Lo chiediamo anche alle Regioni, chiamate a leale collaborazione con lo Stato pe r attuare
il SC N, anche pe r alcune affe rmazioni e atti che esprimono ne l concre to un’altra visione
ne gli obie ttivi dei proge tti che potrebbe presagire anche una visione dive rsa de ll’inte ra
espe rie nza del SC N.
Noi sappiamo di ave re una responsabilità educativa ve rso i giovani e una responsabilità
politica ve rso i cittadini e i nostro soci.
Dobbiamo quindi sape re pe r quale scopo ci viene chiesto di impegnarci e ne llo stesso
tempo siamo qui pe r avanzare la nostra visione e alcune proposte .
Già a Maggio con la presentazione de l Rapporto Annuale abbiamo solle vato la questione
de lle finalità attribuite al SC N.
Adesso siamo a Novembre . Riproponiamo la domanda pre ssati da scade nze ope rative e di
asse tti anche e conomici.
Pe r que sto avanziamo di nuovo la proposta di una sede politica ove Gove rno, Regioni e
Te rzo Se ttore concordino un pe rcorso di qualificazione e sviluppo unitario del SC N, che
dia anche senso alle leggi istitutive di Se rvizi C ivili Regionali.
Quali sono le nostre proposte? Nella bozza di manife sto 2007 si trovano le risposte ,
parte ndo da una le ttura di questi 5 anni e de i punti di forza e debolezza che sono eme rsi.
Ne l testo de l Manife sto, in forma sinte tica, esprim iamo le indicazioni di valore e di finalità
a cui ricondurre l’azione programmatica annuale, da cui trarre l’ispirazione pe r prese di
posizione su tem i spe cifici, ve rso cui orientare i progetti, la formazione , la se lezione de i
giovani, la rendicontazione de lle attività. In una parola il nostro modo di esse re e fare
se rvizio civile .
Questi 5 anni ci consegnano un Se rvizio Civile Nazionale che, accanto alla cre scita
quantitativa, alla positiva e spe rienza vissuta da larga parte de i giovani, alla efficacia
ne ll’utilità sociale di tanti progetti, ci consegna pe rò alcune questioni spinose che vanno
subito affrontate pe r evitare il deficitario risultato culturale e politico dei 20 anni di
se rvizio civile alte rnativo al se rvizio militare .
Ne l documento ne indichiamo alcune , ed è una lista non esaustiva.
E vorre i chiarire che le nostre critiche sono pe r m igliorare il sistema che è in esse re , non
pe r sostituirlo con ritorni al passato, del tipo sostituire ai proge tti e alla concorrenza di
qualità una quota nume rica pe r ogni ente .
Fra le critiche , due particolarmente rile vanti legate fra di loro che ci portano al cuore de lla
questione: il fondamento del SC N come difesa nonviolenta della Patria.
A volte la storia è provocatoria o gene rosa.
Pe r la se conda volta in Italia abbiamo l’opportunità di rivoluzionare i conte nuti de lla
dife sa de lla Patria.
Non ci siamo riusciti con l’obie zione di coscienza pe rché le istituzioni allora non volle ro.
Abbiamo una se conda possibilità.
Che la vediamo con un approccio antimilitarista o con un approccio riform ista il nodo de l
supe ramento de lla dife sa come funzione de legata ai militari è talmente maturo che gli
stessi militari lo pongono ai politici.
Nodo complicato ma qui sta il cuore de lla sfida che la Corte Costituzionale ha
nuovamente posto alle istituzioni con la se nte nza 228 de l 2004.
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“In questo contesto de ve legge rsi pure la sce lta legislativa che, a seguito de lla
sospensione della obbligatorie tà de l se rvizio m ilitare (art. 7 de l d.lgs. 8 maggio 2001, n.
215, re cante “Disposizioni pe r disciplinare la trasformazione progressiva de llo strumento
militare in professionale , a norma de ll'articolo 3, comma 1, de lla le gge 14 novembre
2000, n. 331”), configura il se rvizio civile come l'ogge tto di una sce lta volontaria, che
costituisce adempimento del dove re di solidarietà (art. 2 de lla Costituzione ), nonché di
quello di concorre re al progresso mate riale e spirituale de lla socie tà (art. 4, se condo
comma, de lla Costituzione ). La volontarie tà riguarda, infatti, solo la sce lta iniziale , in
quanto il rapporto è poi de finito da una de ttagliata disciplina dei diritti e de i dove ri,
contenuta in larga parte ne l d.lgs. n. 77 del 2002, che pe rme tte di configurare il se rvizio
civile come autonomo istituto giuridico in cui pre vale la dimensione pubblica, ogge ttiva e
organizzativa.
D’altra parte il dove re di difende re la Patria deve e sse re le tto alla luce de l principio di
solidarie tà espre sso ne ll'art. 2 della Costituzione, le cui virtualità trascendono l'area degli
“obblighi normativamente imposti”, chiamando la pe rsona ad agire non solo pe r
im posizione di una autorità, ma anche pe r libe ra e spontanea espressione de lla profonda
socialità che caratte rizza la pe rsona ste ssa. In questo contesto, il se rvizio civile te nde a
proporsi come forma spontanea di adempimento del dove re costituzionale di dife sa de lla
Patria.”
Inve ce la promozione de lla pace , ne lle coscie nze e ne i luoghi dei conflitti armati è rimasta
a l palo e sta volta con due aggrava nti:
-
non ci sono lim itazioni o divie ti di legge ;
-
i conflitti armati, di natura spesso intrastatuale inve ce che fra stati, in cui i civili sono
le ve re vittime , fanno anche un’altra vittima: la socie tà civile, indebolita ove e siste va
o uccisa sul nasce re. E questa realtà ci inte rroga anche nella nostra socie tà italiana.
Faccio un esempio.
Me ritoriamente il Ministro Fe rre ro ha proposto un bando straordinario di SC N ne l
pacche tto degli inte rventi pe r l’educazione alla legalità a Napoli.
Non condivido chi critica questa proposta come inte rvento corporativo o e sempio di logica
tappabuchi, pe rché l’educazione alla le galità è uno de i modi essenziali pe r la costruzione
de lla pace e de lla giustizia sociale e se in un de te rm inato pe riodo storico ci sono luoghi,
anche nel nostro paese, ne i quali la violenza è egemone il SC N de ve esse rci.
Se rvono pe rò alcune pre cisazioni pe r e vitare i problemi sociali causati dall’assenza di
programmazione in occasione dell’indulto.
Que llo che appare sulla stampa su questo proge tto de sta apprensioni rile vanti.
La richiesta al Gove rno e all’UNSC è di attrezzarsi pe r costruire questa nuova dimensione
degli inte rventi tram ite i proge tti di SC N. Dimensione aggiuntiva alle attuali.
Pe rché costruire la dimensione di pace de l SC N significa programmazione de gli inte rventi,
integrare in questa prospe ttiva i proge tti all’este ro, sape re che costa e che occorre
passa re dalla fase di proge tti testimonianza a linee costa nti e nume rose .
Significa soprattutto fare un salto di qualità nella integrazione con la politica este ra, di
coope razione inte rnazionale , ne i rapporti con la Unione Europea e le sue scelte di
attuazione de gli impegni de l Summit di He lsink i del 1999.
Oggi inve ce il SC N all’este ro non arriva all’1% de ll’inte ro SC N.
So che c’è tutta la volontà a nche gove rna tiva a rea lizzare questo obie ttivo, noi siamo
disponibili a investire pe rsone, organizzazioni e qualche risorsa.
L’a ltra critica di fondo a questi 5 anni di spe rimentazione (la babele delle finalità )
riguarda le istituzioni e di conseguenza gli enti, pe rché si sono manifestati approcci
molte plici, contraddittori.
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Comportamenti tolle rati dall’UNSC , in que sta fase iniziale concentrato a fare nume ro,
facilitati, dire i sugge riti, da un articolo 1 de lla legge istitutiva troppo ampio, utile ne l
2001 pe r ave re consenso parlamentare ma oggi da riformare . E non siamo ipocriti
scaricando sui giovani e il loro approccio al SC N la causa de i problem i e de i rischi che
corre il futuro de l SC N!
È in a ttuazione di que sta visione che proponiamo di riforma re la legge 64/2001 su una
linea che fissi in due e due sole le finalità del SC N (educazione alla pace e alla
cittadinanza attiva), che ribadisca la centralità degli investimenti educativi e formativi
ve rso i giovani che volontariamente sce lgono questa espe rienza, che vincoli a que sta
centralità la valutazione dei proge tti, sia essa fatta dall’UNSC o dalle Regioni e PA, che
valorizzi tutti i te rre ni sociali come possibili opportunità pe r que lle due finalità educative ,
in cui l’efficacia sociale non sia la produzione di più se rvizi ma di impegno civico di inte re
ge ne razioni che sono il presente e il futuro di que sto Paese . Fra i quasi 2000 giovani
che nel 2004 svolsero il loro SCN con noi, ben 900 nel 2006 hanno aumentato il
loro impegno civico, come ci dice la ricerca IRS su cui rifletteremo oggi
pomeriggio. Davvero il SCN può arricchire questo Paese.
Non è una sce lta politica, culturale, formativa semplice, asse diati da bisogni sociali ve cchi
e nuovi, da eme rge nze ambientali, da crisi ne lla coesione sociale, da pove rtà più estese e
subdole, a volte irreve rsibili. Non è facile in una situazione de lla finanza pubblica
vincolata a ridurre i vari deficit, a rispe ttare regole comuni a livello inte rnazionale , dove
l’illegalità, l’e vasione e l’elusione fiscale azzoppano i tentativi di crescita de lla ricchezza
e conomica come redistribuzione socia le inve ce che e nnesima esplosione de lla
disuguaglianza non solo sociale ma anche umana.
In questo senso l’azione di redistribuzione sociale de l Gove rno è positiva.
Ne lle stesse associazioni, come abbiamo visto in alcune prese di posizione a Giugno
2006, ci sono ottiche di risulta ti a bre ve (tene re funzionante l’organizzazione ) oppure di
fare graduatorie fra se ttori più o meno me rite voli.
A volte a nche ne lla nostra re te a ssocia tiva ci sono tentazioni di mette re a l ce ntro le
ne ce ssità associative ed è rilevante che in primo luogo le associazioni nazionali socie
ope rino pe r contrastare questi atteggiamenti, associazioni nazionali impegnate anche ne l
dare senso unitario alla loro proge ttazione locale .
Così come dovre bbe ro capire le Regioni, che giustamente criticano ce rti enti falsamente
nazionali, che proprio l’e sistenza di un associazionismo di caratte re nazionale ,
democratico, organizzato, collaudato è e lemento di maggior garanzia e di vaglio inte rno.
Pe rché il nostro obie ttivo di fondo, che dà senso al nostro impe gno, ma anche
all’investimento istituzionale e di denaro pubblico,è riassunto nel primo capove rso de l
Manifesto 2007.
“Pe r i firmatari l’obie ttivo di dotare il nostro Paese di un se rvizio civile che sia opportunità
pe r i giovani, ragazze e ragazzi, che sia risorsa aggiuntiva e d origina le pe r nuove
politiche a finalità pubblica è un obie ttivo strate gico e prioritario.”, così dice vamo ne l
Manifesto 2000. Il Se rvizio Civile Nazionale può diventare un’istituzione de lla Repubblica,
al pari de l Se rvizio Sanitario Nazionale, de lla Pubblica Istruzione, de lle Forze Armate .
Questo è l’orizzonte de lla nostra azione .”
Un se rvizio civile che dive nta cartina di tornasole , unità di m isura de lla qua lità ,
de ll’impianto culturale , giuridico del patto di cittadinanza di que sto XXI se colo.
Davve ro il SC N è crocevia di temi cruciali pe r il nostro futuro e ne è ben consa pe vole lo
stesso Pre sidente de l Consiglio, Romano Prodi.
Un SC N che sviluppi il se nso di appartenenza plurale che oggi ci vie ne richiesto: alla
propria comunità locale, a que lla naziona le, a ll’Europa unita , un’Europa sogge tto di pace .
Non so se patriottismo sia la parola giusta, ma le ripe tute solle citazioni di C iampi in
questo se nso mi trovano pienamente d’accordo.
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Il contributo che come ASC vogliamo, possiamo, portare trae le sue origini da un
pe rcorso storico che ha visto mette re in re lazione le espe rienze concre te di attuazione de l
se rvizio civile con una riflessione anche filosofica che non nasce oggi.
Penso alla Assemblea Nazionale che tenemmo a R im ini il 19 Novembre 1993.
Che d’altronde l’esiste nza o meno di una diffusa e praticata cultura della parte cipazione
civica sia un fattore di forza pe r l’azione de lle stesse istituzioni è un dato de lla rice rca
sociologica da tempo acquisito e ribadito in modo convincente ne l libro di Robe rt Putnam
La tradizione civica delle Regioni Italiane de l 1994.
Da qui la nostra convinzione che pe r una comunità locale sia quasi più importante ave re
cittadini che a ve re bene sse re e conom ico. Questo può scomparire ne l bre ve a rco di una
de localizzazione, me ntre l’esistenza di parte cipazione civica è una de lle principali risorse
pe r costruire nuovo futuro solidale inve ce che frantumazione e fine di una comunità.
Una riflessione che ha sempre te nuto uniti diritti-dove ri e pace . C he ci portò nel 1990 e
ne l 1992 a produrre proposte alte rnative al Mode llo di dife sa di allora, che ci fe ce
proporre proge tti di legge ne l 1996 poi confluiti ne l dise gno di legge Prodi Andreatta,
unici nel panorama italiano assieme a Caritas Italiana e Fondazione Zancan. Che ci ha
visti naturale forza trainante ne l 2000 e 2001 pe r ave re almeno la legge istitutiva de l
SC N.
La pace e la democrazia sono la stessa faccia de lla grande aspirazione alla giustizia
socia le . Un’aspirazione che pe r ASC trova le sue fonti ne lla fiducia nella ragione umana ,
ne lla sua capacità, se basata sul rispe tto assoluto della pe rsonalità individuale , di legge re
la realtà e di cambiare le ingiustizie.
Una giustizia socia le che è parte cipa ta pe r esse re tale . Una parte cipa zione che va
soste nuta e formata con que lla concezione “de ll’attivismo pedagogico” che ne l 1916
mentre rifiutava l’ingresso degli Stati Uniti ne ll’inutile carne ficina della Prima Gue rra
Mondiale De we y propone va in “Democrazia e educazione ”.
C ’è un passo che e sprime molto bene que sto legame fra educazione , rice rca di significato
alle proprie azioni e democrazia.
“Una democrazia è qualcosa di più di una forma di gove rno. È prima di tutto un tipo di
vita associata, di espe rienza continuamente com unicata. L’estensione nello spazio de l
nume ro di individui che parte cipano a un inte resse in tal guisa che ognuno de ve rife rire la
sua azione a que lla degli altri e conside rare l’azione degli altri pe r dare un motivo e una
direzione alla sua, equivale all’abbattimento di que lle barrie re di classe, di razza e di
te rritorio nazionale che impedivano agli uom ini di coglie re il pieno significato de lle loro
attività… Esse assicurano la libe razione di facoltà che rimangono soffocate fintanto che gli
incitamenti all’azione sono parziali, come lo sono ne cessariamente in un gruppo che ,
ne lla sua esclusività, e lim ina molti inte ressi”. (Democrazia e educazione , J. De we y,
Sansoni 2004, p. 95)
Ma, continua De we y, educazione e democrazia segnano anche la parte cipazione alle
de cisioni.
“Una socie tà mobile , ricca di canali distributori de i cambiamenti dovunque essi si
ve rifichino, de ve provvede re a che i suoi membri siano educati all’iniziativa pe rsonale e
all’adattabilità. Altrimenti (come non coglie re il profe tiamo di questa visione !) e ssi
sare bbe ro sopraffatti dai cambiamenti ne i quali si trovasse ro coinvolti e di cui non
capisse ro il significato e la conne ssione. Ne conseguirebbe una confusione nella quale un
piccolo nume ro di pe rsone si impadronire bbe de i risultati de lle attività altrui cie che e
dire tte dall’este rno” (p. 96).
Un De we y che si inte rrogava su un mode llo educativo che comunque re ce pisse l’ane lito
alla compe tizione , al supe ramento de lla realtà acquisita, al rifiuto de ll’omologazione , alla
valorizzazione di ogni individualità attrave rso l’equivalente morale de lla gue rra e
individuava proprio ne l Se rvizio C ivile questa risposta, in un tempo che solo 2 anni prima
ave va visto masse di stude nti in Europa marciare volontari alla gue rra e che avrebbe poi
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visto negli anni 20 e 30 il fascismo e il nazismo diventare riferimento per masse di
giovani, oppure per venire all’oggi per rispondere al disagio generato dal cocktail
micidiale di disoccupazione, crisi di credibilità degli adulti e noia quotidiana che attraversa
molta parte dei giovani.
Il Don Milani de ll’obbedienza non è più una virtù, il Capitini de lla marcia Pe rugia-Assisi, il
Be rtrand Russe ll che ave va sempre la pace come obie ttivo de lle sue posizioni: que ste le
fonti di una azione che ha ne lla coe renza ne l me rito de lle posizioni il rife rimento
sostanziale e non inve ce la collocazione di schie ramento.
Un’ispirazione che trova ne lla He tty Illesum de lle Le tte re 1942-1943 e ne l Diario 19411943, ebrea olandese morta a Auschwitz nel Novembre 1943 il motivo di fiducia ne lla
capacità umana di se rvire e esse re fe lici, di sacrificarsi e realizzarsi.
Con questo bagaglio culturale sosteniamo che il Se rvizio Civile Nazionale può esse re ,
occorre ope ra re pe rché sia , quella che chiam iamo “risorsa aggiuntiva e origina le pe r
nuove politiche a finalità pubblica”.
Un’azione che ci porta a confrontarci con il nodo de l rapporto fra formazioni sociali, partiti
e istituzioni.
Anche noi come altri, siamo preoccupati in una fase come quella attuale ove la debolezza
di rapprese ntanza sociale de i partiti politici si tenta nuovamente di nasconde rla con la
riduzione dei sogge tti che parte cipano a lla conce rtazione sociale e con processi di
autoselezione de i dirigenti.
Una fase in cui il combinato de lla debolezza parlamentare del Gove rno Prodi e la
formazione de l Partito Democratico rischia se riamente di me tte re all’angolo una sana
diale ttica fra formazioni sociali, partiti e istituzioni.
Segnali in tal senso si manifestano anche nel microcosmo de l se rvizio civile , ove
spe ravamo che dopo le logiche spartitorie de l Centro Destra, si potesse aprire una
stagione di confronto sui conte nuti. Dobbiamo prende re atto che ad oggi questo ancora
non c’è , almeno ne lla misura richiesta dalle sce lte che ci si pongono davanti.
Con preoccupazione vediamo, anche a live llo gove rnativo, dopo una fase di stretto
contatto, un diradarsi delle occasioni di confronto ope rativo che non sono sostituibili da
pur importanti momenti di parte cipazione a incontri pubblici.
Vediamo inve ce a volte , ad esempio con alcune Re gioni e in qualche caso con il Gove rno
stesso, una ce rta insoffe renza al confronto con sogge tti di rapprese ntanza colle ttiva,
mentre più spesso si rice rca il confronto con la singola associazione .
Il Manifesto 2007 ci pone di fronte ad un'altra sfida: que lla de ll’inte rvento pubblico ne lla
promozione de ll’impegno civico de i giovani.
Me ntre nessuno discute la legittim ità de ll’impegno pubblico pe r la pace (semmai se ne
critica la pochezza) più insidioso è inve ce il riconosce re come responsabilità pubblica la
promozione de ll’impegno civico de i giovani. Pe r la cultura libe rale questa è sfe ra
tipicamente priva ta e individuale , a nche pe rché quando lo Sta to è inte rve nuto su que sta
mate ria ha prodotto danni catastrofici. Basti pensare agli Stati Etici, all’educazione allo
Sta to (cioè a l pote re di turno, tempora le o re ligioso). Basti pensa re a i se rvizi obbliga tori
im posti alla gioventù dai totalitarism i e urope i del ‘900.
Ma oggi siamo o no in una situazione di frammentazione tale de lla parte cipazione civile ,
ad una sua “spe ttacolarizzazione” che nasconde inve ce l’effe ttiva esclusione de i cittadini?
Siamo o no di fronte ad una “simbolicità astratta e ininfluente ” del voto stesso pe r cui i
concre ti programmi di gove rno sono spesso la negazione dei contenuti pe r i quali si è
votato? E credo che la discussione sulla Finanziaria sia un classico esempio di que sta
tensione fra coe renza a l programma ele ttorale oppure a lle ne cessità di a lleanze , pre senti
e future, dentro e fuori la coalizione di gove rno.
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Ancora più ne l profondo, l’e conomicizzazione di ogni re lazione inte rpe rsonale se cca le
fonti del capitale di fiducia sociale e di altruismo inte rpe rsonale che sono il sale di ogni
democrazia e di ogni comunità.
E tutto questo non accade pe r stanchezza de i cittadini ma pe r sistematica azione
culturale e politica di sogge tti e conom ici che guidano l’azione di molte istituzioni
formalmente democratiche .
In questo quadro dive nta plausibile e condivisibile che la produzione di senso critico, di
im pegno civico, non sia solamente una sce lta individuale o di singole formazioni sociali
ma sia anche una scelta de lle istituzioni.
Tema delicato, pe rché magari fra qualche mese, ci confronte remo se questa azione attiva
de lle istituzioni debba arrivare a concepire come obbligatorio il se rvizio civile , ma que llo
che oggi, 2007, non è ogge tto di discussione in ASC è che ci sia una legge dello Sta to
pe r promuove re la cittadinanza attiva fra i giovani.
Come ASC siamo fra i molti che sostengono la natura volontaria de ll’accesso al SC N e
non lo pensiamo come pe riodo isolato nella vita de i cittadini.
Proponiamo per questo un percorso di cittadinanza rivolto a tutti i giovani
residenti nel nostro Paese che combina un momento universale durante la fase
finale della scuola secondaria superiore, rendendo ordinarie le sperimentazioni
oggi in corso di incontri dei giovani con il privato sociale delle comunità locale,
con la più larga opportunità volontaria di SCN (con forme più flessibili nella
durata dando attuazione a quanto già previsto dalla legislazione in materia) e
con una presa di responsabilità generale dell’intero Terzo settore Italiano quale
soggetto e luogo sociale che risponde alla funzione delle formazioni sociali
indicate dalla Costituzione come soggetti di base della democrazia, collegando
meglio, sotto questo punto di vista, il SCN con le riforme che riguarderanno
l’intero Terzo Settore.
Questa convinzione, a cui sembra stiano arrivando anche altri Stati Europei che dopo la
professionalizzazione de lle FFAA ave vano abbandonato il se rvizio civile, produce a nostro
avviso rile vanti conse guenze ne lla ste ssa natura e organizzazione de l SC N.
Il più rilevante appunto è il supe ramento de l vincolo de lla cittadinanza italiana pe r
l’accesso al SC N, modificando anche in que sto la legge 64/2001.
E’ partendo da questa visione che ASC arriva al confronto con il nuovo quadro
istituzionale pre visto dal De cre to Legislativo 77/2002. Anzi pe r esse re più corre tti, già ne l
2002 questa e ra la visione che ci fede dare un pare re positivo al dise gno di affiancare
all’UNSC anche le regioni e PA pe r la gestione de l SC N.
Siamo in una situazione molto fluida nella quale accanto a passaggi organizzativi legati
alla attuazione de l SC N si pongono i nodi politici e culturali a cui ho fatto rife rimento in
pre cedenza.
ASC come si pone di fronte a que sta fluidità di posizioni?
Ne l Manifesto richiamiamo tre rife rimenti gene rali.
Consenso sulle finalità.
Spe riamo vivamente che entro que st’anno si a rrivi ad un a ccordo politico fra Gove rno
Regioni e Enti, che a ffidi a l SC N le due finalità indicate e che me tta in cantie re la riforma
de lla legge 64/2001.
Questo pe rme tte rebbe a nche di capire meglio le dive rse finalità e modalità ope ra tive de i
Se rvizi C ivili Regionali, oggi fonte di grande confusione.
Così come gli annunci che il se rvizio civile nazionale dive nta re gionale andrebbe ro sempre
comple tati con la ovvia confe rma de l ruolo de ll’UNSC.
La pubblica amministrazione al servizio della legge e dei cittadini
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Ne lla discussione sulle compete nze e le funzioni vorremmo rassicurazioni che lo scopo è
la funzionalità de l SC N. Qui si pone anche il nodo dei costi di questo nuovo doppio live llo,
che passa da 1 a 21 centri. C hi paga questi maggiori costi? I giovani, pe rché si riducono i
fondi pe r il finanziamento de i proge tti?
Il ruolo del Terzo Settore.
E’ ogge tto di valutazioni dive rse se anche la pubblica amministrazione possa esse re
titolare di proge tti di SC N. Ma la le gge lo pre vede e quindi così è .
In rea ltà pe rò da qualche Regione si ce rca di inte rvenire anche sulle modalità di
parte cipazione del Te rzo Se ttore al SC N.
Si tratta di scioglie re il nodo del ruolo de gli enti nazionali del Te rzo Se ttore. A se conda
degli inte rlocutori, molte Regioni ci vedono come un ostacolo oppure come un bottino da
coglie re , come a volte ci siamo sentiti la manovalanza utile pe r costruire le banche dati
de ll’UNSC face ndogli risparmiare tempo e soldi.
Oppure siamo conside rati il te rzo pilastro de l SC N (affe rmazioni politiche
sottose gre tario De Luca e de l Dire ttore C ipriani). A chi dobbiamo crede re?
de l
Noi siamo il pe rno de l SC N, ci siamo battuti ne l 2000 pe r ave re la legge, l’abbiamo
attivato nel 2001 e 2002. Non siamo ce rto disposti a vede rce lo scippare oppure a
chiede rci di frantumarci in 20 dive rsi mode lli e prassi.
In primo luogo il Gove rno de ve scioglie re questo nodo. Da qui passa un rapporto
costruttivo o un conflitto con il Gove rno e le Regioni e PA che non riguarde rebbe solo gli
enti di se rvizio civile . Il nostro modo di intende re il fede ralismo solidale ve de pie namente
legittime e efficaci re ti nazionali che esprimono centinaia di sogge tti locali, dandogli non
solo consulenze e se rvizi ma anche rappre sentanza e offrendo alle istituzioni un
patrimonio pre zioso. Al contrario, un ce rto statalismo re gionale rende tutto molto
complicato.
Il concorso de l SC N alla qualità de lle re lazioni sociali nelle comunità locali, alla
ricostruzione de l tessuto sociale, alla formazione di gene razioni disponibili e capaci di
esse re protagonisti sociali e attori politici lo si può portare con micro associazioni come
con reti nazionali di associazioni locali che esprimono ne l nostro caso de ce nni di presenza
sociale , ambie ntale , culturale , educativa. Tentativi di disarticolare que sta rappre sentanza
fanno pensare a semplici disegni di sostituzione de i sogge tti presenti nel te rritorio con
ritorno a gestione pubblica di azioni sociali faticosamente inventa te e a ttua te da libe re
formazioni sociali, inte ndendo la parola sussidiarie tà come una sola questione inte rna alle
istituzioni, oppure a mani libe re pe r rapporti dire tti con singole associazioni.
Così come assistiamo ad un re vival de l “piccolo è bello” applicato alle re lazioni con il
mondo de l Te rzo Se ttore.
“Piccolo è bello se inse rito in re ti nazionali che pe rme ttano qualità, stabilità e
democrazia”, diciamo noi pe rché il problema de lla globalizzazione e competizione
inte rnazionale e de lle grandi reti non riguarda solo l’e conom ia e le infrastrutture ma
anche le socie tà civili de l Sud e del Nord de l mondo. Il futuro de l Te rzo Se ttore in Italia
sarà l’espe rienza inglese , sarà Te le thon, sarà il 5 pe r mille individuale e telematico, quale
futuro avrà il nostro associazionismo storico? Avrà un futuro? Ce rto che pe r la nostra idea
di se rvizio civile nazionale sare bbe un bel problema ave re solo micro associazioni se
disarticolate le une dalle altre , se concentrate sui se rvizi e astratte dalla parte cipazione e
dai legam i di comunità.
Qua ndo il Gove rno ci ha de tto a Luglio che inte nde va aprire una fase di ripensamento e
che occorre va una pausa ne lla ulte riore crescita quantitativa pe rché se rve capire cosa sta
succedendo e in quale direzione stiano spingendo alcune degene razioni, non abbiamo
de tto no.
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E’ coe rente con la prospe ttiva de l Manifesto 2007 che qualità e quantità vadano di pari
passo.
Pe r noi la pausa di ripensamento avrebbe dovuto se rvire pe r de finire l’accordo politico
anche delle Re gioni e PA sugli obie ttivi del SC N e me tte re le basi pe r:
-
L’e ffe ttivo de collo de i proge tti di promozione di pace, in Italia e all’e ste ro;
-
La sistemazione giuridica de llo status de i giovani in SC N;
-
Attivare i benefici culturali e professionali pre visti all’Art. 10 de lla legge 64/2001;
-
Il riordino de l sistema degli enti accreditati;
-
Gli investimenti ne i se rvizi di qualità richiesti agli enti;
-
Una politica organica di monitoraggio de i risultati;
-
Inte rventi ispe ttivi adeguati e costanti.
Inte rventi che possano sfociare in un riordino le gislativo e normativo de l mate riale oggi
sparso in troppi provvedimenti, sapendo pe rò, e non solo pe r i nume ri al Senato, che le
leggi hanno senso se c’è una realtà sociale che le motiva.
Com incia a preoccuparci pe rò il tempo che passa e il silenzio su molti punti.
Così come siamo preoccupati che il Gove rno alla Came ra non abbia de positato
l’emendamento pe r portare a 347 milioni il fondo de l SC N.
C i chiediamo pe rché dobbiamo acce ttare come un fatto compiuto questo stanziamento di
257 milioni.
Come altri noi chie diamo fe rmamente al Ministro e al sottosegre tario che al Se nato sia
pre sentato l’emendamento annunciato già alla Came ra pe r portare il fondo 2007 a 350
milioni.
Soluzioni dive rse faranno assume re al Gove rno Prodi la responsabilità di ridurre il SC N
dopo ave rne fatto un tema del programma e di ripe tuti impegni ne i mesi scorsi.
Così come chiediamo ai senatori di usare il metodo Pallaro pe r otte ne re questo risultato.
Anche pe rché se è conce pibile un biennio 2007-2008 che stabilizzi intorno a 55.000
giovani l’anno il continge nte degli avvii, poi si porrà la questione di equità sociale le gata
al SC N.
Questo nume ro è circa 1/8 di coloro che potenzialmente potrebbe ro parte ciparvi, anche
restando ad un SC N solo pe r cittadini italiani.
O ccorre e vitare che da diritto divenga opportunità solo pe r una parte di giovani e poi
privilegio pe r una parte ancora più ridotta.
Il lavoro di qualificazione ha senso in una prospe ttiva di fine legislatura ove siano
100.000 all’anno i giovani in SC N.
In conclusione una pausa in que ste riflessioni di lavoro.
Da me, da tutto lo staff nazionale , dai formatori, un saluto affe ttuosissimo alle tante ,
troppe pe rsone care che ci hanno lasciato di re cente , Tom Be netollo, O ttavio Margarucci,
Alessandro Carlucci, in ultimo Luigi Com isso, un augurio a tutti i “nipotini di Arci Se rvizio
C ivile ” che sono nati o che stanno pe r farlo, a tutti voi un ringraziamento pe r ave r
pe rmesso che continuasse e si migliorasse questa e spe rienza unica che è Arci Se rvizio
C ivile .
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