Gli effetti biologici delle onde elettromagnetiche. Dalla teoria a una

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Gli effetti biologici delle onde elettromagnetiche. Dalla teoria a una
 GLI EFFETTI BIOLOGICI DELLE ONDE ELETTROMAGNETICHE: dalla teoria a una esperienza di ricerca Le onde elettromagnetiche Le onde elettromagnetiche pervadono invisibilmente il nostro ambiente. Non ne abbiamo coscienza, ma siamo continuamente immersi in un “bagno” di energia elettromagnetica che attraversa il nostro corpo, ogni attimo della nostra vita. Sorge in molti spontanea la domanda: che effetto hanno sulla nostra salute queste radiazioni? Da questo quesito le classe quarta del Liceo Renzi è partita per sviluppare il suo progetto di ricerca nell’ambito del concorso Cultura e Innovazione del programma Quadrifoglio. La domanda appare semplice, ma nel corso del lavoro di documentazione teorica ci siamo resi conto che in realtà è molto più complessa di quanto sembri; anzi, forse il nucleo della questione è proprio quello di capire come porre in maniera scientifica questa domanda, per cogliere le risposte assai caute che la scienza oggi ci sa dare. Per sintetizzare (al limite del banale) si può dire che oggi sappiamo “tutto” sulle onde elettromagnetiche ma assai “poco” sui loro effetti biologici. Il motivo è intrinseco all’oggetto di studio. Infatti la complessità dei sistemi viventi è qualcosa di inimmaginabilmente grande e la scienza galileiana “balbetta” appena qualcosa su questa realtà del vivente, tanto essenziale a noi, ma altrettanto misteriosa. Occorre anzitutto partire dalla conoscenza delle onde elettromagnetiche. Onda elettromagnetica La Fisica cataloga sotto la categoria di “onda elettromagnetica” fenomeni apparentemente disparati: dalla luce visibile all’energia di una bomba atomica, dalle onde della radio ai raggi X della diagnostica ospedaliera, dal calore irraggiato da un termosifone all’energia di un comune forno a microonde: si tratta sempre dello stesso fenomeno fisico, ma su “scale” di energia molto differenti. L’energia di queste onde dipende dalla loro frequenza, cioè dal numero di oscillazioni al secondo che esse compiono. Maggiore è la frequenza, maggiore è l’energia che esse trasportano. Lo spettro di queste frequenze è amplissimo e le onde variano da valori di frequenza altissimi (e quindi cortissima lunghezza d’onda: fino al millesimo di miliardesimo di metro) a valori di frequenza bassissimi (e quindi lunghezze d’onda dell’ordine del chilometro). Rispetto alla relazione con i sistemi biologici, lo spettro elettromagnetico viene suddiviso in due insiemi: le onde elettromagnetiche ionizzanti (per es. i raggi X e gamma) per frequenze superiori ai 1015–1016 Hz e quelle non ionizzanti per valori inferiori di frequenza (per esempio le onde radio e le microonde). Le radiazioni ionizzanti (I.R. – Ionizing Radiations) Sulla base della loro capacità di ionizzare (cioè “strappare” dai propri atomi singoli elettroni), queste onde possono rompere i legami chimici di molecole del nostro corpo e/o dar luogo alla formazione in esso di molecole molto reattive dal punto di vista biochimico, che a loro volta possono causare danni rilevanti al sistema biologico. L’effetto di queste radiazioni può essere letale: possono arrivare a distruggere la struttura a doppia elica del DNA e indurre quindi errori di replicazione cellulare che inducono l’insorgenza di tumori. Questo genere di effetto è così forte che è possibile trovare una correlazione quasi deterministica fra il grado di esposizione a questo tipo di radiazioni e la probabilità di insorgenza di tumori di vario genere. Le radiazioni non ionizzanti (N.I.R. – Non Ionizing Radiations) Le radiazioni non ionizzanti, invece, sono in grado al massimo di indurre nelle molecole delle oscillazioni con le quali dissipano in calore la loro energia. Quindi il riscaldamento dei tessuti è il principale effetto biologico di queste radiazioni, unito alla possibilità di indurre delle deboli correnti nei tessuti biologici. Al loro interno le N.I.R. vengono a loro volta suddivise in vari sottogruppi, di cui i più interessanti per la nostra ricerca sono: • Frequenze estremamente basse (E.L.F. ‐Extremely Low Frequencies): sono i campi elettromagnetici che troviamo nei pressi degli elettrodomestici o dei cavi elettrici nei nostri ambienti di lavoro o nelle nostre case, oppure vicino ai cavi dell’alta tensione. Queste frequenze riescono ad indurre nel nostro organismo delle piccole correnti elettriche che possono “sommarsi” a quelle già naturalmente presenti, causando soprattutto irritazione nervosa e muscolare: ma tutto questo è significativo solo in presenza di forti intensità di campo, che raramente si verificano nelle nostre case o nei nostri luoghi di lavoro; • Radiofrequenze e microonde: sono i campi che abbiamo imparato a conoscere e utilizzare soprattutto nella telefonia mobile o anche a livello domestico (forni a microonde). Per queste frequenze, (e sempre in presenza di forti intensità di campo) predominano gli effetti cosiddetti termici, ossia il riscaldamento dei tessuti corporei. Siccome il riscaldamento dei tessuti è un effetto oggettivo e al di sopra di una certa soglia esso provoca danni molto seri, se si vuole evitare il danno biologico, occorre restare sotto la soglia critica. Dato che negli ultimi 10‐15 anni è aumentata di molto la diffusione dei cellulari e delle reti lan wireless, la nostra ricerca si è concentrata in particolare in questo intervallo di frequenze, specificamente in due sotto‐intervalli, delle Very High Frequencies (VHF) e Ultra High Frequencies (UHF): dai 100 Mhz fino ai 3 Ghz (circa). Gli effetti sulla salute umana delle radiazioni ad alta frequenza Riguardo agli effetti sanitari dei campi elettromagnetici in generale si distingue tra effetti “termici” e “non termici”. Gli effetti termici Come prima accennato, gli effetti dei campi (non ionizzanti) ad alta frequenza sono legati all’assorbimento e alla dissipazione nel tessuto dell’energia elettromagnetica in calore, con ovvio aumento di temperatura dello stesso. Tipicamente si tratta di esposizioni brevi ma intense (si pensi ad una telefonata al cellulare, o al riscaldamento del cibo in un forno a microonde). Per misurare l’energia assorbita dal corpo umano nell’unità di tempo si utilizza il cosiddetto S.A.R. (Specific Absorption Rate) espresso in watt per chilogrammo di massa corporea (W/kg): si tratta quindi della quantità di energia termica assorbita in un secondo da un kilogrammo di massa corporea. E’ nota una certa corrispondenza abbastanza “deterministica” tra certi valori di S.A.R. e alcuni effetti biologici acuti. Ad esempio, alcuni esperimenti su cavie animali hanno evidenziato che, se la temperatura corporea aumenta di oltre 1° C (corrispondente a un S.A.R. medio su tutto il corpo di circa 2 W/kg) si possono avere: disturbi metabolici, nervosi e comportamentali. Se si superano i 4 W/kg si evidenziano danni ai tessuti e quindi questo valore è considerato una soglia di elevata attenzione per la salute umana, da non superare in nessun caso. Se l’assorbimento supera i 10 W/kg il danneggiamento del tessuto biologico diventa irreversibile. Per fare un esempio, utilizzando un cellulare, l’assorbimento energetico nella testa è in genere inferiore a 2 W/kg (le case costruttrici di cellulari devono stare molto attente a quanta energia viene emessa dalle antenne dei loro telefonini). In presenza di tassi d’assorbimento elevati sono particolarmente a rischio gli organi in cui è scarsa la circolazione sanguigna e quindi più lento il decongestionamento, come ad esempio gli occhi. Gli effetti “non termici” Oltre agli effetti termici prima descritti, le radiazioni elettromagnetiche determinano nell’uomo degli effetti biologici associati a valori di S.A.R. molto più bassi (‹ 0,01 W/kg), e che non si spiegano con il solo riscaldamento dei tessuti. Si tratta normalmente di esposizioni di lunga durata però di bassa intensità. La ricerca non ha ancora certezze da darci sugli effetti di questo tipo di radiazioni sulla nostra salute. Bisogna aggiungere che esistono profonde motivazioni teoriche per l’assenza di certezze scientifiche in questo campo. Nonostante gli enormi passi avanti della biologia negli ultimi 60 anni, risulta ancora molto difficile anche solo ipotizzare i possibili effetti sui quali poi concentrare una successiva indagine sperimentale. In alcuni casi si dispone soltanto di dati ottenuti con prove in vitro o su cavie, dati che spesso non permettono di giungere a conclusioni certe perché talvolta in contraddizione fra loro. L’essere “complesso” di un sistema significa proprio il rispondere in modo radicalmente diverso a variazioni minime nelle condizioni al contorno, che è impossibile controllare e “isolare” pienamente. Le ipotesi che la ricerca sembra indicare come possibili sono ad esempio la modifica di alcuni meccanismi enzimatici e di alcune proteine di trasporto delle membrane cellulari. I sistemi biologici sono sistemi sofisticatissimi e delicatissimi e potrebbero per esempio rispondere (anche a bassissime intensità di campo) ad esempio alla “forma” del segnale elettromagnetico qualora questo entri in “risonanza” con la frequenza di alcuni meccanismi cellulari. Ma occorreranno sicuramente ancora molti anni di ricerca per arrivare a fare piena luce su questi effetti. Per queste ragioni è impossibile dettare “limiti assolutamente sicuri” per le radiazioni elettromagnetiche, anche a bassissima intensità di campo. Valori limite per l’esposizione della popolazione Si pone quindi la domanda: è possibile fissare dei valori di “soglia” per l’intensità di campo al fine di proteggere la popolazione? Occorre qui comprendere un fatto: i valori di soglia sui quali vi sono certezze scientifiche di dannosità sono misurati in termini di energia assorbita dal corpo umano, ma è ovviamente impossibile misurare caso per caso questa quantità nella vita quotidiana. Infatti in condizioni diverse il corpo assorbe diverse quantità di energia a parità di intensità di campo, perché possono variare le condizioni di esposizione. La normativa deve quindi fissare dei limiti di riferimento “indiretti”, cioè relativi alla intensità del campo (più facilmente misurabile e modificabile), tenendo conto delle condizioni di esposizione più sfavorevoli. Negli anni ‘90 la International Commission on Non‐Ionizing Radiation Protection (I.C.N.I.R.P.) si è occupata di stabilire questi “livelli di soglia” per quanto riguarda l’esposizione alle radiazioni non ionizzanti fornendo in questo modo delle linee‐guida per le normative dei vari Paesi in materia di limitazione dell’esposizione alle radiofrequenze e alle microonde. Livelli di riferimento indiretti per il campo elettrico in V/m
per la telefonia mobile
900 Mhz
1800 Mhz
ICNIRP
41
58
20 (6 per ambienti abitati 20 (6 per ambienti abitati
Italia
più di 4 ore al
più di 4 ore al
giorno:SCUOLE)
giorno:SCUOLE)
Questi limiti sono stati individuati in base ai valori soglia certi, cioè riferiti agli effetti termici (acuti). Tenuto conto di quanto detto, per valore‐soglia si intende un valore al di sotto la quale l’effetto biologico non è ancora rilevabile (ma ciò non significa che sia assolutamente assente). La Normativa Italiana La legge italiana ha recepito le direttive internazionali del ICNIRP con il decreto 381 del 1998 in cui vengono fissati i valori di soglia del campo elettromagnetico alle diverse frequenze. Infatti è importante sottolineare che per i diversi valori della frequenza gli effetti sui tessuti (in particolare la profondità di penetrazione) variano; per cui è necessario fissare valori diversi dell’intensità di campo per differenti valori di frequenza dell’onda elettromagnetica. Facciamo notare come l’Italia abbia recepito in maniera molto restrittiva le direttive internazionali, sia rispetto alle direttive ICNIRP sia rispetto ad altri paesi europei. Per comprendere la nostra ricerca, mostriamo i valori di campo medio a cui abbiamo fatto riferimento (si tratta dei valori di campo medio per la telefonia mobile). Notiamo ancora che il limite raccomandato di 41 V/m corrisponde ad un valore di S.A.R. di 0,08 W/Kg, che è circa 50 volte inferiore al valore 4 W/Kg, definito in precedenza come il valore soglia al quale sperimentalmente si cominciano a notare i primi danni acuti alla salute umana: in questo modo il principio di precauzione è ampiamente rispettato. A questo si aggiunge il fatto che l’Italia impone un limite addirittura di 20 V/m, ulteriormente ridotto a 6 V/m per gli ambienti (come le scuole) in cui la permanenza supera le 4 ore/giorno. Misure presso l’Istituto Maestre Pie in via Montello (Bologna) Forti di queste conoscenze acquisite, il nostro lavoro sperimentale è quindi consistito semplicemente nel fare delle misure attraverso un misuratore a larga banda nel range di frequenze 0,1‐3 Ghz all’interno del nostro plesso scolastico per vedere quali informazioni potevamo trarne, confrontandole con la normativa vigente. Rilevatore Narda EMR300
I risultati vengono di seguito riportati in forma di tabella AMBIENTE VALORE MAX. (V/m) VALORE MIN. (V/m) VALORE EFF. (V/m) Terzo piano – scala antincendio 1,13 0,88 0.97 Aula insegnanti 0,39 0 0,27 Finestra di fronte allʹaula insegnanti 0,34 0 0,29 Secondo piano – scala antincendio 1,39 0,97 1,04 Presidenza 0,35 0 0,29 Aula informatica – seminterrato 0 0 0 Cortile 0,48 0,65 0,64 Classe quarta superiore 0,67 0,50 0,55 Corridoio – appena 0.62 0,42 0,52 fuori dallʹaula Le principali conclusioni a cui siamo potuti giungere sono le seguenti: • In tutti i punti della scuola sono rispettati i parametri di legge; • L’intensità media di campo cala dai piani più alti a quelli più bassi; • Si nota l’effetto schermante dei muri. Infine questi dati sono stati rappresentati in maniera graficamente molto accattivante tramite il software grafico open‐source Google Sketch Up. IMMAGINE‐ESEMPIO DA SKETCH‐UP (ROMEO HA DETTO DI FARLO IN FASE DI STAMPA) mettendo anche la didascalia