Untitled - Barz and Hippo

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Untitled - Barz and Hippo
scheda tecnica
durata:
125 MINUTI
nazionalità:
ITALIA
anno:
2010
regia:
MICHELE PLACIDO
soggetto:
ANDREA PURGATORI, ANGELO PASQUINI
sceneggiatura:
ANDREA PURGATORI, ANGELO PASQUINI, ANDREA LEANZA, TONI TRUPIA,
ANTONIO LEOTTI, MICHELE PLACIDO, KIM ROSSI STUART
fotografia:
ARNALDO CATINARI
scenografia:
TONINO ZERA
musica:
NEGRAMARO
montaggio:
CONSUELO CATUCCI
distribuzione:
20th CENTURY FOX
attori:
KIM ROSSI STUART (RENATO VALLANZASCA), VALERIA SOLARINO
(CONSUELO), FILIPPO TIMI (ENZO), MORITZ BLEIBTREU (SERGIO),
FRANCESCO SCIANNA (FRANCIS TURATELLO), GAETANO BRUNO
(FAUSTO), PAZ VEGA (ANTONELLA D’AGOSTINO), NICOLA ACUNZO
(ROSARIO), STEFANO CHIODAROLI (ARMANDO), LINO GUANCIALE
(NUNZIO),
PAOLO
(GIULIANA),
MAZZARELLI
MONICA
(BEPPE),
BARLADEANU
FEDERICA
(NICOLETTA),
VINCENTI
LORENZO
GLEIJESES (DONATO), GERARDO AMATO (PADRE DI RENATO),
ADRIANA DE GUILMI (MADRE DI RENATO)
la parola ai protagonisti
Valentina D’Amico intervista il cast
Stamattina sul Corriere della Sera c'era una lettera dei parenti delle vittime. Il prefetto Serra, riguardo a
Vallanzasca, ha dichiarato che i media hanno contribuito ad esaltare un personaggio già esaltato di suo. Voi
vi sarete sicuramente posti il problema..
Michele Placido: Purtroppo non ho letto l'articolo del Corriere, ma in questi giorni si dice un po' ovunque che
Vallanzasca è il pericolo numero uno in Italia dal dopoguerra a oggi. Vallanzasca è un criminale, è ancora in
carcere quindi sta pagando mentre in Parlamento ci sono persone che hanno fatto peggio di lui e sono a
piede libero. Io sono stato prima in un collegio di preti e poi sono stato un poliziotto quindi conosco i vari lati
dell'Italia. Kim mi ha dato il coraggio di realizzare il film perché voleva farlo come attore e io lo capisco bene.
Negli anni '70 Vallanzasca è stato un mito anche a causa della stampa, comunque aveva una leggerezza,
una bellezza dietro la quale si nascondeva il criminale. Non tutti i criminali rispondono al modello
lombrosiano e qui sta il mistero di Vallanzasca.
Kim, il tuo milanese è perfetto. Come ti sei preparato al ruolo di Vallanzasca?
Kim Rossi Stuart: Riguardo a Vallanzasca si può dire tutto, ma non che sia un furbo e questa è la cosa che
mi è piaciuta di lui. Ci sono molti altri motivi per condannarlo, per metterlo sulla graticola mostrandone i lati
negativi. Capisco perfettamente il punto di vista dei parenti delle vittime. Per quanto riguarda il mio milanese
ho avuto un bravissimo dialogue coach, un insegnante di teatro che mi ha aiutato molto.
Moritz Bleibtreu, come sei stato scelto per il film?
Moritz Bleibtreu: Quando avevo diciannove anni ho vissuto un anno in Italia e ho imparato la lingua. Non so
bene perché mi abbiano proposto il ruolo, ma per me è stato come un sogno che si avverava. Ero cresciuto
con le serie che interpretava Placido.
Paz, come ti sei sentita a interpretare l'angelo del bene tra questi angeli del male?
Paz Vega: Lavorare con Michele è stata un'esperienza favolosa perché è un regista che ha già tutto chiaro
in mente durante le riprese e ti agevola molto il lavoro. Sul set mi sono divertita molto. Antonella è una
donna cresciuta in un mondo di uomini. E' molto forte, intelligente ed è riuscita a cavarsela in un ambiente
difficilissimo.
In Italia è pieno di statisti, sportivi, figure importanti e meritevoli che non hanno mai avuto una biografia al
cinema. Era proprio necessario tra tutti questi girare un film sul bandito Vallanzasca?
Michele Placido: A me questa domanda non me la puoi fare perché ho fatto Padre Pio, ho fatto il medico del
papa, ho fatto Un eroe borghese. A me interessa affrontare il bene, ma anche il male che è in tutti noi.
Vallanzasca non va perdonato, ma va compreso. Lui si è addossato la responsabilità di tutti i crimini
commessi dalla sua banda e l'Italia, che è un paese cattolico, dovrebbe tenere presente il concetto di pietas.
Nel Nord Europa i criminali dopo trenta, quaranta, cinquant'anni escono. Antonella, la moglie di Vallanzasca,
sta combattendo una dura battaglia da anni per la sua libertà. Renato ci ha confessato l'ultimo delitto poco
prima di iniziare le riprese del film ammettendo di avere sbagliato, ma la sua etica gli impone di non
nascondere niente.
Kim, che rapporto c'è tra te e Vallanzasca?
Kim Rossi Stuart: Ho incontrato Vallanzasca più volte. E' stata una parte del lavoro molto importante,
surreale, ai confini della realtà. Quando alla base del progetto c'è un libro, in questo caso un'autobiografia,
gli stimoli sono tantissimi e anche l'incontro col vero personaggio è stato un momento importante.
Nel film manca la parte in cui Vallanzasca va a Roma e rifiuta il contatto con le altre bande criminali e con i
servizi segreti?
Michele Placido: Vallanzasca non ha mai voluto avere legami né con la Banda dellla Magliana né col
terrorismo di estrema destra né con la mafia e questo forse è il motivo per cui in carcere è stato isolato. Io
non ho messo nel film questa cosa perché avremmo dovuto ampliare il film che era già molto lungo.
Nelle varie situazioni del film gli uomini di legge vengono rappresentati come degli sprovveduti.
Michele Placido: Lo erano. Non era la polizia di oggi. Basta leggere la ricostruzione della fuga di Vallanzasca
dalla nave nelle cronache giudiarie dell'epoca. Lui ha semplicemente svitato l'oblò ed è uscito. Poi per
fortuna c'è stata la riforma, ma all'epoca la polizia non era tecnologicamente all'avanguardia. Ai tempi del
sequestro Moro la polizia si affidò a una seduta spiritica per sapere dove si trovava.
Michele Placido
Nato a Ascoli Satriano il 19 maggio 1946 e cresciuto in una famiglia numerosissima, terzogenito di otto figli,
Placido subisce l'influenza formativa di mestieri diversissimi (tra i parenti compare anche un fuorilegge).
Sceglie però di dedicarsi al mondo dello spettacolo, seguendo l'inclinazione naturale a recitare: studia
all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica e debutta a teatro nel 1970, nell' "Orlando Furioso" diretto dal
regista Luca Ronconi, poi trasmesso anche sul piccolo schermo. Dopo diverse esperienze in campo teatrale
e altre minori in settori estranei al mondo dello spettacolo (sarà anche volontario in una caserma di polizia,
preannunciando involontariamente il successo futuro del famoso Commissario Catani de La piovra), lo
vediamo anche in televisione a interpretare Il picciotto (1973) di Alberto Negrin. Seguono collaborazioni
importanti nel mondo del cinema: recita in Teresa la ladra (1973) di Carlo De Palma, Romanzo popolare
(1974) di Mario Monicelli, Mio Dio, come sono caduta in basso! (1974) di Luigi Comencini e Marcia
trionfale (1976) di Marco Bellocchio. L'incontro con Giuliano Montaldo si rivela fortunato e Placido diventa il
protagonista assoluto di L'Agnese va a morire (1976), seguito poi dal dramma erotico Kleinhoff Hotel (1977)
di Carlo Lizzani, film pretenzioso che viene equilibrato dal successivo ingaggio, la commedia Casotto (1977)
di Sergio Citti. La sua filmografia è una delle più ricche e variegate degli attori italiani: alla fine degli anni
Settanta lavora con i fratelli Taviani ne Il prato, con Luigi Zampa nella commedia sexy Letti selvaggi,
nuovamente con Lizzani in Fontamara e con Bellocchio in Salto nel vuoto. Si fa notare anche all'estero,
soprattutto in Francia e Germania, dove lavora con il regista Walerian Borowczyk in Lulu e Ars amandi –
L'arte di amare e con Benoit Jacquot, accanto a Isabelle Huppert in Storia di donne. Nel 1983 arriva la
grande occasione, quella che lo rende popolare e famoso in tutta Italia: chiamato da Damiano Damiani (con
il quale aveva già lavorato ne L'uomo in ginocchio), è il commissario di polizia Cattani de La piovra, fortunata
serie televisiva che ha emozionato gli spettatori televisivi per molti anni. Ormai consolidato il successo, viene
ingaggiato per ruoli sempre più difficili e complessi: il primo di una lunga serie è il professore di Mery per
sempre (1989) di Marco Risi, seguito qualche tempo più tardi dalla vibrante interpretazione di un bieco
affarista in Lamerica (1994) di Gianni Amelio. Tra questi due ruoli fondamentali per la sua carriera, trova
tempo e modo per mettersi alla prova nel campo della regia: nel 1990 esordisce con Pummarò, film sulle
difficoltà di integrazione sociale degli immigrati in Italia. Due anni dopo cambia genere e sceglie toni più
leggeri per la realizzazione de Le amiche del cuore (1992), di cui è regista e interprete, ma è solo una
parentesi perché riprende subito ad interessarsi al cinema d'inchiesta, da lui tanto amato: è Giovanni
Falcone nel film omonimo di Giuseppe Ferrara, dirige poi Un eroe borghese (1995) e soprattutto Del perduto
amore (1998), ritratto di una dolce e coraggiosa insegnante che cerca di ribellarsi al maschilismo del paesino
meridionale in cui vive. Nel 1999 ritrova Marco Bellocchio che lo inserisce nel cast de La balia e, più tardi,
anche Mario Monicelli, che lo vuole nella commedia Panni sporchi (1999). In veste d'attore lo vediamo anche
in Un uomo perbene (1999) di Maurizio Zaccaro e al fianco di Laura Morante nel brioso Liberate i
pesci (2000) di Cristina Comencini. Dopodichè ritorna a lavorare per un periodo in televisione, nello
sceneggiato Padre Pio tra cielo e terra (2000) e nell'interessante ricostruzione de Il sequestro
Soffiantini (2002) diretta da Riccardo Milani che lo richiede anche al cinema per l'intenso film Il posto
dell'anima (2003), denuncia amara e puntuale dell'abuso di potere delle multinazionali. Amante della
letteratura e delle storie d'amore romantiche e passionali, si dedica alla realizzazione de Un viaggio
chiamato amore (2002), incentrato sulla figura del poeta tormentato Dino Campana e della travagliata storia
con Sibilla Aleramo. Da regista prosegue il suo personale viaggio nel mondo dell'anima con
l'inguardabile Ovunque sei (2004), con Stefano Accorsi e la figlia Violante Placido, concentrato di banalità e
pochezza stilistica da dimenticare. Come attore invece, non sbaglia un colpo; nel giro di pochi anni
colleziona una serie di film molto importanti per la storia del cinema italiano. Prima compare ne L'odore del
sangue (2004) di Mario Martone, nel 2006 è in Arrivederci amore, ciao di Michele Soavi e ne Le rose del
deserto di Monicelli, e infine è un volgare chef in Commediasexi (2006) di Alessandro D'Alatri. Verace e
insensibile ne Il caimano (2006) di Nanni Moretti, è più interessante il suo personaggio ne La sconosciuta
(2006) di Giuseppe Tornatore. La sorpresa del nuovo millennio è senza dubbio Romanzo criminale (2005),
scritta assieme a Rulli e Petraglia e diretta da Placido con grande maestria. Realizza un film all'americana,
con un ottimo cast di attori, scoprendo lati nascosti della capitale, indagando negli angoli bui della storia. E
se come regista firma la sua opera più compiuta, come attore non azzecca un film: lo troviamo nel
confuso SoloMetro (2006) di Marco Cucurnia, nel demenziale 2061 – Un anno eccezionale (2007) di Carlo
Vanzina e ne Il sangue dei vinti (2008) di Michele Soavi. Ritrova il gusto con i film successivi, con la misurata
interpretazione de L'ultimo padrino (2007) e in Piano, solo (2007) ma anche in Aldo Moro – Il presidente
(2008) e nel piccolo gioiello Focaccia Blues (2009) di Nico Cirasola. Ormai esperto nel ritrarre con efficacia
le pagine della storia italiana passata, firma la regia de Il grande sogno, film sulle contestazioni studentesche
del '68. Ma non smette di recitare, così è uno dei protagonisti di Oggi sposi (2009) di Luca Lucini, al fianco
di Luca Argentero. Nel 2010 arriva per lui un'altra importante sfida: trasporre sul grande schermo la vita e le
gesta di Renato Vallanzasca, il bandito - oggi in prigione - che negli anni Settanta, a capo della banda della
Comasina, terrorizzò Milano con rapine, sequestri, omicidi ed evasioni. Il 6 settembre 2010 Vallanzasca - Gli
angeli del male è stato presentato fuori concorso alla 67ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di
Venezia, dove, seppur accompagnato da qualche polemica, è stato accolto positivamente dal pubblico. I
suoi ultimi due film da attore sono al servizio di Giovanni Veronesi. E' un padre malfidato in Genitori & figli:)
Agitare bene prima dell'uso (2010), e replicherà la collaborazione col regista in Manuale d'amore 3 (2011).
Filmografia
(1972) Mia moglie, un corpo per l’amore
(1976) L’Agnese va a morire
(1973) Teresa la ladra
(1977) Casotto
(1973) Il caso Pisciotta
(1977) Kleinhoff Hotel
(1973) La mano nera – Prima della mafia... più
(1977) Io sono mia
della mafia
(1977) La ragazza del pigiama giallo
(1973) Il picciotto
(1978) Volontari per destinazione ignota
(1973) Non ho tempo
(1978) Yerma
(1974) Orlando Furioso
(1978) Corleone
(1974) Processo per direttissima
(1979) Ernesto
(1974) Lo stratagemma dei bellimbusti
(1979) Il prato
(1974) Mio Dio, come sono caduta in basso!
(1979) Un uomo in ginocchio
(1974) Romanzo popolare
(1979) Sabato, domenica e venerdì
(1975) Peccati in famiglia
(1979) Letti selvaggi
(1975) Divina creatura
(1980) Salto nel vuoto
(1976) E tanta paura
(1980) Le baccanti
(1976) Marcia trionfale
(1980) Lulu
(1976) La orca
(1980) Fontamara
(1976) Oedipus Orca
(1981) Tre fratelli
(1976) Mosè
(1981) Storia di donne
(1982) Sciopèn
(2000) Liberate i pesci
(1983) Ars Amandi – L’arte di amare
(2000) Padre Pio tra cielo e terra (film tv)
(1983) Passo falso (serie tv)
(2002) Il sequestro Soffiantini (miniserie tv)
(1984) La piovra (serie tv)
(2002) Tra due mondi
(1985) Pizza connection
(2002) Un viaggio chiamato amore (regista)
(1986) Notte d’estate con profilo greco, occhi a
(2003) Il posto dell’anima
mandorla e odore di basilico
(2004) L’odore del sangue
(1986) Grandi magazzini
(2004) Ovunque sei (regista)
(1986) La piovra 2 (serie tv)
(2005) Romanzo criminale (regista)
(1987) La piovra 3 (serie tv)
(2006) SoloMetro
(1987) Ti presento un’amica
(2006) La sconosciuta
(1988) Affari d’oro
(2006) Le rose del deserto
(1988) Via Paradiso
(2006) Arrivederci amore, ciao
(1988) Come sono buoni i bianchi!
(2006) Il caimano
(1989) La piovra 4 (serie tv)
(2006) Commediasexi
(1989) Mery per sempre
(2007) Liolà
(1990) Pummarò (regista e attore)
(2007) 2061 – Un anno eccezionale
(1991) Afghan Breakdown
(2007) Piano, solo
(1992) Le amiche del cuore (regista e attore)
(2007) L’ultimo padrino
(1993) Quattro bravi ragazzi
(2008) Il sangue dei vinti
(1993) Giovanni Falcone
(2008) Aldo Moro – Il presidente (miniserie tv)
(1994) Lamerica
(2009) Negli occhi
(1994) Padre e figlio
(2009) Baarìa
(1995) Poliziotti
(2009) Oggi sposi
(1995) Un eroe borghese (regista e attore)
(2009) Focaccia Blues
(1996) La lupa
(2009) Il grande sogno (regista)
(1998) Il piacere e i suoi piccoli inconvenienti
(2010) Genitori & Figli: Agitare bene prima
(1998) Del perduto amore (regista e attore)
dell’uso
(1999) La balia
(2010) Vallanzasca – Gli angeli del male (regista)
(1999) Un uomo per bene
(2011) Manuale d’amore 3
(1999) Terra bruciata [2]
(2011) Amici miei – Come tutto ebbe inizio
(1999) Panni sporchi
Recensioni
Alessandra Levantesi - La Stampa
Vallanzasca, il bandito asceso a dubbia fama negli anni ‘70 e ‘80 per una serie di sanguinarie rapine, non si
è ritrovato nell’interpretazione a suo avviso troppo survoltata di Kim Rossi Stuart. E, per converso, il film ha
provocato polemiche in quanto in sospetto di conferire attrattiva a una figura discutibile. In realtà il biopic si
inserisce nel filone della gangster story, che ha insita in sé questa ambivalenza di conferire statura di
protagonista a un personaggio negativo pure evidenziandone le malefatte. È un terreno non facile, dove
Placido regista si è mosso con piglio hollywoodiano, coadiuvato da un bel cast nel quale Rossi Stuart svetta
straordinario.
Dario Zonta - L'Unità
Dopo mesi di polemiche, quasi tutte preventive e per questo infondate, esce nelle sale Vallanzasca – Gli
angeli del male, l’ormai ben noto film di Michele Placido su bel René, condannato a 4 ergastoli e 260 anni di
prigione. Si potrebbe scrivere un articolo intero solo citando tutte le categorie e personalità che si sono
dichiarate contro il film, dal deputato della Lega Davide Cavalletto - che ha chiesto il boicottaggio del film passando per il disappunto generico di vari politici (Maroni, Frattini, altri esponenti del governo Berlusconi),
fino ad arrivare alle varie categorie (sindacati di polizia, associazioni cattoliche, osservatorio dei minori). Di
tutti i detrattori quelli che hanno un motivo sostanziale, quand’anche pregiudiziale, sono le associazioni delle
vittime (qui in particolare i parenti delle vittime della ‘banda della Comasina’ e l’associazione delle Vittime del
Dolore) che non possono prescindere dall’esperienza diretta del lutto e non possono dirsi non contrarie a
operazioni che fatalmente rischiano di trasformare un pluriomicida in una star. È la vita e la morte contro il
cinema. La storia e la verità contro il cinema. I morti veri della vita contro quelli finti del cinema.
Tutte le polemiche occorse in questi mesi, in quanto preventive, hanno riguardato la legittimità o meno di
fare un film su Vallanzasca. Su questo punto abbiamo le idee chiare: il cinema può e deve poter raccontare
tutto, il bene e il male, la vita e la morte, i santi e gli assassini... Ma quando le storie non sono di fantasia e
pescano dalla realtà allora la sottile linea tra etica e estetica si avvinghia fatalmente a forma di cappio: a
volte si stringe a volte no!
Ora, in questo tipo di querelle, c’è – per chi scrive – un criterio guida che aiuta a definire un discorso e un
giudizio etico. Il criterio è quello puramente cinematografico, ed estetico. Vedendo il film abbiamo avuto un
sospetto: che la storia fosse stata riscritta al montaggio. Una notizia di cronaca di qualche settimana fa ci ha
confortato in quest’intuizione: due degli sceneggiatori del film, Andrea Purgatori e Angelo Pasquini, hanno
ritirato la firma («dopo aver visto il film montato non abbiamo riconosciuto il lavoro»). a differenza di
Romanzo criminale (film corale sulla banda della Magliana e sulla Roma di quegli anni), Michele Placido ha
voluto costruire Gli angeli del male (titolo sbagliatissimo e ambiguo) solo su Vallanzasca, inibendo le figure
di contorno, a volte destituendole di spessore, e smussando totalmente il contesto storico-politico di quegli
anni (la mafia e il terrorismo). Questo vorticoso precipitare sulla figura carismatica del ben René
(sommamente interpretato da Rossi Stuart), questo vorticoso cedere al fascino di Vallanzasca cambia i
connotati dell’operazione e la rende facilmente attaccabile sul piano etico.
Buchi e accelerazioni
Un occhio un poco preparato in campo di cinema può facilmente constatare che la scrittura del personaggio
e della storia è avvenuta al montaggio (con tutti i buchi e le accelerazioni del caso). E pensare che a
Venezia, a caldo, il montaggio è stato apprezzato per velocità, nervosismo, potenza... mentre proprio questa
frenesia non ha fatto altro che contribuire a costruire un trono per René. Sia chiaro: è più che legittimo che il
film lo decida il regista e non gli sceneggiatori, ma in questo caso la distanza deve essere stata troppo
ampia.
Alla scrittura ha partecipato anche Rossi Stuart, ma siamo certi – per quanto conosciamo dell’intelligenza e
sensibilità di questo straordinario attore – che il suo René fosse diverso.
Ecco allora che dal cinema passiamo al discorso etico. Questa frantumazione del contesto e dei personaggi
di contorno lasciano tragicamente Vallanzasca da solo con le sue vittime, sul quale il film non indugia mai
(forse per rispetto), arrivando però ad una paradossale indifferenza.
Roberto Nepoti - La Repubblica
Un film, violento e crudele che non mitizza il famoso bandito, anche se a interpretarlo è Kim Rossi Stuart,
che ha gli stessi occhi azzurri del vero Vallanzasca, bellissimo pure lui, tanto da far innamorare folle di
donne senza speranza, essendo alloggiato in carcere con 4 ergastoli. Grande attore, Rossi Stuart (fosse
stato in concorso a Venezia avrebbe vinto la Coppa Volpi) ne fa una figura inquietante, odiosa, proprio per i
modi gentili verso i rapinati, per le terrorizzanti carezze e i sorrisi di ghiaccio prima di sgozzare la vittima.
Quindi il film non mostra un eroe sia pure del male, ma un incallito assassino mosso da un0ansia distruttiva,
uno sbruffone, un narcisista, un esaltato, un mitomane, un ignorante. Il film di Placido scorre veloce senza
un momento di tregua.
Valerio Caprara - Il Mattino
Per «Vallanzasca - Gli angeli del male» record stagionale. Di bestialità a piede libero, di quelle che non
pagano dazio e non temono sanzioni. Polemiche preventive e cervellotiche (fatto salvo il diritto a indignarsi
dei parenti delle vittime del celebre bandito), contro-sparate da treno o da bar del regista Michele Placido, un
diluvio di contrapposte strumentalizzazioni che fanno scempio dell’intelligenza dello spettatore. Risulta così
facile perdere di vista l’«anima» stilistica del film, la sua incisività psicologica e la sua tenuta narrativa,
elementi di giudizio decisivi quando si entra in una sala cinematografica per assistere a un gangster-movie.
Non si capisce perché attorno alla messinscena delle gesta criminali del Bel René s’indulga a inscenare un
luna park che nessuno azzarderebbe a proposito di «Scarface», «Carlito’s Way» o «American gangster»:
certo la ferita è ancora aperta e il protagonista ancora vivo, ma lo stesso si poteva dire quando sono usciti
onesti film di genere come «Banditi a Milano», «Altri uomini», «La banda Vallanzasca» o lo stesso, riuscito
«Romanzo criminale».
Placido è un regista di grana grossa, alterno nei risultati perché poco portato alle sfumature (che fanno la
differenza). In questo caso si mantiene su di una stentata sufficienza, visto che l’epopea noir della Milano ani
’70 – accompagnata dalla voce narrante del protagonista Kim Rossi Stuart – ha qualche buona carta da
giocare, ma sconta anche vistose debolezze. Col segno più vanno, innanzitutto, tramandate le
interpretazioni dello stesso Kim (sebbene si percepisca troppo la forzatura dell’accento milanese) calato in
un misto di megalomania e infantile crudeltà nella parte del nemico pubblico, Lino Guanciale, Nicola Acunzo,
Gaetano Bruno e Moritz Bleibtreu, mentre il Francesco Scianna di «Baarìa» è un Francis Turatello poco
lavorato in profondità e Filippo Timi nella parte del gangster più isterico e tossico eccede nell’imitare
l’inimitabile Gian Maria Volonté. Così come è giusto rimarcare il ritmo sufficientemente adrenalinico di quella
che fu una faida capace di trasformare la metropoli (e non solo) in un sanguinoso campo di battaglia, una
fotografia adeguata e l’impressionante escalation di violenza che risponde alle caratteristiche impulsive e
muscolari del Placido furioso.
Dove «Vallanzasca», ispirato ai libri-verità «Il fiore del male» e «Lettera a Renato», perde colpi, è nella
vividezza e credibilità degli sfondi e nella mancanza di una forte chiave di lettura, non in senso moralistico,
per carità.. Al contrario di quanto sperimentato in «Romanzo criminale», infatti, il regista procede come per
routine o per inerzia, sorvolando sul contrappunto sociologico in senso stretto, ma tralasciando nel contempo
lo sforzo di trasfigurarlo in un’inedita dimensione mitopoietica.
Gian Luigi Rondi - Il Tempo
Dopo “Romanzo criminale”, Michele Placido ci racconta i misfatti di un’altra banda persino più celebre e
sanguinaria di quella romana della Magliana, quella milanese della Comasina e lo fa, questa volta, mettendo
a tal segno l’accento sul suo capo, Renato Vallanzasca, da prendere lo spinto da un libro da lui stesso
suggerito in uno di quei tanti carceri dove, condannato a vari ergastoli, è tuttora detenuto.
Vallanzasca, dunque, dal principio alla fine, da quando, ragazzino, capitanava bande di piccoli ladruncoli,
fino alla creazione di quella temibile banda che, dagli anni Settanta in poi, devastò Milano e tutta la
Lombardia con assalti alle banche, rapine a mano armata, spietati versamenti di sangue non solo ai danni
delle forze dell'ordine, ma anche al suo stesso interno o, in più momenti, in violenti confronti con
organizzazioni rivali. Al centro, però, e in primo piano, sempre lui, il bandito che conquistava le donne, che,
finito dietro alle sbarre, ne riusciva sempre ad evadere, con momenti anche privati, i rapporti con i genitori,
con una ragazza da cui avrà un figlio, con un'altra che sposerà in carcere con una cerimonia tutta colori
vistosi soprattutto ad uso di quella stampa sempre disposta a fargli eco.
Un ritratto davvero a tutto tondo che alla Mostra di Venezia, dove il film è stato presentato l’estate scorsa, ha
suscitato polemiche per l’interesse che dimostrava in favore di un personaggio con una lunga scia di sangue
alle spalle. Placido, però, in linea con quel cinema americano sui gangster, da “Scarface” a “Dillinger”, ha
scelto di non dare giudizi (un po’ come Scorsese in “Quei bravi ragazzi”) e tutte le sue attenzioni le ha rivolte
a quella figura centrale di cui, ignorandone forse un po’ attorno le cornici, ha messo soprattutto in rilievo la
determinazione e, in alcuni passaggi, anche la ferocia, rappresentandole con un dominio sempre più sicuro
del cinema: ritmi affannati, immagini dure e violente, climi quasi sempre stravolti e esasperati: con poche
pause.
Sostiene l’impresa Kim Rossi Stuart, intento a modulare con sapienza - gestuale e mimica – tutte le gamme
di un carattere selvaggio ed irruente cui il film fa riferimento per intero. Raccogliendone la sfida con saldi
risultati.