Un uomo cattivo Y., 26 anni, è stato trasferito dal carcere in un
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Un uomo cattivo Y., 26 anni, è stato trasferito dal carcere in un
Un uomo cattivo Y., 26 anni, è stato trasferito dal carcere in un reparto psichiatrico in seguito a un tentativo di suicidio. Ha in anamnesi tre precedenti tentativi di suicidio e diversi problemi con la legge. Grazie alle informazioni fornite dai servizi sociali e desunte dalla documentazione clinica e legale, il medico è in grado di ricostruire la sua storia. La madre di Y. era una prostituta tossicodipendente. Il padre non l’aveva mai conosciuto. Il paziente aveva manifestato gravi problemi di condotta fin dalla fanciullezza. Aveva cominciato a prendere parte a lotte con altri bambini praticamente dal giorno in cui aveva iniziato ad andare a scuola e, diverse volte, era stato sorpreso a torturare degli animali. All'età di 9 anni aveva gettato il fratellino dalla finestra dell'appartamento in cui viveva, situato al primo piano, causandogli fratture multiple. Durante l'infanzia aveva trascorso diversi anni in una casa famiglia ed era stato ospitato da diverse famiglie, ma tali soluzioni abitative non si erano mai rivelate utili. Occasionalmente stava con la nonna materna, la quale si prendeva cura di altri otto nipotini. Y. aveva cominciato a fare uso di droga all'età di 10 anni. Nella prima adolescenza sì era unito ad una banda, rimanendo coinvolto nel traffico di droga e nel contrabbando di sigarette di marijuana. Ebbe il primo figlio all'età di 13 anni. Prima di aver compiuto 17 anni era stato arrestato con diverse accuse tra cui furto, possesso di sostanze illecite e aggressione ma, per la sua giovane età, aveva sempre goduto del beneficio della condizionale. Marinava regolarmente la scuola, che lasciò definitivamente all’età di 15 anni. A quell'epoca aveva cominciato a vivere sulla strada con altri amici appartenenti alla banda, anch'essi coinvolti nel consumo e nella vendita di droga. All'età di 17 anni fu condannato a due anni di reclusione per avere accoltellato una persona durante una lite in un bar. In carcere aveva tentato il suicidio impiccandosi con un capo di vestiario. In seguito a ciò era stato trasferito in infermeria per diverse settimane senza partecipare ai gruppi di lavoro. All'età di 23 anni il paziente aveva già cinque figli, che non vede e non mantiene. Quando non è arrabbiato, Y. è una persona manipolatrice, che può anche risultare interessante, divertente e socievole. Quando è sotto l'effetto della droga o si sente disorientato, diventa furioso e distruttivo. Y stato in trattamento per una serie di overdosi, parecchie delle quali intenzionali. Ha subito tre ricoveri in strutture psichiatriche per depressione e tentativi di suicidio. Quello attuale è il quarto ricovero. Durante le ospedalizzazioni il paziente manifesta un pattern di comportamento caratteristico. Inizialmente sembra rifiorire e star meglio e si dimostra disponibile nei confronti del personale e degli altri pazienti. Tuttavia, ben presto comincia a causare problemi e incita gli altri degenti a ribellarsi per questioni quali il permesso di fumare o di uscire e la necessità di farmaci. Una volta, durante l’ultimo ricovero, è stato sorpreso mentre aveva un rapporto sessuale con una paziente di 60 anni. L'ape “re” C., un attore televisivo di 45 anni, si presenta dopo essere stato improvvisamente lasciato dalla fidanzata. Pur essendo molto attraente, ha un abbigliamento che sarebbe più adatto ad un uomo più giovane. Indossa una canotta, dei jeans, un grande medaglione e ha i capelli piuttosto lunghi. All'inizio dell’intervista appare terribilmente sconsolato per la perdita della fidanzata, si strappa i capelli e dice di non vedere un motivo per continuare a vivere. Tuttavia, la sua disperazione, espressa con atteggiamento teatraleggiante, svanisce rapidamente quando il suo interesse si sposta sulla terapeuta, alla quale comincia a rivolgere una serie di osservazioni seduttive. La sua recente “tragedia” romantica sembra seguire un modello che si ripete frequentemente nella vita del paziente. Si innamora rapidamente e intensamente, presto diventa un “dipendente dall’amore”, tanto da non tollerare che la fidanzata trascorra del tempo lontano da lui e, infine, non riesce a tollerare il “raffreddamento” che deriva inevitabilmente da rapporti troppo intensi e soffocanti per essere duraturi. Quando una relazione sembra condurre al matrimonio, C. perde interesse, scopre nella fidanzata difetti precedentemente non notati e rompe la relazione. Egli ha avuto relazioni serie in cui si era giunti a parlare di matrimonio almeno sei volte, ma la donna non era mai risultata quella “giusta”. C. ha una “passione” per i ristoranti, ma si lamenta di avere difficoltà a trovare persone che lo accompagnino in quanto, a suo dire, sono pochissimi quelli che “condividono i suoi gusti sofisticati”. Dopo averlo sentito descrivere il proprio comportamento abituale al ristorante, risulta chiaro che mangiare con lui deve essere una tortura. Mobilita tutti i camerieri e il mai-tre al punto che il suo tavolo diventa un centro di attività e di attenzione. Prima di ordinare insiste nel parlare con il capocuoco e con gli addetti ai dessert e al vino; richiede descrizioni dettagliate sulla preparazione di ciascuna portata e, solitamente, insiste nel visitare la cucina o la cantina. In breve, l’intero ristorante sembra coinvolto nella sua scelta dei cibi. Nonostante ciò, sono pochi i piatti che considera all'altezza delle sue aspettative ed è raro che termini la cena senza rimandare indietro almeno una portata. È così esigente anche con le donne: una è troppo alta, una è troppo bassa, una parla troppo, una è troppo tranquilla, una è troppo esuberante, una troppo insignificante; nessuna “va bene”. C. è stato in psicoterapia diverse volte ed è consapevole della natura controproducente e autolesionistica delle relazioni sentimentali che instaura. È un uomo molto intelligente, istruito e con una complessa psicologia ed è in grado di fornire una spiegazione psicodinamica dettagliata e convincente del proprio comportamento. Tuttavia, fatta eccezione per l'ambiente di lavoro, questa sua apparente consapevolezza non ha un effetto percettibile sul suo comportamento; fatto, questo, che egli riconosce e dichiara frutto di una combinazione di leggerezza, rammarico e indifferenza. C. ha molto successo nel lavoro ma non ha mai mantenuto le sue promesse. Poco prima dei 30 anni ha ricoperto diversi ruoli di primo piano in importanti opere teatrali. Tuttavia, ha sempre avuto difficoltà ad attenersi alla propria parte e a sostenere il notevole impegno richiestogli in termini di tempo ed energia. Con il passare degli anni ha lavorato sempre più spesso in televisione e ha ottenuto delle parti in diverse soap opera. È incostante nel lavoro come lo è in amore: intraprende un nuovo ruolo con grande impegno e, almeno inizialmente, anche con ottimi risultati. Tuttavia, dopo alcuni mesi il suo interesse si rivolge a qualcos'altro. Si preoccupa molto più di piacere e di essere ammirato dai colleghi e dalla produzione, in particolare dalle donne, piuttosto che di svolgere il proprio lavoro. Si compiace nel descrivere tutte le persone importanti e influenti del suo settore – come attori, produttori e registi – con cui ha stretti rapporti, riferendosi a essi con il nome di battesimo. Afferma di avere grondo difficoltà a lavorare con gli uomini, perché sono gelosi di lui ed eccessivamente mente competitivi. Pur avendo parecchie amiche, non ha mai avuto un amico intimo. Il paziente era il minore, il più bello e il più promettente di tre fratelli ed era sempre stato lodato e assecondato da entrambi i genitori, i quali erano convinti che avesse davanti a sé un grande futuro e lo avevano incoraggiato a coltivare il suo bell'aspetto e le sue doti teatrali, pagando volentieri vestiti costosi e corsi di recitazione. C. è maturato presto e ha cominciato le sue numerose avventure sessuali all’età di 14 anni. Da allora vive la vita come un melodramma infelice ma eccitante. Più o meno come accade nei rapporti sentimentali, egli inizia una nuova relazione psicoterapeutica con entusiasmo e termina con un sentimento di delusione o rifiuto. Solitamente si innamora della terapeuta. Quando il suo affetto non viene ricambiato si sente frustrato, anche se è stato in terapia abbastanza a lungo da sapere che un rapporto simile sarebbe inappropriato e non professionale. Non ha mai assunto farmaci. Un uomo timido e scoraggiato D. è uno studente universitario di 32 anni che si presenta per un consulto in quanto ha la sensazione che il suo lavoro e la sua vita sentimentale non abbiano preso nessuna direzione. Da diversi anni non riesce a completare la tesi. Pur avendo raccolto migliaia di schedari e centinaia di riferimenti bibliografici, egli non riesce a concludere il progetto. Lavora come cassiere in una libreria e si sta sempre più convincendo che rimarrà dietro un registratore di cassa per tutta la vita. Questo pensiero è particolarmente doloroso, perché odia questo lavoro e ha sempre paura di compiere errori ed essere rimproverato da un cliente o dal datore di lavoro. D. è molto timido. Ha notevoli difficoltà a iniziare una conversazione con persone che non conosce, per paura di dire qualcosa di stupido. Quando viene invitato alle feste, solitamente trova delle scuse per non andare. Quando accetta, si sente impacciato e imbarazzato ed è sicuro di arrossire. In genere diventa così ansioso e oppresso da questi sentimenti che se ne va prima di avere la possibilità di parlare con qualcuno. Ciò lo fa sentire un idiota e, a ogni invito, ha sempre meno voglia di accettare. Raramente D. inizia brevi relazioni sentimentali, in genere con donne che gli sono state presentate da una comune conoscenza, ma il rapporto solitamente finisce male. Le donne sono sorprese dalla sua mancanza di intraprendenza in campo sessuale e dal fatto che devono prendere l'iniziativa. Egli è consapevole di ciò, ha ansia prestazionale e, spesso, soffre di eiaculazione precoce. Il paziente è il maggiore di tre fratelli e proviene da una famiglia di ceto medio-basso. Era il preferito della madre e aveva sempre avuto la sensazione che lei avesse aspettative troppo elevate e, forse, irraggiungibili nei suoi confronti. Il padre, d’altra parte, era un uomo molto religioso, umile e senza ambizioni, le cui espressioni preferite erano “nessuno ha nulla di cui essere orgoglioso” e “chi si loda si imbroda”. Nonostante il risentimento nei confronti del padre, D. è molto legato a entrambi i genitori e alla camera in cui ha sempre vissuto. Continua a vivere e a trascorrere gran parte del suo tempo libero con loro. Da bambino, D. era abbastanza aggressivo, vivace e dallo spirito libero, finché, all'età di 5 anni, il padre lo aveva sorpreso mentre spogliava la figlia del vicino di casa e giocava con la sua vagina. D. venne rimproverato e dovette compiere un atto di mortificazione davanti al sacerdote locale. Dopo mesi di training rigoroso in religione e autodisciplina aveva perso il suo coraggio e il suo atteggiamento di sfida ed era diventato sempre più timido. Alla fine venne perdonato per i peccati commessi. Da allora aveva sviluppato un comportamento evitante e rendeva meno di quanto avrebbe potuto fare. D. è intelligente e psicologicamente sofisticato. Ammette che l'autoconsapevolezza e la paura delle critiche nascono dalla sensazione che i genitori osservino il suo comportamento. Quando l'intervistatore gli domanda in che modo ciò influisce sulla sua vita sessuale, egli ride e dice "è come se mio padre fosse sempre lì a guardarmi". Poi rammenta un sogno in cui sta facendo l'amore con una donna sul sedile posteriore di un taxi, ma l'autista li interrompe e prende il suo posto. Lui è costretto a sedersi sul sedile davanti e a guardarli dallo specchietto retrovisore. Riferisce che la donna era molto più vecchia di lui e neanche molto bella. Durante la seconda seduta D. diventa silenzioso e consciamente non rivela al terapeuta un ricordo di carattere sessuale. Quando viene invitato in modo pressante a indagare ciò che sta accadendo, nota con sorpresa di aspettarsi già da prima che il terapeuta sia esigente e critico. Egli vuole comprendere il proprio comportamento e cambiarlo, ma non è sicuro di poter sopportare l'imbarazzo di dover rivelare i propri pensieri a qualcuno che, secondo lui, deve giudicare ciò che gli viene detto. Tale autoconsapevolezza è il motivo per il quale non si è mai sottoposto a trattamento e non è sicuro di quanto rimarrà in terapia. Teme inoltre che il tempo e l'energia spesi per il trattamento lo distraggano dalla tesi e che si potrebbe aprire un vaso di Pandora. La sua situazione finanziaria è molto precaria. Dispersa in mare La signora T., 53 anni, ha tre figli di età compresa tra i 20 e 30 anni e si presenta su loro insistenza. Un anno orsono il marito, con cui era sposata da 30 anni, l'aveva lasciata per una donna più giovane. Da allora non è più stata in grado di fare nulla. Ogni giorno prova timore e non riesce a prendere alcuna decisione (ad es., se continuare a vivere nella propria casa, se cercare un lavoro, come gestire le proprie finanze e persino quali vestiti comprare). Chiede costantemente ai figli i consigli e il supporto emotivo che precedentemente le venivano forniti dal marito. I figli la amano e comprendono la sua situazione, ma si stanno irritando sempre di più per la sua incapacità di cavarsela da sola. Anche gli amici si sono allontanati a causa delle sue costanti richieste di aiuto e hanno cominciato a evitarla. La maggior parte degli amici e delle conoscenze della signora T. non comprende perché sia così provata per l'abbandono da parte del marito. Era sempre stato infedele, impossibile da accontentare e molto avaro. Egli, tuttavia, prendeva tutte le decisioni importanti: come spendere e investire il loro denaro, dove vivere, quando e dove andare in vacanza, se mangiare fuori e il tipo di ristorante, quale film andare a vedere, con chi trascorrere il tempo libero, le scuole che i figli avrebbero frequentato e persino le carriere che i figli sarebbero stati incoraggiati a percorrere. Il signor T. andava sempre a fare la spesa con lei e la aiutava anche a scegliere i vestiti. Dopo che il marito l’aveva lasciata, la donna era crollata, non si sentiva in grado di fare nulla ed era caduta in depressione. La signora T. è figlia unica. La madre la adorava e il padre era morto durante la seconda guerra mondiale, quando lei aveva tre anni. La madre era una donna forte e possessiva che le sceglieva i vestiti, la trattava come una fragile bambola e prendeva le decisioni per lei. Le programmava la giornata con una serie di lezioni e attività sociali e le sceglieva anche le amicizie, La paziente aveva continuato a vivere con la madre fino al terzo anno del college, quando questa era deceduta in un incidente stradale. Il Signor T., legale ed esecutore testamentario della madre, si era preso cura degli affari della figlia e presto divenne il suo consigliere e confidente. La donna si sentì sollevata quando lui le chiese di sposarlo, perché era diventata totalmente dipendente da lui, che aveva riempito il vuoto lasciato dalla madre.