7 febbraio Martedì – 5a Settimana del Tempo Ordinario

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7 febbraio Martedì – 5a Settimana del Tempo Ordinario
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7 febbraio
Martedì – 5a Settimana del Tempo Ordinario
Prima lettura (Gen 1,20-2,4a)
Dio disse: «Le acque brùlichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brùlicano
nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie. Dio vide che era
cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli
si moltiplichino sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno. Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici, secondo la loro specie».
E così avvenne. Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona. Dio disse:
«Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e
sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla
terra». E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».
Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e
a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde».
E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina:
sesto giorno. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da
ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra quando vennero creati.
L’uomo immagine di Dio
San Tommaso (S. Th. I, q. 3, a. 1, soluzione 2)
2. Si dice che l’uomo è a immagine di Dio non secondo il corpo, ma secondo ciò per cui l’uomo
sorpassa gli altri animali. Per questo alle parole: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza
seguono le altre: affinché egli domini sui pesci del mare, ecc. Ora, l’uomo sorpassa tutti gli altri
animali per la ragione e l’intelligenza. Quindi l’uomo è a immagine di Dio secondo l’intelletto e la
ragione, che sono realtà incorporee.
Testo latino di S. Tommaso (S. Th. I, q. 3, a. 1, ad secundum)
Ad secundum dicendum quod homo dicitur esse ad imaginem Dei, non secundum corpus, sed
secundum id quo homo excellit alia animalia, unde, Gen. 1 [26], postquam dictum est, faciamus
hominem ad imaginem et similitudinem nostram, subditur, ut praesit piscibus maris, et cetera. Excellit autem homo omnia animalia quantum ad rationem et intellectum. Unde secundum intellectum
et rationem, quae sunt incorporea, homo est ad imaginem Dei.
Vangelo (Mc 7,1-13)
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi
alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e
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osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame
e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo
la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha
profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo
cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro:
«Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè
infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn,
cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».
Legge antica e legge nuova
San Tommaso (S. Th. I-II, q. 107, a. 1, soluzione 2)
2. Tutte le differenze che si è soliti stabilire fra l’antica e la nuova legge sono concepite in base
ai rapporti fra una cosa imperfetta e la sua perfezione. Infatti i precetti di qualsiasi legge riguardano
sempre gli atti delle virtù. Ma a compiere tali atti non sono spinti allo stesso modo gli uomini imperfetti, che non hanno ancora l’abito della virtù, e quelli già perfetti grazie ai loro abiti virtuosi.
Poiché chi è privo dell’abito virtuoso è spinto ad agire virtuosamente da una causa estrinseca: p. es.
dalla minaccia del castigo, o dalla promessa di un premio, come gli onori, le ricchezze, o altro del
genere. E così la legge antica, che fu data a uomini imperfetti, cioè privi della grazia spirituale, veniva detta legge del timore, poiché induceva all’osservanza dei precetti con la minaccia di determinati castighi. E si dice che aveva delle promesse di beni temporali. Invece gli uomini provvisti di
virtù sono spinti all’esercizio delle azioni virtuose dall’amore della virtù, e non da qualche castigo o
premio estrinseco. E così la legge nuova, che consiste principalmente nella grazia divina infusa nei
cuori, viene chiamata legge dell’amore. E si dice che ha promesse spirituali ed eterne, che sono
l’oggetto stesso della virtù, specialmente della carità. Perciò a queste le persone virtuose sono portate per se stesse, non come verso cose estranee, ma come verso il proprio oggetto. E per questo stesso motivo si dice che l’antica legge «tratteneva la mano, ma non l’animo»: poiché quando uno si
astiene dal peccato per paura del castigo, la sua volontà non desiste dalla colpa in senso assoluto,
come fa invece la volontà di colui che se ne allontana per amore dell’onestà. Per cui si dice che la
legge nuova, che è una legge di amore, «trattiene l’animo». – Tuttavia nell’Antico Testamento ci
furono delle anime ripiene di carità e di grazia dello Spirito Santo, che guardavano principalmente
alle promesse spirituali ed eterne. E sotto tale aspetto costoro appartenevano alla legge nuova. – E
così pure nel nuovo Testamento ci sono degli uomini carnali che non hanno ancora raggiunto la perfezione della legge nuova, e che bisogna indurre alle azioni virtuose con la paura del castigo, o con
la promessa di beni temporali. – In ogni caso però la legge antica, anche se dava i precetti della carità, non era tuttavia in grado di offrire lo Spirito Santo, per mezzo del quale l’amore di Dio è stato
riversato nei nostri cuori, come dice S. Paolo in Rm.
Testo latino di S. Tommaso (S. Th. I-II, q. 107, a. 1, ad secundum)
Ad secundum dicendum quod omnes differentiae quae assignantur inter novam legem et veterem, accipiuntur secundum perfectum et imperfectum. Praecepta enim legis cuiuslibet dantur de actibus virtutum. Ad operanda autem virtutum opera aliter inclinantur imperfecti, qui nondum habent
virtutis habitum; et aliter illi qui sunt per habitum virtutis perfecti. Illi enim qui nondum habent habitum virtutis, inclinantur ad agendum virtutis opera ex aliqua causa extrinseca, puta ex comminatione poenarum, vel ex promissione aliquarum extrinsecarum remunerationum, puta honoris vel divitiarum vel alicuius huiusmodi. Et ideo lex vetus, quae dabatur imperfectis, idest nondum
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consecutis gratiam spiritualem, dicebatur lex timoris, inquantum inducebat ad observantiam praeceptorum per comminationem quarundam poenarum. Et dicitur habere temporalia quaedam promissa. Illi autem qui habent virtutem, inclinantur ad virtutis opera agenda propter amorem virtutis, non
propter aliquam poenam aut remunerationem extrinsecam. Et ideo lex nova, cuius principalitas consistit in ipsa spirituali gratia indita cordibus, dicitur lex amoris. Et dicitur habere promissa spiritualia et aeterna, quae sunt obiecta virtutis, praecipue caritatis. Et ita per se in ea inclinantur, non quasi
in extranea, sed quasi in propria. Et propter hoc etiam lex vetus dicitur cohibere manum, non animum, quia qui timore poenae ab aliquo peccato abstinet, non simpliciter eius voluntas a peccato recedit, sicut recedit voluntas eius qui amore iustitiae abstinet a peccato. Et propter hoc lex nova, quae
est lex amoris, dicitur animum cohibere. – Fuerunt tamen aliqui in statu veteris testamenti habentes
caritatem et gratiam Spiritus Sancti, qui principaliter expectabant promissiones spirituales et aeternas. Et secundum hoc pertinebant ad legem novam. – Similiter etiam in Novo Testamento sunt aliqui carnales nondum pertingentes ad perfectionem novae legis, quos oportuit etiam in novo testamento induci ad virtutis opera per timorem poenarum, et per aliqua temporalia promissa. – Lex
autem vetus etsi praecepta caritatis daret, non tamen per eam dabatur Spiritus Sanctus, per quem
diffunditur caritas in cordibus nostris, ut dicitur Rom. 5 [5].