relaz.dr. flavio cruciatti

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relaz.dr. flavio cruciatti
Milano:Istituto Geriatrico Pio Albergo Trivulzio
“Standards strutturali e organizzativi in hospice”
Relatore: Dr. Flavio Cruciatti
Il Pio Albergo Trivulzio (PAT) nasce come istituto geriatrico e sviluppa al suo interno una struttura
hospice.
▪Attivato nel settembre 1991
▪Inaugurato ufficialmente nel febbraio 1992
▪Dopo un’esperienza clinica propedeutica di circa due anni, principalmente incentrata su aspetti
medico-infermieristici (due medici e quattro infermieri professionali per il ricovero dei pazienti in
un reparto di riabilitazione geriatrica – una stanza di 4 letti – su segnalazione della Unità di Cure
Palliative Domiciliari dell’USSL di riferimento)
▪Avvio a seguito di una convenzione per il rimborso delle degenze in regime di ricovero nella
riabilitazione post-acuta.
I modelli di riferimento stranieri considerati nel 1990 per stabilire degli standard che potessero
essere adeguati al personale, in special modo quello infermieristico, furono:
▪Palliative Care Service del Royal Victoria Hospital di Montreal (McGill University)
▪Centre de Soins Continus (CESCO) - Instituzione Geriatrica Universitaria di Ginevra
▪Strutture esistenti in Canada e Regno Unito (quelle con un numero elevato di posti letto)
▪Strutture Hospice esistenti in Francia, Svizzera e Germania.
L’Obiettivo: struttura di ricovero complementare ad UCP domiciliari di Milano
(Fondazione Floriani, Lega It. Lotta Tumori, altre Ass.)
Finalità:
erogazione cure palliative
Tipologia:
malati oncologici (n° = 1490 ricoveri tra febbraio ’92 maggio ’02 con 9 posti letto)
Contesto:
setting geriatrico (Il Pio Albergo Trivulzio è un’istituzione che ospita circa 1500
persone).
Tale contesto geriatrico ha avvantaggiato la creazione dell’hospice, grazie alle molteplici affinità
della geriatria con le Cure Palliative. Tra questi elementi di convergenza si possono annoverare:
•Approccio olistico
•Valutazione multi-dimensionale
•Intervento multi-disciplinare
•Lavoro in équipe
•Obiettivi dell'intervento orientati a:
- migliorare qualità della vita
- recupero/mantenimento autonomia
- recupero/mantenimento dell'autostima•Entrambe le discipline affermano la vita (ma
considerano il morire un evento naturale)Un altro obiettivo era quello di definire delle linee-guida e
degli standard che potessero essere adattati alla realtà italiana che è un Pese latino, cattolico, con
una tradizione storica diversa da quella anglosassone. Questi standard vertevano su:
• Requisiti strutturali (destinazione spazi e standard architettonici)
• Requisiti tecnologici (arredi, attrezzature)
• Requisiti organizzativi (programmi e procedure)
• Requisiti gestionali (standard assistenziali e personale dedicato)
Il Trivulzio di Milano, la Domus Salutis di Brescia e l’hospice della Capitanio, dopo cinque anni di
attività tentarono di far confluire le esperienze all’interno di un documento che poi la SICP ha
adottato e diffuso, definendo i requisiti minimi organizzativi e strutturali per gli hospice. Questo
documento venne poi ripreso in alcune regioni italiane: la Regione Lombardia, per esempio, nel
1998 con la Delibera Regione Lombardia n. 39990 del 30.11.1998, diede avvio ad un “Atto di
indirizzo e coordinamento per le Cure Palliative”
Questi standard sono stati anche ripresi da due leggi:
–Decreto 28.9.1999 del Ministero della Sanità “Programma nazionale per la realizzazione di
strutture per le cure palliative”.
–Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20.1.2000 “Atto di indirizzo e coordinamento
recanti requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per i centri residenziali di cure
palliative”
Gli standard strutturali e tecnologici prevedono:
–Localizzazione in edificio dedicato, in area protetta
–Facile accessibilità da parte dei parenti
–Ricettività non superiore a 30 posti letto
–Articolazione in aree funzionali “simili al domicilio” (es. personalizzazione della stanza, tisaneria,
permanenza notturna accompagnatore, sala per culto, spazio per i dolenti, sala riunioni equipe, ecc.)
- area destinata alla residenzialità
- area destinata alla valutazione e terapia
- area generale di supporto
Tutto questo finalizzato ad avere una
–Qualità degli spazi orientati a:
- benessere ambientale
- fruibilità degli spazi
- benessere psicologico
–Requisiti impiantistici
(riscaldamento, climatizzazione, chiamata acustica e luminosa, gas medicali, vuoto ossigeno
e aria, impianti telefonici e TV, ecc.)
–Fattori di sicurezza e prevenzioni infortuni
(pavimento antisdrucciolo, assenza barriere architettoniche, corrimani e sostegni, sistemi
allarme nelle camere, centralizzaz. segnalazione chiamate, ecc.)
–Dotazioni tecnologiche
(letti regolabili, ausili e presidi, materassi antidecubito, carrozzelle, sollevatori/trasportatori,
barelle doccia, bagno per disabili, attrezzature gestione terapia e strumentario piccola chirurgia,
ecc.)
Secondo una definizione contenutistico funzionale si può affermare che:•L’Hospice è una struttura
residenziale che svolge un’attività di Cure Palliative, tesa ad assicurare una qualità di vita ai malati
e ai familiari;
•L’Hospice accoglie pazienti inguaribili (prioritariamente affetti da patologia neoplastica terminale)
che non possono più essere curati a casa, temporaneamente o stabilmente.
•L’Hospice eroga interventi socio-sanitari ad “alta intensità assistenziale, a limitata tecnologia e,
dove possibile, a scarsa invasività”.Sono otto i concetti fondamentali che determinano le CP:
1.L’approccio multi-dimensionale nelle cure
2.La definizione dell’organizzazione del lavoro
3.La realizzazione di una equipe di cure multi-professionale e interdisciplinare
4.Una logica “umanizzante” nelle cure
5.Una visione più globale del paziente e della sua famiglia
6.La famiglia vista come la “Prima Unità Terapeutica” e la funzione “sistemica” della famiglia.
7.Una importante responsabilità ed autonomia professionale per il personale infermieristico
8.La completa autonomia nelle scelte da parte del pazienteI programmi per accreditare un Hospice a
livello internazionale sono:
1.
Cura ed assistenza
• controllo del dolore e dei sintomi (Terapia del Dolore e C.P.)
•
modelli di nursing
2.
Informazione e comunicazione
• natura, evoluzione e terminalità (se richiesto)
•
aspetti relativi al consenso informato
• rispetto dell'autonomia del malato nelle scelte
3.
Sostegno alla famiglia
• interventi di sollievo e di sostegno psico-sociale •
la
famiglia come prima comunità terapeutica
• educazione della famiglia ai programmi e all'uso della struttura
• definizione di standard transculturali
4.
Accompagnamento alla morte
• orientato verso l’intervento multi-dimensionale •
rivalutazione delle risorse spirituali
• preparazione del paziente e della famiglia all’evento
5.
Assistenza al lutto • sostegno ai familiari nell’elaborazione anticipata del lutto e
successiva al decesso
6.
Gestione e verifica della qualità
• organizzazione del lavoro d’equipe • strumenti di
verifica della qualità interna (audit clinico) • valutazione della QoL (qualità di vita) del paziente
• grado di soddisfazione dei familiari
• verifica QoL sul lavoro, degli operatori
7.
Formazione interna, esterna e continua
• educazione continua rivolta agli operatori
interni • formazione rivolta agli operatori esterni
• l’Hospice come luogo privilegiato di formazione e ricerca
8.
Ricerca scientifica
• ricerca clinica e in scienze umane e sociali (SHS)
• ricerca nelle scienze infermieristicheIn una ricerca rivolta a rilevare un indicatore di
assistenza dello staff infermieristico ci si era posti l’obiettivo di dedicare 400 minuti giornalieri al
malato; la ricerca ha permesso di vedere che l’assistenza giornaliera era pari a 525 min/malato; di
questi 318 minuti erano di assistenza diretta (quali cure igieniche, medicazioni, alimentazione,
comunicazione con il malato (per il 13%dei 318 minuti), terapie e prelievi), 207 minuti erano per
l’assistenza indiretta (sanificazione, consegne, comunicazione con i parenti (11%), riunioni
d’équipe, controllo stupefacenti e visita medica).
Esistono procedure e strumenti che vengono applicati quotidianamente da parte del personale tra
questi vi sono:
•Uno o più strumenti che valutino quotidianamente oltre al dolore, i sintomi correlati alla malattia e
lo stato funzionale, anche indicazioni che riguardino il grado di depressione, l'ansia, la sonnolenza,
l'appetito, il senso di benessere e lo stato della respirazione;
•Uno strumento che valuti lo stato cognitivo del malato;
•Una scheda che valuti il grado di consapevolezza della malattia e/o della terminalità da parte del
malato e dei familiari;
•Un genogramma riferito alla struttura della famiglia che consenta di visualizzare la composizione
dei familiari e l'interazione dei suoi membri durante il ricovero anche in funzione del programma di
assistenza al lutto;
•Incontri formalizzati con i familiari per l’educazione all’uso della struttura e dei programmi;
•Una scheda che valuti il grado di soddisfacimento dei parenti;
•Uno strumento che verifichi lo stato delle risorse spirituali del paziente;
•Una scheda che valuti la qualità delle ultime 12/24 ore di vita del malato;
•Procedure finalizzate ad esplicitare/chiarificare i valori del malato e del personale professionale;
•Strumenti, pratiche di derivazione etnografica che consentono di evidenziare la cultura, l'identità
personale e il grado di integrazione del malato e della famiglia con la cultura di accoglimento e/o
appartenenti a sistemi di credenze diverse da quella espressa dalla struttura di ricovero del Paese in
cui è stato implementato il programma per definire standard transculturali operativi (programmi di
nursing transculturale e di etnografia clinica).
Per quanto concerne l’organizzazione dell’équipe, l’audit clinico è uno strumento essenziale per il
processo di verifica clinica in quanto determina anche il tipo di organizzazione del lavoro e la rende
routinaria e quotidiana.
L’audit clinico può essere definito come:
•Sistematica analisi critica della qualità delle cure cliniche, comprendente le procedure adottate per
la diagnosi e il trattamento, l’utilizzo delle risorse, i risultati dell’intervento e la qualità della vita del
paziente
•Insieme di attività, eseguibili da soggetti interni alla struttura, per definire e verificare standard e
procedure conformi a requisiti precedentemente stabiliti
•Processo di valutazione e/o auto-valutazione collettiva, per il miglioramento della qualità delle
prestazioni assistenziali e di cura.Visualizzato in quello che è il lavoro d’équipe sta a significare una
struttura di tipo circolare dove la comunicazione avviene tra tutte le figure professionali-chiave,
incentrato sulla verifica e sulla valutazione delle cure portate al malato e alla famiglia, ma, nello
stesso tempo, nelle riunioni d’équipe è possibile effettuare delle valutazioni retroattive sui dati
riportati dai singoli operatori.
Un audit clinico utilizzato al Pio Albergo Trivulzio è lo STAS (Support Team Assessment
Schedule), griglia di 17 item su scala Likert da 0 a 4, realizzato negli anni ’90 da Irene Igginson e
Mc Cartney. Questa valuta:1.Il controllo del dolore;
2.Il controllo dei sintomi;
3.L’ansia del paziente;
4.L’ansia della famiglia;
5.La consapevolezza del paziente;
6.La consapevolezza della famiglia;
7.La capacità di previsione dell’evolvere degli eventi da parte dell’equipe;
8.La programmazione, in vista dell’organizzazione da parte della famiglia e del malato dei propri
affari personali;
9.I supporti pratici;
10.Gli aspetti economici;
11.Il tempo sprecato;
12.Gli aspetti spirituali;
13.La comunicazione tra il paziente e i familiari;
14.La comunicazione tra i professionisti;
15.La comunicazione tra le figure professionali, il paziente e la famiglia;
16.L’ansia delle figure professionali;
17.La capacità e la tempestività dell’intervento delle consulenze professionali.
L’uso di questo strumento presenta numerosi vantaggi:
1.
Consolidamento dei programmi di intervento2.
Continuo
ri-orientamento
dei
programmi sulla base dei bisogni emergenti 3.
Verifica
della
qualità
dell'intervento
complessivo4. Stimolo ad una pratica di lavoro di gruppo 5. Miglioramento della comunicazione
all’interno dell’equipe
6.
Ridistribuzione dei carichi di lavoro ed emotivi (livelli medio-bassi di stress e burnout)
La riunione d’équipe, così come si svolge al Trivulzio, può essere schematizzata come segue:
§Presentazione paziente: (da parte dell’infermiera professionale)
-Dati anagrafici
-Provenienza
-Descrizione valutazione iniziale (cartella infermieristica)
-Motivi del ricovero
§Valutazione clinica (da parte del medico di reparto)
§Valutazione aspetti sociali e famiglia (assistente sociale)
§Considerazioni integrative responsabile volontari
§Valutazione collettiva tramite audit clinico (tutta l’equipe)
§Programmi di intervento per la settimana:
-Clinica, interventi infermieristici
-Eventuali interventi riabilitativi/occupazionali
-Eventuali interventi psicologici
-Eventuali interventi sociali
-Eventuali interventi rivolti alla comunicazione paziente e famiglia
-Colloqui programmati, ecc.
-Altri aspetti
§Discussione decessi settimana precedente (tutta l’equipe)
§Segue rivalutazione e ri-programmazione settimanaleAl Pio Albergo Trivulzio sono state
effettuate delle schede di valutazione della consapevolezza, basate su modelli di relazione e di
comunicazione:
Dati socio-demografici: nome e cognome; età; sesso; religione; provenienza; data intervista; nome
compilatore
Aree indagate nell’intervista:
1.Informazioni ricevute dal paziente sulla malattia prima del ricovero;
2.Livello di soddisfazione per le informazioni ricevute precedentemente;
3.Aspettative e percezione del paziente sul grado di guaribilità della malattia;
4.Auto-percezione della gravità della propria condizione patologica;
5.Individuazione dei bisogni espressi per l’ottenimento di informazioni più approfondite durante il
ricovero e/o individuazione delle aspettative specifiche dal ricovero in Hospice;
6.Estrapolazione e rilevazione dal contesto comunicativo di eufemismi o metafore utilizzate.
Le domande-tipo sono le seguenti:
Compilatore:
Data:
1.Prima di questo ricovero le hanno spiegato la malattia che aveva?
Sì
No
2.Se sì, può dirci quale?
3.Si ritiene soddisfatto delle informazioni che ha ricevuto in precedenza?
- assolut. no / solo in parte / abbastanza / in buona parte / sì, completamente
4.Crede che la sua malattia sia:
tot. guaribile / facilm. guaribile / abbast. guaribile / diff. guaribile / non guaribile
5.Pensa che la sua malattia sia:
non grave / poco grave / abbast. grave / piutt. grave / molto grave
6.
Durante questo ricovero ci sono delle cose su cui vorrebbe maggiori informazioni?
Sì
No
7.
Se sì, può dirci quali?
8.
Eufemismi e metafore utilizzate:Per quel che concerne i modelli di relazione tra medico e
paziente viene utilizzato lo schema proposto da E. Emanuel & L. Emanuel (1992):
Informativo: (il medico è un tecnico esperto; dà al paziente tutte le informazioni in modo preciso
ma asettico e distaccato).
Interpretativo: (il medico è un consigliere; aiuta a esplicitare i valori del paziente e quindi le scelte
autonome che realizzano i suoi valori personali).
Deliberativo:
(il medico è insegnate o amico del paziente; lo aiuta e lo persuade a scegliere i
valori e le decisioni più appropriate, riferite alla morale medica vigente).
Paternalistico: (il medico agisce da guardiano del paziente; lo protegge e agisce in funzione di ciò
che ritiene meglio nel suo interesse)
Per quanto concerne la la comunicazione di notizie infauste al Pio Albergo Trivulzio si utilizza il
protocollo a sei gradini di R. Buckman (1984):
a.informare esattamente della situazione fisica;
b.scoprire quanto il paziente sappia o conosce;
c.scoprire quanto il paziente vuole sapere e conoscere;
d.condividere l’informazione (allinearsi ed “educare”);
e.corrispondere ai sentimenti (emozioni) espresse da paziente;
f.pianificare e riverificare in seguito.
Un altro audit clinico, una rivalutazione fatta in équipe concerne le ultime 12 ore di vita sulle
seguenti aree:
•Aspetti clinici e provvedimenti conseguenti (agitazione, dispnea, coma, emorragia, sedazione,
ecc..)
•Rispetto della volontà del malato e atteggiamento negli ultimi giorni
•Adesione al progetto assistenziale della famiglia
•Preparazione dei familiari all’evento
•Presenza e vicinanza (di familiari, amici, volontari, e contatti tra equipe/famiglia)
La scheda di registrazione dei dati relativi alle ultime 12 ore di vita è la seguente:
1. Nelle ultime ore di vita il paziente ha presentato agitazione psico-motoria?
SI
NO
NON SO2. E' stato sedato con farmaci per evitare uno stato di
agitazione, o altri sintomi, incontrollabili?
SI
NO
NON
SO3. Era presente, nelle ultime ore, uno stato di coma legato alla malattia (per esempio da mts
cerebrali)?
SI
NO
NON SO
4. In precedenza il
paziente aveva detto a qualcuno che stava affrontando serenamente la morte?
SI
NO
NON SO
5. Il paziente aveva espresso recentemente il desiderio
di morire (o comunque di rimanere per le cure) in Hospice?
SI
NO
NON SO
6. Il paziente nelle ultime ore, o negli ultimi momenti di lucidità, aveva
espresso la volontà di rientrare a casa per proseguire le cure?
SI
NO
NON SO
7. Nelle ore precedenti la morte del malato, ed al momento del
decesso, era presente ad assisterlo almeno una persona?
SI
NO
NON SO
8. I famigliari più prossimi erano favorevoli alla morte, o comunque alla
permanenza, in hospice?
SI
NO
NON SO
9. Per i
famigliari era una morte attesa, e sono apparsi preparati all'evento?
SI
NO
NON SO
10. I famigliari, alla morte del paziente, hanno manifestato una
esasperata disperazione, o sentimenti di rancore verso l'equipe curante?
SI
NO
NON SO
11. Almeno una figura professionale sanitaria ha avuto un
colloquio, nelle ultime ore, con un parente per informarlo sulla imminenza della morte?
SI
NO
NON SO
12. E' stata evitata una morte vissuta con orrore
dai famigliari? (es. evitando interventi invasivi/cruenti, emorragie imponenti, uso di mezzi
contenitivi, lamenti per sofferenza insopportabile, dispnea e/o senso di soffocamento, crisi
convulsive ripetute, rantolo tracheo-bronchiale o franco edema polmonare, ecc...)
SI
NO
NON SOTutti questi strumenti portano ad una
visione ideale della struttura architettonica simbolica si un Hospice così come definita da Robert
Twycross nel ’92: le basi su cui un Hospice si consolida sono da un lato l’accettazione del paziente
per quello che è, dall’altro l’affermazione dei valori del paziente. Su tali basi si posano due pilastri
fondamentali per un hospice: il controllo del dolore e dei sintomi ed il supporto psico-sociale; ma i
cardini sui quali si agganciano questi due pilastri è l’organizzazione del lavoro d’équipe; tutto gira
attorno a tale organizzazione.
Questo porta ad un grande rispetto nei confronti del malato e dei familiari, ad un lavoro
estremamente flessibile in quelle che sono le risposte dell’équipe; porta al tentativo di ridare
autonomia e creatività al paziente; inoltre vi è la ricerca estetica nell’ambiente e nelle abitudini del
quotidiano.In questo caso l’aspetto estetico passa poi nel campo etico.
In conclusione si può affermare che:
1. Gli hospice, in qualunque setting siano collocati, devono offrire una elevata qualità delle cure
2. Devono rispondere ai bisogni di malati e famiglie
3. Imporsi culturalmente (ricerca scientifica innovativa)
4. Privilegiare la formazione continua degli operatori
5. Favorire lo scambio di esperienze (network)
6. Adeguata tariffazione delle prestazione
7. Uniformi criteri di accreditamento (gestionali)