da londra a cape town in moto: due ragazze hanno fatto strada
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da londra a cape town in moto: due ragazze hanno fatto strada
dolcevita Foto tratte dal libro The Rugged Road (a destra la copertina): sotto l’autrice, Theresa Wallach, nel ‘90. A fianco, Blenk (a sinistra) e Theresa in Uganda. In basso, Florence Blenkiron (detta Blenk) MANGIA E BEVI di Gianni e Paola Mura romanesca? mediterranea? no. «una cucina di prodotto» 80 Anni fA, theResA wAllAch e flORence Blenk AttRAveRsAROnO peR pRiMe l’AfRicA su due RuOte. in un liBRO, The Rugged Road, lA lORO stORiA da londra a cape town in moto: due ragazze hanno fatto strada di Benedetta Marietti il piAttO etnicO di Chef Kumalè chef@kumalè.net E per finire Tigelada: delizia portoghese al cucchiaio Originaria della Beira alta, è una variante dei numerosissimi dolci al cucchiaio di uova e limone della penisola iberica. Portate il forno a 220°. In una ciotola mescolate le uova con zucchero e succo di limone. Incorporate la farina, rimestate e unite il latte. Trasferite il composto in un tegame di terracotta o in quattro ciotoline. Fate cuocere per 30-45 minuti finché la superficie sarà dorata. Spolverate con cannella in polvere prima di ultimare la cottura. Servite caldo o freddo. LE DOSI 1 lt di latte intero, 10 uova, 450 g di zucchero, 2 cucchiai di succo di limone, 1 cucchiaio di farina, cannella L ’11 dicembre 1934, quando Theresa Wallach e e Florence “Blenk” Blenkiron arrivarono alla Crown House, presso Aldwych, a Londra, pronte a partire per un viaggio avventuroso fino a Cape Town a bordo della loro moto nuova fiammante (una P&M Panther Redwing 600 cc soprannominata The Venture e dotata di sidecar bordeaux e carrello), Lady Astor, prima donna membro del Parlamento britannico, nel suo discorso ufficiale commentò così – con una certa lungimiranza - quel tentativo di impresa: «Sono una femminista convinta, e sostengo che non c’è niente che un uomo possa fare che non possa essere fatto anche da una donna». Ci volevano due ragazze coraggiose e speciali, poco più che ventenni, per riuscire in un’impresa quasi impossibile anche per tanti uomini. Theresa, figlia di un grande viaggiatore, era anticonformista, competitiva, amante dell’avventura, appassionata di ingegneria (che studiò alla City of University di Londra), paladina dei diritti delle donne, e motociclista provetta. Florence, minuta e determinata, indole solitaria, ottimo meccanico, nel 1933 fu la prima donna a rompere il muro delle 100 miglia orarie con la moto. Si conobbero quello stesso anno a una gara motociclistica e pensarono subito all’idea di raggiungere il Sudafrica su due ruote. La cronaca di quel viaggio on the road è raccontata da Theresa Wallach nell’appassionante dia- rio The Rugged Road. Due donne e una moto, da Londra a Città del Capo (pp. 240, euro, 17,50 trad. di Stefano Acetelli) che esce in questi giorni per Ultra, e che insieme a I viaggi di Jupiter di Ted Simon e One Man Caravan di Robert Fulton è uno dei libri capitali della letteratura motociclistica, vera delizia per i biker di tutto il mondo. Nessuno prima di loro aveva mai attraversato l’Africa in moto. Le due percorsero 12.000 km in sette mesi, sfidando il caldo, la mancanza d’acqua, il rischio di insabbiamenti, la stagione delle piogge, gli incontri con predatori e animali feroci, la malaria. Arrivarono trionfalmente a Cape Town il 29 luglio 1935. Ma l’amicizia non resse e le due si separarono. Blenk ritornò da sola, con una nuova moto. Dopo numerosi viaggi, si sposò e si trasferì a Bombay, poi tornò in Inghilterra col marito, dove morì nel 1991. Theresa si trasferì prima a Chicago dove aprì una concessionaria di moto e pubblicò il manuale Easy Motorcycle Riding, e poi a Phoenix, dove fondò una scuola di guida. Nel 1986 fece un appello alla stampa britannica per rintracciare Blenk e lavorare con lei al manoscritto di The Rugged Road. Nella primavera del ‘91 venne a conoscenza della sua morte. Theresa morì a 90 anni nel 1999, senza aver mai rivisto l’amica. Nel 2003 venne inserita nella Motorcycle Hall of Fame. 7 M A R Z O 2 0 14 Riccardo Loreni, 36 anni, romano, fin da ragazzino sognava di stare in cucina, ma a tutto il 2003 non s’era ancora dato da fare per realizzare il sogno. Poi s’è mosso, lavorando in una mezza dozzina di ristoranti, tra cui Bio e Le tre zucche che nel cor ci sta. E da un paio d’anni circa s’è messo in proprio, in un localino del quartiere Monti, ai piedi della scalinata che porta alla basilica di San Pietro in Vincoli. L’insegna, alquanto bizzarra, evoca la fortuna di avere un socio imprenditore (Francesco Raveggi) appassionato di buona tavola. Ai fornelli Riccardo è assistito da Francesco Azzaretto, mentre della sala si occupa (bene) Cosimo Lamberti. A pranzo, piatti più semplici, e a buon mercato, elencati sulla lavagna. A cena, scelta più meditata e un esauriente menùdegustazione di cinque portate a 40 euro. Atmosfera gradevole, da bistrot moderno: sedie impagliate, tocchi di rosso a ravvivare le pareti, carta dei vini con scelte molto personali, in gran parte condivisibili, e ricarichi morbidi. Pane, paste fresche e dolci fatti in casa. Non semplice definire la linea di Riccardo. Non è romanesca, anche se troviamo deliziose crocchette di trippa e carciofi alla giudia (con gelato al cacio e pepe). Non è mediterranea, anche se il polpo grigliato con crema di ceci al rosmarino e la presenza di olive e capperi indurrebbero a pensarlo. È una cucina al passo coi tempi, che non dimentica la tradizione ma non esclude l’innovazione. «È una cucina di prodotto», dice lui. Nel senso che tutto nasce dalla materia prima di base e intorno a quella si sviluppa. Qualche piatto: tartare di manzo Svevo (incrocio fra toro romagnolo e podolica pugliese) con uovo cotto a bassa temperatura, baccalà mantecato con sorbetto di pomodoro, tortelli ripieni di carbonara, bucatini all’amatriciana leggermente affumicata con Pecorino di Fossa, calamarata con cozze, gamberi e pomodori arrosto, filetto di salmone laccato con aceto balsamico, pancetta e collo di maiale arrosto con zucca e zenzero (voto molto alto). Per chiudere: crumble di mele, tiramisù fatto al momento, mousse di yogurt con spuma di cioccolato bianco. CUOCO E CAMICIA via di Monte Polacco 2/4, Roma; info: tel 06-88922987; chiuso sabato a pranzo e tutta domenica; ferie: dal 10 al 25 agosto; carte di credito: tutte tranne Ae e Dc; costo: antipasti 11/12 euro; primi 12 euro; secondi 15/20 euro; dolci 6/7 euro LA BOTTIGLIA la ricerca Quel Vermentino è un vero concentrato di pura Sardegna Incontro fortuito, simpatia reciproca, passione comune per il vino: nasce così in Gallura l’azienda Siddùra (in sardo significa sella). Nathan Gottesdiener è un industriale tedesco della moda che da più di 30 anni passa il tempo libero in Sardegna. Massimo Ruggero, enfant du pays, è costruttore edile, «ma a 11 anni lavoravo in una bottega del vino». Diventano soci, acquistano una tenuta di 185 ettari: macchia mediterranea soprattutto, ma anche uliveto e quattro ettari di vigna. Oggi sono 12 e altri sono progettati. La cantina è affidata all’enologo Dino Dini, la campagna all’agronomo Luca Vitaletti. Sardegna in purezza è il proposito corale. Le uve rosse provengono da conferitori con contratto pluriennale: Cagnulari da Usini, Cannonau da Monti. Tre le versioni di Vermentino. Spèra è il vino fresco d’annata. Bèru la selezione vinificata in barrique, seducente per eleganza e profumi. Questo Maìa (vuol dire magia) ha già una medaglia d’oro al collo (Decanter World Wine Awards) e la merita. È davvero un limpido concentrato di Sardegna in purezza, con note di macchia mediterranea sorrette dalla Maia 2012 giusta acidità. A Iglesias all’Enoteca del Centro, Siddura a Cagliari da Cronta sui 18/19 euro. Luogosanto (Olbia Tempio) 7 M A R Z O 2 0 14 A proposito di olio, un po’ di chiarezza Il New York Times a fine gennaio ha buttato il sasso nello stagno con un’inchiesta intitolata Il suicidio dell’extravergine. Il succo: molto dell’olio d’oliva spacciato per italiano ha robusti apporti da olive non italiane. Di fronte alla reazione (legittima) dei tantissimi produttori onesti il giornale ha fatto un po’ di retromarcia, ma intanto le nostre esportazioni sono calate del 14 per cento. Resta il mistero (teorico) di un’Italia seconda produttrice mondiale e prima importatrice. Per sapere cosa si consuma e quanto vale, suggeriamo la quinta edizione di Flos olei curata da Marco Oreggia (anche editore) e Laura Marinelli (pp. 863, euro 30): in italiano e inglese, 47 Paesi analizzati. 71