Prevenire il diabete con ramipril: un sogno?

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Prevenire il diabete con ramipril: un sogno?
Supplemento 2
Vol. 9, n. 1, 2006
Prevenire il diabete con ramipril: un sogno?
Fabio Belluzzi
Specialista in Cardiologia
Professore a contratto dell’Università degli Studi di Milano
Dipartimento Cardiologico I.R.C.C.S. Fondazione Ospedale Maggiore-Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena - Milano
Fattori di rischio cardiovascolare (CV)
Come è noto, i fattori maggiori ed indipendenti di rischio cardiovascolare (CV) sono rappresentati dall’ipertensione arteriosa, dall’ipercolesterolemia, dai bassi livelli plasmatici di
colesterolo HDL, dal diabete mellito, dall’età e dal fumo di sigaretta.
Associazione tra più fattori di rischio CV
Il Framingham Study in U.S.A. (1), il Brisighella Heart Study (2) ed il Casale Monferrato Study
in Italia (3) hanno chiaramente evidenziato che raramente un fattore di rischio cardiovascolare è presente singolarmente in una popolazione: infatti in circa l’80% dei casi esso si associa ad altri determinanti che agiscono in senso moltiplicativo rendendo il rischio globale
marcatamente elevato.
SINDROME METABOLICA
Obesità addominale
(definita come circonferenza vita)
Uomini Europei
≥ 94 cm
Donne Europee
≥ 80 cm
Più 2 dei seguenti 4 fattori:
Aumento trigliceridi
≥ 150 mg/dL (≥ 1,7 mmol/L)
o specifico trattamento
per questa alterazione lipidica
Riduzione colesterolo HDL
Uomini < 40 mg/dL (< 1,03 mmol/L)
Donne < 50 mg/dL (< 1,29 mmol/L)
o specifico trattamento
per questa alterazione lipidica
Sindrome metabolica
Aumento pressione arteriosa
La coesistenza nello stesso soggetto di differenti anomalie metaboliche (dislipidemia, ipertensione, insulino-resistenza, obesità, stato protrombotico e proinfiammatorio) è attualmente indicata con il termine di “sindrome metabolica” (SM) (4).
Recentemente l’IDF (International Diabetes Federation) ha ridefinito i criteri per identificare i
pazienti con questa sindrome (4) (Tabella 1).
Aumento glicemia a digiuno
≥ 130/≥ 85 mm Hg
o trattamento per ipertensione
precedentemente diagnosticata
≥ 100 mg/dL (≥ 6,1 mmol/L)
o diabete di tipo 2
precedentemente diagnosticato
Tabella 1.
Diagnosi clinica di sindrome metabolica
secondo l’IDF (4).
Patogenesi della SM
Figura 1.
Sindrome metabolica:
patogenesi
dell’insulina resistenza (6).
L’anomalia alla base dei differenti componenti della sindrome metabolica è ritenuta essere l’insulino-resistenza (5).
Esistono convincenti argomentazioni che
una delle cause di quest’ultima possa
essere la persistente attivazione del
sistema simpatico che, agendo attraverso la stimolazione del sistema reninaangiotensina (RAS), aumenterebbe lo
stress ossidativo a sua volta responsabile della risposta infiammatoria osservabile in corso di aterosclerosi, obesità e diabete di tipo 2 (6) (Figura 1).
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Vol. 9, n. 1, Suppl. 2, 2006
Ruolo dell’angiotensina II
nella patogenesi della SM
Nel percorso patogenetico della SM il ruolo
dell’angiotensina II è stato delucidato da
studi sperimentali e clinici da cui è emerso
che essa esercita le seguenti azioni:
attivazione del sistema simpatico (7);
produzione di radicali liberi (8);
incremento dello stress ossidativo (9);
induzione di un effetto proinfiammatorio (10).
Da quanto esposto si evince che gli interventi terapeutici per correggere l’insulinoresistenza devono essere volti ad interrompere le varie tappe fisiopatologiche,
con particolare riguardo al RAS (6).
Il rischio di diabete
nella popolazione generale
Studi condotti sulla prevalenza del diabete
nella popolazione generale hanno indicato
che l’8% dei soggetti con età superiore ai
20 anni è affetta da tale patologia, che questa affezione è presente nel 12% degli individui con età compresa tra 40 e 74 anni, e
che la percentuale dei diabetici sale al 19%
dopo i 75 anni (11). In tutte le classi di età
la maggioranza dei pazienti è affetta da
diabete di tipo 2.
Necessità di nuove strategie per la prevenzione
delle complicanze diabetiche15
La letteratura scientifica evidenzia che le complicanze del diabete possono essere ridotte o prevenute migliorando il controllo della glicemia, riducendo la pressione arteriosa e la concentrazione dei lipidi plasmatici, astenendosi dal fumo ed assumendo ACE inibitori.
Un approccio ancora più efficace potrebbe essere quello di prevenire l’insorgenza del diabete
stesso. A questo proposito esistono dimostrazioni che indicano nel cambiamento dello stile di
vita la possibilità di ridurre il rischio di diabete, tuttavia l’aderenza nel lungo periodo a questa
modalità di intervento non sembra essere particolarmente elevata.
Da ciò consegue che sono necessarie nuove strategie di prevenzione del diabete che siano
innanzi tutto sicure, e che possano essere seguite facilmente dai soggetti.
I dati che indicano che ramipril è efficace
nel prevenire le complicanze cardiovascolari nei pazienti diabetici
La patologia cardiovascolare rappresenta circa il 70% di tutti i decessi nei soggetti affetti da
diabete mellito (16). Dei 9297 pazienti inclusi nello studio HOPE (Heart Outcomes Prevention
Evaluation), 3577 erano diabetici: 1808 hanno ricevuto ramipril e 1769 hanno assunto placebo (17). Al termine del periodo di osservazione la percentuale dell’end-point primario
combinato di infarto miocardico, ictus, o decessi cardiovascolari è risultata significativamente inferiore nel gruppo ramipril rispetto al gruppo placebo, con una riduzione del 25%
del rischio relativo (p = 0,0004) (Figura 2).
Figura 2.
Studio HOPE: end-point primario combinato (infarto miocardico, ictus
e morte cardiovascolare e riduzione del rischio relativo nei pazienti diabetici (17).
Le complicaze del diabete
I pazienti diabetici sono ad elevato rischio
di malattia cardiovascolare, di insufficienza
renale e di cecità.
Il maggior rischio cardiovascolare nel diabetico è dovuto al fatto che tale patologia
causa un’accelerazione del processo aterosclerotico. La peculiare tendenza a sviluppare aterosclerosi multidistrettuale detemina nei diabetici un maggior numero di
ictus, di arteriopatie periferiche e, sopratutto, di coronaropatie. Per quest’ultime la prevalenza, aggiustata per età, è di circa il
45%, mentre nei soggetti non diabetici essa
si aggira intorno al 25% (12).
È da sottolineare che il rischio di complicanze cardiovascolari inizia ad aumentare
a livelli di glicemia ben inferiori al cut-off
indicato per la diagnosi di diabete (13, 14).
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Lo studio MICRO-HOPE (Microalbuminuria, Cardiovascular and Renal Outcomes) ha inoltre
mostrato che ramipril nei pazienti con diabete mellito rallenta la progressione delle lesioni
renali verso la nefropatia conclamata (17).
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I dati che fanno ipotizzare un ruolo di ramipril
nella prevenzione del diabete mellito15
L’ipotesi che ramipril possa prevenire l’insorgenza di diabete mellito è stata esplorata utilizzando i dati di 5720 pazienti non diabetici arruolati nello studio HOPE. Quest’ultimi sono stati
randomizzati a ricevere ramipril (10 mg/die) o placebo. Durante il follow up di 4,5 anni, 102
pazienti del gruppo ramipril (3,6%) hanno sviluppato diabete mellito contro 155 del gruppo
placebo (5,4%) con una riduzione del 34% del rischio relativo (p <0,001) (Figura 3).
Figura 3.
Nuovi casi di diabete: placebo vs ramipril (15).
Bibliografia
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insights from the Framingham Study. Am J Hypertens
2000; 13:3S-10S.
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role of systolic, diastolic and pulse pressure as risk factors for cardiovascular events in the Brisighella Heart
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3. Bruno G, Merletti F, Biggeri A, et al; Casale Monferrato
Study. Metabolic syndrome as a predictor of all-cause and
cardiovascular mortality in type 2 diabetes: the Casale
Monferrato Study. Diabetes Care. 2004; 27:2689-94
4. Alberti KG, Zimmet P, Shaw J; IDF Epidemiology Task
Force Consensus Group. The metabolic syndrome - a
new worldwide definition. Lancet. 2005; 366:1059-62
5. Doelle GC. The clinical picture of metabolic syndrome. An update on this complex of conditions and risk
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7. Esler M. Differentiation in the effects of the angiotensin
II receptor blocker class on autonomic function. J
Hypertens 2002; 20 (Suppl 5):S13-S19
8. Sowers JR: Hypertension, Angiotensin II, and
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9. Ogihara T, Asano T, Ando K, et al. Angiotensin IIinduced insulin resistance is associated with enhanced
insulin signaling. Hypertension 2002; 40:872-879
10. Kranzhofer R, Browatzki M, Schmidt J, Kubler W.
Angiotensin II activates the proinflammatory transcription
factor nuclear factor-kappaB in human monocytes.
Biochem Biophys Res Commun. 1999; 257:826-82
La possibile spiegazione dell’efficacia di ramipril nella prevenzione del diabete mellito
potrebbe risiedere in uno dei seguenti effetti:
conservazione dell’attività delle beta-cellule pancreatiche attraverso modificazioni metaboliche (riduzione della perdita di potassio a livello renale) ed emodinamiche (aumento
del flusso ematico insulare);
riduzione dell’insulino-resistenza a carico della muscolatura scheletrica (per aumento
della produzione di NO), del fegato e del tessuto adiposo.
Questi dati dello studio HOPE, ricavati in modo prospettico, devono essere tuttavia interpretati con cautela poiché lo studio non annoverava tra gli obiettivi primari e scecondari l’insorgenza del diabete.
Lo studio DREAM18
Lo studio DREAM (Diabetes Reduction Assessment with Ramipril and Rosiglitazone Medication)
è un ampio studio internazionale, randomizzato, in doppio cieco progettato per verificare se il
trattamento con ramipril e/o rosiglitazone previene o riduce il numero dei nuovi casi di diabete in
una popolazione di 5.269 individui con ridotta tolleranza al glucosio o con alterata glicemia a
digiuno. Lo screening dei pazienti dello studio DREAM è terminato nel 2003 ed il periodo di trattamento si concluderà dopo 5 anni (Figura 4). Se ramipril si dimostrerà efficace nel ridurre il
rischio di insorgenza di diabete, nei prossimi anni si potrà disporre di un farmaco in grado di contrastare due dei principali fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione e diabete) con grande
vantaggio per la salute pubblica.
Figura 4.
Disegno dello studio DREAM (18).
11. Harris MI, Flegal KM, Cowie CC, et al. Prevalence of
diabetes, impaired fasting glucose, and impaired glucose tolerance in U.S. adults. The Third National Health
and Nutrition Examination Survey, 1988-1994. Diabetes
Care. 1998; 21:518-24
12. Wingard DI, Barrett-Connor E. Heart disease and
diabetes. In: Harris MI, et al. (eds). Diabetes in America,
2nd edn. National Institutes of Health, Washington,
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13. Gerstein HC, Capes SE. Dysglycemia: a key cardiovascular risk factor. Semin Vasc Med. 2002; 2:165-74
14. DECODE Study Group, European Diabetes
Epidemiology Group. Is the current definition for diabetes relevant to mortality risk from all causes and cardiovascular and noncardiovascular diseases? Diabetes
Care. 2003; 26(3):688-96
15. Yusuf S, Gerstein H, Hoogwerf B, et al. Ramipril and
the development of diabetes. JAMA. 2001; 286:1882-5
16. Laakso M. Hyperglycemia and cardiovascular disease in type 2 diabetes. Diabetes. 1999; 48:937-42
17. The Heart Outcomes Prevention Evaluation (HOPE)
Investigators. Effects of ramipril on cardiovascular and
microvascular outcomes in people with diabetes mellitus: results of the HOPE study and MICRO-HOPE substudy. Lancet 2000; 355:253-9
18. Gerstein HC, Yusuf S, Holman R, et al. Rationale,
design and recruitment characteristics of a large, simple
international trial of diabetes prevention: the DREAM trial.
Diabetologia. 2004;47:1519-27
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