Louis Armstrong galeotto

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Louis Armstrong galeotto
Autore: Bruno Muntoni
Titolo : Louis Armstrong galeotto
Laura, ragazza cremonese 21enne, orfana, campava da
ortolana. Era giunta a Cagliari per esaminare una complessa
pratica notarile che la riguardava. Gabriele, giovane 26enne
praticante del notaio era incaricato di assisterla. Ora erano in
macchina. Era sabato sera e Gabri voleva offrire alla cliente
una serata con gli amici in una villetta sulla costa.
Lui alto, atletico, carnagione scura, sicuro di sé; lei minuta,
corti riccioli biondi, occhi blu acciaio un po' smarriti.
Nell'insieme un tipo enigmatico.
«Dove stiamo andando?» chiese.
«Passiamo a prendere Monica, la mia ragazza. Gli altri li
troviamo tutti a casa delle sorelle Giusy e Chiara.
«Che tipi sono?»
Lei era semplice, riservata, viveva di orticoltura e temeva di
trovarsi in un ambiente estraneo al suo. Lui intuì l'imbarazzo;
non poteva dire che la dolce Giusy era ingegnere elettronico,
fidanzata con Andrea, un anestesista; e la sorella Chiara era la
ragazza del finanziere Noah, il cui socio gemello, Davide, era
fidanzato con la bella Sara, di nobili origini spagnole. E la
stessa Monica era figlia di un diplomatico in carriera.
«Sarà una serata fra amici. Li conoscerai solo per nome e per
loro tu sarai solo Laura.» Lei annuì sollevata.
Imbarcarono Monica, mora alta e flessuosa, lunghi capelli
sciolti. Diede due bacetti a Laura. Giunsero alla villetta: un
prato verde e un loggiato sul davanti, un giardino posteriore.
Erano tutti lì, sul retro, intenti a preparare per la cena.
Abbracci e bacetti. Laura fu accolta con simpatia. Anche lei
aiutò a preparare, confezionò una insalata speciale, ammirata
da tutti.
Noah, il ragazzo di Chiara, visibilmente preso, tentava
qualche approccio, invitandola sottovoce a una barcheggiata
per l'indomani. Le venne in soccorso Andrea, il ragazzo di
Giusy, che le chiese aiuto per sorvegliare una grigliata sul
barbecue.
Laura finì per essere al centro delle attenzioni. I maschi,
attirati da questa forestiera acqua e sapone, riservata ma non
timida; le ragazze, sul chi vive, intuivano l'effetto sui loro
ragazzi di quel fascino discreto.
Sara, la ragazza di Davide, splendida e procace dai capelli
ramati, chiese all'amica Monica chi fosse Laura e da dove
venisse, ma questa sapeva da Gabri solo che era una cliente e
di più non poteva dire. Informazione che circolò sottovoce.
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A tavola prevalse l'allegria, ma sotto traccia si percepiva un
gioco di sguardi furtivi, una tensione per la presenza di questa
misteriosa forestiera che scombinava l'equilibrio delle coppie.
Dopo cena si spostarono sul prato anteriore, con le sdraio in
circolo. Era una bella sera. Nel cielo stellato uno spicchio di
luna illuminava debolmente il prato, proiettando ombre di
piante, esse stesse ombre nella notte.
Laura si sedette sul muretto del portico, una gamba
penzoloni, lasciando l’altra appoggiata a terra.
Il chiarore lunare conferiva a Laura una bellezza eterea.
Come in una ricerca pittorica, solo alcuni elementi essenziali
spiccavano sulla figura sfumata. I riccioli biondi brillavano sul
capo abbandonato alla colonna; degli occhi si percepivano a
tratti i riflessi metallici. Le gambe nude e le braccia
abbandonate erano la pallida cornice del corpo, fasciato dal
corto abito turchese, confuso col nero della notte. Una aliena,
una diafana abitante degli spazi siderei, posata lì, pronta a
dissolversi con le prime luci del giorno.
Ad uno ad uno gli sguardi dei ragazzi furono catturati da
quella visione. I bisbigli si affievolirono fino a cessare, i corpi
immobili, come bloccati da un sortilegio...
Poi Andrea si alzò e andò nel loggiato. Dopo qualche istante
si diffuse nell’aria la musica di uno stereo. Lui si avvicinò a
Laura e la invitò a ballare. I gemelli lo imitarono con Chiara e
Sara. Monica guardò Gabri, ma lui fissava serio le coppie sul
prato. Fu lei a doverlo tirar su e stringerlo a sé.
A ogni brano le coppie si riformavano ma Noah tendeva a
restare appiccicato a Laura.
Gabri rimase nell’ombra, non voleva ballare ancora con
Monica. Quando sentì il brano prossimo alla fine, discese sul
prato. La musica cessò e Noah cercò di restare ancora con
Laura bloccandola con le chiacchiere. Dopo pochi secondi
iniziò il pezzo seguente.
Gabri in due passi si portò davanti a Laura, le prese una
mano «Balli?»
Guardò Noah torvo, come per dirgli togliti dai piedi; quello si
ritrasse come colto in fallo. Per un lungo attimo il ragazzo e la
ragazza restarono in piedi l’uno di fronte all’altra,
guardandosi seri negli occhi, le dita di lei nella mano di lui.
L’espressione di Gabri, tesa, indicava una forte
determinazione; quella di Laura mostrava nei grandi occhi
spalancati il timore dell’ignoto.
Lui, il capobranco, tirò leggermente a sé la mano; lei, come
una puledra docile, lo assecondò accostandosi a lui fino a far
aderire il suo corpo.
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You Go To My Head.
Era una vecchia canzone di Louis Armstrong.
Più che ballare oscillavano sulle gambe, come una barca alla
fonda. Lei ora stringeva tra le sue le dita di quella mano forte,
appoggiata al suo seno. L’altra mano dietro il collo di lui ne
grattava leggermente l’attaccatura dei capelli; il capo
solleticava una guancia coi riccioli.
Monica, sdraiata con le mani sotto la nuca, osservava
mordicchiandosi un labbro. Era la prima volta che recitava il
ruolo della perdente, dell’esclusa. Non aveva ancora provato
la gelosia. Sara vicino a lei mormorava «Sorniona come un
gatto. Sta catturando il suo topo, la puttanella.»
You Go To My Head…
In quel lento dondolio i corpi a contatto sentivano l’uno il
calore dell’altro. I leggeri abiti estivi rivelavano, più che
proteggere, le loro parti intime.
You Go To My Head…
La voce rauca di Louis Armstrong era una dichiarazione
accorata, la confessione di non saperle resistere, di non poterla
scacciare dai suoi pensieri.
Ciascuno dei due viveva quell’istante senza tempo, conscio
del proprio potere e della propria debolezza, incapace di
fingere, di nascondersi all’altro e al mondo.
Il richiamo di un allocco si levò più volte nella notte, come un
insistente dolce lamento…