il comparto agroalimentare
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IL COMPARTO AGROALIMENTARE Francesco Musotti - Università degli Studi di Perugia Le produzioni agricole e manifatturiero-alimentari incorporano, oggi non meno che in passato, una quota rilevante, e quindi un tratto distintivo dell’economia umbra. A fortiori ciò sarebbe vero, se prendessimo in conto pure gli effetti della pratica agricola sulle amenities ambientali-paesaggistiche che fungono da complemento a quelle storico-artistiche delle piccole e medie città d’arte. L’industria dolciaria di Perugia, i cluster tabacchicolo dell’Alto Tevere, olivicolo dello Spoletino e della lavorazione delle carni della Valnerina, il distretto vitivinicolo dell’Orvietano e la grande diffusione della cerealicoltura, che fa della regione una sorta di piccolo granaio, offrono un quadro così variegato, sul piano geografico, e così frammentato negli assetti strutturali, che è impossibile etichettare con la definizione di sistema. Tuttavia, se appare evidente che simile set di filiere, per l’ampia gamma delle sue merceologie, non componga un insieme organico, altrettanto evidente è come esso raggiunga dimensioni produttive e occupazionali relative superiori ai livelli del quadro medio italiano. Dimensioni tali da ispirarne, a nostro parere, un’analisi macroeconomica, qual’è quella che abbiamo svolto e di cui diamo conto in questo capitolo. Le fonti statistiche alle quali abbiamo attinto sono due. A) I conti regionali elaborati dall’Istat sino al 2010 (Istat 2012), per la descrizione preliminare, comparata con l’aggregato “Italia”, delle branche in cui il complesso delle filiere agroalimentari è inquadrato e della sua evoluzione temporale nel periodo 2000-2010. B) Le stime ricavate e forniteci ad hoc per l’anno 2010 (ai prezzi base) dai ricercatori che lavorano al modello input-output multiregionale IRPET (Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana)1 sulla matrice bi-regionale “Umbria-resto d’Italia”, secondo un tipico approccio di settore verticalmente integrato (Pasinetti 1973, Momigliano-Siniscalco 1986) (d’ora in poi SVI), detto anche di filiera di produzione (De Muro 1992). In particolare, il nostro obiettivo conoscitivo è consistito in una quantificazione del peso che le produzioni agricole e manifatturiero-alimentari hanno nell’economia umbra, aggregando alla loro consistenza diretta, quelle delle attività che le riforniscono di beni e servizi intermedi e degli effetti-consumo indotti dai redditi la cui distribuzione scaturisce dalle stesse attività produttive (dirette ed indirette)2. L’autore tiene a ringraziare il dr. Renato Paniccià dell’IRPET per i chiarimenti forniti sulle stime di cui si è potuto avvalere. Ovviamente resta esclusivamente sua la responsabilità delle opinioni espresse. 2 Diverse altre elaborazioni, che l’analisi leonteviana delle interdipendenze strutturali consentirebbe (Costa et alii 1991, Chang Ting Fa 1991), avrebbe richiesto la disponibilità e l’impiego diretti della matrice, quindi risorse finanziarie aggiuntive (non infime) per il suo acquisto. 1 223 L’agroalimentare nei conti regionali 2000-2010 Le attività di offerta agroalimentare3 nei conti economici regionali (2000-2010) sono classificate in tre branche ex-nomenclatura Ateco 2007 (ISTAT 2009): “Agricoltura, caccia e silvicoltura”, “Pesca, piscicoltura e servizi connessi”, “Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco”4. L’inclusione indistinta delle attività di ristorazione nella branca “Alberghi e ristoranti”, comporta una delimitazione statistica per difetto del comparto. Difetto tanto più rilevante quanto più si è diffusa e tende a diffondersi ulteriormente l’abitudine al consumo di pasti fuori casa (per varie ragioni, massime: lavoro, ricreazione interpersonale, fruizione culturale eno-gastronomica). Il rilievo in Umbria di tale complesso di attività, in comparazione con l’aggregato Italia, cui accennavamo all’inizio, è confermata dall’evidenza contabile riguardo a tutti i punti di vista messi sotto la nostra lente ricognitiva: valore aggiunto, intensità degli investimenti, dinamismo dei prezzi (ricevuti sugli output e pagati sugli input), produttività del lavoro e occupazione. In Umbria l’agroalimentare copriva nel 2000 il 6,09% del valore aggiunto complessivo (tab. 1). Dieci anni dopo la stessa percentuale è scesa sensibilmente, sino a toccare quota 4,52. Entrambe le quote, come quelle intermedie, sono superiori alle corrispondenti dell’aggregato-Italia: 4,88% nel 2000 e 3,65% nel 2010, a conferma di una nitida specializzazione della regione nella macro-filiera considerata. Questo calo nella nostra regione è spiegato da due tendenze (analogamente all’aggregatoItalia): una crescita annua a prezzi correnti dell’industria alimentare inferiore a quella dell’intera economia (1,5% versus 2,33%) e la forte decrescita dell’agricoltura (-2,63% annuo). Da evidenziare comunque che se in Umbria l’industria alimentare è cresciuta più di quella italiana (1,5% annuo versus 0,94%), l’agricoltura ha, invece, segnato un regresso maggiore (-2,63% versus -1,29%), scontando l’allineamento progressivo della PAC (Politica Agricola Comunitaria) ai dettami neoliberisti che nei decenni più recenti hanno preso il sopravvento e quindi la sostituzione dell’aiuto ai prezzi con sussidi diretti alle aziende (Sotte 2005)5. Le indicazioni ricavabili dai deflatori del valore aggiunto (tab. 1), e quindi dalle variazioni annue delle ragioni di scambio di ogni branca, aiutano a capire più in 3 Il cosiddetto sistema agroalimentare è la componente, in genere principale, dell’agribusiness (Davis Goldberg 1957). “Secondo la definizione di Davis e Goldberg l’agribusiness si compone di tre aggregati: 1. il farm supplies aggregate, che comprende tutti i consumi intermedi dell’agricoltura collegandola, a monte, all’industria; 2. il farming aggregate formato da tutte le operazioni necessarie alla coltivazione e all’allevamento nell’azienda agraria; 3. il processing and distribution aggregate formato da tutte le operazioni di immagazzinaggio, trasformazione e commercializzazione dei prodotti di origine agricola a destinazione sia alimentare che non alimentare. Questo aggregato si suddivise a sua volta in due sotto-aggregati: a) food processing; b) fiber processing. Questa scomposizione verso valle dell’agribusiness permette di evidenziare al suo interno due sottosistemi: 1. il blocco “agroalimentare” che comprende parte del farming aggregate (prodotti a destinazione alimentare) e il food processing; 2. il blocco “agroindustriale” dato dalla resto del farming aggregate (prodotti a destinazione non alimentare) e dal fiber processing” (Giacomini - Girardi 1991, p. 22). A nostro avviso l’agroalimentare definito da Davis e Goldberg andrebbe esteso, per incorporare anche l’attività di ristorazione. 4 In termini rigorosi, secondo la nomenclatura Ateco 2007 “Agricoltura, caccia e silvicoltura” e “Pesca, piscicoltura e servizi connessi” comprendono rispettivamente due e una “divisione” della “sezione” relativa ad “Agricoltura, silvicoltura e pesca”, mentre le produzioni classificate in “Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco” raccolgono tre “divisioni” della “sezione” “Attività manifatturiere” (ISTAT 2009). 5 Non disponiamo di stime quantitative in merito, ma è da presumere che tale fenomeno sia stato più forte in Umbria che nell’aggregato-Italia, per via di una specializzazione merceologica che ha da sempre un orientamento più continentale che mediterraneo e quindi molto esposto al corso e al profilo della stessa PAC. 224 profondità tali evidenze. Sia in Umbria (-2,63% versus -1,8%) che in Italia (-1,29% versus 0,89%) il decremento del valore aggiunto agricolo è stato superiore a quello delle ragioni di scambio. Come a dire che il peggiorato rapporto fra prezzi unitari degli output e costi unitari degli input ha scoraggiato, ovviamente, l’ammontare della produzione. Per quanto riguarda l’industria alimentare, invece il dinamismo della produzione in Umbria ha oltrepassato l’andamento propizio delle ragioni di scambio (1,5% annuo versus 0,74%), mentre nell’intera Italia si è registrato il contrario (0,94% versus 1,37%). Nel primo caso l’espansione è stata sia quantitativa (smerciate più unità di prodotto) che qualitativa (smerciati beni di gamma più alta e quindi più “cari”), mentre nel secondo l’espansione in chiave qualitativa è stata contrastata da una riduzione quantitativa. La dinamica di formazione del capitale in “Agricoltura, caccia e silvicoltura” è singolarmente omogenea per Umbria e aggregato-Italia (tab. 2): lungo l’intero periodo considerato, con le loro “naturali” fluttuazioni, gli investimenti fissi lordi sono stati, in media annuale, equivalenti al 38,59% del valore aggiunto di branca in Umbria e al 38,79% in Italia. Ovviamente tale omogeneità è da leggere in connessione con gli andamenti delle grandezze su cui le due percentuali sono calcolate: il valore aggiunto italiano, come si è visto, ha tenuto meglio di quello umbro. L’industria alimentare, invece, in Umbria ha superato, rispetto alla stessa media, sia il dato italiano (30,46% del valore aggiunto di branca versus 28,89%), sia il dato regionale dell’industria manifatturiera complessiva (30,11%), che pure è nettamente migliore dell’analogo riscontro nazionale (24,81%). Gli effetti della formazione di capitale si riverberano in primo luogo a livello delle variazioni di occupazione e di produttività del lavoro (tab. 3). Le unità di lavoro dell’agricoltura regionale flettono di circa un terzo, da 23,4 migliaia del 2000 a 15,7 del 2010, ad un tasso annuo del 3,91%, quindi superiore (in modulo ovviamente) al tasso di riduzione del valore aggiunto. La produttività per unità di lavoro è salita da 22,75 migliaia di euro a 25,96, per un tasso annuo dell’1,33%.. L’aggregato-Italia ha ridotto le unità di lavoro ad un tasso dell’1,64% (da 1425,8 migliaia a 1208,2) ed incrementato la produttività unitaria al ritmo annuo dello 0,26%. In Umbria, cioè, la formazione del capitale ha avuto un carattere assai più sostitutivo del lavoro e dunque più accrescitivo della sua produttività unitaria. Nell’anno 2010 la produttività per unità di lavoro in Umbria ha superato addirittura di oltre il 25% quella italiana (25,96 migliaia di euro versus 20,70)6. Nell’industria alimentare si colgono differenze di tendenza ancora più marcate e di altro segno. In Umbria le unità di lavoro aumentano ad un tasso annuo dell’1,39% (da 8,8 migliaia del 2000 a 10,1 del 2010), mentre in Italia scendono allo 0,34% (da 440 migliaia a 425,3) (e nell’intera industria manifatturiera regionale all’1,52!). Tale crescita non ha effetti negativi sulla produttività unitaria, che anzi sale, seppure di un esiguo 0,11% annuo, mentre la diminuzione italiana si traduce in un di più della produttività unitaria pari all’1,29% annuo. 6 Ricordiamo che le differenze di produttività del lavoro fra sistemi agrari si spiegano per due vie: il grado di attività degli ordinamenti produttivi (ossia il loro rapporto L/Y) e il grado di intensità capitalistica delle tecniche di produzione (ossia il rapporto K/L). Dato il suo carattere prevalentemente continentale, la maggiore produttività del lavoro dell’agricoltura umbra rispetto all’aggregato-Italia sembrerebbe dipendere per la più parte dalla diffusione di ordinamenti produttivi a grado relativamente basso di attività. In chiave dinamica, la sostituzione di lavoro col capitale può dunque dipendere dalla sostituzione di ordinamenti più attivi con ordinamenti meno attivi e/o dalla sostituzione di tecniche a minore intensità capitalistica con tecniche a maggiore intensità capitalistica. 225 1,0083 0,9218 0,9754 1,0184 2001 1,0294 1,2135 1,0631 1,0353 28197,0 1060,0 21221,6 1091116,2 4,63% 29026,8 1286,4 22561,4 1129599,8 4,68% 1,0556 1,0126 1,0644 1,0359 469,9 4,2 387,2 15542,7 5,54% 496,1 4,3 412,2 16100,0 5,67% (*) calcolato in media geometrica - Fonte: ISTAT 2012 Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Valore aggiunto totale ai prezzi base 28518,9 1389,7 22834,0 1051559,6 5,02% Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Valore aggiunto totale ai prezzi base Quota agrolimentare su valore aggiunto totale 1,0898 1,2036 0,9756 1,0192 Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Valore aggiunto totale ai prezzi base 28754,8 1281,1 22271,2 1070890,8 4,88% 488,4 3,5 402,1 14954,0 5,98% Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Valore aggiunto totale ai prezzi base Quota agrolimentare su valore aggiunto totale Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Valore aggiunto totale ai prezzi base Quota agrolimentare su valore aggiunto totale 532,3 4,2 392,3 15241,7 6,09% Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Valore aggiunto totale ai prezzi base Quota agrolimentare su valore aggiunto totale 2000 1,0201 1,1670 1,0715 1,0323 28223,3 1220,5 22398,7 1134803,0 4,57% 28789,5 1424,3 23999,9 1171457,1 4,63% 0,9480 1,2308 1,0709 1,0261 504,7 3,8 418,4 16021,8 5,78% 478,5 4,7 448,0 16440,5 5,66% 2002 2004 2005 2006 2007 226 Umbria Valore aggiunto ai prezzi correnti (milioni di euro) 446,1 541,4 382,8 417,6 464,1 4,6 3,7 3,4 4,6 5,6 477,1 469,4 505,3 481,9 509,1 16977,1 17662,8 17980,2 18720,8 19559,7 5,47% 5,74% 4,96% 4,83% 5,00% Valore aggiunto ai prezzi dell’anno precedente (milioni di euro) 413,5 587,5 495,8 400,1 428,0 4,1 3,6 3,8 4,2 4,0 468,8 456,0 526,0 490,3 487,6 16414,0 17224,4 17745,9 18445,7 18952,9 5,40% 6,08% 5,78% 4,85% 4,85% Deflatore (anno (t) / anno (t-1)) 1,0787 0,9214 0,7721 1,0438 1,0843 1,1107 1,0365 0,8712 1,0839 1,4239 1,0177 1,0296 0,9606 0,9829 1,0442 1,0343 1,0255 1,0132 1,0149 1,0320 Italia Valore aggiunto ai prezzi correnti (milioni di euro) 29314,5 30456,5 27085,0 26715,2 27174,1 1531,2 1512,1 1515,3 1644,2 1569,1 23961,4 24613,1 24004,7 23974,8 24977,6 1209663,1 1257989,3 1291692,4 1332919,3 1391950,9 4,53% 4,50% 4,07% 3,93% 3,86% Valore aggiunto ai prezzi dell’anno precedente (milioni di euro) 27385,1 33381,2 29203,3 26644,0 26796,5 1422,6 1440,6 1367,5 1632,2 1619,3 23508,5 23892,0 24993,0 24440,4 24005,0 1169057,6 1231864,2 1271018,2 1320417,6 1357041,1 4,48% 4,77% 4,37% 3,99% 3,86% Deflatore (anno (t) / anno (t-1)) 1,0705 0,9124 0,9275 1,0027 1,0141 1,0763 1,0497 1,1081 1,0074 0,9690 1,0193 1,0302 0,9605 0,9809 1,0405 1,0347 1,0212 1,0163 1,0095 1,0257 2003 0,9949 0,8860 1,0348 1,0301 27822,0 1323,3 24201,1 1376097,0 3,88% 27678,8 1172,5 25044,1 1417499,6 3,80% 0,9866 0,8916 0,9896 1,0247 458,4 5,3 517,7 19375,4 5,07% 452,3 4,7 512,3 19853,5 4,88% 2008 0,9307 1,0352 1,0554 1,0226 26827,8 1298,2 23613,1 1338269,3 3,87% 24969,8 1343,9 24921,0 1368574,1 3,74% 0,8826 1,0313 1,0306 1,0226 464,9 4,7 453,0 18375,2 5,02% 410,3 4,8 466,8 18791,1 4,69% 2009 1,0035 1,0309 0,9301 0,9960 24927,7 1316,1 26301,1 1397430,1 3,76% 25014,7 1356,7 24463,8 1391857,3 3,65% 0,9925 0,8991 0,9255 0,9944 410,7 4,8 491,8 19305,4 4,70% 407,6 4,3 455,2 19197,5 4,52% 2010 Tab. 1 - Valore aggiunto delle branche agroalimentari (milioni di euro correnti) e relativi deflatori, Umbria e Italia (2000-2010) -0,89% 3,81% 1,37% 2,19% -1,34% -0,54% 1,42% 2,88% -2,84% -1,38% 0,58% 0,94% 2,66% -2,87% -1,80% 6,11% 0,74% 2,20% -1,72% 3,25% 2,03% 2,59% -2,38% -2,63% 0,29% 1,50% 2,33% -2,95% Var. media annua 157,6 0,6 92,2 250,4 969,7 31,78% 13,39% 22,37% 27,44% 30,58% 9285,2 202,2 6441,8 15929,1 55547,3 31,99% 15,71% 28,55% 30,13% 23,94% 29,76% 10,39% 27,71% 28,80% 25,92% 9188,3 152,9 6283,0 15624,2 54187,7 31,95% 11,94% 28,21% 29,87% 23,17% 2001 158,4 0,4 108,7 267,5 814,7 2000 (*) (Investimenti fissi lordi / Valore aggiunto)*100 - Fonte: ISTAT 2012 Umbria Investimenti fissi lordi Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Intensità degli investimenti (*) Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Italia Investimenti fissi lordi Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Intensità degli investimenti (*) Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Branche 227 34,59% 17,78% 27,84% 31,16% 24,95% 9958,1 253,2 6681,8 16893,2 57458,5 32,67% 15,18% 37,43% 34,87% 35,22% 156,3 0,7 167,7 324,7 1145,7 2002 35,77% 13,87% 26,59% 31,15% 24,00% 10485,7 212,4 6372,5 17070,6 53888,3 44,87% 11,37% 33,48% 38,85% 29,72% 200,2 0,5 159,8 360,5 946,3 2003 37,09% 15,45% 28,67% 32,85% 23,73% 11297,1 233,6 7057,5 18588,1 54079,3 37,61% 13,91% 24,71% 31,55% 27,59% 203,6 0,5 116,0 320,1 821,9 2004 42,79% 12,46% 27,74% 35,05% 23,65% 11590,6 188,8 6660,1 18439,5 54362,1 48,15% 10,71% 23,17% 33,85% 25,75% 184,3 0,4 117,1 301,7 807,1 2005 44,32% 12,34% 32,09% 37,71% 25,07% 11840,1 202,8 7694,3 19737,3 60070,9 38,50% 11,00% 26,91% 32,18% 28,12% 160,8 0,5 129,7 291,0 958,2 2006 43,04% 12,78% 30,72% 36,43% 25,77% 11696,3 200,6 7673,4 19570,3 63734,6 33,79% 10,65% 31,11% 32,26% 30,36% 156,8 0,6 158,4 315,8 1089,0 2007 42,10% 15,99% 31,17% 36,46% 26,34% 11654,0 187,5 7806,7 19648,2 62812,8 41,08% 12,77% 34,98% 37,72% 35,06% 185,8 0,6 179,2 365,6 1138,5 2008 40,80% 12,27% 26,59% 33,14% 25,58% 10188,5 164,9 6627,0 16980,4 50894,2 46,67% 37,41% 35,41% 40,66% 30,59% 191,5 1,8 165,3 358,6 766,2 2009 42,18% 13,45% 29,61% 35,36% 26,74% 10551,5 182,4 7242,6 17976,5 56979,5 39,57% 41,87% 37,81% 38,66% 32,34% 161,3 1,8 172,1 335,2 881,3 2010 38,79% 14,00% 28,89% 33,57% 24,81% 10703,2 198,3 6958,2 17859,8 56728,6 38,59% 17,15% 30,46% 34,26% 30,11% 174,2 0,8 142,4 317,4 939,9 Valori medi Tab. 2 - Investimenti fissi lordi branche (milioni di euro correnti) e intensità degli investimenti agroalimentari, Umbria e Italia (2000-2010) Fonte: ISTAT 2012 Umbria Unità di lavoro Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia Quota agroalimentare su totale Produttività per unità di lavoro Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia Italia Unità di lavoro Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia Quota agroalimentare su totale Produttività per unità di lavoro Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia 23,4 0,1 8,4 31,9 73,2 369,6 8,63% 21,20 42,54 49,07 28,60 41,45 43,56 1439,6 58,3 423,0 1920,9 4726,3 23828,0 8,06% 20,16 22,06 53,34 27,53 46,75 47,41 22,75 20,89 44,58 28,67 38,70 42,01 1425,8 58,0 440,0 1923,8 4752,8 23411,7 8,22% 20,17 22,09 50,62 27,19 45,29 45,74 2001 23,4 0,2 8,8 32,4 74,8 362,8 8,93% 2000 20,69 24,51 55,97 28,86 47,04 48,54 1391,6 58,1 428,8 1878,5 4753,2 24132,3 7,78% 21,85 46,76 50,34 30,13 42,69 44,99 21,9 0,1 8,9 30,9 74,7 365,4 8,46% 2002 228 22,07 28,51 55,29 30,19 46,57 49,82 1328,1 53,7 433,4 1815,2 4758,2 24282,9 7,48% 22,76 45,90 54,22 32,56 42,21 46,58 19,6 0,1 8,8 28,5 75,0 364,5 7,82% 2003 22,99 26,76 55,15 30,96 48,35 51,61 1324,5 56,5 446,3 1827,3 4713,3 24373,0 7,50% 26,54 36,88 52,16 34,39 41,98 47,39 20,4 0,1 9,0 29,5 71,4 372,7 7,92% 2004 21,12 27,11 55,23 29,67 49,35 52,91 1282,5 55,9 434,6 1773,0 4657,9 24411,6 7,26% 18,86 33,50 57,42 30,53 44,53 48,41 20,3 0,1 8,8 29,2 70,4 371,4 7,86% 2005 20,61 28,30 54,18 29,13 50,94 53,77 1296,1 58,1 442,5 1796,7 4708,1 24788,7 7,25% 21,64 45,71 52,96 31,72 47,38 49,32 19,3 0,1 9,1 28,5 72,1 379,6 7,51% 2006 21,65 26,64 55,84 30,50 53,71 55,62 1255,0 58,9 447,3 1761,2 4750,1 25026,4 7,04% 26,22 56,35 53,03 35,72 48,91 50,08 17,7 0,1 9,6 27,4 76,0 390,6 7,01% 2007 22,52 20,25 55,67 31,03 53,36 56,84 1229,2 57,9 449,9 1737,0 4682,9 24938,5 6,97% 25,13 46,97 47,88 33,66 45,04 51,25 18,0 0,1 10,7 28,8 75,2 387,4 7,43% 2008 20,89 22,36 57,47 30,34 51,49 56,49 1195,2 60,1 433,6 1688,9 4207,9 24227,4 6,97% 24,00 48,12 46,68 50,98 41,34 50,24 17,1 0,1 10,1 27,3 66,4 374,0 7,30% 2009 20,70 24,18 57,52 30,09 55,22 57,96 1208,2 56,1 425,3 1689,6 4066,1 24012,8 7,04% 25,96 42,99 45,07 33,48 44,85 51,68 15,7 0,1 10,1 25,9 64,2 371,5 6,97% 2010 0,26 0,91 1,29 1,02 2,00 2,40 -1,64 -0,33 -0,34 -1,29 -1,55 0,25 -1,54 1,33 7,48 0,11 1,56 1,49 2,09 -3,91 -6,70 1,39 -2,21 -1,52 0,24 -2,45 variazione media annua (%) Tab. 3 - Unità di lavoro (migliaia annue medie) e relative produttività (migliaia di euro correnti), Umbria e Italia (2000-2010) Nel 2010 i divari di produttività a favore dell’aggregato Italia arrivano a superare i 12 mila euro annui (57,52 mila versus 45,07). Questo notevole assorbimento occupazionale ha compensato in parte il grande deflusso dal lavoro agricolo, ma la quota di unità di lavoro che l’agroalimentare copre sul valore totale umbro è scivolato dall’8,93% del 2000 al 6,97% del 2010 (quasi 2 punti assoluti in meno!), quando a livello nazionale la stessa quota, che era inferiore nel 2000 al valore umbro, 8,22%, nel 2010 ha toccato una cifra più alta, 7,04%. Sempre a livello di complesso agroalimentare, grazie al grande vantaggio acquisito dalla componente agricola che prima abbiamo evidenziato, la produttività unitaria umbra, di 33,48 mila euro annui, oltrepassa quella nazionale, pari a 30,09 migliaia di euro, di oltre un 10%. Da rilevare come simile, incalzante, efficienza relativa dell’agricoltura umbra non abbia intaccato negli anni il rapporto fra unità di lavoro annue e occupati totali7: la sua media 2000-2010 è stata di 1,415 e, anno per anno, ha dato luogo a variazioni contenute (tab. 4). Ovverosia l’ammontare dei secondi lavori svolti in agricoltura (la cosiddetta pluriattività) non soltanto integra la stagionalità degli occupati a tempo parziale al suo interno, ma porta il lavoro agricolo complessivo a superare di oltre il 40% la quantità che si avrebbe, se tutti gli occupati fossero a tempo pieno8. Non è questa la sede per approfondire la natura e gli effetti che presenta l’integrazione socio-territoriale dell’agricoltura con le altre attività produttive e che è sottesa alla pluriattività. Ma la sua persistenza nel tempo mostra quale importanza continui ad avere per aziende il cui organismo imprenditoriale è, in genere, una famiglia che tende ad allocare i vari componenti fra gestione e sviluppo del proprio patrimonio fondiario e mercato del lavoro. Agroalimentare come settore verticalmente integrato Le stime fornite dai ricercatori dell’IRPET sulla matrice bi-regionale Umbria-resto d’Italia hanno riguardato tre aree di analisi, cui di seguito ci riferiamo partitamente: a) produzione, valore aggiunto e unità di lavoro dello SVI (tab. 5); b) formazione-impiego delle merci e scambi con l’esterno (tab. 6); c) formazione delle merci per origine settoriale e geografica e matrice origine-impieghi (tabb. 7 e 8). Alla ricostruzione dei flussi produttivi diretti e indiretti (cosiddetta attivazione “a monte”), in virtù della complessa architettura del modello input-output IRPET, si aggiunge l’impatto determinato dalla spesa per consumo che è innescata dai redditi distribuiti grazie a quei flussi (cosiddetta endogenizzazione parziale dei consumi), quindi potremmo dire la nostra è un’analisi “allargata” della filiera di produzione agro-alimentare9. L’ISTAT assume per unità di lavoro annua (Ula) la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno. La stessa quantità può essere svolta da più occupati a tempo parziale o che svolgono un doppio lavoro. Nel caso di occupazione a tempo parziale, si ha perciò un occupato a cui corrisponde una frazione di Ula, mentre nel caso di un secondo lavoro si ha una frazione di Ula a cui non corrisponde un occupato. 8 Specifichiamo che anche per il lavoro i nostri riferimenti all’agricoltura riguardano in effetti la branca ISTAT “Agricoltura, caccia, silvicoltura”. 9 L’analisi della filiera di produzione (detta anche del settore verticalmente integrato) si distingue da quella del subsistema sraffiano (De Muro 1992). La prima focalizza l’intera produzione di una certa branca, cioè tanto quella destinata all’impiego finale (consumo), quanto la parte destinata all’impiego intermedio. La seconda, invece, ricostruisce tanti sub-sistemi input-output distinti, quante sono le merci finali (destinate al consumo) definite ed identificate entro l’output del sistema complessivo (Sraffa 1979[1960] pp. 113-114). 7 229 Fonte: ISTAT 2012 ULA per occupato Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia ULA per occupato Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia Italia Occupati Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia Umbria Occupati Agricoltura, caccia e silvicoltura Pesca, piscicoltura e servizi connessi Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Agroalimentare Industria manifatturiera Totale economia 1043,9 58,6 435,4 1537,9 4838,7 23393,9 0,0709 1036,8 58,7 451,8 1547,3 4851,0 22929,7 0,0711 1,3791 0,9949 0,9715 1,2490 0,9768 1,0186 1,4182 1,0000 0,9655 1,2609 0,9721 1,0162 1,4268 2,0000 0,9670 1,2656 0,9803 1,0165 1,3752 0,9881 0,9739 1,2433 0,9798 1,0210 16,5 0,1 8,7 25,3 75,3 363,7 0,0730 2001 16,4 0,1 9,1 25,6 76,3 356,9 0,0733 2000 1,3725 0,9949 0,9712 1,2409 0,9747 1,0142 1013,9 58,4 441,5 1513,8 4876,5 23793,7 0,0710 1,4129 1,0000 0,9780 1,2510 0,9752 1,0133 15,5 0,1 9,1 24,7 76,6 360,6 0,0735 2002 1,4007 0,9871 0,9685 1,2518 0,9686 1,0055 948,2 54,4 447,5 1450,1 4912,2 24149,9 0,0712 1,4627 1,0000 0,9670 1,2611 0,9766 1,0033 13,4 0,1 9,1 22,6 76,8 363,3 0,0734 2003 230 1,3813 0,9930 0,9662 1,2366 0,9684 1,0048 958,9 56,9 461,9 1477,7 4867,2 24255,5 0,0714 1,4783 1,0000 0,9574 1,2661 0,9701 1,0038 13,8 0,1 9,4 23,3 73,6 371,3 0,0735 2004 1,3436 0,9790 0,9604 1,2110 0,9643 1,0007 954,5 57,1 452,5 1464,1 4830,1 24395,7 0,0716 1,3904 1,0000 0,9565 1,2218 0,9631 0,9946 14,6 0,1 9,2 23,9 73,1 373,4 0,0741 2005 1,3321 0,9847 0,9563 1,2020 0,9649 0,9966 973,0 59,0 462,7 1494,7 4879,4 24874,5 0,0712 1,3885 1,0000 0,9479 1,2076 0,9665 0,9914 13,9 0,1 9,6 23,6 74,6 382,9 0,0735 2006 Tab. 4 - Occupati totali (migliaia medie annue) e ULA per occupato, Umbria e Italia 2000-2010 1,3244 0,9916 0,9513 1,1923 0,9666 0,9936 947,6 59,4 470,2 1477,2 4914,4 25187,6 0,0712 1,4390 1,0000 0,9600 1,2232 0,9682 0,9899 12,3 0,1 10,0 22,4 78,5 394,6 0,0735 2007 1,3253 0,9847 0,9466 1,1884 0,9608 0,9874 927,5 58,8 475,3 1461,6 4873,9 25255,8 0,0712 1,3534 1,0000 0,9554 1,1707 0,9616 0,9818 13,3 0,1 11,2 24,6 78,2 394,6 0,0735 2008 1,3283 0,9820 0,9420 1,1883 0,9065 0,9754 899,8 61,2 460,3 1421,3 4642,0 24839,5 0,0712 1,3680 1,0000 0,9434 1,1724 0,9235 0,9737 12,5 0,1 10,6 23,2 71,9 384,1 0,0735 2009 1,3181 0,9689 0,9353 1,1822 0,9090 0,9737 916,6 57,9 454,7 1429,2 4473,2 24660,7 0,0712 1,4273 1,0000 0,9439 1,1881 0,9158 0,9700 11,0 0,1 10,7 21,8 70,1 383,0 0,0735 2010 1,3528 0,9863 0,9585 1,2169 0,9582 0,9992 965,5 58,2 455,8 1479,5 4814,4 24339,7 0,0712 1,4150 1,0909 0,9584 1,2262 0,9612 0,9959 13,9 0,1 9,7 23,7 75,0 375,3 0,0735 Media Produzione, valore aggiunto e unità di lavoro La produzione dello SVI ha lievemente superato i 4 miliardi e 330 milioni di euro, così da toccare il 10,5% dell’intera produzione regionale. Il valore aggiunto è andato vicino a 1 miliardo e 600 milioni, oltrepassando di un decimale l’8% del valore umbro totale. L’incidenza maggiore si raggiunge, tuttavia, rispetto alle unità di lavoro: con oltre 41 mila siamo all’11,1% del dato regionale complessivo (tab. 5). Tutte e tre le percentuali danno a sufficienza la misura di quanto l’agroalimentare pesi in Umbria. La maggiore, a livello di unità di lavoro, è spiegata dallo spessore ancora relativamente alto dell’agricoltura e quindi dalla sua attività lavorativa per unità di prodotto. Mentre la differenza favorevole alla prima fra le quote di produzione e valore aggiunto indica come lo SVI dipenda più del resto del sistema produttivo dai beni e servizi non prodotti al proprio interno. Le branche che ricevono l’attivazione indiretta dello SVI contribuiscono ad un suo terzo circa. Le più coinvolte sono “commercio all’ingrosso” (7,13% della produzione e 9,72% del valore aggiunto) e “trasporto e magazzinaggio” (4,24% della produzione e 4,87 del valore aggiunto), ovverosia tipiche componenti del terziario cosiddetto tradizionale. Lo diciamo, sia chiaro, con tutte le cautele che una simile definizione comporta (MomiglianoSiniscalco 1986)10. Da sottolineare lo scarsissimo impulso trasmesso alle attività manifatturiere, nessuna delle quali (in termini di produzione, perché in valore aggiunto e unità di lavoro le cifre sono anche minori!) pesa più dello 0,2% nello SVI. I dati specifici di agricoltura ed industria disvelano un po’ anche i limiti della nozione di agroalimentare, coniata per raggruppare produzioni accomunate sì dal cluster di bisognidesideri che soddisfano e dai collegamenti input-output, ma spesso troppo eterogenee per formare un’unità di analisi stricto sensu. Per valore di produzione, la manifattura alimentare umbra non è molto lontana dal triplicare il risultato dell’agricoltura (2 miliardi e 138,6 milioni contro 763, 2 milioni), mentre come valore aggiunto è superiore di nemmeno un 15% (459 milioni contro 400,5) e come unità di lavoro addirittura poco più della metà (9,8 migliaia contro 16,8). Assolutamente marginale, come del resto ci si poteva attendere per una regione non marina, la consistenza della branca “Pesca”, con una produzione che non arriva ai 10 milioni di euro e un valore aggiunto che si colloca a 5. Formazione e impieghi delle merci - scambi con l’esterno Il miliardo e 600 milioni (quasi) di valore aggiunto dello SVI, tramite il ricarico delle imposte indirette, corrisponde ad un Pil di 1 miliardo 856,2 milioni (tab. 6). A tale offerta si sommano le importazioni dal resto d’Italia e dall’estero, per un ammontare di 2 miliardi e 171,9 milioni le prime e 660,1 milioni le seconde. In tutto arriviamo a quota 4 miliardi “… la contrapposizione tra «terziario avanzato» e «terziario tradizionale», anche qualora fosse basata su un criterio puramente tecnologico, sembra concettualmente criticabile. La dicotomia ricalca infatti una analoga contrapposizione tra «industrie avanzate» e «mature» che, per la accresciuta pervasività intersettoriale delle tecnologie (e per la inappropriatezza delle misure di intensità tecnologica utilizzate) risulta oggi sempre meno accettabile” (Momigliano-Siniscalco 1986, p. 39). Gli anni, non pochi, trascorsi da questa riflessione, a nostro avviso, non ne attenuano la fondatezza. Anzi, semmai la rafforzano. 10 231 688,3 milioni. Le famiglie della regione acquistano per 2 miliardi e 27,4 milioni, ma il cliente principale è il resto d’Italia, con 2 miliardi e 247,1 milioni. L’estero assorbe un valore di 349,5 milioni. Residuali le altre fonti di domanda interna (Pubblica Amministrazione, e imprese per investimenti fissi lordi e variazioni delle scorte). Da un quadro siffatto ricaviamo diverse fondamentali informazioni. - L’interscambio agroalimentare della regione è in lievissimo avanzo con il resto d’Italia (per 75 milioni, che è equivale ad un saldo normalizzato positivo dell’1,7% appena). - L’interscambio con l’estero è invece nettamente negativo (per oltre 310 milioni e un saldo normalizzato negativo del 30,8%). - L’interscambio con l’esterno, cioè con l’aggregato “resto d’Italia-estero” segna un modesto saldo normalizzato negativo del 4,3%11. - Il Pil vale quasi il 40% dell’offerta agroalimentare: non abbiamo modo di confrontare il dato con le altre regioni, ma considerata l’apertura tendenzialmente molto alta di regioni piccole come l’Umbria, possiamo, sebbene con una certa approssimazione, ritenere che tale quota possa rappresentare un segno di forza competitiva dello SVI. - Il 55,4% dell’offerta dello SVI viene collocato fuori regione. Sempre in assenza di ragguagli comparati e quindi abbastanza intuitivamente, sembrerebbe di cogliere un altro segno di capacità competitiva. - Il grado di apertura all’estero, tanto sul lato dell’export, quanto sul lato dell’import, appare contenuto, ma anche qui occorre cautela interpretativa perché i rapporti internazionali possono essere “filtrati” e quindi nascosti dal giro bi-regionale “Umbria resto d’Italia” di forniture e sub-forniture. Formazione delle merci per origine settoriale e geografica e matrice origine-impieghi L’offerta di merci agroalimentari dell’Umbria, comprensiva di quanto attinto alle importazioni di prodotti finiti, ammonta nel 2010 a 5295 milioni di euro, 2947 (55,7%) dei quali sono output delle imprese domestiche, 1801 (34%) importati dalle altre regioni italiani e 528 (10%) provenienti dall’estero (tab. 7). I 2947 milioni di output domestico sono poi scomponibili in 2074 milioni (70,4%) di beni e servizi intermedi e 873 (29,6%) di valore aggiunto. E ancora i 2074 di beni e servizi intermedi sono: 1232,7 (59,4%) di formazione domestica, 627,8 (30,3%) di provenienza dalle altre regioni e 217,4 (10,5%) di provenienza estera. Quanto ai settori, più di 1100 milioni, oltre il 50%, sono forniti dalle tre stesse branche agroalimentari: con valori simili di agricoltura e industria alimentari e quasi nulli da parte della pesca. Per l’agricoltura prevale la provenienza dalle altre regioni (281,78 milioni su 549,81; 51,3%), per l’industria alimentare, invece, la formazione domestica (333,76 milioni su 556,3; 60%). I contributi degli altri settori, siano essi manifatturieri o terziari, scaturiscono in grande misura all’interno del sistema regionale: per il commercio all’ingrosso si tratta di una quota dell’88,9% (198,27 milioni su 223,06) e per trasporti e magazzinaggio del 79,6% (114,38 su 143,64). 11 Ricordiamo, per i lettori meno esperti, la formula del saldo normalizzato: (Export-Import)/(Export+Import). 232 Fonte: elaborazione IRPET Incidenza % su totale regionale Branche Agricoltura, silvicoltura Pesca Attività estrattiva Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori Industria del legno Carta Stampa e registrazione Fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati Fabbricazione di sostanze e prodotti chimici Produzione di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi Fabbricazione di metalli di base e lavorazione di prodotti in metallo Fabbricazione di computer, apparecchi elettronici e ottici Fabbricazione di apparecchi elettrici Fabbricazione di macchinari ed apparecchi n.c.a. Fabbricazione di mezzi di trasporto Altre attività manifatturiere, riparazione ed installazione di macchine Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di trattamento dei rifiut Costruzioni Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e m Trasporto e magazzinaggio Servizi di alloggio e ristorazione Editoria, audiovisivi e attività radiotelevisive Telecomunicazioni Servizi IT e altri servizi informativi Attività finanziarie e assicurative Attività immobiliari Attività legali, contabilità, consulenza di gestione, studi di arch. e ing. Ricerca scientifica e sviluppo Altre attività di servizio Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria Istruzione Sanità e assistenza sociale Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento Altre attività di servizi 233 Produzione 763,2 8,0 1,3 2138,6 6,0 2,0 4,1 2,6 4,1 0,1 2,4 8,8 4,0 1,3 2,2 2,5 3,8 8,5 146,1 28,8 49,5 309,0 183,4 91,8 8,0 20,1 19,5 85,3 153,6 74,1 56,3 50,3 2,2 11,1 13,7 18,9 46,0 4331,2 % 17,62 0,18 0,03 49,38 0,14 0,05 0,09 0,06 0,09 0,00 0,05 0,20 0,09 0,03 0,05 0,06 0,09 0,20 3,37 0,66 1,14 7,13 4,24 2,12 0,18 0,46 0,45 1,97 3,55 1,71 1,30 1,16 0,05 0,26 0,32 0,44 1,06 100,00 10,5 Valore Aggiunto 400,5 5,0 0,4 459,0 1,3 0,6 1,1 0,1 0,7 0,0 0,6 2,7 0,9 0,4 0,6 0,7 0,9 3,0 25,7 9,7 19,3 154,2 77,3 54,0 3,8 9,9 10,3 52,0 136,1 46,6 27,2 21,8 1,6 10,1 8,6 9,7 35,8 1592,3 % 25,23 0,00 0,03 28,92 0,08 0,04 0,07 0,01 0,04 0,00 0,04 0,17 0,06 0,03 0,04 0,04 0,06 0,19 1,62 0,61 1,21 9,72 4,87 3,40 0,24 0,63 0,65 3,28 8,58 2,94 1,71 1,38 0,10 0,63 0,54 0,61 2,26 100,00 8,1 Unità di Lavoro 16,8 0,0 0,0 9,8 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,1 0,2 0,5 4,3 1,4 1,5 0,0 0,0 0,2 0,6 0,1 1,3 1,5 0,4 0,0 0,2 0,2 0,2 1,5 41,1 Tab. 5 - Produzione e valore aggiunto (milioni di euro) e unità di lavoro (migliaia) del settore agroalimentare (Umbria 2010) % 40,98 0,00 0,01 23,95 0,08 0,04 0,06 0,01 0,02 0,00 0,03 0,13 0,00 0,04 0,03 0,06 0,06 0,17 0,33 0,40 1,10 10,38 3,37 3,69 0,08 0,11 0,48 1,37 0,22 3,12 3,56 1,02 0,06 0,51 0,39 0,45 3,72 100,0 11,1 Tab. 6 - Conto risorse-impieghi agroalimentari (milioni di euro), Umbria 2010 Impatto Conto Risorse ed Impieghi Umbria 1856,2 2171,9 660,1 4688,3 2027,4 4,0 10,2 50,1 2247,1 349,5 4688,3 Pil Import interregionale Import estero RISORSE Spesa delle Famiglie Spesa della PPAA Investimenti Fissi Lordi Variazione scorte Export interregionale Export estero IMPIEGHI Info: Imposte Indirette nette sui prodotti Incidenza % Pil 268,9 Umbria 8,7 39,6 46,3 14,1 100,0 43,2 0,1 0,2 1,1 47,9 7,5 100,0 Resto Italia 2033,8 50,0 Resto Italia 0,1 In pratica, a scala ampia, comprendente i legami con le altre regioni e con l’estero, ritroviamo la stessa rete di flussi intersettoriali che abbiamo riscontrato per il valore aggiunto e le unità di lavoro (tab. 5): lo SVI è abbastanza “autocontenuto”, intrattiene scambi relativamente ridotti e molto frammentati con le altre branche manifatturiere, più consistenti con le terziarie, commercio all’ingrosso e trasporti e magazzinaggio su tutti. In più individuiamo che l’autocontenimento dello SVI è centrato sui flussi con le altre regioni per la componente agricola e sui flussi intra-regionali per l’industria alimentare. Alla scomposizione per fonti di formazione dell’offerta agroalimentare è interessante combinare quella delle sue destinazioni, secondo una vera e propria matrice origineimpieghi (tab. 8). La domanda intermedia regionale, che raggiunge, sempre nel 2010, 1525 milioni di euro è soddisfatta in misura di 217 (14,2%) dalla regione stessa e di 1308 (85,8%) dall’importazione totale (dalle altre regioni italiane e dall’estero in aggregato). Analogo profilo riscontriamo per la domanda finale domestica, la quale ammonta a 1205 milioni ed è coperta per 184 (15,3%) dall’interno della regione e 1021 (84,7%) dalle importazioni aggregate. L’export interregionale vale 2216 milioni e quello diretto all’estero 350 milioni (rispettivamente il 74,7% e l’11,8 % dello smercio totale del comparto). Il saldo complessivo degli scambi con l’esterno è dunque positivo per 237 milioni, con 2566 milioni di esportazioni versus 2329 di importazioni. In termini di saldo normalizzato si tratta di un avanzo pari al 4,8%. Ma a prescindere dalla misura del saldo, ciò che queste cifre mettono in chiaro è l’elevatissimo grado di apertura verso l’esterno. Note conclusive La ricognizione che abbiamo cercato di illustrare conferma il rilievo del comparto agroalimentare nell’assetto macroeconomico dell’Umbria. Sebbene nel periodo posto sotto osservazione (2000-2010) il suo peso abbia subito un certo declino, il comparto conserva un’ampiezza relativa superiore alla media nazionale come ammontare di produzione lorda, di valore aggiunto e di unità di lavoro. Le sue grandi componenti, agricoltura e industria alimentare (il settore della pesca è meno che marginale) hanno peraltro seguito traiettorie evolutive differenti. 234 Branche Agricoltura, silvicoltura Pesca Attività estrattiva Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco Industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori Industria del legno Carta Stampa e registrazione Fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati Fabbricazione di sostanze e prodotti chimici Produzione di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi Fabbricazione di metalli di base e lavorazione di prodotti in metallo Fabbricazione di computer, apparecchi elettronici e ottici Fabbricazione di apparecchi elettrici Fabbricazione di macchinari ed apparecchi n.c.a. Fabbricazione di mezzi di trasporto Altre attività manifatturiere, riparazione ed installazione di macchine Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di trattamento dei rifiut Costruzioni Commercio all’ingrosso e al dettaglio, rip. autoveicoli e motocicli Trasporto e magazzinaggio Servizi di alloggio e ristorazione Editoria, audiovisivi e attività radiotelevisive Telecomunicazioni Servizi IT e altri servizi informativi Attività finanziarie e assicurative Attività immobiliari Attività legali, contabilità, consulenza di gestione, studi di arch. e ing. Ricerca scientifica e sviluppo Altre attività di servizio Amministrazione pubblica e difesa; assicurazione sociale obbligatoria Istruzione Sanità e assistenza sociale Attività artistiche, di intrattenimento e divertimento Altre attività di servizi 235 Valore Aggiunto retribuzioni lorde contr. Soc. a carico del datore di l. reddito misto lordo surplus lordo Imposte Indirette sui Prodotti Import Interregionale Import Estero Tab. 7 - Formazione risorse agroalimentari (milioni di euro), Umbria 2010 Regione 183,96 3,00 0,13 333,76 3,38 2,01 3,08 9,13 10,40 1,81 3,79 5,54 3,33 1,17 1,81 5,20 2,33 10,07 84,32 15,05 21,23 198,27 114,38 13,27 4,52 4,69 8,09 39,90 14,79 38,11 43,99 25,44 1,44 2,22 0,34 9,46 9,29 1232,7 Provenienza Resto Italia 281,78 1,00 0,42 154,32 2,65 3,60 8,57 11,51 24,17 0,70 7,67 12,12 7,61 0,31 1,24 2,35 0,70 3,29 11,03 3,60 0,11 19,88 26,25 0,02 2,13 1,82 1,36 7,51 0,19 9,65 8,66 10,79 0,00 0,00 0,00 0,70 0,12 627,8 2348 20 1801 528 Estero 84,06 0,02 0,98 68,22 1,26 1,24 2,26 1,47 17,84 0,79 1,92 5,09 4,01 0,74 0,76 1,24 0,26 1,06 3,55 3,32 0,02 4,91 3,01 0,35 0,17 0,45 0,57 1,50 0,03 1,19 2,40 2,45 0,00 0,00 0,00 0,05 0,18 217,4 873 2947,2 299 110 250 213 Totale 549,81 0,40 1,53 556,30 7,29 6,86 13,91 22,11 52,41 3,30 13,38 22,76 14,94 2,22 3,81 8,80 3,29 14,41 98,91 21,97 21,35 223,06 143,64 13,64 6,82 6,96 10,01 48,90 15,01 48,95 55,05 38,69 1,44 2,23 0,34 10,21 9,60 2074,3 Tab. 8 - Matrice origine-impieghi del settore agroalimentare (milioni di euro), Umbria 2010 Domanda intermedia domestica Provenienza Regione Import (totale) Impieghi 217 1308 1525 Destinazione Domanda finale Export domestica Interregionale 184 1021 1205 Export estero Totale 2216 350 2216 350 2966 2329 5295 Fonte: elaborazione IRPET L’agricoltura, sottoposta alla pressione di una politica comunitaria che ha esteso a suo perno essenziale il principio del decoupling, cioè della separazione fra sostegno dei prezzi e sostegno dei redditi aziendali, ha conosciuto un notevole ridimensionamento del fattore lavoro e concentrato gli investimenti in modo da massimizzare la produzione per unità dello stesso lavoro e spingerla a livelli molto più alti di quello medio nazionale. Viceversa, l’industria alimentare, oltretutto in controtendenza con l’aggregato-Italia, ha incrementato l’occupazione senza intaccare i livelli di produttività del lavoro. La parte più pregnante della nostra ricerca è tuttavia fondata sulle elaborazioni della tavola input-output bi-regionale Umbria-resto d’Italia (ex-modello multiregionale) che ci sono state fornite dai ricercatori dell’IRPET e relative alla lettura del comparto agroalimentare secondo l’approccio di settore verticalmente integrato (SVI). Cioè tale da ampliare la produzione diretta a quella indiretta (attivata come acquisto di beni e servizi intermedi) ed indotta (attivata dalla spesa per consumi via redditi distribuiti dai processi produttivi appena richiamati, diretti ed indiretti). Per l’anno 2010, il valore aggiunto diretto delle branche agroalimentari arriva al 4,52% del totale regionale e le unità di lavoro annue al 6,9%. Considerando anche gli effetti indiretti e quindi con l’ampliamento dell’analisi dalla pura e semplice somma delle branche allo SVI, la percentuale del valore aggiunto tocca il 10,5% della produzione, l’8,1% del valore aggiunto e l’11,1% delle unità di lavoro. Il conto complessivo delle merci per origine e impieghi permette di fare luce su due caratteristiche fondamentali del comparto: un grado molto elevato di apertura agli scambi con l’esterno (inteso sia come altre regioni italiane, che come estero) e un saldo leggermente positivo dello stesso interscambio. In particolare il grado di apertura ha suffragato le conoscenze che avevamo a priori circa la sconnessione intrinseca delle singole sub-filiere. Le quali, invece di fare sistema all’interno della regione, costituiscono ciascuna il segmento di filiere trans-regionali più o meno lunghe. Sia dal lato dello smercio, che da quello degli acquisti, la quota, rispettiva, dell’export (aggregato su altre regioni italiane ed estero) e dell’import (sempre) supera l’85%. In parte, giocoforza, per le dimensioni piccole della regione e in parte per produzioni frammentate sul piano territoriale, come accennato, non meno che tecnicamente non collegabili. 236 Riferimenti bibliografici e sitografia Chang Ting Fa M. 1991 L’agro-industriale - Verso una revisione dei sistemi-guida di contabilità nazionale, il Mulino, Bologna. Costa P. - Giacomini C. - Girardi G. - Manente M. 1991 Il sistema agro-alimentare nella struttura dell’economia italiana, progetto finalizzato Ipra-cnr, Franco Angeli, Milano Davis J. H. - Goldberg R. A. 1957 A concept of agribusiness, Harvard University, Boston De Muro P. 1992 “Sul concetto di filiera”, La Questione Agraria, anno XII, n. 46, pp. 15-79, Franco Angeli, Milano. 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