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Ambiente e Territorio
Eolico, illegittime normative e procedure regionali in assenza di linee
guida nazionali sugli impianti
Le linee guida assolvono il compito di definire l’inserimento corretto degli impianti nel paesaggio.
Per questo le Regioni non possono autonomamente provvedere all’individuazione dei criteri
Vittorio Italia, Guida agli Enti locali, Il Sole 24 Ore, 20 giugno 2009, n. 25, p. 65
Corte costituzionale, Sentenza 18-29 maggio 2009 n. 166
LA MASSIMA
Tutela dell’ambiente - Regione Basilicata - Costruzione di impianti eolici – Procedure
autorizzatorie in atto che non abbiano concluso il procedimento per l’autorizzazione
unica - Prevista sottoposizione alla valutazione di sostenibilità ambientale e
paesaggistica - Illegittimità costituzionale dell’articolo 6 della legge della Regione
Basilicata 26 aprile 2007 n. 9.
L’emanazione delle linee guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti da
fonti rinnovabili è da ritenersi espressione della competenza statale in materia di tutela
dell’ambiente, che è di natura esclusiva. Pertanto, l’assenza delle linee guida nazionali «non
consente alle Regioni di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto
inserimento degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa».
IL COMMENTO
I problemi giuridici del nostro tempo sono difficili, perché vi sono delle imprecisioni nelle «categorie
logiche» e nelle «categorie giuridiche» che costituiscono la base del ragionamento giuridico. Tra
quelle logiche, la categoria della generalità e della specialità non è sempre osservata, e vi sono
sovente eccezioni così numerose che si trasformano in regole speciali o addirittura in generali. Vi
sono poi alcune «categorie giuridiche» (quali l’ambiente), o categorie di nuove fonti del diritto
(come le linee guida), che sono imprecise e formano una «scacchiera» inesatta che non consente
la corretta applicazione delle regole del gioco. La necessità di una rigorosa determinazione di
queste categorie era già stata rilevata da studiosi del passato, anche in settori diversi dalla materia
giuridica. Ad esempio, Platone, nel dialogo di Fedro, afferma che la suddivisione di un concetto
generale in varie specie deve avvenire «seguendo le nervature naturali», e che non bisogna
«lacerarne alcune parti, come potrebbe fare un cattivo macellaio». Il paragone è singolare ma è
esatto, e trova un’applicazione nella sentenza che viene qui commentata.
LA SENTENZA
In questa sentenza, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6
della legge della Regione Basilicata 9/2007, che contiene «Disposizioni in materia di energia».
L’articolo 6 stabilisce che «le procedure autorizzative in atto che non abbiano concluso il
procedimento per l’autorizzazione unica sono sottoposte alla valutazione di sostenibilità ambientale
e paesaggistica secondo quanto previsto dall’atto di indirizzo di cui alla delibera della giunta
regionale 13 dicembre 2004, n. 2920». Il tribunale amministrativo regionale della Basilicata ha
ritenuto non manifestamente infondato il dubbio di costituzionalità del citato articolo 6 rispetto
all’articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, che attribuisce alla competenza legislativa
dello Stato la materia dell’«ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali». Ciò perché la delibera
nella quale erano stati fissati i criteri per il corretto inserimento di impianti eolici nel paesaggio e
dell’ambiente, era stata emanata senza che fossero state adottate, in base all’articolo 12 comma
10 del Dlgs 387/2003, le linee guida da parte della Conferenza unificata. Oltre a ciò, poteva
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sorgere anche il dubbio di una violazione dell’articolo 3 della Costituzione perché le disposizioni
contenute nell’atto di indirizzo richiamato dall’articolo 6, avrebbero esteso, in assenza dei
presupposti necessari, la protezione prevista per alcuni siti di importanza comunitaria e per le zone
di protezione speciale, alle fasce di territorio di 5 o 10 km esterne a esse. In tal modo - hanno
rilevato i giudici del Tar della Basilicata - si rendeva impossibile la realizzazione di impianti eolici
nell’ambito regionale.
I giudici del palazzo della Consulta hanno ritenuto fondato il primo dubbio e hanno evidenziato che
l’articolo 12 comma 10 del Dlgs 387/2003, stabilisce che: «in Conferenza unificata su proposta del
ministro delle Attività produttive, di concerto con il ministro dell’Ambiente e della Tutela del
territorio e del ministro per i Beni e le Attività culturali, si approvano le linee guida per lo
svolgimento del procedimento di cui al comma 3, procedimento che è relativo al rilascio
dell’autorizzazione per l’installazione di impianti eolici».
Nella motivazione della sentenza si afferma che questa disposizione deve ritenersi espressione
della competenza statale in materia di tutela dell’ambiente che, inserita nella disciplina di questi
procedimenti ha come precipua finalità quella di proteggere il paesaggio. Tali linee guida sono
rivolte in particolare ad assicurare un corretto inserimento nel paesaggio degli impianti con lo
specifico riguardo agli impianti eolici. I giudici della Corte costituzionale hanno seguito un rigoroso
procedimento sillogistico e sono pervenuti a conclusioni coerenti.
Ma si deve qui rilevare che la premessa maggiore di questo procedimento non è precisa e potrebbe
determinare delle conseguenze.
Infatti, il concetto di ambiente costituisce una categoria giuridica, ma si tratta di una categoria che
non presenta - come puntualmente aveva affermato Platone - delle «nervature naturali ». Infatti,
si è pervenuti a questo concetto attraverso una serie di passaggi che hanno intorbidato il concetto
stesso. Si è partiti dalle «bellezze naturali» (articolo 1 della legge 1497/1939), e - attraverso i
«beni culturali» (legge 1089/1939), i «beni ambientali», i «beni culturali e ambientali» (legge
5/1975), si è pervenuti all’ambiente come materia di legislazione esclusiva statale. Nella categoria
giuridica di ambiente sono stati perciò inseriti vari elementi e concetti, e di ciò si è accorta la
dottrina più avveduta (ad esempio Giannini), che ha ritenuto che l’ambiente non era una materia
bensì un valore. L’imprecisione di questa materia è poi confermata dal fatto che lo stesso articolo
117, comma 2 lettera s) sottopone alla legislazione esclusiva statale la materia della «tutela»
dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, mentre nell’articolo 117, comma 3, della
Costituzione si stabilisce che spetta alla legislazione concorrente la materia della «valorizzazione»
dei «beni culturali e ambientali nonché la promozione e organizzazione di attività culturali». Tale
distinzione tra tutela e valorizzazione, che interferiscono l’una con l’altra, appare più come un
rompicapo che una distinzione rivolta a stabilire precise linee differenziatrici. Sinora non sono stati
stabiliti, da parte dello Stato i «princìpi fondamentali », mentre varie Regioni hanno legiferato,
anche con leggi di sistema, su alcuni aspetti che si ricollegano all’ambiente. L’imprecisione della
materia «ambiente» si riverbera anche nei rapporti con l’altra categoria giuridica del paesaggio,
richiamata nel secondo comma dell’articolo 9 della Costituzione (la Repubblica (...) tutela il
paesaggio…). Di questa imprecisione sembra essersi accorto anche l’attento estensore della
motivazione di questa sentenza, quando afferma che la tutela dell’ambiente «(…) ha quale precipua
finalità quella di proteggere il paesaggio» e che «La prevalenza della tutela paesaggistica (…) non
esclude che essa (…) incida anche su altre materie attribuite alla competenza concorrente
(produzione, trasporto e distribuzione di energia, governo del territorio)».
L’altra categoria giuridica imprecisa è quella delle linee guida, che sono approvate dalla Conferenza
unificata e hanno come contenuto e finalità lo svolgimento di un procedimento amministrativo.
Queste linee guida non sono previste nell’elenco delle fonti (articolo 1 delle Disposizioni sulla legge
in generale) e sono atti amministrativi generali, che stabiliscono delle indicazioni per il futuro,
fissando come delle direttrici o degli argini per lo svolgimento di successivi procedimenti
amministrazioni.
Vi è perciò una netta distinzione tra le leggi di competenza dello Stato, e le linee guida di
competenza della Conferenza unificata. Si opera un salto logico se le leggi dello Stato e le linee
guida sono poste sullo stesso piano, se si afferma che ci si trova di fronte a una espressione di
competenza legislativa statale in materia di tutela dell’ambiente. Questo salto logico emerge con
maggiore evidenza allorché si afferma, nella motivazione, che «tale disposizione (cioè quella
dell’articolo 12, comma 10, Dlgs 387/2003) è da ritenersi espressione della competenza statale in
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materia di tutela dell’ambiente, in quanto, inserita nell’ambito della disciplina relativa ai
procedimenti sopraccennati, ha, quale precipua finalità, quella di proteggere il paesaggio».
LIMITI LABILI
La sentenza della Corte costituzionale è pervenuta a una conclusione che è degna di approvazione.
Si è stabilito che le Regioni non possono provvedere autonomamente all’individuazione di criteri
per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa.
Ma i passaggi logici di questa sentenza si sono mossi sulle «caselle» di una scacchiera giuridica che
non è precisa e l’esatta osservazione del «preminente interesse della tutela ambientale perseguito
dalla disposizione statale» trova degli ostacoli proprio nell’imprecisione del concetto di ambiente e
di paesaggio e nell’equiparazione alle leggi dello Stato delle linee guida emanate da un organo non
legislativo.
Il nostro tempo vive una situazione di incertezza che coinvolge alcuni punti importanti della
scacchiera giuridica. Sarebbe necessario che questa scacchiera fosse rimessa in ordine sulla base
delle «nervature legislative» di queste materie, seguendo in ciò la tesi - singolare ma precisa addotta da un antico filosofo greco, la cui ultima grande opera - conviene qui ricordarlo - aveva
come oggetto le «Leggi».
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