Arabia Saudita - amnesty :: Rapporto annuale
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ACQUISTA ONLINE > MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD 11 DUEMILA ARABIA SAUDITA 6_MEDIORIENTE & AFRICA DEL NORD:Layout 1 04/05/11 14.16 Pagina 599 MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD sitare soltanto i campi profughi saharawi di Tindouf, gestiti dal Fronte Polisario, ma non gli altri del paese. Algeria: Investigate and prosecute attacks against women (MDE 28/002/2010) Algeria: Release Malik Medjnoun (MDE 28/008/2010) ARABIA SAUDITA REGNO DELL’ARABIA SAUDITA Capo di stato e di governo: re Abdullah bin ‘Abdul ‘Aziz Al-Saud Pena di morte: mantenitore Popolazione: 26,2 milioni Aspettativa di vita: 73,3 anni Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 26/17‰ Alfabetizzazione adulti: 85,5% Durante l’anno, oltre 100 persone sospettate di reati in materia di sicurezza erano in carcere. Lo status legale e le condizioni carcerarie di migliaia di detenuti per ragioni di sicurezza arrestati negli anni precedenti, tra cui prigionieri di coscienza, sono rimasti avvolti nella segretezza. Almeno due prigionieri sono deceduti in custodia, presumibilmente a causa delle torture, e sono emerse nuove informazioni riguardanti i metodi di tortura e altri maltrattamenti impiegati contro detenuti, in carcere per reati legati alla sicurezza. È proseguita l’imposizione e l’applicazione di pene crudeli, disumane e degradanti, in particolare la fustigazione. Donne e ragazze hanno continuato a subire discriminazione e violenza, che in alcuni casi sono state riportate dai mezzi d’informazione. Sia cristiani che musulmani sono stati arrestati per aver espresso il loro credo religioso. Le forze saudite coinvolte in un conflitto nello Yemen del Nord hanno condotto attacchi a quanto pare indiscriminati o sproporzionati e che hanno causato morti e feriti tra i civili, in violazione del diritto internazionale umanitario. Lavoratori stranieri migranti sono stati vittime di sfruttamento e abusi da parte dei loro datori di lavoro. Le autorità hanno violato i diritti di rifugiati e richiedenti asilo. Almeno 27 prigionieri sono stati messi a morte, un numero significatamente inferiore rispetto agli ultimi due anni. CONTESTO A febbraio, il ministro della Giustizia ha affermato che l’Arabia Saudita mirava a sviluppare un sistema giudiziario che incorporasse il meglio dei sistemi giudiziari degli altri stati, inserendo tra le altre cose un efficace quadro legislativo contro il terrorismo e perRapporto annuale 2011 - Amnesty International 599 6_MEDIORIENTE & AFRICA DEL NORD:Layout 1 04/05/11 14.16 Pagina 600 RAPPORTO 2011 mettendo alle donne avvocato di rappresentare clienti in tribunale relativamente a dispute coniugali. Tuttavia, a fine anno, il sistema di giustizia continuava a essere in larga parte avvolto nella segretezza. Il Consiglio anziano degli ‘Ulema ha emanato una fatwa (n. 239 del 12 aprile 2010) che ascrive a reato il “finanziamento del terrorismo”. Questa conferisce ai giudici la discrezionalità di imporre qualsiasi condanna, compresa la pena morte. A maggio, il re ha ordinato la formazione di un comitato per snellire le procedure basate sulla sharia (legge islamica) e controllare l’uso delle punizioni corporali; ciò nell’intento di stabilire il limite di 100 frustate e di porre così fine alla discrezionalità dei giudici che in alcuni casi aveva portato a condanne di decine di migliaia di colpi. A fine anno la riforma non era stata ancora introdotta. CONTROTERRORISMO E SICUREZZA I detenuti per reati in materia di sicurezza erano oltre un centinaio e lo status legale di altre migliaia di persone arrestate negli anni precedenti è rimasto poco chiaro e avvolto nella segretezza. A marzo, le autorità hanno affermato di aver arrestato negli ultimi mesi 113 sospettati di questi reati: 58 sauditi, 52 yemeniti, un somalo, un bengalese e un cittadino eritreo. Secondo quanto riferito, tra i 58 cittadini sauditi c’era una donna, citata con il nome di Haylah al-Qassir, arrestata a febbraio a Buraidah. A detta delle autorità, tra i 113 c’erano membri di tre cellule armate che stavano pianificando attacchi violenti, scoperti dopo che due sospetti membri di al-Qaeda erano stati uccisi dalle forze di sicurezza nell’ottobre 2009, nella provincia di Jizan. Non sono state rivelate altre informazioni. Il dottor Ahmad ‘Abbas Ahmad Muhammad, cittadino egiziano, è rimasto nel carcere di al-Hair, a Riyadh. Non ci sono informazioni chiare sul suo status legale. Era stato arrestato poco dopo un attentato suicida nel maggio 2003 a Riyadh, in cui morirono 35 persone. Secondo quanto riferito, era in viaggio dall’Egitto verso l’Arabia Saudita per iniziare un lavoro in un centro medico. Almeno 12 sospettati, arrestati negli anni precedenti, sono stati rilasciati a luglio, a quanto pare dopo che le autorità avevano stabilito che non rappresentavano più una minaccia in quanto avevano partecipato a un “programma di riabilitazione”. A marzo, altri 10, che pare fossero ex detenuti di Guantánamo Bay rimpatriati in Arabia Saudita dalle autorità statunitensi, hanno ricevuto condanne con sospensione della pena dai tre ai 13 anni e il divieto di uscire dall’Arabia Saudita per cinque anni. Non sono stati forniti altri dettagli sul loro processo o sulle accuse di cui dovevano rispondere. Circa altri 15 cittadini sauditi sono rimasti in detenzione statunitense a Guantánamo Bay. A giugno, il viceministro dell’Interno ha riferito al quotidiano Okaz che un gran numero di detenuti era sotto processo e che ciascuno di loro avrebbe “avuto ciò che si meritava”; non ha fornito altri dettagli. A settembre, fonti di stampa hanno fatto sapere che sarebbero stati 600 Rapporto annuale 2011 - Amnesty International 6_MEDIORIENTE & AFRICA DEL NORD:Layout 1 04/05/11 14.16 Pagina 601 MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD istituiti tribunali formati da tre giudici, per processare gli imputati che dovevano rispondere di reati capitali, mentre i tribunali con un solo giudice avrebbero processato altri imputati. Le notizie suggerivano che questi tribunali stavano per diventare operativi a Jeddah, per poi essere spostati a Riyadh. Il primo processo a carico di 16 imputati si è aperto a ottobre, in un carcere di Jeddah; tra questi c’erano sette promotori di riforme politiche pacifiche, detenuti dal febbraio 2007. Il processo si è tenuto a porte chiuse e le autorità non hanno rivelato i precisi capi d’accusa; gli imputati non hanno avuto accesso agli avvocati. Sulaiman al-Rashudi, un ex giudice, fu arrestato il 2 febbraio 2007 a Jeddah assieme ad altri promotori di riforme e figurava tra i 16 imputati sottoposti a processo a ottobre. Nell’agosto 2009, attivisti per i diritti umani avevano presentato istanza al collegio interno, un tribunale amministrativo, affinché il ministero dell’Interno ne ordinasse il rilascio. Il ministero ha dichiarato che questo tribunale non era competente per esaminare il caso poiché Sulaiman al-Rashudi era stato incriminato e il suo caso era già stato inviato al tribunale penale speciale. LIBERTÀ DI RELIGIONE Decine di musulmani e cristiani sono stati arrestati in relazione al loro credo religioso o per averlo professato. Membri della comunità musulmana sciita sono stati presi di mira per aver tenuto incontri di preghiera collettiva, celebrato festività religiose sciite e perché sospettati di infrangere le restrizioni relative alla costruzione di moschee e scuole religiose sciite. Turki Haydar Muhammad al-‘Ali e altre cinque persone, per lo più studenti, sono stati arrestati a gennaio dopo che erano stati affissi manifesti di un al-Hussainiya (centro religioso sciita) in occasione della festa sacra dell’Ashura, nel dicembre 2009. Sono stati trattenuti senza accusa né processo nel carcere di alIhsa dove si ritiene che a fine anno fossero ancora detenuti. Makhlaf Daham al-Shammari, attivista per i diritti umani e musulmano sunnita, è stato arrestato il 15 giugno dopo aver pubblicato un articolo che criticava ciò che definiva un pregiudizio da parte dei religiosi sunniti, nei confronti dei membri della comunità sciita e del loro credo. A fine anno si trovava ancora nella prigione generale di Dammam e il ricorso contro la sua detenzione arbitraria presentato al collegio interno non era stato ancora esaminato. A ottobre, 12 cittadini filippini e un prete cattolico sono stati arrestati a Riyadh dalla polizia religiosa che ha fatto irruzione durante una funzione religiosa che veniva celebrata in segreto; pare siano stati accusati di proselitismo. Sono stati rilasciati su cauzione il giorno dopo. TORTURA E ALTRI MALTRATTAMENTI Le autorità hanno mantenuto un elevato livello di segretezza sui prigionieri e le loro condizioni di detenzione e trattamento, ma sono giunte notizie di almeno due decessi in custodia, presumibilmente a causa delle torture o di altri maltrattamenti. Rapporto annuale 2011 - Amnesty International 601 6_MEDIORIENTE & AFRICA DEL NORD:Layout 1 04/05/11 14.16 Pagina 602 RAPPORTO 2011 Il dottor Muhammad Amin al-Namrat, un cittadino giordano, è morto a gennaio nel carcere dell’intelligence centrale nella provincia di ‘Asir. Docente di lingua araba, secondo le notizie ricevute, era stato condannato a due anni di carcere nel 2007 per aver esortato i suoi studenti a imbracciare le armi contro le forze statunitensi in Iraq. Sarebbe rimasto detenuto oltre la scadenza della sua sentenza. Non ci sono notizie di indagini ufficiali sul suo decesso. Mohammed Farhan è morto a settembre mentre era detenuto in una stazione di polizia di Jubail. Un referto medico ha rilevato segni di strangolamento sul collo. A fine anno non c’era notizia di alcuna inchiesta avviata sulla sua morte. Un ex detenuto, trattenuto nel carcere ‘Ulaysha di Riyadh perché sospettato di aver commesso reati in materia di sicurezza nel 2007 e 2008, ha raccontato ad Amnesty International di essere stato tenuto ammanettato e incatenato per 27 giorni in seguito all’arresto, prima che gli fossero tolte le manette e potesse fare per la prima volta una doccia. Ha affermato di essere stato interrogato durante la notte per oltre un mese e che tale prassi era la norma per i sospettati in materia di sicurezza. PENE CRUDELI, DISUMANE E DEGRADANTI I tribunali hanno imposto abitualmente pene corporali, in particolare la fustigazione, che sono state applicate come pena principale o aggiuntiva. A gennaio, un tribunale di Jubail ha condannato una ragazza di 13 anni a ricevere 90 frustate davanti ai compagni di scuola, dopo averla giudicata colpevole di aggressione nei confronti di una insegnante. La ragazza è stata inoltre condannata a due mesi di reclusione. Non sono noti altri dettagli e non è chiaro se la fustigazione sia stata eseguita o meno. Secondo quanto riferito, a novembre un tribunale di Jeddah ha condannato un uomo a 500 frustate e a cinque anni di carcere per omosessualità, oltre ad altri reati. DIRITTI DELLE DONNE Le donne hanno continuato a incorrere in discriminazioni nella legge e nella prassi e a essere vittime di violenza domestica e di altro tipo. La legge non dà alle donne parità di status rispetto agli uomini e le norme che impongono il ruolo di tutore a un parente di sesso maschile rendono le donne subordinate agli uomini, in questioni come il matrimonio, il divorzio, la custodia dei figli e la libertà di movimento. Questo fatto le rende vulnerabili alla violenza all’interno della famiglia, che viene commessa nell’impunità. Il caso di una ragazza di 12 anni costretta dal padre a sposare per denaro un uomo di 80 anni ha ottenuto ampia risonanza in Arabia Saudita e all’estero. Una causa legale intentata da attivisti per i diritti umani locali ha attirato l’attenzione sul caso, permettendo alla ragazza di ottenere il divorzio a febbraio. 602 Rapporto annuale 2011 - Amnesty International 6_MEDIORIENTE & AFRICA DEL NORD:Layout 1 04/05/11 14.16 Pagina 603 MEDIO ORIENTE E AFRICA DEL NORD A febbraio, il Consiglio supremo della magistratura ha ribaltato una decisione di un tribunale di primo grado del 2006, che imponeva a una coppia di sposi, Fatima al-Azzaz e Mansur al-Taimani, di divorziare contro la loro volontà. La causa iniziale era stata intentata dal fratello di Fatima al-Azzaz, con la motivazione che il marito della donna apparteneva a una tribù di estrazione sociale inferiore e che pertanto non soddisfaceva la regola della parità di status, che stabilisce che i coniugi debbano avere un pari status sociale, pena l’annullamento del matrimonio. A novembre, l’Arabia Saudita è stata eletta nel comitato direttivo di un nuovo organismo delle Nazioni Unite istituito per promuovere i diritti delle donne. DIRITTI DEI MIGRANTI Il sistema degli sponsor, che regola l’impiego dei cittadini stranieri, ha continuato a esporli a sfruttamento e abusi da parte di datori di lavoro privati e statali, offrendo loro scarse o nulle possibilità di ottenere un indennizzo. Tra gli abusi più comuni ci sono lunghi orari di lavoro, mancato pagamento dei salari, negazione del permesso di tornare a casa dopo aver terminato il contratto e violenza, in particolare nei confronti delle lavoratrici domestiche. Yahya Mokhtar, un medico sudanese bloccato assieme alla sua famiglia dal 2008, dopo che il suo ex datore di lavoro si era rifiutato di permettergli di lasciare l’Arabia Saudita, a maggio è stato autorizzato a far ritorno in Sudan. LP Ariyawathie, una cittadina dello Sri Lanka, impiegata come lavoratrice domestica, è stata trovata con 24 chiodi e un ago conficcati nelle mani, in una gamba e sulla fronte. Tornata nel suo paese ad agosto, la donna ha affermato che le ferite le erano state inflitte dalla sua datrice di lavoro quando aveva protestato per i pesanti carichi. Non è chiaro se le autorità saudite stessero investigando sulla questione. Una lavoratrice domestica indonesiana, Sumiati Binti Salan Mustapa, è stata ricoverata in ospedale a Medina a quanto pare dopo che i suoi datori di lavoro le avevano inflitto tagli al volto con le forbici, l’avevano ustionata con un ferro da stiro e picchiata. Il corpo mutilato di un’altra lavoratrice indonesiana, Kikim Komalasari, è stato trovato in un cassone ad Abha. Secondo quanto riferito, sia le autorità saudite che indonesiane stavano indagando sui casi. ATTACCHI AEREI E UCCISIONI DI CIVILI NELLO YEMEN DEL NORD Nel novembre 2009, le forze saudite sono state coinvolte nel conflitto tra le forze governative yemenite e i ribelli huthi nella zona di Sa’dah, nello Yemen (cfr. Yemen). L’esercito saudita si è scontrato con huthi armati e ha condotto attacchi aerei su città e villaggi di Sa’dah. Alcuni degli attacchi sono parsi essere indiscriminati o sproporzionati e hanno causato morti e feriti tra i civili, in violazione del diritto internazionale umanitario. A febbraio è stato raggiunto un cessate il fuoco tra il governo yemenita e i ribelli huthi. Rapporto annuale 2011 - Amnesty International 603 6_MEDIORIENTE & AFRICA DEL NORD:Layout 1 04/05/11 14.16 Pagina 604 RAPPORTO 2011 RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO A giugno e luglio, le autorità hanno rimpatriato con la forza in Somalia circa 2000 cittadini somali, malgrado il perdurare del conflitto armato nel loro paese e gli appelli dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. La maggior parte dei rimpatriati erano donne. Ventotto eritrei hanno continuato a essere confinati in un campo nei pressi della città di Jizan; si ritiene che si trovino lì dal 2005. PENA DI MORTE Il numero delle esecuzioni registrate è diminuito per il secondo anno consecutivo. Sono state messe a morte almeno 27 persone, una significativa riduzione rispetto alle 69 del 2009 e le 102 del 2008. Tra queste c’erano sei cittadini stranieri. Almeno 140 prigionieri erano in attesa di esecuzione, compresi alcuni condannati per reati che non implicavano violenza, come apostasia e stregoneria. ‘Ali Hussain Sibat, un cittadino libanese, e ‘Abdul Hamid bin Hussain bin Moustafa al-Fakki, un cittadino sudanese, erano in attesa di esecuzione dopo essere stati giudicati colpevoli in processi separati per “stregoneria”. In entrambi i casi, i loro processi sono risultati iniqui: svolti in segreto e senza garantire loro l’accesso a un avvocato difensore. A dicembre, l’Arabia Saudita era nella minoranza di stati che hanno votato contro una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una moratoria mondiale sulle esecuzioni. BAHREIN REGNO DEL BAHREIN Capo di stato: re Hamad bin ‘Issa Al Khalifa Capo del governo: sceicco Khalifa bin Salman Al Khalifa Pena di morte: mantenitore Popolazione: 0,8 milioni Aspettativa di vita: 76 anni Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 13/13‰ Alfabetizzazione adulti: 90,8% Sono state arrestate decine di attivisti antigovernativi. Venticinque attivisti di punta del- 604 Rapporto annuale 2011 - Amnesty International