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I compromessi prima della fiducia
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IL DUBBIO
I compromessi prima della fiducia
Perché dopo il sì della Camera hanno affossato la riforma dell' Università?
Non si è mai sentito parlare tanto di cultura politica come adesso che, in giro, se ne vede pochina. In Parlamento, le forze di opposizione - di destra, centro,
sinistra, di indirizzo indefinito - hanno deciso di sfiduciare il governo, ma non si capisce perché. Decisione istituzionalmente legittima - siamo in regime
parlamentare - però politicamente indecifrabile. Dicono perché il Cavaliere non ha fatto le riforme che aveva promesso ma alle quali quelle stesse forze si erano
sempre opposte. Paradossi. Fini e Casini - che erano stati, a lungo, al governo col Cavaliere - vogliono rientrarci con una «nuova piattaforma programmatica»
che sembra la vecchia. Trasformismi. Bersani - che, finora, si è distinto per aver scalato tetti contro la riforma dell' Università - dice a Casini, a Fini e a Rutelli
quest' ultimo già al governo col centrosinistra, che hanno costituito un nuovo Centro, «andate avanti voi, che a me viene da ridere». Il vuoto. Di Pietro vuole
risolvere la questione mettendo in galera tutti. La Lega del Sud conta, chiunque vinca, in nuovi sussidi per il Meridione. Corporativismi. Berlusconi fa l' offeso
perché vogliono mandar via «il più grande statista dell' ultimo secolo» lui stesso, accusa Casini e Fini di «tradimento» e chiama gli altri «maneggioni». Non
propriamente categorie politiche. Ci si sarebbe aspettato che denunciasse, motivandola politicamente e istituzionalmente, l' anomalia di quello che appare più
«un colpo di mano parlamentare», ancorché legittimo sotto il profilo formale, di una responsabile scelta politica. Preferisce concentrarsi sul proprio ombelico.
Vanità. I suoi tacciono, non si sa se più imbarazzati, più contenti o più speranzosi. Aspettando Godot. I media raccontano - minuto per minuto, come fosse una
partita di calcio, spogliatoi compresi, ma evitando di mostrare i giocatori nudi - gli esperimenti di chimica parlamentare, dei quali al Paese non potrebbe
importare di meno, per costituire o ricostituire nuove maggioranze. Non rivolgono ai contendenti la sola domanda che dovrebbero porre: «Per fare che cosa ?».
Cautele. La maggioranza degli italiani vive la vicenda in uno stato di «inerzia culturale» - non sanno, non capiscono, non partecipano, non protestano, subiscono
- che è, poi, la condizione di cui parlano gli psicologi sociali e nella quale le dittature riducono i propri cittadini affinché non sappiano quali sono i loro interessi e
non pongano domande al potere perché li soddisfi il processo, nelle democrazie liberali, si chiama articolazione e aggregazione degli interessi. Totalitarismi.
Faccio una domanda e ho un sospetto. La domanda: perché, dopo l' approvazione alla Camera, la riforma dell' Università non è stata portata al Senato per
vararla definitivamente? Il sospetto: perché, affossarla, è il prezzo del compromesso, in vista della votazione del 14 sulla fiducia, fra le parti che ne usciranno
vittoriose. Imbroglioni. [email protected] RIPRODUZIONE RISERVATA
Ostellino Piero
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(11 dicembre 2010) - Corriere della Sera
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12/17/2010