TRAINING DI WORKING MEMORY IN SOGGETTI CON MALATTIA

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TRAINING DI WORKING MEMORY IN SOGGETTI CON MALATTIA
TRAINING DI WORKING MEMORY IN SOGGETTI CON MALATTIA DI PARKINSON
Introduzione
La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa conosciuta principalmente per i suoi
aspetti motori che nelle fasi più avanzate rendono difficoltosa la gestione della vita di tutti i giorni.
Già nelle fasi iniziali della malattia, però, sono presenti anche numerose alterazioni cognitive
relative all’attenzione, a compiti di set-shifting, alla pianificazione, alla memoria di lavoro, a
compiti visuo-spaziali e di apprendimento che non escludono limitazioni nello svolgimento delle
attività di vita quotidiana, di tempo libero e autonomia, andandone quindi a ridurre la partecipazione
e l’iniziativa dei soggetti affetti. Il deficit non motorio più invalidante sembra essere la working
memory – memoria di lavoro – dato che i pattern neuroanatomici relativi al funzionamento della
memoria di lavoro sono gli stessi coinvolti nella riduzione dopaminergica a livello dello striato
propria della malattia stessa.
Obiettivo dello studio
Il presente studio pilota è finalizzato a dimostrare i benefici a breve termine di un training intensivo
di working memory visuo-spaziale e verbale su pazienti con deterioramento cognitivo lieve (MCI)
con diagnosi di Malattia di Parkinson in accordo con gli ultimi dati della letteratura su training di
working memory in bambini con ADHD (Klingberg et al., 2005), adulti sani (Borrella et al., 2010)
e nei pazienti con MCI (Carretti et al., 2013).
Materiali e metodi
Sono stati coinvolti 12 soggetti (8 uomini – 4 donne) di età compresa tra i 64 e 83 anni con un buon
livello socio-culturale e un alto livello di scolarità con diagnosi di MCI nella Malattia di Parkinson
in accordo con le Linee Guida della Movement Disorder Society (MDS – 2012). I soggetti sono
stati assegnati in maniera random ad un gruppo sperimentale (n=6) e ad un gruppo di controllo
(n=6). Tutti i soggetti sono nella fase off farmacologica per cui non sono sottoposti a terapia
farmacologica anticolinergica.
Il training ha avuto la durata di 2 settimane, 10 sedute di circa 45 minuti ciascuna per un totale di
7.5 ore. Il trattamento ha previsto una procedura adattativa secondo cui il livello di difficoltà di
ogni compito è stato adattato al soggetto (se il soggetto supera con successo il livello dato, si passa
a quello più difficile; altrimenti, il compito è reso più facile) e un compito di categorizzazione
secondo cui il soggetto batte la mano in relazione ad un preciso stimolo target riferito
dall’esaminatore.
I partecipanti di entrambi i gruppi di studio sono stati sottoposti ad una valutazione
neuropsicologica sia prima sia dopo il trattamento, che consta di due fasi:
- test di screening o di I livello: Montreal Cognitive Assessment (MoCa);
- test di approfondimento o di II livello volto ad indagare la memoria episodica (Test delle 15
Parole di Rey, Memoria di prosa), la memoria a breve termine verbale e visuo-spaziale (Span di
cifre avanti e indietro, Span di Corsi avanti), la memoria prospettica (Test dei 3 oggetti e 3 luoghi),
la Fluenza Semantica e Fonemica, la capacità di pianificazione (Torre di Londra, Test
dell’orologio), la flessibilità cognitiva (Modified Wisconsin Card Sorting Test), l’attenzione divisa
e alternata (Stroop Test, Trial Making Test A – B), la capacità di denominazione (Boston Naming
Test), il ragionamento fluido (Matrici di Raven). Inoltre è stato utilizzato il questionario
Parkinson’s Disease Quality of Life Questionnaire – PDQ 39 al fine di valutare la qualità della vita
dei soggetti parkinsoniani con l’obiettivo di definire un piano di assistenza adeguato ai bisogni del
paziente.
Ai soggetti in esame è stato chiesto di effettuare compiti di working memory in maniera alternata
tra compiti visuo-spaziali e verbali ciascuno della durata di 5 minuti con un intervallo tra esercizi di
3 minuti per un totale di 45 minuti. Il gruppo sperimentale ha eseguito gli esercizi ad un livello
adattato allo span del paziente, trial per trial, in compiti di dual task. Il gruppo di controllo, invece,
ha svolto gli stessi esercizi ma ad un livello sempre al di sotto dello span del paziente. Durante lo
svolgimento degli esercizi al paziente non è stato fornito alcun feedback circa la correttezza delle
risposte date. Inoltre non è stato previsto l’addestramento all’uso di precise strategie al fine di
favorire il solo coinvolgimento della working memory senza l’interesse delle altre funzioni
cognitive quali problem solving, ragionamento logico e funzioni esecutive.
Risultati
Relativamente alla valutazione di I livello si nota come sia nel gruppo di controllo sia nel gruppo
sperimentale il punteggio finale medio ottenuto dopo il training risulta essere al di sotto del
punteggio cut-off (≥ 26/30). Nel gruppo sperimentale, però, si apprezza un miglioramento
significativo tra il pre e il post trattamento, indicativo di un miglioramento cognitivo generale.
Relativamente all’approfondimento neuropsicologico di II livello i risultati dimostrano che il
training ha avuto un effetto significativo in termini di miglioramento della prestazione nel gruppo
sperimentale rispetto al gruppo di controllo allo span di cifre indietro, al Trail Making Test parte B,
prova che misura l’attenzione divisa e la velocità di processamento dell’informazione visuo-
spaziale, e B-A legata, invece, a capacità di shifting attentivo e flessibilità cognitiva. Inoltre un
trend positivo è emerso anche nell’accuratezza sia dello Stroop Test e del Wisconsin Card Sorting
Test, ossia i soggetti sono stati in grado di svolgere entrambi i compiti con un numero di errori
ridotto rispetto al gruppo di controllo.
E’ emerso un effetto minimo relativamente allo span avanti sia verbale sia visuo-spaziale in accordo
con i dati della letteratura (Carretti et al., 2013).
Relativamente al questionario PDQ-39 per la valutazione della qualità di vita dei pazienti con
Morbo di Parkinson l’aspetto del benessere psicologico risulta essere il più rilevante (40,30 %),
ossia la maggior parte dei soggetti mostra rabbia e risentimento a causa della malattia con numerose
ansie relative al proprio futuro; un altro aspetto significativo è relativo allo stigma (39,50 %), per
cui nelle prime fasi della malattia molti soggetti tendono a tenere nascoste le difficoltà emergenti,
provando addirittura vergogna in determinate circostanze. Altro dato importante è relativo ai danni
cognitivi (38 %) i quali inficiano sin dalle prime fasi la qualità di vita del soggetto che riferisce di
avere difficoltà di memoria e non riesce più a concentrarsi (leggere un libro o vedere la televisione).
Per il soggetto tali difficoltà sono più invalidanti del disagio fisico (29,10 %) e della mobilità (29,20
%). Infine la maggior parte dei soggetti riferisce di avere una buona rete sociale (supporto sociale
2,70 %) di familiari e caregivers che si prendono cura di loro, aiutandoli nell’affrontare le difficoltà.
Conclusioni
Il training ha evidenziato effetti statisticamente significativi sulla working memory e in generale
sulla velocità di elaborazione, mostrando la tendenza ad un aumento dell’attenzione alternata,
shifting attentivo, capacità d’inibizione e flessibilità cognitiva.
I risultati appaiono di interesse per diversi motivi. Il primo è legato al fatto che il training è stato
messo in confronto con una condizione di controllo attivo. In letteratura è infatti riportato che
spesso l’effetto dei training cognitivi emerge solo se confrontato con una condizione di rest,ovvero
di non trattamento; quando invece confrontato con una condizione di controllo attivo, il
miglioramento ottenuto grazie al training spesso risulta simile a quello che si ottiene nella
condizione di controllo, pertanto il miglioramento appare legato a fattori aspecifici piuttosto che al
training cognitivo. I risultati di questo studio pilota, invece, ci consentono di apprezzare un
miglioramento specificamente legato al training adattivo di working memory.
Inoltre è bene sottolineare che si sono ottenuti effetti positivi nonostante il campione in esame
piuttosto esiguo (12 partecipanti) e la durata breve dell’allenamento cognitivo (due settimane).
E’ fondamentale sottolineare l’importanza del mantenimento a lungo termine dei risultati ottenuti;
per tale motivo è necessario prendere in esame il mantenimento nel tempo dei risultati attraverso un
ulteriore approfondimento valutativo (follow – up) a distanza di 8-10 mesi.
Tutti questi dati risultano incoraggianti per il proseguimento dello studio ampliando il campione al
fine di aumentare quindi la potenza statistica dell’analisi.