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ASTRID
Gruppo di studio sugli aiuti di Stato
MARIO SEBASTIANI (*)
Il principio dell’investitore di mercato
20 maggio 2010
(VERSIONE PROVVISORIA E INCOMPLETA)
Schema
1.- Aspetti introduttivi
2.- Genesi del principio dell’investitore di mercato
3.1.- Il criterio dell’investitore privato
3.1.1. – La partecipazione al capitale
3.1.2.- Il conferimento di nuovi capitali
3.2.- Il criterio del creditore privato
3.3.- Il criterio del venditore e dell’acquirente privato
3.3.1.- Il venditore privato
3.3.2.- L’acquirente privato
4.- Il caso Alitalia
5.- Conclusioni
p. 2
p. 3
p. 9
p. 9
p.11
p.15
p.20
p.21
p.23
p.25
p.28
(*) Università di Roma ‘Tor Vergata’ ([email protected])
1
1.- Aspetti introduttivi
La prassi decisionale della Commissione e le sentenze della Corte di Giustizia hanno ormai
definito un quadro sufficientemente chiaro per identificare i casi nei quali ricorrono
fattispecie di aiuti di Stato, il quale si incentra sulla compresenza delle seguenti condizioni1 :
il trasferimento di risorse Statali “sotto qualsiasi forma”, un vantaggio economico altrimenti
non conseguibile, la selettività della misura, l’impatto distorsivo sulla concorrenza nel
mercato interno. Si tratta di condizioni – in parte espressamente indicate nell’art. 107(1) del
Trattato – declinate e approfondite nel tempo dalla Commissione e dalla giurisprudenza
comunitaria, che oggi rappresentano una base accertata di valutazione della sussistenza
dell’elemento di aiuto.
La materia qui sviluppata riguarda l’accertamento della seconda delle quattro condizioni:
accertamento che, in forza del carattere cumulativo di esse, rileva solo ove sussistano le
altre tre; per converso, l’esclusione di un vantaggio economico differenziale renderebbe
irrilevante la verifica delle altre tre condizioni.
Schematicamente il criterio del normale investitore di mercato (d’ora in poi il MEIP –
market economy investor principle) è diretto ad accertare se le condizioni alle quali soggetti
pubblici, direttamente o indirettamente forniscono risorse alle imprese siano ispirate a quelle
che un investitore privato pretenderebbe sulla base di normali criteri commerciali.
In realtà è riduttivo identificare il principio come quello dell’investitore di mercato,
posto che esso si applica potenzialmente a un vasta tipologia di interventi in occasione dei
quali i soggetti pubblici possono presentarsi con “cappelli” differenti: come investitori,
creditori, garanti, acquirenti o venditori. Sebbene sarebbe quindi più appropriato
identificarlo come principio dell’operatore di mercato, in quanto segue mi atterrò alla
consuetudine, identificandolo indifferentemente con MEIP.
La portata del criterio è limitata ai casi nei quali i poteri pubblici svolgono funzioni di
natura economica, con esclusione di quelli nei quali essi agiscono come autorità pubbliche
(ad esempio in campo regolamentare o fiscale). Ovviamente ciò non implica che situazioni
riconducibili a questa seconda veste siano esenti dalla normativa degli aiuti di Stato 2 ma
più limitatamente che non è applicabile il principio in questione 3 . Vanno dunque escluse
considerazioni ed effetti di natura sociale, politica o filantropica 4 , così come in generale
esternalità positive che ricadano nell’ambito delle molteplici funzioni che il soggetto
pubblico svolge (ad esempio, minori costi o maggiori introiti in termini di sussidi di
disoccupazione, contributi previdenziali e imposte).
Inoltre il MEIP va applicato in base ai prevedibili effetti che la misura può generare,
non sulla base delle cause o delle motivazioni di esse 5 .
1
Cfr. ad esempio Comunicazione della Commissione, State Aid and Risk Capital (2001/C 235/03), par. IV.3.
CFr. ad esempio Corte di giustizia: Causa C-387/92 (Banco de Crédito Industrial SA, now Banco Exterior de España
SA), par. 14; Causa C-6/97 (Italia contro Commissione – recupero crediti di imposta), par. 6.
3
Commissione europea, Decisione 2004/393/CE (Charleroi), n. 7, pag. 3.
4
In tal senso l’Opinione dell’Avvocato Generale Jacobs, par. 28, nel contesto delle cause riunite C-278-280/92.
5
Cfr. Causa C-173/73, par. 2.
2
2
In quanto segue affronterò la tematica del MEIP:
a) premettendo un breve excursus su come l’applicazione del MEIP si sia andato
generalizzando, per settori economici, per la figura dei beneficiari, per la tipologia
di misure considerate;
b) delineando il quadro normativo vigente;
c) discutendo infine della applicazione del test, e della sua evoluzione, alle diverse
fattispecie, così come delle difficoltà pratiche e dei limiti di applicazione.
L’analisi riguarda unicamente l’accertamento o meno della sussistenza dell’aiuto sulla base
dell’applicazione del MEIP. Non mi occuperò invece del secondo step - le condizioni che
possono rendere un aiuto compatibile ex art. 107(2-3) del Trattato.
2.- Genesi del principio dell’investitore di mercato
I primi casi di espresso ricorso al MEIP sono a cavallo degli anni ’70-’80, focalizzati sulle
imprese pubbliche come beneficiari delle misure di aiuto, soprattutto con riguardo ai
conferimenti di capitale di rischio. Ciò non stupisce tenuto conto del fatto che all’epoca
parte consistente dell’economia degli Stati membri era controllata da imprese pubbliche,
dell’interesse di questi a rafforzare i campioni nazionali, tanto più in vista delle
liberalizzazioni in corso o in fieri, e dunque dell’esigenza della Comunità di tutelare le
imprese private. Insomma, la particolare attenzione era giustificata dalla necessità di
limitare la dominanza delle imprese pubbliche all’interno di ciascuna economia, da un lato,
e di abbattere gli ostacoli ai processi di liberalizzazione. Al tempo stesso, conferimenti di
capitali di rischio e prestiti agevolati erano il mezzo più comunemente utilizzato per
rafforzare/salvare/ristrutturare le imprese pubbliche o per assumere partecipazioni di
“salvataggio” in imprese private.
Non che fossero ignorate altre forme di aiuti, quali le garanzie, acquisti e vendite a prezzi
non di mercato (che vedremo saranno affrontati dalla Commissione e dalla Corti
comunitarie 6 ), ma si tratterà di interventi relativamente sporadici. Il bersaglio grosso
saranno inizialmente le relazioni finanziarie fra Stati e imprese pubbliche, con particolare
riferimento ai conferimenti di capitale.
Il fronte di belligeranza viene aperto nel 1980 con la Direttiva 723 7 sulla trasparenza
finanziaria fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche8 . La Direttiva imponeva che gli
6
Si veda del resto la Sentenza della Corte di giustizia fin dal caso C.-30/59: “Il concetto di aiuto […] vale a designare
non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni, ma anche degli interventi i quali, in varie forme,
alleviano gli oneri che normalmente gravano su di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso
stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti. Poiché queste definizioni non sono contenute nel
Trattato, esse possono essere accettate soltanto a condizione che altre disposizioni del Trattato o gli scopi da questo
perseguiti ne confermino il contenuto” (par. B, punto 1.1.A).
7
Direttiva 80/723/CEE della Commissione del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra
gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (O.J. L 195 del 29.07.80, pp. 35-37).
8
Intendendo per impresa pubblica: “ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare,
direttamente o indirettamente, un'influenza dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della
normativa che la disciplina”. “L'influenza dominante è presunta qualora i poteri pubblici, direttamente o
indirettamente, nei riguardi dell'impresa: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto dall'impresa, oppure
b) dispongano della maggioranza dei voti attribuiti alle quote emesse dall'impresa, oppure c) possano designare più
della metà dei membri dell'organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa” (Ibid., art. 2). La
nozione di influenza dominante verrà estesa nel tempo a quella derivante da disposizioni normative (cfr. Direttiva
3
Stati membri dessero evidenza e ponessero a disposizione della Commissione, in
particolare: “a) il ripiano di perdite di esercizio; b) i conferimenti in capitale sociale o
dotazione; c) i conferimenti a fondo perduto od i prestiti a condizioni privilegiate; d) la
concessione di vantaggi finanziari sotto forma di non percezione dei benefici o di non
restituzione dei crediti; e) la rinuncia ad una remunerazione normale delle risorse
pubbliche impiegate; f) la compensazione di oneri imposti dai poteri pubblici” (art. 3).
Che con la Direttiva sulla trasparenza finanziaria ci si stesse avviando lungo una china
pericolosa - che l’aria stesse cambiando e che il bersaglio finale fossero le misure a favore
delle imprese pubbliche, come peraltro espressamente dichiarato nelle premesse 9 - fu subito
avvertito dagli Stati 10 . In effetti, pur non menzionandolo la Direttiva fa da apripista a una
serie di provvedimenti comunitari che enunceranno il MEIP.
Al tempo stesso la portata originaria della Direttiva verrà progressivamente ampliata,
sia riguardo ai settori di pertinenza che alle obbligazioni in capo agli Stati:
 sul primo punto, la Direttiva 85/413/CEE 11 estende il campo di applicazione a settori
originariamente esclusi - in particolare: acqua, energia, poste e telecomunicazioni,
trasporti, enti creditizi (questi ultimi a determinate condizioni) 12 - argomentando
che erano venute meno le ragioni (l’“esulare dal settore concorrenziale”) che ne
aveva originariamente giustificato l’esclusione;
 sul secondo punto la Direttiva 2000/52/CE impone l’ulteriore obbligo di contabilità
separata (in funzione della “trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese”)
per le imprese assegnatarie di diritti esclusivi o speciali, o che sia comunque
incaricata di servizi di interesse economico generale con l’evidente scopo di fare
2000/52/CE della Commissione, che modifica la Direttiva 80/723), fino a estendersi anche a soggetti (ad esempio le
Camere di commercio) le cui fonti di provento siano imposte da leggi o norme (Cfr. Sentenze della Corte di Giustizia
relative alle cause 47/69, 78/76, 259/85, C-200/97), e dunque anche alle imprese nelle quali questi detengono,
singolarmente o in concorso con altri soggetti pubblici, partecipazioni determinanti.
9
“considerando che in virtù del trattato CEE la Commissione ha il dovere di accertarsi che gli Stati membri non
concedano alle imprese, sia pubbliche che private, aiuti incompatibili con il mercato comune; considerando che la
complessità delle relazioni finanziarie intercorrenti tra poteri pubblici nazionali e imprese pubbliche è tuttavia tale da
ostacolare l'esecuzione di tale compito; considerando inoltre che un'applicazione efficace ed equa alle imprese
pubbliche e private delle regole del trattato CEE relative agli aiuti non può essere operata sino a quando tali relazioni
finanziarie non siano rese trasparenti”.
10
Francia, Italia e Gran Bretagna (Cause riunite C- 188-189-190/80) fecero infatti appello alla Corte di Giustizia. I
ricorrenti eccepivano (i): che la Commissione si sarebbe attribuita competenze in materia di adozione di regolamenti e
di direttive di esclusiva spettanza del Consiglio; (ii) che la Direttiva violava il principio di parità di trattamento fra
imprese pubbliche e private, imponendo alle prime obblighi particolari, in tal modo ponendole in condizioni di
svantaggio rispetto alle seconde; infine (iii) eccependo che la Direttiva innovava rispetto agli artt. 90-93 del Trattato
individuando le relazioni finanziarie che, a parere della Commissione, possono costituire aiuti. Nel respingere le
eccezioni sollevate dai ricorrenti, La Corte - quanto al punto (iii), che qui più rilevava - che l’individuazione delle
relazioni finanziarie effettuata dalla Direttiva non costituiva “un tentativo della Commissione di definire la nozione di
aiuto quale compare agli articoli 92 e 93 del Trattato, ma soltanto di una specificazione delle operazioni finanziarie di
cui la Commissione ritiene di dover essere informata al fine di verificare se uno Stato membro, senza rispettare
l’obbligo di comunicazione di cui all’art. 93, n. 3, abbia concesso aiuti all’impresa in questione” (par. 23).
11
Direttiva 85/413/CEE della Commissione del 24 luglio 1985 che modifica la Direttiva 80/723/CEE della
Commissione del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro
imprese pubbliche (O.J. L 229 del 28.08.85, pp. 20-21).
12
“La presente direttiva non concerne le relazioni finanziarie fra i poteri pubblici e […] c) gli enti pubblici di credito,
in relazione ai depositi di fondi pubblici effettuati dai poteri pubblici alle normali condizioni di mercato” (ibid., art. 1,
c. 1).
4
emergere elementi di aiuti di Stato in caso di sovra-compensazioni (o di sovraassegnazione di diritti) o comunque violazioni della regole di concorrenza 13 .
Le prime occasioni in cui risulta sia stato enunciato il criterio dell’investitore di mercato
sono del 1981, nelle vesti di una Direttiva del Consiglio e di una Decisione della
Commissione - la prima (“shipbuilding code”) relativa al settore della cantieristica navale,
la seconda (“steel code”) relativa ad aiuti al settore della siderurgia 14 . La definizione del
concetto è identica in entrambi i casi: “Nella nozione di aiuto sono incluse tutte le misure
attuate da autorità regionali o locali e tutti gli elementi di aiuto contenuti in misure
finanziarie attuate dagli Stati membri a favore di imprese siderurgiche [di costruzioni o
riparazioni navali] da essi direttamente o indirettamente controllate e che non
rispecchiano la fornitura di capitale di rischio secondo le normali pratiche commerciali in
una economia di mercato”. 15
.
Da quel momento in poi lo scrutinio attraverso il MEIP diverrà prassi costante della
Commissione, gradualmente esteso a fattispecie diverse dal conferimento di capitale di
rischio e fin dall’inizio costantemente avallato dalla giurisprudenza comunitaria 16 .
Il primo tentativo di dare sistemazione organica alla materia è una Comunicazione del
1984 17 , che indica, limitatamente al conferimento di capitale di rischio 18 , una serie di
condizioni che, alternativamente, escludono la sussistenza di aiuti di Stato, oppure la
confermano, oppure fanno presumere l’esistenza di elementi di aiuto. Il criterio di
valutazione ruota intorno al MEIP 19 , con alcune specificazioni – ai fini dell’esclusione
dell’elemento di aiuto – che è utile rilevare:
a) in virtù del principio di neutralità della proprietà e di parità di trattamento fra
imprese pubbliche e private, i criteri di accertamento della legittimità del
conferimento di capitale di rischio si applicano in pari misura in entrambi i casi (ad
esempio, l’assunzione di partecipazioni pubbliche in imprese private);
b) la valutazione di convenienza sembra assorbita dalla circostanza che il conferimento
di capitali freschi in un’impresa pubblica già esistente sia necessario per finanziare
13
L’obbligo di contabilità separata infatti riguarda i casi nei quali le imprese ricevano compensazioni monetarie ed
esercitano anche altre attività (Direttiva 2000/52/CE, cit., art. 2, comma 1, lettera d).
14
Rispettivamente, Direttiva del Consiglio 81/363/CEE del 28 aprile 1981 sugli aiuti alla cantieristica navale (O.J. L
137 del 23.05.81, p. 39); Decisione della Commissione 2380/81/CEE del 7 agosto 1981, che stabilisce regole
comunitarie per gli aiuti alla siderurgia (O.J. L 228 del 13.08.81, pp. 14-18).
15
Decisione della Commissione 2380/81/CEE, cit., art. 1.2; Direttiva del Consiglio 81/363/CEE, cit., art. 1(E).
16
“Onde accertare se la partecipazione al capitale di un’impresa abbia la natura di aiuto statale è opportuno applicare
il criterio basato sulle possibilità per l’impresa di procurarsi le somme in questione sul mercato privato dei capitali.
Nell’ipotesi dell’impresa la quasi totalità del cui capitale sociale sia nella mani delle pubbliche autorità, si deve in
particolare valutare se, in circostanza analoghe, un socio privato, basandosi sulle possibilità di reddito prevedibili,
astrazion fatta da qualsiasi considerazione di carattere sociale o di politica regionale o settoriale, avrebbe effettuatoli
conferimento di capitale” (Corte i Giustizia, Causa C-234/84, Belgio contro Commissione, par. 2); di identico tenore
Causa C-40/85, Belgio contro Commissione, par. 13.
17
Communication of the Commission, Application of Articles 92 and 93 of EEC Treaty to public authorities’ holdings
(Bollettino CE 9/1984).
18
Consistenti nella costituzione di una nuova impresa pubblica, nel trasferimento di quote azionarie dal privato al
pubblico, nel conferimento di capitali freschi a una società pubblica o a una società partecipata con privati (art. 2).
19
“it is apparent that a public authority which injects capital by acquiring a holding in a company is not merely
providing equity capital under normal market economy conditions, the case has to be assessed in the light of Article 92
of the EC Treaty […]. Nor is State aid involved where fresh capital is contributed in circumstances that would be
acceptable to a private investor operating under normal market economy conditions” (art. 1-2).
5
nuovi investimenti, che questi siano a loro volta necessari (assenza di sovra-capacità
strutturale) e che l’impresa sia finanziariamente sana; in altre parole, non si rende
necessario un esame diretto della redditività attesa;
c) il differimento della profittabilità dell’investimento è compatibile con il normale
comportamento di mercato se questo riveste natura strategica “in terms of markets
and supplies” [art. 3.2(v)], oppure se il potenziale innovativo dell’impresa è tale da
giustificare un investimento “involving a special risk but likely to pay off ultimately”
[art. 3.2(vi)]; si tratta, come si vede, di concetti alquanto oscuri;
d) non vi è aiuto di Stato in caso di partecipazione proporzionale ad aumenti di capitale
in un’impresa mista, a condizione che la quota privata abbia “real economic
significance” [art. 3.2(iii)].
I principio contenuti nella Comunicazione menzionata verranno successivamente ampliati e
articolati nelle Comunicazioni del 1993 20 e del 2001 21 . In particolare la Comunicazione del
1993 – sebbene per alcuni versi datata 22 – offre ancora utili indicazioni circa l’orientamento
della Commissione.
In primo luogo, sebbene sia formalmente circoscritta alle sole imprese manifatturiere
pubbliche, le considerazioni ivi sviluppate sono suscettibili di valere anche sul piano
generale per tutte le imprese, indipendentemente dal settore di appartenenza e dal regime
proprietario. Al paragrafo 3, infatti, viene precisato che “La Commissione potrà peraltro
avvalersi dell’approccio descritto nella comunicazione anche in singoli casi al di fuori
dell’industria manifatturiera nella misura in cui i principi di tale comunicazione si
applichino in questi settori […]”. Al tempo stesso, i criteri in essa enunciati vanno oltre la
stretta applicabilità alle imprese pubbliche ma sembrano doversi estendere agli aiuti alle
imprese, indipendentemente dal regime proprietario del beneficiario.
Il principio in questione, del resto, non può che avere applicazione generale: infatti,
da un lato il diritto comunitario sancisce la neutralità del regime proprietario, vale a dire, il
principio secondo cui l’investitore pubblico dovrebbe perseguire gli stessi obiettivi di quello
privato; dall’altro, le scelte del normale investitore privato per questo o quel settore sono
unicamente guidate dalla ricerca del massimo rendimento del capitale investito al netto del
rischio. Ne segue che sarebbe in contrasto con la stessa logica del mercato applicare criteri
di valutazione del comportamento dell’investitore differenziati per settore o per natura
proprietaria.
In sintesi, la Comunicazione offre indicazioni che ancora oggi appaiono valide e che sono
state confermate dalla prassi della Commissione e dalla giurisprudenza comunitaria.
Per altri versi invece appare datata, tale da rendere urgente quell’aggiornamento che
stenta invece a vedere la luce.
20
Commissione europea, Comunicazione del 12.10.03, Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato e dell’articolo 5
della direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell’industria manifatturiera (93/C 307/03).
21
Commissione europea, Comunicazione del 21.08.2001, Aiuti di Stato e capitale di rischio (2001/C 235, p. 3). Di
essa mi occuperò solo marginalmente, tenuto conto che è focalizzata soprattutto sugli interventi statali nel capitale delle
imprese in presenza di fallimenti del mercato, e come tale concerne soprattutto questioni relative alla compatibilità degli
aiuti ai sensi dei commi 2-3 dell’art. 107 del Trattato.
22
Da tempo la Commissione sta lavorando a un aggiornamento della Comunicazione sulla applicazione del MEIP (cfr.
Commissione europea, Vademecum on Community law and State aid, 30.09.2008 (p.11) che non risulta ancora
emanato.
6
In primo luogo l’attenzione è limitata a conferimenti di capitale di rischio, garanzie, prestiti
e redditività del capitale investito, ciò che è comprensibile considerato che il fuoco è
espressamente per le “risorse pubbliche assegnate a imprese pubbliche” (par. 34). Sebbene
la disciplina al riguardo possa essere estesa per analogia anche ai rapporti fra lo Stato e le
imprese private, non vengono invece considerate le fattispecie più complesse da valutare,
quali le transazioni commerciali, gli acquisti e le vendite, fra Stato e imprese.
In secondo luogo, secondo la Comunicazione, ai fini dell’accertamento di compatibilità
l’accertamento della sussistenza del principio dell’investitore di mercato ha valenza ex ante:
Solo i progetti per i quali la Commissione può dimostrare che, al momento in cui è stata
presa la decisione di investimenti/finanziamento, non sussistevano motivi obiettivi o di
buona fede per scontare ragionevolmente un tasso di rendimento adeguato in un’impresa
privata comparabile, sono da considerare come aiuti di Stato”(Comunicazione 1993,
paragrafo 28, enfasi nell’ originale). Tuttavia sentenze giurisprudenziali successive
forniscono al riguardo indicazioni diverse. Così: “Peraltro, l'art. 92, n. 1, del Trattato vieta
tutti gli aiuti che «falsino o minaccino di falsare la concorrenza» nella misura in cui
incidano sugli scambi tra Stati membri. Di conseguenza, nel verificare l'esistenza di un
aiuto ai sensi di tale norma, la Commissione non è strettamente vincolata alle condizioni di
concorrenza esistenti al momento in cui la decisione è stata adottata. Essa deve effettuare
una valutazione secondo un'ottica dinamica, tenendo conto delle previsioni di evoluzione
della concorrenza e degli effetti che su di questa avrà l'aiuto di cui trattasi”. Di qui la
“raccomandazione” alla Commissione affinché “prenda posizione entro un termine
ragionevole, valutato dalla Corte in due mesi” 23 .
L’interpretazione circa il termine non sembra di poca importanza sul piano
sostanziale e finisce probabilmente per attribuire alla Commissione considerevoli elementi
di discrezionalità, specie nel caso che nel frattempo siano intervenuti consistenti
cambiamenti nel quadro di mercato e se la misura si rivelasse “in regola” ex post ma
manifestamente non ex ante (ad esempio, a causa di sviluppi favorevoli non prevedibili
dall’investitore al momento dell’introduzione); oppure qualora invece si verificasse il caso
opposto, si dovrebbe valutare se la sopravvenuta “incompatibilità” sia riconducibile a eventi
sfavorevoli, imprevedibili e non controllabili dall’investitore, e se questi si sia comportato
con la prudenza dell’imprenditore privato.
Successivamente alla Comunicazione del 1993, è stata numerosa la produzione della
Commissione, dalla citata Comunicazione del 2001 sul conferimento di capitale di rischio,
che si estende espressamente ai rapporti con le imprese private, ad altre comunicazioni su
aspetti specifici (quali il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà 24 ),
sebbene con fuoco prevalente sulle condizioni di compatibilità ex art. 107(2-3), piuttosto
che sulla sussistenza dell’aiuto ex art. 107(1)), a altre ancora sulle quali mi soffermerò poi.
Manca tuttavia un “testo unico” che possa costituire riferimento per la verifica ai sensi
dell’art. 107(1).
23
Tribunale di I grado, sentenza relativa alle cause riunite T-132/96 e T-143/96, par. 211 e 213. Prima di questa
sentenza, anche la Corte di Giustizia (causa C-234/84, par. 16, e causa C-241/94, punto 33) e lo stesso Tribunale (cause
riunite T-371/94, T-394/94, T-394/94, punto 81) avevano assunto analoghe posizioni.
24
Commissione europea, Linee guida per gli aiuti di Stato nel salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà
(2004/C 244/02).
7
Per effetto dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale, la figura dell’impresa beneficiaria
è intesa oggi in modo alquanto estensivo: secondo il diritto comunitario della concorrenza,
“impresa” è qualsiasi entità, anche pubblica e anche senza fini di lucro, che svolga
un’attività economica, consistente nell’offerta di beni o servizi sul mercato, che potrebbe
essere, anche solo in linea di principio, esercitata da un operatore privato guidato dalla
logica del profitto.
Parimenti estesa è l’accezione della figura del soggetto erogatore degli aiuti 25 , tant’è che il
significato di questi ultimi confluisce in quello più generale di risorse pubbliche: ricadono
nelle previsioni dell’art. 87(1)TE, infatti, le risorse erogate da qualsiasi (i) ente centrale,
regionale o locale, (ii) organismo pubblico o privato istituito o nominato dalla pubblica
amministrazione per amministrare risorse pubbliche 26 o (iii) impresa la cui condotta possa
essere determinata dai soggetti di cui ai punti precedenti; a definire quest’ultima fattispecie
non è necessario che tali enti detengano la maggioranza del capitale dell’impresa, bensì che
possano esercitare un controllo effettivo o un’influenza dominante sulle sue decisioni, per
ragioni di proprietà o per disposizioni legislative 27 . Tale nozione si estende anche ai
soggetti (ad esempio le Camere di commercio) le cui fonti di provento siano imposte da
leggi o norme 28 e dunque anche alle imprese nelle quali questi detengano, singolarmente o
in concorso con altri soggetti “pubblici”, partecipazioni determinanti.
Anche la tipologia degli aiuti è estremamente ampia, configurandosi come ogni prestazione
(conferimenti di capitale di rischio, sostegni agli investimenti o ai costi di funzionamento,
prestiti e garanzie, vendite e acquisti a condizioni non di mercato, rinuncia o riduzioni di
introiti a qualunque titolo spettanti al soggetto erogatore, ecc.) che un soggetto privato
guidato dalla logica del profitto non sarebbe disposto a offrire alle stesse condizioni
praticate dall’ente erogatore.
Di conseguenza: “According to well established case law, the concept of aid
embraces not only subsidies themselves, but also interventions which, in various forms,
mitigate the charges which are normally included in the budget of an undertaking and
which, without therefore being subsidies in the strict meaning of the word, are similar in
character and have the same effect. It follows from the above that the concept of aid is
based on the economic concept of advantage, the formal criterion being therefore
immaterial. In conclusion, the concept of aid is an objective concept which takes no account
of the legal form of a state measure, being exclusively concerned with the latter's effects.
Consequently, these provisions must be interpreted not on the basis of formal criteria but
rather by reference to their purpose, which, according to Article 3(g) of the Treaty, is to
ensure that competition is not distorted ” 29
25
Cfr. al riguardo Cuase riunine C 296, 318/82 e dec. Commissione 82/653/CEE.
Commissione europea, XXV Relazione sulla politica della concorrenza, § 161.
27
Cfr. la Direttiva della Commissione europea 2000/52 (che modifica la Direttiva 80/723) sulla “trasparenza delle
relazioni finanziarie fra i pubblici poteri e le rispettive imprese pubbliche”: “L’influenza dominante è presunta allorché
i poteri pubblici si trovino nei riguardi dell’impresa, direttamente o indirettamente, almeno in una delle seguenti
situazioni: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto dall’impresa; b) dispongano della maggioranza dei
voti attribuiti alle quote emesse dall’impresa; c) possano designare più della metà dei membri dell’organo di
amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa” (art. 2, c.2). Cfr anche la Sentenza “Gasunie” della Corte di
Giustizia, cause C-67-68 e C-70/85.
28
Cfr. Sentenze della Corte di Giustizia relative alle cause 47/69, 78/76, 259/85, C-200/97.
29
Commisione europea, Decisione 2006/621/CE (France Télécom), O.J. 2006 L 257, p. 11), par. 192 (enfasi aggiunta).
26
8
In effetti la materia si è venuta articolando sempre più nel tempo, con la moltiplicazione
delle fattispecie suscettibili di incompatibilità ex art. 107(1) e, parallelamente, con
l’elaborazione di sempre più sofisticati test, distinti per tipologia. Qui sotto esaminerò
distintamente le casistiche (e relativi test) più rilevanti, sulla base della figura assunta dal
soggetto pubblico: investitore in capitale di rischio, creditore o garante, venditore o
acquirente. Il modello di valutazione è sempre il MEIP – il confronto con il comportamento
delle medesime figure impersonate da un ipotetico soggetto privato – ma le applicazioni e
le difficoltà variano a seconda dei casi.
3.1.- Il criterio dell’investitore privato
La figura qui considerata è quella di poteri pubblici che direttamente o indirettamente
detengono partecipazioni in imprese o ne acquisiscono di nuove oppure conferiscono
capitali aggiuntivi a imprese nelle quali sono già presenti. Per tutti i casi vale il principio
generale secondo il quale lo Stato dovrebbe seguire la medesima logica dell’investitore
privato. Sebbene qui che altrove sia più semplice l’accertamento dell’entità dell’intervento,
tutt’altro che semplice è l’applicazione del MEIP, non ultimo a causa della varietà delle
situazioni che si possono presentare.
3.1.1. – La partecipazione al capitale
Il caso-base riguarda la remuneratività del capitale di un soggetto pubblico che detiene
partecipazioni in un’impresa sulla quale esercita un’influenza dominante, come già
enunciato dalla Direttiva 80/723.
Con specifico riferimento alla redditività della propria partecipazione nell’impresa, la
Comunicazione del 1993 30 osserva che: “al pari di ogni investitore in economia di mercato
lo Stato dovrebbe attendersi dai propri investimenti un rendimento normale, analogo a
quello ottenuto da un’impresa privata comparabile sotto forma di dividendi o di incremento
del valore del capitale […] Se questo rendimento rimane assente al di là del breve periodo
e appare improbabile anche a più lungo andare […], e l’impresa non ha preso
provvedimenti per rimediare alla situazione, si può presumere che essa benefici
indirettamente di un aiuto, giacché lo Stato rinuncia al profitto che un investitore in
economia di mercato si attenderebbe da un investimento analogo”(paragrafo 43) 31 .
Addirittura la rinuncia a percepire dividendi da una società in utile (o a percepire
dividendi ridotti), configurandosi come periodica capitalizzazione degli stessi può
equivalere a un apporto mascherato di nuovo capitale (par. 44). L’impostazione al riguardo
sembra estrema, posto che anche un investitore privato, a seconda dei propri obiettivi a
breve o a medio/lungo termine, può preferire vedere aumentare il valore della propria
impresa anziché percepire un guadagno immediato 32 ; al tempo stesso la stessa normativa
30
Comunicazione della Commissione 93/C 307/3), cit.
In tal senso il Tribunale di I grado, Cause riunite T-228/99 e T-233/99 ( Westdeutsche Landesbank Girozentrale e
Land Nordrhein-Westfalen contro Commissione): “Normally, a private investor is not content merely with the fact that
an investment does not cause him a loss or that it produces only limited profits. He will seek to achieve the maximum
reasonable return on his investment, according to the particular circumstances and the satisfaction of his short-,
medium- and long-term interests, even where he is investing in an undertaking of which he is already a shareholder”.
31
32
CFr. ad esempio il caso della ricapitalizzazione di Alitalia nel 1997, su cui ci si soffermerà poi.
9
comunitaria tende a impostare l’applicazione del MEIP in un’ottica di ritorno a lungo
andare.
L’orizzonte temporale entro il quale si deve concretizzare un normale ritorno sul capitale
investito non dipende solo dal tipo di investimento ma anche dall’entità della
partecipazione: “l’autorità pubblica che controlla una singola impresa o un gruppo di
“imprese pubbliche” non sarà di norma motivata da considerazioni di profitto immediato,
come nel caso di semplice partecipazione di minoranza senza controllo, e avrà quindi un
orizzonte temporale più lungo”(paragrafo 30).
Viene precisato che “Il saggio di rendimento viene misurato dal profitto (al netto degli
ammortamenti ma al lordo delle imposte e degli accantonamenti), espresso in percentuale
del capitale investito […] e definito possibilmente con riferimento alla situazione di
imprese private comparabili ”(par. 43).
E’ dunque da pensare che in questi casi l’applicazione del MEIP dovrebbe basarsi sul
confronto fra il ROE lordo (l’utile prima delle imposte rapportato al patrimonio netto),
presumibilmente come media di un numero significativo di anni, e un tasso benchmark di
rendimento costruito attraverso il CAPM (capital asset pricing model). Al riguardo vanno
avanzate alcune osservazioni:
 le maggiori difficoltà di un confronto di questo tipo nascono dalla difficoltà di
trovare comparables significativi, posto che il CAPM si basa sul rischio non
diversificabile dell’investitore in società quotate ed è influenzato dalla leva
finanziaria di queste;
 la comparazione dovrebbe essere fra tassi di rendimento al netto delle imposte, in
modo da depurarlo dall’effetto dei diversi regimi fiscali a livello internazionale;
 la metodologia tende a trascurare partite immateriali, se non contabilizzate nei
bilanci, quali il goodwill, vale a dire, l’effettivo valore dell’impresa a cui rapportare
l’utile; in tal modo, l’applicazione del MEIP potrebbe dare risultati tanto più
lusinghieri quanto minore è il divario positivo fra il valore di mercato dell’impresa e
il suo patrimonio netto.
Una via alternativa potrebbe consistere nel confrontare l’EBIT (depurato dalle imposte),
rapportato al capitale complessivo dell’impresa (patrimonio netto + indebitamento
finanziario), con il WACC (weighted average capital cost) dopo le imposte.
In realtà i criteri indicati sopra sono frutto di congetture. Non mi risulta infatti che siano
state aperte procedure per aiuti di Stato per il fatto in sè che un’impresa pubblica non in
perdita rendesse ai suoi azionisti meno della media del mercato. La posizione espressa dalla
Commissione sembra dunque più una petizione di principio che un criterio che intenda
adottare concretamente. Probabilmente per più ragioni. Per ragioni pratiche, poiché il caso
non riguarda specifiche misure notificabili ma situazioni sulle quali la Commissione più
difficilmente può avere notizia per iniziativa di controinteressati. D’altra parte, una volta
espunte le fattispecie indicate sotto – una volta che l’impresa “sia in regola” con il MEIP
quanto a conferimento di nuovi capitali, condizioni di credito, di garanzie, di acquisto e di
vendita – una redditività minore di quella delle imprese private operanti sul medesimo
mercato non appare particolarmente critica sotto il profilo della concorrenza. Se d’altra
10
parte ciò deriva da strutturali inefficienze gestionali o da un troppo generoso trattamento del
lavoro, alla fine i nodi verranno al pettine e a quel punto si dovrà intervenire.
3.1.2.- Il conferimento di nuovi capitali
Diversa la situazione allorché si tratta di conferimento di nuovi capitali.
Tanto più in questo caso il MEIP non può riduttivamente esaurirsi nel confronto fra il tasso
di rendimento atteso dall’intervento e benchmark astratti, ma deve tenere conto delle
situazioni specifiche del mercato e dell’investitore.
Fra i tanti elementi soggettivi da valutare, vanno ricordati quelli che appaiono più rilevanti:
a) Analogamente a quanto considerato prima, il tasso di rendimento richiesto da un
investitore privato dipende anche dalla struttura finanziaria dell’impresa, posto che
quanto più questa è sbilanciata sul debito tanto maggiore il rischio di default, tanto
maggiore il costo del capitale di rischio. Il benchmark dovrà essere dunque tarato
su imprese con struttura finanziaria similare a quella in esame.
b) La giurisprudenza comunitaria ha opportunamente declinato il MEIP tenendo conto
di un investitore privato di dimensioni comparabili a quello pubblico 33 . Precisazione
essenziale, posto che il rischio (dunque il tasso di rendimento richiesto) ha due
dimensioni: quella “oggettiva”, legata alle prospettive dello specifico mercato e
dell’impresa che vi opera; e quella “soggettiva”, il cui apprezzamento cresce con la
dimensione dell’intervento rispetto al patrimonio dell’investitore. Nel valutare
l’eventuale elemento di aiuto ciò richiede dunque non solo di stimare un tasso medio
di rendimento delle imprese che operano in un determinato mercato, ma anche di
individuare comparables dimensionali che possano costituire benchmarks
significativi.
c) La scelta del tipo di investitore privato di riferimento e delle motivazioni che lo
muovono è ulteriormente complicata nel caso dei gruppi industriali. Questo aspetto,
unitamente a considerazioni relative alla quota di partecipazione, è affrontato dalla
Comunicazione del 1993, la quale argomenta che l’orizzonte temporale entro il quale
si deve concretizzare un normale ritorno sul capitale investito non dipende solo dal
tipo di investimento ma anche dall’entità della partecipazione e dalle esternalità di
gruppo: “l’autorità pubblica che controlla una singola impresa o un gruppo di
“imprese pubbliche” non sarà di norma motivata da considerazioni di profitto
immediato, come nel caso di semplice partecipazione di minoranza senza controllo, e
avrà quindi un orizzonte temporale più lungo”(paragrafo 30). La Corte di giustizia
aveva peraltro anticipato che nel caso dei gruppi le motivazioni di investimento
possono riguardare non il percepimento di un profitto più o meno a breve termine ma
il perseguimento di “una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da
prospettive di redditività a più lungo termine” 34 . In altre parole, il ritorno può anche
33
Cfr. ad esempio, Corte di Giustizia, Causa C-261/89, par. 8; Causa C-305/89, par. 19; Cause riunite C-328/99 e C399/00, par. 38.
34
Corte di Giustizia, Causa 305/89 [Italia contro Commissione (Alfa Romeo)], “A questo proposito, va precisato che
il comportamento dell' investitore privato, cui deve essere raffrontato l' intervento dell' investitore pubblico che
persegue obiettivi di politica economica, anche se non è necessariamente quello del comune investitore che colloca
capitali in funzione della loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve, deve quantomeno
corrispondere a quello di una holding privata o di un gruppo imprenditoriale privato che persegue una politica
strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine” (par. 20).
11
essere indiretto, la redditività di un intervento da parte di una holding privata in
un’impresa appartenente al gruppo non va vista con riferimento alla specifica
impresa beneficiaria ma come ricaduta sull’intero gruppo.
Sotto-caso di conferimento di capitali nuovi è il salvataggio o il rilancio di un’impresa in
difficoltà. L’applicazione qui del MEIP segue il criterio dell’owner effect in forza del quale
un soggetto che detiene partecipazioni significative in un’impresa può comportarsi in modo
differente da un nuovo investitore: “Se il finanziamento richiesto è necessario per
salvaguardare il valore dell’intero investimento l’investitore pubblico come quello privato
terrà conto logicamente di questo più vasto contesto nell’esaminare se l’impegno di nuovi
capitali sia commercialmente giustificato. Infine, quando si sia deciso di dimettere una
linea di attività economicamente non redditizia nel medio-lungo termine, è da presumere
che un gruppo sia pubblico che privato deciderà la cronologia e l’entità delle sue chiusure
tenendo conto dell’impatto sulla credibilità e sulla struttura del gruppo” (Comunicazione
1993, par. 30 – enfasi aggiunta).
La redditività di un intervento di salvataggio o di semplice mantenimento in vita andrebbe
confrontata con la perdita per l’azionista derivante dal fallimento dell’impresa o da una
chiusura non pilotata. Ciò ovviamente non può giustificare interventi non risolutivi 35 ma
dilata l’orizzonte temporale del ritorno dell’investimento, così come il raggio di ricaduta
dell’intervento, specie nel caso di gruppi industriali. Questa impostazione è confermata
dalla Corte di giustizia: “Simili decisioni possono essere motivate non soltanto dalla
probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni,
quali la salvaguardia dell' immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività”. 36 .
L’applicazione del MEIP è ancor più complessa per i conferimenti di capitale associati a
ristrutturazioni aziendali (peraltro è normale che le due operazioni vadano insieme), posto
che non si tratta qui di stimare il naturale trend delle cose ma va messa in conto una vera e
propria discontinuità. Il tasso di rendimento dell’operazione, infatti, dipende dagli effetti
attesi dai piani industriali che dovranno essere posti in essere, con associati rischi, e i
comparables andrebbero tratti da imprese del medesimo settore di quella in esame, di
dimensioni comparabili, con situazioni critiche similari e che hanno intrapreso o
35
Cfr. la Comunicazione del 1993: “L’investitore commerciale posto in una simile situazione [ricostituzione del
capitale sociale a seguito dell’accumulo di perdite] dovrà considerare anche tutte le altre possibilità, compresa quella
di liquidare o comunque dimettere l’investimento. Qualora la liquidazione o la dismissione risultasse l’opzione
finanziariamente più sana tenuto conto dell’impatto su gruppo, ma non venisse attuata, ogni successivo apporto di
capitale dovrebbe essere considerato come aiuto di Stato” (par. 36 – enfasi aggiunta). Da notare come la
rappresentazione data dalla Comunicazione si in contraddizione con l’enunciato secondo cui la sola rinuncia a una
remunerazione normale delle partecipazioni in essere rappresenta un aiuto di Stato
36
“[…] si deve ricordare che, come la Corte ha rilevato nella sentenza 10 luglio 1986, Belgio / Commissione, punto 15
della motivazione (causa 234/84, Racc. pag. 2263), il socio privato può ragionevolmente conferire il capitale
necessario per garantire la sopravvivenza dell' impresa che sia temporaneamente in difficoltà, ma che, previa
riorganizzazione, sia eventualmente in grado di ridivenire redditizia. Deve quindi ammettersi che una società madre
può parimenti, per un periodo limitato, sopportare le perdite di una delle sue società controllate allo scopo di
consentire la cessazione delle attività di quest' ultima nelle migliori condizioni. Simili decisioni possono essere motivate
non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la
salvaguardia dell' immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività. Tuttavia, quando i conferimenti di
capitali di un investitore pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi
vanno considerati aiuti ai sensi dell' art. 92 del Trattato e la loro compatibilità con il mercato comune deve valutarsi
unicamente alla luce dei criteri previsti da tale articolo”[Corte di giustizia, Causa C-303/88 (Italia contro
Commissione - ENI-Lanerossi), par. 21-22].
12
intraprendano piani di risanamento equivalenti. Su questo aspetto si tornerà con il caso
Alitalia.
Il MEIP si assume soddisfatto se il conferimento di risorse pubbliche avviene “in
concomitanza con un significativo apporto di capitale da parte di un investitore privato
effettuato in condizioni comparabili” 37 , come già sancito dalla Comunicazione del 1984. Le
parole chiave sono dunque: la contestualità dell’operazione, la significatività della quota
dell’apporto privato, la parità delle condizioni riconosciute al socio pubblico e a quello
privato, condizioni che debbono essere compresenti. E’ da ritenere che la comparabilità
delle condizioni non riguardi solo la remunerazione relativa dei soci ma anche le
motivazioni delle loro scelte. Ad esempio, non rileva al riguardo la partecipazione ad
aumenti di capitale da parte di dipendenti di un’impresa, specie se in un contesto di
salvataggio, posto che è da presumere sia motivata dalla salvaguardia immediata del posto
di lavoro anziché da prospettive di redditività dell’impresa 38 .
Interessante la nozione di concomitanza avanzata dalla Commissione nella citata Decisione
“France Télécom”, sulla quale si tornerà diffusamente nella sezione successiva. Si tornerà
poi su questo caso, ma per il momento preme qui ricordare come la Commissione abbia
questionato l’effettiva concomitanza con cui nel 2003 si è proceduto alla ricapitalizzazione
di France Télécom, in quanto la disponibilità di investitori privati a concorrere
all’operazione era stata propiziata da precedenti dichiarazioni di volontà di sostenere
l’azienda da parte dello Stato francese. Infatti: “The State's declarations, made in July
[2002] and then repeated, to the effect that it would take the necessary steps to enable the
Company to overcome its financing difficulties distort the concomitance test in so far as
private investors cannot be considered to have made up their minds on the sole basis of the
Company's situation. This holds true irrespective of whether those declarations contain
state aid or not” 39 . Dunque: “In this connection, the "private investor in a market
economy" test cannot be used to justify this December intervention [di ricapitalizzazione] as
the French authorities claim, inasmuch as economic operators' conduct in December was
clearly influenced by the prior actions and declarations of the Government since July. […]
there is scarcely any doubt that such declarations were more than sufficient to
"contaminate" the markets' perception and to influence economic operators' subsequent
conduct. If such is the case, this conduct on the part of economic operators cannot be taken
as a neutral point of comparison from which to judge the State's conduct. The presumption
based on the "private investor in a market economy" test cannot therefore take as point of
37
Tribunale di I grado, Causa T-296/97 (Alitalia contro Commissione): “Occorre pertanto rilevare che un apporto di
capitali su fondi pubblici soddisfa il criterio dell'investitore privato e non implica un aiuto statale nel caso in cui, tra
l'altro, tale apporto avvenga in concomitanza con un significativo apporto di capitale da parte di un investitore privato
effettuato in condizioni comparabili” (par. 81). Cfr. anche Causa T-358/94 (Air France contro Commissione), par. 148149.
38
In tal senso il Tribunale di I grado (Causa T-296/97, cit.) in relazione alla decisione 97/789/CE della Commissione
sulla ricapitalizzazione di Alitalia: “In tali circostanze, l'acquisizione di partecipazioni nel capitale della ricorrente da
parte del personale dipendente, effettivamente avvenuta, non dimostra, di per sé, che l'apporto di capitale da parte
dell'IRI soddisfi il criterio dell'investitore privato. Occorre sottolineare, a questo proposito, che il comportamento di un
investitore privato in economia di mercato è guidato da prospettive di redditività […]. Orbene, l'acquisizione di
partecipazioni da parte del personale dipendente è stata ispirata da motivi occupazionali e quindi, soprattutto, da
motivi di vitalità e di sopravvivenza della ricorrente piuttosto che da prospettive di redditività” (par. 84).
39
Commissione europea, Decisione 2001/621/CE, cit., par. 227.
13
departure the market situation as it was in December but ought logically to be based on a
market situation uncontaminated by the impact of the prior declarations” 40 .
Premesse tutte le difficoltà e complessità indicate sopra, resta comunque che la prova-base
del MEIP richiede di calcolare il tasso di rendimento di un determinato investimento
pubblico e di confrontarlo con un benchmark quanto più possibile comparabile.
Diversamente dal caso illustrato nella sezione 3.1.1, qui il MEIP va applicato al rendimento
specifico dell’intervento, stima tanto più complicata allorché questo è rappresentato
dall’intervento sul capitale di un impresa già partecipata.
Si tratterà in questo caso di valutare la redditività incrementale e di rapportarla con il costo
del nuovo investimento. Appare ovvio che il rendimento di operazioni di questo tipo debba
essere maggiore di quello richiesto per la mera conservazione del capitale già investito in
partecipazioni, non ultimo in quanto in quest’ultimo caso andrebbero messi in conto i costi
di uscita e perché, più in generale, non si può riconoscere il fattore di inerzia (o di attesa).
Il metodo comunemente utilizzato è il confronto fra il tasso interno di rendimento (TIR)
dell’intervento e il tasso medio (oppure quello minimo – hurdle rate) che il mercato
richiederebbe per operazioni caratterizzate dal medesimo grado di rischio (oggettivo e
soggettivo, nelle accezioni indicate sopra). Il TIR è il tasso che rende il valore attuale del
cash flow incrementale lungo un determinato orizzonte temporale uguale al costo
dell’intervento. Il test MEIP è superato se il TIR associato all’intervento è maggiore o
uguale al tasso di rendimento del capitale che un investitore privato richiederebbe per
imbarcarsi in un’operazione della stessa natura e caratterizzata dallo stesso grado di rischio.
Altro metodo utilizzabile consiste nel ricavare l’incremento di valore dell’impresa, al netto
delle variazioni dell’indebitamento finanziario, stimando l’EBIT incrementale e
moltiplicandolo per un multiplo determinato da analisti finanziari per quel tipo di mercato.
L’incremento di valore andrà poi rapportato al costo dell’intervento per calcolarne il tasso di
rendimento e confrontalo poi con il tasso di riferimento.
Quale che sia la metodologia prescelta, essa presenta comunque margini di valutazione
assolutamente discrezionali, i quali riguardano:
 le stime di redditività dell’investimento considerato - lo scenario prospettico del
mercato, l’efficacia degli interventi di ristrutturazione, l’interazione fra il nuovo
intervento e la base precedente;
 l’individuazione di situazioni comparabili realmente significative, secondo quanto
descritto prima;
 la scelta del valore del tasso di riferimento (un tasso medio o tasso minimo).
Sancisce infatti la giurisprudenza comunitaria che: “First of all, the Court observes that the
average return is merely an analytical tool used in applying Article 87(1) EC. Thus, the
average return cannot be an automatic criterion for determining the existence and amount
of State aid. It does not relieve the Commission of its obligation to make a complete analysis
40
Ibid., par. 191.
14
of all factors that are relevant to the transaction at issue and its context, including the
situation of the beneficiary undertaking and of the relevant market, in order to verify
whether that undertaking is receiving an economic advantage which it would not have
obtained under normal market conditions” 41 . Le situazioni cui si riferisce la citazione
possono essere le più varie: dalla considerazione dell’owner effect 42 e delle mancate perdite,
alle ricadute indirette all’interno di un gruppo.
3.2.- Il criterio del creditore privato
E’ stato sancito dalla Corte di giustizia, fin dai primordi dell’applicazione del MEIP che la
concessione di prestiti è parificata ai conferimenti di capitale sotto il profilo della disciplina
degli aiuti di Stato 43 . Vale anche per questo caso il principio che regola il criterio
dell’investitore privato, vale a dire, l’irrilevanza di considerazioni di carattere sociale e
politico così come di minori costi o di maggiori introiti in termini, ad esempio, di sussidi di
disoccupazione, contributi previdenziali e imposte, che le misure potrebbero permettere.
Le fattispecie qui sono più variegate ancora: le condizioni praticate, le garanzie prestate dai
pubblici poteri sui prestiti contratti dalle imprese e le garanzie non richieste dai pubblici
poteri sui prestiti erogati da soggetti pubblici il cui rilascio corrisponde invece a normale
prassi commerciale, il recupero di debiti in sofferenza, il trattamento di eventuali dilazioni
nel rimborso.
In generale, in caso di risorse fresche erogate, direttamente o indirettamente, dai poteri
pubblici 44 :
 “L’elemento di aiuto corrisponde alla differenza fra il tasso di interesse che
l’impresa dovrebbe pagare (che dipende a sua volta dalla situazione finanziaria
dell’impresa e dalle garanzie che può fornire) e il tasso effettivamente pagato […]”.
 “Nel caso estremo che venga erogato un prestito senza garanzie ad una società che
in circostanze normali non sarebbe in grado di ottenere alcun credito […] il prestito
equivarrà di fatto a una sovvenzione e la Commissione lo considererà tale”;
 per analogia, l’elemento di aiuto in crediti garantiti da terzi in modo inadeguato o
parziale potrebbe essere quantificato come la differenza fra il credito erogato e
quello che lo sarebbe stato in normali condizioni di mercato, nei limiti delle garanzie
effettivamente prestate.
Dal momento che tassi e garanzie richieste dipendono dal profilo di rischio del debitore,
l’applicazione del MEIP richiede un’analisi puntuale delle specifiche condizioni
dell’impresa. Potrebbe a questo riguardo supplire il ricorso al rating, così come suggerito
dalla Comunicazione della Commissione (2008/C 155/02) che regolamenta gli aiuti di Stato
concessi sotto forma di garanzie.
41
Tribunale di I grado, Cause riunite T-228/99 e T-233/99 (Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land NordrheinWestfalen contro Commissione), par. 250-251 (enfasi aggiunta).
42
Ibid., par. 257.
43
Corte di giustizia, Causa 323/82 (Intermills contro Commissione), par. 3.
44
Comunicazione 1993, par. 41.
15
In materia di prestiti è interessante richiamare la già citata Decisione della Commissione su
France Télécom (2001//621/CE), dove è stato sancito il principio che aiuto di Stato può
configurarsi la sola manifestazione di volontà da parte di poteri pubblici, anche se non
materialmente seguita da concrete misure. La materia, molto intricata, per quanto qui
interessa può essere così riassunta. Date le difficoltà finanziarie dell’azienda nel 2002, il
Governo francese, azionista di maggioranza, elaborò un piano di ristrutturazione (“Ambition
2005”) che prevedeva la ricapitalizzazione dell’azienda, anche con il concorso di investitori
privati, previa erogazione da parte del Governo di un prestito convertibile. Fra giugno e
dicembre (data della ricapitalizzazione) il Governo a più riprese dichiarava il proprio
impegno a sostenere “illimitatamente” l’impresa: in forza di queste dichiarazioni, sosteneva
la Commissione, France Télécom traeva benefici sia in termini di rating, che di
disponibilità di capitale di credito e di rischio da parte di operatori privati. Le
argomentazioni della Commissione si snodano su questi punti essenziali (enfasi aggiunta):
 “As regards the advantage, the Commission would observe that the shareholder loan
(which constitutes the upfront prepayment by the State towards the Company's
recapitalisation), confers an advantage on France Télécom as it enables it to
increase its means of financing and to reassure the market as to its capacity to meet
its maturities. Even if the loan agreement has never been signed [l’accordo per la
concessione del credito, sottoscritto dallo Stato francese, non venne poi firmato
dall’impresa] the appearance given to the market of the existence of such a loan is
likely to confer an advantage on France Télécom as the market has considered the
Company's financial situation to be more secure. This may have influenced France
Télécom's borrowing terms 45 ;
 “As to the condition relating to state resources, the Commission would point out that
the fact that an advantage results from the giving of a state commitment leading to a
potential, but not immediate, transfer of resources does not rule out the possibility
that the advantage may have been granted through state resources. "In that respect,
it should first be noted that, according to settled case-law, it is not necessary to
establish in every case that there has been a transfer of State resources for the
advantage granted to one or more undertakings to be capable of being regarded as a
State aid within the meaning of Article 87(1) EC"46 . Thus, even an advantage
granted through a potential additional burden for the State constitutes state aid
where it affects competition and trade between Member States. […] the Commission
finds that a potential additional burden on the State's resources was created by the
announcement of the provision of the shareholder loan coupled with […] the
dispatch to France Télécom of the loan contract initialled and signed by ERAP. […].
In so far as the document constituted a contractual offer and as long as it was not
rescinded, France Télécom could have signed it at any time, thereby acquiring the
right to obtain immediate payment of the sum of EUR 9 billion” 47 ;
 “It follows from all of the above considerations that the test of the prudent private
investor in a market economy is not satisfied. Consequently, the advantage conferred
on France Télécom by the proposal to grant a shareholder loan — examined in the
45
Commissione europea, Decisione 2001/621/CE, cit., par. 194.
Corte di giustizia, Causa C-482/99 (Francia contro Commissione – Stardust), par. 36.
47
Commissione europea, Decisione 2001/621/CE, cit., par. 195-196.
46
16
light of the prior declarations and interventions of the French authorities —
constitutes state aid, even if the scale of the advantage is difficult to calculate” 48 .
Altra situazione è il recupero da imprese in difficoltà di crediti erogati da soggetti pubblici,
crediti che possono avere natura più varia: finanziamenti, crediti di imposta, crediti
previdenziali 49 . Specie nel caso di finanziamenti, la condizione del creditore in questo caso
assomiglia all’owner effect di cui si è detto prima: come l’azionista di un’impresa in
difficoltà il creditore non è libero di scegliere l’impiego più conveniente delle proprie
risorse ma deve piuttosto puntare a minimizzare le perdite e può dunque essere disposto
anche a concedere “ulteriori vantaggi sotto forma di remissioni o di fissazione di nuove
scadenze 50,51 .
In questo caso il riferimento è il “test” dell’ipotetico diligente creditore privato, che fa del
suo meglio per recuperare il proprio credito o per minimizzare dilazioni e facilitazioni da
concedere a questo fine, compatibilmente con l’obiettivo del recupero delle somme dovute.
La difficoltà di applicare il test MEIP sta nella varietà delle situazioni e nella difficoltà di
individuare benchmark o metodologie di qualche validità generale. Di qui l’orientamento
della Commissione di procedere caso per caso 52 .
La base del test sta dunque nella valutazione comparativa di convenienza fra il
tentare l’immediata e integrale escussione di credito, fino a richiedere il fallimento del
debitore, e il concedere dilazioni o agevolazioni in termini di interessi o di riduzione del
capitale dovuto 53 . Tuttavia “[…] alla luce della giurisprudenza della Corte, una scelta a
48
Ibid., par. 230.
Per il primo caso cfr. (…). Riguardo alle due ultime fattispecie cfr. in particolare Corte di giustizia, C-276/02.
50
Corte di Giustizia, Causa C-276/02 (Spagna contro Commissione - Mancato pagamento di imposte e di contributi
previdenziali da parte di una impresa, Opinione dell’Avvocato generale Poiares Maduro), par. 24: “Mentre
l’investitore cerca di realizzare un beneficio intervenendo presso le imprese interessate, il creditore cerca di ottenere il
pagamento di somme dovute da un debitore in difficoltà economiche. L’investitore ha la possibilità di scegliere
l’investimento che gli appaia più redditizio. In teoria, il capitale che egli si propone di investire in un’impresa è
disponibile, alle stesse condizioni, per tutti gli operatori sul mercato. Ciò non avviene nel caso del creditore. Questi si
trova già impegnato in una rapporto privilegiato con un’impresa debitrice nei confronti della quale può essere disposto
a concedere ulteriori vantaggi sotto forma di rimessioni o di fissazione di nuove scadenze di pagamento del debito. Il
capitale in gioco, in tale caso, non è immesso «sul mercato»”. Cfr. anche Causa C-256/97 (DéménagementsManutention Transport SA contro Commissione - Facilitazioni concesse per il recupero di contributi sociali), par. 23;
Causa C-342/96 [Spagna contro Commissione - Applicazione del tasso d'interesse legale nell'ambito di accordi di
rimborso di stipendi e del pagamento di debiti per contributi previdenziali (Tubacex)]; Causa T-36/99 (Lenzing AG
contro Commissione - Accordi di rinegoziazione e di rimborso di debiti”).
49
51
“il criterio del creditore privato non deve essere confuso con quello, più classico nella giurisprudenza della Corte,
dell’investitore privato. La Commissione deve piuttosto verificare se lo Stato si è comportato come un diligente
creditore privato che cerca di massimizzare le possibilità di recuperare il suo credito” [Commissione europea,
Decisione 2002/935/CE (Grupo de Empresas Álvarez), par.49 – enfasi aggiunta].
52
“Particular circumstances of debtors and creditors are likely to prove problematic for the determination of a common
applicable behaviour of private creditors seeking to recover sums owing to them. Consequently, the Commission has to
base its assessment on an analysis of the behaviour of private creditors on a case by case approach” [Commissione
europea, Decisione 2001/43/CE (Sniace), par. 23].
53
Cfr. al riguardo le argomentazioni dell’Avvocato generale della Corte di giustizia, Poiares Maduro, nella causa C276/02 (Spagna contro Commissione - Mancato versamento di imposte e di contributi previdenziali da parte di
un'impresa): “È del tutto concepibile che un creditore privato, che disponga di rilevanti risorse economiche, abbia
interesse a mantenere in vita per un certo tempo l’attività di un’impresa debitrice, laddove i costi di una liquidazione
immediata si rivelino più elevati dei costi di concessione di un aiuto. Ogni creditore è portato a comparare, da una
parte, l’interesse che potrebbe derivare da una rapida liquidazione dell’impresa e, dall’altra, quello che potrebbe
derivare dalla rinuncia temporanea al recupero dei propri crediti e dalla prosecuzione delle attività del proprio
debitore” (par. 39).
17
favore della rinuncia deve soddisfare almeno tre requisiti. In primo luogo, devono poter
essere accertate a priori la redditività economica e il miglioramento della situazione
finanziaria dell’impresa. In secondo luogo, deve essere fatto tutto il possibile per impedire
l’apertura di nuovi crediti e l’accumulo di nuovi debiti. In terzo luogo, lo Stato deve poter
contare sul recupero dei propri crediti entro un termine ragionevole” 54 . E’ da pensare che
queste condizioni – alle quali va aggiunta quella che il recupero avvenga alle migliori
condizioni che un diligente creditore privato tenterebbe di assicurarsi – si riferiscano a
imprese con strutturali difficoltà, posto che sarebbe difficile non riconoscere il
comportamento di un operatore privato a quanti eroghino ulteriori crediti a imprese in
temporanea crisi di liquidità.
Può giustificare un’ulteriore elasticità a questo riguardo la circostanza che il creditore sia
anche azionista dell’impresa e che l’escussione del credito potrebbe pregiudicare la
salvaguardia del suo capitale di rischio 55 . Ciò può addirittura giustificare l’erogazione di
ulteriori finanziamenti in capitale di rischio, come mostra il caso Alitalia.
L’equiparazione del comportamento del creditore pubblico con quello privato implica
ovviamente parità di condizioni. Così se lo Stato gode di privilegi nel diritto di riscuotere
suoi crediti, derivanti da norme di legge o da garanzie reali prestate dal debitore, deve farli
valere esattamente come lo farebbe un privato 56 .
Sulla disciplina delle garanzie la Commissione ha recentemente emanato una
Comunicazione che regolamenta la materia sotto il profilo degli aiuti di Stato 57 . Pur nella
varietà dei casi che si possono presentare, il criterio di valutazione resta il MEIP, con le
seguenti coordinate:
 “per determinare se attraverso una garanzia o un regime di garanzie viene concesso
un vantaggio […] la Commissione dovrebbe basare la propria valutazione sul
«principio dell'investitore operante in un'economia di mercato». Andrebbe quindi
tenuto conto delle possibilità effettive per un'impresa beneficiaria di ottenere risorse
finanziarie equivalenti ricorrendo al mercato dei capitali […];
 […] un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato può
comunque sussistere anche nei casi in cui risulti che non è stato effettuato alcun
versamento in esecuzione della garanzia prestata.
 L'aiuto deve considerarsi concesso nel momento in cui viene prestata la garanzia e
non quando la garanzia venga fatta valere o il garante provveda al pagamento” 58 .
54
Ibid., par. 40.
Cfr. Comunicazione della Commissione C61/95, Commission notice pursuant to article 92(2) of the EC Treaty to
other Member States and interest parties concernine aids for Gildemeister AG (98/C 181/05).
56
Cfr. Opinione dell’Avvocato generale Jacobs nella causa davanti alla Corte di Giustizia C-256/97 (DM Transport),
par. 36; opinione dell’Avvocato generale Mischo nella causa davanti alla Corte di giustizia C-480/98 (Spagna contro
Commissione), par. 34; Decisione della Commissione 2001/43/C (Sniace), cit.
57
Commissione europea, Comunicazione sulla applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato
concessi sotto forma di garanzie (2008/C 155/02).
58
Ibid., par. 3.1 e par. 2.1. Infatti: “Il beneficio derivante dalla garanzia statale risiede nel fatto che il relativo rischio
viene assunto dallo Stato. Tale assunzione del rischio dovrebbe in linea di principio essere remunerata con un
adeguato corrispettivo (premio). L'eventuale rinuncia, totale o parziale, al premio stesso comporta una perdita di
risorse per lo Stato e nel contempo un beneficio per l'impresa. Nel valutare se una garanzia implichi un aiuto di Stato, e
quale sia l'eventuale importo di tale aiuto, occorre quindi far riferimento al momento in cui essa viene prestata” (par.
2.1).
55
18
Su questa base comune, vengono regolamentate in modo distinto le garanzie ad hoc (a
favore di singole imprese) e i regimi di garanzia 59 . La verifica positiva del MEIP richiede
nei due casi condizioni in parte comuni e in parte diverse.
Comuni sono le condizioni di (i) assenza di difficoltà finanziarie del debitore, (ii)
corretta commisurazione della garanzia (individuazione della specifica operazione,
dell’importo massimo e dei tempi di rientro), massimale garantito non oltre l’80% del
prestito 60 , (iv) premio determinato a condizioni di mercato. La diversità riguarda i criteri di
determinazione del premio di mercato.
Per garanzie ad hoc, la Commissione suggerisce il ricorso al rating del rischio
dell’impresa beneficiaria, fornito da agenzie internazionali di rating o da banche 61 .
Il premio versato in caso di regimi di garanzia, invece, va commisurato al rischio
delle operazioni e deve includere la remunerazione del capitale del garante, anche se non
costituito o solo parzialmente costituito. La ratio di questa disposizione è di assicurare la
parità di condizioni fra soggetti garanti privati, tenuti a mantenere requisiti patrimoniali, e
lo Stato e dunque, a cascata, fra i beneficiari delle garanzie 62 .
Con la abrogazione dell’art. 2362 del c.c., relativo alla responsabilità illimitata del socio
unico, avvenuta con il d.lgs. 37/2004, viene meno anche la garanzia implicita dello Stato,
che si configurava come aiuto di Stato. Né sembra rilevante la circostanza che la
disposizione fosse neutrale rispetto al regime di proprietà delle società e dunque superasse
astrattamente il test del MEIP. Si trattava infatti di una neutralità solo formale, tenuto conto
della diversa garanzia patrimoniale fornita, direttamente o indirettamente, dal socio-Stato
rispetto a quelle individualmente fornibili da soci privati.
59
“Per «regime di garanzia» si intende qualsiasi atto normativo sulla base del quale, senza che siano richieste ulteriori
misure di attuazione, le garanzie possono essere fornite alle imprese che rispettano determinate condizioni relative a
durata, importo, operazione sottostante, tipo o dimensioni delle imprese (ad esempio le PMI)” (ibid. art. 1.3, lettera a).
60
Sono escluse da questo tetto le imprese che svolgono unicamente servizi di interesse economico generale, in base a
un incarico “debitamente conferito” (ibid., par. 3.2, lettera c)).
61
“[…] l'assunzione del rischio dovrebbe in linea di principio essere remunerata con un adeguato corrispettivo
(premio) sull'importo garantito o controgarantito. Quando il prezzo pagato per la garanzia è di entità almeno
equivalente al corrispondente parametro per il premio di garanzia sui mercati finanziari, la garanzia non implica
aiuto. Se non è possibile trovare alcun parametro corrispondente per il premio di garanzia sui mercati finanziari, il
costo finanziario complessivo del prestito oggetto di garanzia (compreso il tasso d'interesse del prestito e il premio di
garanzia) deve essere comparato al prezzo di mercato di un prestito simile non garantito. In entrambi i casi, onde
determinare il prezzo di mercato corrispondente, dovrebbero essere prese in considerazione le caratteristiche della
garanzia e del relativo prestito […]. Quest'analisi dovrebbe in particolare permettere di classificare il mutuatario
mediante un rating del rischio. La classificazione può essere fornita da un'agenzia di rating riconosciuta a livello
internazionale o, se disponibile, dal rating interno utilizzato dalla banca che fornisce il prestito in questione. La
Commissione sottolinea il collegamento tra rating e tasso di inadempimento operato dalle istituzioni finanziarie
internazionali, i cui lavori sono accessibili anche al pubblico. Per valutare se le caratteristiche del premio
corrispondono a quelle di mercato, lo Stato membro può effettuare un raffronto dei prezzi pagati sul mercato dalle
imprese con rating simili” (ibid., par. 3.2 lettera d).
62
A questo proposito la Comunicazione scende a un livello di dettaglio che appare eccessivo, differenziando la
percentuale di capitale da remunerare a seconda del rating (da un massimo dell’8% a un minimo del 2% dell’importo
garantito), fissando in 400 basic points il premio al rischio, da sommare al risk free rate ove lo Stato fornisca
effettivamente capitale al regime di garanzia (ibid., par. 3.4, lettera f).
19
3.3.- Il criterio del venditore e dell’acquirente privato
La materia è estremamente complessa ma conviene tenerla unita, sia perché vi sono
simmetrie spiccate fra i due casi, sia perché è su entrambi i terreni che molti Stati europei,
in primis l’Italia, hanno “dato il peggio”.
Infatti la peculiarità storica di molte imprese pubbliche, specie nei servizi di interesse
economico generale, è stata di essere doppiamente monopolisti: monopolisti nell’offerta di
servizi ma anche monopolisti nella domanda di molti assets (dagli acquisti di impianti agli
appalti per la costruzione di infrastrutture, al lavoro, ecc.), come invece si tende a trascurare.
Monopolisti due volte, dunque, ma monopolisti anomali. Ogni monopolista che si rispetti
cerca di sfruttare il proprio potere di mercato per ottenere le condizioni più vantaggiose:
cerca di vendere a prezzi più alti di quanto riuscirebbe a fare un operatore in concorrenza e
cerca di comprare a prezzi più bassi di quelli che sarebbe costretto a pagare se si trovasse in
quella condizione. Anche sotto questo profilo molte imprese hanno storicamente
dimostrato la loro specificità: hanno sistematicamente venduto sottocosto e acquistato a
prezzi spesso oltre misura 63 .
Il fenomeno (è questo il punto) è stato peraltro propiziato dalle asimmetrie della
disciplina europea sugli aiuti di Stato, a lungo tollerante con le imprese che svolgevano
servizi di interesse economico generale, più rigida con gli altri settori: di qui la convenienza
per gli Stati ad alimentare il canale delle aziende pubbliche a favore di soggetti che non
avrebbero potuto beneficiare di sussidi in via diretta. Né va dimenticato che fino ad alcuni
anni fa (e in certa misura tuttora) lo Stato italiano è stato azionista di imprese che operavano
sui due lati del mercato, cosicché le transazioni fra di esse si risolvevano all’interno del
sistema, con compensazione di costi e di benefici. La commistione fra lo Stato-azionistaconcedente-regolatore ha aperto la via a fenomeni di cattura del regolatore e (inediti in altri
settori) di “cattura dell’azionista”.
Ciò premesso, in generale lo Stato si presenta sul mercato come venditore di beni, imprese,
concessioni e licenze, servizi; e come acquirente di beni e di servizi. Si tratta di transazioni
che hanno oggetto profondamente diverso e nelle quali lo Stato si presenta in forme e figure
diverse: come soggetto che agisce in quanto autorità pubblica (affidamenti concessori,
rilascio di licenze, committente di servizi di interesse economico generale) oppure come
soggetto equiparabile a un privato che svolge un’attività economica. Le due figure si
mischiano contribuendo a ingarbugliare la materia.
63
Le ragioni sono varie, ma vi è una causa causans che non può essere addebitata solo alle perversioni del monopolio o
all’autolesionismo degli operatori, ma che ha carattere “ambientale” ed è il prodotto del convergere di una vastissima
messe di interessi e, in definitiva, di una radicata arretratezza culturale. Di fondo, vi è stata nella società europea (la
vena non è del tutto spenta) la percezione che i servisi di interesse economico generale avessero, strutturalmente e per
intero, natura di servizio sociale piuttosto che di attività orientata al mercato, e che l’introduzione di logiche di mercato
ne avrebbe compromesso la “naturale” vocazione. Questa generale percezione, alimentata peraltro dalla natura
pubblica delle imprese, ha fatto sì che il ruolo delle imprese pubbliche venisse diffusamente considerato nel mondo
dell’economia e della politica come quello di erogatrici di sussidi per conto dello Stato, nella forma, appunto, di bassi
prezzi di vendita e di alti prezzi di acquisto: nel mercato del lavoro, come in quello degli appalti e delle forniture.
Dunque, settori protetto sì, ma alquanto (in quanto?) “protettivi”.
20
3.3.1.- Il venditore privato
Sul “lato vendite” i casi più segnati dalla normativa comunitaria sono quelli relativi a
terreni e fabbricati pubblici, e alla privatizzazioni di imprese. A mio avviso andrebbero
però considerate anche le concessioni e la vendita di beni e servizi.
Nei primi due casi è pacifico che la figura dello Stato sia assimilabile a quella di un privato
proprietario che tenta di massimizzare l’introito della vendita. In effetti i principi-base per
escludere la presenza di aiuti sono comuni: la vendita a prezzo di mercato, sommata alle
ulteriori che il prezzo si sia formato attraverso (i) offerta pubblica adeguatamente (e
ripetutamente) pubblicizzata, (ii) incondizionata (ossia accessibile a tutti gli interessati), (iii)
ove l’acquisto sia subordinato a obbligazioni speciali, non discriminatoria fra i potenziali
acquirenti 64 . Se tali condizioni sono verificate, si assume che la transazione esprima il
prezzo di mercato, con esclusione dunque di un aiuto di Stato all’acquirente. Se invece la
procedura seguita è diversa, il prezzo deve essere congruito ex ante da un soggetto
indipendente.
I principi sono a prima vista chiari ma la loro applicazione cela problemi di varia natura,
specie quando si tratta di alienazioni di partecipazioni pubbliche nelle imprese. Problemi
che peraltro ci riguardano da vicino.
Il primo si presenta allorché si cede un’impresa in difficoltà a un prezzo negativo, vale a
dire, contro un conferimento di risorse da parte dello Stato o previa ricapitalizzazione.
Vale qui, come in ogni altro caso il criterio dell’investitore privato 65 . Così: “[…] un
investitore privato che persegue una politica strutturale, generale o settoriale guidata da
prospettive di profitto a lungo termine non può ragionevolmente permettersi di procedere,
dopo anni di perdite ininterrotte, a un conferimento di capitale che, in termini economici,
non solo risulta più costoso di una liquidazione delle attività, ma è connesso alla cessione
dell' impresa, cosa che elimina ogni prospettiva di guadagno, anche differito”. Inoltre, per
la quantificazione del costo della liquidazione (dunque della convenienza o meno della
previa ricapitalizzazione) “[…] occorre distinguere tra gli obblighi che lo Stato deve
assumere come proprietario azionista di una società e quelli che possono incombergli come
autorità pubblica”. Nella prima veste lo Stato è responsabile dei debiti della società solo
nei limiti del capitale sociale, mentre “applicando il criterio dell' investitore privato, non
deve tenersi conto degli oneri inerenti al costo del licenziamento dei lavoratori, al
pagamento dei sussidi di disoccupazione ed agli aiuti alla ricostruzione del tessuto
industriale” 66 .
L’applicazione del MEIP alla privatizzazione delle imprese che producono servizi di
interesse economico solleva a mio avviso non pochi problemi. La questione di fondo è se
64
Per la vendita di terreni e fabbricati: Commissione europea, Comunicazione 97/C 209/03, relativa agli elementi di
aiuto di Stato connessi alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorità (par. II.1); cfr. anche Tribunale
di I grado, Causa T-274/01 (Valmont Nederland BV contro Commissione – prezzo di vendita di un terreno). Per la
cessione di partecipazioni pubbliche cfr. Commissione Europea, XXX Rapporto sullo stato della concorrenza, par. 318;
Corte di giustizia: Causa C.334/99 (Germania contro Commissine – Privatizzazione – trasparenza); Cause riunite C278-279-280, cit, par. 28. Se la cessione avviene mediante transazioni di borsa o mediante collocamento in borsa, si
assume che il principio si a rispettato.
65
Cfr. Corte di giustizia, Causa C-334/99 (Germania contro Commissione - Gröditzer Stahlwerke GmbH), par. 133;
Causa C-482/99 (Francia contro Commissione – Stardust), par. 70.
66
Corte di giustizia, cause riunite C-278-278-280 (Spagna contro Commissione), par. 26 e 22 (enfasi aggiunta).
21
queste operazioni debbano essere realizzate nell’interesse dell’azionista, dunque rispettando
il MEIP e al massimo prezzo, oppure in quello della collettività. I due interessi non sempre
convergono, tanto meno quando le privatizzazioni riguardano servizi infrastrutturali che
richiedono forti impegni di investimento a lungo andare, vale a dire, un ottica “sul dopo”
estranea al venditore privato.
Se guardiamo alle privatizzazioni dei settori infrastrutturali realizzate in Italia (AdR,
Autostrade, Telecom Italia), non si può non osservare come le cessioni abbiano rispettato
perfettamente il MEIP, finalizzate come sono state a massimizzare l’introito dello Statoazionista, anche mediante concessioni in materia di indebitamento e di consolidamento
dello stesso in capo alle società acquistate, con conseguente insostenibilità a lungo andare
per l’acquirente. E accollando sulla collettività consistenti oneri futuri derivanti dall’arresto
degli investimenti, rivendicazioni tariffarie. Ciò è stata la diretta conseguenza dei conflitti di
interesse all’interno dello Stato (azionista, concedente, regolatore) e del prevalere su tutte
della prima figura.
Trattandosi non di imprese manifatturiera ma di servizi pubblici, forse esistevano altri modi
per condurre le operazioni. Ad esempio, si poteva procedere alla cessione fissando un
“prezzo ragionevole” e facendo dei programmi di investimenti e della qualità i fattori
vincenti; e precostituendo ex ante un sistema certo di regole e di relazioni concessorie.
Per le concessioni (altro capitolo nero della storia patria) non mi risulta esista
giurisprudenza che applichi il MEIP. Si tratta in effetti di un “mercato” nel quale lo Stato si
presenta sì come “venditore” (come concedente) ma nella veste autorità pubblica, tanto più
nei casi nei quali ricorra il regime di riserva ex articolo 43 della Costituzione.
E’ da discutere tuttavia se la fissazione delle condizioni economiche per gli
affidamenti concessori non sia valutabili sulla base del MEIP e se non siano mutuabili al
riguardo parte dei criteri - seppure enunciati in tutt’altro contesto e senza espresso
riferimento al MEIP - della sentenza Altmark 67 . Così, una volta che lo Stato abbia assolto i
suoi compiti di autorità pubblica stabilendo ex ante le condizioni concessorie “di base”
(modalità di affidamento, assetto regolatorio e tariffario, compiti e obblighi del
concessionario, sanzioni, ecc.) il corrispettivo potrebbe essere determinato dallo Stato
nell’altra veste, “come se” lo Stato fosse un soggetto privato. Va aggiunto che è prassi
usuale in Italia procedere ad affidamenti concessori camuffati da privatizzazioni di società
concessionarie: per simmetria potrebbe essere in entrambi i casi applicato il MEIP.
A rigore il MEIP andrebbe applicato anche ai casi di vendita di beni o servizi da parte dello
Stato o di imprese controllate da poteri pubblici.
In entrambi i casi vale il principio generale, enunciato alla sezione 3.1.1, che i ricavi
di mercato, in rapporto ai costi, siano a lungo andare tali da permettere una normale
remunerazione delle partecipazioni pubbliche. Se ciò non fosse si potrebbero in teoria
configurare due beneficiari degli aiuti di Stato, alternativamente o congiuntamente:
l’impresa stessa e i suoi clienti, ove la rinuncia dello Stato alla remunerazione del capitale
sia traslata a valle in bassi prezzi di vendita. Ove fosse effettivamente implementato anche
in questo campo, il test porrebbe però le imprese pubbliche in oggettivo svantaggio
competitivo con quelle private quanto a politica dei prezzi. Mentre infatti le imprese private
67
Corte di giustizia, Causa C-280/00 (“Altmark”).
22
possono lecitamente competere con la leva dei prezzi, subordinatamente alla condizione di
non praticare prezzi predatori, l’asticella del prezzo praticabile da quelle pubbliche sarebbe
più alta, dovendo includere anche una normale remunerazione del capitale.
Esclusa è invece l’applicazione del MEIP a tariffe e prezzi amministrati, poiché la loro
fissazione rientra fra le attribuzioni dello Stato come autorità pubblica 68 . Ciò riduce i
margini per le prove a discarico, posto che elimina uno dei quattro elementi che possono
essere utilizzati dagli Stati a giustificazione delle proprie misure.
3.3.2.- L’acquirente privato
Sebbene ci troviamo su un terreno regolamentato da altre norme comunitarie e nazionali
(appalti e contratti pubblici, affidamento di servizi in regime di obbligo di servizio pubblico,
conferimento di diritti speciali o esclusivi, ecc.), ciò non impedisce che la materia sia
affrontata anche attraverso l’applicazione del MEIP: il quale, va ricordato, non guarda né
alle motivazioni né all’oggetto, bensì agli effetti.
La ratio dell’applicazione del MEIP in questo caso è sostanzialmente simmetrica a quella
del venditore privato. Secondo la giurisprudenza comunitaria per l’applicazione del
principio bisogna dimostrare che: a) l’acquisto di beni o servizi corrisponde a effettive
necessità dei poteri pubblici, b) che questo avvenga attraverso una gara di appalto pubblica
e c) che la gara sia stata sufficientemente pubblicizzata 69 .
Una particolare e rilevantissima categoria di acquisti è quella legata all’affidamento di
servizi di interesse economico generale in regime di obblighi di servizio 70 . Qui lo Stato può
essere visto come acquirente di tali servizi per conto della collettività, contro un
corrispettivo rappresentato dalla compensazione dell’impresa incaricata. Anche in questo
caso lo Stato si presenta con una doppia veste, in verità con labili confini: quello di autorità
pubblica e quello di un soggetto che svolge funzioni economiche “alla stregua” di un
operatore privato. Può essere interessante guardare questa materia alla luce dei principi
ricordati sopra.
In primo luogo, l’articolo 16 del Trattato permette ampia discrezionalità degli Stati di fissare
l’asticella sul livello dei servizi pubblici da garantire alla collettività e dunque
eventualmente da sottrarre alle regole della concorrenza, secondo criteri di proporzionalità,
ex art. 86(2) del Trattato, con l’imposizione di obblighi di servizio pubblico. In base al
primo dei principi enunciati sopra, a rigore gli Stati dovrebbero preventivamente verificare
“l’effettiva necessità dell’acquisto”, vale a dire, il fallimento del mercato nel fornire
liberamente servizi giudicati adeguati alle esigenze della collettività 71 . Spetta dunque allo
68
“il principio dell’investitore operante in economia di mercato […] può essere applicato soltanto nell’esercizio di
attività economiche, mai nell’ambito dell’esercizio di poteri di regolamentazione” [Commissione europea Decisione
2004/393/CE (“Charleroi”)], cit., p. 3, nota 7.
69
Cfr. al riguardo Tribunale di I grado: causa T-14/96 (BAI contro Commissione), par. 6,71,76,79; cause riunite T116/01 e T-118/01, par. 116-118. Cfr. anche Commissione europea: Comunicazione sulla disciplina comunitaria per
gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo (96/C 45/06), par. 2.5; Comunicazione sugli orientamenti comunitari in
materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi (97/C 205_5), cap. 5.
70
Cfr. ad esempio Corte di giustizia, Cause riunite C-83/01P, C-93/01P e C-94/01P (Francia, La Poste, Cronoposte
contro Commissione).
71
Si tratta in verità di una verifica raramente effettuata in modo serio e convinto, come si può vedere anche alla luce
delle vicissitudini della normativa italiana sui servizi pubblici locali. Questo accertamento mi sembra tuttavia
23
Stato come autorità pubblica definire il perimetro dei servizi da sottoporre al regime di
obblighi di servizio pubblico e stabilire la natura della compensazione: monetaria o
attraverso il conferimento di diritti esclusivi o di diritti speciali, o il cumulo di tali misure.
La definizione del quantum, invece, dovrebbe attenere all’altra veste dello Stato e dunque
essere soggetto al test del MEIP, immedesimando lo Stato in un ipotetico soggetto privato,
titolare delle sue funzioni e con i suoi stessi obiettivi, che miri a minimizzare i costi. Per le
compensazioni finanziarie valgono i criteri Altmark 72 , che implicitamente applicano il
MEIP (o che non lo contraddicono) e la cui sussistenza esclude la fattispecie di cui all’art.
107(1) del Trattato.
In pratica la situazione può essere alquanto più complessa. Un caso che vale la pena
richiamare è la controversia fra la Commissione e La Poste, nella quale la prima rilevava il
mancato rispetto del MEIP nella assistenza commerciale e logistica fornita dall’impresa a
Chronopost. La sentenza del Tribunale di I grado, che parzialmente confermava la
Decisione della Commissione 73 venne ribaltata dalla Corte di giustizia eccependo la non
corretta applicazione del MEIP: “A causa delle caratteristiche del servizio che la rete di La
Poste deve assicurare, la costituzione e il mantenimento di tale rete non rispondono a una
logica puramente commerciale. […] Pertanto, tale rete non sarebbe mai stata costituita da
un'impresa privata. Di conseguenza, in mancanza di qualsiasi possibilità di paragonare la
situazione di La Poste con quella di un gruppo privato di imprese che non opera in un
settore riservato, le «condizioni normali di mercato», che sono necessariamente ipotetiche,
devono valutarsi con riferimento agli elementi obiettivi e verificabili che sono disponibili.
[…] Su questa base, si può escludere l'esistenza di un aiuto di Stato a favore della SFMIChronopost qualora, da un lato, venga accertato che la contropartita richiesta copra
debitamente tutti i costi aggiuntivi variabili sopportati per la fornitura dell'assistenza
logistica e commerciale, un contributo adeguato ai costi fissi conseguenti all'utilizzazione
della rete postale nonché una remunerazione adeguata dei capitali propri nella parte in cui
essi sono destinati all'attività concorrenziale della SFMI-Chronopost, e qualora, dall'altro,
nessun indizio faccia ritenere che tali elementi siano stati sottovalutati o stabiliti in modo
arbitrario” 74 .
Un’altra rilevantissima categoria di acquisti riguarda gli appalti per opere, portatori di aiuti
di Stato nella misura in cui siano sottratti alla normativa dei contratti pubblici o questa sia
elusa.
Incidentalmente, sarebbe interrante al riguardo verificare la portata – e i rischi –
dell’applicazione dell’art. 30 della Direttiva 2004/17/CE 75 , che sottrae alla disciplina degli
appalti pubblici – previo scrutinio della Commissione – quei settori (energia, acqua,
trasporti, poste) dove esistesse effettiva concorrenza 76 . La ratio della norma è che ove vi sia
essenziale per verificare il rispetto del principio di proporzionalità nella limitazione della concorrenza (dunque nella
alterazione degli scambi infra-comunitari).
72
Corte di giustizia, Causa C-280/00, cit., art. 2.
73
Tribunale di I grado, Causa T-613/97 (Ufex e a./Commissione) relativa alla Decisione della Commissione 98/365/CE.
74
Corte di giustizia, Cause riunite C-83/01P, C-93/01P e C-94/01P, cit., par. 36,38, 40.
75
Direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che coordina le procedure di appalto
degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali
76
“Gli appalti destinati a permettere la prestazione di un'attività di cui agli articoli da 3 a 7 non sono soggetti alla
presente direttiva se, nello Stato membro in cui è esercitata l’attività, questa è direttamente esposta alla concorrenza su
mercati liberamente accessibili” (ibid., art. 30, comma 1).
24
piena concorrenza, e ove dunque non siano titolari di diritti esclusivi o speciali, le imprese
pubbliche siano costrette a comportarsi come imprese private e che quindi come tali vadano
trattate 77 .
Fermo restando (ritengo) il diritto della Commissione di verificare ex post la
congruità delle condizioni di acquisto, per il resto l’equiparazione fra imprese pubbliche e
private dovrebbe “assorbire” il MEIP, vale a dire, portare a presumere che questo sia
rispettato indipendentemente dal ricorso o meno a gare di appalto. Considerati i precedenti
ricordati sopra e l’enormità degli interessi in gioco, non sembra trascurabile il rischio che
l’applicazione della norma possa essere foriera di aiuti di Stato a favore delle controparti
delle imprese “liberate”.
4.- Il caso Alitalia
Quello Alitalia (1997-2007) è la summa di buona parte delle casistiche considerate finora:
la remuneratività a lungo andare della partecipazioni pubbliche, il conferimento di nuovo
capitale di rischio e di credito, l’alienazione delle partecipazioni pubbliche, l’accollo allo
Stato di debiti dell’impresa, rappresentano un condensato delle problematiche di
applicazione – e di non applicazione – su più fronti del MEIP.
Sul primo punto non vi è molto da dire: a partire dalla liberalizzazione del trasporto aereo,
gli esercizi che Alitalia ha chiuso in attivo prima di perdere la qualità di impresa pubblica
sono una frazione marginale del totale. Se dunque la Commissione avesse applicato il
criterio enunciato nella sezione 3.1.1, la Società sarebbe stata liquidata (o risanata) da un
pezzo.
Più interessante e controversa la vicenda della ricapitalizzazione avvenuta nel 1997 e delle
vicende che l’hanno seguita.
L’impostazione metodologica della Commissione, che porterà alla Decisione 97/789/CE, è
quella indicata dalla Comunicazione sugli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione civile 78 :
“Il principio dell'investitore [privato] [...] sarà di regola soddisfatto quando la struttura e le
prospettive future della società siano tali da far prevedere entro un lasso di tempo
ragionevole una redditività (mediante pagamenti di dividendi o incrementi di capitale) che
potrà essere considerata normale se paragonata ad un'analoga impresa privata […]. Un
investitore che opera in un'economia di mercato fornirà di norma capitale di rischio se il
valore attuale dei flussi di cassa attesi dall'investimento progettato (che spetteranno
all'investitore in forma di dividendi e/o incrementi di capitale, debitamente corretti per
tener conto del rischio) è superiore al costo del nuovo apporto” (par. 28).
77
Infatti: “La necessità di garantire l’effettiva liberalizzazione del mercato e un giusto equilibrio nell’applicazione
delle norme sull’aggiudicazione degli appalti nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali
esige che gli enti interessati siano definiti in modo diverso dal riferimento alla loro qualificazione giuridica. Non
dovrebbe dunque essere violata la parità di trattamento tra enti aggiudicatori del settore pubblico ed enti che operano
nel settore privato. Si dovrebbe inoltre far sì che, a norma dell’articolo 295 del trattato, sia lasciato impregiudicato il
regime di proprietà esistente negli Stati membri” (ibid., CONS. 10).
78
Commissione europea, Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato e dell’articolo 61 dell’Accordo SEE agli aiuti
di Stato nel settore dell’aviazione civile (Comunicazione 94/C 340/07).
25
Nel caso Alitalia, che si trovava in consistente perdita, le prospettive di redditività
dipendevano largamente dal piano di ristrutturazione presentato dal Governo italiano, al cui
finanziamento erano destinata la ricapitalizzazione, inizialmente prevista in 3.310 miliardi
di lire e poi portati a 2.750 (di cui 1.000 già erogati da IRI). Era prevista una partecipazione
al capitale da parte dei dipendenti della compagnia per 310 miliardi di lire e il collocamento
successivo di una quota del capitale presso investitori privati.
Assistita da un consulente, la Commissione eccepì che il piano Alitalia non si
configurava come un business plan ma come un turnaround plan, dunque un piano
caratterizzato da un rischio molto elevato. Tanto elevato che il tasso annuo minimo di
rendimento (hurdle rate) che il mercato avrebbe richiesto a un investitore privato si sarebbe
collocato fra il 30% e il 40%, portato poi al 30% in sede di decisione, anche a seguito degli
aggiustamenti del piano nel corso della procedura. Per contro la Commissione stimava
intorno al 20% il tasso interno di rendimento dell’operazione, con una forchetta fra il
13,1% e il 24,8%. Tale calcolo – questo fu uno dei punti più controversi – si basava
sull’esclusione dei costi che IRI avrebbe dovuto sostenere in caso di fallimento della
Società, incluso il mancato rimborso di circa 900 miliardi di debiti Cofiri, appartenente alla
stessa IRI. Ne seguiva, secondo la Commissione, che l’operazione non era giustificabile alla
luce del MEIP, che dunque si configurava come aiuto di Stato e che poteva essere
autorizzata subordinatamente a una serie di condizioni che non rilevano qui.
Come è noto la Decisione della Commissione è stata annullata dal Tribunale di I grado,
sulla base delle seguenti considerazioni:
a) mentre respingeva, sulla base di quanto sopra ricordato, le argomentazioni di Alitalia
in ordine al concorso di investitori privati,
b) il Tribunale eccepiva che la Decisione non era sostenuta da motivazioni concrete in
ordine alla determinazione nel 30% dell’hurdle rate, se non che si trattava di un
valore mutuato da una precedente decisione in merito alla ricapitalizzazione di
Iberia 79 ; in altre parole, il valore stimato non era sorretto da calcoli analitici quanto
piuttosto dall’unico precendente disponibile 80 ;
c) sul tasso interno di rendimento il Tribunale censurava la Commissione per aver
escluso dal suo calcolo i costi di insolvenza, qualora la ricapitalizzazione non avesse
avuto luogo 81 ; del resto, dal momento che 1.000 dei 2.750 miliardi di lire di
ricapitalizzazione erano stati utilizzati per rimborsare il debito verso Cofiri (e che
79
Commissione europea, Decisione 96/278/CE del 31 gennaio 1996.
“Occorre pertanto concludere che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione nella parte in cui
fissa per l'investimento dell'IRI lo stesso tasso minimo di quello determinato nella decisione Iberia” (T-296/97, par.
137).
80
81
“la Commissione ha commesso un manifesto errore di valutazione nel considerare, in base ai motivi presentati nella
decisione impugnata, che i costi di insolvenza relativi ai prestiti accordati dalla Cofiri dovevano essere esclusi dal
calcolo del tasso interno” (ibid, par. 150). Ad avviso della Commissione tali costi andavano esclusi in quanto “i costi
dell'insolvenza derivano sostanzialmente dalla perdita dei prestiti a breve termine concessi prima del giugno 1996
all'Alitalia dalla società finanziaria Cofiri, controllata dall'IRI, e rimborsati nel giugno e luglio 1996 grazie al
contestuale versamento dell'anticipo di 1.000 miliardi di lire, il che consente peraltro di equiparare in pratica questa
doppia operazione ad una conversione di prestiti in capitale. Ebbene, un investitore privato guidato da previsioni di
redditività di più lungo periodo non fonda la sua decisione sul computo di un possibile vantaggio immediato se la
situazione reale dell'impresa non è sufficientemente buona da giustificare impegni duraturi” (Decisione 97/789, par.
VII, settimo comma).
26
tale finanziamento non era stato provato essere frutto di un aiuto di Stato), delle due
l’una: (i) gli oneri di IRI mancato rimborso del debito veniva considerato nel calcolo,
oppure (ii) andava riconsiderato, ai fini del calcolo del tasso interno di rendimento,
non il valore pieno della ricapitalizzazione ma la differenza fra quanto lo Stato
avrebbe versato come capitale di rischio e quanto si sarebbe ripreso come capitale di
debito.
La Decisione della Commissione è stata dunque censurata su entrambe le “lame”
dell’applicazione del MEIP, il benchmark e il tasso di rendimento dell’operazione specifica:
nel metodo e nelle (mancate) motivazioni, non nel calcolo. Va aggiunto però che anche
lasciando immutato al 30% l’hurdle rate, secondo i calcoli di Alitalia per effetto
dell’inclusione dei mancati costi di insolvenza il tasso interno di rendimento sarebbe
aumentato in misura tale da superare il 30%. Infatti nelle prime stime del consulente della
Commissione, la forchetta del tasso interno di rendimento era compresa fra – 12,5% e +
25,7%, in relazione ai diversi scenari, fra i quali assumeva peso preminente proprio il
trattamento dei costi di insolvenza.
Con Decisione 2001/723/CE82 (confermata dal Tribunale di I grado 83 ) la Commissione
confermava le conclusioni della precedente Decisione pur rettificandola nelle parti censurate
dal Tribunale, e precisamente: a) confermando il valore del 30% assegnato all’hurdle rate,
motivando che la situazione di Alitalia presentava rischi non inferiori a quelli di Iberia; b)
includendo i costi di insolvenza, in particolare quelli relativi al debito verso Cofiri, e gli
ultimi aggiustamenti del piano prodotti dalla Compagnia prima della Decisione del 1997; di
conseguenza il tasso interno di rendimento aumentava, nel minimo, rispetto a quello
indicato nella Decisione del 1997, portando la forchetta a valori compresi fra 25,2% e
26,1% 84 , comunque inferiori a tasso minimo indicato sopra.
In sostanza, la Commissione seguitava a giocare sul proprio terreno, limitandosi a
motivare i propri numeri, posto che tale verifica non era di competenza delle Corti
comunitarie.
82
Commissione europea, Decisione 2001/723/CE del 18 luglio 2001.
Tribunale di I grado, causa T-301/01.
84
“Per determinare il valore di Alitalia alla fine del 2000 e, quindi, a partire da tale valore, quello della partecipazione
dell'IRI nella società a tale data, la Commissione ha seguito un'impostazione paragonabile a quella seguita nel caso
Iberia (16). Essa consiste nel moltiplicare il flusso di cassa stimato da Alitalia di un anno tipico posteriore all'anno
2000 per un coefficiente che attualizzi tutti i flussi di cassa futuri. Detraendo dal valore dell'attivo così calcolato
l'indebitamento dell'anno 2000, si ottiene il valore dei capitali propri a tale data. Il coefficiente moltiplicatore
applicato al profitto di un anno tipico si determina in funzione sia del tasso di crescita medio del flusso di cassa in tutti
gli anni successivi al 2000 sia del tasso di attualizzazione scelto per l'anno 2000. Quest'ultimo tasso non è altro che il
costo medio ponderato del capitale per Alitalia a tale data, che risulta pari al 9,53 %, media ponderata del costo
stimato del suo indebitamento (7,2 %) e del costo dei capitali propri (14 %) valutato mediante ricorso al «Capital Asset
Pricing Model». A questo punto è necessario insistere sul fatto che il costo medio ponderato del capitale in tal modo
definito non tiene altrimenti conto del rischio specifico di Alitalia. Quanto al tasso di crescita medio annuo del flusso di
cassa della società dopo il 2000, sembra ragionevole fissarlo al valore del 4,5 % in lire correnti. Tale valore è
determinato a partire dal tasso di crescita a lungo termine dell'economia, dal moltiplicatore di questo tasso specifico
del settore del trasporto aereo, dall'evoluzione attesa dei ricavi unitari e dal tasso di inflazione. Ne risulta che il valore
della partecipazione dell'IRI in Alitalia nel dicembre 2000 ascende rispettivamente a 4 206 o a 4 330 miliardi di lire a
seconda della normativa fiscale che sarà applicata” (ibid., par. 22)
83
27
5.- Conclusioni
Il MEIP è un criterio che nel tempo è diventato centrale per verificare l’esistenza di elementi
di aiuto nei rapporti fra Stato e imprese: è un criterio trasversale, in quanto applicabile
potenzialmente a tutte le fattispecie, sulla carta dirimente poiché il suo rispetto rende
ininfluenti altre eventuali cause che altrimenti potrebbero configurare un aiuto di Stato.
La Commissione 85 si dichiara conscia della complessità di calare il MEIP nelle situazioni
concrete, così come delle riserve di Stati e operatori che “l’applicazione del principio
dell’economia di mercato possa far sì che il giudizio della Commissione si sostituisca a
quello dell’investitore nella valutazione dei progetti di investimento […]. La Commissione è
consapevole del fatto che l’analisi del rischio impone alle imprese pubbliche, come a quelle
private, di esercitare capacità imprenditoriali, il che comporta inevitabilmente un ampio
margine di giudizio da parte dell’investitore; entro tale ampio margine di giudizio, la
valutazione operata dall’investitore pubblico non può essere considerata come afferente ad
aiuti di Stato”, salvo prova contraria, il cui onere incombe sulla Commissione (paragrafo
27). E ancora: “La Commissione non intende affatto applicare i principi di cui alla presente
comunicazione (in un campo che è necessariamente complesso) in modo dogmatico e
dottrinale, dovendosi ammettere che le decisioni imprenditoriali di investimento
comportano necessariamente un ampio margine di valutazione”(paragrafo 29).
A voler tentare un bilancio della applicazione del MEIP si può concludere che si tratta di
uno strumento utile per impostare e tentare di dare razionalità economica alle valutazioni in
materia di aiuti alle imprese, sfrondando il terreno da situazioni manifestamente nella
norma o fuori norma e per il resto attribuendo alla Commissione forza contrattuale per
negoziare quelle che invece si trovano nella zona grigia. In altri casi (si è visto per le
privatizzazioni di settori nei quali le considerazioni ispirate all’interesse privato dovrebbero
cedere ad altre più attente all’interesse generale) la sua stretta applicazione si è rivelata
dannosa.
E però nella zona grigia che si trovano i casi più rilevanti: gli interventi di salvataggio o di
ristrutturazione industriale e quelli su imprese appartenenti a gruppi industriali, il recupero
dei crediti da imprese in difficoltà e il caso di cumulo fra creditore e azionista, le
applicazioni del MEIP allo Stato come acquirente e come venditore.
Per questi casi, che rappresentano la maggioranza, i margini di incertezza sono tali da
attribuire alla Commissione poteri discrezionali molto considerevoli. La sensazione è che
la Commissione ne abbia fatto talvolta un uso disinvolto, spesso un uso spigoloso, con un
certo integralismo non in linea con la flessibilità dichiara sopra, forse giustificato, da un
lato, da obiettivi di deterrenza e, dall’altro, dal carattere dirimente del test.
La labilità della materia è del resto confermata dal gran numero di decisioni
annullate, in tutto o in parte, dalle Corti comunitarie.
85
Commissione europea, Comunicazione 93/C 307/03, cit., par. 27 e 29.
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