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ASTRID Gruppo di studio sugli aiuti di Stato MARIO SEBASTIANI (*) Il principio dell’investitore di mercato 20 maggio 2010 (VERSIONE PROVVISORIA E INCOMPLETA) Schema 1.- Aspetti introduttivi 2.- Genesi del principio dell’investitore di mercato 3.1.- Il criterio dell’investitore privato 3.1.1. – La partecipazione al capitale 3.1.2.- Il conferimento di nuovi capitali 3.2.- Il criterio del creditore privato 3.3.- Il criterio del venditore e dell’acquirente privato 3.3.1.- Il venditore privato 3.3.2.- L’acquirente privato 4.- Il caso Alitalia 5.- Conclusioni p. 2 p. 3 p. 9 p. 9 p.11 p.15 p.20 p.21 p.23 p.25 p.28 (*) Università di Roma ‘Tor Vergata’ ([email protected]) 1 1.- Aspetti introduttivi La prassi decisionale della Commissione e le sentenze della Corte di Giustizia hanno ormai definito un quadro sufficientemente chiaro per identificare i casi nei quali ricorrono fattispecie di aiuti di Stato, il quale si incentra sulla compresenza delle seguenti condizioni1 : il trasferimento di risorse Statali “sotto qualsiasi forma”, un vantaggio economico altrimenti non conseguibile, la selettività della misura, l’impatto distorsivo sulla concorrenza nel mercato interno. Si tratta di condizioni – in parte espressamente indicate nell’art. 107(1) del Trattato – declinate e approfondite nel tempo dalla Commissione e dalla giurisprudenza comunitaria, che oggi rappresentano una base accertata di valutazione della sussistenza dell’elemento di aiuto. La materia qui sviluppata riguarda l’accertamento della seconda delle quattro condizioni: accertamento che, in forza del carattere cumulativo di esse, rileva solo ove sussistano le altre tre; per converso, l’esclusione di un vantaggio economico differenziale renderebbe irrilevante la verifica delle altre tre condizioni. Schematicamente il criterio del normale investitore di mercato (d’ora in poi il MEIP – market economy investor principle) è diretto ad accertare se le condizioni alle quali soggetti pubblici, direttamente o indirettamente forniscono risorse alle imprese siano ispirate a quelle che un investitore privato pretenderebbe sulla base di normali criteri commerciali. In realtà è riduttivo identificare il principio come quello dell’investitore di mercato, posto che esso si applica potenzialmente a un vasta tipologia di interventi in occasione dei quali i soggetti pubblici possono presentarsi con “cappelli” differenti: come investitori, creditori, garanti, acquirenti o venditori. Sebbene sarebbe quindi più appropriato identificarlo come principio dell’operatore di mercato, in quanto segue mi atterrò alla consuetudine, identificandolo indifferentemente con MEIP. La portata del criterio è limitata ai casi nei quali i poteri pubblici svolgono funzioni di natura economica, con esclusione di quelli nei quali essi agiscono come autorità pubbliche (ad esempio in campo regolamentare o fiscale). Ovviamente ciò non implica che situazioni riconducibili a questa seconda veste siano esenti dalla normativa degli aiuti di Stato 2 ma più limitatamente che non è applicabile il principio in questione 3 . Vanno dunque escluse considerazioni ed effetti di natura sociale, politica o filantropica 4 , così come in generale esternalità positive che ricadano nell’ambito delle molteplici funzioni che il soggetto pubblico svolge (ad esempio, minori costi o maggiori introiti in termini di sussidi di disoccupazione, contributi previdenziali e imposte). Inoltre il MEIP va applicato in base ai prevedibili effetti che la misura può generare, non sulla base delle cause o delle motivazioni di esse 5 . 1 Cfr. ad esempio Comunicazione della Commissione, State Aid and Risk Capital (2001/C 235/03), par. IV.3. CFr. ad esempio Corte di giustizia: Causa C-387/92 (Banco de Crédito Industrial SA, now Banco Exterior de España SA), par. 14; Causa C-6/97 (Italia contro Commissione – recupero crediti di imposta), par. 6. 3 Commissione europea, Decisione 2004/393/CE (Charleroi), n. 7, pag. 3. 4 In tal senso l’Opinione dell’Avvocato Generale Jacobs, par. 28, nel contesto delle cause riunite C-278-280/92. 5 Cfr. Causa C-173/73, par. 2. 2 2 In quanto segue affronterò la tematica del MEIP: a) premettendo un breve excursus su come l’applicazione del MEIP si sia andato generalizzando, per settori economici, per la figura dei beneficiari, per la tipologia di misure considerate; b) delineando il quadro normativo vigente; c) discutendo infine della applicazione del test, e della sua evoluzione, alle diverse fattispecie, così come delle difficoltà pratiche e dei limiti di applicazione. L’analisi riguarda unicamente l’accertamento o meno della sussistenza dell’aiuto sulla base dell’applicazione del MEIP. Non mi occuperò invece del secondo step - le condizioni che possono rendere un aiuto compatibile ex art. 107(2-3) del Trattato. 2.- Genesi del principio dell’investitore di mercato I primi casi di espresso ricorso al MEIP sono a cavallo degli anni ’70-’80, focalizzati sulle imprese pubbliche come beneficiari delle misure di aiuto, soprattutto con riguardo ai conferimenti di capitale di rischio. Ciò non stupisce tenuto conto del fatto che all’epoca parte consistente dell’economia degli Stati membri era controllata da imprese pubbliche, dell’interesse di questi a rafforzare i campioni nazionali, tanto più in vista delle liberalizzazioni in corso o in fieri, e dunque dell’esigenza della Comunità di tutelare le imprese private. Insomma, la particolare attenzione era giustificata dalla necessità di limitare la dominanza delle imprese pubbliche all’interno di ciascuna economia, da un lato, e di abbattere gli ostacoli ai processi di liberalizzazione. Al tempo stesso, conferimenti di capitali di rischio e prestiti agevolati erano il mezzo più comunemente utilizzato per rafforzare/salvare/ristrutturare le imprese pubbliche o per assumere partecipazioni di “salvataggio” in imprese private. Non che fossero ignorate altre forme di aiuti, quali le garanzie, acquisti e vendite a prezzi non di mercato (che vedremo saranno affrontati dalla Commissione e dalla Corti comunitarie 6 ), ma si tratterà di interventi relativamente sporadici. Il bersaglio grosso saranno inizialmente le relazioni finanziarie fra Stati e imprese pubbliche, con particolare riferimento ai conferimenti di capitale. Il fronte di belligeranza viene aperto nel 1980 con la Direttiva 723 7 sulla trasparenza finanziaria fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche8 . La Direttiva imponeva che gli 6 Si veda del resto la Sentenza della Corte di giustizia fin dal caso C.-30/59: “Il concetto di aiuto […] vale a designare non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni, ma anche degli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano su di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti. Poiché queste definizioni non sono contenute nel Trattato, esse possono essere accettate soltanto a condizione che altre disposizioni del Trattato o gli scopi da questo perseguiti ne confermino il contenuto” (par. B, punto 1.1.A). 7 Direttiva 80/723/CEE della Commissione del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (O.J. L 195 del 29.07.80, pp. 35-37). 8 Intendendo per impresa pubblica: “ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina”. “L'influenza dominante è presunta qualora i poteri pubblici, direttamente o indirettamente, nei riguardi dell'impresa: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto dall'impresa, oppure b) dispongano della maggioranza dei voti attribuiti alle quote emesse dall'impresa, oppure c) possano designare più della metà dei membri dell'organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa” (Ibid., art. 2). La nozione di influenza dominante verrà estesa nel tempo a quella derivante da disposizioni normative (cfr. Direttiva 3 Stati membri dessero evidenza e ponessero a disposizione della Commissione, in particolare: “a) il ripiano di perdite di esercizio; b) i conferimenti in capitale sociale o dotazione; c) i conferimenti a fondo perduto od i prestiti a condizioni privilegiate; d) la concessione di vantaggi finanziari sotto forma di non percezione dei benefici o di non restituzione dei crediti; e) la rinuncia ad una remunerazione normale delle risorse pubbliche impiegate; f) la compensazione di oneri imposti dai poteri pubblici” (art. 3). Che con la Direttiva sulla trasparenza finanziaria ci si stesse avviando lungo una china pericolosa - che l’aria stesse cambiando e che il bersaglio finale fossero le misure a favore delle imprese pubbliche, come peraltro espressamente dichiarato nelle premesse 9 - fu subito avvertito dagli Stati 10 . In effetti, pur non menzionandolo la Direttiva fa da apripista a una serie di provvedimenti comunitari che enunceranno il MEIP. Al tempo stesso la portata originaria della Direttiva verrà progressivamente ampliata, sia riguardo ai settori di pertinenza che alle obbligazioni in capo agli Stati: sul primo punto, la Direttiva 85/413/CEE 11 estende il campo di applicazione a settori originariamente esclusi - in particolare: acqua, energia, poste e telecomunicazioni, trasporti, enti creditizi (questi ultimi a determinate condizioni) 12 - argomentando che erano venute meno le ragioni (l’“esulare dal settore concorrenziale”) che ne aveva originariamente giustificato l’esclusione; sul secondo punto la Direttiva 2000/52/CE impone l’ulteriore obbligo di contabilità separata (in funzione della “trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese”) per le imprese assegnatarie di diritti esclusivi o speciali, o che sia comunque incaricata di servizi di interesse economico generale con l’evidente scopo di fare 2000/52/CE della Commissione, che modifica la Direttiva 80/723), fino a estendersi anche a soggetti (ad esempio le Camere di commercio) le cui fonti di provento siano imposte da leggi o norme (Cfr. Sentenze della Corte di Giustizia relative alle cause 47/69, 78/76, 259/85, C-200/97), e dunque anche alle imprese nelle quali questi detengono, singolarmente o in concorso con altri soggetti pubblici, partecipazioni determinanti. 9 “considerando che in virtù del trattato CEE la Commissione ha il dovere di accertarsi che gli Stati membri non concedano alle imprese, sia pubbliche che private, aiuti incompatibili con il mercato comune; considerando che la complessità delle relazioni finanziarie intercorrenti tra poteri pubblici nazionali e imprese pubbliche è tuttavia tale da ostacolare l'esecuzione di tale compito; considerando inoltre che un'applicazione efficace ed equa alle imprese pubbliche e private delle regole del trattato CEE relative agli aiuti non può essere operata sino a quando tali relazioni finanziarie non siano rese trasparenti”. 10 Francia, Italia e Gran Bretagna (Cause riunite C- 188-189-190/80) fecero infatti appello alla Corte di Giustizia. I ricorrenti eccepivano (i): che la Commissione si sarebbe attribuita competenze in materia di adozione di regolamenti e di direttive di esclusiva spettanza del Consiglio; (ii) che la Direttiva violava il principio di parità di trattamento fra imprese pubbliche e private, imponendo alle prime obblighi particolari, in tal modo ponendole in condizioni di svantaggio rispetto alle seconde; infine (iii) eccependo che la Direttiva innovava rispetto agli artt. 90-93 del Trattato individuando le relazioni finanziarie che, a parere della Commissione, possono costituire aiuti. Nel respingere le eccezioni sollevate dai ricorrenti, La Corte - quanto al punto (iii), che qui più rilevava - che l’individuazione delle relazioni finanziarie effettuata dalla Direttiva non costituiva “un tentativo della Commissione di definire la nozione di aiuto quale compare agli articoli 92 e 93 del Trattato, ma soltanto di una specificazione delle operazioni finanziarie di cui la Commissione ritiene di dover essere informata al fine di verificare se uno Stato membro, senza rispettare l’obbligo di comunicazione di cui all’art. 93, n. 3, abbia concesso aiuti all’impresa in questione” (par. 23). 11 Direttiva 85/413/CEE della Commissione del 24 luglio 1985 che modifica la Direttiva 80/723/CEE della Commissione del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (O.J. L 229 del 28.08.85, pp. 20-21). 12 “La presente direttiva non concerne le relazioni finanziarie fra i poteri pubblici e […] c) gli enti pubblici di credito, in relazione ai depositi di fondi pubblici effettuati dai poteri pubblici alle normali condizioni di mercato” (ibid., art. 1, c. 1). 4 emergere elementi di aiuti di Stato in caso di sovra-compensazioni (o di sovraassegnazione di diritti) o comunque violazioni della regole di concorrenza 13 . Le prime occasioni in cui risulta sia stato enunciato il criterio dell’investitore di mercato sono del 1981, nelle vesti di una Direttiva del Consiglio e di una Decisione della Commissione - la prima (“shipbuilding code”) relativa al settore della cantieristica navale, la seconda (“steel code”) relativa ad aiuti al settore della siderurgia 14 . La definizione del concetto è identica in entrambi i casi: “Nella nozione di aiuto sono incluse tutte le misure attuate da autorità regionali o locali e tutti gli elementi di aiuto contenuti in misure finanziarie attuate dagli Stati membri a favore di imprese siderurgiche [di costruzioni o riparazioni navali] da essi direttamente o indirettamente controllate e che non rispecchiano la fornitura di capitale di rischio secondo le normali pratiche commerciali in una economia di mercato”. 15 . Da quel momento in poi lo scrutinio attraverso il MEIP diverrà prassi costante della Commissione, gradualmente esteso a fattispecie diverse dal conferimento di capitale di rischio e fin dall’inizio costantemente avallato dalla giurisprudenza comunitaria 16 . Il primo tentativo di dare sistemazione organica alla materia è una Comunicazione del 1984 17 , che indica, limitatamente al conferimento di capitale di rischio 18 , una serie di condizioni che, alternativamente, escludono la sussistenza di aiuti di Stato, oppure la confermano, oppure fanno presumere l’esistenza di elementi di aiuto. Il criterio di valutazione ruota intorno al MEIP 19 , con alcune specificazioni – ai fini dell’esclusione dell’elemento di aiuto – che è utile rilevare: a) in virtù del principio di neutralità della proprietà e di parità di trattamento fra imprese pubbliche e private, i criteri di accertamento della legittimità del conferimento di capitale di rischio si applicano in pari misura in entrambi i casi (ad esempio, l’assunzione di partecipazioni pubbliche in imprese private); b) la valutazione di convenienza sembra assorbita dalla circostanza che il conferimento di capitali freschi in un’impresa pubblica già esistente sia necessario per finanziare 13 L’obbligo di contabilità separata infatti riguarda i casi nei quali le imprese ricevano compensazioni monetarie ed esercitano anche altre attività (Direttiva 2000/52/CE, cit., art. 2, comma 1, lettera d). 14 Rispettivamente, Direttiva del Consiglio 81/363/CEE del 28 aprile 1981 sugli aiuti alla cantieristica navale (O.J. L 137 del 23.05.81, p. 39); Decisione della Commissione 2380/81/CEE del 7 agosto 1981, che stabilisce regole comunitarie per gli aiuti alla siderurgia (O.J. L 228 del 13.08.81, pp. 14-18). 15 Decisione della Commissione 2380/81/CEE, cit., art. 1.2; Direttiva del Consiglio 81/363/CEE, cit., art. 1(E). 16 “Onde accertare se la partecipazione al capitale di un’impresa abbia la natura di aiuto statale è opportuno applicare il criterio basato sulle possibilità per l’impresa di procurarsi le somme in questione sul mercato privato dei capitali. Nell’ipotesi dell’impresa la quasi totalità del cui capitale sociale sia nella mani delle pubbliche autorità, si deve in particolare valutare se, in circostanza analoghe, un socio privato, basandosi sulle possibilità di reddito prevedibili, astrazion fatta da qualsiasi considerazione di carattere sociale o di politica regionale o settoriale, avrebbe effettuatoli conferimento di capitale” (Corte i Giustizia, Causa C-234/84, Belgio contro Commissione, par. 2); di identico tenore Causa C-40/85, Belgio contro Commissione, par. 13. 17 Communication of the Commission, Application of Articles 92 and 93 of EEC Treaty to public authorities’ holdings (Bollettino CE 9/1984). 18 Consistenti nella costituzione di una nuova impresa pubblica, nel trasferimento di quote azionarie dal privato al pubblico, nel conferimento di capitali freschi a una società pubblica o a una società partecipata con privati (art. 2). 19 “it is apparent that a public authority which injects capital by acquiring a holding in a company is not merely providing equity capital under normal market economy conditions, the case has to be assessed in the light of Article 92 of the EC Treaty […]. Nor is State aid involved where fresh capital is contributed in circumstances that would be acceptable to a private investor operating under normal market economy conditions” (art. 1-2). 5 nuovi investimenti, che questi siano a loro volta necessari (assenza di sovra-capacità strutturale) e che l’impresa sia finanziariamente sana; in altre parole, non si rende necessario un esame diretto della redditività attesa; c) il differimento della profittabilità dell’investimento è compatibile con il normale comportamento di mercato se questo riveste natura strategica “in terms of markets and supplies” [art. 3.2(v)], oppure se il potenziale innovativo dell’impresa è tale da giustificare un investimento “involving a special risk but likely to pay off ultimately” [art. 3.2(vi)]; si tratta, come si vede, di concetti alquanto oscuri; d) non vi è aiuto di Stato in caso di partecipazione proporzionale ad aumenti di capitale in un’impresa mista, a condizione che la quota privata abbia “real economic significance” [art. 3.2(iii)]. I principio contenuti nella Comunicazione menzionata verranno successivamente ampliati e articolati nelle Comunicazioni del 1993 20 e del 2001 21 . In particolare la Comunicazione del 1993 – sebbene per alcuni versi datata 22 – offre ancora utili indicazioni circa l’orientamento della Commissione. In primo luogo, sebbene sia formalmente circoscritta alle sole imprese manifatturiere pubbliche, le considerazioni ivi sviluppate sono suscettibili di valere anche sul piano generale per tutte le imprese, indipendentemente dal settore di appartenenza e dal regime proprietario. Al paragrafo 3, infatti, viene precisato che “La Commissione potrà peraltro avvalersi dell’approccio descritto nella comunicazione anche in singoli casi al di fuori dell’industria manifatturiera nella misura in cui i principi di tale comunicazione si applichino in questi settori […]”. Al tempo stesso, i criteri in essa enunciati vanno oltre la stretta applicabilità alle imprese pubbliche ma sembrano doversi estendere agli aiuti alle imprese, indipendentemente dal regime proprietario del beneficiario. Il principio in questione, del resto, non può che avere applicazione generale: infatti, da un lato il diritto comunitario sancisce la neutralità del regime proprietario, vale a dire, il principio secondo cui l’investitore pubblico dovrebbe perseguire gli stessi obiettivi di quello privato; dall’altro, le scelte del normale investitore privato per questo o quel settore sono unicamente guidate dalla ricerca del massimo rendimento del capitale investito al netto del rischio. Ne segue che sarebbe in contrasto con la stessa logica del mercato applicare criteri di valutazione del comportamento dell’investitore differenziati per settore o per natura proprietaria. In sintesi, la Comunicazione offre indicazioni che ancora oggi appaiono valide e che sono state confermate dalla prassi della Commissione e dalla giurisprudenza comunitaria. Per altri versi invece appare datata, tale da rendere urgente quell’aggiornamento che stenta invece a vedere la luce. 20 Commissione europea, Comunicazione del 12.10.03, Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato e dell’articolo 5 della direttiva della Commissione 80/723/CEE alle imprese pubbliche dell’industria manifatturiera (93/C 307/03). 21 Commissione europea, Comunicazione del 21.08.2001, Aiuti di Stato e capitale di rischio (2001/C 235, p. 3). Di essa mi occuperò solo marginalmente, tenuto conto che è focalizzata soprattutto sugli interventi statali nel capitale delle imprese in presenza di fallimenti del mercato, e come tale concerne soprattutto questioni relative alla compatibilità degli aiuti ai sensi dei commi 2-3 dell’art. 107 del Trattato. 22 Da tempo la Commissione sta lavorando a un aggiornamento della Comunicazione sulla applicazione del MEIP (cfr. Commissione europea, Vademecum on Community law and State aid, 30.09.2008 (p.11) che non risulta ancora emanato. 6 In primo luogo l’attenzione è limitata a conferimenti di capitale di rischio, garanzie, prestiti e redditività del capitale investito, ciò che è comprensibile considerato che il fuoco è espressamente per le “risorse pubbliche assegnate a imprese pubbliche” (par. 34). Sebbene la disciplina al riguardo possa essere estesa per analogia anche ai rapporti fra lo Stato e le imprese private, non vengono invece considerate le fattispecie più complesse da valutare, quali le transazioni commerciali, gli acquisti e le vendite, fra Stato e imprese. In secondo luogo, secondo la Comunicazione, ai fini dell’accertamento di compatibilità l’accertamento della sussistenza del principio dell’investitore di mercato ha valenza ex ante: Solo i progetti per i quali la Commissione può dimostrare che, al momento in cui è stata presa la decisione di investimenti/finanziamento, non sussistevano motivi obiettivi o di buona fede per scontare ragionevolmente un tasso di rendimento adeguato in un’impresa privata comparabile, sono da considerare come aiuti di Stato”(Comunicazione 1993, paragrafo 28, enfasi nell’ originale). Tuttavia sentenze giurisprudenziali successive forniscono al riguardo indicazioni diverse. Così: “Peraltro, l'art. 92, n. 1, del Trattato vieta tutti gli aiuti che «falsino o minaccino di falsare la concorrenza» nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri. Di conseguenza, nel verificare l'esistenza di un aiuto ai sensi di tale norma, la Commissione non è strettamente vincolata alle condizioni di concorrenza esistenti al momento in cui la decisione è stata adottata. Essa deve effettuare una valutazione secondo un'ottica dinamica, tenendo conto delle previsioni di evoluzione della concorrenza e degli effetti che su di questa avrà l'aiuto di cui trattasi”. Di qui la “raccomandazione” alla Commissione affinché “prenda posizione entro un termine ragionevole, valutato dalla Corte in due mesi” 23 . L’interpretazione circa il termine non sembra di poca importanza sul piano sostanziale e finisce probabilmente per attribuire alla Commissione considerevoli elementi di discrezionalità, specie nel caso che nel frattempo siano intervenuti consistenti cambiamenti nel quadro di mercato e se la misura si rivelasse “in regola” ex post ma manifestamente non ex ante (ad esempio, a causa di sviluppi favorevoli non prevedibili dall’investitore al momento dell’introduzione); oppure qualora invece si verificasse il caso opposto, si dovrebbe valutare se la sopravvenuta “incompatibilità” sia riconducibile a eventi sfavorevoli, imprevedibili e non controllabili dall’investitore, e se questi si sia comportato con la prudenza dell’imprenditore privato. Successivamente alla Comunicazione del 1993, è stata numerosa la produzione della Commissione, dalla citata Comunicazione del 2001 sul conferimento di capitale di rischio, che si estende espressamente ai rapporti con le imprese private, ad altre comunicazioni su aspetti specifici (quali il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà 24 ), sebbene con fuoco prevalente sulle condizioni di compatibilità ex art. 107(2-3), piuttosto che sulla sussistenza dell’aiuto ex art. 107(1)), a altre ancora sulle quali mi soffermerò poi. Manca tuttavia un “testo unico” che possa costituire riferimento per la verifica ai sensi dell’art. 107(1). 23 Tribunale di I grado, sentenza relativa alle cause riunite T-132/96 e T-143/96, par. 211 e 213. Prima di questa sentenza, anche la Corte di Giustizia (causa C-234/84, par. 16, e causa C-241/94, punto 33) e lo stesso Tribunale (cause riunite T-371/94, T-394/94, T-394/94, punto 81) avevano assunto analoghe posizioni. 24 Commissione europea, Linee guida per gli aiuti di Stato nel salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (2004/C 244/02). 7 Per effetto dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale, la figura dell’impresa beneficiaria è intesa oggi in modo alquanto estensivo: secondo il diritto comunitario della concorrenza, “impresa” è qualsiasi entità, anche pubblica e anche senza fini di lucro, che svolga un’attività economica, consistente nell’offerta di beni o servizi sul mercato, che potrebbe essere, anche solo in linea di principio, esercitata da un operatore privato guidato dalla logica del profitto. Parimenti estesa è l’accezione della figura del soggetto erogatore degli aiuti 25 , tant’è che il significato di questi ultimi confluisce in quello più generale di risorse pubbliche: ricadono nelle previsioni dell’art. 87(1)TE, infatti, le risorse erogate da qualsiasi (i) ente centrale, regionale o locale, (ii) organismo pubblico o privato istituito o nominato dalla pubblica amministrazione per amministrare risorse pubbliche 26 o (iii) impresa la cui condotta possa essere determinata dai soggetti di cui ai punti precedenti; a definire quest’ultima fattispecie non è necessario che tali enti detengano la maggioranza del capitale dell’impresa, bensì che possano esercitare un controllo effettivo o un’influenza dominante sulle sue decisioni, per ragioni di proprietà o per disposizioni legislative 27 . Tale nozione si estende anche ai soggetti (ad esempio le Camere di commercio) le cui fonti di provento siano imposte da leggi o norme 28 e dunque anche alle imprese nelle quali questi detengano, singolarmente o in concorso con altri soggetti “pubblici”, partecipazioni determinanti. Anche la tipologia degli aiuti è estremamente ampia, configurandosi come ogni prestazione (conferimenti di capitale di rischio, sostegni agli investimenti o ai costi di funzionamento, prestiti e garanzie, vendite e acquisti a condizioni non di mercato, rinuncia o riduzioni di introiti a qualunque titolo spettanti al soggetto erogatore, ecc.) che un soggetto privato guidato dalla logica del profitto non sarebbe disposto a offrire alle stesse condizioni praticate dall’ente erogatore. Di conseguenza: “According to well established case law, the concept of aid embraces not only subsidies themselves, but also interventions which, in various forms, mitigate the charges which are normally included in the budget of an undertaking and which, without therefore being subsidies in the strict meaning of the word, are similar in character and have the same effect. It follows from the above that the concept of aid is based on the economic concept of advantage, the formal criterion being therefore immaterial. In conclusion, the concept of aid is an objective concept which takes no account of the legal form of a state measure, being exclusively concerned with the latter's effects. Consequently, these provisions must be interpreted not on the basis of formal criteria but rather by reference to their purpose, which, according to Article 3(g) of the Treaty, is to ensure that competition is not distorted ” 29 25 Cfr. al riguardo Cuase riunine C 296, 318/82 e dec. Commissione 82/653/CEE. Commissione europea, XXV Relazione sulla politica della concorrenza, § 161. 27 Cfr. la Direttiva della Commissione europea 2000/52 (che modifica la Direttiva 80/723) sulla “trasparenza delle relazioni finanziarie fra i pubblici poteri e le rispettive imprese pubbliche”: “L’influenza dominante è presunta allorché i poteri pubblici si trovino nei riguardi dell’impresa, direttamente o indirettamente, almeno in una delle seguenti situazioni: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto dall’impresa; b) dispongano della maggioranza dei voti attribuiti alle quote emesse dall’impresa; c) possano designare più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa” (art. 2, c.2). Cfr anche la Sentenza “Gasunie” della Corte di Giustizia, cause C-67-68 e C-70/85. 28 Cfr. Sentenze della Corte di Giustizia relative alle cause 47/69, 78/76, 259/85, C-200/97. 29 Commisione europea, Decisione 2006/621/CE (France Télécom), O.J. 2006 L 257, p. 11), par. 192 (enfasi aggiunta). 26 8 In effetti la materia si è venuta articolando sempre più nel tempo, con la moltiplicazione delle fattispecie suscettibili di incompatibilità ex art. 107(1) e, parallelamente, con l’elaborazione di sempre più sofisticati test, distinti per tipologia. Qui sotto esaminerò distintamente le casistiche (e relativi test) più rilevanti, sulla base della figura assunta dal soggetto pubblico: investitore in capitale di rischio, creditore o garante, venditore o acquirente. Il modello di valutazione è sempre il MEIP – il confronto con il comportamento delle medesime figure impersonate da un ipotetico soggetto privato – ma le applicazioni e le difficoltà variano a seconda dei casi. 3.1.- Il criterio dell’investitore privato La figura qui considerata è quella di poteri pubblici che direttamente o indirettamente detengono partecipazioni in imprese o ne acquisiscono di nuove oppure conferiscono capitali aggiuntivi a imprese nelle quali sono già presenti. Per tutti i casi vale il principio generale secondo il quale lo Stato dovrebbe seguire la medesima logica dell’investitore privato. Sebbene qui che altrove sia più semplice l’accertamento dell’entità dell’intervento, tutt’altro che semplice è l’applicazione del MEIP, non ultimo a causa della varietà delle situazioni che si possono presentare. 3.1.1. – La partecipazione al capitale Il caso-base riguarda la remuneratività del capitale di un soggetto pubblico che detiene partecipazioni in un’impresa sulla quale esercita un’influenza dominante, come già enunciato dalla Direttiva 80/723. Con specifico riferimento alla redditività della propria partecipazione nell’impresa, la Comunicazione del 1993 30 osserva che: “al pari di ogni investitore in economia di mercato lo Stato dovrebbe attendersi dai propri investimenti un rendimento normale, analogo a quello ottenuto da un’impresa privata comparabile sotto forma di dividendi o di incremento del valore del capitale […] Se questo rendimento rimane assente al di là del breve periodo e appare improbabile anche a più lungo andare […], e l’impresa non ha preso provvedimenti per rimediare alla situazione, si può presumere che essa benefici indirettamente di un aiuto, giacché lo Stato rinuncia al profitto che un investitore in economia di mercato si attenderebbe da un investimento analogo”(paragrafo 43) 31 . Addirittura la rinuncia a percepire dividendi da una società in utile (o a percepire dividendi ridotti), configurandosi come periodica capitalizzazione degli stessi può equivalere a un apporto mascherato di nuovo capitale (par. 44). L’impostazione al riguardo sembra estrema, posto che anche un investitore privato, a seconda dei propri obiettivi a breve o a medio/lungo termine, può preferire vedere aumentare il valore della propria impresa anziché percepire un guadagno immediato 32 ; al tempo stesso la stessa normativa 30 Comunicazione della Commissione 93/C 307/3), cit. In tal senso il Tribunale di I grado, Cause riunite T-228/99 e T-233/99 ( Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen contro Commissione): “Normally, a private investor is not content merely with the fact that an investment does not cause him a loss or that it produces only limited profits. He will seek to achieve the maximum reasonable return on his investment, according to the particular circumstances and the satisfaction of his short-, medium- and long-term interests, even where he is investing in an undertaking of which he is already a shareholder”. 31 32 CFr. ad esempio il caso della ricapitalizzazione di Alitalia nel 1997, su cui ci si soffermerà poi. 9 comunitaria tende a impostare l’applicazione del MEIP in un’ottica di ritorno a lungo andare. L’orizzonte temporale entro il quale si deve concretizzare un normale ritorno sul capitale investito non dipende solo dal tipo di investimento ma anche dall’entità della partecipazione: “l’autorità pubblica che controlla una singola impresa o un gruppo di “imprese pubbliche” non sarà di norma motivata da considerazioni di profitto immediato, come nel caso di semplice partecipazione di minoranza senza controllo, e avrà quindi un orizzonte temporale più lungo”(paragrafo 30). Viene precisato che “Il saggio di rendimento viene misurato dal profitto (al netto degli ammortamenti ma al lordo delle imposte e degli accantonamenti), espresso in percentuale del capitale investito […] e definito possibilmente con riferimento alla situazione di imprese private comparabili ”(par. 43). E’ dunque da pensare che in questi casi l’applicazione del MEIP dovrebbe basarsi sul confronto fra il ROE lordo (l’utile prima delle imposte rapportato al patrimonio netto), presumibilmente come media di un numero significativo di anni, e un tasso benchmark di rendimento costruito attraverso il CAPM (capital asset pricing model). Al riguardo vanno avanzate alcune osservazioni: le maggiori difficoltà di un confronto di questo tipo nascono dalla difficoltà di trovare comparables significativi, posto che il CAPM si basa sul rischio non diversificabile dell’investitore in società quotate ed è influenzato dalla leva finanziaria di queste; la comparazione dovrebbe essere fra tassi di rendimento al netto delle imposte, in modo da depurarlo dall’effetto dei diversi regimi fiscali a livello internazionale; la metodologia tende a trascurare partite immateriali, se non contabilizzate nei bilanci, quali il goodwill, vale a dire, l’effettivo valore dell’impresa a cui rapportare l’utile; in tal modo, l’applicazione del MEIP potrebbe dare risultati tanto più lusinghieri quanto minore è il divario positivo fra il valore di mercato dell’impresa e il suo patrimonio netto. Una via alternativa potrebbe consistere nel confrontare l’EBIT (depurato dalle imposte), rapportato al capitale complessivo dell’impresa (patrimonio netto + indebitamento finanziario), con il WACC (weighted average capital cost) dopo le imposte. In realtà i criteri indicati sopra sono frutto di congetture. Non mi risulta infatti che siano state aperte procedure per aiuti di Stato per il fatto in sè che un’impresa pubblica non in perdita rendesse ai suoi azionisti meno della media del mercato. La posizione espressa dalla Commissione sembra dunque più una petizione di principio che un criterio che intenda adottare concretamente. Probabilmente per più ragioni. Per ragioni pratiche, poiché il caso non riguarda specifiche misure notificabili ma situazioni sulle quali la Commissione più difficilmente può avere notizia per iniziativa di controinteressati. D’altra parte, una volta espunte le fattispecie indicate sotto – una volta che l’impresa “sia in regola” con il MEIP quanto a conferimento di nuovi capitali, condizioni di credito, di garanzie, di acquisto e di vendita – una redditività minore di quella delle imprese private operanti sul medesimo mercato non appare particolarmente critica sotto il profilo della concorrenza. Se d’altra 10 parte ciò deriva da strutturali inefficienze gestionali o da un troppo generoso trattamento del lavoro, alla fine i nodi verranno al pettine e a quel punto si dovrà intervenire. 3.1.2.- Il conferimento di nuovi capitali Diversa la situazione allorché si tratta di conferimento di nuovi capitali. Tanto più in questo caso il MEIP non può riduttivamente esaurirsi nel confronto fra il tasso di rendimento atteso dall’intervento e benchmark astratti, ma deve tenere conto delle situazioni specifiche del mercato e dell’investitore. Fra i tanti elementi soggettivi da valutare, vanno ricordati quelli che appaiono più rilevanti: a) Analogamente a quanto considerato prima, il tasso di rendimento richiesto da un investitore privato dipende anche dalla struttura finanziaria dell’impresa, posto che quanto più questa è sbilanciata sul debito tanto maggiore il rischio di default, tanto maggiore il costo del capitale di rischio. Il benchmark dovrà essere dunque tarato su imprese con struttura finanziaria similare a quella in esame. b) La giurisprudenza comunitaria ha opportunamente declinato il MEIP tenendo conto di un investitore privato di dimensioni comparabili a quello pubblico 33 . Precisazione essenziale, posto che il rischio (dunque il tasso di rendimento richiesto) ha due dimensioni: quella “oggettiva”, legata alle prospettive dello specifico mercato e dell’impresa che vi opera; e quella “soggettiva”, il cui apprezzamento cresce con la dimensione dell’intervento rispetto al patrimonio dell’investitore. Nel valutare l’eventuale elemento di aiuto ciò richiede dunque non solo di stimare un tasso medio di rendimento delle imprese che operano in un determinato mercato, ma anche di individuare comparables dimensionali che possano costituire benchmarks significativi. c) La scelta del tipo di investitore privato di riferimento e delle motivazioni che lo muovono è ulteriormente complicata nel caso dei gruppi industriali. Questo aspetto, unitamente a considerazioni relative alla quota di partecipazione, è affrontato dalla Comunicazione del 1993, la quale argomenta che l’orizzonte temporale entro il quale si deve concretizzare un normale ritorno sul capitale investito non dipende solo dal tipo di investimento ma anche dall’entità della partecipazione e dalle esternalità di gruppo: “l’autorità pubblica che controlla una singola impresa o un gruppo di “imprese pubbliche” non sarà di norma motivata da considerazioni di profitto immediato, come nel caso di semplice partecipazione di minoranza senza controllo, e avrà quindi un orizzonte temporale più lungo”(paragrafo 30). La Corte di giustizia aveva peraltro anticipato che nel caso dei gruppi le motivazioni di investimento possono riguardare non il percepimento di un profitto più o meno a breve termine ma il perseguimento di “una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine” 34 . In altre parole, il ritorno può anche 33 Cfr. ad esempio, Corte di Giustizia, Causa C-261/89, par. 8; Causa C-305/89, par. 19; Cause riunite C-328/99 e C399/00, par. 38. 34 Corte di Giustizia, Causa 305/89 [Italia contro Commissione (Alfa Romeo)], “A questo proposito, va precisato che il comportamento dell' investitore privato, cui deve essere raffrontato l' intervento dell' investitore pubblico che persegue obiettivi di politica economica, anche se non è necessariamente quello del comune investitore che colloca capitali in funzione della loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve, deve quantomeno corrispondere a quello di una holding privata o di un gruppo imprenditoriale privato che persegue una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine” (par. 20). 11 essere indiretto, la redditività di un intervento da parte di una holding privata in un’impresa appartenente al gruppo non va vista con riferimento alla specifica impresa beneficiaria ma come ricaduta sull’intero gruppo. Sotto-caso di conferimento di capitali nuovi è il salvataggio o il rilancio di un’impresa in difficoltà. L’applicazione qui del MEIP segue il criterio dell’owner effect in forza del quale un soggetto che detiene partecipazioni significative in un’impresa può comportarsi in modo differente da un nuovo investitore: “Se il finanziamento richiesto è necessario per salvaguardare il valore dell’intero investimento l’investitore pubblico come quello privato terrà conto logicamente di questo più vasto contesto nell’esaminare se l’impegno di nuovi capitali sia commercialmente giustificato. Infine, quando si sia deciso di dimettere una linea di attività economicamente non redditizia nel medio-lungo termine, è da presumere che un gruppo sia pubblico che privato deciderà la cronologia e l’entità delle sue chiusure tenendo conto dell’impatto sulla credibilità e sulla struttura del gruppo” (Comunicazione 1993, par. 30 – enfasi aggiunta). La redditività di un intervento di salvataggio o di semplice mantenimento in vita andrebbe confrontata con la perdita per l’azionista derivante dal fallimento dell’impresa o da una chiusura non pilotata. Ciò ovviamente non può giustificare interventi non risolutivi 35 ma dilata l’orizzonte temporale del ritorno dell’investimento, così come il raggio di ricaduta dell’intervento, specie nel caso di gruppi industriali. Questa impostazione è confermata dalla Corte di giustizia: “Simili decisioni possono essere motivate non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell' immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività”. 36 . L’applicazione del MEIP è ancor più complessa per i conferimenti di capitale associati a ristrutturazioni aziendali (peraltro è normale che le due operazioni vadano insieme), posto che non si tratta qui di stimare il naturale trend delle cose ma va messa in conto una vera e propria discontinuità. Il tasso di rendimento dell’operazione, infatti, dipende dagli effetti attesi dai piani industriali che dovranno essere posti in essere, con associati rischi, e i comparables andrebbero tratti da imprese del medesimo settore di quella in esame, di dimensioni comparabili, con situazioni critiche similari e che hanno intrapreso o 35 Cfr. la Comunicazione del 1993: “L’investitore commerciale posto in una simile situazione [ricostituzione del capitale sociale a seguito dell’accumulo di perdite] dovrà considerare anche tutte le altre possibilità, compresa quella di liquidare o comunque dimettere l’investimento. Qualora la liquidazione o la dismissione risultasse l’opzione finanziariamente più sana tenuto conto dell’impatto su gruppo, ma non venisse attuata, ogni successivo apporto di capitale dovrebbe essere considerato come aiuto di Stato” (par. 36 – enfasi aggiunta). Da notare come la rappresentazione data dalla Comunicazione si in contraddizione con l’enunciato secondo cui la sola rinuncia a una remunerazione normale delle partecipazioni in essere rappresenta un aiuto di Stato 36 “[…] si deve ricordare che, come la Corte ha rilevato nella sentenza 10 luglio 1986, Belgio / Commissione, punto 15 della motivazione (causa 234/84, Racc. pag. 2263), il socio privato può ragionevolmente conferire il capitale necessario per garantire la sopravvivenza dell' impresa che sia temporaneamente in difficoltà, ma che, previa riorganizzazione, sia eventualmente in grado di ridivenire redditizia. Deve quindi ammettersi che una società madre può parimenti, per un periodo limitato, sopportare le perdite di una delle sue società controllate allo scopo di consentire la cessazione delle attività di quest' ultima nelle migliori condizioni. Simili decisioni possono essere motivate non soltanto dalla probabilità di ricavare un profitto materiale indiretto, ma anche da altre considerazioni, quali la salvaguardia dell' immagine del gruppo o il riorientamento delle sue attività. Tuttavia, quando i conferimenti di capitali di un investitore pubblico prescindano da qualsiasi prospettiva di redditività, anche a lungo termine, essi vanno considerati aiuti ai sensi dell' art. 92 del Trattato e la loro compatibilità con il mercato comune deve valutarsi unicamente alla luce dei criteri previsti da tale articolo”[Corte di giustizia, Causa C-303/88 (Italia contro Commissione - ENI-Lanerossi), par. 21-22]. 12 intraprendano piani di risanamento equivalenti. Su questo aspetto si tornerà con il caso Alitalia. Il MEIP si assume soddisfatto se il conferimento di risorse pubbliche avviene “in concomitanza con un significativo apporto di capitale da parte di un investitore privato effettuato in condizioni comparabili” 37 , come già sancito dalla Comunicazione del 1984. Le parole chiave sono dunque: la contestualità dell’operazione, la significatività della quota dell’apporto privato, la parità delle condizioni riconosciute al socio pubblico e a quello privato, condizioni che debbono essere compresenti. E’ da ritenere che la comparabilità delle condizioni non riguardi solo la remunerazione relativa dei soci ma anche le motivazioni delle loro scelte. Ad esempio, non rileva al riguardo la partecipazione ad aumenti di capitale da parte di dipendenti di un’impresa, specie se in un contesto di salvataggio, posto che è da presumere sia motivata dalla salvaguardia immediata del posto di lavoro anziché da prospettive di redditività dell’impresa 38 . Interessante la nozione di concomitanza avanzata dalla Commissione nella citata Decisione “France Télécom”, sulla quale si tornerà diffusamente nella sezione successiva. Si tornerà poi su questo caso, ma per il momento preme qui ricordare come la Commissione abbia questionato l’effettiva concomitanza con cui nel 2003 si è proceduto alla ricapitalizzazione di France Télécom, in quanto la disponibilità di investitori privati a concorrere all’operazione era stata propiziata da precedenti dichiarazioni di volontà di sostenere l’azienda da parte dello Stato francese. Infatti: “The State's declarations, made in July [2002] and then repeated, to the effect that it would take the necessary steps to enable the Company to overcome its financing difficulties distort the concomitance test in so far as private investors cannot be considered to have made up their minds on the sole basis of the Company's situation. This holds true irrespective of whether those declarations contain state aid or not” 39 . Dunque: “In this connection, the "private investor in a market economy" test cannot be used to justify this December intervention [di ricapitalizzazione] as the French authorities claim, inasmuch as economic operators' conduct in December was clearly influenced by the prior actions and declarations of the Government since July. […] there is scarcely any doubt that such declarations were more than sufficient to "contaminate" the markets' perception and to influence economic operators' subsequent conduct. If such is the case, this conduct on the part of economic operators cannot be taken as a neutral point of comparison from which to judge the State's conduct. The presumption based on the "private investor in a market economy" test cannot therefore take as point of 37 Tribunale di I grado, Causa T-296/97 (Alitalia contro Commissione): “Occorre pertanto rilevare che un apporto di capitali su fondi pubblici soddisfa il criterio dell'investitore privato e non implica un aiuto statale nel caso in cui, tra l'altro, tale apporto avvenga in concomitanza con un significativo apporto di capitale da parte di un investitore privato effettuato in condizioni comparabili” (par. 81). Cfr. anche Causa T-358/94 (Air France contro Commissione), par. 148149. 38 In tal senso il Tribunale di I grado (Causa T-296/97, cit.) in relazione alla decisione 97/789/CE della Commissione sulla ricapitalizzazione di Alitalia: “In tali circostanze, l'acquisizione di partecipazioni nel capitale della ricorrente da parte del personale dipendente, effettivamente avvenuta, non dimostra, di per sé, che l'apporto di capitale da parte dell'IRI soddisfi il criterio dell'investitore privato. Occorre sottolineare, a questo proposito, che il comportamento di un investitore privato in economia di mercato è guidato da prospettive di redditività […]. Orbene, l'acquisizione di partecipazioni da parte del personale dipendente è stata ispirata da motivi occupazionali e quindi, soprattutto, da motivi di vitalità e di sopravvivenza della ricorrente piuttosto che da prospettive di redditività” (par. 84). 39 Commissione europea, Decisione 2001/621/CE, cit., par. 227. 13 departure the market situation as it was in December but ought logically to be based on a market situation uncontaminated by the impact of the prior declarations” 40 . Premesse tutte le difficoltà e complessità indicate sopra, resta comunque che la prova-base del MEIP richiede di calcolare il tasso di rendimento di un determinato investimento pubblico e di confrontarlo con un benchmark quanto più possibile comparabile. Diversamente dal caso illustrato nella sezione 3.1.1, qui il MEIP va applicato al rendimento specifico dell’intervento, stima tanto più complicata allorché questo è rappresentato dall’intervento sul capitale di un impresa già partecipata. Si tratterà in questo caso di valutare la redditività incrementale e di rapportarla con il costo del nuovo investimento. Appare ovvio che il rendimento di operazioni di questo tipo debba essere maggiore di quello richiesto per la mera conservazione del capitale già investito in partecipazioni, non ultimo in quanto in quest’ultimo caso andrebbero messi in conto i costi di uscita e perché, più in generale, non si può riconoscere il fattore di inerzia (o di attesa). Il metodo comunemente utilizzato è il confronto fra il tasso interno di rendimento (TIR) dell’intervento e il tasso medio (oppure quello minimo – hurdle rate) che il mercato richiederebbe per operazioni caratterizzate dal medesimo grado di rischio (oggettivo e soggettivo, nelle accezioni indicate sopra). Il TIR è il tasso che rende il valore attuale del cash flow incrementale lungo un determinato orizzonte temporale uguale al costo dell’intervento. Il test MEIP è superato se il TIR associato all’intervento è maggiore o uguale al tasso di rendimento del capitale che un investitore privato richiederebbe per imbarcarsi in un’operazione della stessa natura e caratterizzata dallo stesso grado di rischio. Altro metodo utilizzabile consiste nel ricavare l’incremento di valore dell’impresa, al netto delle variazioni dell’indebitamento finanziario, stimando l’EBIT incrementale e moltiplicandolo per un multiplo determinato da analisti finanziari per quel tipo di mercato. L’incremento di valore andrà poi rapportato al costo dell’intervento per calcolarne il tasso di rendimento e confrontalo poi con il tasso di riferimento. Quale che sia la metodologia prescelta, essa presenta comunque margini di valutazione assolutamente discrezionali, i quali riguardano: le stime di redditività dell’investimento considerato - lo scenario prospettico del mercato, l’efficacia degli interventi di ristrutturazione, l’interazione fra il nuovo intervento e la base precedente; l’individuazione di situazioni comparabili realmente significative, secondo quanto descritto prima; la scelta del valore del tasso di riferimento (un tasso medio o tasso minimo). Sancisce infatti la giurisprudenza comunitaria che: “First of all, the Court observes that the average return is merely an analytical tool used in applying Article 87(1) EC. Thus, the average return cannot be an automatic criterion for determining the existence and amount of State aid. It does not relieve the Commission of its obligation to make a complete analysis 40 Ibid., par. 191. 14 of all factors that are relevant to the transaction at issue and its context, including the situation of the beneficiary undertaking and of the relevant market, in order to verify whether that undertaking is receiving an economic advantage which it would not have obtained under normal market conditions” 41 . Le situazioni cui si riferisce la citazione possono essere le più varie: dalla considerazione dell’owner effect 42 e delle mancate perdite, alle ricadute indirette all’interno di un gruppo. 3.2.- Il criterio del creditore privato E’ stato sancito dalla Corte di giustizia, fin dai primordi dell’applicazione del MEIP che la concessione di prestiti è parificata ai conferimenti di capitale sotto il profilo della disciplina degli aiuti di Stato 43 . Vale anche per questo caso il principio che regola il criterio dell’investitore privato, vale a dire, l’irrilevanza di considerazioni di carattere sociale e politico così come di minori costi o di maggiori introiti in termini, ad esempio, di sussidi di disoccupazione, contributi previdenziali e imposte, che le misure potrebbero permettere. Le fattispecie qui sono più variegate ancora: le condizioni praticate, le garanzie prestate dai pubblici poteri sui prestiti contratti dalle imprese e le garanzie non richieste dai pubblici poteri sui prestiti erogati da soggetti pubblici il cui rilascio corrisponde invece a normale prassi commerciale, il recupero di debiti in sofferenza, il trattamento di eventuali dilazioni nel rimborso. In generale, in caso di risorse fresche erogate, direttamente o indirettamente, dai poteri pubblici 44 : “L’elemento di aiuto corrisponde alla differenza fra il tasso di interesse che l’impresa dovrebbe pagare (che dipende a sua volta dalla situazione finanziaria dell’impresa e dalle garanzie che può fornire) e il tasso effettivamente pagato […]”. “Nel caso estremo che venga erogato un prestito senza garanzie ad una società che in circostanze normali non sarebbe in grado di ottenere alcun credito […] il prestito equivarrà di fatto a una sovvenzione e la Commissione lo considererà tale”; per analogia, l’elemento di aiuto in crediti garantiti da terzi in modo inadeguato o parziale potrebbe essere quantificato come la differenza fra il credito erogato e quello che lo sarebbe stato in normali condizioni di mercato, nei limiti delle garanzie effettivamente prestate. Dal momento che tassi e garanzie richieste dipendono dal profilo di rischio del debitore, l’applicazione del MEIP richiede un’analisi puntuale delle specifiche condizioni dell’impresa. Potrebbe a questo riguardo supplire il ricorso al rating, così come suggerito dalla Comunicazione della Commissione (2008/C 155/02) che regolamenta gli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie. 41 Tribunale di I grado, Cause riunite T-228/99 e T-233/99 (Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land NordrheinWestfalen contro Commissione), par. 250-251 (enfasi aggiunta). 42 Ibid., par. 257. 43 Corte di giustizia, Causa 323/82 (Intermills contro Commissione), par. 3. 44 Comunicazione 1993, par. 41. 15 In materia di prestiti è interessante richiamare la già citata Decisione della Commissione su France Télécom (2001//621/CE), dove è stato sancito il principio che aiuto di Stato può configurarsi la sola manifestazione di volontà da parte di poteri pubblici, anche se non materialmente seguita da concrete misure. La materia, molto intricata, per quanto qui interessa può essere così riassunta. Date le difficoltà finanziarie dell’azienda nel 2002, il Governo francese, azionista di maggioranza, elaborò un piano di ristrutturazione (“Ambition 2005”) che prevedeva la ricapitalizzazione dell’azienda, anche con il concorso di investitori privati, previa erogazione da parte del Governo di un prestito convertibile. Fra giugno e dicembre (data della ricapitalizzazione) il Governo a più riprese dichiarava il proprio impegno a sostenere “illimitatamente” l’impresa: in forza di queste dichiarazioni, sosteneva la Commissione, France Télécom traeva benefici sia in termini di rating, che di disponibilità di capitale di credito e di rischio da parte di operatori privati. Le argomentazioni della Commissione si snodano su questi punti essenziali (enfasi aggiunta): “As regards the advantage, the Commission would observe that the shareholder loan (which constitutes the upfront prepayment by the State towards the Company's recapitalisation), confers an advantage on France Télécom as it enables it to increase its means of financing and to reassure the market as to its capacity to meet its maturities. Even if the loan agreement has never been signed [l’accordo per la concessione del credito, sottoscritto dallo Stato francese, non venne poi firmato dall’impresa] the appearance given to the market of the existence of such a loan is likely to confer an advantage on France Télécom as the market has considered the Company's financial situation to be more secure. This may have influenced France Télécom's borrowing terms 45 ; “As to the condition relating to state resources, the Commission would point out that the fact that an advantage results from the giving of a state commitment leading to a potential, but not immediate, transfer of resources does not rule out the possibility that the advantage may have been granted through state resources. "In that respect, it should first be noted that, according to settled case-law, it is not necessary to establish in every case that there has been a transfer of State resources for the advantage granted to one or more undertakings to be capable of being regarded as a State aid within the meaning of Article 87(1) EC"46 . Thus, even an advantage granted through a potential additional burden for the State constitutes state aid where it affects competition and trade between Member States. […] the Commission finds that a potential additional burden on the State's resources was created by the announcement of the provision of the shareholder loan coupled with […] the dispatch to France Télécom of the loan contract initialled and signed by ERAP. […]. In so far as the document constituted a contractual offer and as long as it was not rescinded, France Télécom could have signed it at any time, thereby acquiring the right to obtain immediate payment of the sum of EUR 9 billion” 47 ; “It follows from all of the above considerations that the test of the prudent private investor in a market economy is not satisfied. Consequently, the advantage conferred on France Télécom by the proposal to grant a shareholder loan — examined in the 45 Commissione europea, Decisione 2001/621/CE, cit., par. 194. Corte di giustizia, Causa C-482/99 (Francia contro Commissione – Stardust), par. 36. 47 Commissione europea, Decisione 2001/621/CE, cit., par. 195-196. 46 16 light of the prior declarations and interventions of the French authorities — constitutes state aid, even if the scale of the advantage is difficult to calculate” 48 . Altra situazione è il recupero da imprese in difficoltà di crediti erogati da soggetti pubblici, crediti che possono avere natura più varia: finanziamenti, crediti di imposta, crediti previdenziali 49 . Specie nel caso di finanziamenti, la condizione del creditore in questo caso assomiglia all’owner effect di cui si è detto prima: come l’azionista di un’impresa in difficoltà il creditore non è libero di scegliere l’impiego più conveniente delle proprie risorse ma deve piuttosto puntare a minimizzare le perdite e può dunque essere disposto anche a concedere “ulteriori vantaggi sotto forma di remissioni o di fissazione di nuove scadenze 50,51 . In questo caso il riferimento è il “test” dell’ipotetico diligente creditore privato, che fa del suo meglio per recuperare il proprio credito o per minimizzare dilazioni e facilitazioni da concedere a questo fine, compatibilmente con l’obiettivo del recupero delle somme dovute. La difficoltà di applicare il test MEIP sta nella varietà delle situazioni e nella difficoltà di individuare benchmark o metodologie di qualche validità generale. Di qui l’orientamento della Commissione di procedere caso per caso 52 . La base del test sta dunque nella valutazione comparativa di convenienza fra il tentare l’immediata e integrale escussione di credito, fino a richiedere il fallimento del debitore, e il concedere dilazioni o agevolazioni in termini di interessi o di riduzione del capitale dovuto 53 . Tuttavia “[…] alla luce della giurisprudenza della Corte, una scelta a 48 Ibid., par. 230. Per il primo caso cfr. (…). Riguardo alle due ultime fattispecie cfr. in particolare Corte di giustizia, C-276/02. 50 Corte di Giustizia, Causa C-276/02 (Spagna contro Commissione - Mancato pagamento di imposte e di contributi previdenziali da parte di una impresa, Opinione dell’Avvocato generale Poiares Maduro), par. 24: “Mentre l’investitore cerca di realizzare un beneficio intervenendo presso le imprese interessate, il creditore cerca di ottenere il pagamento di somme dovute da un debitore in difficoltà economiche. L’investitore ha la possibilità di scegliere l’investimento che gli appaia più redditizio. In teoria, il capitale che egli si propone di investire in un’impresa è disponibile, alle stesse condizioni, per tutti gli operatori sul mercato. Ciò non avviene nel caso del creditore. Questi si trova già impegnato in una rapporto privilegiato con un’impresa debitrice nei confronti della quale può essere disposto a concedere ulteriori vantaggi sotto forma di rimessioni o di fissazione di nuove scadenze di pagamento del debito. Il capitale in gioco, in tale caso, non è immesso «sul mercato»”. Cfr. anche Causa C-256/97 (DéménagementsManutention Transport SA contro Commissione - Facilitazioni concesse per il recupero di contributi sociali), par. 23; Causa C-342/96 [Spagna contro Commissione - Applicazione del tasso d'interesse legale nell'ambito di accordi di rimborso di stipendi e del pagamento di debiti per contributi previdenziali (Tubacex)]; Causa T-36/99 (Lenzing AG contro Commissione - Accordi di rinegoziazione e di rimborso di debiti”). 49 51 “il criterio del creditore privato non deve essere confuso con quello, più classico nella giurisprudenza della Corte, dell’investitore privato. La Commissione deve piuttosto verificare se lo Stato si è comportato come un diligente creditore privato che cerca di massimizzare le possibilità di recuperare il suo credito” [Commissione europea, Decisione 2002/935/CE (Grupo de Empresas Álvarez), par.49 – enfasi aggiunta]. 52 “Particular circumstances of debtors and creditors are likely to prove problematic for the determination of a common applicable behaviour of private creditors seeking to recover sums owing to them. Consequently, the Commission has to base its assessment on an analysis of the behaviour of private creditors on a case by case approach” [Commissione europea, Decisione 2001/43/CE (Sniace), par. 23]. 53 Cfr. al riguardo le argomentazioni dell’Avvocato generale della Corte di giustizia, Poiares Maduro, nella causa C276/02 (Spagna contro Commissione - Mancato versamento di imposte e di contributi previdenziali da parte di un'impresa): “È del tutto concepibile che un creditore privato, che disponga di rilevanti risorse economiche, abbia interesse a mantenere in vita per un certo tempo l’attività di un’impresa debitrice, laddove i costi di una liquidazione immediata si rivelino più elevati dei costi di concessione di un aiuto. Ogni creditore è portato a comparare, da una parte, l’interesse che potrebbe derivare da una rapida liquidazione dell’impresa e, dall’altra, quello che potrebbe derivare dalla rinuncia temporanea al recupero dei propri crediti e dalla prosecuzione delle attività del proprio debitore” (par. 39). 17 favore della rinuncia deve soddisfare almeno tre requisiti. In primo luogo, devono poter essere accertate a priori la redditività economica e il miglioramento della situazione finanziaria dell’impresa. In secondo luogo, deve essere fatto tutto il possibile per impedire l’apertura di nuovi crediti e l’accumulo di nuovi debiti. In terzo luogo, lo Stato deve poter contare sul recupero dei propri crediti entro un termine ragionevole” 54 . E’ da pensare che queste condizioni – alle quali va aggiunta quella che il recupero avvenga alle migliori condizioni che un diligente creditore privato tenterebbe di assicurarsi – si riferiscano a imprese con strutturali difficoltà, posto che sarebbe difficile non riconoscere il comportamento di un operatore privato a quanti eroghino ulteriori crediti a imprese in temporanea crisi di liquidità. Può giustificare un’ulteriore elasticità a questo riguardo la circostanza che il creditore sia anche azionista dell’impresa e che l’escussione del credito potrebbe pregiudicare la salvaguardia del suo capitale di rischio 55 . Ciò può addirittura giustificare l’erogazione di ulteriori finanziamenti in capitale di rischio, come mostra il caso Alitalia. L’equiparazione del comportamento del creditore pubblico con quello privato implica ovviamente parità di condizioni. Così se lo Stato gode di privilegi nel diritto di riscuotere suoi crediti, derivanti da norme di legge o da garanzie reali prestate dal debitore, deve farli valere esattamente come lo farebbe un privato 56 . Sulla disciplina delle garanzie la Commissione ha recentemente emanato una Comunicazione che regolamenta la materia sotto il profilo degli aiuti di Stato 57 . Pur nella varietà dei casi che si possono presentare, il criterio di valutazione resta il MEIP, con le seguenti coordinate: “per determinare se attraverso una garanzia o un regime di garanzie viene concesso un vantaggio […] la Commissione dovrebbe basare la propria valutazione sul «principio dell'investitore operante in un'economia di mercato». Andrebbe quindi tenuto conto delle possibilità effettive per un'impresa beneficiaria di ottenere risorse finanziarie equivalenti ricorrendo al mercato dei capitali […]; […] un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato può comunque sussistere anche nei casi in cui risulti che non è stato effettuato alcun versamento in esecuzione della garanzia prestata. L'aiuto deve considerarsi concesso nel momento in cui viene prestata la garanzia e non quando la garanzia venga fatta valere o il garante provveda al pagamento” 58 . 54 Ibid., par. 40. Cfr. Comunicazione della Commissione C61/95, Commission notice pursuant to article 92(2) of the EC Treaty to other Member States and interest parties concernine aids for Gildemeister AG (98/C 181/05). 56 Cfr. Opinione dell’Avvocato generale Jacobs nella causa davanti alla Corte di Giustizia C-256/97 (DM Transport), par. 36; opinione dell’Avvocato generale Mischo nella causa davanti alla Corte di giustizia C-480/98 (Spagna contro Commissione), par. 34; Decisione della Commissione 2001/43/C (Sniace), cit. 57 Commissione europea, Comunicazione sulla applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie (2008/C 155/02). 58 Ibid., par. 3.1 e par. 2.1. Infatti: “Il beneficio derivante dalla garanzia statale risiede nel fatto che il relativo rischio viene assunto dallo Stato. Tale assunzione del rischio dovrebbe in linea di principio essere remunerata con un adeguato corrispettivo (premio). L'eventuale rinuncia, totale o parziale, al premio stesso comporta una perdita di risorse per lo Stato e nel contempo un beneficio per l'impresa. Nel valutare se una garanzia implichi un aiuto di Stato, e quale sia l'eventuale importo di tale aiuto, occorre quindi far riferimento al momento in cui essa viene prestata” (par. 2.1). 55 18 Su questa base comune, vengono regolamentate in modo distinto le garanzie ad hoc (a favore di singole imprese) e i regimi di garanzia 59 . La verifica positiva del MEIP richiede nei due casi condizioni in parte comuni e in parte diverse. Comuni sono le condizioni di (i) assenza di difficoltà finanziarie del debitore, (ii) corretta commisurazione della garanzia (individuazione della specifica operazione, dell’importo massimo e dei tempi di rientro), massimale garantito non oltre l’80% del prestito 60 , (iv) premio determinato a condizioni di mercato. La diversità riguarda i criteri di determinazione del premio di mercato. Per garanzie ad hoc, la Commissione suggerisce il ricorso al rating del rischio dell’impresa beneficiaria, fornito da agenzie internazionali di rating o da banche 61 . Il premio versato in caso di regimi di garanzia, invece, va commisurato al rischio delle operazioni e deve includere la remunerazione del capitale del garante, anche se non costituito o solo parzialmente costituito. La ratio di questa disposizione è di assicurare la parità di condizioni fra soggetti garanti privati, tenuti a mantenere requisiti patrimoniali, e lo Stato e dunque, a cascata, fra i beneficiari delle garanzie 62 . Con la abrogazione dell’art. 2362 del c.c., relativo alla responsabilità illimitata del socio unico, avvenuta con il d.lgs. 37/2004, viene meno anche la garanzia implicita dello Stato, che si configurava come aiuto di Stato. Né sembra rilevante la circostanza che la disposizione fosse neutrale rispetto al regime di proprietà delle società e dunque superasse astrattamente il test del MEIP. Si trattava infatti di una neutralità solo formale, tenuto conto della diversa garanzia patrimoniale fornita, direttamente o indirettamente, dal socio-Stato rispetto a quelle individualmente fornibili da soci privati. 59 “Per «regime di garanzia» si intende qualsiasi atto normativo sulla base del quale, senza che siano richieste ulteriori misure di attuazione, le garanzie possono essere fornite alle imprese che rispettano determinate condizioni relative a durata, importo, operazione sottostante, tipo o dimensioni delle imprese (ad esempio le PMI)” (ibid. art. 1.3, lettera a). 60 Sono escluse da questo tetto le imprese che svolgono unicamente servizi di interesse economico generale, in base a un incarico “debitamente conferito” (ibid., par. 3.2, lettera c)). 61 “[…] l'assunzione del rischio dovrebbe in linea di principio essere remunerata con un adeguato corrispettivo (premio) sull'importo garantito o controgarantito. Quando il prezzo pagato per la garanzia è di entità almeno equivalente al corrispondente parametro per il premio di garanzia sui mercati finanziari, la garanzia non implica aiuto. Se non è possibile trovare alcun parametro corrispondente per il premio di garanzia sui mercati finanziari, il costo finanziario complessivo del prestito oggetto di garanzia (compreso il tasso d'interesse del prestito e il premio di garanzia) deve essere comparato al prezzo di mercato di un prestito simile non garantito. In entrambi i casi, onde determinare il prezzo di mercato corrispondente, dovrebbero essere prese in considerazione le caratteristiche della garanzia e del relativo prestito […]. Quest'analisi dovrebbe in particolare permettere di classificare il mutuatario mediante un rating del rischio. La classificazione può essere fornita da un'agenzia di rating riconosciuta a livello internazionale o, se disponibile, dal rating interno utilizzato dalla banca che fornisce il prestito in questione. La Commissione sottolinea il collegamento tra rating e tasso di inadempimento operato dalle istituzioni finanziarie internazionali, i cui lavori sono accessibili anche al pubblico. Per valutare se le caratteristiche del premio corrispondono a quelle di mercato, lo Stato membro può effettuare un raffronto dei prezzi pagati sul mercato dalle imprese con rating simili” (ibid., par. 3.2 lettera d). 62 A questo proposito la Comunicazione scende a un livello di dettaglio che appare eccessivo, differenziando la percentuale di capitale da remunerare a seconda del rating (da un massimo dell’8% a un minimo del 2% dell’importo garantito), fissando in 400 basic points il premio al rischio, da sommare al risk free rate ove lo Stato fornisca effettivamente capitale al regime di garanzia (ibid., par. 3.4, lettera f). 19 3.3.- Il criterio del venditore e dell’acquirente privato La materia è estremamente complessa ma conviene tenerla unita, sia perché vi sono simmetrie spiccate fra i due casi, sia perché è su entrambi i terreni che molti Stati europei, in primis l’Italia, hanno “dato il peggio”. Infatti la peculiarità storica di molte imprese pubbliche, specie nei servizi di interesse economico generale, è stata di essere doppiamente monopolisti: monopolisti nell’offerta di servizi ma anche monopolisti nella domanda di molti assets (dagli acquisti di impianti agli appalti per la costruzione di infrastrutture, al lavoro, ecc.), come invece si tende a trascurare. Monopolisti due volte, dunque, ma monopolisti anomali. Ogni monopolista che si rispetti cerca di sfruttare il proprio potere di mercato per ottenere le condizioni più vantaggiose: cerca di vendere a prezzi più alti di quanto riuscirebbe a fare un operatore in concorrenza e cerca di comprare a prezzi più bassi di quelli che sarebbe costretto a pagare se si trovasse in quella condizione. Anche sotto questo profilo molte imprese hanno storicamente dimostrato la loro specificità: hanno sistematicamente venduto sottocosto e acquistato a prezzi spesso oltre misura 63 . Il fenomeno (è questo il punto) è stato peraltro propiziato dalle asimmetrie della disciplina europea sugli aiuti di Stato, a lungo tollerante con le imprese che svolgevano servizi di interesse economico generale, più rigida con gli altri settori: di qui la convenienza per gli Stati ad alimentare il canale delle aziende pubbliche a favore di soggetti che non avrebbero potuto beneficiare di sussidi in via diretta. Né va dimenticato che fino ad alcuni anni fa (e in certa misura tuttora) lo Stato italiano è stato azionista di imprese che operavano sui due lati del mercato, cosicché le transazioni fra di esse si risolvevano all’interno del sistema, con compensazione di costi e di benefici. La commistione fra lo Stato-azionistaconcedente-regolatore ha aperto la via a fenomeni di cattura del regolatore e (inediti in altri settori) di “cattura dell’azionista”. Ciò premesso, in generale lo Stato si presenta sul mercato come venditore di beni, imprese, concessioni e licenze, servizi; e come acquirente di beni e di servizi. Si tratta di transazioni che hanno oggetto profondamente diverso e nelle quali lo Stato si presenta in forme e figure diverse: come soggetto che agisce in quanto autorità pubblica (affidamenti concessori, rilascio di licenze, committente di servizi di interesse economico generale) oppure come soggetto equiparabile a un privato che svolge un’attività economica. Le due figure si mischiano contribuendo a ingarbugliare la materia. 63 Le ragioni sono varie, ma vi è una causa causans che non può essere addebitata solo alle perversioni del monopolio o all’autolesionismo degli operatori, ma che ha carattere “ambientale” ed è il prodotto del convergere di una vastissima messe di interessi e, in definitiva, di una radicata arretratezza culturale. Di fondo, vi è stata nella società europea (la vena non è del tutto spenta) la percezione che i servisi di interesse economico generale avessero, strutturalmente e per intero, natura di servizio sociale piuttosto che di attività orientata al mercato, e che l’introduzione di logiche di mercato ne avrebbe compromesso la “naturale” vocazione. Questa generale percezione, alimentata peraltro dalla natura pubblica delle imprese, ha fatto sì che il ruolo delle imprese pubbliche venisse diffusamente considerato nel mondo dell’economia e della politica come quello di erogatrici di sussidi per conto dello Stato, nella forma, appunto, di bassi prezzi di vendita e di alti prezzi di acquisto: nel mercato del lavoro, come in quello degli appalti e delle forniture. Dunque, settori protetto sì, ma alquanto (in quanto?) “protettivi”. 20 3.3.1.- Il venditore privato Sul “lato vendite” i casi più segnati dalla normativa comunitaria sono quelli relativi a terreni e fabbricati pubblici, e alla privatizzazioni di imprese. A mio avviso andrebbero però considerate anche le concessioni e la vendita di beni e servizi. Nei primi due casi è pacifico che la figura dello Stato sia assimilabile a quella di un privato proprietario che tenta di massimizzare l’introito della vendita. In effetti i principi-base per escludere la presenza di aiuti sono comuni: la vendita a prezzo di mercato, sommata alle ulteriori che il prezzo si sia formato attraverso (i) offerta pubblica adeguatamente (e ripetutamente) pubblicizzata, (ii) incondizionata (ossia accessibile a tutti gli interessati), (iii) ove l’acquisto sia subordinato a obbligazioni speciali, non discriminatoria fra i potenziali acquirenti 64 . Se tali condizioni sono verificate, si assume che la transazione esprima il prezzo di mercato, con esclusione dunque di un aiuto di Stato all’acquirente. Se invece la procedura seguita è diversa, il prezzo deve essere congruito ex ante da un soggetto indipendente. I principi sono a prima vista chiari ma la loro applicazione cela problemi di varia natura, specie quando si tratta di alienazioni di partecipazioni pubbliche nelle imprese. Problemi che peraltro ci riguardano da vicino. Il primo si presenta allorché si cede un’impresa in difficoltà a un prezzo negativo, vale a dire, contro un conferimento di risorse da parte dello Stato o previa ricapitalizzazione. Vale qui, come in ogni altro caso il criterio dell’investitore privato 65 . Così: “[…] un investitore privato che persegue una politica strutturale, generale o settoriale guidata da prospettive di profitto a lungo termine non può ragionevolmente permettersi di procedere, dopo anni di perdite ininterrotte, a un conferimento di capitale che, in termini economici, non solo risulta più costoso di una liquidazione delle attività, ma è connesso alla cessione dell' impresa, cosa che elimina ogni prospettiva di guadagno, anche differito”. Inoltre, per la quantificazione del costo della liquidazione (dunque della convenienza o meno della previa ricapitalizzazione) “[…] occorre distinguere tra gli obblighi che lo Stato deve assumere come proprietario azionista di una società e quelli che possono incombergli come autorità pubblica”. Nella prima veste lo Stato è responsabile dei debiti della società solo nei limiti del capitale sociale, mentre “applicando il criterio dell' investitore privato, non deve tenersi conto degli oneri inerenti al costo del licenziamento dei lavoratori, al pagamento dei sussidi di disoccupazione ed agli aiuti alla ricostruzione del tessuto industriale” 66 . L’applicazione del MEIP alla privatizzazione delle imprese che producono servizi di interesse economico solleva a mio avviso non pochi problemi. La questione di fondo è se 64 Per la vendita di terreni e fabbricati: Commissione europea, Comunicazione 97/C 209/03, relativa agli elementi di aiuto di Stato connessi alle vendite di terreni e fabbricati da parte di pubbliche autorità (par. II.1); cfr. anche Tribunale di I grado, Causa T-274/01 (Valmont Nederland BV contro Commissione – prezzo di vendita di un terreno). Per la cessione di partecipazioni pubbliche cfr. Commissione Europea, XXX Rapporto sullo stato della concorrenza, par. 318; Corte di giustizia: Causa C.334/99 (Germania contro Commissine – Privatizzazione – trasparenza); Cause riunite C278-279-280, cit, par. 28. Se la cessione avviene mediante transazioni di borsa o mediante collocamento in borsa, si assume che il principio si a rispettato. 65 Cfr. Corte di giustizia, Causa C-334/99 (Germania contro Commissione - Gröditzer Stahlwerke GmbH), par. 133; Causa C-482/99 (Francia contro Commissione – Stardust), par. 70. 66 Corte di giustizia, cause riunite C-278-278-280 (Spagna contro Commissione), par. 26 e 22 (enfasi aggiunta). 21 queste operazioni debbano essere realizzate nell’interesse dell’azionista, dunque rispettando il MEIP e al massimo prezzo, oppure in quello della collettività. I due interessi non sempre convergono, tanto meno quando le privatizzazioni riguardano servizi infrastrutturali che richiedono forti impegni di investimento a lungo andare, vale a dire, un ottica “sul dopo” estranea al venditore privato. Se guardiamo alle privatizzazioni dei settori infrastrutturali realizzate in Italia (AdR, Autostrade, Telecom Italia), non si può non osservare come le cessioni abbiano rispettato perfettamente il MEIP, finalizzate come sono state a massimizzare l’introito dello Statoazionista, anche mediante concessioni in materia di indebitamento e di consolidamento dello stesso in capo alle società acquistate, con conseguente insostenibilità a lungo andare per l’acquirente. E accollando sulla collettività consistenti oneri futuri derivanti dall’arresto degli investimenti, rivendicazioni tariffarie. Ciò è stata la diretta conseguenza dei conflitti di interesse all’interno dello Stato (azionista, concedente, regolatore) e del prevalere su tutte della prima figura. Trattandosi non di imprese manifatturiera ma di servizi pubblici, forse esistevano altri modi per condurre le operazioni. Ad esempio, si poteva procedere alla cessione fissando un “prezzo ragionevole” e facendo dei programmi di investimenti e della qualità i fattori vincenti; e precostituendo ex ante un sistema certo di regole e di relazioni concessorie. Per le concessioni (altro capitolo nero della storia patria) non mi risulta esista giurisprudenza che applichi il MEIP. Si tratta in effetti di un “mercato” nel quale lo Stato si presenta sì come “venditore” (come concedente) ma nella veste autorità pubblica, tanto più nei casi nei quali ricorra il regime di riserva ex articolo 43 della Costituzione. E’ da discutere tuttavia se la fissazione delle condizioni economiche per gli affidamenti concessori non sia valutabili sulla base del MEIP e se non siano mutuabili al riguardo parte dei criteri - seppure enunciati in tutt’altro contesto e senza espresso riferimento al MEIP - della sentenza Altmark 67 . Così, una volta che lo Stato abbia assolto i suoi compiti di autorità pubblica stabilendo ex ante le condizioni concessorie “di base” (modalità di affidamento, assetto regolatorio e tariffario, compiti e obblighi del concessionario, sanzioni, ecc.) il corrispettivo potrebbe essere determinato dallo Stato nell’altra veste, “come se” lo Stato fosse un soggetto privato. Va aggiunto che è prassi usuale in Italia procedere ad affidamenti concessori camuffati da privatizzazioni di società concessionarie: per simmetria potrebbe essere in entrambi i casi applicato il MEIP. A rigore il MEIP andrebbe applicato anche ai casi di vendita di beni o servizi da parte dello Stato o di imprese controllate da poteri pubblici. In entrambi i casi vale il principio generale, enunciato alla sezione 3.1.1, che i ricavi di mercato, in rapporto ai costi, siano a lungo andare tali da permettere una normale remunerazione delle partecipazioni pubbliche. Se ciò non fosse si potrebbero in teoria configurare due beneficiari degli aiuti di Stato, alternativamente o congiuntamente: l’impresa stessa e i suoi clienti, ove la rinuncia dello Stato alla remunerazione del capitale sia traslata a valle in bassi prezzi di vendita. Ove fosse effettivamente implementato anche in questo campo, il test porrebbe però le imprese pubbliche in oggettivo svantaggio competitivo con quelle private quanto a politica dei prezzi. Mentre infatti le imprese private 67 Corte di giustizia, Causa C-280/00 (“Altmark”). 22 possono lecitamente competere con la leva dei prezzi, subordinatamente alla condizione di non praticare prezzi predatori, l’asticella del prezzo praticabile da quelle pubbliche sarebbe più alta, dovendo includere anche una normale remunerazione del capitale. Esclusa è invece l’applicazione del MEIP a tariffe e prezzi amministrati, poiché la loro fissazione rientra fra le attribuzioni dello Stato come autorità pubblica 68 . Ciò riduce i margini per le prove a discarico, posto che elimina uno dei quattro elementi che possono essere utilizzati dagli Stati a giustificazione delle proprie misure. 3.3.2.- L’acquirente privato Sebbene ci troviamo su un terreno regolamentato da altre norme comunitarie e nazionali (appalti e contratti pubblici, affidamento di servizi in regime di obbligo di servizio pubblico, conferimento di diritti speciali o esclusivi, ecc.), ciò non impedisce che la materia sia affrontata anche attraverso l’applicazione del MEIP: il quale, va ricordato, non guarda né alle motivazioni né all’oggetto, bensì agli effetti. La ratio dell’applicazione del MEIP in questo caso è sostanzialmente simmetrica a quella del venditore privato. Secondo la giurisprudenza comunitaria per l’applicazione del principio bisogna dimostrare che: a) l’acquisto di beni o servizi corrisponde a effettive necessità dei poteri pubblici, b) che questo avvenga attraverso una gara di appalto pubblica e c) che la gara sia stata sufficientemente pubblicizzata 69 . Una particolare e rilevantissima categoria di acquisti è quella legata all’affidamento di servizi di interesse economico generale in regime di obblighi di servizio 70 . Qui lo Stato può essere visto come acquirente di tali servizi per conto della collettività, contro un corrispettivo rappresentato dalla compensazione dell’impresa incaricata. Anche in questo caso lo Stato si presenta con una doppia veste, in verità con labili confini: quello di autorità pubblica e quello di un soggetto che svolge funzioni economiche “alla stregua” di un operatore privato. Può essere interessante guardare questa materia alla luce dei principi ricordati sopra. In primo luogo, l’articolo 16 del Trattato permette ampia discrezionalità degli Stati di fissare l’asticella sul livello dei servizi pubblici da garantire alla collettività e dunque eventualmente da sottrarre alle regole della concorrenza, secondo criteri di proporzionalità, ex art. 86(2) del Trattato, con l’imposizione di obblighi di servizio pubblico. In base al primo dei principi enunciati sopra, a rigore gli Stati dovrebbero preventivamente verificare “l’effettiva necessità dell’acquisto”, vale a dire, il fallimento del mercato nel fornire liberamente servizi giudicati adeguati alle esigenze della collettività 71 . Spetta dunque allo 68 “il principio dell’investitore operante in economia di mercato […] può essere applicato soltanto nell’esercizio di attività economiche, mai nell’ambito dell’esercizio di poteri di regolamentazione” [Commissione europea Decisione 2004/393/CE (“Charleroi”)], cit., p. 3, nota 7. 69 Cfr. al riguardo Tribunale di I grado: causa T-14/96 (BAI contro Commissione), par. 6,71,76,79; cause riunite T116/01 e T-118/01, par. 116-118. Cfr. anche Commissione europea: Comunicazione sulla disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo (96/C 45/06), par. 2.5; Comunicazione sugli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi (97/C 205_5), cap. 5. 70 Cfr. ad esempio Corte di giustizia, Cause riunite C-83/01P, C-93/01P e C-94/01P (Francia, La Poste, Cronoposte contro Commissione). 71 Si tratta in verità di una verifica raramente effettuata in modo serio e convinto, come si può vedere anche alla luce delle vicissitudini della normativa italiana sui servizi pubblici locali. Questo accertamento mi sembra tuttavia 23 Stato come autorità pubblica definire il perimetro dei servizi da sottoporre al regime di obblighi di servizio pubblico e stabilire la natura della compensazione: monetaria o attraverso il conferimento di diritti esclusivi o di diritti speciali, o il cumulo di tali misure. La definizione del quantum, invece, dovrebbe attenere all’altra veste dello Stato e dunque essere soggetto al test del MEIP, immedesimando lo Stato in un ipotetico soggetto privato, titolare delle sue funzioni e con i suoi stessi obiettivi, che miri a minimizzare i costi. Per le compensazioni finanziarie valgono i criteri Altmark 72 , che implicitamente applicano il MEIP (o che non lo contraddicono) e la cui sussistenza esclude la fattispecie di cui all’art. 107(1) del Trattato. In pratica la situazione può essere alquanto più complessa. Un caso che vale la pena richiamare è la controversia fra la Commissione e La Poste, nella quale la prima rilevava il mancato rispetto del MEIP nella assistenza commerciale e logistica fornita dall’impresa a Chronopost. La sentenza del Tribunale di I grado, che parzialmente confermava la Decisione della Commissione 73 venne ribaltata dalla Corte di giustizia eccependo la non corretta applicazione del MEIP: “A causa delle caratteristiche del servizio che la rete di La Poste deve assicurare, la costituzione e il mantenimento di tale rete non rispondono a una logica puramente commerciale. […] Pertanto, tale rete non sarebbe mai stata costituita da un'impresa privata. Di conseguenza, in mancanza di qualsiasi possibilità di paragonare la situazione di La Poste con quella di un gruppo privato di imprese che non opera in un settore riservato, le «condizioni normali di mercato», che sono necessariamente ipotetiche, devono valutarsi con riferimento agli elementi obiettivi e verificabili che sono disponibili. […] Su questa base, si può escludere l'esistenza di un aiuto di Stato a favore della SFMIChronopost qualora, da un lato, venga accertato che la contropartita richiesta copra debitamente tutti i costi aggiuntivi variabili sopportati per la fornitura dell'assistenza logistica e commerciale, un contributo adeguato ai costi fissi conseguenti all'utilizzazione della rete postale nonché una remunerazione adeguata dei capitali propri nella parte in cui essi sono destinati all'attività concorrenziale della SFMI-Chronopost, e qualora, dall'altro, nessun indizio faccia ritenere che tali elementi siano stati sottovalutati o stabiliti in modo arbitrario” 74 . Un’altra rilevantissima categoria di acquisti riguarda gli appalti per opere, portatori di aiuti di Stato nella misura in cui siano sottratti alla normativa dei contratti pubblici o questa sia elusa. Incidentalmente, sarebbe interrante al riguardo verificare la portata – e i rischi – dell’applicazione dell’art. 30 della Direttiva 2004/17/CE 75 , che sottrae alla disciplina degli appalti pubblici – previo scrutinio della Commissione – quei settori (energia, acqua, trasporti, poste) dove esistesse effettiva concorrenza 76 . La ratio della norma è che ove vi sia essenziale per verificare il rispetto del principio di proporzionalità nella limitazione della concorrenza (dunque nella alterazione degli scambi infra-comunitari). 72 Corte di giustizia, Causa C-280/00, cit., art. 2. 73 Tribunale di I grado, Causa T-613/97 (Ufex e a./Commissione) relativa alla Decisione della Commissione 98/365/CE. 74 Corte di giustizia, Cause riunite C-83/01P, C-93/01P e C-94/01P, cit., par. 36,38, 40. 75 Direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali 76 “Gli appalti destinati a permettere la prestazione di un'attività di cui agli articoli da 3 a 7 non sono soggetti alla presente direttiva se, nello Stato membro in cui è esercitata l’attività, questa è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili” (ibid., art. 30, comma 1). 24 piena concorrenza, e ove dunque non siano titolari di diritti esclusivi o speciali, le imprese pubbliche siano costrette a comportarsi come imprese private e che quindi come tali vadano trattate 77 . Fermo restando (ritengo) il diritto della Commissione di verificare ex post la congruità delle condizioni di acquisto, per il resto l’equiparazione fra imprese pubbliche e private dovrebbe “assorbire” il MEIP, vale a dire, portare a presumere che questo sia rispettato indipendentemente dal ricorso o meno a gare di appalto. Considerati i precedenti ricordati sopra e l’enormità degli interessi in gioco, non sembra trascurabile il rischio che l’applicazione della norma possa essere foriera di aiuti di Stato a favore delle controparti delle imprese “liberate”. 4.- Il caso Alitalia Quello Alitalia (1997-2007) è la summa di buona parte delle casistiche considerate finora: la remuneratività a lungo andare della partecipazioni pubbliche, il conferimento di nuovo capitale di rischio e di credito, l’alienazione delle partecipazioni pubbliche, l’accollo allo Stato di debiti dell’impresa, rappresentano un condensato delle problematiche di applicazione – e di non applicazione – su più fronti del MEIP. Sul primo punto non vi è molto da dire: a partire dalla liberalizzazione del trasporto aereo, gli esercizi che Alitalia ha chiuso in attivo prima di perdere la qualità di impresa pubblica sono una frazione marginale del totale. Se dunque la Commissione avesse applicato il criterio enunciato nella sezione 3.1.1, la Società sarebbe stata liquidata (o risanata) da un pezzo. Più interessante e controversa la vicenda della ricapitalizzazione avvenuta nel 1997 e delle vicende che l’hanno seguita. L’impostazione metodologica della Commissione, che porterà alla Decisione 97/789/CE, è quella indicata dalla Comunicazione sugli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione civile 78 : “Il principio dell'investitore [privato] [...] sarà di regola soddisfatto quando la struttura e le prospettive future della società siano tali da far prevedere entro un lasso di tempo ragionevole una redditività (mediante pagamenti di dividendi o incrementi di capitale) che potrà essere considerata normale se paragonata ad un'analoga impresa privata […]. Un investitore che opera in un'economia di mercato fornirà di norma capitale di rischio se il valore attuale dei flussi di cassa attesi dall'investimento progettato (che spetteranno all'investitore in forma di dividendi e/o incrementi di capitale, debitamente corretti per tener conto del rischio) è superiore al costo del nuovo apporto” (par. 28). 77 Infatti: “La necessità di garantire l’effettiva liberalizzazione del mercato e un giusto equilibrio nell’applicazione delle norme sull’aggiudicazione degli appalti nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali esige che gli enti interessati siano definiti in modo diverso dal riferimento alla loro qualificazione giuridica. Non dovrebbe dunque essere violata la parità di trattamento tra enti aggiudicatori del settore pubblico ed enti che operano nel settore privato. Si dovrebbe inoltre far sì che, a norma dell’articolo 295 del trattato, sia lasciato impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri” (ibid., CONS. 10). 78 Commissione europea, Applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato e dell’articolo 61 dell’Accordo SEE agli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione civile (Comunicazione 94/C 340/07). 25 Nel caso Alitalia, che si trovava in consistente perdita, le prospettive di redditività dipendevano largamente dal piano di ristrutturazione presentato dal Governo italiano, al cui finanziamento erano destinata la ricapitalizzazione, inizialmente prevista in 3.310 miliardi di lire e poi portati a 2.750 (di cui 1.000 già erogati da IRI). Era prevista una partecipazione al capitale da parte dei dipendenti della compagnia per 310 miliardi di lire e il collocamento successivo di una quota del capitale presso investitori privati. Assistita da un consulente, la Commissione eccepì che il piano Alitalia non si configurava come un business plan ma come un turnaround plan, dunque un piano caratterizzato da un rischio molto elevato. Tanto elevato che il tasso annuo minimo di rendimento (hurdle rate) che il mercato avrebbe richiesto a un investitore privato si sarebbe collocato fra il 30% e il 40%, portato poi al 30% in sede di decisione, anche a seguito degli aggiustamenti del piano nel corso della procedura. Per contro la Commissione stimava intorno al 20% il tasso interno di rendimento dell’operazione, con una forchetta fra il 13,1% e il 24,8%. Tale calcolo – questo fu uno dei punti più controversi – si basava sull’esclusione dei costi che IRI avrebbe dovuto sostenere in caso di fallimento della Società, incluso il mancato rimborso di circa 900 miliardi di debiti Cofiri, appartenente alla stessa IRI. Ne seguiva, secondo la Commissione, che l’operazione non era giustificabile alla luce del MEIP, che dunque si configurava come aiuto di Stato e che poteva essere autorizzata subordinatamente a una serie di condizioni che non rilevano qui. Come è noto la Decisione della Commissione è stata annullata dal Tribunale di I grado, sulla base delle seguenti considerazioni: a) mentre respingeva, sulla base di quanto sopra ricordato, le argomentazioni di Alitalia in ordine al concorso di investitori privati, b) il Tribunale eccepiva che la Decisione non era sostenuta da motivazioni concrete in ordine alla determinazione nel 30% dell’hurdle rate, se non che si trattava di un valore mutuato da una precedente decisione in merito alla ricapitalizzazione di Iberia 79 ; in altre parole, il valore stimato non era sorretto da calcoli analitici quanto piuttosto dall’unico precendente disponibile 80 ; c) sul tasso interno di rendimento il Tribunale censurava la Commissione per aver escluso dal suo calcolo i costi di insolvenza, qualora la ricapitalizzazione non avesse avuto luogo 81 ; del resto, dal momento che 1.000 dei 2.750 miliardi di lire di ricapitalizzazione erano stati utilizzati per rimborsare il debito verso Cofiri (e che 79 Commissione europea, Decisione 96/278/CE del 31 gennaio 1996. “Occorre pertanto concludere che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione nella parte in cui fissa per l'investimento dell'IRI lo stesso tasso minimo di quello determinato nella decisione Iberia” (T-296/97, par. 137). 80 81 “la Commissione ha commesso un manifesto errore di valutazione nel considerare, in base ai motivi presentati nella decisione impugnata, che i costi di insolvenza relativi ai prestiti accordati dalla Cofiri dovevano essere esclusi dal calcolo del tasso interno” (ibid, par. 150). Ad avviso della Commissione tali costi andavano esclusi in quanto “i costi dell'insolvenza derivano sostanzialmente dalla perdita dei prestiti a breve termine concessi prima del giugno 1996 all'Alitalia dalla società finanziaria Cofiri, controllata dall'IRI, e rimborsati nel giugno e luglio 1996 grazie al contestuale versamento dell'anticipo di 1.000 miliardi di lire, il che consente peraltro di equiparare in pratica questa doppia operazione ad una conversione di prestiti in capitale. Ebbene, un investitore privato guidato da previsioni di redditività di più lungo periodo non fonda la sua decisione sul computo di un possibile vantaggio immediato se la situazione reale dell'impresa non è sufficientemente buona da giustificare impegni duraturi” (Decisione 97/789, par. VII, settimo comma). 26 tale finanziamento non era stato provato essere frutto di un aiuto di Stato), delle due l’una: (i) gli oneri di IRI mancato rimborso del debito veniva considerato nel calcolo, oppure (ii) andava riconsiderato, ai fini del calcolo del tasso interno di rendimento, non il valore pieno della ricapitalizzazione ma la differenza fra quanto lo Stato avrebbe versato come capitale di rischio e quanto si sarebbe ripreso come capitale di debito. La Decisione della Commissione è stata dunque censurata su entrambe le “lame” dell’applicazione del MEIP, il benchmark e il tasso di rendimento dell’operazione specifica: nel metodo e nelle (mancate) motivazioni, non nel calcolo. Va aggiunto però che anche lasciando immutato al 30% l’hurdle rate, secondo i calcoli di Alitalia per effetto dell’inclusione dei mancati costi di insolvenza il tasso interno di rendimento sarebbe aumentato in misura tale da superare il 30%. Infatti nelle prime stime del consulente della Commissione, la forchetta del tasso interno di rendimento era compresa fra – 12,5% e + 25,7%, in relazione ai diversi scenari, fra i quali assumeva peso preminente proprio il trattamento dei costi di insolvenza. Con Decisione 2001/723/CE82 (confermata dal Tribunale di I grado 83 ) la Commissione confermava le conclusioni della precedente Decisione pur rettificandola nelle parti censurate dal Tribunale, e precisamente: a) confermando il valore del 30% assegnato all’hurdle rate, motivando che la situazione di Alitalia presentava rischi non inferiori a quelli di Iberia; b) includendo i costi di insolvenza, in particolare quelli relativi al debito verso Cofiri, e gli ultimi aggiustamenti del piano prodotti dalla Compagnia prima della Decisione del 1997; di conseguenza il tasso interno di rendimento aumentava, nel minimo, rispetto a quello indicato nella Decisione del 1997, portando la forchetta a valori compresi fra 25,2% e 26,1% 84 , comunque inferiori a tasso minimo indicato sopra. In sostanza, la Commissione seguitava a giocare sul proprio terreno, limitandosi a motivare i propri numeri, posto che tale verifica non era di competenza delle Corti comunitarie. 82 Commissione europea, Decisione 2001/723/CE del 18 luglio 2001. Tribunale di I grado, causa T-301/01. 84 “Per determinare il valore di Alitalia alla fine del 2000 e, quindi, a partire da tale valore, quello della partecipazione dell'IRI nella società a tale data, la Commissione ha seguito un'impostazione paragonabile a quella seguita nel caso Iberia (16). Essa consiste nel moltiplicare il flusso di cassa stimato da Alitalia di un anno tipico posteriore all'anno 2000 per un coefficiente che attualizzi tutti i flussi di cassa futuri. Detraendo dal valore dell'attivo così calcolato l'indebitamento dell'anno 2000, si ottiene il valore dei capitali propri a tale data. Il coefficiente moltiplicatore applicato al profitto di un anno tipico si determina in funzione sia del tasso di crescita medio del flusso di cassa in tutti gli anni successivi al 2000 sia del tasso di attualizzazione scelto per l'anno 2000. Quest'ultimo tasso non è altro che il costo medio ponderato del capitale per Alitalia a tale data, che risulta pari al 9,53 %, media ponderata del costo stimato del suo indebitamento (7,2 %) e del costo dei capitali propri (14 %) valutato mediante ricorso al «Capital Asset Pricing Model». A questo punto è necessario insistere sul fatto che il costo medio ponderato del capitale in tal modo definito non tiene altrimenti conto del rischio specifico di Alitalia. Quanto al tasso di crescita medio annuo del flusso di cassa della società dopo il 2000, sembra ragionevole fissarlo al valore del 4,5 % in lire correnti. Tale valore è determinato a partire dal tasso di crescita a lungo termine dell'economia, dal moltiplicatore di questo tasso specifico del settore del trasporto aereo, dall'evoluzione attesa dei ricavi unitari e dal tasso di inflazione. Ne risulta che il valore della partecipazione dell'IRI in Alitalia nel dicembre 2000 ascende rispettivamente a 4 206 o a 4 330 miliardi di lire a seconda della normativa fiscale che sarà applicata” (ibid., par. 22) 83 27 5.- Conclusioni Il MEIP è un criterio che nel tempo è diventato centrale per verificare l’esistenza di elementi di aiuto nei rapporti fra Stato e imprese: è un criterio trasversale, in quanto applicabile potenzialmente a tutte le fattispecie, sulla carta dirimente poiché il suo rispetto rende ininfluenti altre eventuali cause che altrimenti potrebbero configurare un aiuto di Stato. La Commissione 85 si dichiara conscia della complessità di calare il MEIP nelle situazioni concrete, così come delle riserve di Stati e operatori che “l’applicazione del principio dell’economia di mercato possa far sì che il giudizio della Commissione si sostituisca a quello dell’investitore nella valutazione dei progetti di investimento […]. La Commissione è consapevole del fatto che l’analisi del rischio impone alle imprese pubbliche, come a quelle private, di esercitare capacità imprenditoriali, il che comporta inevitabilmente un ampio margine di giudizio da parte dell’investitore; entro tale ampio margine di giudizio, la valutazione operata dall’investitore pubblico non può essere considerata come afferente ad aiuti di Stato”, salvo prova contraria, il cui onere incombe sulla Commissione (paragrafo 27). E ancora: “La Commissione non intende affatto applicare i principi di cui alla presente comunicazione (in un campo che è necessariamente complesso) in modo dogmatico e dottrinale, dovendosi ammettere che le decisioni imprenditoriali di investimento comportano necessariamente un ampio margine di valutazione”(paragrafo 29). A voler tentare un bilancio della applicazione del MEIP si può concludere che si tratta di uno strumento utile per impostare e tentare di dare razionalità economica alle valutazioni in materia di aiuti alle imprese, sfrondando il terreno da situazioni manifestamente nella norma o fuori norma e per il resto attribuendo alla Commissione forza contrattuale per negoziare quelle che invece si trovano nella zona grigia. In altri casi (si è visto per le privatizzazioni di settori nei quali le considerazioni ispirate all’interesse privato dovrebbero cedere ad altre più attente all’interesse generale) la sua stretta applicazione si è rivelata dannosa. E però nella zona grigia che si trovano i casi più rilevanti: gli interventi di salvataggio o di ristrutturazione industriale e quelli su imprese appartenenti a gruppi industriali, il recupero dei crediti da imprese in difficoltà e il caso di cumulo fra creditore e azionista, le applicazioni del MEIP allo Stato come acquirente e come venditore. Per questi casi, che rappresentano la maggioranza, i margini di incertezza sono tali da attribuire alla Commissione poteri discrezionali molto considerevoli. La sensazione è che la Commissione ne abbia fatto talvolta un uso disinvolto, spesso un uso spigoloso, con un certo integralismo non in linea con la flessibilità dichiara sopra, forse giustificato, da un lato, da obiettivi di deterrenza e, dall’altro, dal carattere dirimente del test. La labilità della materia è del resto confermata dal gran numero di decisioni annullate, in tutto o in parte, dalle Corti comunitarie. 85 Commissione europea, Comunicazione 93/C 307/03, cit., par. 27 e 29. 28