Cap. 3 IL CORPO - Gian Maria Comolli

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Cap. 3 IL CORPO - Gian Maria Comolli
Cap. 3 IL CORPO
SCHEMA DEL CAPITOLO
Introduzione
1.Il corpo nella società contemporanea
2.Il corpo nella visione cristiana
3. Il senso del pudore
Conclusione
Introduzione
Il corpo è il centro della medicina e questo possiede un alta “dignità”
appartenendo all’uomo più di ogni altra cosa, conferendo unità all’interezza del
suo essere e della sua esistenza. Al corpo è connesso un valore etico; di
conseguenza, ogni offesa al corpo e ogni azione senza ritegno morale, è un
oltraggio alla persona unità di caratteri spirituali, psichici e corporei.
Alcune professioni, tra cui quella sanitaria, devono esprimere in modo
rilevante questa dignità, operando con pudore sul quel corpo reso vulnerabile
dalla malattia, essendo questo non una macchina difettosa che richiede una
riparazione da parte di un tecnico ma una parte integrante dell’uomo che ciascuno
rappresenta mentalmente nella propria dinamica di identificazione.
Tutto ciò è particolarmente complesso, non unicamente per
l’accostamento settoriale seguito dalla medicina attuale, ma anche per la visione
della corporeità presente nel contesto societario.
1. Il corpo nella società contemporanea
Nel corso della storia, il concetto di corpo, ha conosciuto varie valutazioni a
secondo delle culture. Da alcuni decenni le scienze naturali ed umanistiche, la
letteratura, il cinema e il contesto societario hanno rivalutato la corporeità, ma
purtroppo, si nota, che è una “riabilitazione” solo apparente. Infatti, la riabilitazione
avviata in Occidente dagli anni '50 del XX secolo è, in massima parte, superficiale
e di facciata, anche se non possiamo scordare i tentativi delle leaders dei
movimenti femministi, portatrici del senso di rabbia e di frustrazione di molte
donne, che però hanno raggiunto risultati solo in minima parte.
Si è passati dall’ascetica e dalla mortificazione del corpo, cioè da
atteggiamenti di deprezzo e di indifferenza, alla sua “pagana” celebrazione con
culti che lo esaltano, anche se in più occasioni e in più settori, il corpo, è ridotto a
muscoli e a bellezza, modellato sull' esteriorità e sulla provocazione; perciò
assumono importanza primaria le parti anatomiche da curare attentamente.
Il corpo che dà visibilità e presenza, si è trasformato in merce e in veicolo di
consumo con la meccanizzazione mediante lo sport e l'erotismo pubblicitario, con
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lo sfruttamento prevalentemente di quello femminile, asservendo la donna al
potere del denaro e alla tentazione dell'edonismo.
Questa nuova impostazione culturale ci fa scordare, come evidenziava
E. Lévinas, che “l’avversità è raccolta nella corporeità suscettibile di dolore,
esposto all’oltraggio e alla ferita, alla malattia e all’invecchiamento”1.
Mentre le caratteristiche del corpo che manifestano il carattere della persona
e della sua anima compresi i sentimenti, sono emarginati e detestati.
Ma la filosofia classica ci rammenta che “l’anima è la forma sostanziale del
corpo”, cioè che l’uomo è un’unità spirituale e materiale. E “la materia non è
pensata come un corpo organizzato, ma come ‘materia prima’ per ricevere
dall’anima l’esistenza e tutte le determinazioni essenziali”2. Perciò, l’uomo, non
può ridursi a pure pulsioni irrazionali, ignorando le indicazioni dello spirito.
Oggi, il benessere di una parte del corpo, è considerato un obiettivo
fondamentale che entra nella categoria dei valori delle società post-moderne
ed anche il successo, sempre di più, è dato dalla bellezza esteriore e dalla
seduzione che suscita. Ma questo porta alla perdita dell’armonia corporea ed è
pericoloso per le giovani generazioni che spesso caricano in rete o su
Facebook video o foto raccapriccianti, illudendosi che il seducente aspetto
fisico sia la chiave di accesso al successo e alla fama mediatica.
Nella costruzione di questo deleterio contesto, assai contribuiscono
l’irresponsabilità dei genitori, la pubblicità, la moda e programmi che pur
disonorando la ragione, registrano alti tassi di audience; i reality-show dal Grande
Fratello all’ Isola dei Famosi, i talent-show da X-Factor a Uomini e donne, come
pure i social network che viaggiano nella rete sotto l'occhio vigile della webcam3.
1
E. LEVINAS, Totalità ed infinito, Jaka Book, Milano 1980, pg. 170.
B. FLICK – G. ALZEGHI, Fondamenti di una antropologia teologica, L.E.F., Firenze 1970, pg. 95.
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Interessanti sono le riflessioni, anche ironiche, del giornalista M. Veneziani.
"(…) Ogni giorno in tv, sulle riviste, nei manifesti pubblicitari, al cinema, insomma in cielo e in terra e in ogni
luogo, il culto della bellezza miete milioni di vittime innocenti: non c'è evento, spettacolo o pubblicità che non
sia affidato al corpo, alla voce, al volto di magnifiche creature e migliaia di ragazze girano con il book, ovvero
il catalogo delle loro foto per proporsi ovunque ci sia spettacolo della bellezza (… ).
L'ostentazione della bellezza, l'elogio permanente e spettacolare della bellezza, crea i seguenti danni
sociali, individuali e famigliari.
1.Mortifica chi bello non è, lo fa sentire uno scarafone, crea autodisprezzo di massa. Genera frustrazioni
collettive e insicurezze personali, perfino imprecazioni genetiche contro i propri genitori e i propri figli.
2.Uccide i rapporti tra le persone normali perché alimenta un forte platonismo.
3.Crea ansia ed angoscia da competizione, istiga alla giovinezza, al lifting, al viagra, al silicone, alle plastiche,
alla sofferenza da palestra, ad ore e soldi perduti nei massaggi e nei trucchi.
4.Alimenta odi sociali di straordinaria virulenza. Se il conflitto tra i pochi privilegiati belli e i molti
infelici non belli troverà un Marx e un Lenin, si instaurerà una gigantesca lotta di classe, con sbocchi violenti
e totalitarismi.
5.Incattivisce ancora di più la voglia di potere, perché l'unico modo per disporre della bellezza è esercitare il
potere, promettendo cambio merci o bilanciando simbolicamente il fascino della bellezza col fascino del
comando.
6.Infine, danneggia anche le bellezze perché le svuota.
Tutto a loro pare facile e gratuito, basta mostrarsi, ostentare il proprio corpo e il proprio sorriso per ottenere
ogni cosa. E questo uccide le loro intelligenze e la loro umanità, che si formano invece nel duro esercizio di
vivere. Le rende pigre, capricciose, allergiche alla maternità, prese come sono da se stesse. La bellezza è
socialmente pericolosa. (…) Allora cerchiamo di guardare, come diceva Platone, non solo con gli occhi del
corpo ma anche con quelli della mente: ci sono più cose in cielo e in terra dei corpi umani e della loro
bellezza, cose che si vedono di meno ma si sentono di più, che colpiscono di meno ma durano di più, che
colpiscono di meno ma incidono più dentro.
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2.Il corpo nella visione cristiana
Il cristianesimo esalta la positività del corpo pur sottolineando alcuni limiti.
Il riferimento fondamentale è, come abbiamo potuto notare in precedenza,
la creazione nella quale l’uomo è qualificato “immagine di Dio”, e ciò non
riguarda unicamente la sua spiritualità ma la globalità della persona; quindi,
anche la sua corporeità nell' espressione della sessualità maschile e
femminile che significa un’esistenza donata e il segno della comunione con gli altri.
Ricordano i teologi Flick e Alszeghey: “Le descrizioni secondo cui Dio plasma
il corpo dell’uomo (Gen. 2,7), lo crea a Sua immagine nella sua bisessualità (Gen.
1,27), e trova il mondo, il cui l’uomo è collocato, ‘molto buono’ (Gen. 1,31), hanno
l’intenzione didattica di affermare che l’uomo, corrispondente al progetto Divino, è
un essere corporale”4.
Gesù Cristo, per salvarci, ha assunto un corpo simile al nostro: “Il Verbo si
è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv.1,14).
E prima di realizzare l'opera redentrice mediante la morte in croce visse
pienamente in un contesto sociale e famigliare per trent' anni, confrontandosi con
tutti i disagi fisici e psicologici, oltre che partecipando pienamente alla vita dei
suoi contemporanei. "Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti
ebbe fame” (Mt. 4,2); "Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva
presso
il
pozzo”
(Gv.
4,6); "Egli se ne stava a poppa sul cuscino e
dormiva" (Mc. 4,38); "Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a
sentire paura ed angoscia" (Mc. 14,33), e dalla croce gridò:
"Dio
mio,
perché mi hai abbandonato?” (Mt. 27,39). Mostrò sensibilità e capacità
d'amicizia; ad esempio con Lazzaro e con la sua famiglia, commovendosi
nell’apprendere la notizia della morte dell'amico e piangendo davanti al suo
sepolcro, e i presenti commentarono: "Ma guarda quanto lo amava” (Gv.11,21).
E nel compiere i miracoli prestò grande attenzione ai corpi, guarendoli.
Ribadisce la Costituzione “Dei Verbum” che Gesù è vero Dio e vero uomo
"perché ha parlato con parole d'uomo, ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato
con mente d'uomo, ha amato con cuore d'uomo"5. E san Giovanni Crisostomo
nell' “Omelia LXIII” afferma, trattando della passione di Gesù, che egli volle
subire l'ironia della nudità perché tutti potessero vedere anche la sua
completezza corporea e, di conseguenza, l'uguaglianza del suo corpo con il
nostro.
La creazione del corpo da parte di Dio e l’Incarnazione del Signore
Gesù ci mostrano dunque l’alto valore della corporeità.
Inoltre, nell'Incarnazione, il Corpo di Cristo, divenne il sacramento
dell’incontro dell’uomo con Dio, oltre che strumento di redenzione e di
salvezza: "Noi siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù
La bellezza è una virtù; ma anche il coraggio, anche l'intelligenza, anche la generosità, anche l'intraprendenza,
anche la lealtà sono virtù.
La bellezza regna nell'estetica, non nell'etica, nella poetica, nell'ontica.
E poi c'è la bellezza della parola, del sentimento, dell'arte, della natura; non solo dei corpi"(M. Veneziani, Un
mondo ammalato di bellezza, Il Giornale, 2 marzo 2004, pg. 10).
4
Fondamenti di una antropologia teologica, op. cit., pg. 91.
5
CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, n. 27.
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Cristo, fatta una volta per sempre” (Eb. 10,10).
E questa comunione continua con i sacramenti, denominati da San
Tommaso "Reliquiae Incarnationis Christi”6, in particolare, con l’Eucarestia,
quando assumiamo il suo Corpo e il suo Sangue, perché “i segni del pane e del
vino rendono presente quaggiù il corpo di Cristo dato e il suo sangue versato”7.
Il corpo individuale di Gesù si prolunga nel corpo della Chiesa, il nuovo
popolo dei salvati: “Voi siete il corpo di Cristo e le sue membra, ciascuno per la
sua parte” (1 Cor, 12,27), e di questo corpo Cristo è il capo. E poi abbiamo la
corporeità del battezzato che è tempio dello Spirito Santo: “Siete stati comprati a
caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1 Cor. 6,20).
Anche la liturgia, celebrando i sacramenti, si avvale spesso del
linguaggio del corpo.
Infine, non possiamo scordare l'importanza riservata al corpo da questo
versetto della professione di fede: "Aspetto la risurrezione dei morti" essendo “il
corpo dell’uomo destinato alla resurrezione”8. E Cristo “trasfigurerà il nostro
misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil. 3,21).
Pure il Magistero della Chiesa ha costantemente sottolineato l'importanza del
corpo.
Un atto significativo fu la proclamazione da parte di papa Pio XII del “Dogma
dell’Assunzione di Maria”, affermando: “Pronunziamo, dichiariamo e definiamo
che l’Immacolata sempre Vergine Maria, terminato il corso della sua vita
terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.
Ricordiamo, inoltre, la “Catechesi del mercoledì” sulla “Teologia del corpo”
proposta da san Giovanni Paolo II9.
Nell’ Istruzione “Donum vitae” si parla di "persona umana nella sua
dimensione corporea", sottolineando che "il corpo umano non può essere
considerato solo come complesso di tessuti, organi e funzioni, né può essere
valutato alla stregua del corpo degli animali, ma è parte costitutiva della persona
che attraverso di esso si manifesta e si esprime"10. “Nei confronti del corpo, anche
quando si ammala, abbiamo una responsabilità perché ogni intervento ‘con
raggiunge soltanto i tessuti, gli organi e le loro funzioni ma coinvolge anche, a livelli
diversi, la stessa persona’ ”11. L'enciclica “Evangelium vitae” afferma: "(la vita del
corpo) è una realtà sacra che viene affidata perché la custodiamo con senso di
responsabilità"12.
Come conclusione di questo paragrafo riportiamo le osservazioni del
filosofo francese M. Serres: "La condanna della morale cristiana con l'accusa di
essere 'dolorista' è un errore storico e un'ignoranza culturale. Non si legge mai
abbastanza delle altre morali dell'epoca che dicono la stessa cosa.
6
TOMMASO D’AQUINO, Summa theologiae, pars III, q. 62, a 5.
F. AMIOT, Corpo di Cristo, in X. LEON DUFOUR, Dizionario di Teologia biblica, Marietti, Torino 1971, pg.
215.
8
CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, n.14.
9
La catechesi durò dal settembre 1979 al novembre 1984. I testi sono raccolti in: GIOVANNI PAOLO II, Uomo
e donna lo creò, Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1985.
10
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Donum vitae, n. 3.
11
Donum vitae, op. cit., n. 3.
12
GIOVANNI PAOLO II, Evangelium vitae, n. 2.
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Perché il corpo era condannato a soffrire quotidianamente occorreva una forte
morale che aiutasse a sopportare la sofferenza. Non conosco una tradizione
filosofica, un testo antico che parli del corpo come il Vangelo, il quale evoca il
concepimento, il parto, l'allattamento, la nascita, la crescita, la carne, il sangue, la
resurrezione dei corpi... Cristo parla molto di più del suo corpo che della sua
anima. Il cristiano venera il corpo con l'incarnazione"13.
3.Il senso del pudore
Il corpo per essere rispettato ed accostato degnamente esige
dall’operatore sanitario il “senso del pudore”, soprattutto di fronte all’esposizione
per visite, esami o per l’igiene della propria intimità, cioè del nucleo più profondo
della persona. Un pudore che la società contemporanea rapidamente sta
perdendo; per questo, potendo essere contaminati dal “sentire comune”, riservo
alcune riflessioni a questo argomento per non smarrirne l'importanza.
Agli inizi del XX secolo era impudico mostrare le caviglie. Oggi è
consuetudine esibire l’ombelico, indossare jeans a “vita bassa”, vestire abiti
alquanto corti e con aderenti e vistose scollature. D’estate, o meglio all’arrivo del
primo caldo, impazzisce il desiderio di ridurre al minimo l’abbigliamento per
ostentare il corpo.
Questo indica che il cittadino della “società liquida” sta abbattendo un altro tabù
mostrando in pubblico le parti più intime con irreale naturalezza.
Si afferma che oggi, con il sesso, non esistono più imbarazzi; ciò e vero, è con
“l’amore autentico” che abbiamo complicazioni, e la diminuzione del pudore
aggroviglia ulteriormente la situazione.
Anche le attività naturalistiche pongono alla base l’errata concezione che nulla
vada nascosto o debba provocare vergogna. Si ritiene il nudismo una
manifestazione di schiettezza e di coraggio, considerando marginalmente il
sentimento del pudore che investe invece pienamente l’aspetto sessuale, e di
conseguenza, la visione dell’ amore autentico, dato che la presenza o l’assenza
del pudore ne cambiano il significato.
Cos’è il pudore?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica gli assegna questa finalità: “Il pudore preserva
l’intimità della persona. Consiste nel rifiuto di svelare ciò che rimane nascosto. E’
ordinato alla castità, di cui esprime la delicatezza. Regola gli sguardi e i gesti
in conformità alla dignità delle persone e della loro unione”14.
Il libro della Genesi (cfr. cp. 3) indica che il sentimento del pudore non
è un comando dall’alto ma un’esigenza dell' uomo e della donna, insito nella
natura umana; un supporto per annientare la violenza delle passioni sessuali.
Adamo ed Eva, spiritualmente ed umanamente feriti dal peccato originale che
generò in loro disarmonia, percepirono sentimenti di vergogna e avvertirono
l’esigenza di coprirsi: “Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di
essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture” (Gn. 3,7).
13
14
Intervista al settimanale cattolico francese "La Vie" , riportata da Avvenire del 17 maggio 2000.
Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2521.
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La sessualità che doveva esprimere armonia tra uomo e donna, da allora, si
trasformò, a volte, in tensione brutale. Per questo, san Paolo la presentò come
un tesoro “in vasi di creta” (2 Cor. 4,7), mostrandone la positività, ma
contemporaneamente che richiede notevole prudenza. Anche Gesù, nella sua
opera educatrice, riservò al pudore, e di conseguenza alla purezza, un ruolo
primario.
Conclusione
Dalle schematiche considerazioni di questo capitolo possiamo affermare
che nella visione cristiana il corpo è quasi un “sacramento”15, rivelando la
grandezza dell’uomo e della donna e la loro dignità. Mentre nella società
contemporanea la corporeità è esaltata prevalentemente in modo strumentale.
15
Cfr.: Uomo e donna lo creò, op.cit., pg. 91.
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