Mathijs Duyck Thesis _uiteindelijke versie

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Mathijs Duyck Thesis _uiteindelijke versie
I. Introduzione ............................................................................................................................ 3
II. Il «giovane letterato» ............................................................................................................. 5
1. Le letture del protagonista.................................................................................................. 5
2. Il condizionamento dalle letture ....................................................................................... 10
3. Situazione familiare.......................................................................................................... 15
4. Immaturità ........................................................................................................................ 17
III. Il meccanismo (difettoso) del desiderio ............................................................................. 23
1. Dall’immaturità alla semantica del desiderio................................................................... 23
2. La teoria del meccanismo difettoso del desiderio ............................................................ 26
3. Il desiderio di fronte alla realtà......................................................................................... 32
3.1. Il mondo non risponde............................................................................................... 32
3.2. Il caso come «spirito tormentatore» .......................................................................... 34
3.3. Il desiderio e l’emozione «si sbagliano» ................................................................... 37
4. Il bilancio provvisorio: insoddisfazione generale ............................................................ 43
IV. I sistemi di rivalsa .............................................................................................................. 45
1. Il sogno ............................................................................................................................. 45
1.1. Il sogno fantastico e a occhi aperti ............................................................................ 45
1.2. Fortificazione e mutamento compensatorio .............................................................. 47
1.3. Il sogno di creazione ................................................................................................. 49
2. Concupiscenza retrospettiva............................................................................................. 52
3. L’altalena della superiorità e dell’inferiorità.................................................................... 56
4. L’azione compensatoria ................................................................................................... 60
V. Dal desiderio problematico all’azione................................................................................. 63
1. Il campo di azione ............................................................................................................ 63
2. Analisi dell’azione nell’Éducation e in Una vita ............................................................. 64
2.1. L’azione compensatoria ............................................................................................ 64
2.2. Lo zelo iniziale .......................................................................................................... 65
2.3. La «conquista» della donna....................................................................................... 67
2.4. Bilancio dell’analisi................................................................................................... 69
3. Il valore del proposito ...................................................................................................... 69
4. Rovesciamento parodico: il non-proposito porta all’azione............................................. 74
5. Il rifiuto ............................................................................................................................ 76
5.1. Il «refus» di Frédéric Moreau.................................................................................... 76
1
5.1.1. Valutazione dell’agentività del rifiuto di Frédéric ............................................. 76
5.1.2. Il rifiuto della donna come tentativo di rifiuto del desiderio.............................. 80
5.2. Il rifiuto di Alfonso Nitti ........................................................................................... 83
5.2.1. Valutazione dell’agentività del rifiuto di Alfonso.............................................. 83
5.2.2. Il rifiuto della donna come tentativo di rifiuto del desiderio.............................. 86
VI. Conclusione........................................................................................................................ 90
1. Analisi .............................................................................................................................. 90
2. Analogia ........................................................................................................................... 90
3. Intertestualità .................................................................................................................... 91
VII. Bibliografia ....................................................................................................................... 92
2
I.
Introduzione1
Il lavoro qui presentato è uno studio delle analogie tra L’Éducation sentimentale (1869) di
Gustave Flaubert e Una Vita (1892) di Italo Svevo. L’analogia concerne anzitutto la
costruzione ed il comportamento di Frédéric Moreau e di Alfonso Nitti, protagonisti dei
romanzi. L’idea della ricerca è stata suggerita dalle molteplici letture e riletture dei testi ed il
sospetto di un’analogia strutturale in questi testi è stato rinforzato dallo studio della critica,
non nel senso che esiste già una tradizione di studi critici sull’argomento, ma perché certe
analisi della critica flaubertiana sembrano molto utili all’analisi critica del primo romanzo di
Svevo, mentre vice versa, la critica sveviana si è mostrata, retrospettivamente, molto
pertinente anche per lo studio dell’Éducation.
Il nucleo di analogia è costituito da una nuova concezione del desiderio rispetto alla tradizione
narrativa ottocentesca. Frédéric Moreau e Alfonso Nitti coltivano un desiderio
«problematico», nel senso che non è più connesso ad esperienze o oggetti reali, mentre la
narrativa precedente ottocentesca (e anzitutto quella francese) rappresentava un desiderio
consistente e molto legato al reale. La nuova problematicità del desiderio sembra mettere in
crisi il desiderio stesso, dal punto di vista tematico nonché strutturale, come fattore
determinante la struttura narrativa.
Occorre necessariamente partire da un’analisi introduttiva della formazione di Frédéric e di
Alfonso, cioè dei personaggi che incarnano tale desiderio. Entrambi corrispondono al «tipo»
del «giovane letterato» e pare che i libri che hanno letto influenzino la costituzione e il
comportamento dei protagonisti nella realtà descritta nei romanzi. In seguito, l’analisi si
estenderà alla loro situazione familiare.
Poste le premesse di un possibile condizionamento sui protagonisti da parte della loro
formazione rispettiva, si tenterà in un secondo capitolo un approccio teorico della nozione del
«desiderio problematico», in seguito applicato ai testi, il che aprirà la strada per uno studio
dettagliato del gioco costante tra quel desiderio e la realtà.
Infine, attraverso un terzo capitolo in cui saranno presentati vari meccanismi di rivalsa, ai
quali ricorrono i protagonisti, spinti dalla necessità di rimediare eventuali scacchi provenienti
dal gioco tra desiderio e realtà, apparirà una nuova problematica che consegue dal desiderio
1
Vogliamo ringraziare la Prof.ssa Mara Santi per i consigli e per la pazienza mostrata, il Prof. Jean-Pierre
Bertrand dell’Università di Liège, per le discussioni su Flaubert e la critica flaubertiana, il Dr. Riccardo Cepach,
coordinatore del Museo Sveviano a Trieste, per l’aiuto con il materiale critico sveviano, nonché il Prof. Luciano
Curreri dell’Università di Liège, anche per la critica su Svevo.
3
problematico e che costituirà il soggetto dell’ultimo capitolo, cioè quella dei rapporti tra
desiderio ed azione. È infine interessante indagare sulla pertinenza della nozione di
«agentività» – con cui si intende un tipo di azione consistente e legato ad un desiderio
consistente, come si vedrà in dettaglio in questo capitolo – nel nuovo contesto in questione,
nonché sulla sua compatibilità con la nuova concezione del desiderio.
4
II.
Il «giovane letterato»
Partendo dal tipo del «giovane letterato»2, si tenterà di giungere ad un’immagine complessiva
della formazione di Alfonso Nitti e di Frédéric Moreau. In un primo momento, ci si
soffermerà sulle letture dei protagonisti, che sembrano tra loro analoghe se non persino in
parte identiche. Dalle letture si procederà alle conseguenze di esse sul carattere e sul
comportamento dei giovani letterati. In seguito, questa educazione letteraria sarà valutata nel
quadro più ampio dell’educazione tout court. In questo senso potrebbe risultare interessante
un’analisi della situazione familiare di Frédéric Moreau e di Alfonso Nitti, che ci appare di
nuovo simile. Tra i vari tratti e i comportamenti dei protagonisti si pone l’accento
sull’immaturità, caratteristica che sarà mostrata e discussa nell’ultima parte di questo capitolo.
1. Le letture del protagonista
Prima occorre ricostruire la biblioteca virtuale dei protagonisti. Cosa leggono, cosa
prediligono leggere e perché? Più volte, entrambi gli autori insistono esplicitamente sui libri
letti dai propri personaggi, sulle letture che hanno contribuito a formare i giovani letterati.
Frédéric Moreau e Alfonso Nitti vengono presentati come lettori consapevoli e appassionati,
con preferenze e gusti precisi sul piano letterario.
Il passo che segue elenca varie letture di Frédéric Moreau e del suo amico Deslauriers:
Une traduction de Platon ouverte par hasard enthousiasma [Deslauriers]. Alors ils s’éprit
d’études métaphysiques; et ses progrès furent rapides, car il les abordait avec des forces jeunes
et dans l’orgueil d’une intelligence qui s’affranchit; Jouffroy, Cousin, Laromiguière,
Malebranche, les Écossais, tout ce que la bibliothèque contenait, y passa. Il avait eu besoin
d’en voler la clef, pour se procurer des livres.
Les distractions de Frédéric étaient moins sérieuses. Il dessina dans la rue des Trois-Rois la
généalogie du Christ, sculptée sur un poteau, puis le portail de la cathédrâle. Après les drames
moyen age, il entama les mémoires : Froissart, Comines, Pierre de l’Estoile, Brantôme.
Les images que ces lectures amenaient à son esprit l’obsédaient si fort, qu’il éprouvait le
besoin de les reproduire. Il ambitionnait d’être un jour le Walter Scott de la France.(p. 31)3
Si delinea un’opposizione nel contenuto e nella funzione delle letture dei due amici. Il
giovane Deslauriers si entusiasma per scritti metafisici, che studia in modo intelligente. Alla
2
È un terreno azzardoso quello topico. Non si può però negare l’esistenza di un certo «tipo» di personaggio, (se
non protagonista) di giovane colto con inclinazioni letterarie, di eroe intellettuale.
3
Tutte le citazioni di questo testo sono state tratte da: Gustave Flaubert, L’Éducation sentimentale, Gallimard
(éditions Folio classique), Paris, 1965.
5
serietà degli studi di Deslauriers, il narratore oppone le distrazioni di Frédéric, giudicate
«moins sérieuses». Frédéric si interessa ai drammi medievali e alle memorie storiche, le cui
immagini riempono la sua mente tanto che desidera scriverne a propria volta. Accanto alla
vera e propria storiografia, il passo svela un riferimento implicito alla lettura dei romanzi
storici di Walter Scott, qui citato come esempio letterario del protagonista. La presenza dello
scrittore inglese è il primo indizio di letture romantiche che vengono poi esplicitate in un’altra
citazione:
Frédéric, dans ces derniers temps, n’avait rien écrit; ses opinions littéraires étaient changées: il
estimait par-dessus tout la passion; Werther, René, Franck, Lara, Lélia et d’autres plus
médiocres l’enthousiasmaient presque également.4
Nella citazione si vede un elenco stereotipato di protagonisti romantici, tra i quali il Werther
di Goethe e il René di Chateaubriand. Il desiderio di diventare il «Walter Scott della Francia»
non sembra duraturo, poiché il narratore ci comunica ironicamente che Frédéric non ha scritto
più nulla e va anche notato il giudizio ironico del narratore sul modo di leggere di Frédéric,
che non sa distinguere i capolavori dalle opere romantiche di qualità piuttosto dubbia: la
mediocrità gli piace «quasi altrettanto».
Pensando a queste letture, si potrebbe ipotizzare che il protagonista di Flaubert, come lettore,
dimostri di essere un prodotto di una certa tradizione letteraria che va dai memorialisti
medioevali alla generazione che precede quella di Frédéric, cioè la generazione romantica.
Alfonso Nitti si considera uno studioso, ed è un lettore serio che frequenta la biblioteca civica
di Trieste. Anche prima del trasferimento in città prediligeva già letture più «pesanti», come
retorica, critica e storia letteraria, filosofia e moralistica:
Solo nella sua stanza, trovò il tempo di leggere dei libri che si portava di casa. Romanzi non
leggeva avendo ancora sempre il disprezzo da ragazzo per la letteratura detta leggera. Amava i
suoi libri scolastici che gli ricordavano l'epoca più felice della sua vita. Uno di questi leggeva
e rileggeva instancabile, un trattatello di retorica contenente una piccola antologia ragionata di
autori classici. Vi si parlava per lungo e per largo di stile fiorito o meno, lingua pura o impura,
e Alfonso, avuta l'idea teorica che faceva sua, sognava di divenire il divino autore che avrebbe
riunito in sé tutti quei pregi essendo immune da quei difetti. (pp. 49-50)5
Ogni istante di tempo fuori di ufficio od anche all'ufficio ove in un ripostiglio teneva alcuni
libri, lo dedicava alla lettura. Erano in generale letture serie di critica o di filosofia, perché di
poesia e di arte stancavano meno. Scriveva, ma poco [...].
4
Éd. Sent., p 33.
Tutte le citazioni di questo testo sono state tratte da Italo Svevo, Romanzi e «continuazioni», a cura di Mario
Lavagetto, Edizioni Meridioni, Mondadori, Milano, 2004.
5
6
Non aveva ancora letto interamente un classico italiano e conosceva storie letterarie e studii
critici a bizzeffe; più tardi si gettò alla lettura di opere di filosofia tedesca tradotte in francese.6
Come mostra la prima citazione, anche per il protagonista sveviano esiste un legame diretto
tra lettura e scrittura, rileggendo il trattatello di retorica Alfonso sogna di divenire un «divino
autore». Inoltre, la sua educazione lo ha portato a disprezzare i romanzi, considerandoli
appunto come letteratura di svago. L’immagine che esce da tali citazioni ci appare una
parodia dello studioso italiano, che non si degna di leggere i romanzi contemporanei («la
letteratura detta leggera»), occupandosi esclusivamente con letture «serie». Anche il narratore
sveviano ironizza sulle letture del protagonista: Alfonso sogna di diventare autore ma scrive
poco, si considera uno studioso ma non ha ancora letto interamente un classico italiano (per di
più, viene suggerito che gli scritti prediletti non piacciano solo per la loro qualità intrinseca,
ma anche proprio per la serietà in sé: i libri stancano). L’insieme di quelle letture ci porta a
considerare anche Alfonso Nitti come il prodotto di una certa tradizione, cioè quella
tradizione letteraria italiana, «tradizionalista», che va dall’umanesimo al classicismo. Anche
Guido Baldi considera il protagonista del primo libro sveviano come tale, in un saggio che si
citerà a più riprese in questo lavoro:
Come si è sentito, nell’idealizzazione del villaggio ha un ruolo determinante la cultura
umanistica di Alfonso, che, novello Titiro, si sogna dedito alla poesia disteso all’ampia ombra
degli alberi: è questa sua formazione l’altro aspetto fondamentale che connota subito in
apertura romanzo la sua fisonomia sociale.7
Baldi accenna al fatto che la cultura umanistica fa parte della formazione di Alfonso, ma non
la costituisce interamente. Il protagonista si gode «i suoi poeti» e anche lui fa mostra di una
certa inclinazione romantica, che si mescola alla – parziale – formazione umanistica:
Quindi, se da un lato resta legato ai tópoi di una cultura romantica ormai fuori moda, come il
Weltschmertz (di cui il «male mondiale» è traduzione letterale, tanto goffa da sembrare
caricaturale e densa di umori sarcastici), dall’altro lato non sa superare i limiti di una cultura
classicistica arcaica e di un’idea retorica e normativa della letteratura (una conferma verrà dal
fatto che, per dare lezioni di lingua italiana a Lucia Lanucci, ricorrerà al Puoti).8
Questo lato romantico si deve però anzitutto dedurre dalle sue azioni e dai suoi pensieri,
essendo menzionate poche opere romantiche nel testo sveviano – il solo poeta romantico
esplicitamente nominato è Alfred de Musset. L’inclinazione romantica di Alfonso risulterà
6
Una vita, p. 70.
G. Baldi, «Una vita: L’intellettuale fra “lotta” e “rinuncia” filosofica», in Eroi intellettuali e classi popolari,
Napoli, Liguori, 2005, pp. 42-43.
8
Ibidem, p. 48.
7
7
però molto chiara dalla sua concezione ideale della donna e dell’amore e dallo sguardo con
cui interpreta il mondo.
Oltre a un percorso di lettura apparentemente analogo, che combina una componente di
tradizione letteraria preottocentesca con una componente romantica, si può constatare in Una
vita un chiaro rimando a certi scrittori e poeti francesi. È interessante vedere che due autori
menzionati nell’Éducation sentimentale sono anche presenti nel primo romanzo sveviano:
Alfred de Musset e Honoré de Balzac. Il poeta romantico è solamente menzionato (da
Flaubert durante la visita di Frédéric alla fabbrica di terracotta degli Arnoux: «Un volume de
Musset se trouvait là par hasard sur la commode»9, da Svevo in «Alfonso era ozioso perché
Sanneo non gli aveva dato ancora da fare delle offerte e si godeva le poesie del de Musset»10),
mentre il rimando al secondo è più puntuale. Facendo progetti per il futuro, Deslauriers esorta
Frédéric a migliorare la sua posizione sociale tramite la conquista di Mme Dambreuse,
seguendo il famoso esempio di Rastignac:
- Tu devrais prier [M. Roque] de t’introduire chez les Dambreuse [...] Arrange-toi pour lui
plaire, et à sa femme aussi. Deviens son amant!
Frédéric se récriait.
-Mais je te dis là des choses classiques, il me semble? Rappelle-toi Rastignac dans la Comédie
humaine ! Tu réussiras, j’en suis sûr!11
Deslauriers propone quindi il modello di Rastignac, protagonista del Père Goriot, che fa parte
del magnum opus della Comédie humaine di Balzac. Un altro rimando, ancora espresso da
Deslauriers, rievoca il romanzo dell’ Histoire des XIII, che tratta analogamente il tema della
scalata sociale.12
La presenza di Balzac, e il suo influsso su Flaubert e su Svevo, è un fattore problematico, sul
quale si è già scritto molto.13 Ci si limita qui però ad attestare la sua presenza ed a suggerire
che l’autore francese è menzionato per specifiche ragioni nei due testi. Il Balzac di Frédéric
(ma soprattutto del suo amico Deslauriers) è il creatore del Père Goriot e dell’Histoire des
XIII, di universi nei quali basta una volontà, un’ambizione ardente per affrontare il mondo e la
società. Il Balzac sveviano invece è piuttosto il precursore del realismo, che studia i
9
L’Éducation sentimentale, p. 223.
Una vita, p. 48.
11
Éd. sent., p. 35.
12
«- Au collège, on fait des serments, on constituera une phalange, on imitera les Treize de Balzac! Puis, quand
on se retrouve: Bonsoir, mon vieux, va te promener !» Éd. Sent., p. 176.
13
Per Balzac e Svevo, si veda G. Langella, «Una Vita di Italo Svevo e il romanzo francese dell’ottocento»,
Cahiers du Cercic (Seminari dell’università “Stendhal” di Grenoble), 12, 1990 e N. D’Antuono, «Balzac et
Georges Ohnet: due fonti e alcuni aspetti del romanzo Una Vita», in Misure Critiche, VII, 23-24, aprilesettembre 1977. Per Balzac e Flaubert, si veda Peter Brooks, Trame. Intenzionalità e progetto nel discorso
narrativo, Einaudi, Torino, 2004.
10
8
personaggi e la società in modo da poter dipingerli accuratamente, e infatti il testo
balzachiano menzionato da Macario è Louis Lambert. Balzac romantico quindi in Flaubert,
Balzac realista in Svevo.
Quantunque presentata in modo diverso, la presenza di Balzac nei due testi può essere
collegata da una volontà parodica di Flaubert e di Svevo. Peter Brooks ha analizzato come
Flaubert in una struttura implicita ed esplicita insieme riprende il sistema balzachiano, per
farlo fallire nel proprio testo, mostrando che la concezione del mondo su cui questo sistema si
basa è sorpassata: nell’universo flaubertiano la volontà e l’ambizione non portano senza
problemi alla realizzazione del desiderio. Il personaggio più balzachiano in Flaubert è proprio
Deslauriers, che vede il mondo come un sistema, una macchina in cui bisogna solo inserire la
propria volontà per trarne il successo.14 Per quanto riguarda Svevo, Gabriella Contini sostiene
che lo scrittore triestino, insieme all’adozione del discorso linguistico (il «realismo»)
flaubertiano e zoliano, non teme di distanziarsi da ogni tradizione, inserendo un discorso
ironico nel romanzo. Balzac viene banalizzato e non rimane che come soggetto di
conversazione da salotto, mentre i veristi dovranno subire una volgarizzazione feroce nella
figura del medico-romanziere, impersonata dal dottor Prarchi.15
- Bellissimo! - esclamò una sera Macario alla biblioteca, e pose dinanzi ad Alfonso un
libriccino ch'egli aveva finito di leggere: Louis Lambert di Balzac.
Lo lesse anche Alfonso in due o tre giorni e la sua ammirazione non fu minore. Salvo una
lettera di amore di una passione profonda e tanto sensuale da non esserlo più, egli non ammirò
tanto i pregi artistici dell'opera, quanto l'originalità di tutto un sistema filosofico esposto alla
breve ma intero, con tutte le sue parti indicate, e regalato dall'autore al suo protagonista con la
splendidezza di gran signore. [...]
- Sa perché è un bel libro? È l'unico di Balzac che sia veramente impersonale, e lo divenne per
caso. Louis Lambert è matto, è composto di matti tutto il suo contorno e, per compiacenza,
l'autore in quest'occasione rappresenta matto anche se stesso. Così è un piccolo mondo che si
presenta intatto, da sé, senza la più piccola ingerenza dall'esterno.
Alfonso rimase stupefatto a questa critica altrettanto originale quanto falsa.16
Macario, che prima aveva già qualificato lo scrittore francese come un «retore qualunque»17,
loda il romanzo di Balzac perché è scritto «da matto». Alfonso non è d’accordo con queste
opinioni ma sacrifica la propria voce per l’amicizia dell’amico di cui subisce la personalità.
Inoltre, anche la descrizione di sua lettura di Balzac è problematica, poiché il narratore ci
comunica che Alfonso «non ammirò tanto i pregi artistici dell’opera». Occorre notare che
14
Peter Brooks, Trame. Intenzionalità e progetto nel discorso narrativo, op. cit., pp. 183-196.
Gabriella Contini, «Prefazione», in Italo Svevo, Una Vita, Garzanti, Milano, 2003, p. XXV.
16
Una vita, pp. 100-101.
17
«Macario raccontò che veniva in biblioteca per leggere con calma Balzac che i naturalisti dicevano loro padre.
Non lo era affatto o almeno Macario non lo riconosceva. Classificava Balzac quale un retore qualunque, degno
di essere vissuto al principio di questo secolo» Ibidem, p. 97.
15
9
l’opinione di Macario è relativa anzitutto allo stile di Balzac («veramente impersonale»,
«l’autore [...] rappresenta matto»), il che conferma la distinzione tra due «Balzac» diversi nei
due testi studiati.
Riassumendo in modo molto sintetico, si potrebbe dire che i protagonisti dei due testi
vengono rappresentati come prodotti di una certa tradizione letteraria con una spiccata
inclinazione romantica. Inoltre, hanno ambedue letto e goduto Musset e Balzac e il romanzo
sveviano rimanda esplicitamente ai «romanzi francesi».
Il legame che Frédéric e Alfonso intrattengono con le loro letture è delicato, non rimane senza
coinvolgimento, si tratta di un rapporto stretto e personale e perciò ogni giudizio negativo sui
libri prediletti equivale a un’offesa personale:
Puis, remarquant dans l’étagère un volume de Hugo et un autre de Lamartine, [Hussonnet] se
répandit en sarcasmes sur l’école romantique. Ces poètes n’avaient ni bon sens, ni correction,
et n’étaient pas français, surtout! [...] Frédéric fut blessé dans ses prédilections; il avait envie
de rompre.18
Intelligentemente blagueur, la sua conversazione riusciva interessante; [White] leggeva tutti i
nuovi romanzi francesi e ne parlava da un certo punto di vista che dava originalità alle sue
osservazioni. Non amava i romanzi più moderni; ne comprendeva, a quanto Alfonso poteva
giudicare, tutti i meriti, ma non li amava sempre. Vi trovava una cosa di troppo o altra di poco
e finiva col dirne male. Offendeva il feticismo di Alfonso parlando con famigliarità sprezzante
degli scrittori più celebri.19
Svevo parla esplicitamente di feticismo, il che sembra un indizio della forza che esercitano le
letture sul protagonista, il quale le ha completamente interiorizzate . Nella sezione che segue
si cercherà di determinare quest’influsso.
2. Il condizionamento dalle letture
La letteratura prediletta dai protagonisti sembra agire sulla loro concezione del mondo, degli
altri e di sé stessi. Una tale costatazione sposta il dibattito critico al livello metaletterario, ma
ciò non va a detrimento dell’impostazione critica che ha rilevato come Alfonso Nitti sia il
prodotto letterario di un determinato contesto storico-sociale, anzi: il fatto di mostrare come
Alfonso Nitti nutre una visione romantica e idealistica delle cose e che ciò deriva almeno in
parte dalle letture fatte conferma suddetta impostazione, dato che Alfonso, come Frédéric, si
forma sulle espressioni letterarie del contesto storico-sociale al quale appartiene.
18
19
L’Éducation sentimentale, p. 51.
Una vita, p. 53.
10
L’influenza del romanticismo si esprime in parte nella rappresentazione del mondo o dei
mondi che i protagonisti concepiscono. Molteplici mondi, poiché tanto per Frédéric quanto
per Alfonso la realtà viene spesso invasa dall’illusione, un’illusione che si potrebbe
qualificare come «romantica», perché offre una possibilità di evasione, di fuga dalla realtà
stessa. Frédéric Moreau fa mostra di un certo esotismo, il primo incontro con Mme Arnoux è
talmente immerso nel sentimentalismo da sembrare un’oleografia, e la lingua e le immagini
descrivono come Frédéric è portato a contemplarla in chiave esotica («Il la supposa d’origine
andalouse, créole peut-être; elle avait ramené des îles cette négresse avec elle?»20). Anche lo
sguardo che Alfonso pone sulla realtà è talvolta mediato dall’illusione. L’influsso romantico
qui sembra piuttosto di tipo magico, irreale, quasi da Ghost Novel, come nella descrizione
dell’arrivo a casa Maller: dovrebbe essere scuro ma c’è tanta luce che pare giorno, la casa
assomiglia a un anfiteatro e il narratore insiste sul senso di solitudine e sull’eco dei passi di
Alfonso.
Era piovuto nella giornata e Alfonso, per non infangarsi, camminava rasentando le mura delle
case. Trovata la casa, egli rimase alquanto sorpreso nell'atrio. Era illuminato che pareva
giorno. Largo, diviso in due parti separate da una scalinata, aveva l'aspetto di un anfiteatro in
miniatura. Era completamente deserto e, salendo la scalinata, non udendo che il suono e l'eco
dei proprî passi, Alfonso credette di essere l'eroe di qualche racconto di fate.21
Si noti che l’atmosfera non viene creata solo dalla descrizione del narratore, Alfonso ne è
consapevole e vi partecipa, considerandosi un «eroe di fate». Gli autori sembrano giocare con
gli stereotipi romantici, mostrando (il ridicolo di) un personaggio che crede di conoscere la
realtà contemplandola attraverso i libri letti: per Frédéric Mme Arnoux «assomiglia alle
donne dei libri romantici»22. Talvolta questi prestiti parodici dal romanticismo si
contraddicono, come nel caso di Alfonso, che viene prima descritto sotto il segno del tópos
dell’otium, alla ricerca di tranquillità in un luogo altro dal reale (vorrebbe lasciare la città e
leggere tranquillamente i suoi poeti, sotto l’ombra di un albero), e poi viene presentato come
il tipo del genio sofferente, che sente il bisogno di creare:
Dopo di essersi stancato alla banca e alla biblioteca, gettava in carta qualche concettino,
qualche espansione romantica con se stesso e che nessun altro riceveva. Di notevole in queste
espansioni si era che il giovinetto sembrava soffrisse di certo male mondiale; alle sue reali
20
L’Éducation sentimentale, p. 23. Inoltre, il narratore non dimenticherà quest’esotismo e maliziosamente, a
Frédéric che chiede da quale paese provviene la moglie, farà rispondere Arnoux: «De Chartres! Pourquoi? Ça
vous étonne?» Ibidem, p. 83.
21
Una vita, p. 28.
22
L’Éducation sentimentale, p. 27.
11
sofferenze, alla nostalgia da cui ancora era travagliato, in queste espansioni non era dato
luogo.23
L’intento parodico viene svelato dal narratore, il quale scrive che il «male mondiale» di cui
sembra soffrire Alfonso non ha niente a che fare con la sua persona, mentre per il genio
romantico il Weltschmerz era una condizione dolorosa inerente alla propria psiche e
certamente legata alle proprie sofferenze. Il culmine della proiezione romantico-idealistica, e
questo non stupirà nessuno, risiede invece nella rappresentazione della donna amata, sognata
o desiderata – distinguiamo tra questi verbi perché ritorneranno a varie riprese in questo
lavoro. Secondo le loro letture i personaggi si sono formati un’immagine di cosa e come
debba essere l’amore. Si è già accennato al velo romantico in cui Frédéric avvolge Mme
Arnoux. La donna amata va elevata, messa su un piedestallo: «Par la force de ses rêves, il
l’avait posée en dehors des conditions humaines»24. Vediamo adesso come anche Alfonso
nutre una concezione idealistica dell’amore:
Non aveva conosciuto la sensualità che nell'esaltazione del sentimento. La donna era per lui la
dolce compagna dell'uomo nata piuttosto per essere adorata che abbracciata, e nella solitudine
del suo villaggio, ove il suo organismo era giunto a maturità, ebbe l'intenzione di serbarsi puro
per porre ai piedi di una dea tutto se stesso.25
Lo sapeva per averlo letto: Le donne perdonavano sempre gli omaggi alla loro bellezza e in
qualunque modo venissero fatti, magari anche fossero delitti.26
La prima citazione è prova di una concezione dell’amore forse non tanto romantica quanto
lirica, quasi petrarcesca, di un’immagine che – come si vedrà – si adatta difficilmente alla
realtà. Il secondo passo citato rimanda all’influsso della lettura sui pensieri del giovane
letterato: per Alfonso il mondo della letteratura è strettamente connesso alla realtà poiché può
fornire consigli e saggezza, può aiutare a vivere in questa realtà. La citazione procura quindi
una prova esplicita dell’influenza effettiva delle letture sulla vita del personaggio. Però,
leggendo un’affermazione quale «lo sapeva per averlo letto», che significa come Alfonso si
spieghi attraverso la lettura come sono le donne, un lettore non può nascondere un piccolo
sorriso (come forse anche il narratore, scrivendo la frase).
Il critico francese Jean Borie ha mostrato come il condizionamento su Frédéric si può spiegare
tramite l’atteggiamento che ha adottato Flaubert verso la generazione romantica, rappresentata
da Chateaubriand. Già all’inizio dell’Ottocento, quest’ultimo scrittore era ben consapevole
23
Una vita, p. 70. Qui si ritrova il «male mondiale», traduzione quasi troppo letterale da Weltschmertz, come ha
anche notato Baldi, cf. infra, nota 8.
24
L’Éducation sentimentale, p. 193.
25
Una vita, p. 72.
26
Ibidem, pp. 389-390.
12
dell’influsso della letteratura romantica sul pubblico. Nel testo intitolato «du vague des
passions», Chateaubriand oppone due modi di conoscere le passioni27, uno antico e uno
moderno. Secondo il modo antico, si fa l’esperienza delle passioni nella vita stessa, mentre lo
stato moderno della società e della sensibilità, il vague des passions, deriva dal fatto che si
conosce la passione leggendola nei libri, senza poterla legare ad un oggetto reale:
Le vague des passions, qui concerne l’état moderne de la société et de la sensibilité vient de ce
que les jeunes hommes et femmes d’aujourd’hui rencontrent d’abord la passion dans les livres
– et donc sont incités à la connaître par l’imagination – avant d’avoir pu la ressentir dans la
vie.28
Le
passioni
moderne
sono
vaghe,
illimitate
riguardo
al
loro
oggetto
poiché,
nell’immaginazione, tutti gli oggetti sono possibili.29
Chateaubriand è ammirato dal giovane Gustave Flaubert, che lo ritiene l’iniziatore di una
nouvelle sensibilité. Però Flaubert diventa poi molto consapevole delle conseguenze di essa,
cioè della doppia eredità del romanticismo: al nuovo modo di sentire segue necessariamente la
delusione nella realtà, che non sembra all’altezza dell’esaltazione del sentimento. La
generazione postromantica, quella di Flaubert, che Borie chiama quella dell’«uomo
moderno», accoglie la parte negativa dell’eredità dei romantici, cioè il disincanto del reale,
mentre rifiuta la passione stessa, la poesia lirica del desiderio, proprio perché non è adatta alla
realtà, che non sembra offrire le delizie godute nei libri. Per esprimere questo rifiuto, Flaubert
oppone fortemente il vague des passions e le pratiche possibili del desiderio. In questo modo,
si potrebbe vedere Mme Bovary come un tentativo di allargare il più possibile lo scarto tra
desiderio e oggetti disponibili nella realtà30, nel senso che i desideri della giovane protagonista
non si avvicinano nemmeno a una possibile realizzazione, ogni tentativo di Emma di uscire
della propria condizione fallisce a priori. Inoltre, l’ambito molto limitato della piccola città di
Yonville riduce fortemente il numero di oggetti possibili su cui il desiderio potrebbe
proiettarsi. Nell’Éducation, Flaubert riprende lo stesso schema del desiderio, ma in modo più
attenuato: oltre alla molteplicità di opportunità che offre la vita parigina, almeno per Frédéric
sembra possibile una qualsiasi riuscita o un compimento di un qualsiasi desiderio.
Resta quindi da spiegare dove si colloca Alfonso Nitti in questo contesto storico-letterario
francese. Per quanto riguarda Svevo, un tale processo di azione-reazione contro una specifica
27
Si intende il termine «passione» come il nucleo del pensiero romantico: lo stato affettivo e intellettuale
opposto alla razionalità, caratterizzato dall’esaltazione del sentimento, la meraviglia, l’approfondimento di tutte
le sensazioni di gioia e di dolore. (definizione nostra e quindi solamente approssimativa).
28
J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, Grasset, Paris, 1995, p. 36.
29
Ibidem, stessa pagina.
30
Ibidem, pp. 37-39.
13
generazione romantica, per mancanza di fonti, non è ricostruibile nei medesimi termini. Però,
i risultati dell’analisi di Borie non sono meno applicabili su Alfonso. Ciò che caratterizza il
giovane letterato triestino è infatti il suo desiderio problematico, cioè il fatto che il suo
desiderio è incapace di investire la realtà, e che rimane, come quello di Frédéric, non
connesso ad esperienze reali.
Se sul piano del desiderio Flaubert svolge un’operazione simile in Mme Bovary e nell’
Éducation sentimentale, Alfonso Nitti si lega a entrambi i protagonisti flaubertiani. La critica
sveviana ha già rilevato il legame con la Bovary, seguendo lo scrittore stesso31, e infatti,
Svevo ha dichiarato varie volte la sua ammirazione per quel testo flaubertiano...32, ma i
contributi critici sul legame tra Emma e Alfonso insistono sull’esclusività che unirebbe Svevo
alla Bovary. Si intende qui invece completare tale quadro offrendo un’altro punto di vista,
spesso trascurato proprio a causa di quella presunta esclusività. Già nella costruzione dei
personaggi si sono mostrate alcune analogie tra Una vita e L’Éducation sentimentale, si
intende ora rilevare altre analogie che portano a concludere che la costituzione e il
comportamento di Alfonso Nitti non siano legate esclusivamente a Emma Bovary.
Per quanto riguarda il desiderio problematico e la realtà, ciò che separa Emma da Frédéric e
Alfonso è la possibilità. Il caso di Emma è uno studio patologico del desiderio, una messa in
scena crudele per mostrare lo scarto enorme tra quel desiderio e la realtà. Come già detto, la
liberazione dall’ambiente piccolo-borghese alla quale aspira Emma, il desiderio di una vita
romantica, di un amore simile a quello dipinto nei libretti, è irrealizzabile, nonostante gli
sforzi della protagonista: Emma viene proprio giustiziata dalla negazione completa di ogni
suo desiderio. Il destino di Frédéric e di Alfonso invece non è perduto a priori, qualcosa può
sempre succedere. Se non è esplicitato nel testo se potrebbero giungere alla vera felicità –
anche perché ambedue non sapranno mai in che cosa consiste – esiste per loro almeno la
possibilità di «riuscire» in un modo proposto dal canone letterario, cioè ottenendo una certa
soddisfazione attraverso l’acquisto di ricchezza, potere e amore – sono tutte cose che i
protagonisti desiderano, ad un certo punto. Quella possibilità c’è e il fatto che i personaggi
falliscono sempre, ne rende la loro rappresentazione forse più aspra, più crudele di quella di
Emma. Si potrebbe dire che tutti e tre camminano in un corridoio pieno di porte, verso una
finestra con vista panoramica in fondo, ma se tutti si sentono attirati dalla finestra, per i
31
Nunzia Palmieri e soprattutto Giuseppe Langella insistono sullo stretto legame tra Una vita e Mme Bovary.
«[È] veramente degno di un fumatore d’oppio di aver sognato per dieci anni sulla Salammbô dopo di aver
scosso il mondo letterario con la Madame Bovary, una scossa di cui ancora oggidí sentiamo nella nostra
letteratura l’effetto.», nell’articolo «Echi mondani» in Italo Svevo, Racconti – Saggi. Pagine sparse, dall’Oglio,
Milano, 1968, pp. 621-622.
32
14
giovani letterati tutte le porte sono semichiuse, mentre sono addiritura chiuse a chiave per
Emma.
Insomma, a questo punto si può affermare che le letture dei protagonisti abbiano contribuito a
deformare, idealizzare, romanticizzare la loro visione sul mondo, il che si esprime anzitutto
nel loro desiderio che è appunto problematico, perché non sembra in grado di proiettarsi su
qualcosa di reale. Questa crisi del desiderio sarà il nucleo del nostro discorso.
3. Situazione familiare
Ritornando alla costruzione dei due personaggi e dei loro ambienti, vediamo che in ambedue i
casi è morto il padre prima dell’apertura del racconto. Morto in duello prima della nascita del
figlio, lasciando la madre in una situazione economica compromessa,33 il padre è menzionato
da Frédéric soltanto una volta, quando lui stesso sta per combattere in un duello – che finirà
inoltre molto grottescamente in una specie di vaudeville.
Il padre di Alfonso ritorna qualche volta nel ricordo, ma in modo molto ambiguo. La figura
paterna si connette per lui al sogno di un passato ormai non più raggiungibile (nella lettera
iniziale nonché nell’episodio al villaggio), però nei suoi sogni rifiuta di farlo rivivere:
Mutava il padre, non facendolo risuscitare, in un nobile e ricco che per amore aveva sposato la
madre, la quale anche nel sogno lasciava quale era, tanto le voleva bene. Il padre aveva quasi
del tutto dimenticato e ne approfittava per procurarsi per mezzo suo il sangue turchino di cui il
suo sogno abbisognava.34
Il posto vuoto lasciato dal padre non sarà riempito, nessun altro personaggio assumerà il ruolo
del padre e nemmeno quello di aiutante né di guida.35 La mancata realizzazione di una figura
paterna concreta è un’espressione del rifiuto della relazione stessa fra due generazioni, forse
persino fra la generazione dei protagonisti e l’intera tradizione che li precede. La presenza di
un padre significherebbe infatti l’esistenza di un qualsiasi legame, di affetto o di amore, il che
impedirebbe il distacco generazionale. Inoltre, l’oblio è un’indizio di rottura almeno tanto
forte quanto la sarebbe stata l’espressione di un rapporto di odio verso il padre.
La madre invece è ben presente e in modo simile in entrambi i casi. Abita la casa della
famiglia in campagna, mentre i protagonisti vivono in città, comunicando con la madre
tramite lettere. La madre ha allevato il figlio unico con la ferrea convinzione della sua
eccellenza, convinzione non ignorata dal figlio stesso, che la adotta. La presunta superiorità
33
L’Éducation sentimentale, p. 28.
Una vita, p. 17.
35
Non vengono considerati tutti gli aiutanti «finti», cioè quelli personaggi che aiutano i protagonisti per ragioni
di proprio interesse, come M. Dambreuse oppure Francesca.
34
15
non subisce incrinature nel piccolo ambito del villaggio in cui cresce il figlio. Finisce il liceo
con lode, vince perfino qualche premio di eccellenza. La smentita della presunta superiorità si
registra invece rapidamente in città, senza però che la madre ne sappia. A distanza continua
quindi a nutrire grandi ambizioni per il figlio:
Nella lettera la vecchia Nitti parlava molto delle speranze ch'ella riponeva in Alfonso
Ella non aveva ancora liberi gli occhi dalle lagrime che alzò il capo con vivacità e con malizia,
sorridente, gli chiese:
- Diventi presto direttore? Come va alla banca? 36
Mme Moreau nourrissait une grande ambition pour son fils.37
Nel caso di Mme Moreau, l’ambizione si estende anche all’amore. Spera per suo figlio un
«amore utile», come Mlle Louise o meglio Mme Dambreuse, ossia un percorso privilegiato
per progredire nella scala sociale. Il figlio non rifiuta quelle proposte, lusingato dalle speranze
altrui, che rappresentano per lui ancora un’altra conferma della propria superiorità. Non
riuscirà però a portare a termine i progetti ambiziosi, a causa del suo desiderio problematico,
che è talmente inconsistente che non gli sarà possibile proiettarlo persistentemente su un
unico oggetto.
La signora Nitti invece spera senza dubbio nel successo di Alfonso, ma non può essere più
lontana dall’indurlo ad un tale amore interessato. Nel testo si dice che «si era fatta un’alta idea
della maternità»38 e quest’idea, mescolandosi con la presunta eccellenza dell’unico figlio,
sfocia addiritura in gelosia materna:
- Si capisce che tu non le vuoi bene, - gli disse il giorno dopo, - non avresti tanto facilmente
compreso ch'è leggera e civetta o, comprendendolo, glielo avresti perdonato.
Dopo un assalto in cui era sembrato che da un momento all'altro rimanesse soffocata, grata per
l'aiuto ch'egli le aveva dato, gli disse:
- Non amarla e non amarne alcuna. Le donne non ti meritano.39
La mancata realizzazione quindi di una figura paterna e la forte presenza di una madre che
venera il figlio nel piccolo ambito di un villaggio sono elementi che rinforzano
l’atteggiamento romantico-idealistico ricavato dai personaggi protagonisti dalle letture
rispettive. Nutrendo dei sentimenti «nobili», i protagonisti si sentono in certo modo elevati,
superiori, in contrapposizione con gli altri o con il mondo in genere. Questa superiorità viene
poi sostenuta dalla situazione familiare e rinforzata dal meccanismo stesso del desiderio
36
Ibidem, p. 27 (prima citazione) e p. 264 (seconda citazione).
L’Éducation sentimentale, p. 28.
38
Una vita, p. 118.
39
Ibidem, pp. 288-289.
37
16
problematico che nobilita soggetto desiderante e oggetto desiderato: dal mero desiderare
diversamente dagli altri, in modo smisurato, sproporzionato rispetto alle realizzazione
possibili, il protagonista si sente elevato al di sopra delle altre persone.
Guido Baldi, che accenna anche all’assenza della figura paterna e alla gelosia materna40, vede
in tutti questi elementi una ripresa (parodica?) dell’ eroe romantico tipico:
Scontento della sua condizione reale, Alfonso si costruisce l’immagine autogratificante
dell’individuo spiritualmente privilegiato, dell’anima bella che soffre per la prigionia in un
contesto arido e sordo, volgare e degradato, si propone sin dalla soglia del racconto nelle vesti
romanticamente connotate dell’eroe positivo in lotta contro quel contesto, quasi novello
Werther o Ortis fin-de-siècle (sarà casuale che nella sua lettera usi per sé il termine
«dolori»?).41
4. Immaturità
Strettamente legata alla situazione familiare appena esposta e in parte conseguenza di essa,
l’immaturità dei protagonisti contrasta con l’immagine del giovane letterato concepita dalla
tradizione. Apparentamente, i giovani protagonisti vengono inseriti nel contesto topico del
Bildungsroman sette-ottocentesco. Sono adolescenti intelligenti, colti, pieni di possibilità ma
finora novice, senza esperienza pur essendo pronti a essere iniziati alla vita (nonché all’amore,
e ciò letteralmente, nel titolo, all’Éducation sentimentale). In questa prospettiva seguono le
tracce di illustri predecessori, da Julien Sorel e Rastignac a Georges Duroy (l’ultimo solo per
Svevo perché posteriore a Flaubert).
Se invece per quegli eroi «adolescenza» equivaleva a «prontezza», alla fase che precede
immediatamente la maturità, per Alfonso e Frédéric equivale addirittura ad «immaturità»,
poiché il loro stato d’animo s’avvicina molto di più all’infanzia. Non imparano. Baldi parla di
una «condizione di immaturità, di fissazione infantile, preedipica, confermata dal rimpianto
struggente per una figura paterna protettiva e rassicurante.». Una tale condizione porterebbe a
«una dipendenza infantile, un senso di inadeguatezza alle responsabilità dell’età adulta e della
vita di relazione»42. La dipendenza infantile e l’inadeguatezza alla vita adulta caratterizzano
quindi questo stato di immaturità, anche se ciò non deriva per forza dall’assenza del padre.
Inoltre, considerando il rimpianto nella lettera iniziale al quale Baldi si riferisce, ci pare
piuttosto un rimpianto per la condizione economica agiata garantita dalla presenza paterna,
per la felicità che dipendeva non dal padre ma dal fatto che «provvedeva a tutto».43
40
G. Baldi, «Una vita: L’intellettuale fra “lotta” e “rinuncia” filosofica», op. cit., pp. 40-41.
Ibidem, p. 43.
42
Ibidem, p. 40, per le due citazioni.
43
« Credo che da studente io vi sia stato più contento perché c'era con me papà che provvedeva lui a tutto e
meglio di quanto io sappia. È ben vero ch'egli disponeva di più denari.» Una vita, p. 6.
41
17
Esaminando Frédéric, Borie è stato portato a conclusioni simili a ciò che dice Baldi a
proposito della vita di relazione di Alfonso. Borie parla della «connivenza degli altri»
(connivence des autres)44, un sistema implicito di relazioni interpersonali che funzionerebbe
come motore dell’intera società parigina nel testo flaubertiano. Si tratta insomma del «savoir
vivre» interpretato letteralmente, di una forma di sapere essenziale per poter sopravvivere in
città e che riposa su una regola generale: imporre il proprio interesse. Bisogna sapersi servire
degli altri per migliorare la propria posizione e, eventualmente, farsi utilizzare da persone
socialmente superiori, per poter servirsi ulteriormente anche di esse, come nel quadro di un
amore utile.
L’immaturità di Frédéric, che non gli permette nemmeno di essere pienamente consapevole
dell’esistenza di un tale sistema, costituisce una delle principiali ragioni della sua esclusione
della connivenza, mentre Alfonso è talvolta consapevole del modo di assicurare la propria
posizione ma allora viene bloccato dal proprio moralismo, in base al quale giudica degradante
una partecipazione all’agire sociale di cui percepisce soprattutto l’aspetto di «lotta». La lotta è
anche basata sul principio del perseguimento del proprio interesse, ma si tratta di una legge
«naturale» fortemente individualistica45 visto che ognuno lotta per sé. Ciò nondimeno, si può
sostenere che il campo sociale rappresentato nel primo romanzo sveviano funziona anche
tramite una certa «connivenza» e vari esempi sembrano provarlo.46 Inoltre, per uno che viene
escluso da quel consenso generale che è la connivenza, è logico (se non anche comodo)
vedere il campo sociale come una lotta, con tutti i lottatori completamente abbandonati a sé –
come lui.
Oltre all’immaturità, le altre ragioni dell’esclusione della connivenza valgono per ambedue i
protagonisti: sono ragioni legate al desiderio, che muta spesso il proprio oggetto e quindi non
può individuare uno scopo preciso, che toglie ai protagonisti ogni costanza e che può anche
rendere un possibile miglioramento indesiderabile, proponendo al contrario la tranquillità di
una rinunzia totale al campo sociale. Insomma, entrare nel campo sociale come attore della
connivenza, e quindi anche entrare nell’età matura, richiede consapevolezza, volontà e
costanza, carratteristiche che, come vedremo, i protagonisti non possiedono mai tutte e tre.
Nei testi l’immaturità non si esprime solo attraverso le descrizioni ironiche del narratore, ma
44
J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 97.
Secondo Bouissy, il concetto non sarebbe dovuto tanto ai veristi quanto al darwinismo (sociale), cf. A.
Bouissy, «Les fondaments idéologiques de l’oeuvre de Italo Svevo», in Revue des Études Italiennes, XII, 3-4 e
5, 1966; XIII, 1, 1967.
46
La connivenza degli altri si mostra soprattutto in contrasto con Alfonso. Gli altri vogliono farlo partecipare per
servirsi di lui, il che gli permetterebbe di servirsi ugualmente di loro. Francesca aiuta Alfonso per migliorare la
propria posizione, come anche la Lanucci tratta Alfonso da persona superiore vedendovi un genero possibile.
45
18
anche nel confronto con altri personaggi. Si tratta spesso di informazioni molto sottili, singole
frasi che bastano a squilibrare l’immagine topica dell’eroe giovane.
Per quanto riguarda Frédéric Moreau, i passi che mostrano molto chiaramente la sua
immaturità sono quelli in cui il protagonista si trova di fronte ad espressioni di violenza.
Frédéric percepisce la violenza come qualcosa di allegro, di irreale e quando si rende conto
che sta per battersi in duello, grida «C’est drôle!»:
- On réclamait de nous des excuses, croiriez-vous? Ce n’était rien, un simple mot! Mais je les
ai envoyés joliment bouler! Comme je le devais, n’est-ce pas?
- Sans doute, dit Frédéric, tout en songeant qu’il eût miex fait de choisir un autre témoin.
Puis, quand il fut seul, il se répéta tout haut, plusieurs fois.
«Je vais me battre. Tiens, je vais me battre! C’est drôle!»47
Quando poi la città di Parigi vede la sua terza rivoluzione, quella del 1848, Frédéric assiste
agli eventi come un bambino ammira un gioco, uno spettacolo:
Les tambours battaient la charge. Des cris aigus, des hourras de triomphe s’élevaient. Un
remous continuel faisait osciller la multitude. Frédéric, pris entre deux masses profondes, ne
bougeait pas, fasciné d’ailleurs et s’amusant extrêmement. Les blessés qui tombaient, les
morts étendus n’avaient pas l’air de vrais blessés, de vrais morts. Il lui semblait assister à un
spectacle.
Après le café, quand ils se rendirent à l’Hôtel de Ville, pour savoir du nouveau, son naturel
gamin avait repris le dessus. Il escaladait les barricades, comme un chamois, et répondait aux
sentinelles des gaudrioles patriotiques.48
Nella prima citazione si vede un Frédéric «meravigliato» che «si divertiva estremamente». La
parte più significativa del passo è però l’ultima: «i feriti, i morti non parevano veramente feriti
o morti. Gli sembrava di assistere ad uno spettacolo.» Si tratta proprio di un ragionamento
infantile, di bambino che considera una battaglia come un gioco che non può nuocere a
nessuno, e di sicuro non a lui. In seguito, il secondo passo citato va visto come indizio
esplicito dell’immaturità del protagonista, che partecipa al gioco, seguendo la sua «natura di
ragazzo» (son naturel gamin).
47
Éd. sent., p. 251. Solamente quando la battaglia è imminente, Frédéric giunge a una parziale consapevolezza di
essa, ripetendo varie volte che sta per battersi. All’improvviso gli salta in mente la fine del padre e la possibilità
della morte. L’idea della morte possibile fa scaturire un desiderio di eroismo, di gesti grandiosi (anche se
l’opponente è l’effeminato visconte de Cisy, che non desidera per niente il duello). Occorre però concludere che
la consapevolezza è relativa, Frédéric non sa immaginare la propria morte che con «images incohéréntes» e dal
momento in cui viene colto dalla bravora non considera nemmeno la realtà, non della morte e non del duello: si
immerge in quel desiderio di eroismo vago, senza scopo preciso. La possibilità della morte dell’altro non viene
neanche considerata. Seguendo l’immagine tradizionale, Frédéric si vede come il nobile difensore dell’onore
della donna amata («l’idée de se battre pour une femme le grandissait à ses yeux, l’ennoblissait.»). Si noti come
il narratore inserisce ripetitivamente «à ses yeux» per mostrare che l’idea non è condivisa. Lo scioglimento
grottesco dell’avventura del duello conferma l’intento parodico del narratore.
48
Ibidem, p. 315 (prima citazione) e p. 321 (seconda citazione)
19
Esaminando l’immaturità di Alfonso, bisogna affidarsi ai giudizi ed ai comportamenti di altri
personaggi. Svevo ha costruito una rete molto fine di opposizioni, per esempio mettendo il
giovane protagonista di fronte a un Maller (direttore della Banca e capo di Alfonso) che
insiste più volte sulla virilità e sulla maturità:
- Capisco, capisco! ma via, siamo uomini! - e ripeté più volte questa frase. Poi di tutto cuore
assicurò ad Alfonso che in ufficio gli si voleva bene e che cominciando da lui e dal signor
Cellani, il procuratore, fino al capo corrispondente, il signor Sanneo, tutti desideravano di
vederlo progredire rapidamente. Congedandolo ripeté: - Siamo uomini - e lo salutò con un
cenno amichevole; Alfonso uscì tutto confuso.49
Anche Macario e Annetta ripetono quest’operazione, il primo chiamandolo «fanciullo», la
seconda attribuendogli un «caratterino» ingenuo, quando lei e Alfonso stanno per stabilire il
soggetto del loro romanzo (che funzionerà come mise en abîme dell’intero racconto):
- Ancora sempre si rammenta della freddezza di Annetta di mesi fa, - e quantunque Alfonso
protestasse e asserisse che non se ne rammentava più, andandosene Macario lo sgridò
amichevolmente trattandolo di fanciullo.
Quel caratterino che le si rivelava con tale ingenuità le sembrò meritevole di venir descritto.50
Accanto alle parole dei personaggi, anche il narratore interviene, talvolta direttamente, come
quando, parlando di Alfonso, afferma che «nei ventidue anni i suoi sensi avevano la
delicatezza e la debolezza dell'adolescenza.»51.
L’autore gioca quindi sull’immaturità dei protagonisti, ponendola in contrasto con il mondo
(degli altri) ma anche con l’immagine che nutrono di sé i giovani letterati, il che ridicolizza in
certo modo l’abitudine di autoanalisi soprattutto adottata da Alfonso. Più volte credono di
conoscersi, più volte si sbagliano. Anche se non si considerano come immaturi, va notato che
ambedue i personaggi credono a un certo punto di essere cambiati, di registrare un intimo
progresso. Nel caso di Alfonso, questa opinione viene ridicolizzata dall’ironia del narratore,
che si mostra nell’ultima frase:
Rimasto solo, fu la prima volta che Alfonso ripensò alla sua avventura in città. Il suo cervello
aveva trovato riposo nella malattia e il pensiero ad Annetta gli sembrava quasi nuovo. Non
poteva appassionarsi per cose avvenute tanto tempo prima e delle quali quasi non voleva
riconoscersi responsabile. Egli ora era un uomo nuovo che sapeva quello che voleva. L'altro,
colui che aveva sedotto Annetta, era un ragazzo malaticcio con cui egli nulla aveva di comune.
Non era la prima volta ch'egli credeva di uscire dalla puerizia.52
49
Una vita, pp. 18-19.
Ibidem, p. 99 (prima citazione) e p. 134 (seconda citazione).
51
Ibidem, p. 72.
52
Ibidem, pp. 304.
50
20
Si noti che Alfonso può soltanto qualificare come «ragazzo» un «io» (l’altro) che crede di
aver superato, a posteriori, e in questo caso un «io» contaminato, associato alla perfida
volontà di seduzione (che provocherà più tardi un forte sentimento di disgusto). In effetti, il
senso di superiorità dei protagonisti gli impedisce di considerarsi come il ragazzo che sono
(poiché il ragazzo è inferiore all’uomo). Dall’altro lato, Flaubert parla ironicamente per
Frédéric di una «brusca ribellione della sua giovinezza», quando questi si trova al bal masqué
de Rosanette:
C’était bien là un milieu fait pour plaire. Dans une brusque révolte de sa jeunesse, il se jura
d’en jouir.53
La rivolta descritta da Flaubert agisce contro la «monogamia mentale» con il quale Frédéric
cerca – invano – di onorare Mme Arnoux. Questa sua giovinezza non si può evolvere né
ritornare, perché è infatti il suo stato d’animo permanente. Ciò però non impedisce a Frédéric
di sentirsi «rinascere», come Alfonso, quando gli sembra di aver portato a termine
l’operazione di conquistarsi un’amore utile:
Il semblait à Frédéric, en descendant l’escalier, qu’il était devenu un autre homme, que la
température embaumante des serres chaudes l’entourait, qu’il entrait définitivement dans le
monde supérieur des adultères patriciens et des hautes intrigues.[...] son coeur débordait
d’orgueil.54
Per di più, lo stato di «immaturità» sembra implicare una certa timidezza, altra caratteristica
fondamentale nella costituzione dei protagonisti. Da un lato, questa timidezza si traduce in
paura, la paura di non comportarsi secondo la norma, di non dire o fare le cose che vanno
dette o fatte. E’ quell’angoscia che accompagna sempre il sentimento d’amore nutrito da
Frédéric per Mme Arnoux:
Il était empêché, d’ailleurs, par une sorte de crainte religieuse. Cette robe, se confondant avec
les ténèbres, lui paraissait démesurée, infinie, insoulevable; et précisément à cause de cela son
désir redoublait. Mais la peur de faire trop et de ne pas faire assez lui ôtait tout discernement.55
La paura di «troppo fare e di non fare abbastanza» colpisce anche Alfonso, non solo riguardo
all’amore che vuole conquistare, ma anche nel confronto con qualsiasi persona dinanzi a cui si
sente inferiore. Si accenna per esempio alla sua presenza nel salotto di Annetta, dove la sua
timidezza gli impedisce di enunciare più che qualche balbettio.56 Occorre menzionare che il
53
L’Éducation sentimentale, p. 138.
Ibidem, p. 398.
55
Ibidem, p. 223.
56
Una vita, p. 136. Alfonso balbetta nove volte, su un totale di 13 attestazioni di balbettio nel romanzo.
54
21
verbo «balbutier» ricorra anche frequentemente nel testo flaubertiano, la presenza di Mme
Arnoux sembra avere un’impatto simile sulle capacità verbali di Frédéric: «Frédéric balbutia,
chercha ses mots, et se lança enfin dans une longue période sur l’affinité des âmes»57.
Dall’altro lato, proprio questa timidezza permette ad Alfonso di avvicinarsi alla donna. Viene
detto di Annetta Maller che accetta la presenza del giovane letterato, giustamente perché non
lo ritiene minaccioso:
Annetta sorrise per ringraziarlo; si sentiva di nuovo al sicuro accanto a quel ragazzo. Era stata
proprio questa qualità di ragazzo che l'aveva portata con lui tanto innanzi. Che cosa aveva da
temere da quella timidezza personificata?58
La timidezza espressa dinanzi alla donna amata ed ai superiori s’accompagna infine, sempre
sotto il segno dell’immaturità, ad un sentimento di sorpresa permanente. L’immaturo, il
timido non partecipa alla connivenza degli altri e per questo la presenza, le parole e gli atti
degli altri lo sorprendono costantemente. Alfonso Nitti – e in modo minore anche Frédéric – è
inoltre spesso sorpreso dai propri sentimenti, il che contribuisce alla parodia dell’autoanalisi
che si distingue talvolta difficilmente dall’autoinganno. L’importanza della sorpresa nei due
testi si esprime in una frequenza elevata degli aggettivi «sorpreso», «meravigliato», «stupito»,
per il testo italiano, mentre nel testo francese si tratta anzitutto degli aggettivi «étonné» e
«surpris».
Il percorso finora costruito ha cercato di mostrare come i giovani letterati sono stati costruiti e
presentati in modo analogo, partendo dalle loro letture e dall’influsso di esse sulla loro visione
del mondo e sul loro comportamento. Una situazione familiare condivisa contribuisce a
portarli ad una presunta superiorità, ironicamente inghiottita da una spiccata immaturità. Da
questa situazione iniziale si progredirà verso uno studio dettagliato del nucleo di analogia,
cioè il desiderio problematico, soggetto del secondo capitolo.
57
58
Éd. Sent., p. 218. Frédéric balbetta anche nelle pp. 61, 88, 198.
Una vita, p. 173.
22
III.
Il meccanismo (difettoso) del desiderio
Il nucleo del presente discorso consiste in uno studio del desiderio problematico dei
protagonisti dei romanzi analizzati. Oltre alla nozione stessa di desiderio, si valuteranno due
nozioni strettamente legate alla prima, cioè quella di ambizione, che è espressione del
desiderio, e quella di sogno, che occupa una funzione specifica all’interno del meccanismo del
desiderio. Partendo dalla semantica e dalla lessicografia, in un secondo momento si tenterà di
stabilire un quadro teorico di questo desiderio problematico e di giustificarlo attraverso la sua
applicazione ai testi. Accanto allo studio teorico del desiderio – nonché la considerazione
della megalomania e della passività, che da esso vengono generate – si analizzerà l’impatto di
questo desiderio sulla realtà degli universi romanzeschi. Tutto ciò ci porterà all’ultimo punto
del capitolo, cioè il concetto dell’insoddisfazione totale come conseguenza logica dello
scontro tra desiderio e realtà.
1. Dall’immaturità alla semantica del desiderio
Come si è visto nel primo capitolo, per poter afferrare lo stato d’animo dei protagonisti,
occorre situarlo nel contesto in cui si formano e agiscono; l’immaturità, già rilevata nel
capitolo precedente, infatti fa parte di un meccanismo che Guido Baldi definisce come
storico-sociale:
[Q]uell’immaturità infantile è evidentemente il prodotto di un sistema di educazione connesso
con una determinata fase della storia della classe borghese e imposto in nome dei codici morali
e comportamenti in essa dominanti. [...] l’impotenza sociale determinata dalla declassazione,
combinandosi con l’educazione familiare repressiva ed i legami morbosi con le figure
parentali, diviene impotenza psicologica: il protagonista per questo non può coincidere con
un’immagine virile piena, forte, sicura, quella imposta dalla società borghese primoottocentesca fiera della popria egemonia, che ha dato vita al mito dell’individuo energico e
demiurgico, capace di creare con le sue mani il suo mondo e di dominarlo. In Alfonso Nitti
prende corpo una crisi dell’identità virile che ha una vasta portata e che segna i decenni a
cavallo dei due secoli.59
La nozione centrale che si ricava dall’analisi di Baldi è quella di «impotenza psicologica»,
quasi sinonimo del concetto sveviano di inettitudine. Però, quando si sostiene che lo stato
59
G. Baldi, «Una vita: L’intellettuale fra “lotta” e “rinuncia” filosofica», op. cit., p. 41.
23
psicologico di Alfonso Nitti è analogo a quello di Frédéric Moreau, occorre fare due
osservazioni al ragionamento di Baldi.
In primo luogo, l’impotenza sociale non è necessariamente condizione né causa fondamentale
dell’impotenza psicologica, ipotesi che sarà sostenuta dall’esempio di Frédéric Moreau,
giovane erede di una famiglia benestante, che vive nell’agiatezza, pur soffrendo di uno stato
psicologico di «incapacità» analogo, se non uguale, a quello di Alfonso Nitti. In secondo
luogo andrebbe rivalutato il concetto della crisi dell’identità virile e la sua collocazione
storico-letteraria. Se un eroe di Flaubert soffre già di una crisi identitaria, il concetto può
ancora essere espressione tipica della «modernità letteraria tardo ottocentesca»?
Non aiutano in questa discussione le generalizzazioni fatte dai manuali scolastici, che
definiscono Flaubert come autore di medio Ottocento, mentre Svevo è stato catalogato come
uno dei primi grandi scrittori del Primo Novecento. In verità il lasso di tempo che separa le
opere qui discusse non va oltre i 23 anni, dal 1869 al 1892.
Il concetto di «impotenza psicologica» con cui Baldi definisce lo stato d’animo di Alfonso
semanticamente implica un ragionamento centrato sull’incapacità. Il medesimo stato d’animo
sarà analizzato qui da un altro punto di vista, cioè quello del desiderio. Si tratta di una «crisi»
del desiderio, oppure di un «meccanismo del desiderio difettoso», perché il desiderio qui
studiato non funziona più come dovrebbe secondo gli schemi tradizionali?
Parlando di tali nozioni psicologiche apparentemente complesse e polisemiche, occorre prima
stabilire ciò che s’intende per «desiderio». Il Grande Dizionario della Lingua Italiana di
Salvatore Battaglia distingue tra una definizione di base e nove significati specifici, dei quali
interessa anzitutto il quinto:
Desidèrio (ant. disidèrio, desidèro, disdèro), sm. Moto intenso dell’animo, che fa avvertire
una mancanza, un’assenza, una privazione (fisica, sentimentale, intellettuale) e fa sperare nel
conseguimento o nel possesso o nella solidarietà affettiva di cose, persone, eventi, risultati, che
si stimano cari e indispensabili. [...]
5. Senso di mancanza, di privazione, di bisogno (di un bene ritenuto necessario o perduto);
nostalgia, aspirazione, attesa impaziente; rincrescimento, rimpianto; compianto (per l’assenza
o la dipartita di una persona).60
Si noti come la definizione di base esprima un concetto capace di fungere come motore di una
narrazione: partendo da una mancanza un protagonista è spinto da un moto intenso dell’anima
alla speranza di un possesso di qualcosa di concreto, come una cosa, una persona, un risultato.
60
Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della lingua italiana, Unione Tipografica – Editrice Torinese, Torino,
1998.
24
Nel testo narrativo, questa speranza si traduce poi in un percorso attivo che porta
effettivamente al possesso della cosa sperata, soddisfacendo in questo modo il desiderio.
Il quinto significato specifico offerto dal dizionario invece mostra un «desiderio» più vago:
non si tratta più di un «moto» ma di un «senso» di mancanza di un bene, non necessariamente
concreto, ritenuto necessario o perduto. Quando si perde il legame diretto con le cose concrete
desiderate, il desiderio diventa vago e perciò problematico, non si saprebbe esattamente come
soddisfarlo, perché questo desiderio non corrisponde più agli oggetti disponibili, alle
esperienze reali, pur provocando sempre un (forte) sentimento di privazione e di bisogno.
Quest’assenza di connessione alla realtà porta alla crisi del desiderio.
Sempre secondo Battaglia, la nozione di ambizione equivale ad una «brama smodata di onori,
potere, gloria; [a un] desiderio ardente di eccellere (per spirito di emulazione o per vanità)».
Le due parti della citazione sono altrettanto importanti: da un lato la nozione significa una
volontà di ottenere qualcosa, cioè onore, potere o gloria, dall’altro lato la definizione esprime
una volontà di affermare la propria superiorità o eccellenza. Ambedue le parti sono legate al
campo sociale: tanto per esercitare potere quanto per eccellere ci vogliono almeno due
persone. Occorre notare che l’ambizione viene definita come un «desiderio»: infatti, nella
narrativa ottocentesca essa è l’espressione emblematica del desiderio che funziona come il
motore di una narrazione. Un giovane «ambizioso» come Julien Sorel o Rastignac mira
proprio all’affermazione di sé attraverso la conquista di onore e di potere (e attraverso il
possesso della ricchezza e dell’amore legati ad essi).
Nei due testi qui studiati invece l’ambizione è sì presente, ma in modo molto ambiguo. Per
quanto riguarda la superiorità, gli eroi non aspirano tanto all’affermazione (attiva) quanto al
riconoscimento di essa da parte degli altri, quindi in modo passivo, più per vanità che per
emulazione. Per quanto riguarda poi la «volontà di ottenere potere», si nota che Frédéric
dichiara a Mme Arnoux di non nutrire ambizioni, mentre inizierà vari progetti ambiziosi,
soprattutto spinto da altri personaggi, quale Deslauriers, Hussonnet, Dambreuse e la stessa
Mme Arnoux. I progetti però mancano di concretezza come la loro esecuzione manca di
costanza.
Anche l’ambizione di Alfonso è contradittoria e ancora più ambigua. Per lui l’ambizione è
strettamente connessa alla partecipazione alla lotta che giudica degradante e dolorosa.
Paradossalmente, manifesta un’ambizione assai esplicita, sogna il successo letterario e non è
insensibile alla ricchezza di Annetta né alla stima che gli vale la frequentazione di casa
Maller. Esprime anche quest’ambizione – presso Annetta e presso Maller stesso – ma quando
25
si concretizza, per esempio nella possibilità di un avanzamento, non piace al protagonista.
L’ambizione è quindi espressa ma Alfonso non sembra voler realizzarla veramente.
In questo modo, la nozione di ambizione entra nel gioco tra gli scrittori e la tradizione
letteraria.
Non
stupisce
che
entrambi
riprendano
esattamente
questa
nozione,
quest’espressione emblematica del desiderio «tradizionale», per renderla ambigua e
problematica. L’ambizione di Frédéric e di Alfonso non è consistente, non si esprime in
termini concreti né nell’attivo perseguimento di scopi reali e viene quindi resa sterile, in un
intento parodico, dagli scrittori.
La terza nozione da valutare è quella di sogno. Anche qui, Battaglia distingue tra una
definizione di base e nove significati specifici, di cui interessano soprattutto il terzo e il
quinto. Il significato di base è quella dell’attività psichica che si svolge durante il sonno,
mentre il terzo significato specifico nel dizionario è descritto come «creazione della fantasia,
che inventa un mondo alternativo e diverso, nel bene o nel male, nel presente o nel futuro,
rispetto a quello reale». Nei testi studiati, l’invenzione fantastica da parte dei protagonisti di
un mondo alternativo, di un luogo altro dal reale e in contrapposizione con il reale è già stata
notata ed è descritta nel capitolo precedente.
Il quinto significato dell’elenco, invece, diverge dagli altri due qui descritti. Si tratta di «ciò
che si desidera fortemente o da lungo tempo per la propria esistenza; aspirazione intensamente
perseguitata». La citazione è importante perché lega il sogno al desiderio. Certo, nei testi
studiati la nozione di «sogno» appare talvolta come sinonimo di «desiderio», ma
contrariamente alla definizione proposta da quest’ultima citazione, si sostiene in questo lavoro
che il terzo valore principale della nozione di sogno non è quello di un desiderio, bensì di un
modo di desiderare. L’importanza del sogno nell’Éducation e in Una vita è di tipo funzionale,
piuttosto che concettuale. Oltre al sogno di colui che dorme e alla creazione fantastica, si
individua quindi un valore relazionale della nozione di sogno, il quale esprime il rapporto tra
il desiderio e la realtà. Il sogno diventa un dispositivo che mette in evidenza la distanza (si
potrebbe anche dire lo scarto) fra desiderio e realtà. Il punto problematico è appunto il fatto
che Frédéric Moreau e Alfonso Nitti sognano il desiderio, che si esprime nei testi in «sogni di
amore» e «sogni di ambizione» («rêves d’amour», «rêves d’ambition»). La mediazione del
desiderio attraverso questo strumento del sogno rende impossibile un’avvicinamento alla
realtà. In questo modo, la nozione di sogno occupa una funzione indispensabile all’interno del
meccanismo del desiderio problematico.
2. La teoria del meccanismo difettoso del desiderio
26
Già nel primo capitolo si è accennato all’esperienza «passiva», ossia libresca, letteraria e
quindi teorica, che fanno i protagonisti della passione. È questa la radice di una condizione
che pesa sui personaggi e che sarà la causa del loro fallimento. Jean Borie, che ha scritto
molto sul desiderio in Flaubert, ne indica in modo molto pertinente i punti problematici:
[L]e désir crée immédiatement dans l’esprit une magnificence, il projette devant lui comme
une hallucination l’image de sa réalisation instantanée et cette hallucination s’accompagne
d’une impression de plénitude telle que le sujet s’en trouve immensément valorisé: comment,
se dit-il, pourrait-on lui refuser cette satisfaction, cet objet lui est évidemment destiné, son
désir même en témoigne. Le sujet et l’objet sont faits de toute éternité l’un pour l’autre et, sur
le plan strict du désir, il n’y a aucune différence entre le désir d’amour le plus sublime (celui
de Tristan pour Iseult si vous voulez) et le désir pour un objet qu’un tiers considérerait comme
absolument futile, une voiture, une cravate, par exemple. C’est le désir même qui valorise et il
peut valoriser n’importe quoi, alors que le sujet, halluciné, ne peut plus penser autre chose
que: donnez-moi cet objet, il est uniquement fait pour moi, lorsque nous serons réunis cette
convenance pré-déterminée sautera aux yeux de tous et j’apparaîtrai, moi, comme parfaitement
accompli, dans toute l’étendue de mes plus secrets mérites.61
Per Frédéric come per Alfonso, il desiderio proietta un’immagine «magnifica» tanto completa
quanto immediata. Questa pienezza li soddisfa in modo che non chiedono altro: il desiderio
giustifica se stesso e nobilita tanto il soggetto da cui parte quanto l’oggetto verso il quale si
rivolge. La pienezza è problematica poiché, come si vedrà, non tiene conto del grado di
realizzazione possibile nella realtà. Dall’altro lato, l’immediatezza fa sì che il desiderio possa
scaturire ad ogni momento, da ogni impulso, in tutta la sua pienezza:
Le jeune homme aperçut, comme dans un éclair, une immense fortune qui allait venir.
Cependant, un souffle intérieur l’enlevait comme hors de lui; c’était une envie de se sacrifier,
un besoin de dévouement immédiat, et d’autant plus fort qu’il ne pouvait l’assouvir.
Il ne doutait pas qu’il ne fût heureux pour jusqu’à la fin de ses jours, tant son bonheur lui
paraissait naturel, inhérent à sa vie et à la personne de cette femme. Un besoin le poussait à lui
dire des tendresses [...]. Il lui découvrait enfin une beauté toute nouvelle, qui n’était peut-être
que le reflet des choses ambiantes, à moins que leurs virtualités secrètes ne l’eussent fait
s’épanouir.62
L’insieme delle citazioni mostra come, dal punto di vista del desiderio, non importa la natura
dell’oggetto desiderato, se colui che desidera è il medesimo soggetto e desidera sempre
secondo un medesimo meccanismo: il vestito, la fortuna, la scalata sociale, il prestigio,
l’amore (e poi, all’interno di esso, l’amore utile, sensuale, ideale)... Infatti, l’immagine
proiettata dal desiderio non è solo piena ma tende anche ad essere estensiva, ossia inclusiva di
61
62
Jean Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., pp. 48-49.
L’Éducation sentimentale, p. 184 (prima cit.), p. 104 (seconda cit.) e p. 357 (terza cit.).
27
ogni aspetto del reale: si desidera sempre il tutto. Questo spiega perché i protagonisti
desiderano spesso oggetti contraddittori: l’inclusione di tutti o di molti «possibili» fa fondere
anche le contraddizioni nell’allucinazione di pienezza.
Inoltre, il passo amoroso citato qui sopra tratta di Rosanette e non di Mme Arnoux, il che
potrebbe già bastare per mostrare che il libro di Flaubert non è il racconto di un «grande
amore» oppure un’«oleografia romantica» come è stata chiamata da una parte della critica
sveviana.63 Il solo grande amore nel libro è quello di Frédéric per il proprio desiderio, come ha
anche notato Borie:
Ce qui légitime [la] «distinction» [de Frédéric] en effet n’est pas vraiment la profondeur de
son amour pour Madame Arnoux mais l’entêtement qu’il met à aimer sous son nom à elle ce
qui est en réalité son propre désir.64
La citazione vale anche per Alfonso Nitti, il quale non può amare che il desiderio stesso.
L’amore per il proprio desiderio rivolge i protagonisti a se stessi, il che si esprime in un
egoismo profondo e in una visione egocentrica del mondo. Ogni sguardo posto su questo
mondo viene mediato attraverso il sogno del desiderio e in questo modo, tutti gli oggetti
desiderati sono uguali e la loro vera natura non importa, nel senso che non sono cose concrete
ma specchi del desiderio stesso: il desiderio di Alfonso e di Frédéric non ha altro scopo che se
stesso. Inconsciamente, i protagonisti hanno concluso un patto esclusivo con il proprio
desiderio e ne vengono assorbiti, si sentono attirati dalle allucinazioni che offre, dalle
possibilità che garantisce, dalla superiorità con cui li nobilita (e che rinforza il sentimento di
superiorità già presente). Come un bozzolo, il desiderio li isola dagli altri, impedendo la loro
partecipazione alla società. Questo «amore» esclusivo per il proprio desiderio costituisce un
nodo centrale di analogia tra Alfonso e Frédéric.
La pienezza del desiderio di Alfonso si mostra già dall’inizio del racconto quando, scrivendo
alla madre, espone il desiderio di una vita «romantica» in campagna, che vede
immediatamente appagato mentalmente, senza bisogno della traduzione in «atto»:
«Dopo scritta questa lettera sono più tranquillo; mi pare quasi di avere già ottenuto il permesso
di partire e vado a prepararmivi.65
63
«Svevo assegna quindi alla dimensione illusoria dell’autoinganno il miraggio di un amore che, per essere puro
quanto lo richiede l’ideale, deve rimanere su un piano d’inviolabile adorazione platonica. Ma esattamene di
questo tenore era stato il legame che nell’Éducation sentimentale di Flaubert aveva unito le anime di Frédéric
Moreau e di Marie Arnoux, come a dire che Svevo ancora una volta non esita a prendere le distanze dai suoi
maestri quando gli pare che essi siano ricaduti nell’oleografia romantica.» G. Langella, «Una Vita di Italo Svevo
e il romanzo francese dell’ottocento», Cahiers du Cercic (Seminari dell’università “Stendhal” di Grenoble, 12,
1990, p. 54.
64
Jean Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 15.
65
Una vita, p. 7.
28
L’aspetto contradittorio delle sue aspirazioni si esprime poche pagine più in là, quando al
desiderio di lasciare la città si aggiunge quello opposto di emancipazione sociale. Pur essendo
già presente come rimpianto nella lettera iniziale (Alfonso soffre della superbia dei capi e
colleghi, che sono tutti «zerbinotti»), l’insoddisfazione per l’inferiorità sociale rimane prima
latente, per poi sfociare nel desiderio di emancipazione sociale chiaramente espresso nel testo:
Miceni già in atto di andare gli chiese:
- E ancora non sei stato invitato dal signor Maller?
Alfonso accennò di no; sfogatosi in quella lettera a sua madre, l'invito gli sarebbe stato una
seccatura e null'altro.
Alfonso credeva di avere dello spirito e ne aveva di fatto nei soliloqui. Non gli era stato mai
concesso di farne con persone ch'egli stimasse ne valessero la fatica, e, recandosi dai Maller,
pensava che un suo sogno stava per realizzarsi.66
Si vede già dall’apertura del testo che un’indagine sulla «vera volontà» del protagonista non è
sostenibile né pertinente, poiché il soggetto desidera appunto il «tutto» e l’aspetto
contraddittorio non indebolisce il desiderio totale, inclusivo, anzi: ne è espressione.
Come dice Borie nel passo citato, il desiderio non è solo inclusivo nella sua espressione, è
nello stesso tempo esclusivo per il legame unico che stabilisce tra soggetto desiderante e
oggetto desiderato. Ambedue vengono nobilitati da quest’esclusività, e la soddisfazione piena
e immediata non pare al soggetto che la logica conseguenza del desiderio stesso. L’operazione
psicologica stessa di desiderare un oggetto giustifica il diritto che si avanza su di esso, il che
comporta quindi, secondo colui che esige e anche solo per la sua superiorità, la disposizione
del mondo a rispondere, a soddisfare.
Il trouvait que le bonheur mérité par l’excellence de son âme tardait à venir.67
A proposito di quest’«eccellenza», Borie, comparando Frédéric a Candide, sostiene che il
candore del primo consiste nel fatto che la violenza dei suoi desideri comporta una specie di
merito speciale che rende naturale e legittima la loro realizzazione.68 Anche per Alfonso il
sentimento della propria eccellenza non deriva necessariamente solo dagli studi, ma anche
dall’ambizione stessa, da quest’espressione del desiderio nobilitante:
Eppure non si sentiva infelice! Trovava la sua felicità da una parte nello studio accanito stesso,
dall'altra nella sua ambizione cresciuta gigante, la fame di gloria. Sentiva di essere superiore
66
Ibidem, p. 8 (prima cit.) e p. 28 (seconda cit.).
Éd. sent., p. 20.
68
J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 48.
67
29
agli altri e se ancora non sapeva come si sarebbe guadagnata questa gloria, lo afforzava nelle
sue speranze il suo amore allo studio ch'era divenuto passione.69
Dalla convinzione della propria eccellenza non vi è che un piccolo passo verso la
megalomania, la cui origine risiede proprio negli elementi ai quali si è già accennato, dalla
pienezza all’immediatezza, dall’esigenza di risposte all’eccellenza. Se anche Flaubert non
ricorre al termine, tuttavia, la megalomania di Frédéric non è meno evidente:
Alors, il fut saisi par un de ces frissons de l’âme où il vous semble qu’on est transporté dans
un monde supérieur. Une faculté extraordinaire, dont il ne savait pas l’objet, lui était venue. Il
se demanda, sérieusement, s’il serait un grand peintre ou un grand poète; - et il se décida pour
la peinture, car les exigences de ce métier le rapprocheraient de Mme Arnoux. Il avait donc
trouvé sa vocation! Le but de son existence était clair maintenant, et l’avenir infaillible.70
Vari elementi in tal senso sono espressi nel passo: non si tratta di diventare, ma
immediatamente di essere; sembra che occorra meramente scegliere tra le discipline
artistiche, dopo di che la grandezza verrà di sé. La «logica» della megalomania non tollera
ostacoli: lo scopo è chiaro, l’avvenire infallibile.
La megalomania di Alfonso Nitti viene esplicitata tre volte nel testo:
Dinanzi ad un libro pensato faceva sogni da megalomane, e non per la natura del suo cervello,
ma in seguito alle circostanze; si trovava ad un estremo, si sognava nell'altro.
Si ostinava tuttavia di passare le sue sere in biblioteca, ma ne usciva come ne era entrato,
senza idee nuove perché per l'idea nuova il suo cervello era chiuso. Non sapeva che rievocare
cose vecchie e ciò per completare qualche sogno da megalomane in cui si vedeva far mostra
della sua scienza dinanzi a terzi.
La sera usciva dalla banca esausto, tranquillo, soddisfatto del lavoro compiuto, e anche fuori
d'ufficio con la mente vi ricorreva volontieri. Meravigliato egli stesso, si chiedeva talvolta se
sulle proprie qualità non si fosse ingannato e se quella vita non fosse precisamente la più
adatta al suo organismo. La sua antica abitudine di sognare rimaneva la medesima, da
megalomane, ma evocava fantasmi ben differenti.71
La prima volta il narratore sostiene ancora che i sogni da megalomane non siano inerenti alla
sua costituzione psicologica, attribuendoli alle circostanze e all’inferiorità sociale e alla lotta
di ogni giorno nell’ufficio. Anche nel secondo passo la megalomania sembra ancora
determinata dalle circostanze, però nell’ultima citazione si vede che la megalomania viene
qualificata come un’«antica abitudine» di Alfonso e questa volta non appare legata a
circostanze. Infatti, a questo punto del racconto Alfonso crede di aver abbandonato i
69
Una vita, p. 76.
Éd. sent., p. 69.
71
Una vita, p. 70 (prima cit.), p. 86 (seconda cit.) p. 339 (terza cit.).
70
30
sentimenti di inferiorità sociale per assumere una superiorità morale (a causa del suo rifiuto
della donna) e ricava persino soddisfazione dal lavoro bancario. Il cambiamento radicale delle
circostanze sembra indicare che la megalomania non dipende da esse, quantunque quelle
circostanze possano sempre influenzare oppure modificare lo stato di megalomania, che
appartiene intrinsecamente alla configurazione psicologica del protagonista. Va notato anche
l’uso della nozione di «sogno» come dispositivo necessario per poter esprimere lo stato di
megalomania.
L’ultimo punto problematico legato al desiderio è la passività. È vero che nei testi si potrebbe
interpretarla talvolta come reticenza, come espressione della timidezza. Però la passività è
anche prodotto logico del desiderio megalomane, poiché il soggetto aspetta il successo
immediato che ritiene gli sia «dovuto» senza dover contribuirvi. Nell’ottica del personaggio,
il suo compito si limita al solo desiderare, il resto dovrebbe venire, defluire da esso. In un
passo molto stendhaliano citato da Borie se ne vede un esempio. Al contrario di un Julien
Sorel, che compie l’azione di prendere la mano della donna, dopo di essersi preparato a lungo
come ad un operazione militare, Frédéric sa solo offrire la sua, sperando che lei forse la
prenda:
Il n’ajouta rien, mais il étendit la main gauche de son côté et la laissa toute grande ouverte, s’imaginant qu’elle allait faire comme lui, peut-être, et qu’il rencontrerait la sienne.72
Anche in amore il soggetto desideroso esige di essere soddisfatto, la donna deve offrirgli il
propio amore, a cui il soggetto crede di aver diritto: «Il voulait qu’elle se donnât, et non la
prendre»73. Si trova un’atteggiamento simile in Alfonso: «non voglio rubare il suo amore;
voglio che mi venga dato spontaneamente.»74. Benché l’ultima citazione contrasti nel
momento in cui è espressa con lo stato d’animo di Alfonso (che cerca un pretesto per disfarsi
dell’amore di Annetta), rimane tipico per il comportamento del protagonista, la cui agentività
è paradossalmente passiva: le poche azioni che compie, le compie in uno stato di irrazionalità,
trascinato dai propri istinti.
La passività s’innesta persino sul piano sintattico dei testi. Più che volere, desiderare e sentire,
Alfonso e Frédéric sono presi da desideri e sentimenti che vengono e se ne vanno, che li
colpiscono e spariscono all’improvviso. Il desiderio stesso s’impone sul soggetto passivo, non
è controllato dalla sua volontà:
72
Éd. Sent., citato in J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., pp. 51-52.
Éd. Sent., p. 299.
74
Una vita, p. 240.
73
31
Il fut ressaisi par un amour plus fort que jamais, immense: c’était une contemplation qui
l’engourdissait, il la secoua pourtant.
Frédéric, homme de toutes les faiblesses, fut gagné par la démence universelle.
Il fut pris par un paroxysme de bravoure, d’une soif carnassière.75
Inoltre, in poco tempo, gli era venuta l'ambizione»
Si sentiva molto misero nell'agitazione che lo aveva colto per cosa di sì piccola importanza.
Fu per lui un'amante compiacente e appassionata.76
Quasi come rovesciamento parodico del tópos della conquista della donna, persino il possesso
è passivo, Alfonso non possiede Annetta ma ne viene posseduto. Capita anche a Frédéric
Moreau, che crede di essersi conquistato un’amante, mentre è lei che lo possiede («Il était
maintenant sa chose, sa propriété.»)77. Il fatto che i soggetti desideranti diventano in realtà
oggetti posseduti può esser visto come un indizio della reazione del mondo di fronte a quel
desiderio megalomane.
3. Il desiderio di fronte alla realtà
3.1 Il mondo non risponde
Confrontato al desiderio pieno, inclusivo e costrittivo dei protagonisti, il mondo in verità non
risponde. Lo scontro tra desiderio e realtà svela l’inadeguatezza del desiderio ad investire ed a
condizionare il mondo. Gli universi romanzeschi in cui si muovono i personaggi non
rispondono a nessuna legge se non a quella del «caso fortuito» («le hasard»), la realtà stessa
non può realizzare desideri e non può dunque svolgere il ruolo attivo assegnatole dal soggetto
passivo. Il mondo non è un’entità attiva, un organismo vivo, non esiste in funzione dei
personaggi.
Un secondo punto problematico è il fatto che il possesso dell’oggetto desiderato non equivale
più alla realizzazione del desiderio e quindi non porta alla soddisfazione del soggetto. Il
desiderio è più legato all’allucinazione di appagamento mentale totale che crea, che alle
esperienze reali, le quali si svelano sempre meno complete, meno immediate e quindi meno
appaganti rispetto all’allucinazione. In questo modo il desiderio è sterile, l’allucinazione di
75
Éd. Sent., p. 155 (prima it.), p. 327 (seconda cit.) e p. 251 (terza cit.).
Una vita, p. 70 (quarta cit.) p. 105 (quinta cit.) e p. 223 (sesta cit.).
77
Éd sent., p. 384.
76
32
pienezza abbaglia il soggetto che aspetta poi dal possesso reale dell’oggetto desiderato la
soddisfazione totale dell’allucinazione. Non importa quanto poco o grande sia la
soddisfazione ricavata dal possesso reale, sarà sempre minore alla completezza immaginata e
il possesso pare quindi insoddisfacente ad un soggetto che desidera sempre il «tutto». Se nella
realtà il possesso dell’oggetto desiderato non soddisfa al soggetto, il tentativo di realizzazione
non è che una delusione ed una profanazione del puro desiderio sognato, che si vede
degradato in una parziale realizzazione. Insomma, il possesso dell’oggetto desiderato non
porta alla felicità sognata e il soggetto rimane insoddisfatto.
Invece di giocare su un desiderio capace di investire il mondo e di farne una forza attiva, una
struttura portante del testo, come ha fatto la maggior parte della tradizione narrativa
ottocentesca, la struttura portante dei due testi qui analizzati sembra essere il venire meno
delle forze attive precedenti, lo scontro frequente, ripetuto e inevitabile del desiderio con la
realtà. Sarebbe quindi inutile elencare qui i tanti scontri, le tanti delusioni – equivarrebbe
quasi alla rilettura intera dei due testi – e ci si limiterà a fornirne qualche esempio di spicco.
Nell’Éducation, uno tra gli scontri più elaborati, più aspri si mostra nel passo in cui Frédéric,
di fresco «promosso» allo stato di ricco erede, ritorna a Parigi per ricevere il bene, la felicità e
l’amore a cui crede di aver diritto, grazie alla sua eccellenza. Arrivando in città, però, trova
tutto cambiato: non esiste più il negozio di Arnoux, e il commerciante sembra sparito, insieme
alla moglie. Comincia allora un periodo di corse frenetiche, di ricerche vane fino al momento
della soluzione, quando finalmente li ritrova. Però, anche il ritrovamento sperato e ottenuto
non comporta la gioia dovuta:
Frédéric s’était attendu à des spasmes de joie; - mais les passions s’étiolent quand on les
dépayse, et, ne retrouvant plus Mme Arnoux dans le milieu où il l’avait connue, elle lui
semblait avoir perdu quelque chose, porter confusément comme une dégradation, enfin n’être
pas la même. Le calme de son coeur le stupéfiait.78
Accanto alla spiegazione un po’ troppo generale nonché semplificatoria della delusione da
parte del narratore (le passioni non sopportano lo spaesamento e sfioriscono), si vede
chiaramente espressa la gioia aspettata ma non ricevuta dal compimento dell’azione (qui
l’azione è il ritrovamento della donna amata). Inoltre, più in là si vedrà che varie volte, come
movimento di rivalsa, il protagonista evocherà «dolcemente» l’immagine della donna che non
c’è, sempre beata e in contrasto fulminante con la donna disponibile. L’ironia risiede nella
costatazione che le donne saranno perfettamente intercambiabili e che la banalità della donna
78
Éd. sent., p. 129.
33
presente diventerà eccezionalità quando la stessa donna è assente. Per questo, la spiegazione
che Flaubert narratore offre qui deve essere intenzionalmente banale e quindi ironica.
Lo scontro tra il desiderio di Alfonso e la realtà è forse più aspro perché a questo s’aggiunge
la dimensione sociale. L’eccellenza di spirito, la superiorità intellettuale e morale che si
attribuisce contrastano fortemente con la sua «piccolezza» borghese, con l’ inferiorità sociale
che sente dinanzi a persone di estrazione sociale più elevata, come quelle del salotto di
Annetta:
Quelle note dolci gli rivelarono la ragione del suo malessere. Il desiderio ch'esse gli diedero di
udire una parola amichevole da quella magnifica creatura che aveva una voce così bella, lo
fecero accorto che ancora non ne aveva ricevuto alcuna. Era stato accolto bruscamente,
quando aveva principiato a parlare era stato interrotto senz'alcun riguardo, non gli era mai
stata rivolto la parola. Perché? Ella non lo aveva mai veduto prima di allora. Doveva essere
semplicemente il disprezzo per l'inferiore, per la persona vestita male, perché ora egli sapeva
quanto male egli fosse vestito; il confronto con Macario ne l'aveva reso avvertito.79
Secondo l’autoanalisi di Alfonso, il malessere sentito proviene dalla negazione del desiderio
di esser trattato bene, da «pari a pari», come dirà durante un’altra visita ad Annetta. La
negazione va spiegata e appare quindi l’elemento sociale che è molto più ambiguo di quanto
si potrebbe credere. Infatti, Annetta è una donna capricciosa e spesso indifferente, ma la sua
mancanza d’interesse non va vista per forza come disprezzo per l’inferiore (di più perché,
dopo la visita, Macario svelerà che la ragazza ha avuto un rapporto problematico con un altro
impiegato, Miceni). Dall’altro lato la si saprà ugualmente fatua e fortemente sensibile alle
differenze di classe. La novità di Alfonso l’attrae, insieme con la sua intelligenza e la sua
venerazione, che fa di lei la donna ideale, ma nello stesso tempo ama il suo essere «rospo»,
rozzo. A questo punto, non si può quindi concludere che sia «impotenza sociale» (cf. infra) la
causa della sfortuna di Alfonso, o almeno non è la ragione invocata dagli altri per respingerlo.
In verità, la differenza sociale è importante soprattutto come convinzione o pretesto di
Alfonso stesso. Già dalla lettera iniziale si lagna della superbia dei capi alla Banca, mentre si
vedrà che l’indifferenza è piuttosto una regola generale80 e che Alfonso verrà addirittura
lodato quando lavora in modo corretto.
3.2 Il caso come «spirito tormentatore»
79
Una vita, p. 40.
Nel testo sveviano, quest’indifferenza generale risulta molto chiaro dalla riccorrenza delle ricerce del
copialettere, che si trova sempre accanto ad un qualsiasi impiegato cui sarebbe costato molto poco sforzo di
rimetterlo. (Una vita, pp. 66-67).
80
34
L’invocazione continua dell’insoddisfazione per la propria posizione sociale inferiore, da
parte di Alfonso, quadra molto bene nella visione del mondo che nutrono i protagonisti. Il
mondo rappresenta per loro un essere vivo che deve reagire e adattarsi alle loro esigenze. Se il
mondo non risponde, il silenzio equivale a un rifiuto esplicito, a un segno di cattiva volontà. È
analogo nei due testi il motivo ricorrente della persecuzione, della necessità dalla parte del
personaggio di attribuire lo scacco, la mancata realizzazione del desiderio a qualcosa o a
qualcuno. Jean Borie parla degli «spiriti tormentatori» («guignons») di Frédéric.81 Occorre
sempre una spiegazione, una causa che giustifica gli atti del mondo. La negazione senza
ragione operata da un fattore generale come il caso non può esser afferrata da un protagonista
segnato dal desiderio megalomane. Per Alfonso, i contrattempi vegono sempre causati
dall’«insieme degli altri» e gli capita spesso di vedere tutto il mondo in congiura contro di lui:
Quando gli era riuscito di vivere la giornata secondo programma, andava alla banca il giorno
appresso ancora spossato e lavorava peggio del solito. I sospesi divenivano maggiori e alla
sera si trovava dinanzi un fascio enorme di carte giunte da tutte le città d'Italia; a lui sembrava
che tutto il mondo congiurasse contro di lui e gl'imponesse quel lavoro.
[U]dì chiaramente la Lanucci che esclamava, probabilmente a conclusione di quanto fino ad
allora avevano discorso, con un risolino di buon umore: - Queste sono proprio dispute da
innamorati.
Di sospetti ne aveva già nutriti circa gli scopi della Lanucci su lui, ma più che scopi, fino ad
allora gli erano sembrate speranze che non potevano allarmarlo ma che dovevano lusingarlo.
Quelle due parole giunte per caso fino a lui, conclusione di un discorso più lungo, gli parve
provassero che non soltanto si sperava da lui ma che si congiurava contro di lui, contro la sua
libertà.
Egli invece si sentiva incapace alla vita. Qualche cosa, che di spesso aveva inutilmente cercato
di comprendere, gliela rendeva dolorosa, insopportabile.82
Nell’ultima citazione s’esprime la necessità di Alfonso di legare lo scacco a qualcosa di reale,
a una qualsiasi causa, anche se ignota. La convinzione di congiure e persecuzioni fa parte
della logica del desiderio megalomane svolta in negativum. Questa logica sembra essere la
stessa per Frédéric Moreau, che si sente, come Alfonso, sempre offeso o a disagio a causa di
cose di piccola importanza. Si crede anche perseguitato, tanto dagli altri quanto dalla realtà
stessa:
Des obstacles s’y opposaient. Il les franchit en écrivant à sa mère; il confessait d’abord son
échec, occasionné par des changements faits dans le programme, - un hasard, une injustice;
[...].83
81
J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 97.
Una vita, p. 71 (prima cit.) p. 84 (seconda cit.) e p. 395 (terza cit.).
83
Éd. sent., p. 81.
82
35
In verità, è lui il solo colpevole dello scacco agli esami, dovuto alla propria mancanza
d’interesse per gli studi.
La persecuzione si esprime anche nella paura del ridicolo. L’eventualità di fare brutta figura
spaventa gli eroi e contribuisce tanto alla loro reticenza quanto provoca brevi impulsi violenti,
derivati da una volontà di autoaffermazione. Svevo descrive Alfonso come «audacissimo
come sono tutti i timidi quando si costringono al coraggio»84, mentre Frédéric è «colto dalla
bravura che prende talvolti i più timidi»85. Essere o sembrare ridicolo va visto come una delle
offese più profonde che può colpire un giovane protagonista che prende tutto sul serio.
Alfonso non è stato mai tanto determinato ad agire, a vendicarsi di Annetta, di quando lei gli
rimprovera il ridicolo dei suoi tentativi amorosi:
Non appena si vide solo con essa, volle tirarla a sé, ma ella si difese risolutamente e gli disse
con disprezzo:
- Questi baciucchiamenti mi seccano.
La frase era molto offensiva. Con essa Annetta metteva a nudo il ridicolo da lui già sentito
nella loro relazione e di più ella vi si sottraeva lasciandone tutto il peso sulle sue spalle. Così
sorgeva una persona che poteva deriderlo, Annetta stessa.
Fu allora ch'egli si propose di secondare il volere di Francesca, e per vendicarsi prima di tutto.
Voleva ricacciare in gola ad Annetta quelle parole e dimostrarle che, se v'era del ridicolo nella
loro relazione, non ne aveva la colpa soltanto lui. Oh! egli ne era convinto: ella aveva bisogno
di lui, di quella relazione e precisamente nella forma ch'ella aveva voluto deridere.86
Per quanto riguarda Frédéric, è ugualmente spaventato dalla possibilità d’apparire ridicolo.
Nel contesto del duello grottesco appare anche la nozione di «congiura»: «Était-ce une
conjuration? [...] Son duel n’avait rien empêché. Il devenait ridicule, tout le monde se
moquait de lui.»87.
Al motivo della persecuzione s’aggiunge una fede superstiziosa nella Sorte, il che fa
dipendere le decisioni da prendere dai «présages» e dagli auspici. Di nuovo le convinzioni
false dei personaggi vengono subito sottilmente smentite dalla voce narrante, che si mostra
qui nell’esagerazione enumerativa di elementi banali di superstizione: non solo gli spiccioli
ma persino la fisionomia dei passanti e il colore dei cavalli indicano a Frédéric cosa debba
fare:
Et une grande hésitation le prit.
84
Una vita, p. 75.
«La pourriture de ces vieux l’exaspérait; et, emporté par la bravoure qui saisit quelquefois les plus timides, il
attaqua les financiers, les députés, le Gouvernement, le Roi, prit la défense des Arabes, débitait beaucoup de
sottises.» (Éd. Sent., p. 265).
86
Una vita, p. 212.
87
Éd. sent., p. 260.
85
36
Pour savoir s’il irait chez Mme Arnoux, il jeta par trois fois, dans l’air, des pièces de monnaie.
Toutes les fois, le présage fut heureux. Donc, la fatalité l’ordonnait. Il se fit conduire en fiacre
rue de Choiseul.
Du nombre des pièces de monnaie prises au hasard dans sa main, de la physionomie des
passants, de la couleur des chevaux, il tirait des présages; et, quand l’augure était contraire, il
s’efforçait de ne pas y croire.88
Il realismo, che ha fatto di Flaubert un caposcuola formale con influenza in tutta l’Europa
dall’Ottocento fino a oggi, si esprime anche al livello del contenuto, nel tipo di mondo che lo
scrittore rappresenta. Nell’Éducation sentimentale, la realtà concepita da Flaubert è
volutamente neutra: al contrario di quanto pensano Frédéric e anche Alfonso, il mondo non è
contro di loro, il mondo è. Non si adatta, non si lascia investire da desideri irreali, il mondo
concepito da Flaubert e da Svevo è segnato dall’indifferenza e governato dal caso fortuito.
Quel caso agisce come deve, a capriccio, talvolta al contrario dei personaggi, talvolta in
favore di essi. Non mancano quindi a Frédéric e ad Alfonso delle possibilità, dei momenti in
cui il caso li aiuta, però in questi momenti si constata come manca ai protagonisti ogni tipo di
persistenza agentiva. E così perdono queste possibilità offerte dal caso e non vedono che un
caso contrario, un mondo pieno di ostacoli e di ostilità.
Ironicamente, sul piano metanarrativo hanno completamente ragione. La realtà romanzesca è
infatti volutamente neutra. Al contrario della realtà extratestuale, l’universo romanzesco è una
creazione, concepito e prodotto da un creatore. Lo scrittore è il Dio del libro e se il mondo che
ha creato è neutro, è stato fatto così perché non risponda. Nella creazione della finzione non
esiste il caso.
3.3 Il desiderio e l’emozione «si sbagliano»
Gli universi volutamente e perciò apparentemente neutri creano dunque opportunità (mancate)
e contrattempi. Tali contrattempi, anche se dovuti al caso, sorgono in modo sistematico. Il
desiderio problematico non riesce a realizzarsi, non solo a causa dell’inconsistenza del
protagonista e della propria costituzione (essendo sognato e quindi non adatto alla realtà), ma
anche perché il caso aiuta a mantenere la tensione tra di esso e l’oggetto desiderato. Si può
giustamente parlare di un intero sistema di contrattempi in funzione del desiderio mancato.
Peter Brooks vede in un tale sistema un’espressione della perversità oppure «perversione»,
intesa etimologicamente come «rovesciamento», dell’operazione di Flaubert sulla propria
88
Ibidem, p. 82 (prima cit.) e p. 306 (seconda cit.).
37
trama narrativa. Un rapporto di chiasmo permanente lega – e perciò, allontana – il desiderio e
il suo oggetto89:
[N]on si riesce mai a essere presenti quando il desiderio sta per realizzarsi, e quando si
realizza, ciò non avviene mai nel posto giusto o con la persona giusta.90
Questo movimento di chiasmo si esprime sovente nel motivo dell’appuntamento mancato: la
persona attesa non appare, ne appare un’altra oppure l’appuntamento viene impedito da una
qualsiasi causa – da un qualsiasi caso. Il testo flaubertiano ne contiene vari esempi, con tanti
personaggi. Brooks ne cita alcuni, tra i quali l’appuntamento mancato per eccellenza, quello
tra Frédéric e Marie Arnoux: quell’ultima – costretta dal narratore al ruolo parodico
stendhaliano di una Mme de Renal – non si mostra, avendo sacrificato l’amore per la salute
del figlio. Frédéric si vendica profanando il nido d’amore divino con il possesso dell’amante
gioconda, Rosanette (cf. supra, il movimento di rivalsa).91
Stranamente, anche Alfonso Nitti manca un appuntamento con una Maria, incontrata per
strada. L’analogia possibile del passo flaubertiano con il testo sveviano è già stata notata da
Giuseppe Langella:
In questo caso è Alfonso che all’inizio della sua educazione sentimentale, per non deturpare lo
«splendore» dell’«avventura d’amore», troncandole regolarmente sul nascere; come quella con
Maria, poi «per parecchi anni» causa di «rimpianto», che nel topos dell’appuntamento
disertato, oltre che nel nome, richiama il romanzo di Flaubert, sebbene le pochi frasi che
riguardano la sedicente «dama di compagnia» sfavillino di ambigui ammiccamenti (UV 7778), talché non ci stupiremmo di scoprirla, a ultimo, parente stretta dell’Angiolina di Senilità.92
Langella non vi vede che un intento parodico; essendo convinto dell’opposizione frontale dei
due capolavori flaubertiani, ogni analogia con lo scrittore francese sarebbe da riportarsi a
Mme Bovary (cf. infra, il presunto monopolio intertestuale di Emma). Rifiuta quindi ogni
legame più che superficiale tra i giovani letterati. Ci si limita qui a attestare una
consapevolezza di analogia possibile nella critica, pur non seguendo l’interpretazione
esclusivamente parodica di essa, né il ragionamento proposto che vincola Alfonso alla
Bovary. Un tale ragionamento esclusivo ci sembra privo di fondamenti, già dalla base: non
esiste nessuna opposizione sostenibile tra i capolavori flaubertiani, anzi. Anche Jean Borie
smentisce un tale confronto spiegando che la presunta opposizione deriva appunto dalla
somiglianza dei personaggi:
89
P. Brooks, Trame. Intenzionalità e progetto nel discorso narrativo, op. cit., p. 203.
Ibidem, stessa pagina.
91
Ibidem, pp. 203-204.
92
G. Langella, «Una Vita di Italo Svevo e il romanzo francese dell’ottocento», op. cit., p. 54.
90
38
De ce point de vue – du point de vue du désir – L’Education sentimentale apparaît comme une
reprise très atténuée de la situation de Madame Bovary: les illusions du désir et les réalités du
monde continuent de s’y affronter, mais d’une manière infiniment adoucie. [...] Cette situation,
toutefois, fait qu’on ne peut lire l’un des deux romans sans penser constamment à l’autre,
qu’une comparaison infinie s’établit d’Emma à Frédéric, de Frédéric à Emma, que les
partisans d’Emma ont tendance à dénigrer Frédéric, et inversement. Deux groupes de
flaubertiens se définissent ainsi par l’une ou l’autre allégeance, et se regardent entre eux sans
amitié. [...] Notre époque se trouve, sur la même question, partagée entre deux théories
singulièrement mal accordées. Ou bien le désir est effectivement une énergie révolutionnaire;
il renverse répressions et censures, il est une force de libération, il est toujours libérateur – à
libérer: «Prenez vos désirs pour des réalités». Ou bien le désir est une marque d’aliénation:
«médiatisé», il est le signe de l’autre en nous; nous ne désirons jamais que ce qu’on veut nous
faire désirer, selon l’implacable loi médiatique des sociétés de consommation: Emma Bovary,
lectrice de romans sentimentaux, est une soeur à peine éloignée de nos modernes
consommatrices de magazines et de publicités. A mettre le désir au centre de son oeuvre, à le
placer sans cesse en conflit avec un principe de réalité, Flaubert est devenu un enjeu dans nos
débats, d’autant qu’il propose à notre méditation deux modulations subtilement variées d’une
même situation: Emma et Frédéric, Frédéric ou Emma?93
Sosteniamo che l’opposizione (qui negata) non faciliti la ricerca della presenza del romanzo
francese nel primo testo sveviano, anzi: l’impedisce. Occorre notare di nuovo che questo
lavoro vuole completare il quadro critico, non sostituirsi a esso e si spera che l’ipotesi qui
proposta possa allargare la ricerca.
L’appuntamento mancato con Maria apre le riflessioni sull’amore nel testo sveviano. Al
termine del romanzo, un altro incontro mancato le chiude. Dopo la loro rottura, Alfonso osa
chiedere un appuntamento ad Annetta, per pregarla di lasciarlo in pace. La domanda stessa è
contradittoria e la rinunzia definitiva si accompagna ad un’ultima speranza: Annetta potrebbe
confessare di non essere felice e abbandonarsi a lui e Alfonso in tal caso «non aveva bisogno
di riflettere lungamente al contegno da seguire»94. Però, il desiderio viene ostacolato da un
contrattempo, poiché Annetta non si presenta e invece di essere amato o lasciato in pace
Alfonso viene attaccato dal fratello di lei, che si chiama, appunto, Federico.95
Altri esempi di contrattempi sistematici sono i passi in cui Mme Arnoux scopre di amare
Frédéric quando è appena partito, oppure quando Frédéric vuole dichiararle la propria fedeltà
esattamente quando entra la sua amante, Rosanette. Si accumulano momenti tragici, comici e
soprattutto imbarazzanti. Uno dei culmini del desiderio erroneo si ha quando, sul Corso,
Frédéric sta mostrando Rosanette alla société – a Parigi, bisogna vedere ed esser visti –
93
J. Borie, op. cit., pp. 40-42.
Una vita, p. 390.
95
Il gioco sui nomi è troppo ipotetico per poter funzionare come argomento. Posta però la premessa di un
desiderio analogo, potrebbe risultare interessante notare che il testo sveviano presenta non solo un Federico un
po’ effeminato, vanesio che abita a Parigi, ma anche una Maria (dell’appuntamento mancato), nonché un
Gustavo. Nella creazione della finzione non esiste il caso.
94
39
quando scorge Mme Arnoux in una carozza che passa. Anche Rosanette l’ha vista e la deride
pubblicamente. Frédéric deplora, fino a voler morire, Mme Arnoux perché più che mai
lontana, Rosanette perché presente e soprattutto se stesso:
-Comme vous voudrez, dit Frédéric, qui, affaissé dans le coin de la berline, regardait à
l’horizon le milord disparaître, sentant qu’une chose irréparable venait de se faire et qu’il avait
perdu son grand amour. Et l’autre était là, près de lui, l’amour joyeux et facile! Mais lassé,
plein de désirs contradictoires et ne sachant même plus ce qu’il voulait, il éprouvait une
tristesse démesurée, une envie de mourir.96
Dicendo che il desiderio «si sbaglia» si intende evidenziare il sistema secondo il quale il
desiderio e il suo oggetto si trovano spesso in un rapporto di chiasmo, che è dovuto tanto alla
realtà quanto al desiderio stesso. Un insieme di contrattempi sistematici fa sì che la distanza
con l’oggetto desiderato venga mantenuta. Dall’altro lato, il desiderio è inconsistente e
preferisce il sogno alla realtà, il che si traduce sovente nella sua sparizione, improvvisamente
e in modo inaspettato, quando il possesso dell’oggetto prima desiderato sta per compiersi.
Anche Alfonso soffre di «sbagli» del desiderio sul proprio conto. Le sue aspirazioni e i suoi
sentimenti, tanto pieni quando li medita nella solitudine della sua stanzetta, possono svanire
d’un tratto. Neanche l’ambizione, espressione del desiderio in parte nutrito dalla precarietà
sociale, sfugge a questa legge. Il narratore menziona che «gli era venuta l’ambizione»97,
mentre si saprà ugualmente che una promozione (con cui subentra al posto del disgraziato
Miceni) non gli causa gioia ma spavento. La conquista di Annetta è anche un tentativo
ambizioso (quantunque il narratore non permetta al protagonista di giungere ad una piena
consapevolezza del proprio comportamento ambizioso), però quando lei gli offre un
miglioramento della sua posizione alla Banca, non sembra interessato:
Descrisse le sue occupazioni alla banca e non avendo il coraggio di lagnarsi con la figliuola
del signor Maller del lavoro bancario in generale, si lagnò che ancora non gli si affidava quel
lavoro a cui egli credeva di avere diritto, più intelligente e più libero.
- Vuole che ne parli a papà? - chiese Annetta molto commossa. - Ella infatti avrebbe diritto ai
lavori più difficili.
Egli non aveva preveduto tale offerta che sommamente gli dispiacque.98
Oltre ai contrattempi reali, spesso i protagonisti vengono dunque ostacolati dall’inconsistenza
delle proprie aspirazioni, soprattutto quando prendono la forma dell’amore. Ambedue tentano
di conquistarsi «un amore», però quando questa conquista s’avvicina o si compie, sparisce il
96
Éd. Sent., p. 231.
Cf. infra, nota 76.
98
Una vita, pp. 152-153.
97
40
desiderio stesso. La sparizione del desiderio in momenti cruciali crea un imbarazzo: se la
donna se ne accorge, si rischia di perdere i progressi fatti; va quindi salvaguardata l’apparenza
e perciò i giovani protagonisti ricorrono all’imitazione e alla finzione, per colmare il vuoto
lasciato dalla sparizione improvvisa del desiderio:
Tutta l'attenzione di Alfonso era rivolta ad Annetta. Per quanto in sua presenza non sentisse
desiderî ne era tuttavia preoccupato. Anzitutto era quasi addolorato di non sentirli e cercava di
provocarli; studiava quel volto per vedere di metterci l'espressione della passione che mancava
a far perfetto il suo sogno.
Il fatto si è che, colpito dalla rude lezione che Annetta gli aveva data, egli per il momento non
era affatto travagliato da desiderî. Le baciò le mani ch'ella gli abbandonava e quest'abbandono
non gli dava altro piacere che di sentirsi rassicurato del tutto, ma anche la noia di dover
simulare un grande entusiasmo.99
In altri passi simili dove l’ardore svanisce subitamente e non rimane che freddezza, viene di
nuovo espresso da Alfonso il sentimento di sorpresa, di stupore per i propri sentimenti100.
Inoltre, Frédéric applica lo stesso metodo quando sente il suo desiderio allontanarsi mentre lui
s’avvicina alla donna amata. Al contrario di Alfonso, intorno a Frédéric si muovono tre donne
(quattro, se si conta anche la figliuola Roque), il che facilita la finzione: «si servì del vecchio
amore».
Il se servit du vieil amour. Il lui conta, comme inspiré par elle, tout ce que Mme Arnoux
autrefois lui avait fait ressentir, ses langueurs, ses appréhensions, ses rêves.
Il reconnut alors ce qu’il s’était caché, la désillusion de ses sens. Il n’en feignait pas moins de
grandes ardeurs; mais pour les ressentir, il lui fallait évoquer l’image de Rosanette ou de Mme
Arnoux.101
I passi citati, come i procedimenti dei protagonisti, si assomigliano molto («simulare un
grande entusiasmo» vs. «feigner de grandes ardeurs»). Occorre di nuovo notare come
l’amante facile e mondaine (Rosanette) venga accostata all’amore religioso, ideale (Mme
Arnoux): non importa l’oggetto, il desiderio rimane lo stesso.
Non solo il desiderio, ma anche l’emozione «si sbaglia»: il protagonista non viene colto dai
sentimenti che dovrebbe sentire, per esempio in un momento tragico non prova dolore.
Neanche l’amore per la madre si sottrae al chiasmo e quando la madre muore, si spegne
effettivamente la sua presenza nel testo. Non solo rimane assente nel ricordo di Alfonso dal
99
Una vita, p. 125 (prima cit.) e p. 178 (seconda cit.).
Per esempio i passi alla p. 99 («si scopriva straordinariamente freddo») e alle pp. 153-154 (se ne
meravigliava non sapendo a che cosa attribuire tale freddezza»).
101
Éd. sent., p. 396 (prima cit.) e p. 404 (seconda cit.).
100
41
ritorno in città fino al suicidio, il protagonista non riesce nemmeno a commuoversi davanti
alla tomba della defunta – il che provoca di nuovo sorpresa per il proprio stato d’animo:
La presenza [del notario Mascotti] contribuì a togliere ad Alfonso la commozione. L'aveva
attesa e fu sorpreso di non venirne colto. Stava là immobile dinanzi al monticello di terra nuda,
la tomba della madre, mancante ancora del sasso ch'era stato commesso, e si trovò tanto
freddo che cercò di scusarsi verso se stesso.102
Un altro motivo nella messa in scena del chiasmo del desiderio e dell’emozione è quello del
pianto ambiguo. Come dice Peter Brooks, il desiderio chiastico porta alle lacrime, che si
accompagnano con menzogne relative alla loro causa.103 Vediamo quattro citazioni, due di
ogni testo, in cui il protagonista sta piangendo presso una donna (in Flaubert due volte
Rosanette, in Svevo Annetta e la vecchia Nitti). Il motivo sembra valere non solo per
Flaubert, ma anche per Svevo: quattro volte la donna attribuisce il pianto ad una causa falsa,
inoltre Frédéric non cela le lacrime e mente, mentre Alfonso finge di non piangere:
Era avvilito di doversi scusare come uno scolaretto dove avrebbe voluto poter parlare
altrimenti, e fu tale avvilimento che gli cacciò agli occhi delle lagrime, attribuite da Annetta
alla sua preoccupazione per la salute della madre.
La madre vide ch'egli aveva le lagrime agli occhi.
- Perché piangi?
- Ho bruciore agli occhi, non piango!
Ella tacque e credette ch'egli piangesse al vederla tanto soffrire, mentre egli lagrimava
sognandosi scacciato dalla banca con ingiurie da Maller e da Cellani e vedendosi uscirne col
capo basso sotto il peso di una colpa, ma non quella ch'essi gli addebitavano pubblicamente.104
Vers une heure, elle fut réveillée par des roulements lointains; et elle le vit qui sanglotait, la
tête enfoncée dans l’oreiller.
-Qu’as-tu donc, cher amour?
-C’est excès de bonheur, dit Frédéric. Il y avait trop longtemps que je te désirais.
Et, en songeant qu’il ne la retrouverait jamais, que c’était bien fini, qu’elle était
irrévocablement perdue, il se sentait comme un déchirement de tout son être; ses larmes
accumulées depuis le matin débordèrent.
Rosanette s’en aperçut.
-Ah! tu pleures comme mois! Tu as du chagrin?
-Oui! oui! j’en ai!...
Il la serra contre son coeur, et tous deux sanglotaient en se tenant embrassés.
Mme Dambreuse aussi pleurait, couchée sur son lit, à plat ventre, la tête dans ses mains.105
102
Una vita, p. 309.
P. Brooks, op. cit., p. 204.
104
Una vita, p. 152 (prima cit.) e p. 289 (seconda cit.).
105
Éd. Sent., p. 311 (terza cit.) e pp. 439-440 (quarta cit.).
103
42
Nell’ultima citazione, entrano in rapporto le tre donne desiderate o amate (non c’è Mlle
Roque, che appare a Frédéric soltanto come donna compensatoria). Frédéric sta con
Rosanette, che lo crede sconvolto come lei dalla morte del loro bambino, mentre lui piange
per la donna assente, Mme Arnoux. Nello stesso tempo, piange la terza donna dopo di aver
scoperto che Frédéric ama la donna assente e così il cerchio si chiude.
4. Il bilancio provvisorio: insoddisfazione generale
Si sono mostrate le modalità e le ragioni per le quali i protagonisti sembrano destinati allo
scacco totale. Il desiderio megalomane che nutrono non è in grado di investire la realtà, la sua
costituzione stessa, innestata nel sogno, implica la sua incompatibilità totale con il reale .
Frédéric e Alfonso sono contraddetti da se stessi, dall’inconsistenza delle proprie aspirazioni,
dalle persecuzioni di cui sono convinti di essere vittime e dai contrattempi reali. Aspettando
che il mondo si ponga ai loro piedi, risentono ogni rinvio, ogni tentativo sbagliato come una
delusione. Sono insoddisfatti del mondo e degli altri. Per quanto riguarda la società, i
protagonisti rimangono profondamente insoddisfatti dal contegno degli altri. Non solo perché
gli altri non gli offrono a priori quello che loro si aspettano dal mondo, cioè una
testimonianza della loro eccellenza, ma soprattutto perché la riconoscenza altrui per i benefici
elargiti dai protagonisti risulta sempre troppo scarsa. Tanto Alfonso quanto Frédéric
obbediscono alla massima purtroppo tanto umana secondo la quale altruismo equivale ad
egoismo. Il loro egoismo deriva logicamente dalla convinzione della propria superiorità e
quando apertamente si mostrano altruisti, è soltanto per poter portare il titolo del
«benefattore».
Alfonso s’incarica dell’educazione della figlia Lanucci, in una messa in scena che sembra
parodia del tópos dell’educazione della donna, però lo fa per guadagnarsi la stima della
famiglia e per il piacere di sentirsi parlare (altro colpo contro la tradizione: gli piace
soprattutto tenere discorsi d’introduzione...). La sola remunerazione però, la troverà nelle
parole di «sciocco» e «imbecille», pronunciate da Lucia Lanucci dopo un’ultima sgridata
educativa del precettore, cui manca completamente qualsiasi empatia per gli sforzi della
studentessa inetta.
L’altruismo egoista non sa presentarsi in una forma migliore quale il dono. Di Frédéric, che
vive nell’agiatezza, si potrebbe dire – generalizzando un po’ – che la metà della sua fortuna
serve a pagare le sue vanità, mentre l’altra metà è dispersa come dono, aiuto finanzario al
43
signor Arnoux, in modo che lui e soprattutto la moglie possano continuare a vivere in città. La
riconoscenza, però, non gli sembra granché:
Sa démarche, cependant, méritait mieux. Il s’attendait à une visite, à une lettre tout au moins.
Il ne reçut pas de visite. Aucune lettre n’arriva.106
Anche ad Alfonso piace fare il benefattore (avrebbe voluto avere una vita per sé e una per gli
altri)107, purtroppo gli mancano i mezzi. Quando infine dopo la morte della madre ricava una
certa sostanza dalla vendita della casa natale, vuole consacrare gran parte di essa alla felicità
dei Lanucci, offrendo i soldi al Gralli, a condizione che sposi Lucia, la quale è incinta del
fidanzato. Il narratore svela i moventi del protagonista, che cerca di celarli:
E neppure il giorno appresso nessuno fiatò della generosità di Alfonso né egli provò il bisogno
di parlarne. Non voleva riconoscerlo, ma taceva perché si compiaceva di aumentare la sua
generosità; ogni parola fredda dei Lanucci gli dava un'aspra soddisfazione perché tanto
maggiore sarebbe stata la loro riconoscenza al riconoscere quanto ingiustamente lo avevano
trattato. [...] Sorrise quando dovette confessarsi che ci teneva tanto a quella riconoscenza da
fare delle comedie per accrescerla. Sempre ancora egli si trovava nelle sue azioni in
contraddizione con le sue teorie. Quel desiderio intenso di venir ringraziato e ammirato non
somigliava punto né a serietà né a rinunzia. Continuava ad essere anche vano.
Alfonso provò della delusione al vedere che neppure in quello stesso giorno la gratitudine dei
Lanucci fosse stata tanta da indurli ad attenderlo per salutarlo.108
I benefici dispersi con generosità servono dunque a procurare stima, riconoscenza e
gratitudine ai benefattori. Sfortunatamente, questa riconoscenza sembra loro sempre troppo
tiepida rispetto a quando doveva essere calorosa nella loro immaginazione. L’insoddisfazione
totale che segue allo scontro tra il desiderio e il mondo (degli altri) non può essere sopportato
dai protagonisti. Costituirà invece una specie di forza attiva che spinge gli esseri passivi alla
reazione. Questa reazione mira alla compensazione in qualsiasi modo e formerà il nucleo
argomentativo del capitolo che segue.
106
Éd. Sent., p. 214.
Una vita, p. 180.
108
Una vita, p. 368 (prima cit.) e p. 371 (seconda cit.).
107
44
IV.
I sistemi di rivalsa
Nella logica dei protagonisti, l’insoddisfazione provocata dal fatto che la realtà e gli altri
mancano al «contratto» stipulato dal desiderio va compensata. Non solo si aspettano un
compenso, ma lo cercano anche attivamente, il che significa una rottura con la situazione
statica iniziale. Non completamente però, perché gran parte degli strumenti di rivalsa
rimangono passivi. I due personaggi scappano nel sogno, il sogno inconscio nonché quello a
occhi aperti, dove la psiche offre ai soggetti tutto quello che la realtà nega loro. Dopo la
negazione, il desiderio può confermarsi e fortificarsi oppure mutare, per esempio in un sogno
di creazione. Il compenso può anche essere ottenuto tramite il meccanismo della
concupiscenza retrospettiva, secondo il quale si desidera il ritorno ad un passato
irraggiungibile e idealizzato nel ricordo. Un altro meccanismo di rivalsa applicato da Frédéric
ed Alfonso consiste nel ristabilimento del sentimento di superiorità proprio sul fallimento
subito: dopo uno scacco, i protagonisti abbandonano i tentativi di possesso dell’oggetto
desiderato, convincendosi che il desiderio di un tale oggetto è solo degno di persone inferiori
a loro, sicché il rifiuto stesso dell’oggetto gli conferisce un sentimento di superiorità morale.
Infine, l’insoddisfazione bruciante può anche spingere i protagonisti verso un campo finora
sconosciuto, cioè quello dell’azione.
1. Il sogno
1.1
Il sogno fantastico e a occhi aperti
La propensione al sogno è caratteristica per i giovani letterati, però più per Alfonso che per
Frédéric, disponendo quest’ultimo di più «possibilità» sociali di rivalsa ed essendo perciò più
attivo.109 Fin dall’inizio, i sogni di Alfonso sono descritti come un meccanismo di rivalsa. Il
109
a) Pierre Bourdieu ha analizzato il «campo sociale magnetico» che è la società parigina in cui si muove
Frédéric. Esistono più poli sociali che agiscono sull’oggetto passivo rappresentato dal protagonista. Le forze
magnetiche contrastanti fanno sì che spesso l’oggetto non si muova. Dall’altro lato, uno scacco presso un polo
può rapidamente essere compensato da un altro polo. I poli sociali sono l’ambiente altoborghese-industriale dei
Dambreuse, l’ambiente artistico-medioborghese degli Arnoux e l’ambiente piccolo-borghese-rivoluzionario dei
giovani. L’ambiente stravagante di Rosanette non costituisce tanto un vero polo quanto una zona di passaggio tra
il polo di Dambreuse e quello di Arnoux.
Se lo si sposta dal campo sociale a quello dell’amore, il concetto dei poli magnetici che respingono e attirano il
protagonista aiuta anche a collocare le quattro donne desiderate da Frédéric. Mme Arnoux rappresenta l’amore
45
sogno si presenta così come il lato dorato della realtà squallida. L’appuntamento mancato con
Maria, per colpa della propria timidezza, è compensato da un sogno:
S'addormentò come un bambino, sorridente e coi pugni chiusi.
Sognò fantasticamente di Maria. La riconobbe a certo vestito dai colori vivaci. Gli diceva
ch'ella già sapeva ch'egli all'appuntamento non aveva potuto venire per forza maggiore. Lo
scusava e l'amava.110
Oltre agli elementi ricorrenti già discussi, quali l’immaturità («come un bambino») e la
passività («lo scusava e l’amava»), si constata come nel sogno succede l’esatto opposto delle
vicende reali. La donna capisce e, sopratutto, scusa prima di offrire l’amore. I sogni dei
personaggi sveviani sono stati ampiamente studiati dalla critica, in particolare in chiave
psicanalitica dopo il successo della Coscienza. Anche nel primo romanzo sveviano, la
contrapposizione tra sogno e realtà è palese. Nelle note all’edizione dei «Meridiani», Nunzia
Palmieri rileva l’importanza del sogno (qui citato) come compensazione ai contrattempi della
vita vigile; attraverso di esso, Alfonso riceve in dono l’amore negatogli dalla realtà.111
Gabriella Contini invece insiste sull’aspetto fiabesco, fantastico dei sogni di Alfonso, che da
questo punto di vista somiglierebbe al personaggio fiabesco dal «doppio stato»: povero di
giorno, ricco di notte.112
Anche il sogno del dormiveglia persegue il medesimo scopo di «raddrizzare» l’ingiustizia del
mondo. Grande ingiustizia per Alfonso è ad esempio lo stato precario in cui si trova, stato in
aspro contrasto con la vita che dovrebbe derivargli dalla propria eccellenza di spirito.
Dacché era impiegato, il suo ricco organismo, che non aveva più lo sfogo della fatica di
braccia e di gambe da campagnolo, e che non ne trovava sufficiente nel misero lavorio
intellettuale dell'impiegato, si contentava facendo fabbricare dal cervello dei mondi intieri. [...]
Con questo sangue nelle vene e con quelle ricchezze si imbatteva in Maller, in Sanneo, in
Cellani; naturalmente le parti del tutto invertite. Non era più lui il timido, erano costoro! Ma
egli li trattava con dolcezza, davvero nobilmente, non come essi trattavano lui.113
lirico, divino, Mme Dambreuse quello utile o «ambizioso» e Rosanette simboleggia l’amore facile, giocondo. La
collocazione di Louise Roque è più problematica, la funzione della ragazza è unicamente compensatoria:
Frédéric la «usa» per farsi amare, per compensare il proprio «orgoglio ferito» dagli scacci subiti presso le altre
donne.
cfr. Pierre Bourdieu, «Flaubert analyste de Flaubert. Une Lecture de L’Éducation sentimentale (Prologue)», in
Les règles de l’art – Génèse et structure du champ littéraire, Seuil, Paris, 1998, pp. 19-62.
b) il solo sogno ampiamente descritto di Frédéric non ci pare tanto compensatorio quanto un’espressione del
desiderio inclusivo e frammentato della donna.
110
Una vita, p. 89.
111
Nunzia Palmieri, «Apparati e commento», in Italo Svevo, Romanzo e «continuazioni», edizione critica dei
Meridiani, Mondadori, Milano, 2004, p. 1275.
112
G. Contini, «Prefazione», op. cit., p. XXVII.
113
Una vita, p. 17.
46
Insieme a procurargli quel «sangue turchino di cui abbisognava» (cfr. infra), il sogno sposta la
ricchezza dal lato di colui che la «merita», mentre la vergogna della timidezza colpisce i capi
superbi. La volontà di superiorità morale si esprime nell’ultima frase, dove Alfonso si vede
quasi come un principe antico, che grazia nobilmente i peccatori. Anche se Alfonso dichiara
ad Annetta di voler mettersi al pari dei capi114, in verità vuole mettersi al di sopra di tutti. In
seguito cerca di abbondare lo stato di megalomania per assumere un atteggiamento di rinunzia
ascetica, ma la megalomania ritorna al termine del testo. Quando Alfonso si sente di nuovo
fortemente minacciato dalla realtà, quando crede che Maller lo disprezzi, emerge di nuovo un
sogno in cui il protagonista appare onnipotente e intoccabile:
Dormì profondamente e fece un sogno fantastico come non ne aveva più fatti dalla sua
infanzia. Cavalcava per l'aria su travi di legno, camminava a piede asciutto sull'acqua ed era
signore di un vasto paese. 115
Anche Frédéric si rifugia nel sogno quando incontra ostacoli apparentemente insormontabili,
ad esempio quando sta per rompere la liaison con Rosanette perché non lo soddisfa più e lei
confessa d’essere incinta. Il rovesciamento parodico è totale: proprio come l’apprendista non
può essere maestro (cfr. le lezioni date invano da Alfonso a Lucia), il bambino eterno non può
diventare padre. Oltre a considerare il fatto stesso grottesco, Frédéric scappa immediatamente
nel sogno a occhi aperti, dove vede l’altra incinta:
Cet événement était une calamité, qui d’abord ajournait leur rupture, - et puis bouleversait tous
ses projets. L’idée d’être père, d’ailleurs, lui paraissait grotesque, inadmissible. Mais
pourquoi? Si, au lieu de la Maréchale...? Et sa rêverie devint tellement profonde, qu’il eut une
sorte d’hallucination. Il voyait là, sur le tapis, devant la cheminée, une petite fille. Elle
ressemblait à Mme Arnoux et à lui-même, un peu; - brune et blanche, avec des yeux noirs, de
très grands sourcils, un ruban rose dans ses cheveux bouclants! (Oh! comme il l’aurait aimée!)
Et il lui semblait entendre sa voix: «Papa! papa!».116
Il sogno compensatorio («rêverie») muta l’amore facile compromesso dalla gravidanza in una
scena di felicità perfetta dove la nascita di una bambina ipotetica esprime la somma unione
della coppia amorosa. Si tratta di un’«allucinazione», ben inteso, perché Frédéric non
giungerà mai nemmeno alla volontà di fare l’amore con Mme Arnoux. Il rovesciamento
parodico della paternità di Frédéric si spegne inoltre con la morte del piccolo Frédéric,
qualche mese dopo la sua nascita.
1.2
Fortificazione e mutamento compensatorio
114
Ibidem p. 134.
Ibidem, p. 379.
116
Ed. sent., p. 390.
115
47
A causa della sua negazione, il desiderio può fortificarsi, nella logica secondo la quale una
cosa negata o fuori portata accresce il desiderio. Il possesso dell’oggetto porterebbe allora non
solo all’appagamento del desiderio ma anche al compenso per la negazione. I protagonisti
sono tanto suscettibili al rifiuto subito che talvolta si avvolgono tanto delle attività
compensatorie da dimenticare quasi il desiderio originale. Ad esempio, Alfonso non è mai
tanto ardentemente determinato che quando Annetta lo insulta (cf. infra, i «baciucchiamenti»),
appunto perché al desiderio si aggiunge la volontà di compenso, di vendetta e sarà
quest’ultima a farlo agire, non il desiderio.
Nel caso opposto, il desiderio non si fortifica, ma muta, cioè muta di oggetto. In questo
quadro, conviene ripetere che una delle caratteristiche fondamentali del desiderio
problematico è appunto la sua inconsistenza, la sua impossibilità di centrarsi su un unico
oggetto. Però, il fatto che il desiderio può spostarsi da un oggetto all’altro implica la presenza
di un certa quantità di oggetti e possibilità e i limiti dell’universo romanzesco in cui si muove
Alfonso si traducono nella limitazione degli oggetti concreti desiderati: Annetta, lo studio e la
scrittura e anche il rifiuto filosofico117, cioè la rinunzia al desiderio stesso e alla lotta in cui lo
trascina. In quest’ottica, Frédéric invece è più fortunato, avendo quattro donne da desiderare,
oltre alla fama da ottenere senza dubbio dallo studio, dall’arte e dalla politica. Per questo, il
suo desiderio cambia permanentemente l’oggetto centrale, mentre tutti gli altri oggetti
rimangono presenti sullo sfondo, pronti a ritornare in primo piano. È quasi incredibile la
rapidità con la quale cambia opinione, soprattutto con le donne. Un minimo fattore può
provocare l’abbandono da parte di Frédéric, soprattutto quando gli si presenta un’alternativa
davanti agli occhi:
Arnoux et Mme Arnoux étaient devant Frédéric.
Il eut comme un vertige. Rosanette, avec son admiration pour les soldats, l’avait agacé tout
l’après-midi; et le vieil amour se réveilla.118
L’irritazione momentanea per l’amante basta per far rifiorire il vecchio amore, nel momento
in cui la vede. Non è però sempre Mme Arnoux la donna assente, ideale, desiderata anche
durante rapporti con altre donne (questo, come si vedrà, non è che un lato della storia), poiché
117
Il rifiuto è «filosofico» perché mira alla più profonda abstinazione, come quello degli stoicisti, ma anche
perché il ragionamento con cui Alfonso lo giustifica richiama il pensiero schopenhaueriano, come ha notato G.
Baldi, cfr. G. Baldi, «Una vita: L’intellettuale fra “lotta” e “rinuncia” filosofica», op. cit., pp. 74-82.
118
Éd. sent., p. 371.
48
Frédéric non ha nessun problema ad abbandonarla quando lei non sembra rispondere alle sue
attese:
[S]e repentant vite, il jura qu’il n’avait pas vécu un seul jour sans être ravagé par son souvenir.
- Je n’en crois absolument rien, monsieur.
- Cependant, vous savez que je vous aime!
Mme Arnoux ne répondit pas.
- Vous savez que je vous aime.
Elle se taisait toujours.
«Eh bien, va te promener!» se dit Frédéric.
Et, levant les yeux, il aperçut, à l’autre bout de la table, Mlle Roque.119
Occorre notare che l’ultima citazione proviene dallo stesso passo della penultima. Il desiderio
compensatorio include quindi tre donne in due pagine, Frédéric passa da Rosanette a Mme
Arnoux e da lei a Mlle Roque. L’ultima ragazza, troppo immatura (e infatti troppo simile a
lui, si noti anche la somiglianza tra Louise e Emma) e poco raffinata, non entra mai veramente
in gioco e, dopo qualche pagina, s’impone un’altra donna matura, Mme Dambreuse, oggetto
di un amore «ambizioso». Inoltre, l’intercambiabilità delle donne prova la natura estensiva ed
inclusiva del desiderio, perché passando da donna a donna, Frédéric non tende ad escludere
ma appunto include e, per di più, crede di poter sempre ritornare alle altre, crede di amarle
tutte e vorrebbe infatti averle tutte, poiché nella sua mente sono tutte espressioni della stessa
donna «totale».
1.3
Il sogno di creazione
Il sogno di creazione artistica e letteraria non si colloca completamente all’interno dei sistemi
di rivalsa, perché questo tipo di desiderio non esercita solo una funzione compensatoria:
infatti, come si è visto nel primo capitolo, è anche una conseguenza diretta della formazione
letteraria di Alfonso e di Frédéric, e in questo senso la volontà di mettere in pratica la teoria
assorbita dalle letture fa parte della costituzione dei giovani letterati. Non stupirà nessuno che
le creazioni progettate nell’immaginazione dei personaggi debbano essere magnifiche, in
modo da conferire la massima gloria al creatore, nonché il riconoscimento della loro
superiorità. Si veda il brano già portato ad esempio per la megalomania di Frédéric.120 In parte,
il passo è anche stato riportato dalla Palmieri che, a proposito dell’ambizione di Alfonso,
aggiunge una nota in cui lega il protagonista sveviano a Frédéric Moreau:
119
120
Ibidem, p. 372.
Cf. infra, nota 70.
49
Anche Frédéric Moreau, che immagina di diventare pittore, romanziere o ministro, che
progetta di scrivere una grande opera filosofica o una grande commedia, è un personaggio
dominato da sogni ambiziosi e da aspirazioni velleitarie: «Si sentì sopraffatto da una
straordinaria facoltà di cui ignorava l’oggetto; si domandò sul serio se fosse per diventare un
gran pittore o un gran poeta».121
L’associazione di Alfonso a Frédéric, per quanto riguarda i loro sogni ambiziosi e le loro
aspirazioni velleitarie, ci pare sostenibile, occorre però precisare che, contrariamente a ciò che
si dice nel passo citato, Frédéric non concepisce mai il progetto di scrivere «una grande opera
filosofica»: tra i tanti lavori sognati, ciò che si avvicina il più alla filosofia è una storia
dell’estetica e una storia del Rinascimento. Per quanto riguarda quest’ultimo progetto, non è
chiaro se si tratti di un resoconto di avvenimenti storici oppure di una storia del pensiero, della
letteratura o dell’arte – in verità, sembra essere un po’ di tutto. Nel romanzo di Flaubert, non
si trova neanche un’indicazione di letture filosofiche da parte di Frédéric. Inoltre, il narratore
mette in evidenza che queste due opere «storiche» progettate non risultano neanche dalla
lettura della medesima materia durante la formazione letteraria, poiché la storia dell’estetica è
«résultat de[s] conversations [de Frédéric] avec Pellerin»122, mentre la storia del
Rinascimento non sembra essere il frutto di una qualsiasi preparazione teorica:
Frédéric ne retourna point chez eux; et, pour se distraire de sa passion calamiteuse, adoptant le
premier sujet qui se présenta, il résolut de composer une Histoire de la Renaissance. Il entassa
pêle-mêle sur sa table les humanistes, les philosophes et les poètes; il allait au cabinet des
estampes, voir les gravures de Marc-Antoine; il tâchait d’entendre Machiavel. Peu à peu, la
sérénité du travail l’apaisa. En plongeant dans la personnalité des autres, il oublia la sienne, ce
qui est la seule manière peut-être de n’en pas souffrir.123
La storia del Rinascimento è, appunto, «il primo soggetto che si presentò» al protagonista. Si
noti come al progetto stesso manchi consistenza, poiché Frédéric raccoglie «pêle-mêle» lavori
di umanisti, filosofi, poeti nonché gravure e non è chiaro se sia in grado di capire
Macchiavelli: prova a capirlo. Però, nel passo viene esplicitato l’intento compensatorio del
progetto letterario, che deve distrarre Frédéric dalla sua passione «calamitosa» e infatti, questa
citazione succede a un forte assalto di gelosia di Frédéric, che invidia il signor Arnoux, dopo
di che il protagonista giura di non rivederlo più e neanche sua moglie. In questo caso, il sogno
di creazione proviene quindi direttamente dall’insoddisfazione causata dalla privazione
dell’oggetto desiderato che è Mme Arnoux.
121
N. Palmieri, «Apparato e commenti», op. cit., p. 1270.
Éd. sent., p. 167.
123
Ibidem, pp. 208-209.
122
50
Oltre alle ambizioni «storiografiche», Frédéric sogna anche di essere pittore, romanziere e
poeta, di scrivere drammi e commedie. Ovviamente, sarà un «gran» pittore, un «gran» poeta
oppure il «Walter Scott» della Francia, mentre vuole anche dedicarsi alla musica componendo
valzer tedeschi. Soprattutto importante è la concezione di un romanzo, simile in Svevo:
Il se mit à écrire un roman intitulé: Sylvio, le fils du pêcheur. La chose se passait à Venise. Le
héros, c’était lui-même; l’héroïne, Mme Arnoux. Elle s’appellait Antonia; - et, pour l’avoir, il
assassinait plusieurs gentilshommes, brûlait une partie de la ville et chantait sous son balcon,
où palpitaient à la brise les rideaux en damas rouge du boulevard Montmartre. Les
réminiscences trop nombreuses dont il s’aperçut le découragèrent; il n’alla pas plus loin, et son
désoeuvrement redoubla.124
Alfonso, oltre a progettare «opere maggiori, drammi, romanzi e peggio»125 comincia anche la
stesura di un romanzo in cui all’inizio lui stesso figura come protagonista. Invece di parodiare
il romanticismo banalizzandolo come fa Flaubert, in questo passo Svevo sorpassa le correnti
letterarie per sviluppare un’intero discorso metaletterario, un romanzo nel romanzo che
funziona tanto come eco della trama della vicenda di Alfonso quanto come metariflessione
sulla scrittura in genere.126 Di nuovo importantissimo il dispositivo del sogno: «sognava di
divenire il divino autore che avrebbe riunito in sé tutti quei pregi essendo immune da quei
difetti.»127.
Il primo tentativo concreto di creazione da parte di Alfonso però viene provocato da un
bisogno di compensazione. Poiché intende seguire una cura di «aria aperta», alle ore di studio
nella Biblioteca Civica si sostituiscono delle lunghe passeggiate in montagna. Lo studio in
uno spazio ristretto è incompatibile con il bisogno di aria e libertà e viene perciò sacrificato.
Bisogna però tenere a mente che Alfonso studiava in Biblioteca per compensarsi
intellettualmente delle noie alla Banca. Va cercato quindi un altro compenso per l’intelletto:
Eppure fu precisamente allora che la sua ambizione si concretò nel sogno di un successo.
Aveva trovata la sua via! Avrebbe lui fondato la moderna filosofia italiana con la traduzione di
un buon lavoro tedesco e nello stesso tempo con un suo lavoro originale. La traduzione rimase
puramente allo stato di proposito, ma fece qualche cosa del lavoro originale. [...] Voleva
lavorare, lavorare bene e il successo sarebbe venuto da sé.
Lavorava bene ma lavorava poco. Ricorreva troppo di spesso col pensiero all'opera completa
quando le frasi che ne aveva fatte si potevano contare sulle dita. Così, in sogno, vedeva
aumentati i pregi di quest'opera che perché non ancora fatta non poteva essere stata
danneggiata dalle resistenze della penna. Dopo qualche mese, vedendo che il risultato dei suoi
sforzi era compreso tutto in quelle tre o quattro paginette di prefazione ove prometteva di fare
124
Ed. sent., p. 42.
Una vita, p. 70.
126
Secondo D’Antuono, il romanzo nel romanzo sveviano richiama parodicamente lo scrittore francese Ohnet,
cfr. D’Antuono, «Balzac et Georges Ohnet: due fonti e alcuni aspetti del romanzo Una Vita», op. cit.
127
Una vita, p. 50.
125
51
e di provare ma ove nulla era fatto o provato, venne preso da un grande scoramento. [...] Era
tanto poco che equivaleva ad una rinunzia tacita ad ogni ambizione.128
Poiché gli studi funzionavano come contrappeso alle noie e all’inferiorità sofferta alla Banca,
quando Alfonso smette di studiare si crea un vuoto intellettuale che va di nuovo colmato,
sempre come contrappeso al lavoro bancario. Il narratore ci dice che «fu precisamente allora»
che Alfonso concepisce un progetto letterario concreto, il che è un indizio della
consequenzialità tra il bisogno di compensazione e la concezione del progetto letterario.
Come le grandi opere storiografiche progettate da Frédéric, anche l’opera immaginata da
Alfonso è enorme, si tratta addirittura di un magnum opus che deve fondare la moderna
filosofia italiana. Per di più, analogamente al caso di Frédéric, dopo la gioia della concezione
subentra la noia dell’elaborazione, e Alfonso non progredirà molte pagine oltre la mera
prefazione. Occorre quindi notare che la citazione richiama fortemente il romanzo di Flaubert.
Inoltre, è questo il passo al quale la Palmieri ha aggiunto la nota – a sua volta citata qui sopra
– in cui associa esplicitamente Alfonso a Frédéric, mostrando la somiglianza dei loro sogni
ambiziosi. Però, l’analogia non si ferma lì: l’esclamazione di Alfonso («Aveva trovata la sua
via!») assomiglia moltissimo a quella di Frédéric («Il avait donc trouvé sa vocation!»)129.
Dato il contesto analogo, è fortemente probabile che la frase flaubertiana è stata ripresa quasi
letteralmente da Svevo.
La citazione mostra inoltre esplicitamente il nucleo del desiderio problematico; il desiderio di
creazione, mediato attraverso il dispositivo del sogno, proietta immediatamente l’immagine
mentale della sua più completa realizzazione («Così, in sogno, vedeva aumentati i pregi di
quest'opera che perché non ancora fatta non poteva essere stata danneggiata dalle resistenze
della penna.»), il che spiega perché il lavoro non viene portato a termine: il risultato
dell’elaborazione reale dell’opera non potrebbe mai essere tanto perfetto quanto il risultato
sognato, e perciò, paragonata alla pienezza del sogno, l’opera reale non può che provocare
scoramento (découragement).
2. Concupiscenza retrospettiva
Dall’azione del desiderio sul ricordo del tempo passato nasce un altro sistema di rivalsa, la
«concupiscenza retrospettiva». La nozione deriva dall’Éducation sentimentale ed è stata
ripresa da Peter Brooks, che ne ha fatto il punto centrale della sua analisi testuale. Quando,
128
129
Ibidem, pp. 93-94.
Cf. infra, nota 70.
52
durante una visita al castello e al giardino di Fontainebleau, Frédéric viene assorbito da
un’allucinazione in cui reminiscenze storiche ed eroiche si mescolano ad immagini mitiche,
Flaubert scrive che «Frédéric fut pris pas une concupiscence rétrospective et
inexprimable»130. Secondo Brooks, si tratta di un «desiderio orientato verso un passato
irrecuperabile e dunque condannato al silenzio, bloccato, che dimostra come il desiderio di
Frédéric non possa fungere da motore di un’azione orientata verso il futuro»131. Si intende
adottare la nozione, pur allargando la sua interpretazione (mentre il legame tra desiderio e
azione sarà soggetto del capitolo seguente). La concupiscenza retrospettiva che colpisce
Frédéric e Alfonso sarebbe piuttosto un meccanismo di desiderio orientato verso un passato
vissuto, talvolta recente ma sempre irrecuperabile ed anzitutto idealizzato, addirittura
manipolato.
Questo sistema di compensazione è l’ultima tappa di un processo che potrebbe essere
riassunto così: insoddisfatto, il protagonista cerca di uscire da una certa situazione (o
condizione) iniziale. Il tentativo di miglioramento, come direbbe Greimas, fallisce e il
personaggio di colpo desidera la situazione iniziale, attribuendovi paradossalmente una
connotazione di felicità che non c’era quando questa parte di passato era ancora presente.
Al termine del testo di Flaubert, Frédéric e il suo amico Deslauriers si ritrovano, ventisette
anni dopo l’inizio del racconto. Evocano con nostalgia un’avventura di bordello e concludono
il libro con l’esclamazione ripetuta: «il nostro meglio, lo abbiamo avuto allora!»132. Oltre alla
sua evocazione, l’episodio stesso del bordello non appare nel testo, cronologicamente è
successo prima ancora dell’inizio del racconto. Il giudizio dei personaggi sull’avventura è
molto problematico. Considerando la vita ormai passata come un fallimento, scelgono un
preciso ricordo giovanile per dichiararlo il tempo più felice, tuttavia, a ben vedere quello
stesso fu un fallimento, una frustrazione: Frédéric spaventato dalle donne non osò agire, le
donne risero, il giovane si credette ridicolizzato e scappò, seguito da Deslauriers che aveva
bisogno dei soldi di Frédéric. Oltre a riassumere metaforicamente tutto il romanzo, è un
episodio chiaramente sgradevole per ambedue i personaggi. Si può quindi solo conclurre che
diventa un tempo felice attraverso il ricordo. La concupiscenza retrospettiva opera come
compenso, dopo uno scacco (o qui, una vita di scacchi), puntando il desiderio verso un tempo
passato reso innocuo perché è ormai irraggiungibile.
130
Éd. Sent., p. 351.
P. Brooks, Trame. Intenzionalità e progetto nel discorso narrativo, op. cit., p. 211.
132
«C’est là ce que nous avons eu de meilleur! dit Deslauriers.», Éd. sent., p. 459.
131
53
La concupiscenza retrospettiva agisce ancora più visibilmente su Alfonso Nitti, e vari passi
l’attestano. Rispetto all’Éducation, nel romanzo sveviano il narratore è più presente, poiché
ironizza sovente sul protagonista e ne smentisce sottilmente le parole. Si sa già che Alfonso
alimenta «un culto superstizioso alle memorie della sua prima gioventù»133, essendo infatti i
periodi dell’infanzia e della prima giovinezza segnati dalla presenza del padre, dalla vita in
campagna, da una certa agiatezza e dall’amor proprio del giovane sostenuto dalla madre e non
contraddetto nel piccolo ambito del paese. Il ricordo però si accompagna sempre a una
manipolazione: «Egli viveva solo, sognando dolorosamente il suo paese, e, a forza di
pensarci, trasformandolo»134 (corsivo nostro). Quando Alfonso torna dalla madre in
campagna, in un tentativo di rinunciare ad Annetta ed al desiderio stesso, constata lui stesso
l’azione della concupiscenza retrospettiva sui ricordi:
Il paesaggio non gli dava alcuna sorpresa; se ne era rammentato nei minimi particolari. Di là
dal villaggio vedeva biancheggiare la punta del colle di sassi, una cupola regolare senza case e
senza vegetazione, alla sua destra un piccolo bosco di pini giovani piantato per lottare con una
plaga di sassi. Ma dacché egli era partito il boschetto aveva fatto pochi progressi.
Ebbe una sola sorpresa. Aveva creduto che la sua casa si trovasse più vicina al villaggio; nel
suo desiderio che la madre fosse meno lontana dall'abitato, aveva spostata la casa e la cercò
ove non c'era.135
Occorre notare la voluta contraddizione («non gli dava alcuna sorpresa; [...]. Ebbe una sola
sorpresa.») che mette in rilievo la seconda parte della citazione. Il desiderio (termine
esplicitamente utilizzato nella citazione) sposta addirittura la casa e la realtà provoca stupore
perché non sembra più corrispondere ai ricordi. La contrapposizione «romantica» tra
campagna e città, tra presente e ricordo si dimostra essere una costruzione mentale di Alfonso
quando si vede che anche nel paese Alfonso è escluso dalla connivenza degli altri (cf. infra):
anche lì bisogna servirsi degli altri e farsi usare. Delle amicizie o degli amori giovanili non
rimane granché e Alfonso è accolto bene soltanto perché tutti sperano di beneficare dalla
vendita della casa dopo la morte della madre: dopo la vendita, infatti, viene quasi cacciato
dalla casa e dal paese. Inoltre, il notaio Mascotti, autodichiaratosi amministratore dei beni
della vecchia Nitti, si rivela essere come uno tra i più avari, sospetto provato dal fatto che
presenta ad Alfonso una fattura esorbitante per la «tutela» della madre, e rinforzata dalla
lettera a chiusura del romanzo:
Signor Luigi Mascotti,
133
Una vita, p. 292.
Ibidem, p. 28.
135
Ibidem, p. 256.
134
54
In risposta alla pregiata vostra del 21 corr. vi annunciamo che ci sono del tutto ignote le cause
che spinsero al suicidio il nostro impiegato signor Alfonso Nitti. [...] Il signor Nitti lasciò una
lettera diretta alla signora Lanucci in cui la dichiarava sua erede. La vostra domanda sulla
somma trovata presso il signor Nitti deve quindi essere diretta a quella signora.136
La lettera è una risposta dalla Banca Maller al Mascotti e accenna a una lettera
precedentemente inviata dal notaio alla Banca, che però non è stata trascritta nel romanzo. La
notizia del suicidio di Alfonso ha quindi raggiunto il notaio, che probabilmente cerca di
beneficare dell’avvenimento, poiché la lettera trascritta sembra implicare che la lettera
precendente del notaio («la vostra domanda sulla somma trovata») vertesse sul denaro.
La concupiscenza retrospettiva non implica però nessun allontanamento o distacco spaziale,
ma solo temporale, il meccanismo funziona ovunque, nel senso che la concupiscenza
retrospettiva non dipende da una contrapposizione quale quella tra città e campagna, ma
funziona anche in un medesimo ambito ristretto come quello della stanza di Alfonso, che
costituisce l’esempio che segue.
La stanza che occupa Alfonso dai Lanucci è simbolo della sua precarietà sociale e lui, già
nella lettera iniziale alla madre, se ne lagna: «Basterebbe a rendermi infelice la piccolezza
della mia stanza. A casa la destinerei alle oche!»137. Inoltre, le descrizioni dell’ambiente dei
Lanucci, le conversazioni e le vicende che là si svolgono, rappresentano il côté naturaliste del
romanzo: il padre senza lavoro, il fratello scioperato, i corpi anemici, il desiderio di essere un
po’ più ricchi e quindi «un po’ più buoni»... richiamano la scrittura zoliana a varie riprese e
senza intento parodico, o almeno ci pare. Si tratta quindi di un contesto che rafforza il
sentimento di inferiorità sociale di Alfonso.
La stanza di Alfonso è designata da lui anche come «stanzuccia». Un altro giudizio esplicito
si mostra all’inizio del testo, quando Alfonso scopre la Biblioteca Civica e vi si reca per
riprendere gli studi, considerando la sua stanza come «poco adatta» per questo:
Piccola, a mezzo occupata dal letto, di rado visitata dal sole, era disaggradevole e non era
facile pensare su un tavolinetto rotondo di cui le quattro gambe non toccavano mai
contemporaneamente il pavimento.138
Si osserva che la camera viene giudicata «disaggradevole». La situazione sociale insufficiente
causa insoddisfazione, anche perché la stanza è inadeguata agli studi. La scoperta della
biblioteca risolve il problema degli studi ma rimane l’insoddisfazione per la posizione sociale
e il corrispondente sentimento di inferiorità. Nel frattempo Alfonso comincia a frequentare
136
Ibidem, p. 396.
Ibidem, p. 6.
138
Ibidem, p. 71.
137
55
casa Maller e come si è visto, la frequentazione di Annetta è un’espressione del desiderio di
emancipazione sociale del protagonista (cfr. infra). In seguito, è convinto d’essersi
innamorato della figlia di Maller e persegue la conquista di essa. I moventi per tale conquista
sono molteplici e il protagonisa non è conscio di tutti. Vuole vivere «un amore», perché è un
diritto garantitogli dalla sua superiorità, vuole inoltre vendicarsi su Annetta per la sua
freddezza iniziale. Vuole anche trionfare sulla superbia dei capi e uscire dalla sua condizione
sociale, anche se cerca di convincersi che la ricchezza di lei non gli importa. Quantunque
l’ambizione di Alfonso sia ambigua, la conquista di Annetta corrisponderebbe indubbiamente
ad un miglioramento della posizione sociale di lui.
Il tentativo di conquista è un successo nel senso che lei l’accetta, però il possesso non porta
alla felicità sperata ma a un senso di disgusto e agitazione (cf. supra) e Alfonso lo considera
come un fallimento, infatti, rincasato dopo la notte d’amore il suo giudizio sulla propria
stanza sembra mutato:
Vedeva con tutt'altri occhi la sua stanzetta allegra, ridente per il raggio di sole che, unico nella
giornata, vi penetrava a quell'ora. Ci aveva pur passato delle belle ore! Era stata una felicità
strana, una soddisfazione continuata del suo orgoglio a scoprire qualche debolezza in altrui di
cui egli andava immune, a vedere gli altri tutti in lotta per il denaro e per gli onori e lui
rimanere tranquillo, soddisfatto al sentirsi nascere nel cervello la genialità, nel cuore un affetto
più gentile di quello che di solito gli umani sentono.139
Il fallimento del tentativo amoroso spinge Alfonso al ricordo beato di un periodo
(recentemente) passato che non aveva, come presente, niente di beato. Le «belle ore» non ci
sono mai state. Anche il suo stato d’animo è quindi soggetto alla concupiscenza retrospettiva;
il lettore non può che sorridere leggendo che il tempo degli studi, prima dell’amore, garantiva
«una soddisfazione continuata». Si ritornerà sul gioco costante tra autoanalisi e autoinganno.
Anche Guido Baldi ha notato come cambi il giudizio di Alfonso sulla propria stanza. Parla di
un «idealizzazione nostalgica della vita precedente al tentativo di gettarsi nella lotta per la vita
e di dar la scalata al successo mondano, la vita solitaria dello studioso.»140. Però, considera
solo un esempio concreto, cioè il caso della stanza di Alfonso, e non accenna all’aspetto
sistematico, mentre qui si sostiene che si tratta di un determinato meccanismo di rivalsa,
legato al desiderio problematico, non solo di Alfonso Nitti ma anche di Frédéric Moreau.
3. L’altalena della superiorità e dell’inferiorità
139
140
Ibidem, p. 227.
G. Baldi., «Una vita: L’intellettuale fra “lotta” e “rinuncia” filosofica», op. cit., p. 65.
56
Si è già accennato al fatto che i protagonisti si considerano sempre superiori o inferiori agli
altri e che l’idea di parità per loro non esiste. La pretesa di superiorità deriva dall’insieme
dell’educazione, delle letture e del desiderio stesso, come si è finora cercato di dimostrare. La
percezione o il timore dell’inferiorità invece derivano apparentemente dalla condizione
economica (solo per Alfonso), ma soprattutto dalla timidezza, dalla passività e dalla difficoltà
che provano i protagonisti ad affrontare la realtà e l’ambito sociale. Dipendenti dal loro
desiderio e da impulsi esterni della realtà, i protagonisti alternano continuamente un senso di
superiorità e di inferiorità. Nell’ottica della rivalsa, si può dire che la prima compensa la
seconda, poiché, riaffermata, dopo uno scacco, la propria superiorità morale, non importa più
lo scacco subito. Infatti, se gli altri sono stupidi e imbecilli, ossia degli inferiori, non riuscire a
essere o ad agire come loro non significa un fallimento bensì una fortuna. È questa la
prospettiva di Alfonso quando il possesso di Annetta non porta alla felicità sognata – e in
parte, emerge già dall’ultimo passo citato ( quando si dice che Alfonso sentiva «nel cuore un
affetto più gentile di quello che di solito gli umani sentono»).
Anche dopo il fallimento delle ambizioni politiche di Frédéric, agisce un procedimento simile.
Candidatosi all’Assemblée nationale, cerca invano di farsi sentire durante una riunione
politica, la quale per caso viene diretta da Sénécal, amico di Deslauriers con certe convinzioni
politiche assai radicali, che ama poco Frédéric, tanto che quest’ultimo è messo alla porta. Lo
scacco viene rapidamente compensato dalla riaffermazione della propria superiorità:
Quelle fatale idée que cette candidature! Mais quels ânes, quels crétins! Il se comparait à ces
hommes, et soulageait avec leur sottise la blessure de son orgueil.141
Inoltre, il testo flaubertiano non sembra dare torto a Frédéric, per quanto riguarda il successo
perseguito dagli altri. Come dice Jean Borie, se è un esempio di successo la vita di Martinon,
uno tra i pochi giovani «riusciti», ma grazie all’ipocrisia, alla manipolazione, all’adulazione
costante ed a un matrimonio con una ragazza bruttina, il successo non pare valere la pena e la
nozione stessa di successo non pare aver più senso.142
A questo punto potrebbe risultare interessante una piccola digressione su un tópos
ottocentesco fortemente legato alle nozioni di inferiorità e superiorità, cioè il vestito. L’abito
dei personaggi è la loro carta di visita e l’espressione del loro stato socio-economico. Stefano
Lazzarin, in un contributo critico recente, dedica un’ampia riflessione al tema legato però
141
Éd. Sent., p. 338.
Cf. Borie: «Au sujet de l’échec: il ne serait pas logique de tenir rigueur à Frédéric de ses échecs puisque,
dans la société telle que la décrit Flaubert, c’est le succès qui est un échec; quand les exemples de succès
s’appellent Martinon ou Dambreuse – et il n’en est pas d’autres – l’échec cesse d’avoir une connotation
négative, le mot même n’a plus de sens.» J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 127.
142
57
piuttosto al percorso del Bildungsroman che ai rapporti di superiorità. Lazzarin dimostra con
ragione l’importanza dell’abbigliamento per Alfonso, riferendosi ai romanzi francesi di
Balzac e Maupassant, ma salta stranamente Flaubert, pur nominandolo – all’inizio e in
conclusione del saggio – per la sua influenza sul tópos del Bildungsroman.143 Nel testo
sveviano è molto chiaro il ruolo dell’abito, ancora una volta fin dalla lettera iniziale, in cui
Alfonso si lagna della superbia dei capi altezzosi verso di lui perché «va vestito peggio di
loro». Come indicato da Lazzarin, ritorna poi il tema del vestito nella preparazione
all’ingresso in casa Maller, ma sarebbe ancora interessante paragonare gli abiti di Alfonso a
quelli degli altri. Questo perché la prima descrizione di un personaggio nel romanzo mette in
primo luogo l’accento sui vestiti e sulla differenza tra questi e quelli di Alfonso:
[Miceni] era vestito da persona che può permettersi qualche lusso, acconciato con accuratezza
poi, come il suo tavolo.
Non solo nel vestire Alfonso differiva dal suo collega.144
In seguito, la differenza di vestito tornerà più volte nell’opposizione tra Alfonso e
l’antagonista Macario, fin dal loro primo incontro da cui «ora [Alfonso] sapeva quanto male
egli fosse vestito; il confronto con Macario ne l'aveva reso avvertito.»145. Anche Macario
stesso vi fa cenno succesivamente, in modo apparentemente bonario però non meno
significativo:
-Se qualcuno l'attende ella ha naturalmente ragione di rifiutare, ma se è per il vestito ha torto.
Prima di tutto è pulito e poi ora che Annetta è letterata ama anzi i bohémiens. Venga dunque,
via!146
Non si può ignorare la sfumatura ironica nelle parole di Macario: quando sospetta che
Alfonso rifiuti l’invito per un sentimento di inferiorità a causa del vestito, dichiara che esso è
anzitutto «pulito» e in questo modo non si esprime sulla qualità né sulla moda del vestito in
questione, che associa poi a quello dei bohémiens, gruppo sociale conosciuto per i vestiti
logori e poco raffinati.
A proposito, si può aggiungere che non esiste nella letteratura ottocentesca francese un
vanesio che stimi più il valore di un vestito di Frédéric Moreau. Flaubert descrive quasi ogni
acquisto di un capo di vestiario del protagonista e la gioia che ne ricava. L’acquisto del primo
vestito nuovo coincide d’altronde con il primo invito a cena a casa Arnoux, mentre viene dato
143
Stefano Lazzarin, «Alfonso Nitti e la question du costume. Note su Una vita e la tradizione del
Bildungsroman.», Rivista di letteratura italiana, 2002, XX, 2, pp. 125-152.
144
Una vita, p. 9.
145
Cf. infra, nota 79.
146
Una vita, p. 99.
58
spazio anche all’implicazione sociale dei capi d’abbigliamento attraverso il dettaglio della
differenza tra le scarpe di Frédéric e di Deslauriers:
Une heure après, un troisième individu survint et retira d’un grand sac noir une paire de bottes
vernies, splendides. Pendant que Frédéric les essayait, le bottier observait narquoisement la
chaussure du provincial.
-Monsieur n’a besoin de rien?
-Merci, répliqua le clerc, en rentrant sous sa chaise ses vieux souliers à cordons.
Cette humiliation gêna Frédéric.147
Le differenze tra i vestiti degli amici ritorneranno varie volte ed è emblematico per capire
l’importanza che Frédéric attribuisce all’abbigliamento un momento in cui disprezza l’amico
per la povertà dei panni che indossa.148 Il vestito appare persino in grado di accendere il
desiderio, poiché l’eccitazione di Frédéric per una carriera politica è alimentata appunto anche
dall’abito che portano i deputati del governo:
Les grandes figures de la Convention passèrent devant ses yeux. Il lui sembla qu’une aurore
magnifique allait se lever. Rome, Vienne, Berlin étaient en insurrection, les Autrichiens
chassés de Venise; toute l’Europe s’agitait. C’était l’heure de se précipiter dans le mouvement,
de l’accélérer peut-être; et puis il était séduit par le costume que les députés, disait-on,
porteraient. Déjà, il se voyait en gilet à revers avec une ceinture tricolore; et ce prurit, cette
hallucination devint si forte, qu’il s’en ouvrit à Dussardier.149
Oltre a mostrare quanto importante sia il vestito per Frédéric, nella citazione il narratore
giustappone il desiderio di un cambiamento rivoluzionario al desiderio di un vestito splendido
– ambedue moventi spingono Frédéric ad una partecipazione alle vicende politiche – e quindi
associa la superficialità del secondo desiderio al primo, che viene in questo modo sottilmente
degradato.
Inoltre, conviene notare la nozione di «hallucination», corrispondente al sogno a occhi aperti
di Alfonso. Il fatto che qui è Frédéric a disprezzare il vestito altrui, mentre Alfonso va vestito
peggio degli altri, non indebolisce l’analogia. Tenendo a mente il carattere e il comportamento
di Alfonso finora osservato, si ha ragione di credere che agirebbe analogamente anche se
vivesse nell’agiatezza (infatti Svevo menziona più volte la vanità di Alfonso).
Indipendentemente dalla collocazione sociale dei personaggi, quindi, importa anzitutto
l’importanza attribuita al vestito e il fatto che questo rileva delle differenze socio-economiche.
147
Éd. Sent., p. 63.
«Frédéric le regarda; avec sa pauvre redingote, ses lunettes dépolies et sa figure blême, l’avocat lui parut un
tel cuistre, qu’il ne pût empêcher sur ses lèvres un sourire dédaigneux. Deslauriers l’aperçut, et rougit.» cfr. Éd.
sent., p. 176.
149
Ibidem, p. 326.
148
59
4. L’azione compensatoria
I meccanismi di rivalsa giocano con una forza tale da spingere persino i protagonisti passivi,
quantunque quasi paralizzati dal desiderio, all’azione. L’azione compensatoria può svolgersi
come un banale «dédommagement», come quando Frédéric si regala un pranzo magnifico
all’illustre Café Anglais, dopo una delusione a casa Arnoux – il passo è notato da Borie, che
vi rileva questo sistema compensatorio.150 Più spesso però la compensazione prende la forma
di una vendetta, provocando nel soggetto un desiderio di ferire l’oggetto che il protagonista
crede causa della delusione. Dopo il rifiuto esplicito di Mme Arnoux, già citato per dimostrare
il desiderio compensatorio,151 Frédéric si compensa dello scacco attaccando le opinioni del
marito:
Ensuite, les gens sérieux attaquèrent les journaux.
Arnoux prit leur défense; Frédéric s’en mêla, les appelant des maisons de commerce pareilles aux
autres. Leurs écrivains, généralement, étaient des imbéciles, ou des blagueurs; il se donna pour les
connaître, et combattait par des sarcasmes les sentiments généreux de son ami. Mme Arnoux ne
voyait pas que c’était une vengeance contre elle.152
L’ironia flaubertiana vuole che la vendetta non venga nemmeno notata dalla persona cui era
stata indirizzata, il che aumenta ancora l’amarezza del passo e per di più la vendetta di
Frédéric non si ferma lì. L’amore per Mme Arnoux tornerà, sparirà e ritornerà (cf. supra),
però l’azione compensatoria più significativa da parte di Frédéric è la profanazione del nido
d’amore preparato per Mme Arnoux: lei manca all’appuntamento e la vendetta si compie
attraverso Rosanette: «Alors, par un raffinement de haine, pour mieux outrager en son âme
Mme Arnoux, il l’emmena jusqu’à l’hôtel de la rue Tronchet, dans le logement préparé pour
l’autre»153.
In modo analogo, gran parte delle azioni del protagonista sveviano sembrano dipendere da un
meccanismo di rivalsa. Le visite alla Biblioteca civica nel quadro dello studio iniziano come
compenso dell’«avvilimento» quotidiano alla Banca Maller:
Le cieche obbedienze a Sanneo, le sgridate che giornalmente gli toccava sopportare, lo
avvilivano; lo studio era una reazione a quest'avvilimento.154
150
a) Ibidem, p. 130.
b) «Dans l’adversité, il fait le mort, la souche, ou, s’il le peut, il se dédommage;[...]. De la même manière
[...] il rattrape sa déconvenue en s’offrant un repas splendide e solitaire au Café Anglais, le plus prestigieux des
restaurants parisiens.» cf. J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 132.
151
Cf. infra, nota 119.
152
Éd. sent., p. 373.
153
Ibidem, p. 311.
154
Una vita, p. 70.
60
È però soprattutto nel campo amoroso che Alfonso pone in essere il suo movimento di rivalsa.
La freddezza di Annetta, già rilevata durante la prima visita a casa Maller, spinge infatti il
giovane letterato ad un comportamento di indifferenza furiosa, che al momento di congedo
prova a trasmettere in una stretta di mano.
Ella porse la mano anche ad Alfonso; le due mani si toccarono ambedue inerti e ricaddero.
Vedendola impallidire, Alfonso fu spaventato, ma dopo si sentì soddisfatto di aver trovato il
modo di dimostrare anche lui la sua indifferenza.155
La soddisfazione non durerà, come nella maggior parte dei casi un minimo fattore basta per
squilibrare Alfonso e metterlo in uno stato di agitazione. La frequentazione di Annetta gli
causa talvolta gioia, talvolta disturbo, dipende dai capricci di lei. Ad esempio, un insulto
(quello già menzionato dei «baciucchiamenti»156) induce Alfonso ad abbandonare la passività
accogliendo i consigli di Francesca: conquistare la ragazza con freddezza. È quell’insulto la
spinta all’azione che porterà al possesso.
Bisogna tuttavia osservare che quest’azione, bensì compiuta, non è per niente stabile: Alfonso
non riesce a mantenere la freddezza proposta, ma ogni volta che ricade nelle ardenti
espressioni di amore, Annetta non risponde, il che inasprisce l’insoddisfazione del
protagonista, che giura poi di nuovo di mostrare indifferenza, spinto da una volontà di rivalsa.
A questo punto, non si può quindi concludere che la conquista di Annetta sia il risultato di
un’azione consistente: benché Alfonso arrivi ad un certo compimento, nel senso che possiede
Annetta, l’azione stessa è ambigua, anche perché talvolta Alfonso agisce senza esserne
veramente consapevole, come si vedrà.
Anche Guido Baldi osserva come è l’ambito amoroso quello in cui Alfonso prova ad agire in
modo da ottenere una rivalsa:
[P]roprio attraverso Annetta, per lui, deve passare la sua rivalsa. È questa la spinta
determinante che lo induce a uscire dalla pura attività onirica e a passare all’azione nella
realtà; non solo, ma all’idea di un’affermazione attraverso la gloria letteraria si sostituisce il
progetto concreto di raggiungere il successo attraverso la scalata sociale.157
L’analisi di Baldi però si incentra sull’impotenza sociale e non tiene conto del meccanismo
del desiderio, in sé e per sé considerato, svincolato da un’analisi sociale. Intende pertanto
quell’inferiorità sociale come motore che spinge Alfonso all’azione, mentre riteniamo che
siano precisi e differenziati momenti di rifiuto nel testo che provocano l’azione, non di
155
Ibidem, p. 42.
Cf. infra, nota 86.
157
G. Baldi, «Una vita: L’intellettuale fra “lotta” e “rinuncia” filosofica», op. cit., p. 54.
156
61
necessità connessi al fattore sociale. Occorre ripetere che è evidenziata dal narratore una
grande ambiguità sulla consapevolezza delle aspirazioni alla ricchezza da parte del
protagonista («Aveva delle ambizioni di cui consapevole a pieno non era che quando
sognava.»158). Come già detto, in certi momenti l’ambizione di Alfonso è palese, in altri
momenti la rifiuta. L’ambizione di Alfonso non ci pare perciò tanto consistente da indurlo
all’azione.
I vari meccanismi di rivalsa descrivono un paradigma comportamentale che si estende dal
sogno vero e proprio attraverso l’ambizione e la superiorità verso il campo dell’azione. Dopo
la costatazione di un desiderio problematico, andrebbe rivalutata la causalità che legava il
desiderio all’azione. L’impossibilità del desiderio di investire il mondo può sfociare
nell’impossibilità di un’azione vera e propria? Il capitolo che segue, il quarto, cercherà di
valutare il concetto di azione nei due romanzi studiati.
158
Una vita, p. 17.
62
V.
Dal desiderio problematico all’azione
Quest’ultimo capitolo verte sul concetto di azione nei due romanzi studiati. Si propone di
partire dai meccanismi di rivalsa, evidenziati nel capitolo precedente, per stabilire una
tipologia provvisoria dell’azione nei due testi studiati. Riprendendo da questo nuovo punto di
vista i vari sistemi compensatori, pare che non si tratti sempre dello stesso tipo di azione. Il
sogno inconscio e quello del dormiveglia sono indubbiamente azioni mentali che non si
traducono in un’azione concreta e reale. Il sogno di creazione non si traduce neanche in un
atto concreto: quantunque Frédéric e Alfonso scrivano qualche pagina d’introduzione
dell’opera letteraria progettata, non la elaborano, il risultato è sempre sognato e la creazione
stessa rimane quindi un’azione mentale che non si concretizza nella realtà. La conferma e il
mutamento del desiderio non sfociano neanche in un’azione concreta, poiché si tratta di
meccanismi di rivalsa che fanno parte del desiderio stesso, che, spinto dall’insoddisfazione, si
conferma o cambia l’oggetto. La concupiscenza retrospettiva è per forza passiva, poiché porta
il soggetto alla contemplazione del tempo passato, mentre il rifugio nella superiorità morale ci
pare piuttosto l’adozione di un atteggiamento, più che l’attuazione di un’azione concreta che
si svolge nella realtà. L’azione compensatoria, invece, è un’azione concreta: secondo questo
meccanismo di rivalsa, l’insoddisfazione, proveniente dal fatto che il mondo non risponde al
desiderio megalomane, spinge i protagonisti a un’azione effettiva, spesso di tipo vendicativo,
che si concretizza nel reale e si compie.
La valutazione dei sistemi di rivalsa dal punto di vista dell’azione evidenzia quindi
un’opposizione tra un’azione di tipo mentale, alla quale corrisponde la maggior parte dei
meccanismi, e un’azione di tipo concreto, reale, rappresentato dall’azione compensatoria.
L’analisi svolta in questo capitolo porterà anzitutto su quest’ultimo tipo di azione, percepibile
e effettiva nella realtà. Prima di elaborare la tipologia e di estenderla all’insieme dei testi,
occorre però stabilire ciò che si intende per «agentività».
1. Il campo di azione
Si cercherà di stabilire una tipologia delle azioni nell’Éducation sentimentale e in Una vita,
partendo da un concetto di azione «tipica», chiamata azione «agentiva». La nozione di
«agentività» sarà intesa come «il fatto di agire in modo preparato, voluto, costante e
63
finalizzato». In questo senso, un’«azione agentiva» rappresenta un’azione preparata
consciamente, voluta dal soggetto, costante sull’asse temporale e finalizzata, cioè puntata
verso uno scopo. Questo tipo di azione presuppone un desiderio chiaro, unico, constante e
capace di proiettarsi su un oggetto reale.
Infatti, l’azione definita come «agentiva» corrisponde al concetto di azione proprio agli eroi
preflaubertiani, cioè l’azione «balzachiana», che rappresenta la concretizzazione in un’azione
di un desiderio consistente, il quale funziona come movente in un testo narrativo. Si noti come
desiderio e azione siano strettamente legati secondo gli schemi narrativi tradizionali.
Ritornando ai testi studiati, bisogna osservare, nel nuovo contesto narrativo veicolato dal
desiderio problematico, in quale misura le azioni di Frédéric Moreau e di Alfonso Nitti siano
ancora agentive.
2. Analisi dell’azione nell’Éducation e in Una vita
Stabilita la nozione di agentività, occorre elencare i vari tipi di azioni reperibili nei due testi
studiati. Questi tipi saranno poi analizzati, per constatare in quale misura si tratti di azioni
agentive, ed i risultati di questa individuazione e di questa valutazione costituiranno una
tipologia definitiva dell’azione.
2.1 L’azione compensatoria
Nel primo romanzo sveviano, questo sistema di rivalsa si esprime in varie azioni reali. Nel
capitolo precedente, si è già spiegata la funzione degli studi di Alfonso come contrappeso alle
noie causate dal lavoro bancario. Questi studi sono voluti, preparati e anche costanti e
finalizzati, nel senso che Alfonso si reca alla Biblioteca per studiare e che ogni singola sera
questi studi compensano il lavoro bancario del medesimo giorno.
Ciò nondimeno, ad un certo punto Alfonso abbandona gli studi, che quindi non vengono
sostenuti durevolmente, per dedicarsi ad un’altra azione compensatoria, cioè le passeggiate in
montagna, che, in quanto azione compensatoria, funzionano secondo il medesimo
meccanismo degli studi: ogni singola passeggiata procura appagamento, ma dopo un certo
tempo Alfonso abbandona anche quest’azione compensatoria.
Un’altra azione di rivalsa del protagonista si concretizza nella forma di una vendetta:
l’insoddisfazione causata dall’insulto (cfr. infra) spinge il protagonista all’atto vendicativo,
che si esprime nel trionfo su di Annetta, nel possesso di lei. La vendetta è un’azione concreta
64
e apparentemente agentiva, poiché Alfonso la prepara in modo conscio e voluto, mentre anche
lo scopo, cioè la compensazione, viene raggiunto.
Oltre al fatto che queste azioni non sono sempre sostenute nel tempo (come già detto, la
vendetta si attua attraverso un contegno freddo che però non è stabile), per quanto riguarda
l’agentività il problema è che tutte le azioni compensatorie, come quelle qui portate ad
esempio, anche se si svolgono nella realtà, deviano da questa realtà. L’azione compensatoria
non concretizza nessun desiderio, anzi, è una reazione che si allontana dal desiderio iniziale
del protagonista e perciò il suo compimento non è in nessun modo legato al suo desiderio:
l’azione compensatoria è strettamente connessa all’insoddisfazione, ma sconnessa da un
desiderio originale. Si tratta quindi di un’azione deviata, a posteriori, che avviene sempre in
secondo luogo, dopo un’ insoddisfazione, e in questo modo non si può definirla come
un’azione agentiva.
Anche l’insoddisfazione di Frédéric lo spinge ad agire nella realtà: attacca le opinioni del
signor Arnoux durante una cena, si regala un pranzo magnifico al Café Anglais dopo uno
scacco amoroso e soprattutto possiede Rosanette, però queste azioni compensatorie
presentano la medesima configurazione di quelle di Alfonso: apparentemente, dimostrano una
certa agentività, che risulta poi priva di base, tenendo a mente che anche qui l’azione
compensatoria compie un’operazione di deviazione dalla realtà in cui si muove il desiderio.
Se ambedue i protagonisti aspirano alla rivalsa attraverso il possesso della donna, occorre
però notare che le altre azioni compensatorie di Frédéric sembrano isolate (un attacco, un
pranzo), mentre quelle di Alfonso sono più sistematiche (come lo studio e le passeggiate).
2.2 Lo zelo iniziale
Un’altra categoria raccoglie le azioni preparate e volute ma rapidamente abbandonate dai
protagonisti. In Una vita, il narratore parla del «primo zelo» di Alfonso, che sovente inizia
una nuova azione con molta dedizione ed energia, per poi ricadere nell’inerzia. Lo zelo
iniziale caratterizza non solo il lavoro quotidiano alla Banca, ma anche certe azioni preferite,
come lo studio nella Biblioteca civica:
Sbollito il primo zelo, copiando nella lettera quegl'importi vistosi, Alfonso calcolava quale
minima frazione di ogni singolo gli sarebbe bastata per vivere tranquillo al suo villaggio.
Dopo un'ora al più, la lettura affaticante gli ripugnava, per qualche tempo ancora vi si
costringeva e cessava quando la mente più non afferrava la parola che l'occhio vedeva; usciva
65
non appena deposto il libro e dopo quell'ora passata con gl'idealisti tedeschi, gli sembrava
sulla via che le cose lo salutassero.159
Per quanto riguarda lo studio, occorre notare che la classificazione come azione
compensatoria non esclude la sua presenza in questo contesto, nel senso che anche le azioni
compensatorie sono soggette alla mancanza di una certa costanza agentiva. Inoltre, le fatiche
dello studio mostrano come la mancanza di costanza agentiva non sia esclusivamente legata
alla sfera del lavoro bancario. In seguito, il narratore riflette più volte sul «primo zelo» del
protagonista, cercando di spiegare la sua presenza e assenza. Un’altra citazione, che si colloca
tra i due passi appena citati, mostra un esempio di un tale ragionamento:
Quando ancora lo spingeva il primo zelo per il nuovo lavoro, la noia era minore. L'attenzione
che doveva avere continua, per finire il maggior numero di lettere nel minor tempo possibile,
l'intensità stessa del lavoro lo distraeva, lo stancava come se fosse stato lavoro meno
meccanico. Ma questo primo zelo non rinasceva che per circostanze indipendenti dalla sua
volontà, e il suo lavoro procedeva tanto lento che una buona parte della giornata la passava tra
la lettura delle lettere arrivate per cercarvi quelle che poteva mettere da parte e la disamina
delle carte che nei giorni precedenti aveva lasciato sul tavolo.160
Il passo portato ad esempio mostra esplicitamente come funziona «il primo zelo»: spinge al
lavoro, inizialmente percepito come meno noioso, e l’intensità stessa della dedizione distrae
Alfonso. Il fatto che questo primo zelo, dopo aver abbandonato l’impiegato, ritorna per
«circostanze indipendenti dalla sua volontà», prova anzitutto la spiccata mancanza di costanza
di questo tipo di azione. Inoltre, più spesso lo zelo iniziale non ritorna affatto e in questo
senso la sua riapparizione nell’ambito del lavoro quotidiano potrebbe essere dovuta alla
necessità stessa di lavorare: infatti, Alfonso ha bisogno del lavoro odiato per sopravvivere e,
anche dopo che il primo zelo lo ha abbandonato, deve continuare a lavorare, però lo fa in
modo involontario e poco finalizzato (cioè con scarsi risultati). Solo la necessità stessa del
lavoro bancario permette quindi il ritorno del primo zelo, poiché si ha ragione a supporre che,
se Alfonso avesse libera scelta, avrebbe rapidamente abbandonato questo lavoro per non
riprenderlo mai.
Il problema dello zelo iniziale colpisce anche Frédéric. Infatti, la mancanza di qualsiasi
costanza nelle sue azioni è spiegata da Borie con la pressione del desiderio, come è stato
descritto nel secondo capitolo di questo lavoro:
Les rares entreprises de Frédéric durent peu sans d’ailleurs que leur abandon l’atteigne
beaucoup. C’est qu’elles lui paraissent réalisées aussitôt conçues, par l’action de ce qu’on peut
159
160
Una vita, p. 65 (prima cit.) e p. 71 (seconda cit.).
Ibidem, pp. 68-69.
66
appeler l’omnipotence du désir, la puissance d’hallucination qui lui est propre [...]. Frédéric a
du mal à soutenir un projet prolongé dans le temps.161
Come già detto, il fatto che i progetti letterari (di Frédéric e di Alfonso) vengono concepiti
attraverso il dispositivo del sogno rende impossibile la loro traduzione in un’azione concreta e
reale. Anche qui agisce il «primo zelo», il quale spinge i protagonisti all’elaborazione
dell’opera sognata, che viene però rapidamente e definitivamente abbandonata, di modo che
non si può neanche parlare di una creazione in sospeso, di un «work in progress». Il desiderio
megalomane appare come un motore tanto potente nell’immediato, nell’hic et nunc, quanto
impotente su un asse temporale prolungato. Inoltre, la citazione di Borie rileva chiaramente il
concetto dello zelo iniziale, dicendo che Frédéric prova difficoltà quando deve sostenere un
progetto per un certo tempo.
Anche la partecipazione di Frédéric alle vicende politiche intorno al 1848 illustra bene il
«primo zelo» del protagonista francese. Entusiasmato dall’ambizione di Deslauriers, che
vuole lanciare un giornale politico, Frédéric acconsente a finanzare il progetto e raccoglie i
fondi necessari. Però, ciò prende un po’ di tempo e intanto l’entusiasmo l’ha già abbandonato,
di modo che non rimane che il sentimento d’obbligo di non mancare alla promessa. Quando
arriva poi la somma richiesta, Frédéric la dona agli Arnoux (cfr. infra).
Un altro progetto politico cominciato con piena dedizione e poi abbandonato è la candidatura
per l’Assemblée Nationale, già portata ad esempio per evidenziare uno dei sistemi di rivalsa.
Seguendo i consigli di M. Dambreuse, Frédéric decide di candidarsi, scrive un discorso
politico e si presenta a un club per pronunciarlo. Non riesce però a farsi ascoltare, viene
messo alla porta da Sénécal e questo contrattempo gli fa abbandonare definitivamente
l’esecuzione dei progetti politici, che però rimangono presenti nella forma di propositi.
Nella valutazione di questo tipo di azione, caratterizzata da uno zelo iniziale, sorge un
problema per quanto concerne l’agentività. Le azioni qui elencate sono volute e consciamente
preparate, però manca ogni minima costanza agentiva: i progetti letterari si concretizzano
tanto poco che rimangono piuttosto allo stato di azione mentale, mentre tutte le altre azioni
non perdurano neanche. Quando sparisce lo zelo iniziale, sparisce l’agentività e l’azione viene
abbandonata (molto) prima del suo eventuale compimento. Oltre alla mancata finalizzazione,
la mancanza di costanza costituisce quindi il massimo ostacolo per l’agentività nel tipo di
azione qui discusso.
2.3 La «conquista» della donna
161
J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 131.
67
Si è già accennato al fatto che il progetto della conquista della donna è sostenuto da vari
moventi, tra i quali la vendetta e la volontà di vivere «un amore». Però, quest’azione è anche
la concretizzazione di un’ambizione sociale, soprattutto nel caso di Alfonso ma anche in certo
modo per Frédéric, che desidera Mme Dambreuse proprio per la sua collocazione elevata
nella società.
Per quanto riguarda la conquista di Annetta, si tratta di un’azione certamente voluta (infatti,
Alfonso crede di essersi innamorato di lei), mentre non è chiaro se venga consciamente
preparata (si ricordi l’ambiguità della nozione stessa di ambizione, cfr. infra). L’azione della
conquista però è concretizzata e finalizzata e si attua nel reale, cioè nella forma del possesso
di Annetta da parte di Alfonso.
La conquista di Mme Dambreuse è progettata all’inizio del romanzo e si compie alla fine.
Anche se Frédéric è sorpreso dalla facilità con cui cede Mme Dambreuse, l’azione da lui
voluta e consciamente preparata, si concretizza e risulta nel compimento rappresentato dal
possesso. Ambedue le «conquiste» sembrano prove di vera agentività.
Però, anche qui gioca il problema della costanza: più volte Alfonso cerca di abbandonare il
progetto e di rinunziare alla frequentazione di casa Maller. Inoltre, i progressi che registra nel
corso di questa azione di conquista sono spesso dovuti ad altri fattori, quali l’azione
compensatoria (la vendetta) e l’istinto irrazionale (cfr. supra).
In modo analogo, il progetto di Frédéric manca di costanza: se la conquista di Mme
Dambreuse è progettata all’inizio del testo per compiersi alla fine, il romanzo non è per niente
il resoconto della vicenda amorosa di Frédéric e di Mme Dambreuse, anzi, Frédéric
abbandona rapidamente il progetto di amore ambizioso per l’amore «divino» di Mme Arnoux
o l’amore facile di Rosanette (e la conquista dell’ultima sarà un atto vendicativo contro la
prima).
Inoltre, questa conquista di Mme Dambreuse da parte di Frédéric è molto più passivo di
quanto pensa il protagonista: è stato orchestrato dall’ambizioso Martinon, che agisce per
proprio interesse. Mentre Frédéric crede di perseguire qualcosa, di essersi messo sulla strada
della conquista, non fa che raccattare le «briciole» di Martinon (personaggio balzachiano),
che lascia la conquistata Mme Dambreuse per un matrimonio con la brutta figlia adottiva del
signor Dambreuse. Intuisce che si tratta della figlia illegittima dell’industriale e spinge quindi
Mme Dambreuse, la quale è alla ricerca di consolazione, nelle braccia di Frédéric,
provocando una liaison che non passerà inosservata e che porterà alla diseredazione della
moglie dopo la morte di Dambreuse, il quale lega tutta la sua fortuna alla figlia – e quindi
68
anche a Martinon. Di tutti questi macchinamenti, Frédéric non sa niente (almeno, fino alla
morte di Dambreuse).162
Si noti quindi come la finalizzazione verso uno scopo che viene poi raggiunto non garantisce
un’azione agentiva. Anche se l’azione della conquista della donna è caratterizzata da parecchi
tratti agentivi, nel senso che è concreta e reale, preparata, voluta e finalizzata, manca però di
nuovo di costanza.
2.4 Bilancio dell’analisi
I tre tipi di azione individuati sono tutti e tre concreti e reali, però la loro qualificazione come
azione agentiva rimane problematica, nel senso che manca spesso il tratto agentivo della
costanza e anche quello della finalizzazione. Inoltre, l’azione compensatoria non può essere la
concretizzazione di un desiderio «originale», perché si tratta di un meccanismo deviato di
reazione. Le azioni finora studiate nell’Éducation sentimentale ed in Una vita non
corrispondono quindi mai completamente a questo tipo di azione agentiva come è stata intesa
e rappresentata dalla tradizione preflaubertiana.
3. Il valore del proposito
Nei due testi studiati fiorisce l’azione mentale. Tranne l’azione compensatoria, i sistemi di
rivalsa si sono tutti mostrati come azioni che si attuano nella mente del personaggio. A questo
punto, occorre introdurre un altro fenomeno mentale molto presente nel primo romanzo
sveviano, cioè il proposito. La frequenza considerevole del campo semantico del proposito
(anzitutto dei termini «proporsi» e «proposito») rileva l’importanza della sfera dell’azione
mentale in Una vita.
162
Per quanto riguarda l’amore ambizioso di Frédéric e di Alfonso, Mario Sechi ha individuato un percorso
tematico condiviso andando da Flaubert attraverso Maupassant a Svevo. I libri legati sono L’Éducation
sentimentale, Bel-ami e Una vita. Sechi è infatti il solo critico che ha osservato una certa analogia tematica
sistematica tra questo capolavoro flaubertiano e il primo romanzo di Svevo, anche se si limita al solo tema
dell’amore ambizioso.
Vede nei tre romanzi un’incongruenza che destabilizza il percorso ambizioso accuratamente preparato da
Stendhal e Balzac. A proposito dell’«entrata nella casa della donna», osserva come certe caratteristiche formali
(per esempio la cadenza della frasi) del primo romanzo sveviano rimandano al testo di Maupassant, mentre la
tonalità e la resa penetrante di certe atmosfere sarebbe dovuta all’influenza di Flaubert. Anche su un piano più
generale, lo svolgimento del tema dell’ambizione come chiave di volta dell’azione narrata legherebbe il romanzo
sveviano ai due testi francesi. Sechi considera Frédéric Moreau, come Alfonso Nitti, come un essere distratto
incapace di perseguire qualcosa e nei molti echi crede di vedere un debito vivo di Svevo verso Flaubert, mediato
attraverso Maupassant. Cfr. Mario Sechi, Il giovane Svevo. Un autore «mancato» nell’Europa di fine Ottocento,
Donzelli editore, Roma, 2000, pp. 79-94.
69
Però, il proposito diverge dalle azioni mentali già individuate per la sua completa mancanza di
funzione e di effettività. Infatti, anche se i sistemi di rivalsa non sfociano in un’azione
concreta nel reale, arrivano sempre a un risultato, a un appagamento mentale o
all’affermazione di un sentimento di superiorità, e in questo senso sono funzionali e effettivi.
Il proposito, invece, non porta a nessun appagamento o risultato, né reale né mentale, viene
concepito per essere abbandonato immediatamente dopo la concezione:
Con una scusa qualunque, anzi procurando di non farla credibile, si sarebbe astenuto dal
rimettere più piede in casa Maller. Erano quelle visite che lo avevano fatto deviare dai suoi
propositi ferrei di lavoro continuato e senz'accorgersene l'ambizione, nata in lui da poco,
andava mutandosi in vanità, il desiderio di venir tenuto da più di quanto non fosse.
Gli parve di essere già ritornato alla serietà di propositi che aveva avuta altre volte quando era
frequentatore assiduo della biblioteca civica, ma col pensiero ricorreva alla casa donde usciva
e sognava scene in cui veniva scongiurato di ritornarci.
Ci ritornò senz'esserne pregato, unicamente perché alla mattina del mercoledì Macario
passando gli aveva gridato:
- A questa sera, eh!163
L’azione che Alfonso si propone qui è il rifiuto di continuare le visite a casa Maller. Si
potrebbe ipotizzare che non si tratti di un proposito bensì di un’azione di rifiuto perché viene
posto in atto per sei giorni interi, però si deve tenere a mente che, nel momento in cui è
espresso il proposito, la frequentazione di casa Maller da parte di Alfonso è di tipo
settimanale. Si propone quindi di rinunciare alle visite, ma ritorna immediatamente quando ve
lo si aspetta.
Si noti anche l’ironia con la quale il narratore parla di «propositi ferrei» e «serietà di
propositi», mentre Alfonso abbandonerà i progetti «senz’esserne pregato». Si propone infatti
moltissime azioni, di cui pochissime verranno portate a compimento. Il proposito si fa in ogni
sfera tematica, da quella lavorativa («Si propose di fare ordine sul suo tavolo ma rimase là
inerte, seduto a sognare.»)164 a quella amorosa:
Questi conati all'amore avevano sempre il medesimo risultato. La sua timidezza vinceva i
propositi fatti con la maggior risolutezza e bastava un gesto di ripulsa dell'aggredita od anche
meno, lo sguardo indiscreto di qualche passante, per farlo desistere.165
Il narratore sembra insistere sulla debolezza dei propositi, anche questa volta ironicamente
descritti come «fatti con la maggior risolutezza», dicendo che spesso non occorre che un
163
Una vita, p. 130.
Ibidem, p. 17.
165
Ibidem, p. 74.
164
70
minimo fattore per indurre il protagonista a lasciarli. Basta un gesto oppure uno sguardo,
come presso Annetta:
Una sera la trovò sola, e quando egli, già turbato profondamente dalla combinazione insperata,
si accingeva a mettere in atto un suo proposito ardito, ella gli lanciò delle parole brusche che
fecero su lui l'effetto di una doccia d'acqua fredda.166
La negazione immediata del proposito avviene con la regolarità di un ritornello in Una vita,
come se il narratore volesse mettere in evidenza lo scarto enorme tra i propositi e la loro
realizzazione. Sovente, il proposito è esplicitamente negato, tramite una congiunzione, nella
frase stessa in cui viene espressa o nella frase seguente:
Alfonso si era proposto di esporre lo stato delle sue cognizioni, ma non ne ebbe il coraggio.
Poi se ne andava a casa e ancora a cena aveva talvolta il proposito di passare la notte su
qualche libro, ma la stanchezza lo vinceva e dormiva le nove, dieci ore di sonno tranquillo,
benefico tanto che non sapeva averne rimorso.
Quando veniva costretto a nominare Annetta, Alfonso cribrava ogni parola prima di emetterla
e con una disinvoltura ch'egli stesso sentiva eccessiva e da cui doveva trasparire l'affettazione
ne parlava come se l'avesse vista poche volte in sua vita. [...] Ma quando gli si parlava di
Fumigi, neppure la parola voleva più ubbidire al suo proposito d'indifferenza.
Voleva ora ritornare alle sue abitudini da puritano, a quell'ideale di lavoro e di solitudine che
nessuno gli contendeva. Quella era la felicità. L'abitudine e la regolarità gliela dovevano dare.
Ma quando si trovò con Annetta, [...] egli dimenticò questi propositi.167
Per altri personaggi invece, il legame tra proposito ed azione sembra causale e non
problematico. Secondo l’avvocato Macario, bisogna saper «afferrare la preda», mentre
Annetta spiega ad Alfonso che se nella vita si vuole qualcosa, bisogna sapersela acquistare.
Insomma, nella logica di altri personaggi, una volontà porta ad un proposito, il quale porta poi
all’azione. In un certo momento, l’avvocato Macario, noto misogino, racconta ad Alfonso una
storia dalla quale traspare chiaramente il legame tra desiderio, proposito e azione:
- Certo che un uomo che avesse del sale in zucca non sposerebbe Annetta. Conosce le novelle
di Franco Sacchetti? Merita di leggerle, se non tutte, una, indimenticabile: Un frate viene
ospitato in una casa ove vede il suo ospite troppo debole, maltrattato dalla moglie. Il frate,
nell'ira fa il voto, per poterla castigare, di sposare quella donna se le circostanze glielo
permettessero. Infatti capita il malore, muore il marito e muoiono tutti gli altri frati del
convento che viene sciolto. Il frate compie il suo voto, sposa la donna e come propostosi la
bastona di santa ragione.168
166
Ibidem, p. 177.
Ibidem,p. 63 (prima cit.), p. 93 (seconda cit.), p. 160 (terza cit.), pp. 168-169 (quarta cit.) [grassetto nostro].
168
Ibidem, pp. 45-46.
167
71
Questo esempio comico mostra inoltre il disprezzo di Macario per Annetta. L’ironia è doppia:
oltre al fatto che questo tipo di agentività è diametralmente opposta alle azioni di cui sembra
capace Alfonso, Macario illustra con la storiella l’opinione che non vale la pena di sposare
Annetta, mentre sarà lui stesso il futuro sposo della ragazza. Inoltre, lo si sa abbastanza
calcolatore ed ipocrita per sospettare che l’avvocato abbia già progettato il matrimonio prima
di enunciare queste parole.
In Una vita, il proposito di Alfonso è quindi un’attività mentale senza funzione, poiché,
contrariamente alle azioni mentali, non procura nessun appagamento reale né mentale. La sua
frequenza elevata nel romanzo sveviano, la sua opposizione ai propositi di altri personaggi e il
fatto che il narratore spesso mette in evidenza lo scarto tra il proposito e la sua traduzione in
atto, rinforzano invece il sospetto che una vera agentività da parte del protagonista sia
problematica.
La presenza del proposito nell’Éducation sentimentale è più difficile da reperire perché il
testo, per mancanza di autoanalisi del protagonista e apparente neutralità del narratore, è più
implicito e non esiste un campo lessicale ampiamente diffuso di «propositions». Ciò
nondimeno, indicazioni del valore del proposito ci sono:
Il se donna jusqu’à la rue de Richelieu pour déclarer son amour. Mais, presque aussitôt, devant
un magasin de porcelaines, elle s’arrêta net, en lui disant:
- Nous y sommes, je vous remercie! A jeudi, n’est-ce pas, comme d’habitude?
Il avait envie de partir. La peur de sembler lâche le retint.
Frédéric jugea leur adieu une dernière moquerie. Il était déterminé à ne jamais revenir dans
cette maison, à ne plus fréquenter tous ces gens-là.169
I propositi di Frédéric non vengono quindi presentati esplicitamente come tali, mentre la
scrittura implicita flaubertiana – che elimina consciamente i connettivi che esprimono
l’articolazione logica – non accentua neanche in modo sistematico uno scarto tra i propositi e
la realtà. Ciò nondimeno, talvolta la semplice postposizione di due frasi brevi, come nel caso
della seconda citazione, provoca il medesimo effetto. Spesso i propositi non vengono
immediatamente negati, come nel caso della terza citazione, in cui Frédéric esprime la sua
determinazione a non ritornare più ai Dambreuse, però un lettore consapevole si ricorda
sorridendo di questo proposito quando legge, più avanti, che Frédéric diventerà l’amante di
Mme Dambreuse e da lei passerà ogni giorno.
169
Éd. sent., p. 87 (prima cit.), p. 264 (seconda cit.) e p. 266 (terza cit.).
72
I rapporti tra Frédéric e Mme Arnoux permettono di cogliere numerosi esempi del proposito
«in atto». Infatti, quantunque espresso e talvolta reciproco, l’amore tra di essi rimarrà sempre
allo stato di proposito, non condurrà mai a un’azione (se non a quella compensatoria,
vendicativa contro di lei). Inoltre, è nell’ambito di questi rapporti che il narratore commenta il
legame tra desiderio e azione:
[I]ncapable d’action, maudissant Dieu et s’accusant d’être lâche, il tournait dans son désir,
comme un prisonnier dans son cachot.170
La citazione mostra che Flaubert, come Svevo, è molto conscio della forza paralizzante con la
quale il desiderio opprime il soggetto. La metafora del desiderio come prigione castrante
l’azione è molto pertinente. Un altro proposito smentito rivela un raro commento del narratore
sulla personalità del protagonista:
Frédéric se sentait tout joyeux de vivre; il se retenait pour ne pas chanter, il avait besoin de se
répandre, de faire des générosités et des aumônes. Il regarda autour de lui s’il n’y avait
personne à secourir. Aucun misérable ne passait; et sa velléité de dévouement s’évanouit, car
il n’était pas homme à en chercher au loin les occasions.171
Il desiderio di generosità porta Frédéric al proposito di fare l’elemosina a un qualsiasi
mendicante. Quando non ne trova nessuno, Flaubert scrive che svanisce la «velléité de
dévouement» di Frédéric, il che significa che non solo il suo desiderio, ma anche la sua
dedizione, cioè la costanza agentiva, è soggetta alla velleità. Borie ricorre alla stessa citazione
per sostenere che Frédéric non abbia niente di agentivo, sarebbe persino passiva la sua
generosità.172 Inoltre, questo giudizio viene messo in evidenza dall’ultima frase, che dice che
Frédéric non era «il tipo di uomo che va alla ricerca di occasioni».
Il eut d’abord l’idée de se présenter souvent, pour marchander des tableaux. Puis il songea à
glisser dans la boîte du journal quelques articles «très forts», ce qui amènerait des relations.
Peut-être valait-il mieux courir droit au but, déclarer son amour? Alors, il composa une lettre
de douze pages, pleine de mouvement lyriques et d’apostrophes; mais il la déchira, et ne fit
rien, ne tenta rien, - immobilisé par la peur de l’insuccès.173
Frédéric desidera farsi notare da Mme Arnoux e progetta quindi l’acquisto di quadri dal
negozio degli Arnoux, la scrittura di alcuni articoli e infine appunto una dichiarazione
d’amore. Solo il terzo proposito è problematico, nel senso che induce Frédéric a scrivere una
lettera, ma il narratore sembra voler mettere in evidenza come nessuno dei propositi porti ad
170
Ibidem, p. 89.
Éd. Sent., p. 156.
172
J. Borie, Frédéric et les amis des hommes, op. cit., p. 139.
173
Éd. sent., pp. 40-41.
171
73
un risultato effettivo, concreto e reale: Frédéric straccia la lettera, non dichiara il suo amore e
il narratore scrive che «non fece niente, non tentò niente, – reso immobile dalla paura
dell’insuccesso». Si noti la ripetizione della negazione «ne...rien», che sembra confermare che
Frédéric non agisce in nessun modo.
Nel romanzo flaubertiano, il legame tra agentività e desiderio problematico viene esplicitato
in una battuta generica del narratore, che però sembra portare anzitutto su Frédéric:
L’action, pour certains hommes, est d’autant plus impraticable que le désir est plus fort. La
méfiance d’eux-mêmes les embarrasse, la crainte de déplaire les épouvante; d’ailleurs, les
affections profondes ressemblent aux honnêtes femmes; elles ont peur d’être découvertes, et
passent dans la vie les yeux baissés.174
Il passo elenca varie ragioni per le quali il protagonista rimane nella passività: è imbarazzato
dalla propria inconsistenza e spaventato dalla paura di non piacere, mentre anche la profondità
dei suoi sentimenti lo indurrebbe a nasconderli. Però, la frase più importante, si direbbe
persino di importanza capitale, è questa: «L’action, pour certains hommes, est d’autant plus
impraticable que le désir est plus fort». La frase evidenzia un nuovo patto tra desiderio e
azione: l’intensità smisurata del desiderio problematico risulta nell’impraticabilità dell’azione
e nell’impossibilità di agentività da parte di personaggi travagliati da un tale desiderio, come
Frédéric Moreau e Alfonso Nitti.
In un primo momento, si è osservato quindi il fallimento dei propositi quando devono tradursi
in azioni, il che si spiega col fatto che non sono sostenuti dal desiderio «tipico»
dell’agentività, per come è stato descritto: il proposito non è espressione di un desiderio
consistente e quindi non può concretizzarsi in un’azione agentiva. In un secondo momento, si
è constatato un legame diretto tra apparente impraticabilità dell’azione e desiderio
problematico, il che ci porta a considerare l’adozione del proposito al posto dell’azione
agentiva come una conseguenza logica del passaggio al desiderio problematico
dall’ambizione reale (espressione di un desiderio consistente).
4. Rovesciamento parodico: il non-proposito porta all’azione
Il narratore sveviano non teme di mostrarsi ogni volta che gli si offre la possibilità di smentire
il protagonista, di correggerlo e di beffarsi di lui. Questo gioco ironico continua persino su un
piano strutturale. Da un lato, il narratore accentua lo scarto tra i propositi di Alfonso e la loro
esecuzione, dall’altro si diverte a mettere in rilievo come le sue azioni comportano sempre
174
Ibidem, p. 193.
74
qualcosa di inaspettato, di involontario. Il rovesciamento parodico si esprime chiaramente nel
percorso della conquista di Annetta, poiché ogni volta che Alfonso registra un progresso
grazie ad una sua azione, l’azione stessa appare inconsistente. La prima azione del percorso
amoroso è il bacio sulla mano:
La decisione non era presa ch'egli per un movimento quasi involontario aveva poggiato le sue
labbra su quella mano. Sentì il contatto di quella carne vellutata e se ne rammentò più tardi;
per allora, spaventato del proprio ardire, non sapendo come riparare, tentava di prendere
l'aspetto indifferente come un bambino quando vuole che di una propria cattiveria venga data
la colpa ad altri.175
Oltre al fatto che l’azione compiuta provoca spavento e mette in rilievo l’immaturità di
Alfonso, badiamo al commento sulla sua preparazione: si dice che «la decisione non era
presa» e che «un movimento quasi involontario» lo spingeva. Il passo che precede la citazione
ci comunica paradossalmente che Alfonso si era proposto di non agire quella sera: Macario
gli aveva consigliato di osare agire con le donne e Alfonso aveva rifiutato credendo che nel
consiglio dell’amico antagonista si celasse un inganno. Si costata quindi come il proposito
della non-azione porti ironicamente all’azione.
Ella si mise a ridere, ma avvicinò la sua alla testa bruna di Alfonso e nessuno dei due avrebbe
saputo dire come fossero giunti per la prima volta a baciarsi sulle labbra. Egli lo aveva
previsto tanto poco, che cessato il contatto gli parve di non averne sentito tutta la felicità che
avrebbe dovuto e tentò di rifarsi in un secondo bacio.176
La seconda tappa è il bacio sulla bocca. Questo bacio, che ci pare un’azione assai importante
nella
conquista
della
donna,
avviene
quasi
inconsapevolmente.
Per
rinforzare
l’inconsapevolezza, l’involontarietà e la mancanza di preparazione, il narratore aggiunge che
Alfonso «lo aveva previsto tanto poco» da nemmeno poterne godere. Si noti inoltre la forza
del desiderio che esige che il mondo risponda («tutta la felicità che avrebbe dovuto»). Il
tentativo voluto del secondo bacio, già, fallisce.
La terza azione è ben più ardita della precedente, anche se nessuno potrebbe dire con
esattezza che cosa succede tra Alfonso e Annetta sul divano, perché non è descritto. Si sa
soltanto che «la costrinse bruscamente, frettoloso e brutale» a un’azione che «in apparenza
almeno fu un furto, un tradimento». Vera agentività, se non per la frase che segue:
Ritornando in sé percepì di nuovo l'odore intenso di colla che regnava in quella stanza ove gli
sembrava di ritornare dopo una lunga assenza.177
175
Una vita, pp. 156-157.
Ibidem, p. 172.
177
Ibidem, p. 221.
176
75
La frase presuppone uno stato di alterazione che porta all’azione, dopo la quale Alfonso
ritorna in sé come «dopo una lunga assenza». La notte d’amore che segue a questo atto è
ancora meno prevista da Alfonso, che si aspetta dei rimproveri quando è trattenuto da
Annetta.
Queste tre citazioni dimostrano dove risiede l’ambiguità nell’azione della conquista della
donna. L’agentività «di allora» non è soltanto ridotta al mero proposito, le scarse azioni
compiute sembrano involute, non preparate ed eseguite in uno stato di dementia.
Lo stile implicito e meno mediato di Flaubert rende difficile l’indagine su un rovesciamento
parodico simile nell’Éducation sentimentale. Certo, anche l’autore francese ironizza
ferocemente sui personaggi, però la sua ironia è tanto mordente quanto ambigua, nel senso
che è talmente sottile che sovente, non si sa chi parla o cosa è il senso di ciò che viene detto.
Non si sono trovati perciò indizi dell’esistenza di un sistema analogo di un non-proposito che
porta all’azione nell’Éducation sentimentale, ma ciò non indebolisce le analogie finora
dimostrate.
5. Il rifiuto
Un ultimo tipo di azione andava trattato a parte e poteva soltanto essere valutato qui, al
termine di questo lavoro. La chiusura dei due romanzi studiati è preparata da un rifiuto finale
dell’oggetto inizialmente desiderato da Frédéric e da Alfonso, cioè la donna. L’analisi di
quest’azione verte non solo sul grado di agentività che dimostra ma anche sul suo legame con
la chiusura stessa dei romanzi. Infatti, ambedue i protagonisti sembrano voler legare questo
rifiuto dell’oggetto desiderato al rifiuto del desiderio stesso. Una tale uscita dal sistema del
desiderio problematico significherebbe un’emancipazione totale dei protagonisti, un trionfo
sul proprio condizionamento nonché una liberazione dalla struttura narrativa stessa.
Esaminando questi rifiuti rispettivi di Frédéric e di Alfonso, si tenterà in un primo momento
di giungere ad una valutazione del rifiuto nei termini di agentività, dopo di che andrà
osservato se il rifiuto della donna equivalga a un rifiuto del desiderio tout court.
5.1 Il «refus» di Frédéric Moreau
5. 1.1. Valutazione dell’agentività del rifiuto di Frédéric
76
Tenendo conto della passività del protagonista, il termine dell’Éducation sentimentale registra
una quantità considerevole di avvenimenti e di azioni. Frédéric rompe con Rosanette, rompe
con Mme Dambreuse, parte per la campagna, ritorna in città e parte di nuovo. Quest’ultima
partenza chiude «il tempo presente» del romanzo, che terminerà davvero nella rievocazione
del tempo passato, sedici anni più tardi.
Frédéric vuole già rompere con Rosanette quando lei confessa di essere incinta.
L’avvenimento postpone la rottura, che però, con l’andamento del tempo, si prepara sempre di
più. Quando lei mette al mondo il loro figlio, il solo sentimento che prova Frédéric per il
bambino è ripugnanza. In seguito, la maternità cambia l’amante, degradandola agli occhi di
Frédéric:
Elle mentait à son rôle enfin, car elle devenait sérieuse, et même, avant de se coucher, montrait
toujours un peu de mélancolie, comme il y a des cyprès à la porte d’un cabaret. [...] – et, à
mesure que le fond même de sa personne l’agaçait davantage, un goût des sens âpre et bestial
l’entraînait vers elle, illusions d’une minute qui se résolvaient en haine.
Ses paroles, sa voix, tout vint à lui déplaire, ses regards surtout, cet oeil de femme
éternellement limpide et inepte. Il s’en trouvait tellement excédé quelquefois, qu’il l’aurait vue
mourir sans émotion.178
Frédéric constata come la personificazione dell’amore giocondo e facile diventa seria e non la
sopporta più, quantunque si senta sempre attirato verso di lei, però unicamente in modo
carnale, mentre comincia ad odiarla. L’ultima frase della citazione evidenzia la sua volontà di
disfarsi di lei: l’avrebbe veduta morire senza problemi. In seguito avviene la morte del piccolo
Frédéric, sfortunato avvenimento che però non sembra attristare il protagonista. In questo
momento, Frédéric non ha ancora lasciato Rosanette, il che potrebbe essere un indizio di
passività, di incostanza agentiva, mentre l’attesa può anche essere dovuta al fatto che il rifiuto
si sta sempre preparando. Infatti, non ci sono ragioni per non credere che Frédéric aspetti il
momento giusto, che infine arriva: Frédéric sospetta che Rosanette sia responsabile dell’asta
dei beni degli Arnoux, avviene una discussione a proposito di Mme Arnoux, dopo di che
Frédéric lascia Rosanette:
Ça prouve ton bon goût! Une personne d’un âge mûr, le teint couleur de réglisse, la taille
épaisse, [...].
Puisque ça te plaît, va la rejoindre!
- C’est ce que j’attendais! Merci! [...].
- Écoute-moi!
Frédéric se retourna.
- Si tu me connaissais mieux, tu saurais que ma décision est irrévocable!
- Oh! oh! Tu me reviendras!
178
Éd. sent., pp. 422-423.
77
- Jamais de la vie!
Et il fit claquer la porte violemment.179
Si noti la determinazione di Frédéric: è proprio lui che decide di rompere e che se ne va, per
non ritornare. Questo rifiuto è un’azione indubbiamente agentiva, poiché è voluta, preparata
consciamente nel tempo, costante e finalizzata. Quando arriva il momento giusto, il
protagonista non esita, non dubita e parte. Anche se appare una sfumatura ironica nel giudizio
di Frédéric sulle proprie decisioni, qualificate come irrevocabili, questa volta Frédéric ha
ragione: ha compiuto un atto agentivo irrevocabile.
La successiva azione compiuta da Frédéric è il rifiuto di Mme Dambreuse, l’altra amante.
Quando gli giunge la notizia della diseredazione di lei (cfr. infra), prova una forte delusione,
ma non vuole lasciarla. Occorre notare che le amanti di Frédéric perdono ambedue l’aspetto
per il quale lui le desiderava: come Rosanette diventa seria, Mme Dambreuse subisce una
degradazione sociale ed economica. Però, nel periodo in cui Frédéric frequenta
simultaneamente Mme Dambreuse e Rosanette, e quando prepara già la rottura con Rosanette,
non esprime ancora l’intento di lasciare anche l’altra, quantunque il narratore descriva come
la relazione di Frédéric e Mme Dambreuse subisca delle incrinature:
[M]algré cette union chaque jour plus grande, tout à coup des abîmes se découvraient entre
eux, à propos de choses insignifiantes, l’appréciation d’une personne, d’une oeuvre d’art. [...]
Son spiritualisme [...] ne l’empêchait pas de tenir sa caisse admirablement. Elle était hautaine
avec ses gens; ses yeux restaient secs devant les haillons des pauvres. Un égoïsme ingénu
éclatait dans ses locutions ordinaires: «Qu’est-ce que cela me fait? je serais bien bonne! est-ce
que j’ai besoin!» et mille petites actions inanalysables, odieuses. [...]
La perte de son héritage l’avait considérablement changée.180
Frédéric trova anche quest’amante alterata: scopre la sua avarizia, la sua altezzosità, la sua
indifferenza, il suo egoismo... Si può dunque supporre che non nutra più sentimenti di affetto
per lei, sospetto rinforzato dal testo, che non offre esempi del contrario. Rispetto alla rottura
con Rosanette, l’azione del rifiuto di Mme Dambreuse è meno preparata nel tempo ma sempre
voluta e consistente: la coppia assiste all’asta, da lei organizzata per vendicarsi su Mme
Arnoux, dove si accresce il dolore di Frédéric, forzato a contemplare la profanazione
dell’amore divino attraverso la vendita pubblica dei mobili di lei. Quando Mme Dambreuse,
che cerca sempre la vendetta, tenta di acquistare lei stessa i mobili, Frédéric la prega di
rinunciarci, però lei rifiuta, dopo di che Frédéric la lascia:
- Mille francs, messieurs, mille francs! Personne ne dit rien! bien vu? mille francs! – Adjugé!
179
180
Ibidem, p. 443.
Ibidem, pp. 421-422.
78
Le marteau d’ivoire s’abattit.
Elle fit passer sa carte, on lui envoya le coffret. Elle le plongea dans son manchon.
Frédéric sentit un grand froid lui traverser le coeur.
Mme Dambreuse n’avait pas quitté son bras; et elle n’osa le regarder en face jusque dans la
rue, où l’attendait sa voiture.
Elle s’y jeta comme un voleur qui s’échappe, et, quand elle fut assise, se retourna vers
Frédéric. Il avait son chapeau à la main.
- Vous ne montez pas?
- Non, madame!
Et, la saluant froidement, il ferma la portière, puis fit signe au cocher de partir.181
Durante tutto il tempo trascorso all’asta, Frédéric si prepara gradualmente, prima prega Mme
Dambreuse di desistere dell’acquisto, quando lei rifiuta decide di lasciarla. Il punto di svolta è
il passo in cui si legge che «Frédéric sentit un grand froid lui traverser le coeur». Il rifiuto
avviene poi non bruscamente o in modo irrazionale ma deliberatamente e con calma. Lei lo
invita ad accompagnarla, lui invece rifiuta, chiude lo sportello e parte.
Quest’azione non è tanto chiaramente agentiva quanto il rifiuto di Rosanette, però si tratta
sempre di un’azione agentiva, poiché tutti i tratti sono presenti, l’azione è (brevemente)
preparata, costante, voluta e finalizzata. Sempre in modo agentivo, Frédéric decide poi di
ritornare in campagna per vivere tranquillamente e il giorno dopo, parte. La fuga in campagna
è finalizzata, costante – poiché intende partire e parte il giorno dopo – nonché voluta e
preparata nel tempo, anche se in modo minimo.
Arrivato in campagna, assiste per caso alle nozze dell’amico Deslauriers e della giovane
Roque, avvenimento di cui non era informato. Considera questo matrimonio come un
tradimento di ambedue verso di lui (cfr. la visione egocentrica del mondo dei protagonisti) e
riparte per Parigi. Questo ritorno è chiaramente una reazione, più che un’azione agentiva: si
tratta di una decisione brusca e non preparata, quasi automatica, piuttosto che voluta, anche se
è costante e si compie. Ritornato in città, assiste a una rivolta durante la quale due vecchi
amici rivoluzionari, Dussardier e Sénécal, si incontrano. Sénécal, rivoluzionario radicale
diventato guardia reazionaria, uccide l’altro, Dussardier. Nel testo, l’omicidio chiude l’ultimo
capitolo del tempo presente ed è seguito da uno spazio bianco.
Il capitolo seguente comincia con la frase: «Il voyagea.», il che significa un’ultima partenza di
Frédéric, che non viene spiegata. Si sa soltanto che è partito e che non ritornerà che lungo
tempo dopo. Poiché si tratta di un lungo viaggio, quest’ultima azione è probabilmente
preparata nel tempo e per forza costante (perché non ritorna per ripartire) e voluta. La
181
Ibidem, pp. 447-448.
79
finalizzazione non è chiara, però, si potrebbe anche suggerire che, in questo caso, il vero
scopo della partenza sia la partenza stessa.182
Paradossalmente, se in tutto il testo l’agentività del protagonista era compromessa e
problematica, gli ultimi capitoli dell’Éducation sentimentale registrano una vera
concatenazione di azioni agentive (tranne il primo ritorno in città, che è una reazione), che
porta direttamente al termine della parte al presente del romanzo, mentre le ultime pagine che
seguono sono narrate retrospettivamente. L’agentività che si esprime nel doppio rifiuto e nelle
partenze che seguono ad esso, significa per Frédéric un’uscita dalla passività. Per di più ci
sono indizi per credere che, per il protagonista, la rinunzia alla donna equivale ad un rifiuto
del desiderio stesso. É qui ora interessante osservare il legame tra questo rifiuto specifico e un
possibile rifiuto del desiderio tout court.
5.1.2. Il rifiuto della donna come tentativo di rifiuto del desiderio
La rottura con Rosanette e con Mme Dambreuse da parte di Frédéric è in parte legata alla sua
volontà di proteggere i ricordi dell’amore schietto e puro per Mme Arnoux. Però, nel passo
successivo al rifiuto di Mme Dambreuse si legge che Frédéric si sente male e non pensa più a
nessuna donna:
[I]l exécrait Mme Dambreuse parce qu’il avait manqué, à cause d’elle, commettre une
bassesse. Il en oubliait la Maréchale, ne s’inquiétait même pas de Mme Arnoux, - ne songeant
qu’à lui, à lui seul, - perdu dans les décombres de ses rêves, malade, plein de douleur et de
découragement; et, en haine du milieu factice où il avait tant souffert, il souhaita la fraîcheur
de l’herbe, le repos de la province, une vie somnolente passée à l’ombre du toit natal, avec des
coeurs ingénus. Le mercredi soir enfin, il sortit.183
La citazione sembra evidenziare come l’ultimo rifiuto della donna equivale a un rifiuto
all’amore tout court e questo sospetto viene confermato dal narratore che scrive che Frédéric
non pensava nemmeno a Mme Arnoux ma che è totalmente rinchiuso in sé stesso e nel proprio
egoismo. Il protagonista lega il suo malessere alla società parigina, «le milieu factice», che lo
fa agire e soffrire ed esprime la volontà di un abbandono. Non è tanto significativa la volontà
di partire verso la campagna quanto il tipo di vita che si propone: si tratta «une vie
somnolente» in mezzo ai «cuori ingenui», che si contrappone quindi all’esistenza finora
182
«Mais les vrais voyageurs sont ceux-là qui partent/ Pour partir» cfr. Charles Baudelaire, Le Voyage, in Les
fleurs du mal, Gallimard, Paris, 1961, p. 154.
183
Éd. sent., p. 448.
80
travagliata dal desiderio problematico. Anche se gli esatti moventi di Frédéric rimangono
impliciti, si può ipotizzare che cerchi di abbandonare il desiderio stesso.
Però, già nel treno che lo porta in campagna rientra in vigore un meccanismo compensatorio,
che si svolge in tre tappe: prima, ritorna il ricordo di Mlle Roque, della quale Frédéric si
rammarica come di una possibilità perduta; in seguito, la considera di nuovo come una
possibilità e infine, quando arriva il treno à Nogent, va alla ricerca di lei:
Seul dans le wagon et les pieds sur la banquette, il ruminait les événements des derniers jours,
tout son passé. Le souvenir de Louise lui revint.
«Elle m’aimait, celle-là! J’ai eu tort de ne pas saisir ce bonheur...Bah! n’y pensons plus!»
Puis, cinq minutes après:
«Qui sait, cependant?...plus tard, pourquoi pas?»
Sa rêverie, comme ses yeux, s’enfonçait dans de vagues horizons.
«Elle était naïve, une paysanne, presque une sauvage, mais si bonne!»
A mesure qu’il avançait vers Nogent, elle se rapprochait de lui. [...]
– et l’étourdissement du voyage et du grand air, la faiblesse qu’il gardait de ses émotions
récentes, lui causant une sorte d’exaltation, il se dit:
«Elle est peut-être sortie; si j’allais la rencontrer!»184
Si noti come Frédéric venga gradualmente assorbito dall’allucinazione causata dal desiderio
problematico, si immerge di nuovo nel sogno e si trova in uno stato di esaltazione. Però, il
mondo non risponde: Frédéric ritrova effettivamente la donna cercata, ma al braccio del suo
miglior amico, Deslauriers. Come già detto, il matrimonio appare a Frédéric come un
massimo tradimento e sul piano narrativo costituisce il primo movimento dello scioglimento
dell’amicizia nel tempo presente del romanzo. Frédéric reagisce immediatamente, ritornando
a Parigi, dove si ritrova in mezzo ad una nuova rivolta e dove assiste all’assassinio dell’amico
Dussardier da Sénécal, vecchio amico dell’assassinato. Il fratricidio rappresenta lo
scioglimento finale dell’amicizia nel tempo presente del romanzo e il capitolo si chiude.
Sul piano narrativo, la chiusura della parte «attiva» del romanzo, cioè la parte che si svolge
nel tempo presente, coincide con la rinuncia all’amore e all’amicizia: in un primo momento
Frédéric abbandona Rosanette e Mme Dambreuse e non pensa nemmeno a Mme Arnoux, in
un secondo momento incontra Mlle Roque come sposa d’un’altro. L’amicizia si scioglie poi
attraverso il «tradimento» di Deslauriers e il fratricidio che chiude il capitolo.
Rimane quindi da osservare come finisca un personaggio condizionato da un desiderio
problematico di cui non può disfarsi. Si è detto che Frédéric parte per un viaggio:
Il voyagea.
Il connut la mélancolie des paquebots, les froids réveils sous la tente, l’étourdissement des
paysages et des ruines, l’amertume des sympathies interrompues.
184
Ibidem, p. 449.
81
Il revint.
Il fréquenta le monde, et il eut d’autres amours encore.
Mais le souvenir continuel du premier les lui rendait insipides; et puis la véhémence du désir,
la fleur même de la sensation était perdue. Ses ambitions d’esprit avaient également diminué.
Des années passèrent; et il supportait le désoeuvrement de son intélligence et l’inertie de son
coeur.185
Ciò che segue è un’ultima visita di Mme Arnoux e un incontro con Deslauriers. Si è ormai nel
1867, sedici anni dopo il momento in cui Frédéric è partito. Nel frattempo, si legge che la
«forza del desiderio» e il «fiore della sensazione» si sono perdute e che Frédéric sopporta
l’inerzia del proprio cuore e del proprio intelletto. In seguito, tutti i personaggi, Frédéric e
Mme Arnoux, e Frédéric e Deslauriers, si abbandonano totalmente alla concupiscenza
retrospettiva, rievocando in modo rassegnato le possibilità perdute.
Questa conclusione svela il punto debole del desiderio problematico, cioè il suo collegamento
necessario alla realtà del tempo presente. La soluzione di Flaubert non sembra esser stata
l’eliminazione del desiderio bensì l’eliminazione del presente, attraverso l’allontanamento e
l’invecchiamento del protagonista. Il vecchio Frédéric si rassegna nella passività e
nell’inerzia, certo di aver «mancato» la vita. Il suo sguardo, come quello degli altri personaggi
al termine del testo (Mme Arnoux e Deslauriers) è ormai rivolto esclusivamente al passato. Al
contrario del presente, il passato non è tormentato dalle agitazioni di un desiderio
megalomane, dall’angoscia della scelta e dall’agentività, Frédéric può dunque finire la sua
vita in quiete vivendo nel passato. Non importa che in verità questo passato sia stato
travagliato dalla forza devastante del desiderio – lo si sa perché il suo passato è ormai
diventato il testo – , sarà idealizzato dal meccanismo ormai ben conosciuto della
concupiscenza retrospettiva, la quale chiude il romanzo in due movimenti, cioè il ricordo
dell’amore (penultimo capitolo) e il ricordo della vita insieme all’amico (ultimo capitolo).
Come già detto, l’ultima frase del romanzo, pronunciata da Frédéric e ripresa da Deslauriers,
esprime bene la concupiscenza retrospettiva:
- C’est là ce que nous avons eu de meilleur! dit Frédéric.
- Oui, peut-être bien? C’est là ce que nous avons eu de meilleur! dit Deslauriers.186
Nel caso di Frédéric Moreau, l’agentività dimostrata e il rifiuto della donna non sembrano
dunque sfociare nel rifiuto del desiderio stesso, che continua ad agire sul personaggio. Invece
di liberare il protagonista del sistema del desiderio problematico, l’agentività finale rientra
perfettamente nel medesimo sistema. Dopo la messa in evidenza della problematica agentiva
185
186
Ibidem, pp. 450-451.
Ibidem, p. 459.
82
(cfr. infra), al termine del romanzo Flaubert addirittura riprende questa stessa agentività tipica
del romanzo ottocentesco tradizionale, intesa come concretizzazione di un desiderio
consistente, e la fa sua, inserendola nel proprio sistema anti-tradizionale, in funzione di un
desiderio problematico, soggetta completamente all’autoreferenzialita del protagonista. Si
tratta di un’operazione narrativa di un’importanza capitale, nel senso che Flaubert riutilizza la
massima espressione della tradizione narrativa proprio per rifiutare la medesima tradizione.
5.2 Il rifiuto di Alfonso Nitti
5.2.1. Valutazione dell’agentività del rifiuto di Alfonso
La seconda metà del romanzo sveviano è caratterizzata da una frequenza elevata di azioni.
Alfonso rinunzia ad Annetta e torna in campagna, dove trova la madre in agonia. Dopo la
morte della madre ritorna in città, dove cerca di mostrarsi come benefattore, donando un
importo ingente al fidanzato di Lucia Lanucci (cfr. infra). Nell’ultimo capitolo viene trasferito
dalla corrispondenza alla contabilità, il che significa per lui, oltre a una prova concreta del
fatto di essere perseguitato, una degradazione che giudica inaccettabile e perciò si confronta
con Maller. Dopo quest’incontro, scrive un biglietto ad Annetta in cui chiede un
appuntamento – intende pregarla di lasciarlo in pace. In seguito, Alfonso si presenta
all’appuntamento, dove non ritrova Annetta bensì il fratello Federico, che lo sfida ad un
duello. L’ultima azione di Alfonso è il suicidio.
Il possesso di Annetta non porta alla felicità sperata, anzi, Alfonso prova soprattutto un
sentimento di disgusto e si pente quasi immediatamente dopo la conquista. Dal disgusto e
dall’agitazione per le conseguenze del possesso (le ire di Maller) e per i propri sentimenti
(scopre di non amarla), nasce la volontà del rifiuto. Arriva il momento giusto quando Annetta
gli chiede di allontanarsi durante la visita del fratello, per non destare sospetto in lui e per
darle il tempo di svelare il loro amore al padre e subire le ire di esso. Però, la dama di
compagnia di Annetta, Francesca, consiglia al giovane protagonista di rimanere, poiché,
tenendo conto del carattere capriccioso di Annetta, un allontanamento equivarrebbe ad una
rinunzia:
Era finalmente libero. Nessuno più avrebbe tentato di toglierlo dal suo proposito; sarebbe
partito pur sapendo che con questo passo egli rinunziava ad Annetta. Francesca lo aveva
convinto; la partenza equivaleva ad una rinunzia. Si sentì calmo e felice. [...] Egli sarebbe
83
rimasto superiore anche alla posizione che Annetta aveva voluto fargli e la sua superiorità era
stata dimostrata precisamente dalla sua rinunzia.187
La partenza per la campagna equivale quindi ad un rifiuto della donna e anche qui si tratta di
un’azione agentiva: è consciamente preparata nel tempo, è voluta dal momento in cui il
possesso non ha portato alla felicità sperata, è costante (Francesca non può indurlo a
rimanere) e tanto la fuga quanto il rifiuto raggiungono il loro scopo, poiché Alfonso parte
effettivamente e quando ritorna in città, Annetta gli confermerà la loro rottura tramite
Francesca.
In seguito, nel periodo trascorso nel paese natale viene gradualmente distrutta l’immagine
idillica che Alfonso aveva nutrito del paese, e quando è morta la madre ed è stata venduta la
casa natale, non vi sono più ragioni per rimanerci. Alfonso decide quindi di ritornare in città,
in modo voluto e preparato, costante (non postpone né cambia pensiero) e finalizzato, il che
qualifica anche quest’azione come agentiva.
Il ritorno in città è caratterizzato da sentimenti di agitazione per minimi fattori, quali il
contegno brusco di un capo alla Banca. In seguito, Alfonso si convince che Maller lo
disprezzi e lo odi, e ciò accresce il malessere, che cerca di affrontare aumentando la propria
produttività alla Banca: lavora molto e bene per compensare il capo per i danni inflitti
all’onore della famiglia Maller (causati dal possesso e dall’abbandono di Annetta). Nel
frattempo, sono avvenute gravi sventure a casa Lanucci, dove il moroso di Lucia (il Gralli)
l’ha messa incinta ma rifiuta di sposarla, fino al momento in cui Alfonso gli offre una somma
considerevole perché la sposi.
Il dono di Alfonso è un’azione problematica, poiché è preparato nel tempo ed è costante, nel
senso che Alfonso promette e poi agisce, però non è chiaro se l’azione sia voluta e raggiunga
il suo scopo: Alfonso non vuole tanto sacrificare i propri mezzi quanto essere un benefattore e
ricevere gratitudine e riconoscenza. Mentre la gratitudine dei Lanucci non convince Alfonso
(cfr. infra), non è neanche chiaro se il matrimonio si farà. Insomma, l’azione del dono non ci
pare agentiva ma piuttosto compensatoria: Alfonso si trova in uno stato di insoddisfazione
causata dall’agitazione e reagisce, cercando di farsi amare e di esporre la superiorità di chi
sacrifica i propri mezzi per aiutare un altro. Il risultato è un’azione deviata dalla realtà, cioè
un’azione compensatoria che mira alla conferma della superiorità del protagonista.
All’inizio dell’ultimo capitolo, viene comunicato ad Alfonso il suo trasferimento alla
contabilità (chiamata «la Siberia» dagli impiegati). Il protagonista lo considera una
persecuzione inaccettabile e annuncia al capo Cellani di volerne parlare al direttore, a Maller
187
Una vita, pp. 242-243.
84
stesso. Però, il trasferimento viene comunicato la mattina e Alfonso si reca da Maller solo
verso sera, il che può essere un indizio di esitazione o di attesa:
Allora si rammentò che aveva detto a Cellani di voler andare da Maller a lagnarsi
dell'ingiustizia che gli era stata fatta. Non aveva rinunziato a quello sfogo e si disse che non
era andato subito dal principale per non disturbarlo nelle ore di lavoro, ma che non aveva mai
pensato di subire senza protestare l'ingiustizia che gli era stata fatta. Le noie ineffabili di quella
giornata gli erano state procurate da quella. Anziché portarsi a casa l'inquietudine per il lavoro
non definito, preferiva pigliarsi un'agitazione di altra specie.188
Anche se si può supporre una lieve esitazione, Alfonso «non aveva rinunziato» all’azione,
bensì ragiona e si decide. La sua decisione è rinforzata dalle noie sofferte alla contabilità ed
Alfonso è molto consapevole della propria azione: infatti, vede solo due contegni possibili da
assumere, quello passivo dell’agitazione portata a casa e quello agentivo del confronto diretto.
Sceglie volutamente la soluzione agentiva e si reca immediatamente da Maller, che, dopo una
discussione, gli promette aiuto nella contabilità e un ritorno alla corrispondenza appena
possibile.
Però, ripensando al confronto, Alfonso si rende conto che Maller potrebbe intendere il
colloquio come un tentativo di ricatto, e decide di scrivere un biglietto ad Annetta, chiedendo
un ultimo appuntamento in cui vuole affermare di non voler niente e pregarla di lasciarlo
tranquillo. Scrive subito la lettera, il giorno dopo la fa consegnare e verso sera si presenta al
luogo dell’appuntamento. Si tratta però di un appuntamento mancato: Annetta non viene ma
manda il fratello, che attacca Alfonso e lo sfida ad un duello. Nonostante quell’esito
sfortunato, Alfonso si è mostrato di nuovo assai agentivo, le azioni di scrivere e consegnare la
lettera sono attuate senza esitazione e volutamente, e si presenta anche all’appuntamento.
L’ultima azione, che chiude il testo, è il suicidio di Alfonso. Anche qui sembra trattarsi di un
rifiuto, cioè di un rifiuto finale della vita stessa. L’azione è preparata, nel senso che Alfonso,
pensando al duello, si considera già morto. Riflette sul suicidio e si decide:
Non aveva pensato mai al suicidio che col giudizio alterato dalle idee altrui. Ora lo accettava
non rassegnato ma giocondo. La liberazione! Si rammentava che fino a poco prima aveva
pensato altrimenti e volle calmarsi, vedere se quel sentimento giocondo che lo trascinava alla
morte non fosse un prodotto della febbre da cui poteva essere posseduto. No! Egli ragionava
calmo! Schierava dinanzi alla mente tutti gli argomenti contro al suicidio, da quelli morali dei
predicatori a quelli dei filosofi più moderni; lo facevano sorridere! Non erano argomenti ma
desiderî, il desiderio di vivere.189
188
189
Ibidem, pp. 382-383.
Ibidem, p. 395.
85
Alfonso non esita e non postpone, poiché si suicida quella stessa sera. L’azione quindi è
voluta, si prepara consciamente e costantemente, con uno scopo preciso, che viene raggiunto.
Come Frédéric Moreau, Alfonso Nitti esce dalla propria passività al termine del testo. Tranne
l’azione compensatoria del dono, la concatenazione di azioni che porta dal rifiuto della donna
e dalla fuga in campagna al suicidio del protagonista è un’espressione quasi tipica di
agentività. Inoltre, l’azione agentiva chiude proprio il romanzo sveviano, nella forma del
suicidio.
5.2.2. Il rifiuto della donna come tentativo di rifiuto del desiderio
Il sentimento di disgusto provato da Alfonso dopo il possesso di Annetta non è solo dovuto al
fatto che quel possesso non gli ha portato la felicità sognata, è anche causato dalla
consapevolezza di essere entrato pienamente nella lotta, cioè di essersi comportato
esattamente come gli altri, perseguendo il desiderio di amore e di ricchezza, mentre si credeva
superiore ad essi. Alfonso esprime perciò esplicitamente la volontà di far coincidere il rifiuto
di Annetta con un’uscita dalla lotta, da quel sistema sociale costruito su rapporti interpersonali
ritenuti troppo spesso dolorosi. Nutrendo sempre un’immagine idealizzata ed idillica del
paese natale, crede che la fuga in campagna equivalga, oltre al rifiuto di Annetta, anche ad
un’uscita dalla lotta:
Fuggiva Annetta, quella ragazza che gli si era data per una curiosità da adolescente e che lo
perseguitava col suo amore fittizio, ma respirava anche all'uscire da quell'ambiente o di cattivi
o di disgraziati in cui era stato costretto a vivere. [...] Oh! gente trista e disgraziata! Gli
sembrava che la ferrovia correndo sull'argine piano lo portasse in alto ad un punto donde
poteva giudicare tutte quelle persone che correvano dietro a scopi sciocchi o non raggiungibili.
E di là si chiese: - Perché non vivono più quieti?
Si fece allo sportello. La città con le sue bianche case alla riva in largo semicerchio
abbracciava il mare e sembrava che tale forma le fosse stata data da un'onda enorme che
l'avesse respinta al centro. Era grigia e triste, una nube sempre più densa sul capo sembrava da
essa prodotta perché a lei unita dalle sue nebbie, l'unica traccia della sua vitalità. Era là dentro,
in quell'alveare, che la gente si affannava per l'oro, e Alfonso, che là aveva conosciuto la vita e
che credeva che così non fosse che là, respirò liberandosi con la foga da quella cappa di
nebbia.190
Si noti l’analogia con Frédéric Moreau: anche Alfonso lega i rapporti sociali dolorosi alla città
(«en haine du milieu factice où il avait tant souffert»), ai quali contrappone la «quiete» della
campagna («une vie somnolente sous l’ombre du toit natal»). Come già detto, l’immagine
idillica del paese viene progressivamente distrutta quando Alfonso si accorge che anche lì la
190
Ibidem, pp. 252-253.
86
lotta interumana è presente. Inoltre, già nel passo portato ad esempio, il narratore anticipa
questa scoperta: si distanzia della convinzione del protagonista, scrivendo che «Alfonso, [in
città] aveva conosciuto la vita e credeva che così non fosse che là». Si allude quindi ad una
convinzione illusoria di Alfonso («credeva») che sarà smentita dalla realtà.
La costatazione che anche il paese natale è travagliato dalla lotta rinforza l’aspirazione di
Alfonso ad un distacco totale, come si legge nel passo seguente:
Se al suo ritorno in città avesse trovato che Annetta ancora lo amava, l'avrebbe sposata perché
egli aveva piena coscienza dei suoi doveri. Ma l'avrebbe prevenuta e avrebbe cercato di
dimostrarle quale enorme errore essi stavano per commettere unendosi. Le avrebbe detto:
- Io sono fatto così e voi così, ma divenendo legalmente vostro padrone userò di tutti i mezzi
che saranno a mia disposizione per modificarvi, farvi abbandonare i vostri gusti e le vostre
abitudini. - E inoltre: - Certo, vi amo, ma non tanto da amare e da tollerare i vostri difetti.
Dacché vi conobbi, lungamente vi odiai e vi disprezzai, qualche volta anche quando vi
dimostravo amore. [...]
Se invece, come Francesca aveva preveduto, Annetta non lo avesse amato più e si fosse già
impegnata con altri, egli si sarebbe ritirato nella sua solitudine ove si viveva tanto calmi e
tanto felici. L'avventura non avrebbe avuto altra conseguenza che di togliergli la possibilità di
avanzare alla banca Maller. Non era una grande sventura perché la sua paga gli bastava quale
era. D'altronde le sue attitudini al commercio non gli davano il diritto a grandi avanzamenti e,
perdendo per altre cause la possibilità di averne, perdeva ben poco. [...]
Se Annetta non lo amava più egli usciva dalla vita, vi perdeva ogni interesse e nella vita
contemplativa cui intendeva di dedicarsi non avrebbe avuto il bisogno di adulare o di fingere
e non correva il pericolo di ritrovarsi un bel giorno nel cuore un amore nato dalla vanità o
dalla cupidigia. Sarebbe vissuto con la sua franchezza natia, coi desiderî semplici, sinceri e
perciò duraturi.191
Il ritorno di Annetta nel pensiero di Alfonso non contraddice ciò che è stato detto sul rifiuto
della donna, poiché la rifiuta sempre e si dichiara solo disposto ad assumere le proprie
responsabilità: se lo amasse sempre, la sposerebbe, ma il loro legame si baserebbe
sull’autorità e sull’ubbidienza, piuttosto che sull’affetto. Alfonso preferisce però immaginarsi
che Annetta non lo ami più, il che gli permetterebbe di «uscire dalla vita» e di assumere un
comportamento di distacco e di contemplazione. Viene quindi di nuovo espresso la volontà di
uscire dal sistema sociale, però questa volta Alfonso esprime anche esplicitamente la volontà
di uscire dal sistema del desiderio: «Sarebbe vissuto con la sua franchezza natia, coi desiderî
semplici, sinceri e perciò duraturi».
Questa frase è molto importante perché, se Alfonso aspira a questo tipo di desiderio, deve
essere consapevole che il proprio desiderio è stato finora complesso, insincero e incostante.
Quindi, per la prima volta il personaggio è veramente consapevole della natura del proprio
desiderio, il che è una tappa necessaria nell’affrancarsi dal desiderio medesimo.
191
Ibidem, pp. 304-305.
87
La questione cruciale è se Alfonso riesca effettivamente ad uscire dal desiderio problematico,
dal sistema che lo condiziona. La citazione che segue risponde a questa domanda:
Si trovava, credeva, molto vicino allo stato ideale sognato nelle sue letture, stato di rinunzia e
di quiete. Non aveva più neppure l'agitazione che gli dava lo sforzo di dover rifiutare o
rinunziare. Non gli veniva più offerto nulla; con la sua ultima rinunzia egli s'era salvato, per
sempre, credeva, da ogni bassezza a cui avrebbe potuto trascinarlo il desiderio di godere.
Non desiderava di essere altrimenti. All'infuori dei timori per l'avvenire e del disgusto per
l'odio di cui si sapeva l'oggetto, egli era felice, equilibrato come un vecchio. [...]
Sognava che la sua pace ancora aumentasse. Sognava di rimanere come era e di dimenticare
del tutto Annetta e di venirne dimenticato da lei e dagli altri. [...]
Intorno a lui, alla banca stessa, si lottava con un accanimento che gli faceva sentire meglio
l'elevatezza della sua posizione, lontana da quella lotta tanto accanita quanto meschina.192
Il distacco totale, aspirato, viene descritto come «lo stato ideale sognato nelle sue letture»,
mentre «sognava che la sua pace ancora aumentasse». Il dispositivo del sogno evidenzia la
vera natura del distacco, che non sembra tanto un’uscita del sistema del desiderio quanto una
conferma di esso: come desiderava la donna, la ricchezza e la gloria, in questo momento
Alfonso desidera il non-desiderio, «sogna» il distacco, secondo lo stesso meccanismo. Inoltre,
come tutti gli altri desideri sognati, anche questo «sogno di distacco» avrà un brutto scontro
col reale, espresso al termine del romanzo dalla piena partecipazione di Alfonso alla lotta (cfr.
il dono, il confronto con Maller, il biglietto ad Annetta, l’appuntamento, il duello), da cui non
può mai veramente uscire. Il narratore insiste sullo scarto tra il sogno del desiderio di Alfonso
e la realtà, scrivendo due volte che Alfonso lo «credeva» – e il verbo si trova due volte in
inciso, il che lo mette in rilievo.
Il passo citato presenta anche un secondo fattore che evidenzia l’impossibilità di Alfonso di
uscire dal proprio desiderio problematico: «alla banca stessa, si lottava con un accanimento
che gli faceva sentire meglio l’elevatezza della sua posizione» (corsivo nostro). Per Alfonso
rimane quindi sempre centrale il sentimento della propria superiorità, che è una caratteristica
fondamentale del desiderio problematico. Non si tratta tanto di staccarsi degli altri, bensì di
mettersi al di sopra di essi. Una vera uscita dal sistema del desiderio significherebbe anche
un’uscita dalla propria autoreferenzialità, dalla visione fortemente egocentrica del mondo e
dalla costante fissazione sulla propria superiorità.
Egli invece si sentiva incapace alla vita. Qualche cosa, che di spesso aveva inutilmente cercato
di comprendere, gliela rendeva dolorosa, insopportabile. Non sapeva amare e non godere;
nelle migliori circostanze aveva sofferto più che altri nelle più dolorose. L'abbandonava senza
rimpianto. Era la via per divenire superiore ai sospetti e agli odii. Quella era la rinunzia ch'egli
aveva sognata. Bisognava distruggere quell'organismo che non conosceva la pace; vivo
192
Ibidem, pp. 340-341
88
avrebbe continuato a trascinarlo nella lotta perché era fatto a quello scopo. Non avrebbe scritto
ad Annetta. Le avrebbe risparmiato persino il disturbo e il pericolo che poteva essere per lei
una tal lettera.193
Le ultime righe che precedono il suicidio di Alfonso e chiudono il romanzo confermano ciò
che è stato detto. Il suicidio «era la via per divenire superiore ai sospetti e agli odii. Quella era
la rinunzia ch’egli aveva sognata». Di nuovo, e per l’ultima volta, il desiderio condiziona il
personaggio tramite il dispositivo del sogno. In verità, il suicidio non è la massima
espressione del rifiuto della vita (e del desiderio) ma è un modo di stabilire per sempre la
propria superiorità. Ironicamente, anche quest’ultimo tentativo si rivelerà errato, poiché nella
lettera dalla Banca Maller al notaio Mascotti, si legge che «sono del tutto ignote le cause che
spinsero al suicidio il nostro impiegato signor Alfonso Nitti».
Si noti quindi come una forte espressione di agentività, cioè il suicidio, entri completamente
nel sistema del desiderio problematico. Il rifiuto della donna non equivale a un rifiuto del
desiderio e l’agentività conferma il medesimo sistema del desiderio: come Flaubert, Svevo
evidenzia prima la problematica dell’azione agentiva, per poi riprendere l’agentività in
funzione del proprio sistema, sottoponendola ad un desiderio inconsistente e problematico. In
questo modo, l’azione agentiva cessa di essere una concretizzazione nel reale del desiderio di
un personaggio, per diventare uno strumento che serve alla conferma dell’autoreferenzialità
del personaggio. Insomma, anche i rapporti tra desiderio problematico e agentività sembrano
essere analogici nei due testi studiati, cambia solo il dato del suicidio, che però non
contraddice i sistemi rilevati.
193
Ibidem, pp. 395-396.
89
VI.
Conclusione
1. Analisi
L’analisi della formazione letteraria di Frédéric Moreau e di Alfonso Nitti, completata
dall’osservazione della loro situazione familiare, ha portato ad un’immagine complessiva
dell’educazione di questi personaggi. Si è visto come le letture rispettive influenzano i
protagonisti: da un lato provocano un bisogno di riprodurre i libri letti, dall’altro lato queste
letture condizionano la loro rappresentazione del mondo, degli altri e di sé. Dall’educazione
consegue un atteggiamento caratterizzato da un forte sentimento di superiorità nonché da una
spiccata velleitarietà.
In un secondo momento, si è definito il desiderio problematico che risiede alla base della
velleità e dei sentimenti di superiorità rilevati, insistendo sul suo carattere sistematico e la sua
funzionalità nel contesto narrativo. Nei testi studiati, questo desiderio problematico, che è un
desiderio megalomane e passivo, si scontra bruscamente con la realtà, che non risponde alle
sue esigenze, e determina uno stato di insoddisfazione.
In seguito, si è osservato come i personaggi tentano di compensare l’insoddisfazione provata
cercando un appagamento, tramite vari sistemi di rivalsa, i quali sono stati riuniti in una
tipologia ed analizzati per quanto riguarda la loro funzione gratificante ed il loro modus
operandi specifico.
Dai sistemi di rivalsa si è infine passati al campo di azione, con l’intento di analizzare i
rapporti tra desiderio problematico ed azione nonché per stabilire una tipologia dell’azione nei
due romanzi studiati. Partendo dalla nozione di agentività propria della tradizione narrativa
preflaubertiana, in un primo momento si è constatato come questa nozione viene resa
problematica e quasi dichiarata impraticabile. Però, il termine dei due romanzi è caratterizzato
da una frequenza elevata di azioni agentive e ne consegue che l’agentività viene deviata dal
contesto tipico e tradizionale a cui apparteneva, per essere ripresa integralmente ed inserita
nel nuovo contesto narrativo di Flaubert e di Svevo: gli scrittori sottopongono l’agentività
all’autoreferenzialità dei protagonisti; invece di realizzare il desiderio, diretto verso la realtà,
l’agentività ormai realizza la crisi del desiderio, diretta verso l’interiorità del personaggio
stesso.
2. Analogia
90
In due testi narrativi diversi, collocati in due letterature nazionali diverse, viene concepito e
rappresentato un medesimo sistema di desiderio problematico. Colpisce la profonda analogia
testuale, che è il frutto di un pensiero analogo sulla problematica del desiderio. Per quanto
riguarda il mondo dei pensieri e la storia letteraria tardo ottocentesca, L’Éducation
sentimentale di Flaubert (1869) ed Una vita di Svevo (1892) segnano un momento chiave, un
punto di passaggio cruciale tra letteratura ottocentesca e quella novecentesca: ambedue gli
scrittori integrano la tradizione letteraria nella propria letteratura, la disarmano ed utilizzano i
medesimi concetti tradizionali, come il desiderio e l’agentività, per metterli in crisi. Un po’
più tardi, la crisi stessa costituirà una delle maggiori tematiche della letteratura novecentesca.
3. Intertestualità
Oltre a dimostrare l’analogia nel pensiero di Flaubert e di Svevo, questo lavoro intende
inserirsi nel quadro della ricerca della presenza della narrativa ottocentesca francese
nell’opera sveviana. Quantunque questa ricerca abbia già portato ad alcuni risultati concreti, si
tratta di una ricerca abbastanza recente e lontana dall’essere completata. Se esiste già
un’impostazione critica sull’intertestualità balzachiana e bovariana, rimane ancora da studiare
in modo complessivo l’influenza dell’intera opera flaubertiana sullo scrittore triestino, nonché
l’impatto di altri scrittori francesi, quali Maupassant, Zola e Daudet, sull’opera sveviana.
Questo studio delle analogie tra L’Éducation sentimentale e Una vita non intende però
proporre una lettura a chiave del romanzo sveviano, in funzione del capolavoro francese. Si
preferisce
considerare
l’insieme
di
intertestualità
nell’opera
sveviana
come
una
accumulazione di strati specifici di intertestualità, impossibili da ricostruire nei termini
originali a causa di numerose sovrapposizioni degli strati. Da un lato, si sovrappongono vari
sistemi di pensiero, come ad esempio il pensiero flaubertiano, che presenta analogie con la
filosofia schopenhaueriana; dall’altro lato i romanzi «francesi» letti da Svevo si caratterizzano
da una forte intertestualità tra di loro: Maupassant ha letto Flaubert che ha letto Balzac e così
via. Nel quadro delle fonti sveviane, questo lavoro intende quindi solo identificare uno tra gli
strati possibili di intertestualità.
Mathijs Duyck
91
VII.
Bibliografia
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2007.
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92
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