Essere mamme, ecco dov`è bellissimo e dove si

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Essere mamme, ecco dov`è bellissimo e dove si
Essere mamme, ecco dov'è bellissimo e dove si rischia di morire
Repubblica - 6 maggio 2014
Il rapporto di Save the Children: la Finlandia è il miglior paese al mondo per essere madri e per
i loro figli. La Somalia il peggiore. L'Italia risale dal 17° all'11° posto.
ROMA - Il 15° Rapporto di Save the Children sullo Stato delle Madri nel Mondo ha analizzato le
condizioni di mamme e bambini in 178 paesi: le nazioni in fondo alla classifica negli ultimi anni
hanno vissuto un conflitto o una catastrofe naturale. Ancora una volta il Nord Europa è in testa
allo Stato delle madri nel Mondo di Save the Children, la classifica dei Paesi dove lo stato di
salute della madre, il livello di istruzione, le condizioni economiche, politiche e sociali
garantiscono il benessere alle mamme e ai loro figli.
Al vertice e al fondo della classifica.
Sono infatti Finlandia, Norvegia e Svezia che si aggiudicano il podio nella 15esima edizione del
rapporto dell'organizzazione internazionale indipendente dedicata dal 1919 a salvare i bambini
e a promuovere i loro diritti, seguiti da Islanda, Paesi Bassi, Danimarca, Spagna, Germania,
Australia e Belgio (questi ultimi due a pari merito). Al contrario sono tutti dell'Africa subsahariana, quelli che si collocano in fondo alla classifica, con i coda la Somalia, preceduta dalla
Repubblica Democratica del Congo (RDC) e, a pari merito, da Niger e Mali, che ottengono
punteggi molto scarsi per ognuno dei 5 indicatori su cui si è basato il 14° Rapporto di Save the
Children sullo Stato delle Madri nel Mondo: salute materna e rischio di morte per parto,
benessere dei bambini e tasso di mortalità entro i 5 anni, grado di istruzione, condizioni
economiche e Pil procapite, partecipazione politica delle donne al governo. Immediatamente
prima, tra gli ultimi dieci (a partire dal migliore), Costa d'Avorio, Ciad, Nigeria, Sierra Leone,
Repubblica Centrafricana, Guinea Bissau.
L'Italia dal 17° all'11° posto.
Quest'anno l'Italia fa un passo in avanti, portandosi dal 17° all'11° posto, cambiamento dovuto
sostanzialmente all'aumento della presenza delle donne al governo (passato dal 20,6% della
scorsa edizione al 30,6% del'ultima). I confronti tra i paesi ricchi e i paesi in via di sviluppo
sono ancor più stridenti se si esaminano i singoli indicatori. Se in Svezia (3° posto) una donna
su 14.100 rischia di perdere la vita per cause legate alla gravidanza o al parto, in Chad (170°
posto) accade ad una su 15. Un bambino su 5 in Sierra Leone (172°posto) rischia di morire
prima di aver compiuto 5 anni, mentre in Islanda corre questo rischio solo uno su 435 (4°
posto).
Le madri e i bambini nelle crisi umanitarie.
Il 15° Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo esamina in particolare l'impatto delle crisi
umanitarie sul benessere e la sopravvivenza delle madri e dei loro bambini. Durante le
emergenze, siano esse conflitti o calamità naturali, i problemi che abitualmente affliggono
alcuni Paesi - povertà, malnutrizione, violenza sessuale, gravidanze non pianificate e parti
non assistiti - vengono naturalmente esacerbati, così come si accentuano le differenze
economiche e di genere. Sin dalla prima edizione del rapporto nel 2000, infatti, i paesi che si
posizionano in fondo alla classifica sono quelli che stanno vivendo o hanno di recente vissuto
una grave crisi umanitaria, un conflitto, gravi emergenze o in cui c'è un problema di accesso e
qualità delle cure sanitarie.
250 milioni di bambini in guerra.
Sono ben 250 milioni i bambini con meno di 5 anni che vivono in paesi in conflitto, nei quali si
concentra ben il 56% di tutte le morti materne e infantili. In tali contesti, per ogni persona che
perde la vita a causa della guerra, ce ne sono da 3 a 15 che muoiono a causa di malattie,
complicazioni mediche e malnutrizione, anche perché in media gli operatori sanitari che
lavorano in questi luoghi sono meno della metà di quelli necessari per far fronte ai bisogni della
popolazione. E accanto alla guerra ci sono le catastrofi naturali, il 95% delle quali colpisce i
paesi in via di sviluppo. In queste situazioni, si stima che le donne e i bambini corrano 14 volte
più di un uomo il rischio di morire.
Gli ultimi nell'indice.
Tra le 28 nazioni che negli anni hanno raggiunto le 10 posizioni più basse della classifica, 27
sono paesi fragili, in conflitto o post conflitto, mentre 18 di esse sono state bersaglio di
frequenti calamità naturali. Inoltre moltissimi di questi paesi fronteggiano una perenne crisi
sanitaria, dovute principalmente ad un accesso limitato all'assistenza sanitaria. In particolare 7
paesi (tra cui repubblica Democratica del Congo, Niger, Mali e Guinea-Bissau), sono tra gli
ultimi dell'indice di Save the Children sin da quando è stato lanciato la prima volta nel 2000.
Sei di essi hanno vissuto un conflitto e tutti - ad eccezione della Guinea Bissau - sono stai
colpiti da vari disastri naturali.
In Asia un terzo della mortalità infantile. L'Asia meridionale annovera circa un terzo delle morti
infantili, con dei tassi particolarmente alti nelle comunità maggiormente escluse e le aree
maggiormente fragili, come ad esempio lo stato indiano di Bihar e Odessa e la provincia
pakistana di Khyber Pakhtunkhwa. Nel 1990, il 16% delle morti infantili avvenivano nell'Africa
centro-occidentale, oggi solo la Nigeria e la Repubblica Democratica del Congo rappresentano il
20% di queste morti. "Il conflitto che ha flagellato la Repubblica Democratica del Congo ha
causato 5,4 milioni di morti, ma solo il 10% di queste è stata direttamente provocato dalla
guerra. Si stima che conflitto siriano in corso ha causato in media la morte di 1000 donne e
bambini al mese, ma sono migliaia quelli morti per la fame e la mancanza di cure mediche.
La tragedia della Siria.
Prima dell'inizio del conflitto, in Siria il tasso di mortalità infantile era di 15 bambini morti
prima dei cinque anni ogni mille nati ed il Paese era in linea per raggiungere gli obiettivi del
millennio 4 e 5 relativi all'abbattimento della mortalità infantile e il miglioramento della salute
materna. Oggi, benché non si riescano ad avere dati aggiornati, le donne siriane continuano a
partorire senza assistenza e per paura di ciò che può accadere durante il parto, pianificano
parti cesarei, i bambini non hanno accesso alle vaccinazioni e si stanno diffondendo di nuovo
- per la prima volta nell'ultimo decennio - la polio e il morbillo.", ha affermato Valerio Neri,
Direttore Generale di Save the Children Italia.
Il caso delle Filippine.
Emblematico di come le crisi umanitarie - siano esse provocate dall'uomo o dalla natura possano mettere a dura prova il benessere delle madri e dei bambini di un Paese è il caso delle
Filippine, un paese a medio reddito che sembrava sulla buona strada per raggiungere il quarto
Obiettivo del Millennio (il tasso di mortalità infantile era di 30 bambini morti prima dei 5 anni
ogni 1000 nati), aveva fatto anche notevoli passi avanti per raggiungere il 5° obiettivo, relativo
alla salute delle madri (il tasso di mortalità materna era di 99 donne ogni 100.000), e dal 2010
ha portato avanti una importante riforma per fornire la copertura sanitaria universale. Il paese
negli ultimi anni è stato funestato da tre grandi tifoni che hanno messo in discussione questi
fondamentali obiettivi: Washi che nel 2011 ha ucciso 1.400 persone e prodotto 430.000
sfollati, Bopha che nel 2012 ha ucciso 2000 persone e lasciato circa 1 milione senza una casa,
e circa sei mesi fa, l'8 novembre 2013, Hayan, che ha colpito 16 milioni di persone, 10 milioni
dei quali sono donne e bambini, uccidendone oltre 6.000 e ferendone quasi 29.000.
La sorte delle madri in fuga.
"Ma le madri di tutto il mondo, anche nei contesti più difficili, fanno di tutto per portare avanti
la promessa che fanno ai loro figli nel giorno in cui li mettono al mondo, quella di proteggerli
sempre. Vediamo spesso madri che durante le crisi umanitarie più acute, continuano a
guardare avanti, che cercano di trasformare un campo profughi in una casa, che scappano
dalle violenze con i propri figli tra le braccia. Sono quelle stesse madri che vediamo sbarcare
quotidianamente sulle nostre coste, con i loro bambini, o ancora quelle che mettono il proprio
figlio in viaggio, sapendo i rischi che corre a partire ma aggrappandosi alla speranza che essi
siano inferiori a quelli che correrebbe se restasse. Sono quelle madri che continuano ad andare
avanti concentrandosi sulla speranza che il futuro dei loro figli possa essere migliore, e alle
quali dobbiamo dare una risposta", conclude Valerio Neri.
Il posto dell'Italia.
Per quanto riguarda l'Italia, il rapporto di Save the Children, quest'anno il nostro paese passa
dal 17° all'11°posto, sostanzialmente grazie ad un aumento sostanziale della percentuale
media di partecipazione delle donne al Governo del Paese, passata dal 20,6 della scorsa
edizione del rapporto all'attuale 30,6%, dato che tuttavia rimane inferiore a quello di paesi
come l'Angola (36,8%), il Mozambico (39,2%), Timor leste (38,5%). Secondo i dati, le
condizioni di salute delle mamme e dei bambini si mantengono a livelli alti (il tasso di mortalità
femminile per cause legate a gravidanze e parto è pari a 1 ogni 20.300, quello di mortalità
infantile è di 3,8 ogni 1000 nati vivi), come abbastanza alto è il livello di istruzione delle donne,
pari a 16,3 anni di formazione scolastica. Al contrario subisce un decremento il reddito
nazionale pro capite, che passa da 35.290 a 33.860 euro.
Le richieste di Save the Children.
Save the Children, al fine di migliorare concretamente le condizioni di madri e bambini,
soprattutto in contesti d'emergenza, chiede agli Stati, ai donatori e a società civile di assicurare
che ogni madre e ogni neonato che vivono in zone di crisi abbia accesso a cure di qualità,
venga investito di più per la loro istruzione e assicurata loro protezione. Inoltre, è necessario
promuovere azioni relative alla prevenzione e al riduzione del danno nelle emergenze, così
come occorre continuare a perseguire l'obiettivo della copertura sanitaria universale,
assicurandola sopratutto ai più vulnerabili. Inoltre è necessario che ogni intervento in contesti
emergenziali sia pianificato tenendo conto dei bisogni specifici di madri e bambini, assicurando
supporto politico e risorse finanziate adeguate, azioni cooordinate che siano focalizzate sui
bisogni sanitari di madri e bambini nei contesti di crisi.