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e apparecchi mp3 – mp4 provvisti di schermo, monitor a se stante
Atti Parlamentari
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e apparecchi mp3 – mp4 provvisti di
schermo, monitor a se stante (senza computer annesso), monitor del citofono, modem, decoder, videocamera, macchina fotografica digitale.
(4-03226)
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GIUSTIZIA
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il
Ministro della giustizia, il Ministro della
difesa, per sapere – premesso che:
l’interpellante, sulla base del disegno
di legge presentato dal Governo sull’ordinamento giudiziario, che prevede, per
quanto riguarda la giustizia militare la
riduzione dei Tribunali militari dagli attuali nove a tre, ritiene essenziale che il
Tribunale militare di Verona continui la
sua attività per ragioni funzionali, logistiche ed economiche;
nel disegno di legge, che modifica le
norme sull’ordinamento giudiziario si fa
menzione che almeno uno dei Tribunali
militari sia dislocato nell’Italia settentrionale;
circa quest’ultimo punto l’interpellante tiene a precisare che la città di
Verona rappresenta un punto centrale dell’Italia settentrionale, facilmente raggiungibile e, quindi, ben collegata con le altre
città e Regioni dell’Italia settentrionale e,
quindi, agevolmente raggiungibile con gli
ordinari mezzi di trasporto;
presso il Tribunale militare di Verona
presta servizio attualmente più personale
rispetto alle altre sedi dell’Italia settentrionale, come quelle di Torino o di Padova e
che quindi, sarebbe più economico in
termini di costo complessivo non spostare
il personale della sede di Verona;
l’ubicazione della sede di Tribunale
militare per l’Italia settentrionale, derivante dalla razionalizzazione delle sedi,
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sarebbe più opportuna presso la città di
Verona che presso altre sedi di difficile
raggiungimento o più decentrate;
è da rilevare, altresı̀, la presenza
nella città di Verona di locali idonei ad
ospitare i magistrati ed il personale ordinario che sarebbero trasferiti dalle sedi
soppresse, la sede è, infatti, facilmente
accessibile e si presta per essere sede
propria del Tribunale –:
quali siano gli intendimenti del Governo circa la soppressione dei Tribunali
militari;
se siano state già definite le sedi dei
Tribunali militari che verranno soppresse
ed in particolare se la decisione sia quella
di sopprimere anche il Tribunale militare
di Verona;
se in tale caso, non si ritenga opportuno, sulla base delle motivazioni illustrate
in premessa, riconsiderare tale decisione
salvaguardando il tribunale militare di
Verona.
(2-00454)
« Fratta Pasini ».
Interrogazione a risposta immediata:
BUEMI e ANGELO PIAZZA — Al Ministro della giustizia. — Per sapere –
premesso che:
da notizie di stampa emerge come la
procura della Repubblica di Potenza, malgrado le sue ridotte dimensioni, sia tra
quelle che hanno disposto il maggior numero di intercettazioni in Italia;
numerosi procedimenti penali avviati
dalla medesima procura, con uso intensissimo di tali mezzi istruttori, si traducono in scandali che coinvolgono decine di
persone totalmente estranee ad ogni addebito, o che risultano poi totalmente
innocenti –:
quale sia il numero di intercettazioni
telefoniche e ambientali disposte dalla
procura della Repubblica di Potenza negli
ultimi cinque anni, anno per anno, quale
onere finanziario abbiano comportato le
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stesse a carico dello Stato e se il Ministro
interrogato, compiuti gli opportuni accertamenti, non ritenga di trasmettere i dati
al procuratore presso la Corte dei conti
perché valuti se sussista danno erariale
alle casse dello Stato.
(3-00798)
Interrogazioni a risposta scritta:
BONGIORNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
un’agenzia ANSA del 23 marzo 2007
riporta la notizia di una lettera aperta
inviata al ministro della Giustizia dal presidente dell’organo di rappresentanza dei
magistrati romani, Paolo Auriemma, e redatta in collaborazione con il segretario di
Md Roma, Francesco Vigorito, ed il componente della giunta distrettuale di Unicost, Attilio Palladini. Nel documento –
come riportato dalla citata agenzia – gli
scriventi lamentano che « nonostante una
riduzione del 39 per cento nello smaltimento del carico del tribunale di Roma
nell’ultimo quinquennio, i problemi della
giustizia civile nella capitale permangono », e le soluzioni proposte dall’Anm di
Roma sono la creazione di un« Ufficio per
il processo » – « coordinato da ogni singolo
magistrato, con specifica indicazione delle
risorse materiali e personali di cui ciascun
ufficio dovrebbe poter disporre » – e « una
significativa riduzione dei riti, atteso che
la proliferazione di essi ha prodotto unicamente complicazioni ed incertezze applicative, senza apportare alcuna concreta
utilità ». In particolare, come precisato
nella lettera aperta, « il numero dei procedimenti pendenti è sceso dai 322.791
all’inizio del 2001 ai 194.674 alla fine del
2006. Negli anni scorsi il legislatore si è
limitato ad innovare e moltiplicare i riti in
base ai quali svolgere i processi, mentre
nessuno si è occupato di adeguare personale, mezzi e strutture alle nuove esigenze ». Si evidenzia, altresı̀, nel documento
che « l’edilizia giudiziaria è del tutto inadeguata; la maggior parte dei giudici non
dispone di una propria stanza per tutta la
settimana; le forniture informatiche sono
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del tutto obsolete; i giudici continuano a
tenere udienza senza la presenza del cancelliere; il giudice deve svolgere l’ulteriore
attività di supplenza di controllo dei fascicoli durante l’udienza; il personale di
cancelleria, del tutto insufficiente anche
rispetto alle previsioni della pianta organica, viene adibito esclusivamente alla gestione degli affari con il pubblico ». Questa
situazione – a detta dei magistrati romani
– « produce un’inevitabile ricaduta negativa sulla qualità e sulla durata dei processi » e si chiede, pertanto, « una riforma
organizzativa che doti ogni singolo giudice
di un apparato strumentale composto da
un gruppo di collaboratori qualificati idoneo a sollevarli da tutte le incombenze
pratiche che restano estranee alla sua
funzione » –:
se e con quali provvedimenti intenda
dar seguito alle richieste formulate dai
magistrati romani nella lettera aperta
dello scorso 23 marzo.
(4-03232)
BONGIORNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la magistratura giudicante, quella requirente e l’avvocatura di Brescia hanno
inviato un appello alle istituzioni avente ad
oggetto la carenza di magistrati e di personale amministrativo presso il tribunale
ordinario e la procura della Repubblica di
Brescia (agenzia ANSA del 2 aprile 2007);
nel corso di un incontro svoltosi in
tribunale fra i rappresentanti dell’amministrazione giudiziaria, degli avvocati e delle
istituzioni – cui hanno preso parte tra gli
altri il presidente del tribunale di Brescia,
Roberto Mazzoncini, il procuratore della
Repubblica, Giancarlo Tarquini, il presidente dell’ordine degli avvocati, Tullio Castelli (tutti firmatari dell’appello), i parlamentari Emilio Del Bono, Adriano Paroli e
Maurizio Zipponi, il sindaco di Brescia
Paolo Corsini, il presidente del consiglio
provinciale Paola Vilardi, e rappresentanti
della prefettura e delle forze dell’ordine – è
emerso che « le piante organiche del Tribunale ordinario e della procura della Repub-
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blica di Brescia, sono assolutamente insufficienti a fornire un’adeguata risposta alla
domanda di giustizia che proviene da questo circondario » (cfr. intervento del presidente del tribunale di Brescia riportato
nella citata agenzia di stampa). Il dottor
Mazzoncini ha evidenziato, in questa sede,
come « sulla base del rapporto fra abitanti e
personale giudiziario esistente nelle quattro
maggiori città italiane, Brescia dovrebbe
avere 141 magistrati mentre ne ha 61, e ben
430 unità di personale amministrativo, contro le attuali 183 » (cfr. intervento del presidente del tribunale di Brescia riportato
nella citata agenzia di stampa) –:
quali provvedimenti abbia già adottato o intenda adottare per colmare la
carenza di magistrati e di personale amministrativo riscontrata presso il tribunale
ordinario e la procura della Repubblica di
Brescia al fine di « fornire un’adeguata
risposta alla domanda di giustizia che
proviene da questo circondario » come
richiesto dai firmatari dell’appello in oggetto.
(4-03233)
BONGIORNO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
in data 10 gennaio 2007 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Torino, Marcello Maddalena, – a seguito della Risoluzione dell’Assemblea Plenaria dell’Unione delle Camere Penali Italiane del 9 novembre 2006 (a sua volta
sollecitata dalla nota del Ministro della
giustizia del 12 settembre 2006) – ha
adottato la circolare, prot. n. 58/07 S.P.,
avente ad oggetto « Direttive in tema di
trattazione dei procedimenti in conseguenza della applicazione della legge 31
luglio n. 241 che ha concesso indulto »;
l’arretrato complessivo dell’Ufficio
notizie di reato della procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino –
come evidenziato nella circolare – ammonta a circa 4.300 fascicoli e il totale dei
fascicoli pendenti alla data del 3 ottobre
2006 (data dell’ultimo rilevamento) era di
12.538. Sulla base di tali dati il procura-
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tore della Repubblica, nella citata circolare, afferma che « insistere ... nel trattare
tutti e comunque i procedimenti pendenti
è non solo poco realistico ma, soprattutto,
contrario ad ogni logica e ad ogni seria
previsione e considerazione in ordine ai
fatti di reato che si sono consumati prima
del 2 maggio 2006. Perché ... quand’anche
si riuscisse ... a giungere ad una condanna
definitiva ... essa sarebbe resa vana dall’effetto dell’indulto e dal travolgimento di
molti altri effetti penali e no della sentenza di condanna ... Sicché si tratterebbe
di insistere a lavorare su fascicoli destinati
ad una fine prevedibile, generando, perpetuando ed aggravando il gorgo non virtuoso di trattare in enorme ritardo i
fascicoli che ora arrivano (e che sono fuori
dalla previsione dell’indulto) per rispettare
un non più razionale principio di fredda
cronologia del fascicolo » (circ., p. 7). Per
operare un abbattimento dell’arretrato
giudiziario il procuratore della Repubblica
sostiene, quindi, la necessità di « adottare
alcuni criteri di selezione e di accantonamento di fascicoli » – aventi ad oggetto
reati rientranti nell’indulto – sulla base di
« variabili legate alla oggettività del fatto,
alla gravità della lesione degli interessi
protetti, alla soggettività del reo, all’interesse all’azione dell’indagato o imputato o
delle persone offese, alla irreperibilità dell’indagato eccetera eccetera » e afferma
che « è da privilegiare la strada della
richiesta di archiviazione (anche “generosa”), ogni qual volta essa appaia praticabile o anche solo possibile » (circ., p. 7 s.,
nonché p. 17);
in data 15 marzo 2007 l’Unione delle
Camere Penali Italiane ha presentato un
esposto al Consiglio Superiore della Magistratura nel quale si chiede che vengano
adottati « i provvedimenti di sua competenza per la revoca della circolare in
argomento, nonché di analoghe determinazioni assunte da altri Uffici giudiziari »;
l’UCPI, nell’esposto, eccepisce l’illegittimità delle misure, di « selezione e accantonamento » dei fascicoli, adottate con la
cosiddetta « Circolare Maddalena », osservando che tali previsioni porterebbero al-
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l’introduzione del concetto di opportunità
dell’azione penale in sostituzione del precetto costituzionale e codicistico della sua
obbligatorietà. Al riguardo l’UCPI evidenzia
che gli « organi della magistratura non
hanno il potere di stabilire quali reati siano
da perseguire e quali siano da lasciare impuniti. Simili scelte giudiziarie di opportunità non sono legittimate dalla legge e si
traducono, pertanto, nell’esercizio arbitrario della funzione giudiziaria » (documento
del 15 marzo 2007 su http://media.camerepenali.it/200703/2737.doc?ver=1). Si legge
ancora nell’esposto che « per talune situazioni la legge prevede che non si eserciti
l’azione penale (tra l’altro sotto il controllo
del giudice) quando, pur in presenza di un
fatto che integra tutti gli estremi di una
fattispecie legale di reato, il fatto stesso sia
connotato da alcuni elementi. Sono, notoriamente, le ipotesi cosiddette di “irrilevanza del fatto” previste dall’articolo 27 decreto del Presidente della Repubblica 22
settembre 1988 n. 448, in materia di procedimento minorile, e dall’articolo 34 decreto
legislativo 28 agosto 2000 n. 274, in materia
di procedimenti di competenza del giudice
di pace. In tali ipotesi è salvaguardata l’obbligatorietà dell’azione penale in quanto il
suo mancato esercizio è ancorato a previsioni di legge dentro le quali è vincolato
l’operato del pubblico ministero (cosiddetta
discrezionalità vincolata, che per l’appunto
è una figura dell’obbligatorietà), sottoposto
al controllo di legalità del giudice » (Esp. p.
4 s.). L’UCPI denuncia, pertanto, l’adozione
da parte della procura di Torino del criterio
di opportunità dell’azione penale (cosiddetta discrezionalità libera), in quanto il mancato esercizio dell’azione penale: « a) è stabilita dal procuratore della Repubblica; b) è
priva di alcuna matrice legislativa; c) è regolata secondo criteri per l’appunto di opportunità fissati dallo stesso procuratore
della Repubblica fuori da ogni regola di
legalità; d) proviene dunque da un organo
(il procuratore della Repubblica) che non
ne ha il potere; e) per di più opera, conseguentemente e necessariamente, fuori da
ogni controllo di legalità (neppure possibile) del giudice » (Circ. p. 25 ss.);
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con un documento del 15 marzo 2007
l’UCPI ha espressamente chiesto alle istituzioni politiche che « assumano responsabilmente le determinazioni che solo ad
esse competono » circa la revoca della
« Circolare Maddalena », lamentando che
« i suoi primi “frutti avvelenati” sono le
richieste di archiviazione motivate dalla
“inutilità” di proseguire le indagini per
reati rientrati nell’indulto »;
la cosiddetta « Circolare Maddalena »
ha evidenziato la difficile situazione in cui
versa il sistema giudiziario italiano facendo
emergere, in modo chiaro, le disastrose e
ulteriori inefficienze provocate dalla legge
31 luglio 2006, n. 241, sull’indulto;
le misure adottate dalla procura
presso il Tribunale di Torino, se pur
meritevoli di attenzione in quanto volte
all’abbattimento dell’arretrato giudiziario
(realizzabile a detta del procuratore Maddalena mediante »una sempre amara, ma
purtroppo ormai necessaria amnistia » –
Circ. p. 7), sono frutto di scelte di politica
penale e giudiziaria di esclusiva competenza del potere legislativo. Non è ammissibile, infatti, che un Ufficio giudiziario,
mediante un atto interno, possa adottare
misure che regolino l’esercizio dell’azione
penale, sostituendone l’obbligatorietà –
sancita dal nostro ordinamento – con un
generico criterio di opportunità;
i citati criteri di « selezione e accantonamento dei fascicoli » inerenti procedimenti per i quali può essere invocata la
legge 241/2006 sulla concessione dell’indulto, porterebbero – a giudizio dell’interrogante – ad aberranti disparità di
trattamento nell’esercizio dell’azione penale, in quanto gli Uffici giudiziari, sulla
base di questo precedente, potrebbero o
meno adottare misure dello stesso tenore
ovvero, con le stesse modalità, potrebbero
optare per differenti soluzioni nella gestione di procedimenti aventi il medesimo
oggetto –:
quali misure anche normative abbia
già adottato o intenda adottare:
a) per evitare che, in attesa di opportune determinazione del Consiglio Su-
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periore della Magistratura, l’applicazione
della « Circolare Maddalena » comporti,
ciò che ad avviso dell’interrogante, costituisce una illegittima archiviazione di fascicoli, per i quali è invocabile la concessione dell’indulto, in violazione delle
norme del nostro ordinamento sull’obbligatorietà dell’azione penale;
b) per risolvere la grave situazione
provocata dall’introduzione della legge 31
luglio 2006, n. 241, ampiamente argomentata nella « Circolare Maddalena » e attestante l’« inutilità di proseguire le indagini
per reati rientrati nell’indulto ». (4-03239)
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INFRASTRUTTURE
Interrogazione a risposta scritta:
STUCCHI. — Al Ministro delle infrastrutture. — Per sapere – premesso che:
è stato firmato un accordo di programma di cui al D.P.G.R. del 12 dicembre
2001 n. 31252, finalizzato alla realizzazione del raddoppio della tratta ferroviaria
Bergamo-Treviglio;
l’inaugurazione dell’opera, avvenuta
circa due anni fa, prevedeva la realizzazione di una nuova fermata ferroviaria a
Stezzano (Bergamo);
a seguito di una Conferenza convocata nel 2004 dal sindaco di Stezzano
(Bergamo) emerse l’impossibilità tecnica di
realizzare il progetto pensato da Rete
Ferroviaria Italiana per la realizzazione
dei parcheggi al servizio della nuova fermata, che sarebbe un importante luogo
strategico di interscambio sia per Bergamo
che per Milano;
il comune di Stezzano (Bergamo) ha
investito per la realizzazione dell’opera
ingenti risorse finanziarie, sottraendole ad
altri progetti;
non vi sono accordi che assicurino il
finanziamento adeguato per il completamento dell’opera;
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le aree comunali destinate alla realizzazione di quanto sopra sono in realtà
abbandonate ed in balia dei vandali, nonostante il sindaco di Stezzano (Bergamo)
abbia più volte evidenziato la gravità dei
fatti e sollecitato la risoluzione del problema;
tra le opere di importanza strategica
per il territorio provinciale si è aggiunta,
sempre nella zona di Stezzano, anche la
Gronda ferroviaria Seregno-Bergamo, con
la previsione di un possibile nuovo scalo
merci in zona –:
se il Ministro intenda far rispettare
gli accordi stipulati nel lontano 2001 e
voglia verificare la reale fattibilità della
realizzazione della nuova fermata di Stezzano, concordando con le istituzioni competenti una serie di incontri finalizzati alla
presentazione di un progetto concretizzabile in tempi brevi.
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INTERNO
Interpellanza urgente
(ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il
Ministro dell’interno, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, per sapere – premesso che:
l’interrogazione a risposta orale Misuraca 3-00178 presentata il 2 agosto
2006, già segnalava che dopo l’assegnazione, con gara d’appalto da parte dell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di
Caltanissetta, della gestione del servizio
idrico integrato di tale Provincia per i
prossimi trent’anni, al raggruppamento di
imprese Aqualia, si era verificata una
grave anomalia;
tale anomalia consisteva nel fatto che
il raggruppamento temporaneo di imprese